L'Impero e le sue monete


Con Caio Giulio Cesare si ha il passaggio di Roma dalla struttura politica repubblicana e quella imperiale. A parte la breve parentesi repubblicana conseguente all'assassinio di Giulio Cesare da parte dei congiurati guidati da Bruto e fedeli all'ideale repubblicano, da allora in poi si succedono imperatori prima della Gens Julia e poi via via appartenenti ad altre famiglie o incoronati direttamente sulla punta dei gladi dall'esercito.
E'il periodo più lungo, splendido e vario per la storia di Roma che diventa da una città di mattoni una metropoli di marmo, ornata da splendidi fori e monumenti, con più di un milione di abitanti.
Una cosa che non si era mai vista al mondo e non si vide più per almeno 15 secoli!



Le monete che gli imperatori battevano per celebrare loro stessi e la gloria di Roma erano numerosissime, ricche, belle ed artisticamente rilevanti, perchè dovenano celebrare e diffondere lo spendore ed i miti di Roma.
Si diffondono sempre di più le monete d'argento e d'oro, gli Aurei o Solidi Aurei, monete di grandissimo valore allora come oggi.
Emesse da Augusto fino agli ultimi giorni di Bisanzio hanno continuato a circolare nel Medioevo assieme agli Zecchini ed ai Fiorini, ai Tornesi e ai Ducati, e sono arrivate fino a noi a volte un po' usurate ma in buona quantità e varietà.
Rispetto alla austera zecca della Repubblica che emetteva poche e poco preziose monete, inzia un flusso di metallo stampato ininterrotto e crescente. E questo causa i fenomeni che ben conosciamo... inflazione e aumento dei prezzi e del costo della vita.
La storia della Moneta Romana da Cesare in poi è anche la storia delle tante Riforme Monetarie che cercarono di ricostruire o puntellare e rinforzare il sempre più traballante e scricchiolate edificio monetario romano.
Fino al crollo finale... che non poterono o non seppero evitare...!

Le riforme monetarie in breve

La Riforma di Augusto

La prima riforma monetaria dell'Impero Romano fu quella di Augusto nel 15 a.C..
Essa prevedeva il controllo diretto dall'imperatore sulla coniazione delle monete in oro ed argento, utilizzate per pagare le spese dello stato data l'entità considerevole di quest'ultime; il senato, invece, controllava la coniazione delle monete in bronzo, usate dal popolo e di scarsa importanza per Roma.
Di conseguenza, la coniazione delle monete romane in bronzo venne permessa a molte autorità locali delle Province Romane, aumentandone notevolmente la varietà, e, purtroppo senza poterne controllare direttamente la quantità e l'uso (e questo fu' causa di inflazione incontrollata), mentre questo non avvenne per le monete in metallo più prezioso, argento e oro, battute a Roma e sotto il controllo diretto dell'Imperatore.
Per le monete d'oro, venne confermato l'Aureo (1/42 di libbra romana, 7,78 g) e per le monete d'argento il Denario (1/84 di libbra, 3,90 g).
Per i valori inferiori, si aveva l'Asse in rame (10,90 g) ed i suoi multipli in oricalco, un metallo simile all'ottone, detti Dupondio (2 assi) e Sesterzio (4 assi); il sottomultiplo era il Quadrante in rame (1/4 di Asse).
Il valore del Denario rimase abbastanza stabile durante la dinastia Giulio-Claudia (con Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone come imperatori).

La riforma di Nerone

Nel 65 d.C. Nerone introdusse una nuova riforma monetaria che portò il valore dell'Aureo ad 1/45 di libbra (7,28 g), mentre il Denario fu portato ad 1/96 di libbra (3,41 g).


La riforma di Domiziano

La riforma di Nerone venne annullata da Domiziano alla fine della dinastia del Flavi (con Vespasiano, Tito e Domiziano come imperatori) che riportò i valori delle monete romane a quelli della riforma di Augusto.


La riforma di Traiano

Controcorrente agi' invece Traiano, nel periodo degli imperatori adottivi (Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio), e tornò alle monete della riforma di Nerone.


La riforma di Caracalla

Grazie all'imperatore Caracalla, nel 215 si ebbe un'altra riforma monetaria.
Infatti, durante tutto l'impero di Commodo e di Settimio Severo, il Denario continuò a svalutarsi riducendosi ad avere meno del 50% di argento.
Con la riforma di Caracalla venne svalutato di nuovo l'Aureo, portandone il valore ad 1/50 di libbra (6,54 g). Inoltre, sia per l'Aureo che per il Denario vennero introdotte monete con valore doppio: il doppio Aureo (o Binione) ed il Doppio Denario (o Antoniniano), anche se quest'ultimo non ebbe mai più di 1,6 volte il contenuto d'argento del Denario.
Mentre l'Aureo ebbe una valutazione abbastanza stabile, anche l'Antoniniano subì la progressiva svalutazione avuta dal Denario, fino a ridursi ad un contenuto d'argento del 2%.
Il sistema monetario romano venne nuovamente riformato tra il 272 ed il 275 da Aureliano, che per riportare il livello qualitativo (in metallo) e quantitativo (in numero) delle monete minori a quello delle altre monete, revocò la possibilità di coniare monete da parte delle zecche locali se non su mandato diretto e stretto controllo di Roma.
Il valore dell'Aureo fu portato inizialmente a 1/60 di libbra (5,54 g), fissandone successivamente il valore ad 1/50 di libbra (6,50 g).
Per l'Antoniniano venne definito un peso di 3,90 g ed un titolo di 20 parti di rame ed una d'argento; questo rapporto era indicato sulla moneta con il simbolo XXI in Latino o KA in Greco.


La riforma di Diocleziano

Con la riforma di Diocleziano del 295 la monetazione romana cambiò radicalmente.
Vista l'adozione della tetrarchia come forma di governo, con l'impero suddiviso in due territori Assegnati a due Imperatori affiancati da due Cesari, le monete non rappresentarono più un singolo imperatore, ma sul dritto ne riportarono un'immagine idealizzata, con il rovescio che tipicamente celebrava la gloria e la sua potenza militare di Roma.
Questa impostazione rimase invariata anche dopo l'adozione come religione di stato del cristianesimo: solo in qualche caso le monete bizantine riportarono immagini cristiane, come il chi-rho, monogramma greco che indicava il nome Gesù Cristo.

L'Aureo tornò ad avere un peso di 1/60 di libbra.

Si introdusse poi una moneta in argento, detta Argenteo, con un peso pari a 1/96 di libbra.
Oltre all'Antoniniano, che aveva un peso di 3,90 g, fu introdotta anche una nuova moneta in bronzo, il Follis, con un peso di circa 10 g.
Queste nuove monete, battute in gran numero per alimentare le spese di corruzione dei funzionari e le spese militari e statali sempre un crescita, in realtà aumentarono l'inflazione riducendo il valore reale del denaro. Nel tentativo di combattere questo fenomeno, Diocleziano nei primi mesi del 301 emise un Editto sul valore delle monete, il cosiddetto Editto di Afrodisiade.
Con questo Editto veniva fissato un nuovo valore delle monete di rame e di bronzo che raddoppiava, e si fissava la pena di morte per gli speculatori, i quali furono incolpati per l’inflazione e paragonati ai barbari che attaccavano l’Impero.
Naturalmente non ebbe nessun effetto reale... anche se nominalmente aveva reso tutti più ricchi del doppio!
Di fronte all'insuccesso di questo primo provvedimento, fu emanato, fra il 20 novembre e il 9 dicembre del 301, l’Edictum de Pretiis.
Diocleziano dopo aver aumentato il valore delle monete e visto che non funzionava, adesso cercava di contenere i prezzi...!
L'Editto era diviso in 32 sezioni e poneva un limite sui prezzi per tutti i prodotti commerciabili nell'impero.
L'obiettivo non era "congelare" i prezzi, ma segnarne i maxima, ovvero i massimi prezzi di mercato, oltre i quali determinate merci non avrebbero potuto essere vendute.
Queste merci includevano varie merci per l'alimentazione (carne, grano, vino, birra, salsicce, ecc), abbigliamento (scarpe, mantelli, ecc.), le spese di trasporto per i viaggi in mare e gli stipendi settimanali.

1 libbra di maiale - 12 Denari
1 libbra di manzo - 8 Denari
1 modius di sale - 100 Denari
1 sextarius d'olio d'oliva - 40 Denari
1 modius di frumento - 100 Denari
1 modius d'avena - 60 Denari
1 sextarius di vino Falerno - 30 Denari
1 paio di scarpe alla moda - 150 Denari
1 paio di scarpe da donna - 60 Denari
Lana da Tarentum - 175 Denari alla libbra
seta bianca - 12,000 Denari alla libbra

1 modius = ca. 8 litri
1 sextarius = ca.1/2 litro (misura secca) o ca.1 litro (misura liquida)

Il limite più alto era per una libbra di seta colorata con la porpora, che fu fissata a 150.000 Denari pari al prezzo di un leone. Chi vestiva di porpora era dunque smodatamente ricco!!!
L'Editto esprimeva il valore delle merci in Denari, moneta non più in uso, ma il cui valore era ben impresso nella mente dei romani che la usavano da cinque secoli.
Tuttavia, l'Editto non risolse il problema, poiché la massa totale delle monete coniate continuò ad aumentare innalzando l'inflazione, di conseguenza i prezzi massimi che erano stati stabiliti divennero troppo bassi e non remunerativi.
I mercanti smisero di produrre le merci o le vendettero illegalmente al mercato nero (che in quegli anni proliferò), oppure tornarono ad usare il sistema del baratto.
L'Editto come risultato finale spinse a interrompere gli affari e il commercio fra commercianti o tra intere città, dato che non erano più in grado di produrre i beni a costi accettabili.
Poiché l'Editto inoltre aveva fissato i limiti sugli stipendi, coloro che avevano gli stipendi fissi (in particolare i soldati) trovarono che si' il loro salario era aumentato ma non aveva più valore poiché i prezzi artificiali non riflettevano i costi reali.
Si produsse quindi una vera e propria "paralisi" dell'economia nell'impero.

Sembra storia di oggi vero? Eppure sono passati 2000 anni e non abbiamo imparato nulla in economia... commettiamo sempre gli stessi errori e ci illudiamo che le soluzioni che hanno dimostrato di non funzionare, chissà perchè, con noi invece funzionino!

La riforma di Costantino

Quella di Costantino del 310, che si rifaceva al sistema bimetallico di Augusto, fu l'ultima riforma dell'Impero Romano di Occidente.
Come moneta d'oro venne introdotto il Solido, con un peso di 4,54 g pari a 1/72 di libbra, mentre come moneta d'argento la Siliqua, di 2,27 g. pari a 1/144 di libbra; con un valore doppio della Siliqua fu introdotto fu il Miliarensis, che quindi aveva lo stesso peso del Solido.
Per quanto riguarda le monete in bronzo, il Nummus centonionalis, una moneta di 3 g equivalente ad 1/100 di Siliqua, sostituì il Follis, ormai fortemente svalutato.


La riforma di Costanzio

Una correzione per le monete in rame del sistema introdotto da Costantino si ebbe nel 346 con gli imperatori Costanzo II e Costante (in oriente ed occidente), che sostituiscono il Nummo, praticamente dimezzato in valore (circa 1,35 grammi), con la Maiorina.
Il sistema monetario di Costantino durò fino alla fine dell'Impero Romano d'Occidente.


La riforma di Anastasio

Per quanto riguarda L'impero Romano d'Oriente, nel 498 d.C. si ebbe ancora una riforma monetaria a cura dell’imperatore Anastasio, basata su multipli del Nummo per le monete in bronzo ed il Solido per le monete in oro.


La riforma di Ottaviano Augusto - Approfondimento

L'imperatore Ottaviano Augusto, che già aveva ampiamente sfruttato il diritto di battere moneta come "triumvir rei publicae costituendae" e come comandante militare ("imperator"), così come avevano fatto prima di lui gli altri triumviri, comandanti e luogotenenti durante le guerre civili, rimasto unico "imperator", si adoperò subito per eliminare il disordine monetario che la repubblica e le guerre civili avevano prodotto.
Per prima cosa si preoccupò di stabilizzare il peso delle monete.
Introdusse un rapporto fisso tra l'oro e l'argento (1: 12 1/2), che dunque implicava l'adozione di un sistema monetario bimetallico. Introdusse inoltre quattro nominali aenei (comunemente indicato come bronzo), Sesterzio e Dupondio in oricalco (lega di rame e zinco molo simile al nostro ottone), Asse e Quadrante in rame. La nuova riforma venne introdotta tra gli anni 23 e 20 a.C.; inizialmente il controllo della battitura delle monete venne affidata a dei collegi di "Tresviri monetales", il cui nome compariva sulle legende delle monete, sotto il diretto controllo dell'Imperatore e del Senato.

Ben presto però (intorno al 12 a.C.) ai magistrati monetari rimasero solo le coniazioni aenee e successivamente i loro nomi scomparvero definitivamente dalle monete.
Al Senato rimase il controllo delle emissioni in oricalco e in rame, sulle quali furono impresse le lettre S. C. (Senatus Consulto).
All'Imperatore spettava il controllo delle monete in oro e in argento.
Il sistema ponderale della Roma Imperiale si basava sulla "libbra romana" e i suoi sottomultipli:

libbra =327,45g
oncia =27,28g (1/12 libbra)
scrupulum =1,137g (1/288 di libbra e 1/24 di oncia)


In relazione con questo sistema ponderale dunque, le denominazioni e le caratteristiche metrologiche delle singole monete sotto il governo di Augusto sono le seguenti:

 Aureo  1/42 di libbra d'oro (2/7 oncia)  g 7,79  mm 19-21
 Quinario Aureo  1/84 di libbra d'oro (1/7 oncia)  g 3,89  mm 16-17
 Denario  1/84 di libbra d'argento (1/7 oncia)  g 3,89  mm 19-21
 Quinario  1/168 di libbra d'argento (1/14 oncia)  g 1,94  mm 15-16
 Sesterzio  /12 di libbra d'oricalco (1oncia)  g 27,28  mm 29-36
 Duponio  1/24 di libbra d'oricalco (1/2 oncia)  g 13,64  mm 24-28
 Asse  1/30 di libbra di rame (2/5 oncia)  g 10,91  mm 24-27
 Quadrante  1/192 di libbra di rame (1/16 oncia)  g 1,70  mm 17-18



Al tempo di Augusto, le monete in oro e argento erano coniate con metallo quasi puro così come anche quelle in rame.
Per quelle d'oricalco si usava una lega contenente circa l'80% di rame e il 20% di zinco; grazie a questa lega si era riusciti ad ottenere monete dal punto di vista artistico, belle come quelle in oro ma con un valore inferiore.
Il peso effettivo delle monete, risultava spesso ben diverso da quello teorico per tutti i nominali in oricalco e in rame, risultavano invece più precisi i pesi di oro e argento. Risulta pertanto evidente che, mentre le monete in oro e argento avevano un reale valore di scambio corrispondente al valore del metallo in esse contenuto, quelle in oricalco e rame avevano un valore convenzionale, indipendente dal valore intrinseco del metallo.


L'Aureo

All'inzio era lo Statere d'oro a racchiudere il massimo valore monetario romano.
Battuto rarissimamente aveva un enorme valore, inutile per l'economia ed il commercio dei tempi.
Era quindi una moneta celebrativa e utilizzata quasi unicamente per tesaurizzare ricchezza.
Il pagamento delle tasse da aprte delle Provincie avveniva infatti in argento e solo una volta, eccezionalemente, venne concesso ad una Provincia di pagare il Tributo a Roma in oro, fu' per la Gallia dopo la conquista di Cesare.
L'Aureo, (lat. aureus; pl. aurei) fu' la prima moneta d'oro emessa da Roma come propria moneta e non copiando la monetazione greca.
Inizialmente era valutata 25 Denari d'argento.
L'Aureo fu emesso regolarmente per mezzo millennio, dal I secolo a.C. all'inizio del IV secolo d.C., quando venne sostituito dal Solido.
L'Aureo era approssimativamente dello stesso formato del Denario, ma molto più pesante, quasi il doppio, a causa della alta densità dell'oro. Quindi 25 Denari, ad un rapporto oro/argento pari a 1/12,5, se pesanti quanto un Aureo, hanno il medesimo valore dello stesso peso in oro.
Prima di Giulio Cesare l'Aureo è stato battuto molto raramente, solitamente in occasione di grandi versamenti all'Erario provenienti dai bottini catturati.
< Una prima emissione, chiamata oro del giuramento, si ebbe attorno al 220 a.C. ricalcando le caratteristiche dei quadrigati d'impostazione greca; il peso era di 6 scrupoli, corrispondente a 6,82 g.



Aureo del Giuramento


Il nome deriva dalla scena rappresentata sul retro che illustrava il giuramento di due guerrieri su di un porcellino che veniva tenuto da un terzo guerriero: questa scena dovrebbe riferirsi al giuramento di fedeltà seguito alla pace del 290 a.C dopo la vittoria presso Sentinum nel 295 a.C. dei Romani sui Sanniti e la loro coalizione.
Una seconda serie in oro, indicata come "marte/aquila", venne coniata nel 209 a.C. con un peso di 3, 2, ed 1 scrupolo.


Splendido pezzo da 60 Assi (valore "LX" sul Dritto)


La terza volta fu' con Lucio Cornelio Silla, nell'82 a.C.


Lucio Cornelio Silla Imperator con Lucio Manlio Torquato Proquaestor, aureo, zecca itinerante, 82 a. C.

Ma lo Statere tornò ancora una volta in vita... accadde nel 197 d.C. quando il generale Tito Quinzio Flaminino sconfisse Filippo V di Macedonia a Cinoscefale e l’anno dopo proclamò a Corinto la libertà della Grecia.
I Greci grati batterono moneta aurea con l'effige del generale, un altissimo onore e un modo per tramandarne la memoria ai posteri.




La cura dimagrante dell'Aureo

In tutto il Bacino del Mediterraneo il valore di scambio in peso tra oro e argento ha sempre oscillato tra 1/12 a 1/10.
Questo valore rispecchia la disponibilità dei due metalli nell'area geografica.
25 Denari (con il peso originale non svalutato di 3,19 gr. di argento) pesano 97,5 gr.
Questo peso diviso 12 da' 8,12 grammi.
Quindi l'Aureo, se vale 25 Denarii d'argento, dovrebbe pesare circa 8 grammi.
Il primo Aureo d'impostazione romana (Denarius aureus) si ebbe al tempo della guerra di Silla contro Mitridate (88-85 a.C.), con un peso pari a 1/30 della libbra romana (10,8 g) e con provenienza del metallo presumibilmente tratta dai bottini di guerra.
Evidentemente di oro ce ne era tanto da far scendere il rapporto a 10.

Nel 61 a.C., durante il governo di Pompeo, il peso dell'Aureo venne poi portato a 1/36 della libra (circa 9 g).
L'emissione a Roma con continuità di monete in oro, però, inizia solo dopo la conquista di Cesare della Gallia e la disponibilità di metallo prezioso proveniente dalle sue miniere, dal bottin odi guerra e dai tributi.



Aureo di Cesare - zecca itinerante, 48-47 a. C. - 8,55 g.

Nel 48 a.C., sotto Cesare, il peso dell'Aureo venne fissato dapprima a 1/38 (8,55 g) e poi a 1/40 di libra (8,02 g).
Questo valore, praticamente equivalente al valore di scambio oro/argento di 1:12 si mantenne stabile per tutto il periodo delle guerre civili, fino al principato d'Augusto.


Aureo di Augusto - zecca di Lugdunum, 11-10 a. C. - 7,85 g


La massa dell'Aureo venne ridotta a 1/45 di libbra (7,27 g) durante il regno di Nerone.


Nerone, aureo, zecca di Roma, 64-65 d. C. ca. - 7,32 g

Dopo il regno di Marco Aurelio la produzione dell'Aureo diminuì ed anche il peso diminuì ulteriormente fino ad 1/50 di libbra (6,55 g) al tempo di Caracalla.


Marco Aurelio Antonino (Caracalla), aureo, zecca di Roma, 216 d. C. 6,45 g


Durante il III secolo pezzi di oro furono introdotti in una varietà di frazioni e di multipli che rendono difficile determinare la denominazione di ogni moneta d'oro.

Il Solido

Il Solido sostituì l'Aureo come moneta standard di oro dell'Impero romano su editto di Costantino nel 309/311 d.C.
Il Solido era una moneta con un diametro più grande e più sottile, mentre l'Aureo era più piccolo e spesso e simile al Denario nelle dimensioni.
Venne usata e battua in tutto l'Impero Bizantino fino al X secolo.
Il nome Solido era stato utilizzato in precedenza da Diocleziano (284-305) per una moneta d'oro da lui introdotta, che era differente dal Solido di Costantino.

La moneta veniva emessa ad un valore teorico di 1/72 di libbra romana (circa 4,5 grammi) quasi la metà dell'Aureo.



Solidus di Costantino I - 309 d.C


I Solidi erano più larghi e sottili degli Aurei, ad eccezione di alcune emissioni dell'Impero Bizantino, più simili all'Aureo. Il peso e la finezza del Solido rimasero relativamente costanti per tutto il periodo della sua produzione, con poche eccezioni.


Solidus (posteriore al 312 d.C)

Vennero prodotte anche delle frazioni del Solido, chiamate Semisse (mezzo Solido) e Tremisse (un terzo di Solido).
Il termine "soldo", oggi nell'uso corrente della lingua italiana, deriva proprio dal termine "solidus".


Il Semisse ed il Tremisse in oro

Presenti solo nella monetazione bizantina, il termine indica la moneta in oro che che valevano rispettivamente la metà ed un terzo di Solido.




Semissis ca. 1.6 cm, ca. 2.15-2.3 gr



Tremissis ca. 1.3 cm, ca. 1.5 gr



I multipli del Solido

I multipli del Solido non avevano corso legale e non erano legiferati. Erano generalmente delle grosse monete celebrative, praticamente dei medaglioni, di ingentissimo valore, distribuite come premio agli alti ufficiali delle Legioni o ai magistrati.

Il loro valore varia da da quattro a dieci aurei e da uno e mezzo a nove solidi.
Eccezionale per la bellezza delle sue raffigurazioni, dotate di un profondo significato ideologico, è il multiplo da dieci aurei ritrovato nel cosiddetto Tesoro di Beaurains (Pas-de-Calais) ritrovato nel 21 settembre 1922.
Questa moneta di ben 52,88 g venne coniato dalla zecca di Treviri per celebrare la riconquista della Britannia da parte di Costanzo I Cesare nel 296 d. C.
Per questa sua impresa egli viene definito come «colui che ha riportato la luce eterna» (REDDITORLVCIS-AETERNA-E)
della civiltà romana alle popolazioni britanniche, simboleggiate dalla personificazione di Londinium, ossia la città di Londra, che accoglie in ginocchio l’imperatore fuori dalle mura cittadine.



Costanzo I Cesare, multiplo da dieci aurei, zecca di Treviri, 297 d. C
.
Dritto: FLVALCONSTA-NTIVSNOBILCAES. Busto di Costanzo I a d., con corona di lauro, corazza e paludamento trattenuto sulla spalla sinistra da una fibula.
Rovescio: REDDITORLVCIS-AETERNA-E. L’imperatore, in abiti militari, con lancia nella destra, avanza a cavallo verso la personificazione di Londinium, inginocchiata fuori dalle mura della città, che lo accoglie con le braccia sollevate; sotto, LON. In primo piano, galera con quattro soldati che avanza sulle onde (del Tamigi?).

Il Denario Imperiale

Il peso del Denario di 3,9 grammi stabilito dalla Lex Flaminia del 217 a.C. resta pressoché invariato per tre secoli fino alla riforma di Nerone del 64 d. C., in cui il peso verrà abbassato a 3,4.
Dopo tre secoli di stabilità che non a caso hanno coinciso con il periodo più splendido e di massima espansione territoriale, politica, commerciale e culturale dell'Impero Romano inzia per il Denario una discesa di peso e valore che coinciderà con il declino dell'Impero Romano.


Otto Denari di epoche diverse

in alto : ca 157 a.C. Repubblica Romana, ca 73 d.C. Vespasiano, ca 161 Marco Aurelio, ca 194 Settimio Severo;
in basso: ca 199 Caracalla, ca 200 Giulia Domna, ca 219 Eliogabalo, ca 236 Massimino Trace

Sotto Marco Aurelio il Denario scenderà a 2,36 g, mentre sotto Settimio Severo ed il caos monetario dell'anno 250 toccherà il suo minimo a 1,7 grammi dopodiché Aureliano introdurrà il Nummo (equivalente a 5 Denari).
Verso il 300 il cambio del Denario con l'Aureo sarà di 1.600 Denari per un Aureo,
dopodiché sotto Costantino i Denari non saranno più coniati, e nel 338 il cambio dei residui Denari sarà di 150.000 Denari per un Aureo.
Il Denario continuò ad essere la principale moneta dell'impero fino a che non fu sostituito dell'Antoniniano nella metà del III secolo d. C..
Anche quando il Denario non fu più emesso con regolarità, fu ancora usato come unità di conto.

L'Argenteo

L'Argenteo (in Latino Argenteus) era una moneta d'argento prodotta nell'Impero romano a partire dalla riforma monetaria di Diocleziano nel 294 fino a circa il 310.
Era simile come peso e finezza al Denario del tempo di Nerone.
La moneta fu prodotta ad un peso teorico di un 1/96 della libbra romana (cioè di circa 3 grammi), come indicato del numero romano XCVI sul rovescio della moneta.



La parola Argenteus, che significa "d'argento" in Latino, è usata per la prima volta da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia nella frase "nummus argenteus" (moneta d'argento).
Lo storico del IV secolo Ammiano Marcellino usa la stessa espressione, comunque non c'è un'indicazione che questo sia il nome ufficiale per una denominazione. L'Historia Augusta usa la frase per riferirsi a parecchie monete.

La Siliqua

Siliqua è il nome usato dai numismatici moderni per indicare una moneta romana d'argento del valore di 1/24 di Solido, coniata per la prima volta da Costantino I nel 323.
Il nome Siliqua è stato scelto prendendolo dal nome dei semi del carrubo (Ceratonia siliqua) ed al tempo indicava un peso pari ad 1/6 di scrupolo, cioè ca. 0.19 grammi " Siliqua vicesima quarta pars solidi est, ab arbore, cuius semen est, vocabulum tenens."
(Isidoro di Siviglia: Etymologiarum libri XX, Liber XVI, 25) La Siliqua valeva quindi 0.19 grammi d'oro e poiché al tempo il rapporto tra oro ed argento era di 1/14, il peso teorico della Siliqua era di ca. 2.7 grammi, questo peso venne presto ridotto a 2 g.



Dopo la fine dell'Impero Romano d'Occidente (476) Silique furono emesse fino al periodo di Eraclio I (610-640) e forse fino a Tiberio III (698-705).
La coniazione della Siliqua continuò saltuariamente durante il V secolo e poi nel VI secolo sotto i Goti decrementando però di peso per arrivare fino a circa 1 g. Questo tipo di monete sono considerate da alcuni, per il peso ridotto, "mezze Silique".
Nel IV secolo furono coniati anche multipli da due Silique (Miliarensi) e da 6 Silique.

Il Miliarese

Il Miliarense (dal tardo latino miliarensis) è stata l'unica moneta d'argento battuta quasi regolarmente dagli Imperatori bizantini.



Il suo valore era di due Silique.
Era battuto con finezza variabile e generalmente con un peso fra 7,5 e 8,5 grammi.
Il Miliarense fu battuto a partire dal VI secolo, ma diventa più comune dal VII al IX secolo.
Esistevano il Miliarense leggero ed il Miliarense pesante.
Un Solido valeva 14 Miliarensi pesanti oppure 18 Miliarensi leggeri.

L'Antoniniano

L'Antoniniano (in latino antoninianus) era una moneta che aveva il valore di 2 Denari (è infatti noto anche come doppio Denario).
All'inizio era d'argento, ma gradualmente fu svalutata fino a divenire una moneta di bronzo.
La moneta fu introdotta da Caracalla all'inizio del 215 a. C. ed era completamente d'argento e simile al Denario eccetto che era leggermente più grande e rappresentava l'imperatore che indossava una corona radiata, indicando così il suo valore doppio, come nel Dupondio che valeva due Assi.



La parola Antoniniano non è un termine antico ma moderno basato sul nome di Caracalla (Marco Aurelio Antoniniano), che è stato il primo ad emettere questo tipo di moneta; il nome antico della moneta non è conosciuto.
La moneta è anche definita Radiato, dalla corona radiata indossata dall'imperatore che ne dichiara il valore doppio, anche se il termine è meno preciso.
Poiché gli Antoniniani furono emessi in grande quantità, come abbondanza di presenza nel mercato del collezionismo numismatico sono secondi solo ai bronzi Constantiniani
Anche se di valore doppio del Denario, l'Antoniniano non pesò mai più di 1.6 volte il peso del Denario.
Il Denario continuò ad essere emesso accanto all'Antoniniano, ma durante la metà del III secolo d.C. fu rapidamente svalutato per far fronte al permanente stato di guerra del periodo.
Dopo il principato di Gordiano III, l'Antoniniano sostituì completamente il Denario che non fu più battuto in quantità significative.



Antoniniano - Gordiano III (238-244).

Come le condizioni politiche ed economiche peggiorarono anche la nuova moneta fu svalutata aggiungendo rame e stagno producendo così una lega di biglione che sembrava simile all'argento.
Alla metà del regno di Gallieno furono introdotti nuovi metodi di lavorazione che ridettero alle monete l'apparenza dell'argento.



Sette diversi Antoniniani di sette diversi Imperatori
In alto: Eliogabalo (argento 218-222 d. C.), Traiano Decio (argento 249-251), Gallieno (biglione 253-268 (zecca Asiatica)
In basso: Gallieno (rame 253-268), Aureliano (argentata 270-275), radiato barbaro (rame), radiato barbaro (rame)

Il tondello era prodotto con un contenuto d'argento molto basso (circa 5-10%) e trattato con acidi in modo tale che il rame veniva tolto dalla superficie della moneta lasciando quindi uno strato superficiale di argento.
Quando i tondelli così prodotti venivano battuti si aveva una moneta con una superficie d'argento così sottile che con l'uso veniva portato via lasciando scoperto il rame sottostante.
Questa monete usualmente sono denominate dai numismatici "argentate" in opposizione a "d'argento".

Tuttavia queste misure non erano sufficienti a mantenere un'apparenza di argento alle monete, spingendo Aureliano a riformare l'Antoniniano, fissandolo ad una percentuale di venti parti di rame per ogni parte di argento.
Ciò fu marcato sul rovescio di alcune monete con le cifre romane XX I in occidente e con le cifre greche K A in Oriente. Queste monete sono anche chiamate Aureliani.



Antoniniano, zecca di Ticinum 274-275 d.C

L'Antoniniano argentato continuò ad essere emesse fino alla riforma monetaria di Diocleziano alla fine del III secolo d.C. Durante il III secolo (e forse anche durante il quarto) furono emesse molte imitazioni dell'Antoniniano battute localmente. Di solito ci si riferisce a queste monete come a Radiati barbari, anche se per lo più furono prodotti all'interno dell'impero e probabilmente usati come spicci.



Radianti Barbari

Queste monete sono caratterizzate da un'incisione e da un disegno schematico e molto povero e battute su piccoli tondelli di rame. Le monete più imitate sono quelle dell'imperatore Gallico Tetrico I.

Il Sesterzo

Il mome deriva da semis-tertius, ossia "metà del terzo" e si riferisce al suo valore rispetto all'Asse che era l'unità monetaria romana. Valeva quindi 2 Assi e mezzo. La sua abbreviazione HS è una deformazione del valore della moneta in numeri romani, dove la "S" sta per "semis", ovvero "metà". Nell'uso arcaico i numeri venivano indicati da una linea orizzontale mediana: inizialmente quindi l'abbreviazione era IIS, semplificata poi dall'uso in HS.





Quattro Sesterzi formano un Denario.

Da un valore iniziale di 2 Assi e mezzo, in un secondo tempo (quando il valore del Denario diventa di sedici Assi), il Sesterzio assume il valore di 4 Assi.
Durante la Repubblica Romana il Sesterzio era una moneta d'argento, e veniva coniata sporadicamente.

Con la riforma monetaria di Augusto il Sesterzio divenne una moneta di grandi dimensioni e d'oricalco (una lega di rame e zinco, simile all'ottone, di color giallo oro).



Il Sesterzio di oricalco di solito pesa tra i 25 ed i 28 grammi, ha un diametro di ca. 32-34 mm e ca. 4 mm di spessore.

E' quindi una bella moneta che permette si incidere grandi e dettagliati rilevi.

Per questo e per la facilità con cui si batte l'oricalco rispetto al bronzo, il Sesterzio rappresenta e ci tramanda meglio di ogni altra tipologia monetale romana (escluso quelle in oro e argento) la grande capacità artistica e interpretativa degli incisori, livelli che non vennero mai più raggiunti, fino all'avvento del conio industriale.
L'oricalco come metallo era stimato di valore doppio rispetto al bronzo.
Per questo motivo il mezzo-Sesterzio, il Dupondio, fatto con lo stesso metallo, aveva circa le stesse dimensioni e peso dell'Asse di bronzo pur valendo due Assi.
Abbiamo detto che l 'oricalco era facile da fondere e prendeva con facilità e precisione il rilievo nella battitura.
Aveva anche un bell'aspetto simile all'oro e con il tempo di arricchiva di una bella patina.
Bellisimi come ricchezza e finezza del conio quelli emessi da Nerone.


Ma il passaggio dall'argento all'oricalco fatta da Augusto non era una scelta tecnica od esetetica ma un astuta mossa politica ed economica!!
Augusto e la sua famiglia monopolizzavano la produzione dello zinco dalla Spagna, e così l'imperatore stesso ebbe ampio tornaconto economico anche dall'emissione di Sesterzi, che, non essendo in oro o argento, venivano coniati sotto l'egida del Senato romano ed in apparente autonomia.
Ecco quindi che a dispetto delle lettere SC (Senatus Consultus) che venivano messe sulle monete di lega non preziosa, il Princeps aveva messo le mani anche sui proventi dalla monetazione di bassa lega!!!

I Sesterzi, essendo una delle monete più diffuse era usato normalmente come unità di conto sostituendo l'Asse come unità di base del sistema monetario specie in periodi più recentio quando la svalutazione aveva reso le cifre rilevanti.
I Sesterzi hanno rappresentato per Roma ed il suo Impero un formidabile mezzo di propaganda e informazione, questo in virtù della qualità del conio, delle generose dimensioni e della sua grande diffusione.
I Sesterzi sono stati ritrovai in ogni angolo del mondo allora conosciuto, anche presso popoli che non avevano contatti diretti con Roma come l'India ma ne usavano la monetazione che arrivava tramite il commercio.

Nel tardo III secolo ci fu un netto peggioramento della qualità del metallo e della battitura anche se i ritratti rimasero comunque rilevanti.
Questo perché gli imperatori sovente ritiravano e rifondevano i Sesterzi dei loro predecessori per coniare nuove monete e togliere di mezzo il ritratti degli antenati o prcedenti imperatori e diffondere il proprio.
In questo processo di rifusione lo zinco contenuto nella lega tende a diminuire a causa dell'alta temperatura necessaria per fondere il rame (lo zinco fonde a 419 gradi, il rame a 1085).
Il metallo perso veniva sostituito con rame o addirittura con piombo.
Di conseguenza i Sesterzi più tardi tendono ad essere più scuri e sono anche battuti su tondelli preparati con minor attenzione.

Il Doppio Sesterzo

Il Doppio Sesterzio era una moneta di grandi dimensioni in oricalco.
Fu coniata per la prima volta da Decio verso il 249-251, come risposta alle spinte inflazionistiche del tempo che avevano svalutato il potere d'acquisto del Sesterzio.
In realtà la nuova moneta era solo di poco più grande del Sesterzio, che di conseguenza fu coniato con peso e dimensioni minori dell'originale. Il Doppio Sesterzio non ebbe successo e cadde in disuso.
Fu ripristinato da Postumo, che fu imperatore dell'Impero delle Gallie dal 260 al 268 anno della sua morte.
Postumo emise una sua propria versione del Doppio Sesterzio.
Spesso, probabilmente a causa delle carenze di metalli disponibili, utilizzò vecchi Sesterzi deteriorati che furono sovrabattuti con il suo ritratto e le legende.
Dopo di lui il sistema monetario romano degenerò ulteriormente e circolò quasi esclusivamente il doppio Denario (Antoniniano o Radiato a causa della corona radiata con cui veniva raffigurato l'imperatore).
Le vecchie monete come il Sesterzio caddero completamente fuori uso e spesso furono fuse per creare i nuovi Radiati.
Con il IV secolo anche questi scomparvero e fu creato un sistema monetario completamente nuovo.

Il Quadrante Imperiale

Dopo ca. il 90 a.C., quando la monetazione di bronzo fu ridotta allo standard semunciale, il Quadrante divenne la moneta di valore più basso che veniva emessa e tale rimase anche durante il Principato. La coniazione del Quadrante, come tutte le altre monete in bronzo, divenne competenza del Senato.
Per questo motivo in genere portavano al rovescio la scritta SC, cioè Senatus Consulto, per deliberazione del Senato.



Le dimensioni ridotte non permettevano ritratti di grandi dimensioni e quindi raramente erano raffigurati imperatori ma venivano usate immagini di divinità o simboli. Il Quadrante venne emesso sporadicamente fino al tempo di Antonino Pio (138-161).

Il Follis

Il Follis (in latino Follis, con plurale Folles) venne introdotto dalla riforma di Diocleziano nel 294 come moneta in bronzo.
Il suo peso era di 10 grammi e conteneva uno strato superficiale di argento che ne costituiva circa il 4%.
Era quindi una moneta di bronzo argentato.
La parola Follis indica un sacchetto e c'è un'evidenza che questo termine fosse usato nell'antichità per indicare un sacchetto sigillato contenente una quantità fissata di denaro.



Il Follis di Diocleziano, nonostante gli sforzi di bloccare i prezzi tramite l'Editto di Afrodisiade e l'Editto sui prezzi massimi imposti nel 301, fu presto rivalutato e ridotto e con la riforma di Costantino il peso del Follis si ridusse inizialmente a 3,41 g e successivamente a 1,70 g, con quantità di argento sempre più trascurabile.



Il Follis venne reintrodotto come una grande moneta di bronzo dal valore di 40 nummi nel 498, con la riforma monetaria di Anastasio I, che includeva una serie di denominazioni di bronzo: Il valore era segnato tramite i numeri Greci (una grande lettera M o più raramente una m) o romani (XXXX).




Follis di Attanasius - Zecca di Costantinopoli


Il valore fu segnato in questo modo fino al IX secolo e venne coniato fino al regno di Alessio I Comneno.



La riforma di Nerone- Approfondimento

Il sistema monetale augusteo rimase praticamente immutato per tutto il periodo successivo al suo regno, fino alla salita al potere di Nerone; tuttavia fu sospesa la coniazione del Quinario d'argento e il peso dell'Aureo diminuì gradatamente.
Sotto Nerone, la civiltà romana si trovò a davanti a un problema molto attuale come l'inflazione; infatti la situazione monetaria era divenuta critica a causa dell'aumento del prezzo di mercato dell'oro e dell'argento dovuto alla continua eliminazione dalla circolazione dei vecchi nominali in questi metalli, o con la fusione e la successiva trasformazione in articoli di lusso quali gioielli e corredi, o con la loro utilizzazione come merce di scambio con le popolazioni esterne.
Per porre rimedio a tale disordine, il governo di Nerone, deliberò una riduzione del peso dell'Aureo e una riduzione del peso e del titolo del Denario d'argento.
Tale provvedimento portò notevoli benefici all'economia dell'impero per almeno un secolo e mezzo.
In conseguenza alla riforma neroniana, le caratteristiche dei nuovi aurei e Denari furono le seguenti :

Aureo 1/45 di libbra d'oro (6,4 scripula) g 7,27 mm 19-20
Denario 1/96 di libbra d'argento (3 scripula) g 3,41 mm 18-19



Uno splendido Aureus con un Nerone giovanissimo e la moglie Agrippina


Rispetto al periodo augusteo, il titolo del Denario (tanto per cambiare!!) fu nuovamente abbassato fino a contenere il 90-95% di fino e il 5-10% di rame, ma la relazione di valore tra l'Aureo e il Denario rimase immutata.
La riforma di Nerone portò anche un'altra novità importante per lo studio della monetazione imperiale romana; sotto il suo regno infatti, fece la prima comparsa il Dupondio con la caratteristica del ritratto con testa radiata, che in seguito rimase costante per questo nominale e venne adottato in tutte e monetazioni che avevano un valore "doppio" del nominale.



Bellissimo Duponio di Nerone

Venne anche aggiunto un altro nominale di rame a quelli già esistenti: il Semisse (1/2 Asse) pari a 1/60 di libbra di rame (1/5 oncia) pesante 5,45 grammi e di 20-21 mm di diametro.
Anche l'Asse e i suoi sottomultipli furono, nel 63-64 D.C. circa, oggetto di una riforma, che tuttavia restò in vigore due o tre anni, per essere abbandonata provabilmente nel 66 D.C.
Tale riforma prevedeva la sostituzione dei nominali in rame con altrettanti in oricalco, adeguati alla base ponderale del Sesterzio (1 oncia), secondo le caratteristiche che seguono.

- nominali in oricalco coniati tra il 63-64 e il 66 D.C. -

Asse 1/48 di libbra di oricalco (1/4 oncia) g 6,82 mm 22-26




Asse - NERO CAESAR AVG GERM IMP, laureato / PACE P R VBIQ PARTA IANVM CLVSIT S-C Tempio di Giano

Semisse 1/96 di libbra di oricalco (1/8 oncia) g 3,41 mm 17-18





Semisse di Nerone - NERO CAES AVG IMP, testa con corona laureata/ CERTA QVINQ ROM CO
Il Valore "S" è stampigliato al lato del tavolo con sopra un urna e una corona di alloro, due colombre e uno scudo sotto.


Quadrante 1/192 di libbra di oricalco (1/16 oncia) g 1,70 mm 14-16


Quadrante di Nerone - insolitamente non compare l'effige dell'imperatore


Queste nuove monete in oricalco erano molto simili tra loro visto che il metallo di cui erano fatte era lo stesso per tutte (escludendo Aureo e Denario) e non è che avessero dimensioni così differenziate; venne posto rimedio ai problemi di identificazione delle nuove monete incidendo per un breve periodo successivo all'attuazione delle riforma, sul rovescio della moneta il segno del valore: "II" sul Dupondio, "I" sull'Asse e "S" sul Semisse.

Le monete dell'epoca di Nerone sono forse tra le più belle come qualità dell'incisione e varietà dei soggetti di tutta la storia della monetazione di Roma.





Sesterzo di Nerone - sul verso il porto di Ostia con sei navi alla fonda

La riforma di Caracalla- Approfondimento

Nerone, che forse era matto ma stupido non era, portò con la sua riforma durevoli benefici all'economia romana lo testimonianza il fatto che i suoi immediati successori mantennero quasi immutato il sistema ponderale neroniano per circa un secolo.

Nel periodo successivo alla morte di Nerone, il titolo del Denario scese all'85% di fino, contro il 90-95% del periodo sotto Nerone, (un'altra volta, un'altra svalutazione!) e cessò la coniazione del Semisse; per contro furono coniati nuovamente, come nel sistema augusteo, Assi e Quadranti di rame, Dupondi e Sesterzi di oricalco.
Vespasiano riprese la coniazione del Quinario d'argento con stessa lega del Denario, del peso di 1/192 di libbra, 1.70 g con dimensioni di circa 15-16 mm.
La qualità del conio dei Denari andò sempre calando...
la qualità ed il conio dei Denari di Vespasiano non sono nemmeno lontanemente comparabile con quella dei Denari di Nerone. Quello che vi mostro è uno dei più belli che abbia trovato.



Denario di Vespasiano

In controtendenza ai predecessori agì'invece il secondogenito Domiziano che, subito dopo l'ascesa al trono, tentò di recuperare la fiducia nella moneta romana che scendeva con il calare del titolo e del peso del metallo.
Diomiziano ripristinò il titolo del Denario riportandolo al 90% di fino, riprendendo inoltre la coniazione del Semisse.



Denario di Domiziano

Nerva proseguì l'operato di Domiziano, ma questo regime di serietà ed austerità durò poco... già con Traiano si tornò stabilmente al Denario contenente l'85% di argento ed il 15% di rame.



Denario di Traiano

Durante il regno di Traiano è particolarmente importante il provvedimento adottato nel 107 d.C. con il quale tutti gli Aurei ed i Denari antecedenti la riforma neroniana, furono ritirati e destinati alla fusione.
Ovviamente il provvedimento colpì soprattutto i vecchi Denari repubblicani che fino ad allora avevano circolato alla pari dei Denari post-neroniani (già sotto Tito, le monete più consunte erano state ritirate); ecco che allora Traiano provvide a "restituire" un notevole numero di monete repubblicane e del primo impero, coniando aurei e Denari che celebrassero e ricordassero i fasti della storia di Roma.
Queste monete sono riconoscibili perché riportano sempre la forma verbale "RESTITVT", spesso abbreviata REST. e preceduta dal nome dell'imperatore che le ha fatte coniare.



Sesterzio di restituzione di Tito in nome di Augusto


Ovviamente l'operazione aveva un motivo economico ben preciso, ritirando monete con titolo e peso dell'argento più alto e restituendole con titolo e peso più basso, lo Stato si arricchiva ed aumentava "gratis" la massa monetaria in circolazione. Un'altro modo di gestire la svalutazione...

Alla fine del regno di Traiano comparvero altri due nominali in oricalco entrambi con testa radiata, probabilmente coniati in una zecca orientale, metrologicamente simile rispettivamente all'Asse ed al Semisse. Gli studiosi non ritengono però che possano essere considerati parte del sistema monetario imperiale.




Asse in oricalco di Traiano 24mm - 7.84 g (zecca orientale)



Semisse in oricalco di Traiano 199mm - 3.61 g (zecca orientale)

Negli anni successivi le cose non andarono meglio, spese in aumento e entrate in calo, così il titolo del Denario scese ulteriormente al 80% di fino sotto Antonino Pio ed al 75% sotto Marco Aurelio, inoltre cessò la coniazione del Semisse dopo Adriano e del Quadrante dopo Marco Aurelio, indice di una nuova ed inarrestabile inflazione.
Sotto il breve regno di Didio Giuliano venne diminuito il peso dell'Aureo a 1/48 di libbra (6,82 g), il peso del Sesterzio a 1/14 di libbra (23,28 g), il Dupondio a 1/28 di libbra (11,69 g), mentre non venne coniato l'Asse.
Già Settimio Severo ripristinò il sistema precedente a Didio Giuliano, riprendendo inoltre la coniazione dell'Asse.

L'inflazione intanto portò il Denario ad avere un contenuto di fino inferiore al 60 %, record negativo assoluto per la celebre moneta romana.
Fu del figlio di Settimio, Antonino Caracalla, il tentativo di risollevare le sorti della monetazione romana con una nuova riforma.
La riforma databile 214 d.C., adeguò il sistema ponderale alle mutate condizioni economiche dell'impero intervenendo direttamente sul peso dell'Aureo che venne ridotto a 1/50 di libbra (6,54 g), ed introducendo un nuovo nominale di argento chiamato "Antoniniano" dal nome del suo ideatore, Antonino Caracalla. Rimase invariato il Denario (già fortemente svalutato).
Questa nuova moneta si differenzia dal vecchio Denario sia per il modulo (l'Antoniniano risulta di modulo maggiore) sia per il ritratto al dritto che ora si presenta con la corona radiata, per l'imperatore, ed il crescente lunare per le auguste.
In conseguenza alla riforma di Caracalla, le caratteristiche delle nuove monete in metallo nobile (i nominali enei rimasero invariati) furono le seguenti :

 Binione  1/25 di libbra d'oro  g 13,08  mm 24-25
 Aureo  1/50 di libbra d'oro  g 6,54  mm 19-20
 Quinario Aureo  1/100 di libbra d'oro  g 3,27  mm 15-16
 Antoniniano  1/64 di libbra d'oro  g 5,11  mm 22-24
 Denario  1/92 di libbra d'oro  g 3.41  mm 18-19
 Quinario d'argento  1/100 di libbra d'oro  g 1,70  mm 15-16


Analizzandone i pesi possiamo dedurre che il rapporto fra l'Antoniniano ed il Denario è di 1:1 1/2 ma molto probabilmente il governo imperiale valutò l'Antoniniano come l'esatto doppio di un Denario; ad avvalorare l'ipotesi è la presenza della corona radiata che, va ricordato, da Nerone in poi indica sempre i nominali "doppi".
Questo forse per non rendere troppo evidente la svalutazione del Denario penalizzando per questo l'Antoniniano.
E' verosimile credere che Caracalla variò anche il rapporto fra Aureo e Denario che, dalla riforma di Augusto in poi, era sempre stato di 1:25.
Il nuovo rapporto di 1:50 è confermato da diverse fonti storiche ed è ovvio pensare che non avrebbe potuto fare diversamente visto che la percentuale di fino contenuto nel Denario era scesa sotto al 50% (quasi la metà della percentuale al tempo di Augusto) e dunque, con la sua riforma, Caracalla volle certamente modellare il nuovo Aureo allo svalutato Denario.
Insieme all'Antoniniano, venne coniato, sebbene in modestissima quantità, anche un secondo nominale n oro chiamato "Binione" (o Binio) del peso di 1/25 di libbra d'oro (13,08 g) e del valore di due Aurei.
Come sull'Antoniniano di argento, anche sul Binione il ritratto dell'imperatore si presenta radiato.
I successori di Caracalla continuarono ad adottare questo sistema ponderale per circa 50 anni, ma i provvedimenti adottati dall'imperatore non furono sufficienti ad arrestare l'inflazione che travolse ulteriormente il Denario, il cui contenuto di fino, continuò inesorabilmente a scendere.
Ecco come si presentava il rapporto fra i vari nominali al tempo di Caracalla:


 -  Binione  Aureo  Quin.Aureo  Antoniniano  Denario  Quinario  Sesterzio  Dupondio  Asse
 Binione  1  2  4  50  100  200  400  800  1600
 Aureo  -  1  2  25  50  100  200  400  800
 Quinario Aureo  -  -  1  12,5  25  50  100  200  400
 Aureliano  -  -  -  1  2  4  6  16  32
 Denario  -  -  -  -  1  2  4  8  16
 Quinario  -  -  -  -  -  1  2  4  8
 Sesterzio  -  -  -  -  -  -  1  2  4
 Dupondio  -  -  -  -  -  -  -  1  2
 Asse  -  -  -  -  -  -  -  -  1



Piccoli Bronzi - il Nummus, la Maiorina e il Centilionale (AE1 AE2 AE3 e AE4)

Una serie di bronzi Costantiniani fu introdotta nella metà del IV secolo, tra cui la cosiddetta Maiorina, la Doppia Maiorina, il Radiante e il Centilionale, anche se le denominazioni specifiche non sono chiare e vengono tuttìoggi discusse da storici e numismatici
Vengono comunemente definiti come AE (che sta per aeneo ossia moneta in bronzo) seguito da un numero che lo classifica in base alla dimensione ed al peso.
Queste monete ebbero nomi diversi a seconda dell'epoca in cui vennero battute.
Qui sotto le ho classificate indicando anche la denominazione Costatiniana.



AE1 diametro oltre 2,5 cm - Doppia Maiorina ca. 3 cm, ca. 7.6-9 gr





AE2 diametro tra 2,1 e 2,5 cm - Centenionalis ca. 2 cm, ca. 4-5 gr




AE 3 diametro tra 1,7 e 2,1 cm - Radiantes o Radiatus




AE 3 diametro tra 1,7 e 2,1 cm - Maiorina ca. 2 cm, ca. 4-5 gr




AE 4 diametro inferiore di 1,7 cm - Mezzo Centenionalis ca. 0.9-1.0 cm , ca. 1.3-1.8 gr


La Maiorina

Con la riforma monetaria di Costante e Costanzo II, poi, venne introdotta la Pecunia Maiorina (Maiorina) in sostituzione del Follis ormai svalutato a 1,35 grammi.
Era una moneta di circa 2 cm di diametro e pesava da 4 a 5 grammi.


Nummus

Il Nummo, gia esistente nella monetazione di Caracalla, fu reintrodotto dalla riforma di Anastasio nel 498. Con un diametro di circa 8-10 mm, era estremamente scomoda da usare dato che se ne richiedeva un numero elevato anche per piccoli scambi per cui la moneta unitaria venne presto affiancata dai multipli di questa moneta, come le monete dai 40, 20, 10 e 5 Nummi.




Moneta da 20 Nummi


Sul fronte di questa moneta veniva raffigurata un'immagine stilizzata dell'imperatore, mentre il rovescio riportava il valore della moneta secondo il sistema di numerazione greco (M=40, K=20, I=10, E=5). Il valore di 40 Nummi, veniva anche indicato come follis.
Le altre monete recavano i valori ?' o XXX (30 Nummi), K o XX (20), I o X (10).
I valori minori recavano E (5 Nummi), B (2) e A (1).


Nummus Centenionalis


A seguito della progressiva svalutazione del Follis, questo nel 346 venne sostituito dal Nummo Centenionale (lat. Centenionalis ): anche se il valore di questa moneta non è certo, il nome "centenionale" farebbe pensare che valesse un centesimo di Siliqua o di Miliarense.