Come molti della mia generazione mi sono avvicinato a questo hobby montando intorno alla metà degli anni '60, le bustine Airfix da 350 lire.
Ricordo che allora, tutte le Domenica mattina, andavo alla Messa delle 10,00 con mio
padre.
Oltre alla pratica religiosa festiva, che al tempo era un dovere ben sentito,
un altro motivo ci spingeva ad uscire di casa in ghingheri e non poltrire a letto:
la necessità di lasciare le due donne di casa, mia mamma e mia nonna, libere per le pulizie domenicali e per preparare il pranzo di mezzogiorno.
Dopo una settimana durante la quale mio padre mangiava nel "baracchino"
il Buon Dio non poteva mandare in terra una Domenica senza che questa non comportasse a sua volta un menù da cristiani. Il che voleva dire due o tre antipasti,
il primo ricco, secondo e contorno, dolce e frutta.
Il dolce erano le paste che compravamo rincasando, chantilly per mamma, canoli allo zabaglione per me e
bignole con il marsala per la nonna. mio padre preferiva i funghetti al cioccolato.
8 pasticcini in tutto, scontatissimi eppure sempre accolti come fossero una sorpresa eccezionale.
In generale non frequentavamo la chiesa parrocchiale di San Gioachino,
ma un'altra, più vicina, dove la Messa era più sbrigativa e durava di meno.
All'uscita, alle 11 e un quarto, ci restava una mezz'oretta buona da spendere,
mio padre non era tipo da bar o aperitivi, quindi ci spostavamo di un isolato e qui, ad attenderci c'era un negozio per me golosissimo.
Si chiamava "Artuffo" ed era gestito da un signore e sua moglie che, evidentemente di diverse inclinazioni commerciali, avevano diviso il locale in due distinti reparti: in uno lei vendeva casalinghi ed articoli regalo, nell'altro lui vendeva modellismo (ferroviario, navale ed aereo radiocomandato o no).
Artuffo e mio padre si conoscevano (mi sembra andassero a ballare assieme da giovani).
Passando davanti alla vetrina ci scambiavamo qualche commento sulle meraviglie esposte, poi guardavamo dentro e se vedevamo il sig. Artuffo entravamo.
C'era quasi sempre un gruppetto di amici al banco che chiacchierava del più e del meno, io, dopo essere stato ammonito di "non toccare niente e tenermi distante dagli oggetti esposti" venivo lasciato girovagare per il negozio ammirando le cose esposte sui banconi e negli scaffali.
E c'era, in un angolo, una parete ricoperta di bustine Airfix e FROG.
Qui passavo la mia mezz'ora in contemplazione delle "box art", ossia dei disegni che illustravano il modello.
Cinque anni, 250 domeniche, circa 130 ore passate esclusivamente a guardare scatole di modellini... ecco come nasce un imprinting che
non si cancella più... non vi stupite se me li ricordo tutti quanti a memoria... se li ho ricomperati quasi tutti a distanza di trent'anni e
se ne conservo ancora le bustine in una scatola di cartone!
Prima di tornare a casa, circa una settimana si ed una no, mio padre comprava una bustina, l'altra settimana
me la regalava il sig. Artuffo.
La Domenica pomeriggio, quando tutti facevano la pennichella, mentre aspettavo le 17,00 e la TV dei Ragazzi con il BraccoBaldo Show (Ricordate Joghi, Bubu ed il ranger Smith. Gimxi Pixie e Dixie e Braccobaldo Bau?) montavo il modellino con cui facevo poi impazzire tutti fino all'ora di cena.
Evoluzione di un modellista
La passione, mai sopita, è ritornata prepotente dopo vent'anni quasi di oblio.
Era passata l'Università, il militare, il primo lavoro.
Il secondo posto di lavoro mi ha messo in contatto con modellisti evoluti e arrivati tecnicamente ma sopratutto con grafici esperti nell'uso di tecniche pittoriche evolute.
Appassionato di pittura ho iniziato a assorbire tecniche, malizie e trucchi del mestiere... e a sperimentarli a casa.
Poi il passo decisivo, grazie all'indipendenza economica che il lavoro mi consentiva, l'acquisto di un compressore, un areografo e scatole di montaggio di elevata qualità.
Mio padre aveva smesso un attività di realizzazione di bobine in rame per motori elettrici in cantina e lasciava liberi gli spazi per installare li il mio laboratorio.
Smantellata la camera oscura che occupava un angolo e recuperato il bancone adesso finalmente avevo modo di lavorare senza paura di sporcare, potevo lasciare le opere sul tavolo ad asciugare o a incollarsi senza timori.
Ed avevo infine lo stimolo di amici che mi consigliavano, spronavano, lodavano e criticavano i miei progressi e i miei errori.
In fondo al cuore c'era quella molla che ancora oggi mi spinge, non la ricerca dell'approvazione altrui o del premio, ma la gratificazione che ricevo nel fare una cosa il più vicino possiible all'immagine che ho in mente di lei.
Il vedere uscire dalla materia e concretizzarsi l''immagine mentale.
Nel mio piccolo, deve essere quello che deve provare uno scultore o un pittore nel veder emergere dalla pietra la statua o comporsi aulla tela l'immagine pensata.
Per questa mia libidine creativa non mi separo dal modello finito, ma lo conservo gelosamente e lo fotografo per il piacere che mi da' il guardarlo rivedendo il lui le difficoltà superate e rinnovando il piacere della conclusione dell'opera.
Non cercate la perfetta coincidenza storica del modello con il mezzo reale, a volte sacrifico la correttezza storica per un motivo estetico, per il semplice motivo che a me ".. piace cosi!"
La ricerca storica ed iconografica, indispensabile per realizzare un buon modello, non mi condiziona mai al punto di sacrificare ad essa una mia "intuizione".
Ad oggi sono arrivato vicino ai 290 modelli acquistati di cui 180 finiti.
La mia tecnica si è evoluta ed affinata negli anni arrivando a fornire una personale interpretazione e tecniche particolari che, pur condivise con altri amici del settore, rimangono quasi esclusive.
Questi che vi mostro sono alcuni di loro... scelti senza particolare criterio.
Altri, realizzati unicamente con la carta piegata e incollata, potrete vederli
scaricando la presentazione da link che trovate qui sotto.
Le poche righe vi raccontano alcune cose sul modello, sul mezzo che rappresentano o trattano delle particolarità della versione o della livrea.
Buona visione!