PREMESSA TEORICA:
Si dicono grandezze vettoriali (es: velocità, spostamento, accelerazione, forza) quelle che possiedono:
un modulo (o intensità), che indica la lunghezza del vettore
una direzione, ovvero la retta a cui il vettore appartiene
un verso, indicato dalla freccia del vettore
Una grandezza scalare (es: massa) viene descritta solo mediante un numero.
Con il termine massa si indica la misura dell’inerzia di un corpo, ovvero della fatica che si incontra per metterlo e/o tenerlo in movimento. L’unità di misura della massa del Sistema Internazionale è il kilogrammo (kg).
Il modulo della forza si misura invece in Newton (N).
1 Newton corrisponde quindi alla forza che, applicata ad un corpo di massa 1 kg, gli imprime un’accelerazione di 1 m/s2.
Il peso di un corpo si calcola invece moltiplicando la sua massa per l’accelerazione gravitazionale a cui il corpo è sottoposto.
Chiameremo allora forza peso la forza che attira tutti i corpi verso il centro della Terra.
Il Secondo Principio della Dinamica, illustrato da Newton (per questo è detto anche Legge di Newton) nella sua opera Philosophiae Naturalis Principia Matematica (1687), afferma che, applicando una forza ad un corpo, questo si muove di moto rettilineo uniformemente accelerato, con un’accelerazione direttamente proporzionale alla forza applicata.
Essendo direttamente proporzionali, vorrà quindi dire che la forza si otterrà moltiplicando l’accelerazione per una costante, una grandezza scalare, costituita in questo caso dalla massa.
Avremo dunque:
Il sigma indica la somma rispettivamente delle forze non equilibrate del sistema preso in esame.
Prendono il nome di sistemi inerziali tutti i sistemi che si muovono di moto rettilineo uniforme o che rimangono in stato di quiete l’uno rispetto all’altro.
I sistemi che invece accelerano l’uno rispetto all’altro vengono detti non inerziali.
In questi ultimi vediamo comparire degli effetti che interpretiamo introducendo forze apparenti che in realtà non esistono e che vengono avvertite solo dal sistema stesso.
Da un punto di vista esterno sono invece interpretabili alla luce del primo principio della dinamica (un corpo si muove di moto rettilineo uniforme o rimane in stato di quiete finché non interviene una forza a modificare il suo stato).
La meccanica è la branca della fisica che si interessa al moto dei corpi.
La meccanica comprende a sua volta la cinematica, la statica e la dinamica:
La cinematica (dal greco kìnesis, movimento) studia il moto dei corpi indipendentemente dalle cause che lo provocano, ovvero le forze
La statica (dal greco stàsis, stasi) studia l’equilibrio dei corpi
La dinamica (dal greco dýnamis, forza), studia il moto dei corpi in dipendenza dalle cause che lo provocano e quindi dalle forze
Uno dei vari tipi di moto preso in esame dalla meccanica è il moto armonico.
Prende il nome di moto armonico un moto in cui l’accelerazione è direttamente proporzionale allo spostamento ed ha verso opposto.
L’accelerazione si otterrà quindi moltiplicando lo spostamento negativo per una costante, che, in questo caso, corrisponderà al quadrato della velocità angolare ().
Il moto armonico è la proiezione sul diametro di un punto che si muove di moto circolare uniforme.
Viene detto moto periodico perché in esso il corpo torna continuamente al punto di partenza ed esso si ripete ciclicamente, con scansione temporale costante, lungo la medesima traiettoria: ci troviamo dunque di fronte ad un moto oscillatorio.
In questo tipo di moto né l’accelerazione né la velocità rimangono costanti.
Notiamo infatti come l’accelerazione aumenti dal centro verso la periferia:
E come invece la velocità tangenziale aumenti dalla periferia verso il centro:
Il moto armonico è tipico dei corpi elastici e del pendolo.
Prende il nome di corpo elastico un corpo che subisce deformazioni direttamente proporzionali alla forza applicata.
Questa relazione è espressa dalla legge di Hooke:
"k" in questo caso prende il nome di costante elastica, espressa in N/m.
Un oggetto sottoposto a questo tipo di forza, ad esempio una massa attaccata ad una molla, si muove quindi di moto armonico ed avremo così:
"w " è la velocità angolare del moto circolare uniforme di cui il moto armonico è proiezione.
In questo caso, non avendo a che fare con angoli, la chiameremo pulsazione.
Il tempo impiegato per un’oscillazione completa prende il nome di periodo e si calcola con la seguente formula:
Prende invece il nome di pendolo semplice una massa che oscilla collegata ad un filo.
Con il termine "filo" si indica uno strumento che
trasporta le forze tangenzialmente ad esso
può solo tirare e non spingere
Questo filo, nel caso del pendolo, deve essere inestensibile.
Osserviamo un pendolo che oscilla partendo dalla sua posizione di equilibrio, indicata col tratteggio.
In questo caso il sistema è sottoposto a 2 forze: la forza peso e la tensione del filo.
Scomponiamo la forza peso lungo 2 direzioni, una parallela ed una perpendicolare al moto e troviamo la risultante.
Congiungiamo P// e P e lo spostamento con la posizione iniziale per ottenere i due triangoli simili 1 e 2.
Essi hanno infatti entrambi un angolo retto e i due angoli alfa e alfa primo congruenti, poiché hanno i lati paralleli.
Impostiamo ora la proporzione
l : P = s : P//
poiché le due ipotenuse l e P sono opposte ad angoli congruenti.
Avremo quindi:
Mentre "l", "m" e "g" sono costanti, osservando la figura, vediamo come lo spostamento e P// abbiano verso opposto.
Dedurremo quindi che l’accelerazione del moto del pendolo, oltre ad essere direttamente proporzionale allo spostamento, avrà anche verso opposto.
Ci troviamo quindi di fronte, anche in questo caso, ad un moto armonico.
Per calcolare il periodo del moto del pendolo ricorriamo a questa formula:
da cui applichiamo la formula inversa per trovare l’accelerazione di gravità:
Queste formule sono tuttavia valide solo per piccole oscillazioni.
Infatti soltanto le oscillazioni minori di circa 10° sono
Armoniche
Complanari: avvengono sullo stesso piano
Isocrone: avvengono nel medesimo intervallo di tempo
Le grandi oscillazioni sono invece solo complanari e vengono definite anarmoniche.
Il più famoso esempio di applicazione del pendolo è costituito dall’esperimento di Jean Bernard Léon Foucault.
È evidente che le misurazioni rilevate sono state influenzate dalla presenza degli errori.
Esistono due tipi di errori:
gli errori casuali, ineliminabili
gli errori sistematici, che dipendono dallo strumento o dallo sperimentatore
Quando si sommano o si sottraggono due misure che presentano un margine di errore, esso andrà sommato nel risultato.
Es. 10±1 - 5±1 = 5±2
Quando si moltiplica una misura che presenta un margine di errore per uno scalare, anche l’errore andrà moltiplicato per lo scalare.
Es. 2 (10±1) = 20±2
Nel corso del nostro esperimento, la maggiore fonte di errore è stata il tempo di reazione impiegato per avviare e fermare il cronometro analogico mediante l’apposito pulsante.
Prende invece il nome di scarto percentuale la percentuale che indica il rapporto tra la differenza della misura più grande rilevata e di quella più piccola e la misura più grande.
Quanto più piccolo sarà lo scarto, tanto più la misurazione sarà accurata.
In generale, se lo scarto è inferiore al 20% circa, le misurazioni sono da ritenersi attendibili.
Per mezzeria di un’asta si intende la linea immaginaria che la divide in due sezioni perfettamente equivalenti.
Il baricentro di una sfera coincide invece con il centro di distribuzione della sua massa e con il suo centro di simmetria geometrica, essendo la sfera omogenea.