La scoperta “della radiazione fossile”

 

Secondo la teoria del Big Bang, la materia che compone l'universo venne per così dire alla luce a temperature e pressioni inimmaginabili per poi iniziare a raffreddarsi e organizzarsi in strutture durante l'espansione. Tale espansione, ad un certo punto, portò la temperatura a valori sufficientemente bassi perchè gli elettroni si legassero ai nuclei formando atomi neutri. Una simile "transizione" rese l'universo trasparente lasciando quindi che tutti i fotoni fluissero liberamente negli spazi cosmici (prima, trovandosi fra particelle cariche, i fotoni interagivano continuamente con esse e non erano "liberi"). Ecco quindi un modo per verificare se la teoria è azzeccata o no: cercare quell'antico "flash" corrispondente alla formazione degli atomi neutri e alla liberazione della luce (il... "Fiat Lux") circa 300,000 anni dopo il Big Bang.Tale radiazione primordiale, nota anche con il nome di radiazione cosmica di fondo a microonde o "radiazione fossile" fu ipotizzata da Gamow all'inizio degli anni '50 e scoperta nel 1965 da Penzias e Wilson ed è stata studiata con sempre maggiore accuratezza all'inizio degli anni novanta dal satellite COBE e, nel '99, dal pallone stratosferico Boomerang.Tali osservazioni non solo confermano clamorosamente la teoria del Big Bang, ma ci danno informazioni preziose su quello che succedeva nell'universo in una fase estremamente precoce della sua evoluzione: infatti la luce che lasciava quella palla di fuoco cosmico veniva perturbata dalla concentrazione di materia da cui usciva. Così, misurando accuratamente le differenze di temperatura e di intensità di quella radiazione veniamo a conoscenza di parametri fondamentali quali la quantità della materia cosmica, la sua densità e distribuzione e perfino la geometria stessa dell'universo, ossia la sua curvatura, un concetto che merita un approfondimento.Come è noto, la relatività generale descrive la gravità come una proprietà geometrica dello spazio-tempo che viene "curvato" dalla massa. Ebbene, la massa totale della materia contenuta nell'universo ne determina un'analoga curvatura "globale", la cui conoscenza equivale a quella di come morirà l'universo: studiando la debole "radiazione fossile" emessa 300.000 anni dopo il Big Bang siamo in grado di conoscere il futuro remoto del cosmo.La scoperta della radiazione fossile,  avvenuta del tutto casualmente nel 1965 da parte di due tecnici americani A. Penzias e R. Wilson, di una radiazione di fondo cosmica nella banda spettrale delle microonde (Cosmic Microwave Background Radiation - CMBR), proveniente da ogni direzione dello spazio alla temperatura di 2,73 gradi Kelvin, ha fornito ai cosmologi, sostenitori della teoria del Big Bang, la prova tanto attesa e desiderata: essendo infatti una radiazione isotropa (cioè con le stesse proprietà in qualunque direzione dello spazio la si osservi) può essere stata generata esclusivamente da una sorgente molto densa, calda e uniforme!

Già nel 1946, il fisico russo-americano G. Gamow (allievo di A. Fridman) era giunto alla conclusione che un universo in espansione doveva raffreddarsi e diluirsi col trascorrere del tempo, essendo stato nelle sue fasi iniziali molto più caldo e denso e pervaso da una luce assai intensa. Questa, in origine calda e ricca di energia (a 300.000 anni dalla nascita del cosmo possedeva una temperatura di 10.000 gradi centigradi), emessa nelle lunghezze d'onda del visibile e dell'infrarosso, sarebbe dovuta giungere sino a noi molto "raffreddata" (ossia spostata a frequenze più basse, verso il rosso, a causa della rapida espansione dell'universo primordiale), quindi con energie assai inferiori, sotto forma di radiazione a microonde.Per ottenere delle immagini ad alta risoluzione di questa radiazione "fossile", nel 1990 la Nasa ha lanciato il satellite COBE (Cosmic Background Explorer) , il quale, confermando la natura della CMBR, ha messo nello stesso tempo in evidenza la presenza di lievi disomogeneità nella radiazione di fondo, ossia variazioni di temperatura (circa 10 parti per milione) nelle varie direzioni dello spazio.La mappa  del cielo realizzata da COBE ha così rivelato ai cosmologi i primi importanti indizi sul processo che ha prodotto l'attuale distribuzione di materia nell'universo.Ma in che modo questa radiazione "fossile" ci può svelare i segreti dell'universo primordiale, e soprattutto ... come si è formata?Immaginiamo un universo iniziale estremamente caldo e denso: un "brodo" primordiale di pura energia termica.Le attuali conoscenze in campo fisico non ci consentono di descrivere il comportamento di tale universo, nelle primissime frazioni di secondo successive al Big Bang.Ma già dopo 10-32 secondi, grazie alla sua rapida espansione che lo raffredda e diluisce, iniziano a comparire le prime particelle elementari (una "zuppa" di quark, elettroni e neutrini), mescolate a un bagno di fotoni (i "granuli" della luce), e a questo punto, grazie alle recenti acquisizioni della fisica delle particelle elementari, gli astrofisici sono in grado di poter raccontare l'evoluzione ... degli eventi. Man mano che l'universo si raffredda, nascono strutture sempre più complesse, fino alla formazione dei primi nuclei atomici di idrogeno e di elio. Questo accade quando l'universo ha un'età di circa 300.000 anni. L'evento cruciale di quest'epoca è che l'universo, fin qui opaco, diviene trasparente alla luce, permettendo ai fotoni di propagarsi liberamente (questo in virtù del fatto che gli elettroni e i protoni, ormai legati fra di loro per formare gli atomi di idrogeno e di elio, non intralciano più la libera circolazione dei fotoni). Questi fotoni costituiscono la luce "fossile" dell'universo, quella luce che noi oggi vediamo sotto forma di CMBR, che ci fornisce l'immagine più antica dell'universo ad appena 300.000 anni dalla sua nascita!Studiando la distribuzione dell'intensità della CMBR nel cielo, così come è stata osservata da COBE, possiamo risalire alla distribuzione della materia dell'universo circa 300.000 anni dopo il Big Bang. In che modo?Il "brodo" primordiale presentava piccolissime fluttuazioni nei valori della densità, sufficienti a influenzare la temperatura dei fotoni. Infatti, laddove la materia risultava essere lievemente più densa, la luce (dunque i fotoni) in espansione ha perso più energia per vincere la forza gravitazionale più intensa, e ciò ne ha provocato un certo raffreddamento.Di conseguenza, tali regioni del cielo osservato nelle microonde, ci appaiono oggi leggermente più fredde della media.Al contrario, nelle regioni meno dense questo effetto è stato meno importante, determinando temperature dei fotoni leggermente superiori alla media e quindi zone di cielo più calde.Ecco quindi come queste piccole differenze nella distribuzione iniziale della materia, amplificate dagli effetti della forza gravitazionale, hanno prodotto l'architettura dell'universo di oggi: almeno cento miliardi di galassie raggruppate in giganteschi ammassi e "muraglie" attorno a enormi spazi vuoti.