VERITÀ E MENZOGNA

Vediamo ora come ve la cavate con quest'altro busillis. Nelle antiche saghe del popolo Mayano, civiltà aliena molto avanzata che fiorì nella Galassia quando ancora l'umanità era immersa nella notte della Preistoria, è scritto che, quando gli arditi esploratori Mayani percorrevano la Galassia in lungo e in largo per creare colonie stabili o semplicemente per sete di conoscenza dell'ignoto, il grande Bolon Dz'acab, uno dei più grandi pionieri di cui quella razza si vanti, si avventurò sul pianeta Terra, a quei tempi quasi interamente coperta di foreste pluviali. Quel mondo era popolato da molte terribili bestie feroci, ma Bolon Dz'acab aveva notato che molte di esse non erano attive durante la notte, per cui, in compagnia del suo braccio destro Dister Pachuy e di cinque portatori Toydariani, si avventurò ad attraversare in piena notte un altopiano boscoso posto giusto lungo la linea dell'equatore. L'ambiente era estremamente buio e tetro, poiché la Luna era nuova, ed essi dovevano affidarsi solo ai lumi delle stelle remote ed alle loro torce allo xiluro. Naturalmente l'ardito viaggiatore contava sulla propria buona stella ma, evidentemente, in quel momento essa doveva essere già tramontata, poiché, se egli aveva preso precauzioni contro le belve feroci e gli insetti voraci, quando si ritrovò legato mani e piedi ad un'asta e trasportato come un animale appena cacciato, si rese conto di non aver considerato la presenza di eventuali indigeni, attivi (come quasi tutti gli umanoidi) anche durante le ore di oscurità. Sicuramente Bolon Dz'acab si sarebbe dato una manata in fronte, se non fosse stato legato come un salame.

Quando la carovana fu giunta al villaggio indigeno, posto in un'ampia radura nella foresta, i prigionieri si resero conto che nella piazza principale di essa, illuminata da un immenso falò, si ergevano due immensi altari di pietra, fittamente ricoperti di disegni rituali. Qui giunti, gli ardimentosi esploratori vennero liberati e sospinti, con tanto di lance acuminate puntate contro la schiena, verso un trono di legno tutto decorato di ossa di animali, su cui era seduto un indigeno vestito di piume di uccelli, subito identificato da Bolon e compagni come il capo di quella bellicosa tribù. Questi parlò subito nella sua lingua spigolosa, ma il traduttore universale fece egregiamente il suo servizio:

« Straniero, tu ed i tuoi compagni avete violato il nostro territorio, e per questo dovete essere puniti. Ma noi non siamo dei barbari, come sicuramente credete, e vi lasciamo una possibilità di scelta. Se preferisci che vi immoliamo tutti quanti sull'altare di sinistra, che noi chiamiamo Altare della Menzogna, devi pronunciare una bugia, mentre se gradisci di più raggiungere i tuoi antenati sull'altare di destra, detto l'Altare della Verità, dovrai proferire una frase veritiera. Allora, cosa dici?"

Nel silenzio della notte, rotto solo dallo sfrigolio dei coltelli che venivano affilati sulla pietra, si udì distintamente lo sferragliare delle rotelle della mente vulcanica di Bolon, spinte al massimo dei giri. Ora, nessuno sa con esattezza come sia morto l'audace globe-trotter dell'antichità: secondo alcuni, la sua astronave finì inghiottita da un buco nero che voleva studiare troppo da vicino; secondo altri, invece, cadde vittima di un'infezione alla natica destra, contratta su uno dei nuovi pianeti da lui scoperti, essendosi incautamente seduto su di un cactus dagli aculei retrattili, che non gradì il fatto di essere stato usato come cuscino; secondo altri ancora, lasciò per sempre la Galassia con l'intento di andare ad esplorare quella che noi chiamiamo Nebulosa di Andromeda, e non se ne seppe più nulla. Nessuno comunque sostiene che egli sia stato immolato dagli indigeni della Terra, che poi altri non erano se non i nostri antenati, anche se questa storia spiega abbastanza bene perchè i Mayani non misero mai più piede sul nostro pianeta. Sapranno i discendenti di quegli indigeni precisare che genere di risposta ha escogitato il nostro eroe, per salvarsi la pelle?

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