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LA NASCITA
Leonardo da Vinci nacque il 15 aprile 1452 a Vinci, una cittadina agiata toscana non lontana da Firenze, adagiata sui pendii del Monte Albano. Era il figlio illegittimo di ser Piero, importante notaio fiorentino. Della madre Caterina, invece, non si hanno molte informazioni. Il ragazzo, comunque, venne riconosciuto e cresciuto nella casa paterna.

L'INFANZIA
Leonardo, probabilmente, visse in campagna fuori da Firenze. Qui ricevette un'educazione frammentaria, disordinata e discontinua, a cura del nonno, dello zio e del prete parrocchiale, che lo aveva battezzato. Il fanciullo imparò a scrivere con la sinistra e alla rovescia. Già a questa età Leonardo manifesta una sua caratteristica che lo contraddistinguerà per tutta la vita: Vasari ricorda come il ragazzo, nello studio, cominciava “molte cose e poi l'abbandonava”. Cadute le aspirazioni del padre ad avviare il figlio alla giurisprudenza, Leonardo fu introdotto allo studio dell'abaco.

L'APPRENDISTATO
Leonardo cominciò presto a disegnare e a dipingere. Secondo il Vasari il giovane venne presentato all'illustre artista fiorentino Andrea Verrocchio per mezzo del padre, rimasto profondamente impressionato dalle sue abilità. Anche il fiorentino fu stupito dalle opere del giovane Leonardo e lo accolse nella sua bottega. Qui il promettente ragazzo compì tutto il cammino di formazione tipico dell'apprendistato. Già a circa venti anni cooperava con il maestro nelle sue opere (battesimo di Cristo, 1470). Alla bottega apprese anche nozioni di carpenteria, meccanica, ingegneria e architettura. Acquistata un po' di notorietà si iscrisse alla corporazione dei pittori ed intraprese un'attività indipendente. Ebbe modo di avviarsi agli studi di anatomia assistendo alla dissezione dei cadaveri nelle camere mortuarie degli ospedali cittadini.

A FIRENZE
Nel Quattrocento Firenze era uno dei più grandi centri di cultura. In questo periodo egli poté quindi entrare in contatto con le menti che contribuirono a far nascere il Rinascimento italiano. Ebbe, per Leonardo, grande importanza l'incontro con Toscanelli, matematico, geografo ed astronomo. Il decollo della fama dell'artista e la sua maturazione furono contemporanei all'ascesa al potere di Lorenzo il Magnifico. Tuttavia Firenze non sarebbe stata la sua “rampa di lancio”: egli ricevette poche committenze perché era solito non rispettare i tempi di consegna. Una volta impostata la composizione dell'opera, infatti, tendeva a perdere il proprio interesse nei confronti della sua realizzazione, già pronto a cimentarsi con un nuovo problema intellettuale.

Attorno al 1470 fu denunciato due volte per sodomia, ma non fu mai processato per mancanza di prove. È probabile che fosse omosessuale, ma indipendentemente da ciò Leonardo non ebbe spazio per coltivare relazioni a causa della sua intensa vita intellettuale e dei suoi vastissimi interessi.
Alla fine degli anni Settanta del secolo progettò per i Medici, potente famiglia fiorentina, un intero armamentario di macchine belliche, compreso un primitivo modello di mitragliatrice. Ricevette da questa famiglia un incarico di ambasciatore.

A MILANO
Leonardo dovette portare alla corte di Milano una lira, delle quale era un suonatore più che eccellente (aveva, tra l'altro, appuntato alcune modifiche allo strumento variando forma e materiali). Con una lettera di impiego e grazie alla sua ingegnosità per gli armamenti, entrò nelle grazie di Ludovico Sforza, detto il Moro, duca di Milano. In questa città opero per alcuni anni producendo opere come il dipinto “La Vergine delle rocce”. Leonardo seppe sfruttare le sue abilità (ingegneria militare, architettura, inventore, scultore e pittore) e divenne “maestro delle feste” alla corte ducale, per la quale progettava macchine teatrali e giochi meccanici di vario genere. Al 1495 circa risalgono l'esecuzione dell' “Ultima cena” nel refettorio del convento milanese S. Maria delle grazie e gli studi sulle proporzioni del corpo umano, culminate con l'”Uomo Vitruviano".

ALL'APICE DELLA CARRIERA
L'apice della carriera di Da Vinci si raggiunse a quarantadue anni. In quel periodo egli scrisse un trattato, “Della pittura”, che avrà molta influenza su generazioni di artisti. Contemporaneamente i suoi taccuini si riempivano di appunti, scritti con la sua singolare scrittura da destra verso sinistra, di disegni e commenti. Studiava tutto ciò che si offriva al suo sguardo: uccelli, piante, fluidi, anatomia umana, macchine di vario genere, ottica, geometria. In questo periodo progettò inoltre un sottomarino, il carro armato e l'elicottero e si dedicò all'urbanistica e all'ingegneria civile.
Nel 1499, alla caduta del Ducato di Milano per mano dei francesi di Luigi XII, si trasferì a Venezia, Mantova e, da qui, di nuovo a Firenze.

AL SERVIZIO DEI BORGIA
Nel 1502 si pose al servizio di un nuovo mecenate, Cesare Borgia, il quale, avendo intrapreso una politica espansionistica nell'Italia centrale, ritenne necessarie le consulenze brillanti di Leonardo in campo ingegneristico – bellico. Dopo un breve periodo di collaborazione tornò a Firenze per vivervi come artista. Questo periodo, felice dal punto di vista artistico (probabilmente in questi anni dipinse la Gioconda), terminò con un nuovo trasferimento a Milano, alla corte del viceré francese.

A ROMA
Quando però Svizzeri, Spagnoli, Veneziani e papato si allearono per cacciare i francesi da Milano, il maestro, a sessantuno anni, viaggiò alla volta di Roma, sperando di ricevere qui grandi commissioni dalla Chiesa. A quel tempo il Papa era Leone X, figlio di Lorenzo de' Medici. Leonardo non ricevette le attenzioni sperate: egli era sì universalmente riconosciuto come genio eclettico, ma su di lui gravavano l'anzianità e opere tanto grandiose quanto incompiute. Ricevette, per gli studi di anatomia, un'accusa di stregoneria.

IN FRANCIA E GLI ULTIMI ANNI
Perciò, quando Francesco I, successore di Luigi XII, gli offrì un trattamento migliore e ospitalità, Leonardo da Vinci non esitò a trasferirsi nuovamente. Venne accolto calorosamente, da un re raffinato e colto, che gli attribuì il titolo di “premier peintre, architecte, et mecanicien du roi” e una pensione cospicua.

Trascorse gli ultimi anni di vita al castello di Cloux, presso Amboise, in precarie condizioni di salute e con la mano destra parzialmente paralizzata. Si dedicò ai propri manoscritti, per redarne una versione pubblicabile. Morì il 2 Maggio 1519, in un clima di serenità spirituale, poche settimane dopo aver compiuto sessantasette anni. Ben suona in questa circostanza una frase da lui pronunciata qualche anno prima: “sì come una giornata bene spesa dà ieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire”.