Claudio Tolomeo
Il sistema geocentrico
o Aristotelico-Tolemaico

Gli antichi accomunavano sotto lo stesso nome di pianeti la Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno (non conoscevano i pianeti più distanti, non essendo visibili a occhio nudo) e pure il Sole, perché «si muovono» sulla Sfera celeste, al contrario delle stelle che «restano fisse». Dal punto di vista dei loro movimenti apparenti, un osservatore sulla Terra percepisce numerose differenze. Per esempio, il Sole e la Luna si muovono sull’Eclittica con velocità non uniforme rispetto alle stelle, e la Luna lo fa più velocemente e ancor meno regolarmente del Sole. Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno si spostano tra le stelle e i periodi per compiere un ciclo completo sono diversi per ciascuno di essi. L’interrogativo che gli astronomi dell’antichità si ponevano era quindi: «qual è lo schema che spiega perché un osservatore sulla Terra osserva i moti dei pianeti nel modo in cui appaiono?». Per rispondere a questa domanda bisognava formulare delle ipotesi e costruire un modello del mondo che spiegasse, per quanto possibile, tutte le apparenze. Il moto di rotazione delle stelle poteva essere spiegato semplicemente dal fatto che tutti i corpi siano trasportati nel moto attorno alla Terra da una sfera cristallina, dotata di un moto uniforme e imperniata nei poli celesti. Spiegare il moto dei pianeti era invece più complesso.
Nel II secolo a.C. Ipparco di Nicea propose un sistema del mondo che venne completato ed esposto più tardi, nel II secolo d.C., dall’astronomo alessandrino Claudio Tolomeo. Questo sistema si fondava sul principio della circolarità e dell’uniformità dei moti celesti, già espresso da Aristotele. In altre parole bisognava ricondurre le apparenze (in questo caso, le irregolarità dei moti planetari) alla «perfezione» di un moto che non poteva che essere circolare e uniforme, senza inizio né fine. Nel sistema tolemaico la Terra si trova al centro del mondo (sistema geocentrico) e attorno ad essa ruota la Sfera celeste con la Luna, il Sole e le stelle «fisse». Per spiegare il moto di Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno si suppose che essi si muovessero di moto uniforme su circonferenze, dette epicicli, i cui centri si muovevano, sempre di moto uniforme, su altre circonferenze di diametro maggiore, chiamate deferenti. La rappresentazione geometrica che ne derivava era coerente con il principio preso a fondamento. Quando – come avveniva di frequente – nuove osservazioni introducevano nuovi fatti da spiegare, la soluzione era quella di aggiungere nuovi epicicli imperniati sugli epicicli precedenti.
Anche per la Luna e il Sole si supponeva che si muovessero su circonferenze attorno alla Terra, ma senza epicicli; l’unico dato da spiegare era la non uniformità del moto sulla loro traiettoria apparente sulla Sfera celeste. Anche questo fatto veniva spiegato con un’opportuna e complessa rappresentazione geometrica.
Il sistema geocentrico era una grandiosa costruzione geometrica che rappresentava in modo completo e particolareggiato tutti gli aspetti del cielo e permetteva di prevedere il corso dei corpi celesti chiamati pianeti. Ciò gli permise di rimanere come spiegazione più accreditata per molti secoli. Era però estremamente complicato: in qualche caso ci volevano fino a 33 epicicli su epicicli per descrivere le più piccole irregolarità osservate nel moto dei «pianeti». Inoltre era totalmente privo di senso fisico, cioè non spiegava in alcun modo quali forze naturali muovessero la complessa costruzione dei deferenti e degli epicicli.
(Fonte: online.scuola.zanichelli.it)


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