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La teoria cinetica dei gas collega, tramite concetti statistici, due teorie apparentemente diverse, come meccanica e termodinamica, facendo delle ipotesi sulla costituzione atomica della materia. Quando questa teoria fu elaborata da Boltzmann, mancavano prove sperimentali a suo supporto e, anche all’inizio del XX secolo, molti scienziati si rifiutavano di credere nell’esistenza di atomi e molecole. È rimasta famosa una battuta di E. Mach: “Ne avete mai vista una?”
Un modo per risolvere il problema poteva consistere nello studiare un fenomeno che avvenisse ad una scala abbastanza macroscopica da essere osservabile tramite un microscopio ottico, ma sufficientemente microscopica da risentire degli urti molecolari: in questo modo avrebbe potuto essere provato sperimentalmente il modello molecolare e sarebbe stata mostrata la sua validità nel dare una spiegazione della realtà fisica.
Nel 1827, il botanico R. Brown, mentre osservava al microscopio una sospensione di polline in acqua, si accorse che i granuli si muovevano continuamente, zigzagando in modo imprevedibile. Pubblicò la prima descrizione di questi moti nel 1828, sul Philosophical Magazine. Avendo attribuito la causa di tale fenomeno alla presenza di microrganismi viventi, prima procedette a far bollire a lungo la soluzione e poi, visto il perdurare del fenomeno, utilizzò l’acqua contenuta in un cristallo di quarzo, formatosi milioni di anni prima, e perciò necessariamente sterile. Durante l’osservazione al microscopio, però, il fenomeno continuava ad evidenziarsi: fu esclusa quindi l’origine biologica di questo moto, chiamato moto browniano.
Nella
seconda metà dell’Ottocento, Regnault interpretò i moti irregolari in
funzione della luce incidente sulle soluzioni, delle dimensioni delle particelle
sospese e della viscosità del fluido. Altri studiosi proposero che il moto
delle particelle in sospensione fosse dovuto a moti termici molecolari del
fluido: in questo caso, però, due particelle inizialmente molto vicine
dovrebbero descrivere traiettorie simili, in quanto partono da condizioni
iniziali quasi identiche; gli esperimenti, invece, evidenziavano che i moti
delle due particelle potevano differire anche notevolmente tra loro.
Queste due frasi non girano, non ho capito l'ipotesi di
Regnault e l'obiezione fatta all'altra teoria, prova a vedere se riesci a
chiarire la cosa in modo migliore.
Nel 1905, mentre studiava l’attendibilità del modello cinetico di Maxwell e Boltzmann, Albert Einstein trovò la soluzione del problema, e la pubblicò sugli Annalen der Physik del mese di maggio, nell’articolo “Moto di particelle sospese in un liquido fermo, conseguenza della teoria cinetica molecolare del calore”. Egli concluse che le molecole di un fluido, sottoposte ad agitazione termica, possono provocare il moto casuale di un corpo che si trovi immerso in esso; in particolare, le fluttuazioni molecolari influenzano tanto più un corpo, quanto minori sono le sue dimensioni.
Dunque, il zigzagare del polline era dovuto al fatto che esso era continuamente colpito, in modo casuale e imprevedibile, dalle molecole d’acqua che lo circondavano e che erano in continuo movimento per agitazione termica. Si deve osservare che, in media, il bombardamento del granello di polline è isotropo, cioè uguale in tutte le direzioni, e che, pur essendo le particelle piccolissime (diametro di circa 10-6 m), esse possono essere considerate grandi a confronto delle dimensioni molecolari (diametro di circa 10-10 m): i granelli sono quindi 10 000 volte più grandi dei proiettili che li colpiscono ed è per questa ragione che possono essere osservati, al contrario delle molecole d’acqua, con un microscopio ottico. Una particella che si muove di moto browniano subisce circa 1021 collisioni al secondo e pertanto non è possibile analizzare il suo moto in modo dettagliato, utilizzando le leggi della meccanica classica. Einstein prese in esame questo problema studiando il comportamento medio di una particella sottoposta all’azione degli urti molecolari e alla viscosità del fluido. In articoli successivi, Einstein suggerì alcune verifiche sperimentali per determinare le dimensioni delle particelle sospese o delle molecole del fluido e la velocità di diffusione delle molecole. Egli scrisse: “Se il movimento qui discusso potrà essere effettivamente osservato (e con esso le leggi attese per questo movimento), allora la termodinamica classica non potrà più essere considerata come applicabile con precisione già per gli oggetti distinguibili al microscopio: una determinazione esatta delle stesse dimensioni atomiche diverrà allora possibile. Se d’altra parte le previsioni concernenti questo movimento risulteranno errate, ciò costituirà un pesante argomento contro le concezioni cinetico-molecolari del calore. […] E’ sperabile che qualche ricercatore possa rapidamente risolvere il problema qui suggerito, che è così importante in connessione con la teoria del calore”.
E’ possibile osservare gli effetti del moto browniano analizzando il fenomeno della sedimentazione, tramite una sospensione in acqua di piccole particelle, per esempio di argilla. Si può notare che le particelle più grandi si depositano quasi immediatamente sul fondo; nonostante ci si aspetti che, prima o poi, tutte le particelle sedimentino, l’acqua rimane torbida e le particelle di argilla con diametro minore di 10-6 m rimangono in sospensione per un tempo indefinito. E’ proprio il moto browniano la causa di questo comportamento: le molecole dell’acqua, che si muovono per agitazione termica, urtano continuamente le particelle d’argilla, sottoponendo quelle più piccole ad un moto del tutto casuale, che le spinge verso l’alto, impedendo loro di sedimentare.
Nel 1908, il fisico francese J. B. Perrin, seguendo i suggerimenti di Einstein, eseguì una delicata esperienza nel corso della quale registrò, per mezzo di una cinepresa applicata al microscopio, il moto di particelle di gomma-resina, aventi un diametro di 6 × 10-4 cm, in sospensione. Egli osservò che il moto di discesa delle particelle nell’acqua a causa della forza di gravità, a cui si opponevano le collisioni con le molecole sottostanti, avveniva come previsto da Einstein: era dimostrata così la reale esistenza delle molecole e la validità del modello cinetico e del calcolo probabilistico da lui usati. Inoltre, dalla misura del tempo occorrente per raggiungere l’equilibrio e dalle dimensioni delle particelle che non sedimentavano, fu possibile ricavare la massa delle molecole del fluido e, per la prima volta, una valutazione sperimentale del numero di Avogadro (numero di molecole contenute in una mole di qualunque sostanza). Il valore ottenuto di 6 × 1023 differiva solo dello 0,3% dal valore oggi accettato. Utilizzando il valore sperimentale del numero di Avogadro e altri dati chimici, fu possibile stimare massa e dimensioni di atomi e molecole, che così, pur non essendo rilevabili direttamente, vennero ad avere caratteristiche misurabili.
L’intera vicenda è stata presentata dallo stesso Perrin, nel 1913, in un libretto intitolato Gli atomi:
“L’agitazione molecolare sfugge alla nostra percezione diretta come il movimento delle onde del mare sfugge a un osservatore troppo lontano. Ciò nonostante, se qualche battello si trova in quel momento in vista, quel medesimo osservatore potrà vedere un ondeggiamento che gli rivelerà l’agitazione che egli non supponeva. Allo stesso modo non si può allora sperare che se delle particelle microscopiche si trovano in un fluido, esse siano ancora sufficientemente grandi da essere seguite col microscopio, ma già sufficientemente piccole da essere notevolmente agitate dagli urti molecolari? Alla scala ordinaria delle nostre osservazioni, tutte le parti di un liquido in equilibrio ci sembrano immobili. Se si mette in questo liquido un qualunque oggetto più denso, questo oggetto cade, e noi sappiamo bene che una volta arrivato al fondo del recipiente vi rimane e non dà segno di voler risalire da solo. Queste sono nozioni ben familiari, e tuttavia esse non sono valide che per le dimensioni alle quali i nostri organi sono abituati. Basta in effetti esaminare al microscopio delle piccole particelle messe nell’acqua per vedere che ciascuna di esse, anziché cadere regolarmente, è animata da un movimento molto vivo e perfettamente disordinato. Essa va e viene volteggiando, sale, scende, risale ancora, senza tendere in alcun modo verso la quiete. […]la sua [di un fluido in equilibrio] quiete apparente non è che un’illusione dovuta all’imperfezione dei nostri sensi, e corrisponde in realtà, a un certo regime permanente di agitazione violenta e disordinata. È questa precisamente la concezione che ci avevano suggerito le ipotesi molecolari, e il moto browniano sembra dar loro la conferma che prima speravamo di ottenere. Ogni granello situato in un fluido, urtato senza sosta dalle molecole vicine, ne riceve degli impulsi che in generale non si equilibrano e che lo sballottano irregolarmente. […]L’equilibrio termico è anch’esso un equilibrio statistico. Ma si deve osservare che il moto browniano, che è una realtà indiscutibile, offre una certezza sperimentale alle conclusioni (derivate dall’ipotesi dell’agitazione molecolare) con le quali Maxwell, Gibbs e Boltzmann tolsero al principio di Carnot il rango di verità assoluta, e lo ridussero ad essere solamente espressione di una alta probabilità”.
Per le sue ricerche, Perrin ricevette il Premio Nobel per la fisica nel 1926.