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Critica della meccanica newtoniana - Il fenomenismo machiano
Ernst Mach, nato a Turas in Moravia nel 1838, si laureò in fisica nel 1860; in seguito compì ricerche di fisiologia della sensazione. Professore di fisica a Graz e all'Università di Praga pubblicò numerose opere che denotano un progressivo distacco dal meccanicismo (al quale è improntato il "Compendio di fisica per medici", 1863), giungendo a respingerne i postulati generali. A tale risultato contribuirono la lettura delle opere di Darwin e gli studi di termodinamica.
Il suo volume "La meccanica esposta nel suo sviluppo storico-critico", del 1893, è illuminante circa l'impostazione epistemologica dell'autore: Mach ritiene che la storia della scienza mostri chiaramente che nessun dogma può essere invocato per nascondere la ricchezza dei dati empirici. Di qui la necessità di eliminare i presupposti metafisici che si annidano talora anche nelle più accreditate teorie scientifiche (come nel meccanicismo di Helmholtz) e di cui è carica la stessa meccanica classica galileiano-newtoniana.
Mach scrisse altre due grandi opere: "I principi della termologia, sviluppati in modo storicocritico", 1896 e "I principi dell'ottica fisica, sviluppati in modo storico e gnoseologicopsicologico" (postuma, 1921).
Chiamato all'Università di Vienna nel 1895, vi ricoprì una cattedra di filosofia fino al 1901. Polemizzò con Planck circa la possibilità di fondare sulle sensazioni l'intero sapere scientifico, e fu attaccato da Lenin nell'opera «Materialismo ed empiriocriticismo" del 1909, mentre esercitò un enorme influsso sul Circolo di Vienna che i neopositivisti nel 1929 intitolarono "Mach Varein".
Come riconoscimento dei meriti conseguiti dallo studioso nel campo delle ricerche di acustica è stato dato il nome di "numero di Mach" al rapporto tra la velocità di un mobile e quella del suono nell'aria.
CRITICA DELLA MECCANICA NEWTONIANA
Nella prefazione alla settima edizione (1912) de "La meccanica nel suo sviluppo storico-critico", Mach scrive: «In particolare non ritratto nulla delle mie critiche sullo spazio e sul tempo assoluti, che continuo a considerare delle mostruosità concettuali. In questa edizione risulta più chiaro il fatto che Newton, pur parlando molto di queste entità non ne fece alcun uso effettivo». Nell'analisi della dinamica newtoniana la critica di Mach si accentua in particolare sul concetto di massa e sul principio di azione e reazione concludendo che i due dipendono l'uno dall'altro, come il primo e il secondo principio della dinamica sono già contenuti nella definizione di forza. Risulta dunque estremamente rischiosa l'interpretazione dei principi della dinamica quali verità assolute, come accade se non si tengono ben presenti gli effettivi legami con i fatti che soli possono giustificare le definizioni suddette.
Analogamente risulta fondamentale riconoscere il contenuto empirico di nozioni come tempo, spazio e movimento, evitando ogni ipostatizzazione. Così un moto potrà dirsi uniforme solo in rapporto ad un altro: « Il problema se un moto sia uniforme in sé è privo di significato» . Anche la quiete è relativa e relativa è la stessa nozione di forza, definita attraverso i due primi principi della dinamica come la causa delle variazioni di velocità.
«Tutte le masse, tutte le velocità, quindi tutte le forze sono relative. Non esiste differenza tra relativo e assoluto, che noi riusciamo a cogliere coi sensi. D'altra parte non c'è ragione che ci costringa ad ammettere questa differenza, dato che l'ammissione non ci porta vantaggio né teorico né di altro ordine. Gli autori moderni che si lasciano convincere dall'argomento newtoniano del vaso d'acqua a distinguere fra moto assoluto e moto relativo, non si rendono conto che il sistema del mondo ci è dato "una sola volta", e che la teoria tolemaica e quella copernicana sono soltanto "interpretazioni" ed entrambe egualmente valide. Si cerchi di tener fermo il vaso newtoniano, di far ruotare il cielo delle stelle, e di verificare l'assenza delle forze centrifughe».
La filosofia di Mach va sotto il nome di empiriocriticismo, termine coniato da R. Avenarius (1843-1896) col quale egli si accorda in alcune teorie.
Il "prius", il dato originario non e secondo Mach né l'oggetto né il soggetto: è l'insieme dei colori, suoni, pressioni, dal quale risultano quei complessi che chiamiamo corpi. Fra questi ce n'è uno che chiamiamo nostro per le particolari sensazioni alle quali dà origine. Se chiamiamo A, B, C... colori, suoni, ecc.; K, L, M, i costitutivi del nostro corpo; a, b, g... volizioni, ricordi ecc., constatiamo che la serie A, B, C... è sempre determinata dalla serie K, L, M...: il taglio di un nervo, per es., impedisce che ci siano (per me) suoni e colori. Per questo chiamiamo sensazioni i dati primi dell'esperienza: perché dipendono dal nostro corpo; ma sarebbe meglio chiamarli elementi, perché non c'è differenza specifica tra fisico e psichico: un colore è un dato fisico se lo consideriamo in dipendenza da una sorgente luminosa, è una sensazione se lo consideriamo dipendente dalla ......
Anche gli elementi a, b, g non differiscono specificamente da quelli delle altre due serie: dolore e piacere sono sensazioni, perché ogni sensazione può trasformarsi in piacere o dolore. Non esistono dunque originariamente un io e dei corpi, poiché di sensazioni è costituito il soggetto che poi reagisce alle sensazioni: se non ci fosse la catena dei ricordi io riterrei di essere un altro da quello che ero in passato. La delimitazione dell'io si compie per motivi pratici, istintivi ("Die Analyse der Empfindungen", 1886). Né dietro le sensazioni c'è bisogno di ammettere un mondo di cose in sé: le cose non sono niente altro che complessi di sensazioni. Questa dottrina, osserva Mach, è molto più vicina al realismo ingenuo dell'uomo comune che alle teorie dei filosofi; per l'uomo comune, infatti, le cose non sono misteriose entità che stiano dietro ciò che egli sente, ma sono ciò che egli sente.
In "Erkenntnis und Irrtum" (Conoscenza ed errore, 1905) Mach distingue un io in senso stretto e un io in senso largo: il primo è il complesso di ciò che è dato immediatamente a uno, il secondo è il complesso di tutte le possibili sensazioni e coincide col mondo - [nota: ma l'io, o il fondamento dell'io, è poi identificato col corpo; c'è quindi una concezione materialistica in Mach] -.
Assai più di queste teorie influì sul neopositivismo la concezione che Mach aveva della scienza. Studiando le origini e lo sviluppo della meccanica moderna Mach si rende conto che le leggi fisiche, in particolare le leggi della meccanica, non sono verità assolute, ma ipotesi da verificare, tali da poter essere modificate (o integrate in sistemi più vasti) da ulteriori sviluppi della verifica. La sistemazione di tali leggi, la deduzione di esse da un gruppo di assiomi, non dipende né dalla contemplazione di un ordine di essenze né da principi esistenti a priori nell'intelletto umano ma da un criterio di economicità. I concetti scientifici si formano mentre si opera sulle cose: « il capire si fonda sull'operare » (citato da A. D'Elia, Ernst Mach, La Nuova Italia 1971, p. 167).
L'economicità di un sistema di leggi non significa mera riduzione al campo dell'utile e negazione di ogni valore conoscitivo del sistema stesso. « Nella ricerca scientifica importa solo la conoscenza della connessione dei fenomeni »; se la formulazione delle connessioni avrà un carattere convenzionale, l'oggetto di cui trattiamo formulando una legge sarà sempre un nesso che l'esperienza è in grado di confermare o smentire parzialmente. L'economicità consiste dunque nella capacità del sistema di fornire una visione unitaria del mondo fenomenico.
In questa prospettiva Mach respinge la concezione atomistica dei fisici meccanicisti a lui contemporanei perché secondo tali autori l'atomo costituirebbe la "vera" realtà della natura: in quanto non afferrabile dall'osservazione, l'atomo è un ente di ragione, non di fatto. Analogamente Mach non ritiene che la scienza debba cercare le "cause" dei fenomeni. l'esperienza non ci presenta quel carattere di necessità che è implicito nel concetto di causa. Applicando alla fisica il concetto di "funzione", ormai fondamentale in matematica, è opportuno parlare di "nessi funzionali".
Anche in riferimento al problema dell'unità del sapere scientifico Mach respinge la riduzione delle leggi scientifiche a leggi meccaniche: piuttosto egli ritiene di scorgere il nucleo della nuova scienza unitaria nella termodinamica i cui principi posseggono una maggior generalità e una maggior aderenza all'esperienza.