Stabat Mater
di Jacopone da Todi
Stabat mater dolorosa iuxta crucem lacrimosa, dum pendebat filius. Cuius animam gementem O quam tristis et afflicta Quae maerebat et dolebat, Quis est homo, qui non fleret, Quis non posset contristari Pro peccatis suae gentis Vidit suum dulcem natum Eia Mater, fons amoris, Fac, ut ardeat cor meum Sancta Mater, istud agas, Tui nati vulnerati Fac me vere tecum flere, Iuxta crucem tecum stare Virgo virginum praeclara, Fac, ut portem Christi mortem, Fac me plagis vulnerari, Inflammatus et accensus Fac me cruce custodiri Quando corpus morietur, |
Alla croce del
Signore tutta immersa nel dolore, sta la madre in lacrime. Una spada acuminata, Oh! l'angoscia e la distretta Quante lacrime e lamenti Chi potrà frenare il pianto Chi la madre addolorata Vede il Figlio tanto amato Vede il dolce Figlio in croce Salve, fonte dell'amore Il mio cuore sia fervente Siano impresse nel mio cuore Delle pene che ha provato Possa anch'io con te soffrire, Alla croce stare accanto Salve, Vergine preclara; Del Signor portar la morte, Delle piaghe esser segnato, E nel giorno del giudizio Quando un dì dovrò morire E, se il corpo avrà la morte, |
Uno straordinario "Orologio della Passione", per il quale ringraziamo il professor Franco Damiani |
Grazie all'amico Raffaele, posso pubblicare in questa pagina anche il famoso "Dies Irae" di Tommaso da Celano e una sua bellissima traduzione in italiano:
Dies Irae, dies illa solvet saeclum in favilla: teste David cum Sybilla. Quantus tremor est futurus, Tuba, mirum spargens sonum Mors stupebit et natura, Liber scriptus proferetur, Judex ergo cum sedebit, Quid sum miser tunc dicturus? Rex tremendae majestatis, Recordare, Jesu pie, Quaerens me, sedisti lassus, Juste judex ultionis, Ingemisco, tamquam reus, Qui Mariam absolvisti, Preces meae non sunt dignae, Inter oves locum praesta, Confutatis maledictis, Oro supplex et acclinis, Lacrimosa dies illa, huic ergo parce, Deus: |
Quel gran dì che, subissato, l'Universo in fiamme andrà, quel dai vati profetato, quel dell'ira il dì sarà. Oh che tremiti, che lutti D'una tromba il miro suono Stupiran morte e natura, Il volume dove il vero Quanto agli Uomini è celato Che dirò? Fra tanta pena, Tu che doni liberale E sovvieni, o Gesù pio, Me cercando, in Croce appeso, Abbi, o vindice supremo, Carco il volto di rossore, Quando in Croce al ladro il desti, Se non degni i preghi miei, Via dai capri sceverato, Fulminati i maledetti Fra i singulti supplicando, Giorno orribil di supplizio Deh! perdona a lui pietoso, |
E ora, una delle più belle poesie di Giovanni Pascoli: "In Oriente"!
I Si vegliava sui monti. Erano pochi pastori che vegliavano sui monti di Giuda. Quasi spenti erano i fuochi. Altri alle tombe mute, altri alle fonti garrule, presso. Il plenilunio bianco battea dai cieli sopra le lor fronti. Ognun guardava ai cieli, come stanco, stanco nel cuore; ognuno avea vicino il dolce uguale ruminar del branco. Sostava sino all’alba del mattino il cuor del gregge, sazio di mentastri; ma il cuore de’ pastori era in cammino sempre; ch’erano erranti come gli astri, essi: avean la bisaccia irta di peli al collo, e tra i ginocchi i lor vincastri, e cinti i lombi, e nella mano steli d’issopo. E alcuno, come è lor costume, cantava, fiso, come stanco, ai cieli. E il canto, sotto i cieli arsi dal lume, a pie’ dell’universo, era sommesso, era non più che un pigolìo d’implume caduto, sotto il suo grande cipresso. II Maath cantava: — O tu che mai non poni il tuo vincastro, e che pari nell’alto le taciturne costellazïoni, Dio! che la nostra vita cader d’alto fai, come pietra, dalla tua gran fionda... la pietra cade sopra il Mar d’asfalto. Pietra ch’è nel Mar morto e non affonda, la vita! Cosa grave che galleggia, e va e va dove la porta l’onda! O Dio, noi siamo come questa greggia che va e va, nè posso dir che arrivi, nemmen se giunga al pozzo della reggia! — Addì cantava: — Tu, sola tu, vivi, o greggia, che non mai dalle tue strade vedi la Morte ferma là nei trivi. Vedo qualche smarrito astro che cade: muore anche l’astro. Ma tu, pago il cuore, stai ruminando sotto le rugiade. O greggia, solo chi non sa, non muore! Tu non odi l’abisso che rimbomba presso il tuo dente, e strappi lieta il fiore del loto eterno ai sassi della tomba. — |
III E un canto invase allora i cieli: Pace sopra la terra! E i fuochi quasi spenti arsero, e desta scintillò la brace, come per improvviso ala di venti silenzïosi, e si sentì nei cieli come il soffio di due grandi battenti. Erano in alto nubi, pari a steli di giglio, sopra Betlehem: già pronti erano, in piedi, attoniti ed aneli, i pastori guardando di sui monti, e chi presso le tombe, onde una voce uscìa di culla, e chi presso le fonti, onde un tumulto scaturìa di foce: e un angelo era, con le braccia stese, tra loro, come un’alta esile croce, bianca; e diceva: “Gioia con voi! Scese Dio su la terra„. Ed a ciascuno il cuore sobbalzò verso il bianco angelo, e prese via per vedere il Grande che non muore, come l’agnello che pur va carponi; il Dio che vive tutto in sè, pastore di taciturne castellazïoni. IV Mossero: e Betlehem, sotto l’osanna de’ cieli ed il fiorir dell’infinito, dormiva. E videro, ecco, una capanna. Ed ai pastori l’accennò col dito un angelo: una stalla umile e nera, donde gemeva un filo di vagito. E d’un figlio dell’uomo era, ma era quale d’agnello. Esso giacea nel fieno del presepe, e sua madre, una straniera, sopra la paglia. Era il suo primo, e il seno le apriva; e non aveva ella nè due assi: all’albergo alcun le disse: È pieno. Nella capanna povera le sue lagrime sorridea sopra il suo nato, su cui fiatava un asino ed un bue. — Noi cercavamo Quei che vive... — entrato disse Maath. Ed ella con un pio dubbio: Il mio figlio vive per quel fiato... — Quei che non muore... — E ella: Il figlio mio morrà (disse, e piangeva su l’agnello suo tremebondo) in una croce... — Dio... — Rispose all’uomo l’Universo: È quello! Giovanni Pascoli |
Mira il tuo popolo, o bella Signora, che pien di giubilo oggi t'onora. Anch'io festevole corro a' tuoi piè; o Santa Vergine, prega per me! Il
pietosissimo tuo dolce cuore In questa misera valle infelice Del vasto oceano propizia stella Pietosa mostrati con l'alma mia, A me rivolgiti con dolce viso, Nel più terribile, estremo agone, |