Antichità indoeuropee


Ecco come l'amico Bhrihskwobhloukstroy ha provato a dare corpo (e fantasia) alla sua passione per la storia e la lingua degli indoeuropei preistorici. Un racconto davvero fuori dal comune, non trovate?

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La battaglia di *Bhrg'hrobherg'haH

Premessa:

*Bhriskobhre:(H)wr era il nome di una *teut'aH del periodo indoeuropeo tardo C (che sia tardo é già riconoscibile dal fatto che si tratti di un toponimo in origine - "Fontamara" - passato poi a indicare l'insediamento umano ivi sorto e, per metonimia, la popolazione residente, l'intera comunità politica di cui l'insediamento era capitale e il territorio occupato da tale comunità politica).

*Bho(:)lHtokeltos III ("Elevato e splendente") é invece il nome di un famoso 're / condottiero (8944-8902 a.C. ca.) della prima dinastia insediatasi in *Bhriskobhre:(H)wr dopo l'indipendenza dal regno dei *Bhelgho-bhriko:ses ("Che hanno lance e ira"), conseguita nel 9561 a.C. a seguito della battaglia di *Bhrg'hrobherg'haH ("Rivalta").

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--- Gentile principe, ma la battaglia di *Bhrg'hrobherg'haH fu scatenata dai *Bhelgho-bhriko:ses per sedare al rivolta dei *Bhriskobhre:(H)wr (o meglio, da quelli che poi diventarono i *Bhriskobhre:(H)wr) o da questi ultimi che si erano seccati del giogo? E perché prima erano sotto il giogo?

--- La bibliografia sulla battaglia di *Bhrg'hrobherg'haH é ormai incontrollabile da una solo persona; esistono ad ogni modi alcuni punti che la critica più recente ritiene acquisiti. Posso solo accennarne, perché nel settore del tardoindoeuropeo C (occidentale) sono molto profano; nella bibliografia che viene pubblicata in fondo a ogni numero della "Zeitschrift fuer spaetindogermanische Geschichte" si trovano ben segnalate le novità, divise per argomenti e con riassunti, oltre che le recensioni alle opere apparse in precedenza (per la battaglia in oggetto esistono addirittura tre rubriche separate, una sugli antefatti politico-diplomatici, una sugli aspetti militari e una sulle conseguenze geopolitiche).

Dunque, fino al 9570 a.C. *Bhriskobhre:(H)wr era solo un *woyk'os (= 1/400 del territorio) dei *Bhelghobhriko:ses; oltretutto, un *woyk'os recente, colonizzato con ogni probabilità nel periodo compreso tra il 10.500 e il 10.430 a.C. a quanto risulta dagli archivi (di certo aveva un proprio *Hre:g's nel 10.421/10.420 a.C.). Nel 9569 iniziò la questione dei profughi da *Bhrimobhrusnyos ("Colle sull'oceano"), che l'assemblea centrale dei *Bhelgho-bhriko:ses decise di distribuire su tutto il territorio concentrando però i nuclei più consistenti nelle aree di colonizzazione più recente, sulla base della considerazione che nei territori coloniali la facilità di assimilazione sarebbe stata maggiore.

Tuttavia, per incompatibilità religiose che ancora ci sfuggono (probabilmente l'esistenza di due tradizioni interpretative concorrenti in relazione ad alcune omofonie che di fatto si possono documentare epigraficamente tra l'onomastica dei profughi e l'onomastica in uso a *Bhriskobhre:(H)wr), sorsero presto fazioni concorrenti (si noti, non tra i profughi da un lato e i locali dall'altro, ma tra un gruppo - prevalentemente di profughi - con clientela mista, anche di locali, e un altro gruppo, esclusivamente di locali), scontri interni e infine una guerra civile sanguinosa terminata con l'espulsione di tutti i profughi e i loro collaboratori.

L'assemblea centrale dei *Bhelgho-bhriko:ses (in conformità al nome) decretò una spedizione federale punitiva, ma i *Bhro:yskobhrunyo:ses (gli abitanti di *Bhriskobhre:(H)wr), sotto la guida di *Bhristolo:tos (capostipite della dinastia di *Bho(:)lHtokeltos III), organizzarono una guerriglia che indusse gli occupanti ad abbandonare i luoghi (con conseguente eziologia popolare del nome). Il reinsediamento non fu facile, dati i lunghi anni di distruzioni perpetrate da ambo i lati, per cui il nipote di *Bhristolo:tos, *Bho(:)lHtokeltos (che sarebbe diventato *Bho(:)lHtokeltos I), decise di sviare i malumori crescenti indirizzandoli contro il nemico comune e organizzò la spedizione contro la capitale federale (*Bhrighdhobhrudhghlom: nome senza etimologia trasparente - indizio di altissima antichità). I *Bhelghobhriko:ses affrontarono i *Bhro:yskobhrunyo:ses a *Bhrg'hrobherg'haH, dove furono costretti al ripiegamento. A quel punto *Bho(:)lHtokeltos si rese conto che non sarebbe stato in grado di infliggere una seconda sconfitta a un esercito troppo più forte (così leggiamo esplicitamente nei resoconti dei suoi ufficiali) e, avvertendo che l'effetto di creazione di un "mito fondatore" era ormai conseguito, decise di ritornare a *Bhriskobhre:(H)wr e di celebrare la vittoria.

 

Per gli aspetti militari v. in ogni caso Dietrich Bardenlaender, "Studien zum spaetwestindogermanischen Kriegswesen" vol. XV/4 (Breitenbrunnen, Heimat-Verlag, 1985), pp. 1502-1995.

 

P.S. Non pare che sussista nessun legame di parentela (ma la distanza cronologica é tale da rendere obbligatoria una sospensione del giudizio) con *Bho(:)lHtokeltos IV (5730-5650 a.C.), sovrano della XXX dinastia di *Bhriskobhre:(H)wr e che senza dubbio sfruttò, almeno agli inizi, l'omofonia con l'antico predecessore. Sulla sua figura v. il classico studio di Alberico Inghieri di Carrodano "*Bho:ltokeltos IV e il culmine dello Spirito arioeuropeo" (Avenza, Italica Editrice, 1942-XX) nonché °Brabance Breuil, "*Bho:ltokeltos IV. Sa vie, son oeuvre" (Dakar, La maison blanche, 1953).

Bhrihskwobhloukstroy, detto anche Guiduchindo

 

Nota 1: cliccando qui, potrete scaricare un repertorio di 900 toponimi ondoeuropei. La prima pagina serve per interpretarli, le successive nove sono i toponimi veri e proprî. Si traducono a partire dal secondo elemento, quindi per esempio il primo, *bʱrg'ʱ-ro-bʱerg'ʱ-s, significa "monte alto" (*bʱerg'ʱ-s "monte" + *bʱrg'ʱ-ro-s "alto")

Nota 2: Riguardo al mio nickname, "*Bhrihstlo-bhrōuzghdhrōy" è un composto indoeuropeo che dovrebbe significare "insieme di luoghi caratterizzati da forti correnti (d'acqua) e da (vento) con cui si taglia", di cui mi ero servito come esempio morfologico in un articolo e che avevo poi riutilizzato quando ho dovuto scegliere un nome difficile da imitare per un indirizzo di posta elettronica, in origine solo di servizio.

Nota 3: Guiduchindo è la continuazione del germanico *U̯ĭðŭ-kĭndăz, dall’indoeuropeo *U̯ĭdʱh₁ŭ-g̑ĕntŏs ‘figlio del bosco’, che designava in origine i Cacciatori-Raccoglitori in un primo tempo marginalizzaati dagli Agricoltori Neolitici nell’Europa Centrale del VI.-V. millennio a.C. ca. (può darsi che in precedenza fosse una denominazione di ipotetici Neandert[h]aliani residui). Già in protogermanico, *U̯ĭðōⁿ (da cui l’italiano Guido) era l’abbreviazione di *U̯ĭðŭ-kĭndăz (all’origine anche di Vitichindo, come il celebre condottiero dei Sassoni).

 

Le Classi Linguistiche Indoeuropee verso il 1500 a.C. (cliccare per ingrandire)

Le Classi Linguistiche Indoeuropee verso il 1500 a.C. (cliccare per ingrandire)

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Osservando la cartina soprastante, che dobbiamo alla cortesia di Bhrihskwobhloukstroy, Iacopo ha commentato:

Wow! Indoeuropeo settentrionale? Sembra interessante... quando sarebbe sparito?

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Subito Bhrihskwobhloukstroy replica:

Di sicuro, all'inizio della Fase Storica (per la regione interessata) - quindi fra la Geografia di Tolomeo e i Variaghi - non ce ne sono tracce dirette (si tratta infatti di un sostrato ipotizzato sulla base della Toponomastica di etimo indoeuropeo in Area Volgofinnica [mi dispiace la dicitura «Volgafinnica»] e Baltofinnica); d'altra parte, la localizzazione balto-uralica implica l'avvenuta Deglaciazione, quindi una cronologia al massimo tardopaleolitica, ma non anteriore (anzi, in combinazione con la verificabile quota calcolitica della persistenza ubiquitaria del Sistema Fonologico Indoeuropeo Preistorico Comune - che per definizione precede l'individuazione definitiva e completa di qualsiasi Classe Linguistica all'interno della Famiglia Indoeuropea - la ‘finestra’ ammissibile per l'esistenza dell'“indoeuropeo settentrionale” si restringe a poco più di un paio di Millennî, dal 2100 ca. a.C. al II secolo d.C.).

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Anche Maggioriano ha voluto avanzare una sua proposta riguardante gli Indoeuropei preistorici:

E se fossero stati i Cimmeri a scacciare gli Sciti dal sud della Russia? Non si sarebbe forse avuta una Russia di stirpe iranica, mentre gli Assiri, non dovendosi difendere dai Cimmeri, reggevano più a lungo? Invece l'Europa e la Macedonia avrebbero conosciuto ondate di invasione ripetute. Magari invece che dai Daci i Celti dei Balcani sarebbero stati sottomessi dai Cimmeri, mentre i Daci (e dunque il popolo rumeno), non avendo potuto svilupparsi appieno, non sarebbero mai esistiti come entità politica...

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Ecco come Bhrihskwobhloukstroy gli risponde quale lui solo sa fare:

Non sono sicuro di aver colto il senso della domanda. La struttura "retorica" equivale a "si sarebbe avuta una Russia di stirpe iranica"? In questo caso, di primo acchito direi di no, visto che gli Sciti vengono scacciati dai - non îrânici - Cimmerî.

Tuttavia, potrebbe essere il contrario se gli Sciti vengono "scacciati" a Nord: in questo caso, arriverebbero a diretto contatto coi Balti Orientali e îrânizzerebbero definitivamente gli Slavi (ben più di quanto già avvenuto storicamente).

Resta però l'incognita germanica: se la Russia non è un Paese germanico (orientale), è perché i Goti sono stati sostituiti dagli Unni e in séguito da altre popolazioni altaiche, il che è indipendente dal fatto che prima dei Germani l'egemonia culturale sull'area ponto-baltica fosse esercitata dai Cimmerî anziché dagli Sciti e poi dai Sarmati.

Quanto alla questione, posta dall'amico Maggioriano, se gli Assiri, non dovendosi difendere dai Cimmeri, avrebbero retto più a lungo, dipende da come si valuta il potenziale caldeo-babilonese, medo-persiano e greco-macedone.

Maggioriano inoltre propone che l'Europa e la Macedonia conoscano ondate di invasione ripetute. Da parte degli Sciti in fuga (che quindi non sarebbero sospinti in maggioranza verso Nord ma - in effetti più plausibilmente - verso Ovest)? Non credo invece che le "ondate di invasioni ripetute" sarebbero da ascrivere a una maggiore propensione dei Cimmerî (rispetto agli Sciti) a "invadere" l'Europa o a una loro minore capacità di respingere invasioni da Est, che quindi dilagherebbero in Europa. Da questo punto di vista mi sembra che la situazione non sarebbe significativamente diversa, a eccezione di alcuni aspetti (socio)linguistici ed etnoculturali di popolazioni relativamente marginali come i Germani (storicamente sembrano riflettere una stratificazione di innovazioni di provenienza in ultima analisi sia cimmerica - prima - sia scitica - poi - e che in questo scenario sarebbero in successione e intensità capovolte rispetto alla storia reale)

Infine, la questione rumena. Da quanto scritto sa Maggioriano arguisco che le "invasioni" dell'Europa sarebbero di Cimmeri, quindi più inclini a invasioni verso Ovest che gli Sciti: se non ho inteso male, mi permetto di dissentire, perché onestamente non so fare una valutazione comparativa tra Sciti e Cimmerî quanto a tendenza alla spinta verso Ovest. Le ipotesi sullo sviluppo politico dei Daci dipendono proprio da una valutazione del genere, per cui da parte mia direi che, poiché ritengo i Cimmerî equivalenti agli Sciti quanto a forza di penetrazione verso Occidente, i Daci si sarebbero sviluppati con i Cimmerî tanto quanto si sono sviluppati nella storia reale.

Circa l'etnogenesi rumena, sono convinto che il fattore decisivo ne sia stata la fase protobulgara e l'elemento principale la successione latinizzazione delle città - (prima) Cristianizzazione (a Sud del Danubio) - conseguente estensione della latinizzazione alle campagne - slavizzazione di queste ultime - rilatinizzazione (sotto i Protobulgari) dalle città. Sono sostratomane, e quindi lungi da me qualsiasi sottovalutazione dei Daci (sostengo che siano rimasti fino alla slavizzazione e alla successiva rilatinizzazione) ma, per quanto riguarda l'elemento concretamente linguistico dell'identità rumena, oso affermare che quest'ultima sarebbe praticamente uguale a quella attuale anche se i Daci non fossero mai esistiti.

Attendo volentieri la continuazione della discussione!

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Maggioriano a sua volta risponde:

Hai ragione, ma ho un'osservazione da fare: credo che con successive ondate di invasione sia Cimmere che Scite, l'unificazione delle tribù della Dacia da parte del re Burebisza sarebbe stata più difficile e, se essa avviene, più tarda. I Daci sarebbero dunque incapaci, nelle loro guerre tra loro e contro Sciti e Cimmeri, di attaccare la provincia romana della Mesia e, dunque, non avverrebbero le spedizioni punitive degli imperatori Domiziano e Traiano, che non si sarebbero interessati dunque alle tribù della Dacia.

D'altronde, oltre Traiano, i Romani non avrebbero più attaccato la Dacia: con gli imperatori Adriano ed Antonino Pio l'impero rinuncia alla sua espansione. Non sarebbe dunque avvenuta una latinizzazione profonda delle popolazioni rumene.

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E Bhrihskwobhloukstroy precisa:

La questione indoeuropea si può sintetizzare così:

1) "La lingua indoeuropea preistorica aveva un lessico ricco e una grammatica complessa?"
2) "La lingua indoeuropea preistorica è durata a lungo?"
3) "Gli Indoeuropei preistorici abitavano un territorio esteso?"

Normalmente, le risposte che vengono date sono o tutte positive o tutte negative. Chi risponde sempre di "sì" ricostruisce un indoeuropeo ricco e duraturo e un'Indoeuropa estesa, chi risponde sempre di "no" ricostruisce un indoeuropeo scarno e di breve durata e un'Indoeuropa ristretta (in epoca relativamente recente). Anche se le risposte sono di due tipi, gli schieramenti sono in realtà tre e politicamente trasversali: quelli che vogliono gli Indoeuropei molti e regressivi (ossia più estesi in passato che poi) si dividono - da Destra a Sinistra - fra Nazisti imperialisti, Leghisti celtomani, Americani assimilazionisti e Pacifisti, mentre fra quelli che vogliono gli Indoeuropei pochi e aggressivi ci sono i filoindoeuropei (sempre da Destra e Sinistra: Nazisti razzisti, Leghisti nazisti, Americani colonialisti, Marxisti evoluzionisti) e gli antiindoeuropei (Fascisti, Clericali, Leghisti indigenisti, Anticolonialisti).

David Anthony appartiene al secondo gruppo (Indoeuropei pochi e aggressivi), prima variante (filoindoeuropei), negli Stati Uniti popolare soprattutto fra gli «Americani colonialisti» (secondo il Modello del Far West). Io invece appartengo al primo gruppo (Indoeuropei molti e regressivi), nella forma pacifista.

Cliccando sull'immagine soprastante potrete vedere un possibile albero genealogico delle lingue indoeuropee. Si tratta di una ricostruzione corretta, è discussa solo la bipartizione fra ario ed europeo. Mi spiego. Sappiamo, com'è noto, che il primo popolamento dell’Europa da parte dell’Uomo Moderno è avvenuto nel Paleolitico (Età della Pietra antica) durante la più recente fase glaciale (a partire da circa 45.000 anni fa); un quarto della popolazione europea risale invece al popolamento neolitico (Età della Pietra recente, 7000-3500 a.C.), proveniente dal Vicino Oriente e portatore dell’Agricoltura. L’ultima ondata, più ridotta, è costituita dalle successive espansioni delle culture calcolitiche (Età del Rame) dei pastori e allevatori caratterizzati dalle tombe a tumulo (kurgány), con epicentro nelle Steppe a Nord del Mar Nero e del Mar Caspio (4200-2100 a.C.).

Nel periodo del Primo popolamento (45.000-36.000 anni fa), gli Indoeuropei (o i loro antenati genealogici, che presumibilmente parlavano l’indoeuropeo preistorico più antico ricostruibile) si sono espansi dal Vicino e Medio Oriente, attraverso l’Asia Centrale, da un lato in India, dall’altro in Europa. Ancora oggi tre quarti della popolazione europea risalgono ad antenati giunti in Europa nel Paleolitico.

Nel periodo di massimo abbassamento climatico (il culmine dell’Era Glaciale, 18.000 anni fa), l’Europa Settentrionale era completamente inabitabile (era sotto i ghiacci) e l’Europa Centrale era una tundra, da cui la maggior parte degli abitanti si è spostata verso le Penisole del Mediterraneo (Iberica, Italica, Balcanica, Anatolica); anche le Alpi erano un gigantesco ghiacciaio; col progressivo innalzamento delle temperature (che c’era, a cadenze fisse, anche prima, ma da allora è diventato costante senza le periodiche recessioni) l’Europa Centrale è stata ripopolata da Sud (dove la maggior parte dei suoi abitanti si era rifugiata nel Pleniglaciale) e col disgelo anche l’Europa Settentrionale è stata, per la prima volta, colonizzata dall’Uomo Moderno (principalmente dagli Indoeuropei antenati dei Germani).

Nel Neolitico (7000-3500 a.C.), lentamente e pacificamente, la popolazione agricola, numericamente in crescita, si espande a partire dal Vicino Oriente e dall’Anatolia (l’attuale Turchia Asiatica) da un lato verso Est (l’India) e dall’altro verso Nord-Ovest (l’Europa, dapprima Sudorientale poi Centrale - la Germania - e infine Nordoccidentale)

Nell’Età del Rame (Calcolitico, 4200-2100 a.C.), alcune popolazioni (di lingua sempre indoeuropea) a Nord del Mar Nero e del Mar Caspio elaborano un’economia di tipo pastorale (basata sull’Allevamento e il Seminomadismo) e si espande da un lato verso Sud-Est (Asia Centrale e India), dall’altro verso Ovest (Europa Orientale e Centrale). Alla fine di queste fasi, non ci sono più nuovi significativi popolamenti dell’Europa: pressoché tutti gli attuali Europei discendono da questi processi preistorici.

Il motivo della discussione sulla divisione fra Arî e Indoeuropei d'Europa è che, se l'indoeuropeo fosse stato espanso nel Calcolitico (come pensa la maggior parte dei non Specialisti), una tale divisione sarebbe perfettamente comprensibile, mentre, se l'indoeuropeo fosse stato espanso prima, ogni successiva fase segnerebbe un momento di riaggregazione (centripeta).

Inoltre, qualche Studioso vede l’indoeuropeo come l’avvicinamento provvisorio (ed eventualmente reiterato nel tempo) tra lingue di origine diversa e destinata a rimanere diverse, altri invece preferisce l’idea di un’unica lingua diffràttasi (i primi sono una Minoranza sia tra i Linguisti in generale, sia tra gli Indoeuropeisti, sia tra gli Specialisti di Antichità Indoeuropee; l’unico momento in cui sono stati la maggioranza è stato nella sola Italia tra gli Anni Cinquanta e gli Anni Novanta): la divisione fra ario e indoeuropeo d'Europa avrebbe senso solo (e non per forza) in quest'ultimo caso.

Soprattutto, all’interno della tesi della diffrazione da un’unità originaria, si distingue l’eventualità che la differenziazione sia avvenuta per grandi blocchi (le future classi indoeuropee: Celti, Germani, Balti, Slavi ecc.) oppure in centinaia di piccole tribù poi riaggregàtesi; in questo caso la maggioranza - sia tra i Linguisti sia tra gli Indoeuropeisti sia tra gli Specialisti - è di nuovo costituita dai primi (gli unici per i quali sarebbe concepibile – benché sempre non necessaria – una dicotomia fra ario e indoeuropeo d'Europa).

Un terzo criterio è quello che oppone chi ritiene che l’indoeuropeo primitivo si sia differenziato espandendosi e chi invece divide i due momenti, prima l’espansione e poi la differenziazione (quindi diversa da luogo a luogo); in questo caso, la maggioranza dei Linguisti è sulle posizioni dei primi, gli Indoeuropeisti sono indecisi e tra gli Specialisti si può trovare qualcuno che ammette la seconda ipotesi. Solo per i primi sarebbe concepibile una primitiva distinzione in ario e indoeuropeo d'Europa.

In complesso, dunque, ci sono quattro dilemmi (Paleolitico/Neolitico/Calcolitico; convergenza o diffrazione; in blocchi o in singoli dialetti poi riaggregàtisi; prima o dopo la Diaspora) in ognuno dei quali la suddivisione in due grandi rami indoeuropei ha senso solo in un'eventualità del dilemma (e mai in modo necessario).

Approfitto dell'occasione per ricordare a tutti che i Cacciatori-Raccoglitori parlano lingue complicatissime, molto più delle attuali; hanno una poesia ricca quanto la Divina Commedia, che infatti è di origine paleolitica! Padronissimi di non crederci, ma io ci credo.

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Lord Wilmore aguzza le orecchie:

Suppongo che con "origine paleolitica della Divina Commedia" tu intenda l'origine ancestrale del mito della nekya, il viaggio dell'eroe agli inferi (Gilgamesh, Teseo, Eracle, Odisseo, Enea, Izanagi, Quetzalcoatl, Re Saul, San Paolo, San Patrizio...), non è vero?

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Ma Bhrihskwobhloukstroy scrolla la testa:

L’origine paleolitica della Commedia di Dante (non del mito in generale, ma dell‘inizio del canto I dell’Inferno, del passo del Limbo [II 4] e di altri [e.g. VII 9], quindi di un gruppo di versi molto significativi che bastano a identificare l’opera) si riassume in questo: la coincidenza con Mahābhārata- XI 5, 11-22 e in generale XI 4-7 (vedere per credere, non ho bisogno di fare argomentazioni retoriche). Dato che queste parti del Mahābhārata- non sono mai arrivate in Occidente in epoca storica (abbiamo abbastanza documentazione per poterlo escludere) e che relazioni preistoriche fra Poesia indiana e Tradizioni classiche sono dimostrate, risalendo all’indoeuropeo, che a sua volta è stato una Comunità unitaria nel Paleolitico, ecco che l’origine della Commedia come testo è paleolitica!

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A questo punto interviene Dans:

A proposito, Bhrihskwobhloukstroy, leggevo qualche giorno fa della teoria del Balkan Sprachbund. Mi sembra estremamente interessante, secondo te è linguisticamente fondata?

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L'interpellato risponde, da esperto qual è:

Sì, in sé non ha niente di sorprendente: albanese, rumeno, bulgaro, macedone e, in misura minore, serbo, neogreco e turco osmanli condividono:

1) alcune (poche) peculiarità morfologiche (in parte materialmente identiche, in parte solo reciprocamente parallele);

2) alcuni fenomeni sintattici;

3) una cospicua quantità di lessico comune (variamente distribuito nelle diverse lingue).

A livello lessicale è evidente - dalle etimologie - che si tratta del prodotto delle stratificazioni etniche, culturali e politiche: si riconoscono una componente turca recente, tre greche (antica, bizantina e fanariota di età ottomana), una slava relativamente antica, una latina volgare e una o più pregrecoromane (quindi pre- e protostoriche).

La posposizione dell'articolo è uno dei balcanismi più discussi; l'ultima versione, a quanto pare positivamente accolta (e che comunque trovo molto convincente), è che sia di origine preromana e che quindi abbia la massima antichità in albanese; qui sarebbe entrata a partire da modelli greci (posizione attributiva / predicativa dell'articolo), ma quest'ultima idea mi sembra più opinabile.

Si ritiene che esistesse una "Lega Linguistica Balcanica" già tra le lingue paleobalcaniche pregrecoromane; in ogni caso il latino imperiale, l'influsso diretto e indiretto bizantino, il lungo periodo della Slavizzazione e infine i secoli della Turcocrazia hanno rappresentato il riflesso linguistico dell'alternanza di etnie imperiali, fungendo di volta in volta da variante di prestigio (e quindi fonte di mutuazioni) per le Comunità linguistiche locali, che a loro volta, almeno nei centri urbani (anche piccoli), si trovavano in una condizione di diglossia multipla (= repertorio costituito da più varietà linguistiche "basse" e "medie" e almeno una varietà "alta").

Riguardo alle prove della Teoria della Continuità Paleolitica che Mario Alinei e Francesco Benozzo sostengono di aver trovato nell'area gallega, ho una teoria personale per metà uguale e per metà contraria alla loro.

Riassunta al massimo e per quanto riguarda l'area gallega, sarebbe così:

Sembrano più i "no" che i "sì", in realtà si equivalgono, perché in pratica Alinei propone (e Benozzo apparentemente accetta) che le lingue neolatine siano in realtà l'evoluzione locale dell'indoeuropeo paleolitico in tutte le aree romanze (tranne la Francia settentrionale e, appunto, la Galizia, dove comunque sarebbero pur sempre preistoriche, anche se successive a quelle celtiche): questo lo nego (perché accentuo invece l'affermazione seguente, q.v., dunque le due non sono compatibili tra loro).

Poi propongono (soprattutto Benozzo e qui è Alinei che si associa) che la lingue celtiche siano l'evoluzione locale dell'indoeuropeo paleolitico in tutte le aree attualmente celtiche e anche in alcune aree che anticamente lo erano, anche se oggi risultano neolatine: questo non solo lo accetto, ma credo di averlo dimostrato, estendendo tuttavia la dimostrazione a tutte le aree celtiche antiche (quindi inclusa la maggior parte delle aree neolatine occidentali)...

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Il Marziano aggiunge ex abrupto:

Ho sentito parlare della scoperta di una popolazione asiatica che parla una lingua simile a quella basca. Ne sapete qualcosa? 

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Immancabile gli replica Bhrihskwobhloukstroy:

In generale, da decenni è tradizionale un collegamento (fra loro) delle lingue "isolate", quindi il basco in Europa come la burūšaskī in India e lo jenisejano in Siberia, di norma con l'intermediazione della Macrofamiglia caucasica settentrionale (caucasico nordoccidentale: Circassia; caucasico nordorientale: Cecenia, Daghestan) e di lingue antiche estinte (hattico, hurro-urarteo, sumerico, elamico). Se questi collegamenti sono molto vaghi (per cui la parentela, se c'è, sarebbe paragonabile a quella fra indoeuropeo e camito-semitico), d'altra parte esiste la tendenza opposta - o complementare - di collegare ciascuna di queste lingue "isolate" a una grande famiglia (che non sia già compresa nel novero, quindi a prescindere dal caucasico settentrionale): per il basco (a parte appunto il caucasico settentrionale) un tempo il camitico (inscindibile dal semitico, classicamente a loro volta inclusi entrambi nella nozione di afroasiatico), oggi invece (dal 2009) l'indoeuropeo, che in questi anni risulta anche un promettente comparandum per l'intero caucasico settentrionale (che costituirebbe una famiglia 'sorella' dell'indoeuropeo), il hurro-urarteo (che invece sarebbe addirittura - come il basco - una classe indoeuropea tout court, con ulteriori rapporti tutti da definire col caucasico settentrionale), il sumerico (molto probabilmente nostratico - ossia della stessa Macrofamiglia dell'afroasiatico, indoeuropeo, caucasico meridionale, uralico, altaico e drāvidico - se non addirittura proprio indoeuropeo) e, puntualmente, la burūšaskī (anch'essa lingua indoeuropea!).

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Iacopo però obietta:

Mi permetto solo di far notare che se i secoli di occupazione portassero Le lingue a somigliarsi il finlandese dovrebbe assomigliare allo svedese, il vietnamita al cinese e il rumeno al cumano.

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E Bhrihskwobhloukstroy gli replica a stretto giro di posta:

Qualcosa del genere succede, portato alle estreme conseguenze produce le Leghe Linguistiche; a livello lessicale in tutto l'italoromanzo meridionale è successo proprio così (dai Normanni agli Angioini), infatti l'italoromanzo meridionale è lessicalmente molto più galloromanzo che il galloitalico, il quale invece, come appunto sappiamo, è connesso al galloromanzo da isoglosse molto antiche e profondamente strutturate.

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Il Marziano a questo punto domanda:

Ma indoeuropeo (preferisco scrivere "Indogermanico") lo ritieni sinonimo di "Uomo bianco"?

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Bhrihskwobhloukstroy non si fa certo pregare a rispondergli:

1) Indoeuropeo o indogermanico?
Indogermanico, per quanto poco usato in italiano, designa di per sé l'indoeuropeo preistorico (ricostruito), mentre indoeuropeo è più generico, perché può significare sia “indogermanico” sia ciò che ne deriva (le lingue indoeuropee storiche e attuali, appunto).
Quindi grazie per la precisazione, perché così capisco che ci riferiamo all'indogermanico.

2) "Uomo bianco" nel senso di europeo (europoide, comprese ovviamente le Neoeurope) come in questa cartina oppure nel senso della c.d. "Razza Caucasica", come in questa cartina?

Rispetto a europoide, indoeuropeo è al contempo più ristretto (esclude gli Ugrofinni) e più esteso (include gli Ariani, i discendenti degli Arî in India - per definizione - e nel Grande Īrān); rispetto a caucasoide è più ristretto, perché esclude (oltre agli Ugrofinni) i Camiti (i Semiti, come ho scritto in un messaggio lo scorso inverno, sono dal punto di vista genetico “Eurasiatici” - praticamente Indoeuropei - afroasiaticizzati ossia camitizzati quanto alla lingua), i K‘art‘velici (Georgiani) e i Nordcaucasici.

3) Se ci proiettiamo nella Preistoria (indogermanica), la nozione di indoeuropeo (ricostruito) esclude, almeno finora, gli stessi (ugrofinnico, nordcaucasico, k‘art‘velico, camito-semitico, in India il drāviḍico) e inoltre, fra i popoli antichi, gli Ḫattiti, gli Ḫurriti, gli Urartei, i Sumeri e gli Elamiti (mentre include i Tocari). Indoeuropei nel senso di parlanti di indogermanico sono quindi tutti gli altri "bianchi" e "bruni" senza... plica epicantica ("mongolica").

4) Tuttavia, se procediamo ulteriormente a ritroso nel tempo, alcune di queste Tradizioni non indoeuropee sembrano rivelarsi tali. Schematicamente:

Ugrofinni - lignaggio genetico sicuramente apparentato con quelli degli Indoeuropei, ma di per sé assente presso questi ultimi; asse linguistico sicuramente apparentato con l'indoeuropeo

Nordcaucasici - lignaggio genetico comune con parte dell'indoeuropeo (sicuramente eurasiatico), asse linguistico sicuramente apparentato con l'indoeuropeo e forse appartenente all'indoeuropeo allargato

K‘art‘velici - lignaggio genetico comune con parte dell'indoeuropeo (sicuramente eurasiatico), asse linguistico sicuramente apparentato con l'indoeuropeo e forse appartenente all'indoeuropeo allargato

Semiti - lignaggio genetico forse indoeuropeo (sicuramente eurasiatico), asse linguistico sicuramente non indoeuropeo, ma altrettanto sicuramente apparentato con l'indoeuropeo

Drāviḍa - lignaggio genetico comune con parte dell'indoeuropeo (sicuramente eurasiatico), asse linguistico sicuramente apparentato con l'indoeuropeo

Altaici - lignaggio genetico in parte sicuramente apparentato con quelli degli Indoeuropei, ma di per sé assente presso questi ultimi; asse linguistico sicuramente apparentato con l'indoeuropeo (il turco-tataro si potrebbe rivelare indoeuropeo)

Jenisejani - lignaggio genetico assente nell'Indoeuropa ma al contempo il più strettamente apparentato con quello tipico degli Indoeuropei; lingua affine alla burū́šaskī del Kaśmīr, la penultima lingua finora riconosciuta come indoeuropea

Paleosiberiani - lignaggio genetico del tutto diverso e lontano da quello degli Indoeuropei; lingua strettamente apparentata con l'indoeuropeo (questa è una delle situazioni più contraddittorie)

Eskimo-Aleutini - lignaggio genetico assente nell'Indoeuropa ma al contempo il più strettamente apparentato con quello tipico degli Indoeuropei; lingua sicuramente apparentata con l'indoeuropeo (eurasiatico)

Amerindî - lignaggio genetico assente nell'Indoeuropa ma al contempo il più strettamente apparentato con quello tipico degli Indoeuropei (in quattro casi però è presente maggioritariamente l'aplogruppo più tipico dell'Indoeuropa); lingue probabilmente apparentate con l'indoeuropeo (eurasiatico), in alcuni casi forse addirittura indoeuropee tout court

Sino-Tibeto-Birmani - lignaggio genetico assente nell'Indoeuropa ma al contempo sicuramente apparentato con quelli tipici degli Indoeuropei (però ancora di più con quello tipico degli Altaici e degli Uralici, compresi gli Ugrofinni); lingue sicuramente apparentate con le altre famiglie asiatiche sudorientali, forse remotamente con l'indoeuropeo (eurasiatico), comunque in Cina e Tibet è molto probabile una forte presenza indoeuropea antica

Per le popolazioni antiche si possono fare ipotesi linguistiche:

Ḫattiti - la lingua è stata connessa da un lato al nordcaucasico (v. sopra), dall'altro al minoico (cretese), a sua volta di affiliazione incerta fra semitico e indoeuropeo

Ḫurriti e Urartei - dello stesso lignaggio genetico della Persia e del Caucaso (G), la lingua è forse la prossima che verrà riconosciuta come indoeuropea

Sumeri - di incerto lignaggio genetico (J semitico, G caucasico e indoeuropeo oppure T semitico meridionale, ma strettamente apparentato con L tipico di parte dell'Indoeuropa Sudorientale); la lingua ha da un lato uno strato sicuramente indoeuropeo (eufratico), dall'altro tutto il resto è comunque sicuramente apparentato all'indoeuropeo (eurasiatico)

Elamiti - forse di un lignaggio genetico tipico di parte dell'Indoeuropa Sudorientale (L); la lingua è generalmente associata al drāviḍico (ma attualmente ciò viene revocato in dubbio).

Rapportati alle tradizionali ‘razze cromatiche’ (c.d. Bianchi Bruni Rossi Gialli Neri), questi dati si possono così riassumere:

- i Bianchi sono in stragrande maggioranza (ovviamente assoluta) indoeuropei, per il resto Ugrofinni (a loro volta la grande maggioranza di questi ultimi);
- i Bruni sono in maggioranza relativa indoeuropei (forse anticamente in maggioranza assoluta);
- i Rossi sono in stragrande maggioranza (ovviamente assoluta) strettamente apparentati agli Indoeuropei (sia per Genetica sia per Lingua), in parte relativamente piccola sono indoeuropei (per Genetica o per Lingua);
- i Gialli sono per la quasi totalità non indoeuropei (anche se in Cina e Tibet deve essere esistita una notevole componente linguistica indoeuropea);
- i Neri sono pressoché tutti non indoeuropei (a eccezione dei Kirdi del Kamerun, di lignaggio genetico tipicamente indoeuropeo e immigrati dal Vicino Oriente o dalla Penisola Iberica intorno al 2000 a.C.).

A partire dalle lingue, gli Indoeuropei sono sia Bianchi (dei quali costituiscono la stragrande maggioranza) sia Bruni (dei quali costituiscono la maggioranza relativa, forse anticamente assoluta).
Da notare alcuni paradossi: gli Indoeuropei sono più strettamente apparentati, sul piano genetico, agli Amerindî; gli Ugrofinni, in quanto Uralici, sono più strettamente apparentati, sempre sul piano genetico (ma anche linguistico), agli Altaici e insieme sia Uralici sia Altaici lo sono agli Asiatici Sudorientali (Sino-Tibeto-Birmani, Miao-Yao, Kam-Thai, Austroasiatici, Austronesiani). A loro volta, gli Uralici, Altaici e Asiatici Sudorientali sono più strettamente apparentati agli Indoeuropei più tipici e agli Amerindî che gli Indoeuropei più tipici agli Indoeuropei del Vicino e Medio Oriente. Gli Ugrofinni sono fenotipicamente divisi in due tipi, uno schiettamente nordico e l'altro ‘mongolico’, ma non se ne può concludere che il tipi nordico siano Indoeuropei finnizzati, perché il loro aplogruppo genetico (diffuso presso gli Indoeuropei vicini e assente nel resto dell'Indoeuropa) è lo stesso degli Uralici ‘mongolici’ ed è appunto simile a quello tipicamente altaico e asiatico sudorientale.

Gli Indoeuropei preistorici sono quindi la stragrande maggioranza dei Bianchi, la maggioranza dei Bruni e strettamente apparentati soprattutto ai Rossi; la restante piccola parte dei Bianchi (metà degli Ugrofinni, di fatto i Finni, specialmente Baltofinni) è strettissimamente apparentata coi Gialli (Mongolidi) sul piano genetico.

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P.S.: dimenticavo... "Quelli della Terraferma (il Continente, la Penisola Italica vista dalla Sicilia)" in indoeuropeo si dice *Ters-o-h₃n-es > latino *Terrōnes  ^__^

E questa etimologia fa il paio con la seguente: celtico Hispānī < indoeuropeo < *Pik'skwānōs < *Pik'-sk-wah₂/₄-no-es “(Abitanti) dei (Territorî) naturalmente variopinti > *Pik'skwānōs > latino *Pisquānī > italiano Pisquani ("<" indica “deriva da”, ">" significa “è diventato”).

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Enrica S. fa notare:

Passami la battuta: ci stiamo avvicinando a Re Nimrud che sta costruendo la Torre di Babel nella pianura di Sennaar, quando tutti gli uomini avevano un idioma solo...

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E Bhrihskwobhloukstroy le risponde, serio:

Su quello ho la mia teoria personale: che non si trattasse della lingua di tutta l'Umanità, ma di tutto il Continente, quindi appunto dell'indoeuropeo e che si riferisca a quando i Semiti hanno cambiato lingua (da indoeuropea ad afroasiatica, visto che la loro genetica è la stessa degli Indoeuropei e non dei Camiti).

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Passiamo alla proposta di Massimiliano Paleari:

Ho realizzato una cartina ucronica dell'Europa, diciamo attorno al 600 d.C., presupponendo le seguenti linee di tendenza:

1) Le popolazioni celtiche nel III-I secolo a.C. hanno retto l'urto dell'espansione romana. La società dei Celti è andata via via urbanizzandosi a partire dal modello degli "oppida" (prendendo ovviamente in prestito molti elementi delle civiltà del mediterraneo). Anche per far fronte alle minacce esterne, si è formata una grande confederazione celtica, che ingloba anche etnie non celtiche con ampi margini di autonomia (come i Reti e i Baschi) e altre che via via si vanno celtizzando (Iberici, Pannoni).

2) Roma, che è rimasta una repubblica, occupa tutta l'Italia peninsulare e insulare fino al Po

3) I Cartaginesi hanno sgombrato le isole del Mediterraneo e la Spagna meridionale, in seguito a diversi conflitti con Roma e con i Celti. Cartagine si è allora rivolta interamente all'Africa.

4) La crescente pressione dei popoli germanici è sostanzialmente contenuta dalla confederazione celtica, che tuttavia attesta razionalmente i confini orientali lungo il Reno e il Danubio, sgombrando così territori che erano stati in passato celti. In compenso viene completata la celtizzazione della penisola iberica e della pianura padana a nord del Po, anche se i territori dei Galli Senoni e Boi a sud del Po vengono definitivamente sgombrati.

5) A est del Reno le tribù germaniche, a loro volta urbanizzatesi, danno vita a un Regno Germanico.

6) In Grecia, nei Balcani meridionali e in Asia minore si è consolidato un Impero ellenistico Greco/Macedone. La frontiera linguistica (e politica) tra il mondo greco e quello de Celti corre pressapoco lungo la nostra linea di demarcazione tra l'Impero Romano d'Occidente e quello d'Oriente.

7) Nel Vicino Oriente permane l'impero dei Seleucidi, anch'esso di stampo ellenistico, e ancora più a est un Impero Persiano e un Regno di Armenia.

8) Gli Slavi non riescono a dilagare nei Balcani meridionali e occidentali, e devono "accontentarsi" di creare entità statali più a est.

9) A nord del Danubio si consolida un Regno dei Daci, in buoni rapporti con l'Impero Macedone (a cui fa comodo come antemurale nei confronti delle periodiche invasioni da est dei popoli delle steppe).

10) Gli Ungari si fanno largo con la forza e riescono a stabilire un dominio stabile tra i Daci e la frontiera orientale della confederazione celtica.

11) Anche gli Avari riescono a creare una propria entità statale, grossomodo in un'area coincidente con la nostra Bielorussia e assorbendo elementi etnici slavi e baltici.

12) Più a nord si consolida un Regno baltico/lituano.

13) I Goti formano uno Stato egemone nel Baltico meridionale comprendente il sud della penisola scandinava, la nostra Danimarca e anche "l'avamposto" della Curlandia.

14) Ancora più nord abbiamo un grande Stato vichingo (normanno).

15) A nord est i Finni si organizzano (forse perché guidati da un condottiero celta e dal suo gruppo di guerrieri, che forma una dinastia locale, chissà) e danno vita ad un impero molto esteso.

Entrando nel merito, credo che per realizzare questo scenario bisognerebbe prevedere i seguenti fondamentali punti di divergenza:

a) accelerata urbanizzazione della società celtica (evoluzione degli oppida);

b) nasce una vera federazione della "celticità", in grado di agire in maniera sufficientemente coordinata:

c) in alternativa (forse più realistica) una città celtica via via funge da elemento catalizzatore espandendosi e diventando sufficientemente forte da fronteggiare la pressione romana a sud, quella dei Germani a est e quella dei Cartaginesi a sud ovest.

Il problema è come, dal momento che pare che i Celti fossero piuttosto individualisti...

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Gli risponde MattoMatteo:

L'unica soluzione che mi viene in mente è la seguente: la nascita di un forte capo carismatico (quello che Attila fu per gli unni e Gengis Khan per i mongoli), che unisce tutte le tribù; la sconfitta dei romani e di altri nemici, e le ricchezze conquistate espandendosi, fanno capire anche ai più reazionari che "l'unione fa la forza".

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Interviene però Bhrihskwobhloukstroy:

Non capisco perché la Liguria Marittima risulti romana. In Cisalpina - a parte le Alpi - è stata l'ultima conquista (ovviamente la ragione della domanda non sta nella mera cronologia relativa, ma nel fatto che si trattava di una zona celtica al 100% e che nel processo storico di romanizzazione è stata 'refrattaria' tanto quanto le Valli Alpine)...

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E Max gli ribatte:

Osservazione interessante. Però contesto che fosse celtica al 100 %. Nella Liguria Marittima c'erano i Liguri, che Celti non erano. Quindi si potrebbe aprire una interminabile discussione sull'origine dei Liguri, per alcuni preindoeuropei, per altri protoindoeuropei etc... Così come si potrebbe aprire una discussione sulle reciproche "contaminazione" dei Liguri con elementi etnici e culturali celtici al momento dell'invasione romana. 
E' vero che la conquista della Liguria Marittima è stata ardua e lunga per i Romani. Perché l'ho inserita nella cartina nell'orbita romana? Ho immaginato che nello scontro tra questi e i Celti alla fine sia finita nell'orbita dei primi (anche se più tardi rispetto ala nostra timeline). I Celti non erano grandi navigatori. Ho immaginato quindi un confine sud dela federazione celtica che corre lungo il Po, poi lungo la valle della Trebbia e infine grossomodo lungo lo spartiacque dell'Appennino ligure. Un confine quindi piuttosto razionale.

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Bhrihskwobhloukstroy risponde con la solita modalità interlineare:

Bh.: Naturalmente la mia non era una contestazione, l'ucronia è per definizione una divergenza, quindi si può anche convenire che, quand'anche i Liguri fossero Celti (come sostengo), in questa ucronia invece no (e in tal caso l'ucronia diventerebbe da complessivamente 'celtofila' a perlomeno alquanto ambigua, perché se da un lato attribuisce ai Celti un 20% circa di territorio mai profondamente celtizzato nella realtà - se non addirittura mai toccato - ne sottrae dall'altro una superficie persino superiore...)

Max: Però contesto che fosse celtica al 100 %.

Bh.: Ucronicamente, appunto, tutto è perfettamente ammesso; nella ricostruzione protostorica di fatto avviene lo stesso, anche se su diversa base (l'interpretazione degli indizî oggettivi anziché la coerenza ucronica) per quanto alla fine sempre a partire dalle preferenze personali. Quindi mi permetto un'ulteriore replica appunto per collaborare al dibattito che davvero esiste su questo punto.

Max: Nella Liguria Marittima c'erano i Liguri, che Celti non erano.

Bh.: Che ci fossero i Liguri è indubitabile e anzi nella visione cui aderisco c'erano praticamente solo loro (certo anche Etruschi, ma molto meno che nella Pianura Padana, anche a Nord del Po, il che comunque e giustamente non ha impedito all'ucronia di partire dalla nozione di Transpadana completamente celtica); la materia della discussione è che non fossero Celti (v. qui di sèguito).

Max: Quindi si potrebbe aprire una interminabile discussione sull'origine dei Liguri, per alcuni preindoeuropei, per altri protoindoeuropei etc...

Bh.: certo, è proprio il punto centrale. Purtroppo l'ucronia stessa, essendo di collocazione temporale antica con inizî addirittura protostorici, contiene inevitabilmente assunzioni anche molto ipotetiche (accanto a dati indiscussi come, per esempio, l'esistenza della Repubblica Romana) e in questo caso, siccome il punto di partenza riguarda i Celti e, tra tutte le popolazioni coinvolte, quelle di celticità massimamente discussa sono i Liguri, i Pitti e i Tartessî, è logico che la discussione debba riguardare anzitutto loro. Tra questi tre, poi, l'inclusione dei Tartessî non crea questioni 'ucroniche' perché, anche se i Tartessî non fossero Celti, la loro inclusione rientrerebbe nella categoria di quella di altre popolazioni sicuramente non celtiche come i Baschi o i Veneti o i Pannoni; l'esclusione dei Pitti li lascia comunque a sé, come a un certo punto sono stati storicamente, proprio intorno al 600 d.C.; invece l'attribuzione dei Liguri all'Italia Romana è vistosissima, appunto perché solo per loro si applica un criterio che invece in tutti gli altri casi viene evitato: la Repubblica Romana, in questa ucronia, non viene arrestata solo dai Celti, ma anche e soprattutto dalla Macedonia e da Cartagine, tant'è vero che perde territorî che all'epoca del punto di divergenza erano già suoi (coste illiriche e Sagunto) e che geopoliticamente valevano molto di più, mentre conquista lo stesso un territorio che storicamente non solo ha conquistato dopo il punto di divergenza (pazienza, la carta riguarda otto secoli più tardi), ma soprattutto ha conquistato proprio in funzione e conseguenza delle altre previe conquiste che qui invece non hanno luogo (infatti la Liguria è stata conquistata per coprire l'itineriario della futura Via Aemilia Scauri destinata al collegamento terrestre con le conquiste nel Mediterraneo Occidentale, che invece qui non ci sono o non ci sono più da abbastanza tempo per impedire un'azione conseguente avvenuta un secolo dopo).
Senza dubbio il criterio dello spartiacque appenninico (v. infra) è logicissimo, però viene violato proprio dall'ucronia stessa visto che la Cispadana è mantenuta nell'Italia e, dal momento che un confine tra i monti e il mare verrebbe fissato in ogni caso (qui in corrispondenza delle Alpi Marittime), non ci sono vantaggi di posizione rispetto a dove si sarebbe collocato senza Liguria (cioè tra Lucca e Luni, quindi ugualmente incorporando Liguri - quelli del basso bacino idrografico sulla destra dell'Arno - giacché i confini non erano sempre tracciati secondo uno stretto principio etnico) e pertanto con l'unica ragione (fine a sé stessa) di estendere il territorio, che invece non vale per la Dalmazia o la Spagna o altrove...
Ora, tuttavia, tale (almeno apparente) incoerenza sembra giustificarsi essenzialmente per il criterio della minore o nulla celticità dei Liguri, che appunto è materia di discussione: tra le posizioni interminabilmente in contrasto, infatti, non ci sono solo quella della preindoeuropeità e quella dell'indoeuropeità non celtica, ma (non certo, non solo e non tanto a opera mia!) da 25 anni a questa parte soprattutto quella paraceltica e quella celtica tout court. La tesi preindoeuropea non viene più sostenuta dagli Anni Cinquanta (ovviamente è rimasta nella bibligorafia non specialistica e comunque il successo di una tesi non si misura con criterî democratici, ma lo faccio notare almeno come informazione), ma soprattutto a questo punto ciò che conta è l'analisi minuziosa di ogni possibile indizio e, per quanto riguarda lessico e toponomastica (gli unici criterî linguistici, se conserviamo un senso primariamente linguistico per la nozione di "Celti"), posso garantire che si tratta appunto al 100 % di formazioni la cui etimologia più probabile e coerente da un punto di vista metodologico indipendente è anzitutto indoeuropea e, in particolare, celtica arcaica (intendo dire che tutte le altre ipotesi si basano su meno dati e, oltretutto, di questi dati dànno un'interpretazione meno accurata).

Max: Così come si potrebbe aprire una discussione sulle reciproche "contaminazione" dei Liguri con elementi etnici e culturali celtici al momento dell'invasione romana.

Bh.: sì, certo; volevo solo sottolineare che non sono questi i motivi per cui si dibatte sulla celticità dei Liguri: questi elementi sono indiscutibili (nessuno li nega, neppure i sostenitori delle ipotesi più 'celtofobiche'), è in discussione che siano "contaminazioni" (da un punto di vista anticeltico) o "intensificazioni" (da un punto di vista celtofilo).

Max: E' vero che la conquista della Liguria Marittima è stata ardua e lunga per i Romani. Perché l'ho inserita nella cartina nell'orbita romana? Ho immaginato che nello scontro tra questi e i Celti alla fine sia finita nell'orbita dei primi (anche se più tardi rispetto ala nostra timeline). I Celti non erano grandi navigatori.

Bh.: Ovviamente i Celti che non risiedevano sul mare no; quelli che vi risiedevano sì (i Veneti in Aremorica, per esempio), quindi il punto torna ancora a essere quello se i Liguri - evidentemente navigatori, sia pure in un certo senso a modo proprio - fossero Celti o no: se sì, anche i Celti erano navigatori (nel Mediterraneo Centro-Occidentale) in quanto coincidono coi Liguri.

Max: Ho immaginato quindi un confine sud della federazione celtica che corre lungo il Po, poi lungo la valle della Trebbia e infine grossomodo lungo lo spartiacque dell'Appennino ligure. Un confine quindi piuttosto razionale.

Bh.: "Piuttosto" significa più di alcuni e meno di altri. Siamo completamente d'accordo su quali siano quelli (numerosissimi) meno razionali; vediamo se ce ne sono di più razionali. La Storia suggerisce perlomeno lo spartiacque alpino oppure il Limes del Pomerium fino a Cesare (quindi la Penisola da un lato, le Province dall'altro, a Nord): in questi casi mi sembrano sicuramente più razionali. Altrettanto sarebbe un confine rigorosamente lungo il Po e lo sarebbe perfino un confine strettamente appenninico. Ci sono quindi almeno quattro confini più razionali e perciò potenzialmente più stabili (anche su questo penso che siamo d'accordo). Data l'impostazione dell'ucronia, privilegerei il classico confine della Confederazione Italica.

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Max gli replica prontamente:

Vorrei chiarire un aspetto. La cartina mostra un'Europa ucronica attorno al nostro 600 d.C. Nella timeline prospettata i Celti hanno abbandonato (o sono stati assorbiti da altri popoli) 2-3 secoli prima i territori al di là del Danubio e del Reno (compresa quindi l'area della cultura di La Théne). In cambio hanno celtizzato quasi interamente la penisola iberica e la pianura padana a nord del Po, celtizzando ad esempio i Veneti, i Reti/Camuni, gli Iberi e tanti altri popoli non celtici. Un pò insomma come i Romani nella nostra timeline hanno latinizzato la pars occidentalis dell'impero. Non si tratta quindi di essere celtofili o celtofobi, ma solo di tenere conto dell'inevitabile urto da est (Slavi, Germani, Unni, Ungari, Avari) che anche in questa timeline non sarà mancato. Direi che non è cosa di poco conto dare per celtizzata interamente la penisola iberica. Nella nostra timeline i Celtiberi (già loro non Celti al 100 %) insistevano solo su una porzione della penisola iberica. Lo stesso vale per il Nord Italia.

Quindi a ben vedere il confine Danubio/Reno rappresenta in questa ucronia un grosso atto di fiducia nei confronti dei Celti, che si immaginano riuscire a tenere un "limes" che i Romani non sono riusciti a difendere. Motiverei questa maggiore capacità di resistenza con il fatto che il centro di gravità del potere celtico è più vicino al "limes" di quanto non lo fosse quello romano.

Riguardo al dibattito sull'indoeuropeicità dei Liguri, mi permetto anche io una osservazione ricordando che la tesi "preindoeuropea", messa nel cassetto dalla maggior parte degli specialisti, ha recentemente riguadagnato punti soprattutto a causa di alcuni studi di genetica comparata che hanno evidenziato affinità con i Baschi e con altre popolazione considerate non indoeuropee. Certo, detto questo è innegabile che all'epoca della conquista romana i Liguri fossero fortemente "celtizzati", anche dal punto di vista linguistico.

Per passare al confine sud della federazione celtica, ammetto che nell'ucronia prospettata il confine più razionale non dovrebbe includere la Liguria Marittima all'interno dello Stato romano. Si sarebbero trovati a difendere un lungo confine senza quasi retroterra, e senza prospettive di espansione ad ovest non sarebbe stato strategicamente utile. Comunque, chapeau!

Alfredo Barbiero, scultura su pietra naturale, Monte Grande, Teolo (PD)

Alfredo Barbiero, scultura su pietra naturale, Monte Grande, Teolo (PD)

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Bhrihskwobhloukstroy prosegue così la discussione:

Bh.: la pressione dei Popoli Germanici è normale dinamica geopolitica; storicamente ha ampliato i confini della Germanità praticamente solo quando i Popoli vicini hanno sostituito l'appartenenza etnica tradizionale a una nuova (di solito imperiale e più estesa, di fatto la Romanità Imperiale e poi Cristiana; nel caso dei Celti, da Ariovisto ad Artù), mentre in tutte le altre epoche - prima e dopo - ha sì determinato vicende anche complesse sul piano evenemenziale, ma senza intaccare i fenomeni di lunga durata (anzi, tra questi il più notevole è stato casomai l'urbanizzazione della Germania). Se l'ucronia consiste nello sviluppo (o meglio la continuazione di quanto già cominciato) dell'Urbanesimo in forme schiettamente celtiche, allora la prima conseguenza dovrebbe essere che le tribù germaniche (specialmente continentali) già all'epoca esposte all'influsso culturale celtico - visibile anche a livello antroponimico - proseguissero ulteriormente in questa tendenza.
In altri termini, la diffusione dell'Urbanesimo (che è stata la funzione principale della Romanità in Europa) era già iniziata presso i Celti (come giustamente premesso all'inizio dell'ucronia) e da questi si era cominciata a diffondere presso i Germani, quindi interromperla e anzi farla regredire quando invece prosegue ucronicamente presso tutti gli altri Celti sarebbe come fare un'ucronia in cui Roma conquista la Persia (poniamo) ma abbandona le Gallie e la Spagna: è proprio quello che è successo con Bisanzio, ma allora non è propriamente un'"Europa Celtica"...

Max: In compenso viene completata la celtizzazione della penisola iberica e della pianura padana a nord del Po, anche se i territori dei Galli Senoni e Boi a sud del Po vengono definitivamente sgombrati.

Bh.: una precisazione sulla celtizzazione della Transpadana: non è solo (né tanto) il prodotto delle migrazioni del V. sec. a.C. (questo è sicuro) né di quelle del VII.-VI. sec. a.C. (di per sé le prime epigraficamente attestate) e neppure solo della Civiltà Golasecchiana o della Cultura di Canegrate (XIV. sec. a.C.), bensì rappresenta ormai al di là di qualsiasi dubbio lo sviluppo in situ di comunità linguistiche indoeuropee preistoriche (neppure tardoindoeuropee, proprio indoeuropee comuni) e non ci sono tracce (a un attento esame non ne sopravvive neppure una) di altri strati etnico-linguistici oltre a quello indoeuropeo (con ogni verisimiglianza coincidente col primo popolamento antropico moderno) divenuto celtico in loco.
Ben diverso è il caso della Venezia, dove invece il popolamento indoeuropeo originario è continuato appunto dai Veneti. Il confine tra Indoeuropei divenuti Celti e Indoeuropei divenuti Veneti, a giudicare dalla toponomastica (esclusa quella delle espansioni celtiche recenziori), partiva dal basso Bacino del Po (ancora largamente sommerso dalle paludi all'epoca) per risalire lungo l'Adige (nel suo corso antico) fino alle Prealpi Veronesi (a sinistra dell'Adige), poi continuava a mezza quota (lasciando gli insediamenti più in basso all'àmbito venetico e quelli più in alto a quello celtico) con varie compenetrazioni (in area altovicentina più retoceltica, nel Feltrino e nelle Valli del Cordevole e del Boite più retovenetica) e distinguendo poi l'Alto Cadore e la Carnia (celtici) da tutto il resto (venetico); celtiche erano anche le Alpi Orientali. L'introduzione del retico epigrafico rientrerebbe nel fenomeno dell'etnogenesi etrusca.
Per tutto ciò, le vaste aree alpine che già erano conservatrici e dunque si classificano nello stesso àmbito dell'Europa Centrale e Occidentale (per il quale l'unica denominazione con un minimo di base storica è appunto "celtica") non avevano 'bisogno' (e nemmeno motivo di attrazione) di un'ulteriore celtizzazione; al contrario, la Pianura e le Prealpi Venete si sarebbero potute - assai verosimilmente - celtizzare, ma si sarebbe trattato di un fenomeno paragonabile a quello della Galazia anatolica, quindi di dinamiche etniche del tutto diverse da quelle - ancestrali e risalenti alla notte dei tempi - responsabili della Celticità transpadana e alpina.
Altrettanto vale per la Cispadana: l'area celtica (paleoligure) era anche in questo caso attestata in quota, quindi qui nel Sud (versante settentrionale degli Appennini; quello meridionale apparteneva alla Celticità paleoligure marittima, fino alla sinistra dell'Arno lungo tutto il suo corso), mentre la Pianura (orientale) e le Colline, fino al Mare, erano italiche (umbre, prima degli Etruschi). La conquista romana, infatti, ha estromesso i Boi e i Senoni che rappresentavano gli agenti (recenti) della celtizzazione nelle aree a sostrato etrusco-italico e il confine si è sùbito assestato lungo la linea a mezza quota dove cominciavano gli insediamenti celtici (paleoliguri) risalenti al popolamento preistorico.

Max: A est del Reno le tribù germaniche, a loro volta urbanizzatesi, danno vita a un Regno Germanico.

Bh.: Per quanto osservato sopra, il confine sarebbe stato più verosimilmente a Nord del Meno e comunque il Regno o i Regni Germanici sarebbero stati celtizzati (anzi, già lo erano) tanto quanto sono stati romanizzati dopo la Cristianizzazione.

Max: In Grecia, nei Balcani meridionali e in Asia minore si è consolidato un Impero ellenistico Greco/Macedone. La frontiera linguistica (e politica) tra il mondo greco e quello de Celti corre pressappoco lungo la nostra linea di demarcazione tra l'Impero Romano d'Occidente e quello d'Oriente.

Bh.: che è stato un confine paradossale, giacché invece la linea di demarcazione tra aree latinizzate e grecizzate entro l'Impero (Linea Jireček) correva notevolmente più a Est, lasciando tutto il Basso Danubio alla Parte Occidentale. In questa ucronia si tratta dell'egemonia sugli Illiri e i Mesi, in effetti più a portata del Regno di Macedonia che di qualsiasi Confederazione Celtica (tranne gli Scordisci del Medio Danubio)

Max: Nel Vicino Oriente permane l'impero dei Seleucidi, anch'esso di stampo ellenistico, e ancora più a est un Impero Persiano e un Regno di Armenia. Gli Slavi non riescono a dilagare nei Balcani meridionali e occidentali, e devono "accontentarsi" di creare entità statali più a est (vedere la cartina).

Bh.: Molto verosimile la Croazia, che infatti insiste su territorî in cui storicamente sono attestati Croati Bianchi (in origine si trattava della cristallizzazione geopolitica dell'egemonia di un clan di origine īrānica); "Slovacchi" è una variante suffissale della denominazione generale di (almeno un terzo degli) Slavi, quindi è possibile che emerga anche altrove rispetto a dove storicamente avvenuto. "Polacchi" e "Cechi" si basano su appellativi molto generici (rispettivamente "Campestri" e "Truppe"), quindi potevano fissarsi dovunque (in questa ucronia il primo coincide con la localizzazione storica e il secondo con una delle aree originarie degli Slavi); ciò che è statisticamente inverosimile è che, anche (anzi solo) altrove i Cechi siano vicini degli Slovacchi (e addirittura formino con tredici secoli di anticipo una Federazione, apparentemente paritaria).
In questo caso invece il presupposto da rivedere è che gli Slavi "dilagassero" nei Balcani: come per molte delle espansioni germaniche durature, si è trattato dell'assimilazione delle regioni rimaste scarsamente o per nulla romanizzate, nelle quali la resistenza all'accresciuta pressione ideologica tardoantica (linguistica, sotto forme religiose) da parte dell'Impero si è tradotta nell'adesione al primo potente modello alternativo rivelatosi stabile (il Khānato degli Avari, a Est più tardi e dopo una fase romano-'barbarica' anche quello dei Protobulgari): perché proprio di lingua protoslava v. qui di sèguito.

Max: A nord del Danubio si consolida un Regno dei Daci, in buoni rapporti con l'Impero Macedone (a cui fa comodo come antemurale nei confronti delle periodiche invasioni da est dei popoli delle steppe).

Bh.: Due dati di cui tener conto sono in questo caso che 1) la toponomastica daco-misia (come quella tracia) è interpretabile in dettaglio attraverso il lessico specificamente baltoslavo; anche se i particolari delle trasformazioni storico-fonetiche sono discussi, persino la prospettiva più pessimistica (cioè antiunitaria, quella che mi sembra più probabile) deve comunque ammettere che i Baltoslavi rappresentino semplicemente la periferia settentrionale delle trasformazioni, sempre su fondo indoeuropeo, che più a Sud hanno determinato l'individuazione dell'ethnos dacomisio; poiché inoltre (2) in ogni caso la fonetica protobaltoslava sussisteva ancora, dimostrabilmente, all'epoca della slavizzazione della Dalmazia, è inevitabile ridimensionare il più possibile la distinzione tra Daco-Misî e Balto-Slavi, il che significa che la slavizzazione del Basso Danubio è verosimilmente la riemersione della componente locale daco-misia (con la novità di trovarsi ora entro l'àmbito del Khānato degli Avari e quindi con potenzialità espansive inedite) e che quindi alla fine anche in questa ucronia il ruolo dei Dacoslavi è abbastanza simile alla Storia reale...

Max: Gli Ungari si fanno largo con la forza e riescono a stabilire un dominio stabile tra i Daci e la frontiera orientale della confederazione celtica.

Bh.: giustamente in questa ucronia non compaiono gli Unni (Neri) e i loro successori (Bulgari e forse Khazari), perché il loro posizionamento (iniziale) in Pannonia è stato dovuto a ragioni squisitamente geopolitiche (strategia sāsānide contro l'Impero d'Occidente laddove la Pars Orientis costituiva l'obiettivo da annettere direttamente) e la sua localizzazione coincideva con la base operativa più facilmente conquistabile (comunque non era certo deserta) tra quelle in prossimità con il relativamente più esposto tra i punti di forza dell'Impero, il Limes Danubiano (quello Renano era all'epoca troppo remoto dai 'Committenti' īrānici e rischiava di sfuggire di mano, probabilmente a favore degli Alani, come stava per succedere).
La sovrapposizione tra centro dell'Impero di Attila e area di insediamento degli Ungari ha fatto sorgere molte teorie, anche con parti innegabilmente probabili, ma resta il fatto che la Migrazione dei Magiari presuppone necessariamente il contesto geopolitico della rottura dell'equilibrio tra Bisanzio, i Franchi e i Khazari, in particolare l'eliminazione degli Avari (con conseguente riorientamento bizantino e slavizzazione linguistica dei Bulgari) e la conseguente conquista di fatto della Grande Moravia e, in prospettiva, di tutti gli Slavi da parte di Costantinopoli. Per postularla anche in questa ucronia, oltretutto con anticipo di tre secoli, bisognerebbe ipotizzare un prolungato scontro tra Celti e Macedonia, che però è reso poco probabile dalla concomitante persistenza di situazioni potenzialmente assai più esplosive (per esempio, l'Italia Romana, né celtica né macedone presente negli obiettivi di entrambi).

Max: Anche gli Avari riescono a creare una propria entità statale, grossomodo in un'area coincidente con la nostra Bielorussia e assorbendo elementi etnici slavi e baltici.

Bh.: gli Imperi delle Steppe a egemonia linguistica altaica sono sempre stati parassitarî di grandi Imperi sedentarî (Roma/Bisanzio e la Persia) e fra l'altro con centro più a Sud; è ben possibile che il Khānato degli Avari abbia compreso, a un certo punto, anche i territorî che oggi costituiscono la Russia Bianca, ma che si limitassero a questi è molto marcato (la normalità sarebbe che o fossero compresi in un Khānato centrato come minimo sul Bacino Nordpontico oppure che gli Avari non si imponessero affatto)

Max: Più a nord si consolida un Regno baltico/lituanoI Goti formano uno Stato egemone nel Baltico meridionale comprendente il sud della penisola scandinava, la nostra Danimarca e anche "l'avamposto" della Curlandia.

Bh.: però all'epoca del Punto di Divergenza i Germani (in parte già Goti) erano ormai in direzione del Mar Nero e a quest'epoca avrebbero già costituito un loro Regno (ammesso che vi riuscissero, naturalmente) almeno Ponto-Baltico.

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Massimiliano è poi tornato alla carica con un'altra cartina fantastorica:

Ecco un'altra ipotesi di Europa in cui l'egemonia celtica continentale è ancora più accentuata rispetto alla precedente cartina. Sostanziale coincidenza tra area di potere statale e relativa area linguistica (a eccezione dell'Impero dei Seleucidi). Dopo secoli di conflitti e di flussi e riflussi di popoli così appare la situazione:

La mia è un'ipotesi di massima (o quasi) celtofilia pur all'interno di un più generale equilibrio di poteri in cui persistono alcuni medio/grandi potentati nell'area europea/mediterraneo/vicino orientale. Che ne dite?

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Vi è poi l'idea lanciata da Tommaso Mazzoni:

Lancio, a chiunque voglia cimentarcisi, questa sfida: dividete il mondo in Macro-Nazioni, o Imperi che dir si voglia. Queste sono le mie:

Sacro Romano Impero (Sovrano: Imperatore Carlo VIII di Borbone, Capitale Roma): Comprende l'Intera Penisola Iberica, tutte le attuali Francia, Italia, Belgio, Lussemburgo, Baden, Wurttemberg, Baviera, Austria, Cechia, Slovacchia, Polonia, pur senza Mazovia, né Danzica, né Prussia Orientale, Lituania, Ungheria, Slovenia, Croazia, Rift, Algeria,Tunisia, Libia. Religione Dominante: Cattolicesimo.

Impero Romano d'Oriente (Sovrano: Imperatore Costantino XVII, Capitale Costantinopoli): Comprende le attuali Turchia, Armenia, Georgia, Grecia, Cipro, Ucraina, Bulgaria, Serbia, Kossovo, Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia, Moldavia, Libano, Palestina , Israele. Religione dominante: Ortodossia.

Impero Scandinavo (Sovrano: Imperatrice Margherita II, Capitale: Copenhagen): Comprende l'Intera penisola Scandinava, le attuali Danimarca, Paesi Bassi, Hannover, Shlewig e poi l'Holstein,l'Hannover, la Prussia Storica la Sassonia, l'Assia, il Lippe, il Meclemburgo, tutta la Russia fino agli Urali (ma non la Cecenia e il Daghestan) la Bielorussia, l'Estonia, la Lettonia, l'Islanda, la Groenlandia e Terranova); Religione Dominante: Luteranesimo.

Impero Britannico (Sovrano: Imperatrice Elisabetta II, Capitale New York): Comprende l'Intero continente Nord-Americano, meno Groenlandia e Terranova, le Isole Britanniche, l'Australia e tutti i Caraibi. Religione Dominante: Anglicanesimo.

Impero Maori (Sovrano: Imperatore Tuheitia Paki, Capitale: Aotearoa, la nostra Wellington): Comprende la Nuova Zelanda, tutte le isole dell'Oceania, le nostre Filippine, il Borneo e Papua. Religione Dominante: Paganesimo Maori.

Impero Cinese (Sovrano: Imperatore Guanghong, Capitale Pechino): Comprende la nostra Cina Popolare, pur con esclusione dello Xinjang e della Mongolia Interna, il Giappone, la Corea, il Nepal, il Bengala Storico, Taiwan e tutta l'Indocina. Religione dominante: Buddismo.

Impero Mongolo (Sovrano: Imperatore Boghd Khan III, Capitale: Samarcanda): Comprende la Mongolia (compresa quella Interna) tutti la Russia a est degli Urali, il Khazakistan, l'Utzbekistan, il Tajikistan, il Kirghizistan, il Tartaristan, il Daghestan e la Cecenia. Religione Dominante: Tengrismo.

Impero Indiano (Sovrano: Maharaja Ranjin Singh V, Capitale Bombay): Include l'India, il Pakistan, pur senza il Bengala dell'Ovest, il Bhutan, Ceylon, la Malesia e l'Indonesia meno Papua e il Borneo. Religione Dominante: Induismo.

Impero Persiano (Sovrano: Imperatore Dario XVI, capitale Ctesifonte): Include Iran, Siria, Iraq, Kuwait, Azerbaijan e Afghanistan. Religione Dominante: Zoroastrismo.

Impero Arabo (Sovrano: Imperatore Abdallah II, capitale Medina): comprende tutta la Penisola Araba e Zanzibar. Religione Dominante Islam.

Impero Egiziano (Sovrano: Re Eugenio II, capitale Alessandria): Comprende Egitto, Sudan, Chad e Repubblica Centrafricana. Religione Dominante: Ogdoadismo.

Impero Etiope (Sovrano: Imperatore Ahma Selassie II, capitale Addis Abeba): Include tutto il Corno d'Africa, il Kenia,il Sud Sudan, il Madagascar, le Maldive e le Comore. Religione Dominante: Chiesa Copta.

Impero Berbero (Sovrano: Antalyas VII, capitale Trerza): Include Mauritania, Mali, Nigeria, Niger. Religione Dominante: Nestorianesimo.

Impero del Kongo (Sovrano: Re M'ndawi II, capitale Kinshasa): Include l'Angola, Sao Tome e Principe, Portoghese, l'Africa Occidentale Francese, le Guinee, il Togo, il Gabon e il Ghana; Religione dominante: Vudu.

Impero Zulu (Sovrano: Imperatore Senzangakhona IV, Capitale Ulundi): Include Sudafrica, Botswana, Uganda, Rwanda, Burundi, Zimbabwe, Namibia, Swaziland, Lesotho, Zambia) Religione Dominante: Animismo.

Impero Romano Sudamericano (Sovrano: Imperatore Pietro VII, Capitale Nuova Roma, la nostra Rio de Janeiro): Include il nostro Brasile, l'Uruguay, il Paraguay, l'Intera Guyana, il Venezuela, l'Argentina senza terra del Fuoco, le Falkland, le isole Sandwitch e la Georgia Australe. Religione Dominante: Evangelismo.

Impero dei Quattro Punti Cardinali (Sovrano: Inca Tupac Amaru VII, Capitale Cuzco): Perù, Bolivia, Colombia, Cile e Terra del Fuoco. Religione Dominante: Intismo.

Impero Azteco (Sovrano: Quetzalcoatl Ferdinado Montezuma XII, Capitale Tenochtitlan): Include tutta l'America Centrale, dal Rio Grande al canale di Panama. Religione: Quetzalcoatlismo.

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Segnaliamo l'idea di Paolo Maltagliati:

E se anche la Mesopotamia si (re?)indoeuropeizzasse, creando un continuum indoeuropeo dal Bengala al Portogallo? L'unica cosa sensata che mi è venuta in mente per raggiungere tale fine in tempi accettabilmente recenti, sarebbe che:

a) l'élite indoeuropea di Mitanni imponesse la propria lingua sull'Hurrita e 
b) Mitanni vincesse lo scontro con l'Assiria in modo decisivo.

Che dite?Gli arabi spazzerebbero via comunque tutto, o non ci riuscirebbero, come accaduto in Persia? Quali le ricadute culturali di una cosa del genere, in generale?

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Gli replica Iacopo:

Gli arabi non sono mai riusciti ad imporre la propria lingua su nessun popolo indoeuropeo che io sappia... la Mesopotamia si inoeuropeizza diciamo nel periodo delle invasioni aramee, non cambierà più lingua. A questo punto mi chiedo:

a) Sarà una lingua iranica o una lingua anatolica e qualcosa di più esotico creato ad hoc?
b) Siria e Aram sono ugualmente indoeuropei?
c) la religione semitica (non il caldeismo astrologico, che è se mai un'influenza aria sui babilonesi, ma il culto del dio rinascente del grano) nasce ugualmente?

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Al che Paolo riprende la parola:

Per quanto possa aspirare alla prospettiva della sopravvivenza di una lingua indoeuropea anatolica, lungo questo continuum che ho menzionato prima, non credo sia l'ipotesi più probabile. Diversi linguisti affermano di aver trovato termini di origine Indo-aria nel trattato del re Kikkuli di Mitanni sull'allevamento dei cavalli. Quindi, a logica, mi impongo di pensare che la lingua indoeuropea mesopotamica possa essere parte di quel gruppo. A meno di pensare, alternativamente, che possa trattarsi di un sister group di lingue staccatosi dalla famiglia PRIMA della divisione tra arie e iraniche.

Sul grado di sopravvivenza delle lingue semitiche e dove tali lingue hanno più margine di sopravvivenza, questa è una domanda che in gran parte è dipendente dalle vicende politiche successive nel vicino-oriente in realtà. Quando crolla Mitanni, fin dove si estende il suo dominio, a opera di chi crolla, e così via discorrendo.

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A questo proposito, Lord Wilmore suggerisce:

Ecco secondo me come apparirebbe oggi un'ipotetica Nazione Indoeuropea politicamente unita:

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Degna di grande risalto è poi l'osservazione di Bhrihskwobhloukstroy:

Cómpito dell’Ucronia è di pensare la controfattualità, se possibile nel modo più storico alla nostra portata. Quando sono controfattuali anche i presupposti è più difficile, ma non esce dal campo dell’Ucronia; bisogna solo trovare uno o più Punti di Divergenza aggiuntivi per giustificare i presupposti controfattuali.

Propongo di partire dalla visione di questo filmato. I suoi presupposti – molto più restrittivi della stessa versione vulgata (più o meno corrispondono infatti alla tesi di Robert Drews) – sono che gli Indoeuropei fossero solo gli eredi delle Culture calcolitiche dei Kurgány e che si siano espansi quando ormai le lingue indoeuropee si differenziavano fra loro. La controfattualità più evidente è che le lingue anatoliche cominciano a essere attestate nelle proprie sedi storiche già dal XXIII. sec. a.C., mentre in questo caso le dovremmo posticipare a ogni costo al 2000 a.C. o dopo; ci sono però altre modifiche, meno evidenti ma più dirompenti, da introdurre: non deve aver luogo l’espansione delle Culture dei Kurgány (4200-2100 a.C.), normalmente ritenuta quella definitiva dell’indoeuropeo, oppure deve diffondere lingue non indoeuropee, inoltre – e soprattutto – le popolazioni preesistenti (che discendono sia dagli Agricoltori sia dai Cacciatori-Raccoglitori dell’Europa preistorica) non devono essere indoeuropee e questo è effettivamente molto difficile, perché, se gli Agricoltori potevano diffondere il semitico o un suo antecedente, non c’erano invece altre lingue che i Paleolitici potessero parlare.

D’altra parte, all’Autore – come alla maggior parte delle persone di cultura – risulta che il basco non sia una lingua indoeuropea e perciò si può presumere che non consideri indoeuropeo neppure l’etrusco (non è tuttavia garantito: mentre i sostenitori dell’indoeuropeità del basco la estendono anche all’etrusco, non tutti quelli che considerano indoeuropeo l’etrusco classificano come tale anche il basco). Questo complica enormemente la ricerca del Punto di Divergenza, perché se si vuole lasciare il basco al proprio posto e nel ruolo che ha storicamente avuto bisogna accettare anche la sua affiliazione genetica; se sull’ascrizione dell’etrusco all’indoeuropeo non posso giurare, su quella del basco sì e quindi, dato che l’indoeuropeità del basco mi risulta indubitabile, è lo stesso Autore che mi costringe a modificare i suoi presupposti e ad ammettere – dato che non posso fare a meno di riconoscere il basco come indoeuropeo – che l’indoeuropeo si fosse già diffuso in Europa fino appunto al basco (il che significa che il paleoligure resta indoeuropeo anche in questa ucronia e con ciò, per fortuna, possiamo risolvere una delle principali difficoltà relative al Paleolitico). Posso introdurre, in compenso, un’anomalia rispetto al panorama dossografico generale, ammettendo l’indoeuropeità del solo basco e non quella dell’etrusco (dato che su quella dell’etrusco, ripeto, non posso giurare) né quindi del retico (se non laddove le iscrizioni retiche sono in realtà, come ho constatato di persona, paleoliguri).

Per ricapitolare: togliere completamente l’indoeuropeo dalla Preistoria dell’Europa prima del 2000 a.C. non solo ci costringerebbe a inventare di sana piante intere altre famiglie linguistiche (diluendo di molto la concretezza dell’ucronia), ma paradossalmente violerebbe alcuni fra gli stessi presupposti dell’Autore, come la presenza del basco (che considera non indoeuropeo) e perfino del paleoligure (che con ogni probabilità considera anch’esso non indoeuropeo). Mi assesterei quindi su questa divergenza:

- l’indoeuropeo preistorico si diffonde nel Paleolitico (come nella ricostruzione attualmente più aggiornata) e da questo procedono, millenni e millenni più tardi, il paleoligure (celtico, compreso il pittico) e il vasconico-aquitanico (antenato del basco); in ciò la differenza con l’Autore non è nei fatti (dato che anche per lui i Baschi e, molto verosimilmente, i Liguri si sono espansi in questa fase), ma nella classificazione genealogica della loro lingua (per me chiaramente indoeuropea, per lui no, ma fra il suo e il mio quadro la lingua non cambia e comunque non ha grande influenza sui fatti storici);

- per una modesta oscillazione demografica (qui sta il Punto di Divergenza primordiale), la sostituzione di lingua che ha determinato la nascita del semitico (in pratica una lingua camitica in bocca a una popolazione di origine eurasiatica, quindi indoeuropea) si estende su un territorio più ampio, inglobando altri Indoeuropei (in questo modo vengono... meno alcune condizioni essenziali per lo sviluppo dell’armeno), quanto basta per far sì che l’Agricoltura sia introdotta in Europa (e in Asia Meridionale) da Semiti e Caucasici (Settentrionali)/Ḫurro-Urartei (se ammettiamo che la loro lingua non fosse indoeuropea; se ne dovrebbe discutere, ma per amor di ucronia non lo facciamo in questa sede) e perciò non solo l’Anatolia e Creta, ma anche la Grecia e metà dell’Italia Meridionale sono semitiche, mentre i Balcani diventano linguisticamente (nord)caucasici (questa era un’ipotesi di moda a metà del XX. secolo, si chiama “alarodica”) e, grazie alla preponderanza demico-culturale, provocano una sostituzione della lingua (in origine indoeuropea) delle popolazioni gravettiane cui risale la maggior parte dei Croati e dei Sardi nonché una notevole dei Tedeschi (di per sé anche degli Scandinavi, che lo sono perché gli Indoeuropei divenuti Germani discendevano da queste popolazioni; in questa ucronia, però, la sostituzione linguistica è innescata dall’onda demica degli Agricoltori neolitici, che ha avuto effetto soprattutto nell’attuale Germania Centrale, che all’epoca non era ovviamente né germanica né di dialetto indoeuropeo antecedente del germanico, bensì – per la maggior parte – del celtico centroeuropeo);

- tale onda demica neolitica raggiunge, come realmente avvenuto, le steppe ponto-caspiche e vi impone la lingua c.d. “alarodica” (nordcaucasica) in luogo dell’indoeuropeo (che vi preesisteva), di modo che possiamo giustificare il fatto che l’espansione delle Culture dei Kurgány non diffonde l’indoeuropeo bensì l’alarodico (poi però riassorbito dalle lingue locali, perché non aveva un supporto demografico sufficiente; alcune delle lingue locali sono comunque alarodiche, altre – come il futuro baltoslavo – sono indoeuropee, in Anatolia sono semitiche e, perifericamente, alarodiche);

- gli Indoeuropei che nelle steppe ponto-caspiche non sono stati coinvolti dalla sostituzione di lingua con l’alarodico (durante la Neolitizzazione) non si espandono – come da Punto di Divergenza enunciato per primo dall’Autore – grazie al carro da combattimento e perciò rimangono nelle proprie sedi (con ciò, nemmeno i Celti – che pure sono tali e quali a quelli reali e semplicemente si chiamano Liguri – sviluppano l’arte del carro, se non tutt’al più in ritardo e di riflesso dal Vicino Oriente), di conseguenza senza il ruolo storico di Cimmerî e Sciti non si individuano né una classe slava distinta dalla baltica né una classe germanica presso gli Indoeuropei dell’Europa Settentrionale, che allora vengono del tutto assimilati dai Celti (qui Liguri);

- risolviamo anche il dubbio sull’etrusco, perché, qualunque opinione possiamo avere sulla sua affiliazione in quanto lingua realmente esistita e storica, in questa ucronia gli Etruschi e i loro antenati non possono essere indoeuropei (bensì più o meno nordcaucasici, come molti ritengono che l’etrusco effettivamente sia).

L’ucronia dissocia il carro da battaglia dagli Indoeuropei e quindi ne impedisce o comunque ne nega l’espansione per questo mezzo, ma è ovvio che non può eliminare che prima o poi il medesimo carro venga (ri)scoperto e diffuso da altri; nel Vicino Oriente dunque si arriva, senza Ittiti e Mitanni, all’Egemonia degli Egizi e poi degli Assiri e forse dei Caldei, non dei Medi e dei Persiani (eventualmente perciò con maggiore durata di Elam), in India senza lo strato più recente degli Arî (al cui posto abbiamo i Kurganici nordcaucasici) rimangono i popoli e le lingue preesistenti (compresi gli Argicoltori discendenti dei Semiti neolitici, ma compresi anche gli Indoeuropei fra Indo e Gange, anche se senza egemonia sul resto del Subcontinente e anzi sempre più ridotti nelle aree montuose) e in Cina – senza i Tocarî – l’unificazione può tardare e forse non partire dalle etnie che storicamente l’hanno attuata, ma presto o tardi si realizza in ogni caso e perciò comporta pure la deviazione verso Occidente delle Popolazioni (soprattutto altaiche) delle Steppe, che fra l’altro finiranno, come nella Storia reale, per assorbire linguisticamente quelle indoeuropee delle steppe ponto-caspiche (le stesse che erano rimaste indoeuropee durante la Neolitizzazione, ma che non avevano usato il carro da guerra per diffondersi).

Dato che le conquiste degli Etruschi non sono avvenute grazie al carro, le dobbiamo conservare anche in questa ucronia. Dal momento che la Cultura Appenninica è in questa ucronia per buona parte di lingua semitica, che l’apporto delle popolazioni calcolitiche delle Culture dei Kurgány è stato linguisticamente nordcaucasico (come l’etrusco) e che i Greci che hanno colonizzato il Palatino nella Protostoria sono anch’essi semitici, in luogo del latino abbiamo una lingua semitica se non l’etrusco e tutte le conquiste romane non avvenute grazie al carro di diretta tradizione indoeuropea (con apporto celtico, in questo caso inesistente per quanto concerne lo specifico aspetto in parola) rimangono confermate anche nell’ucronia che stiamo esaminando. Dato che l’etrusco (nonché, nelle Alpi, il retico) può più facilmente assimilare consimili lingue (per ipotesi) nordcaucasiche rispetto alla Storia reale, per facilitarci il cómpito coglierei l’occasione per identificare nell’etrusco la lingua della Roma ucronica (in etrusco Ruma, etnico rumaχ ‘romano’).

Il vantaggio è notevole, perché ci permette di descrivere con maggiore precisione l’Impero Romano (appunto rumaχ) e la sua espansione, che in Grecia e Anatolia incontra lingue semitiche come in Africa Settentrionale e, senza il complesso culturale derivante dall’idea che il latino sia un dialetto greco (i Greci del Palatino sono in questo caso semitici e dunque manifestamente diversi dagli Etruschi), le tratta come il fenicio-punico in Africa, finendo per sostituirvisi. Nella Venezia, l’effetto combinato della Neolitizzazione, della Kurganizzazione, dell’espansione protostorica del retico e delle conquiste etrusco-romane porta a una completa tirrenizzazione della lingua locale.

Senza il modello persiano (sāsānide) è però impensabile una trasformazione dell’Impero Romano come nel Tardoantico e quindi le lingue preromane (preetrusche) persistono almeno in tutte le aree rurali e montane. A questa quota cronologica gli effetti della mancata espansione del carro da combattimento da parte degli Indoeuropei sono per il resto completamente esaurite e quindi i rapporti di forza proseguono come nella Storia nota, con l’eccezione della mancata Guerra dei Quattrocento Anni fra Roma e la Persia, donde vengono meno anche le condizioni per l’espansione politico-territoriale del Califfato ’Islāmico. Le Migrazioni dei Popoli hanno luogo ugualmente e, come visto, portano alla definitiva deindoeuropeizzazione delle Steppe Ponto-Caspiche; d’altra parte, i Germani sono paleoliguri (di lingua celtica) e nell’Impero Rumaχ si sovrappongono a popolazioni di lingua paleoligure e ne vengono assimilati (invece, come nella Storia reale avevano in precedenza germanizzato il Bacino dell’Alto Danubio e l’area ercinica, qui li celtizzano).

In altre discussioni ho cercato di esporre le ragioni per cui ritengo che l’ipotesi più probabile, in questi casi, sia l’esistenza delle stesse persone storiche a meno di manifesta impossibilità e che, in particolare, anche in presenza di consistenti variazioni relative all’Impero Romano si sarebbe arrivati comunque all’egemonia della persona di Carlomagno, con la differenza che nel nostro caso naturalmente non si sarebbe chiamato così, bensì – se vogliamo mantenere il più possibile delle scelte linguistiche della sua famiglia – *Ariomāros (la sua carica non si potrebbe chiamare di Kaiser, ma di *Artorios, ossia Artù, per intenderci).

In definitiva, al termine del I. millennio d.C. abbiamo popolazioni di lingua indoeuropea in due sole aree, molto distanti fra loro: la maggiore è in Europa Occidentale, Centro-Occidentale e Settentrionale (Baschi, Liguri, Balti: le stesse popolazioni che l’Autore ammetterebbe, anzi senza nemmeno gli Slavi, con la differenza che per lui è indoeuropea solo la lingua dei Balt[oslav]i), la minore sono i residui montani degli Indoarî (dal Caucaso al Himālayaḥ); i Liguri sono i Celti, ma svolgono lo stesso ruolo dei Germani (e dei Neolatini occidentali) e, se non ci sono stati i Brenni classici, ce ne sono pressoché di certo nel Tardoantico. Il quadrante nordorientale dell’Europa è uralico (ugrofinnico). L’Italia, la Cispadana, Venezia, la Dalmazia sono etrusche, il Bacino Danubiano è retico o comunque nordcaucasico tranne dove storicamente è stato germanizzato (in questa ucronia celtizzato dai Liguri), non esistono i Romeni (neanche in versione tirrenica), i Magiari sono stati turchizzati come tutte le popolazioni nordpontiche (e della Fascia delle Steppe fino al Xīnjiāng), mentre in Grecia, Anatolia, Vicino e Medio Oriente (nonché in Egitto e Africa Settentrionale) si ha in genere la contrapposizione fra città etrusche e campagne semitiche, perlopiù aramaiche (o, in Africa, camitiche; copte in Egitto), fino all’India Occidentale. Resta il dubbio se l’Impero Rumaχ riesca o meno a conquistare e, nel caso, conservare l’Altopiano che per noi è ’Īrānico; è quasi inutile ribadire che ogni opzione è molto vicina a essere arbitraria, però se dobbiamo andare avanti opterei per il sì, per una ragione che ritengo molto forte: in questa ucronia non esiste una tradizione imperiale ’īrānica, per cui una volta conquistata Babilonia (e prima o poi Ruma lo può fare) tutto il resto diventa una questione di ribellioni locali, defatiganti finché si vuole, ma in ultima analisi destinate a estinguersi di fronte all’espansione della cultura urbana (come è avvenuto per la stessa Nazione Persiana e poi pure nella Fase ’Islāmica).

Una conseguenza importante della duratura conquista di Babilonia da parte di Ruma è che i *Māšīḥīti (come si chiamerebbero i Cristiani, che – contrariamente a quanto sostenuto dall’Autore – esisterebbero lo stesso, solo partendo da Babilonia) potrebbero anche in questo caso giungere a diventare la Religione principale – anche se, come abbiamo visto, non esclusiva – dell’Impero e la cui articolazione in Patriarcati avrebbe qualche speranza in più di non risolversi in scomuniche reciproche. Come e più che in altre ucronie, devo dare per certa almeno la progressiva infiltrazione dei Turchi in molte aree e soprattutto ai vertici esecutivi dell’Impero.

L’Autore, per il quale divisioni e guerre favoriscono il progresso tecnologico e culturale e il Colonialismo sembra essere il destino dei popoli liberi e progrediti, si delizia a immaginare l’espansione ultramarina dell’India anaria e della Cina frammentata; inferisco perciò che riterrebbe improbabile un analogo destino per l’Impero Rumaχ (che in pratica fa le veci di quelli Romano-Bizantino, Arabo-Musulmano e Turchi Saljūqide e Ottomano), mentre davvero non riesco a capire che cosa secondo lui accadrebbe all’Europa Occidentale e Settentrionale. Provo a esporre quello che per parte mia riterrei più verosimile:

- anche se il perno dell’Impero Rumaχ si dovrà per forza dislocare più a Oriente, il prestigio delle Sedi originarie imporrà di conservare l’Etruria (anche Padana) e direi pure la Rezia nell’Impero, d’altra parte con continue lotte nel Bacino Danubiano contro i Liguri da Nord-Ovest e le varie Popolazioni Turco-Tatare da Nord-Est;

- i Liguri, come nella Storia reale i Tedeschi e gli Scandinavi, si impadroniranno con relativa facilità delle popolazioni sulle sponde orientali del Baltico e nel relativo Retroterra (anche inteso in misura molto ampia);

- per l’effetto delle reazioni geopolitiche, l’Europa Occidentale manterrà e rafforzerà tanto più a lungo l’unità raggiunta con *Ariomānos quanto più unitaria e forte resterà la Potenza confinante, l’Impero Rumaχ (e qui esistono tutte le condizioni perché lo resti);

- è immaginabile allora un Colonialismo Europeo oltreatlantico? L’Autore direbbe probabilmente di no, anche se così impostata la questione mi sembra alquanto dogmatica. Ammettiamo comunque che no; la Storia Moderna e Contemporanea (nell’orizzonte cronologico che comprendiamo con queste denominazioni) ne risulterebbero profondamente alterate e col XX. secolo arriveremmo a un Mondo in cui le Nazioni Anarie dell’India si sono espanse lungo le direttrici storiche dell’espansione culturale indiana (parte dell’Indocina e gran parte dell’Indonesia), ma le Americhe e l’Africa Nera sono dominate dagli Imperi Coloniali cinesi, mentre il ruolo che per noi è della Cina spetterebbe all’Impero Rumaχ (con tutte le vicissitudini che avrebbe avuto, come la Cina storica) e allora l’Impero dell’Artorios Ligure si configurerebbe come un omologo occidentale di quello del Sol Levante, seppur di dimensioni paragonabili piuttosto alla Cina.

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Lucasauro poi ha suggerito:

Secondo un ipotesi fantasiosa di cui ha scritto un mio amico sul suo blog, il nome di Alatri come posto italiano somiglia al nome Alatru presente nei testi mesopotamici: che accadrebbe se Alatri fosse un luogo realmente collegato in tempi antichi alla Mesopotamia?

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E Bhrihskwobhloukstroy gli ha replicato:

A p. 708 di questo articolo e a p. 300 di quest'altro si trova una proposta etimologica indoeuropea per Alatri (‘luogo della macinazione’). Se l’oronimo di Mari a-la-at-ru-ú è connesso, la sua vicinanza a importanti idronimi indoeuropei si presta a far ipotizzare che anche in questo caso l’etimologia sia la stessa.
Quindi Alatri potrebbe essere davvero collegato in tempi antichi alla Mesopotamia, ma non perché gli Accadi siano migrati nel Lazio, bensì perché sia l’Alta Mesopotamia sia il Lazio (come pure l’Anatolia Occidentale) erano aree di lingua indoeuropea preistorica.

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E adesso, un'altra originale proposta linguistica di Renato Balduzzi:

Una lingua tonale è una lingua in cui la variazione di tono di una stessa sillaba ne determina il significato. Mentre nelle lingue dell'Estremo Oriente abbiamo numerose lingue tonali con diversi sistemi di toni (dai 4 del cinese mandarino ai 16 del cantonese), tra le lingue indoeuropee non esistono lingue tonali, con l'eccezione del punjabi, un idioma indiano. Ma se anche le altre lingue indoeuropee e magari anche le lingue semitiche hanno un sistema tonale? Si svilupperebbe lo stesso l'alfabeto come noi lo conosciamo oppure avremo nuovi segni di interpunzione per descrivere i numerosi toni? E se invece su un alfabeto cervellotico vincesse l'ideogramma, come sarebbe la scrittura greca, e di riflesso la sua letteratura? Come si svilupperebbe l'industria libraria? E quali differenze ci sarebbero con la cultura occidentale odierna?

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Falecius gli risponde:

Correggetemi se sbaglio, ma mi pare che anche lo svedese ed il norvegese abbiano un abbozzo di sistema tonale. Ovviamente si tratta di uno sviluppo "tardivo".

Comunque, mi pare che esistano delle lingue tonali nel gruppo afrasiatico (il macro-gruppo di cui fa parte il semitico), ma nessuna di queste e' semitica. Io credo che la scrittura alfabetica si sarebbe sviluppata grosso modo come la conosciamo in ogni caso, ideando nel corso del tempo dei segni diversi per indicare il tono, con svariate possibilità, da un diverso set di lettere, una per ogni tono, a segni diacritici tonali.

Esiste perfino l'eventualità che ad esempio alfabeti come quello arabo indichino il tono modificando il segno DELLA CONSONANTE (con un diacritico, o proprio con una modifica grafica come quelle che in etiopico si usano per le vocali) ma continuando a non segnalare la relativa vocale in sé (almeno se breve).

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E Mattiopolis aggiunge:

Credo che gli alfabeti resterebbero gli stessi, con l'aggiunta di qualche segno diacritico corrispondente alla varie intonazioni. Si arriverebbe ad una sorta di vietnamita ante litteram, ovvero lingua tonale ed alfabeto latino (o greco, o arabo...). Questo potrebbe però portare ad una maggiore "adattabilità" di certe lingue orientali agli alfabeti occidentali, che durante il periodo coloniale o per via di qualche leader filo-occidentale o fantoccio potrebbero essere adottati dalle popolazioni locali... certo, se la Cina facesse questo, magari nel periodo della decadenza imperiale (quando lo stato orientale era una specie di cortile europeo) si romperebbe quell'unità linguistica che ha la lingua cinese... cioè, i dialetti cinesi non sono quasi intelligibili a vicenda se sentiti, ma tutti i cinesi scrivono nello stesso modo, essendo ogni ideogramma associato ad una parola, che viene poi pronunciata in un modo a Pechino ed in un altro a Guangzhou... e se ad adottare questo sistema fosse l'Europa? Latino e lingue volgari sarebbero identiche nella scrittura, anche a distanza di secoli ed anche se la pronuncia si modifica. Il popolo potrebbe leggere la Vulgata senza problemi, anche se magari capirebbe poco o nulla quando il prete la recita... sacerdozio universale luterano anticipato?

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Certamente l'espertissimo Bhrihskwobhloukstroy non poteva esimersi dal dire la sua:

Aggiungo a quanto già opportunamente illustrato da Falecius che di fatto l'indoeuropeo tardo (mi sembra di ricordare che ne abbia trattato Frederik Kortlandt) aveva un sistema tonale, ricostruibile per la penultima sillaba in base al baltico (e in generale al sistema delle intonazioni balto-slave) e per l'ultima in base al greco. Si potrà discutere se sia paragonabile ai sistemi tonali prototipici, ma in ogni caso siamo di fronte a opposizione di mora all'interno della medesima sillaba (una sillaba = una, due o tre more; accento sulla prima o sull'ultima mora) e di andamento della curva intonazionale (ascendente o discendente). Perciò direi che il punto di divergenza riguarderebbe non semplicemente l'esistenza di un sistema tonale, ma il suo eventuale ulteriore sviluppo.

Riguardo alla questione se l'alfabeto come noi lo conosciamo si svilupperebbe lo stesso, a ogni nuova trasmissione di sistema alfabetico (inteso in senso stretto: scrittura con segni vocalici e consonantici) le lingue indoeuropee (neoanatoliche; greco; frigio; latino e italico; celtico; germanico; armeno; slavo [le altre tradizioni hanno adottato o scritture non propriamente alfabetiche oppure alfabeti già elaborati - latino, cirillico - senza modificarli ulteriormente facendoli 'proprî']) hanno sùbito elaborato un'indicazione univoca per ogni elemento fonologico; persino i toni sono stati indicati, in alcuni testi paleoslavi. Per questo, in funzione del numero di toni, penso che si possa affermare che sarebbe stato sviluppato un sistema adeguato di notazioni.

Riguardo invece all'eventuale vittoria dell'ideogramma, ideogrammi o logogrammi sono presenti in varie scritture usate da tradizioni indoeuropee antiche (sumerogrammi cuneiformi, geroglifico anatolico, ideogrammi in Lineare B, forse anche i segni della Civiltà della Valle dell'Indo e della Sarasvatī); a parte - forse - il sillabario iberico e la controversa scrittura di Harappa e Mohenjo Daro, il passaggio a scritture fonologiche è stato compiuto ogni volta da tradizioni semitiche (accadogrammi cuneiformi, abjad fenicio e aramaico; sillabogrammi in Lineare A, se il minoico è semitico) e da queste è passato alle lingue indoeuropee (cuneiforme ittito e antico persiano, alfabeto greco e derivati, scrittura avestica, abjād persiani, brāhmī, kharōṣṭhī e dēvanāgarī indoarie e tocarie, rune germaniche.

La più antica 'scrittura' che gli Indoeuropei potrebbero aver conosciuto e utilizzato dovrebbe essere quella pittografica di Vinča e Tărtăria (V. millennio a.C.), che secondo Harald Haarmann è all'origine dei segni in Lineare A e che (se non ricordo male) Giovanni Pettinato ha messo in relazione con la stessa genesi dei sumerogrammi.; questi ultimi, d'altra parte, sono stati compiutamente elaborati in un ambiente culturale che aveva almeno una componente indoeuropea, l'eufratico (Gordon Whittaker).

Di per sé sembra quindi che non ci sia stato nessun impedimento allo sviluppo di tradizioni ideografiche indoeuropee; d'altra parte, l'egizio (insieme alle contigue tradizioni semitiche nordoccidentali) e il sumerico (insieme all'accadico) dimostrano che, nel circolo culturale vicino-orientale, ogni scrittura logografica ha finito per trasformarsi in fonografica (sillabica, ’äbugidā, ’abjād o alfabetica) a ogni successione imperiale. Di conseguenza, ipotizzerei che per ottenere una tradizione ideografica indigena nella Grecia classica dovremmo soddisfare le seguenti precondizioni:

1) sviluppo della pittografia di Vinča (fatto probabilmente avvenuto tra il Medio Danubio e Creta) senza (= primo del)lo sviluppo sillabografico minoico (Lineare A)

2) egemonia culturale degli Indoeuropei di area balcano-egea sull'Europa mediterranea da un lato e sull'Anatolia (se possibile, con mediazione mitannica e/o attraverso l'Altipiano Iranico, fino all'India e alla Serindia)

3) impermeabilità alle innovazioni grafiche vicino-orientali

4) tradizione ininterrotta dalla Protostoria egea fino all'età corrispondente alla nostra fase storica. Poiché già Troia, pur così occidentale nell'àmbito dell'Indoeuropa, ha documentato l'uso del cuneiforme (luvio) di tradizione accadica, dovremmo postulare che il centro dell'egemonia in questione fosse, al più tardi, la Cultura di Varna e che questa aggregasse a sé quella (di per sé più antica) di Çatal Hüyük. In alternativa, potremmo porre il punto di divergenza alle origini dei Sumeri, facendo prevalere la componente eufratica su quella propriamente sumerica e soprattutto su quella accadica e da allora in poi facendo diffondere - come storicamente avvenuto - i logogrammi bassomesopotamici (forse, appunto, di origine mediodanubiana) eventualmente anche in Egitto (prevenendo poi l'elaborazione degli abjād siro-palestinesi) e in ogni caso verso l'Anatolia e l'Egeo da un lato, l'Altipiano Iranico e la Valle dell'Indo dell'altro. (Non si tratterebbe comunque di una tradizione indigena in Grecia, a meno che vogliamo puntare molto sull'ipotesi dell'origine dei sumerogrammi da Vinča, il che potrebbe presupporre una mediazione balcanica meridionale e forse, per contiguità, greco-macedone.) Un'ultima possibilità, tanto meno verisimile quanto più recente, sarebbe ipotizzare una grande egemonia culturale - di livello paragonabile a quelle aramaica o ellenistica - dei Luvî del tardo II millennio a.C. e, per quanto ci riguarda, della loro scrittura geroglifica anatolica.

Come si svilupperebbe l'industria libraria? In generale senza sostanziali differenze rispetto alla storia che conosciamo, a parte il fatto che probabilmente ci sarebbe una fioritura molto minore delle tradizioni scrittorie locali favorite dalle continue rielaborazioni degli alfabeti (greci, italici, etrusco, venetico, rune &c.)

E quali differenze ci sarebbero con la cultura occidentale odierna? In àmbito culturale potrebbe forse essere meno ossessiva la frattura 'grafica' (quasi sempre anche confessionale) tra Mediterraneo (ed Europa) centro-orientale (l'uno 'greco', l'altra poi anche slava) e centro-occidentale (l'uno 'latino', l'altra poi anche germanica).

Tuttavia, anche lasciando da parte le possibilità sempre aperte di gravitazione culturale della sponda atlantica dell'Europa verso l'Africa settentrionale e indirettamente il Vicino Oriente, va sempre tenuto presente, per quanto attiene in particolare alla scrittura, che la genesi remota dell'ogam (senza metterne in discussione l'innegabile rapporto storico con la riflessione grammaticale latina) potrebbe far capo a una tradizione indipendente non solo dal Vicino Oriente, ma anche da Vinča e rappresentare quindi un 'focolaio' grafico a sé: in prospettiva ucronica, questo potrebbe far rientrare più a Occidente la frattura culturale del Mediterraneo e dell'Europa tra un Oriente ideografico di matrice 'vinčana' e un Occidente (logografico, sillabografico o alfabetico?) di matrice ogamica.

Per chiudere, in ogni caso l'Europa HA sviluppato, coscientemente, un sistema ideografico, con la segnaletica (non solo stradale): ovviamente molto primitivo, ma il progetto era ben più ambizioso...

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William Riker aggiunge:

Guardate cosa ho generato con l'Intelligenza Artificiale: dedicata a Bhrihskwobhloukstroy, la capitale protostorica della Nazione Indoeuropea Unita (una specie di Atlantide terrestre!) Dove sorgerà? Come si chiamerà?

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L'interpellato gli replica:

Ci ho pensato spesso; la collocherei nella piana sommersa dal Golfo di Alessandretta (le cui montagne sarebbero quelle sullo sfondo). Il nome potrebbe essere *Mĕdʱi̯ŏ-pl̥h₂nŏ-m ‘pianura di mezzo’, come Milano.

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C'è spazio anche per l'idea di Generalissimus:

Yu, il leggendario fondatore della dinastia Xia, fallisce come i suoi predecessori nel tentativo di controllare le frequenti esondazioni del Fiume Giallo e dei suoi affluenti che affliggevano la Cina nordorientale.
Di conseguenza finisce in esilio come coloro che avevano tentato l'impresa prima di lui, all'Imperatore Shun succederà il figlio e la regione rimarrà povera e arretrata.
Quali le altre conseguenze?

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Gli replica l'immancabile Bhrihskwobhloukstroy:

Sono diciassette anni che aspettavo di sparare questa boutade: Cina indoeuropea...

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Pedro Felipe si informa:

Quindi una Cina tocarizzata e/o iranizzata? E gli altaici?

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Ed ecco la risposta del nostro Bhrihskwobhloukstroy:

Un legame col Vicino Oriente antico ci sarebbe: se Huángdì (2698/7-2598/7) - purché ne ammettiamo almeno una certa storicità di fondo - rappresenta l'indoeuropeo *Knh₁eko-deiwos "Dio d'oro" e i suoi insegnamenti di parole si possono intendere come una dinamica di adstrato (superstrato?), allora il ruolo della Dinastia Xià è paragonabile a quello degli Accadi paleoassiri e paleobabilonesi; come, ristretti questi ultimi a dimensioni esclusivamente locali, l'eufratico sarebbe rimasto il principale acroletto della Media e Bassa Mesopotamia, così l'antecedente indoeuropeo del tocario avrebbe costituito l'omologo del (proto)cinese storico.

Per amore di ucronia si può pensare che la trasformazione dell'indoeuropeo del Bacino del Fiume Giallo sarebbe stata analoga a quella del tocario e, similmente, che il ruolo degli Altaici sarebbe stato come nella Storia vera; alle Conversioni Religiose si può lasciare la stessa funzione storica, con sostituzione del cinese mediante il tocario.

Siccome «se gli Indoeuropei [uso il maiuscolo per gli etnonimi] si fossero stanziati in Cina» è un’espressione che si presta a varie interpretazioni, scelgo quella massimale: che (buona parte del)la Cina storica rientrasse nell’area linguistica dell’indoeuropeo preistorico. La prima curiosità è su come si presenterebbe la classe linguistica indoeuropea della Cina. Anzitutto, siccome fa parte dell’ucronia – come abbiamo visto – la condizione che gli Indoeuropei soverchiassero – entro il Neolitico – i Cinesi, il sinoindoeuropeo sarebbe molto meno sinizzato (anche a livello strutturale) che il tocario. Dato che poi lo stesso protosinico possedeva i medesimi fonemi sonori fiatati / mormorati aspirati dell’indoeuropeo (*/bʱ/, */dʱ/, */gʱ/), questi si sarebbero conservati in sinoindoeuropeo (così come in indoario). A differenza dell’indoario, il sinoindoeuropeo non sarebbe stato raggiunto dall’innovazione (di origine semitica) consistita nella riduzione delle vocali apofoniche (indoeuropee) alla sola */ă/; per esempio, ‘fratello’ si sarebbe continuato a dire *bʱrắhₐ-tōr (e non, per esempio, procer come in tocario occidentale).

Le comunità politiche preistoriche sarebbero omologhe alle *tĕu̯hₓ-tắhₐ-ăs europee; molti nomi di luoghi sorti presso guadi di fiumi sarebbero composti con elemento finale *h₁i̯ăhₐ-tŭ-s ‘guado’. Nel Calcolitico, arrivano fino alla costa altre tribù indoeuropee (di Pastori-Allevatori), dopodiché si sviluppa l’Urbanesimo; al posto di Pechino potremmo avere *Lĕu̯kŏ-hₐăl-bʱhₐ-ăhₐ. Il modello ario contribuisce a innescare un processo di egemonia territoriale; il rapporto con le Popolazioni (sempre indoeuropee, anche sinoindoeuropee) delle Steppe sarebbe come quello degli Achemenidi con gli Sciti. Con ciò siamo già alla metà del I. millennio a.C.

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Iacopo Maffi si informa:

Ma quindi il sinoindoeuropeo sarebbe una lingua satem? Che rapporti avrebbe con il Tocario e con le lingue indoiraniche? Si percepirebbe una vicinanza linguistica con gli abitanti delle Steppe (almeno quelle dell'Asia Centrale)?

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E l'interpellato gli risponde:

La distinzione fra lingue cĕntŭm e lingue sătə̆m è un caso di opposizione equipollente (ossia non privativa: le lingue a cĕntŭm hanno una caratteristica che le lingue sătə̆m non hanno; queste ultime hanno una caratteristica che le lingue a cĕntŭm non hanno) e infatti lascia in mezzo una fascia di lingue (albanese, luvio, armeno) che hanno parte delle caratteristiche di entrambe; nel caso del sinoindoeuropeo, data la collocazione ancora più lontana che lo stesso tocario storico, è improbabile – anche se pur sempre possibile – che la lingua fosse raggiunta in modo completo da tutte le caratteristiche cĕntŭm o da tutte quelle sătə̆m: in quanto marginale (e così marginale!) rispetto alle altre lingue indoeuropee, sarebbe molto conservativa, quindi conserverebbe sia la distinzione delle labiovelari (come le lingue cĕntŭm, l’albanese, il luvio e in parte l’armeno) sia la distinzione delle palatali (come le lingue sătə̆m – inclusi albanese e armeno – e in parte il luvio). Per esempio, appunto ‘cento’ si direbbe verosimilmente *čə̥̆ntŏ́m (con la palatale divenuta affricata postalveolare, come in italiano?), mentre – per prendere un caso di labiovelare – ‘cinque’ potrebbe rimanere *pĕ́ṅkʷĕ o al massimo diventare *pĕ́ṅkʷə̥̆.

Se il tocario non rappresenta il portato di una migrazione da Occidente (il tema è molto discusso e controverso), sarebbe completamente investito dalle innovazioni del sinoindoeuropeo; forse non ci sarebbe neppure come lingua distinta, sarebbe parte della classe sinoindoeuropea. Se invece viene (relativamente tardi) da Occidente, allora sarebbe soltanto un po’ più conservativo rispetto all’aspetto straniante (dovuto con ogni verosimiglianza all’adstrato – talvolta anche superstrato – cinese) che presenta nella Storia reale (quindi comunque risulterebbe abbastanza vicino al sinoindoeuropeo).

Le lingue indo-’īrāniche rimarrebbero nel complesso tali e quali, se in Asia Centrale riflettono la Cultura di Andronovo (altrove magari no, ma in Asia Centrale pur sempre sì); tutt’al più, qualche frangia più orientale potrebbe essere ‘risucchiata’ dal sinoindoeuropeo in formazione.

Il sinoindoeuropeo, specialmente se nato dalla stratificazione dell’indoeuropeo locale con quello proveniente dalle Steppe, manterrebbe con l’ambiente linguistico di queste ultime un notevole collegamento (soprattutto con le ipotetiche lingue appunto ‘risucchiate’ dal sinoindoeuropeo), più o meno come le lingue ’īrāniche della Storia reale; come in quest’ultima per tutta l’Antichità è sussistita una continuità linguistica dal Mar Nero all’Oceano Indiano, così in questa ucronia dal Lago Balqaš (se non dal Lago d’’Arāl) al Mar Giallo.

Agli (Eurasiatici) Occidentali, comunque, l’indoario e il sinoindoeuropeo suonerebbero vagamente simili fra loro (soprattutto per i fonemi-bandiera */bʱ/, */dʱ/, */gʱ/, che diventerebbero gli emblemi delle lingue “asiatiche”, un po’ come per noi i fonemi prenasalizzati di molte lingue niger-kordofaniane, per esempio nei nomi N’Djamena, N’Kono, M’Baye, M’Bala &c.).

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Iacopo aggiunge:

L'effetto allora sarebbe dirompente. Formatasi una statualità sinoindoeuropea analoga a quella Han (e ridotto il mandarino a una delle molte lingue della Zomia), verrebbe a crearsi una situazione per cui gli esploratori mandati a cercare alleati contro gli Xiongnu troverebbero altri locutori della loro stessa lingua. Ancora di più: se i Tocari fossero sinoindoeuropeizzati, la stessa nascita della Confederazione Xiongnu sarebbe letta come un attacco diretto alla statualità uHan (un po' come la conquista persiana della Ionia non era propriamente rassicurante vista da Atene). Quindi non solo il baricentro della statualità uHan sarebbe molto più spostato a Occidente, ma ci sarebbero anche conseguenze enormi sulle dinamiche linguistiche dell'Asia Centrale. Il sinoindoeuropeo potrebbe prendere il posto delle lingue turche!

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In seguito Strataghemma ha chiesto a Bhrihskwobhloukstroy:

Secondo te come apparirebbe la situazione geopolitica Europea dell'anno 1265 e dell'anno 2003 dopo Cristo vista attraverso gli occhî di un uomo del Neolitico? Sono curioso della prospettiva...

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L'interpellato gli risponde:

A mio avviso un uomo del Neolitico considererebbe Medioevo ed Età Moderna Tollerabili, l'Età Contemporanea totalmente Incomprensibile.

L’aspetto più vistoso è che pressoché tutte le *tĕu̯hₐtắhₐăs (‘Tribù’, nel Medioevo ‘Contee’) – tranne che in parte della *H₁ĕpĭu̯ĕri̯ōⁿ (‘Irlanda’) – sono state unite in *dĕsi̯ŏu̯ĕs (‘Ducati/Principati’: *Hₐrṓh₃măhₐ ‘Roma’, *U̯ĕnĕti̯ăhₐ ‘Venezia’, *Hₐắh₁/ₐpĕri̯ŏs ‘Epiro’, *Sr̥bʱi̯ăhₐ ‘Serbia’, *Pŏltĭskŏs ‘Polock’, *Lĕi̯tŭu̯ăhₐ ‘Lituania’), *g̑n̥h₁tĭh₃ṓnĕs (‘Nazioni’: le *h₃rēg̑ĭh₃ṓnĕs ‘Regni’ di *Băhₐĭtĭkăhₐ ’Andalusia’, *Lŏu̯sĭh₁tăhₐni̯ăhₐ ‘Portogallo’, *Pĭḱsku̯ăhₐni̯ăhₐ ‘Castiglia’, *Kötŭu̯ĕlnăhₐmni̯ăhₐ ‘Aragona’, *U̯ăskŏni̯ăhₐ ‘Navarra’, *Gl̥ni̯ăhₐ ‘Gallia’, *Bʱr̥tnń̥i̯ăhₐ ‘Britannia’, *Kl̥h₁ĕth₃ŏni̯ăhₐ ‘Scozia’ o *Hₐălbʱh₂iōⁿ ‘Albione’, *Dʱŏnhₐĭmŏrg̑ăhₐ ‘Danimarca’, *Tl̥hₓăhₐ ‘Norvegia’, *Su̯ĕkŏtĕu̯hₐtăhₐ ‘Svezia’ e *Pŏlh₂ĭskăhₐ ‘Polonia’) o addirittura in *h₃kʷsĕtrăhₐ (‘Imperi’ o Triregni: *Tĕu̯hₐtĭsḱŏlŏm[hₓ]dʱh₁ŏm ‘Germania’, *Pŏn[h₃]nŏni̯ăhₐ ‘Ungheria’, *Mŏi̯sĭi̯ăhₐ ‘Bulgaria’ e *Bʱŭhₓg̑ŏntĭi̯ŏm ‘Bisanzio’).

Due altre peculiarità sono il grande *h₃kʷsĕtrŏm di tutto l’antico *H₄ēri̯ŏh₂/₁ŏh₁/ₐu̯ĕrtŏs ‘Asia Centrale’ fino alla maggior parte dei *dĕsi̯ŏu̯ĕs della *Rŏu̯ḱĭs (Rus’) di *Kŭhₐi̯ĕu̯ŏs ‘Kiev’ e la *g̑n̥h₁tĭh₃ṓⁿ di *bʱrḗg̑ʱmŏnōs ‘sacerdoti’ dei *h₁ĕḱu̯ŏu̯ĕg̑ʱōs ‘cavalieri’ dei *Tĕu̯hₐtŏnĕs.

Praticamente l'unica cosa "strana" è la dimensione delle entità geopolitiche, ed è ciò che risulta più vistoso a livello geopolitico; ancora più strano è ciò di cui ci si può accorgere dopo: le lingue.Nel Neolitico, quasi tutta l’ Europa (e naturalmente ben oltre) era abitata da comunità che parlavano dialetti dell’indoeuropeo preistorico; dopo circa cinque millenni, non solo l’indoeuropeo ha dato luogo a lingue molto più differenziate fra loro, ma queste stesse in più della metà dei luoghi non rappresentano la continuazione del dialetto indoeuropeo locale del Neolitico (per esempio: i discendenti di Ötzi o dei suoi parenti stretti parlano un dialetto tedesco – austrobavarese – e non una varietà retoceltica sviluppatasi dall’indoeuropeo che parlava Ötzi). Inoltre, in alcuni punti si parlano lingue non indoeuropee le cui fasi preistoriche si trovavano lontane dall’Europa.

Fra il 1265 e il 2003 risulta che anche le *tĕu̯hₐtắhₐăs di *H₁ĕpĭu̯ĕri̯ōⁿ (‘Irlanda’) si sono unite; la *Bʱr̥tnń̥i̯ăhₐ ‘Britannia’ ha annesso la *Kl̥h₁ĕth₃ŏni̯ăhₐ ‘Scozia’ o *Hₐălbʱh₂i̯ōⁿ ‘Albione’, la *Pĭḱsku̯ăhₐni̯ăhₐ ‘Castiglia’ ha annesso la *Bʱăhₐĭtĭkăhₐ ’Andalusia’, *Kötŭu̯ĕlnăhₐmni̯ăhₐ ‘Aragona’ e *U̯ăskŏni̯ăhₐ ‘Navarra’, la *g̑n̥h₁tĭh₃ṓⁿ dei *h₁ĕḱu̯ŏu̯ĕg̑ʱōs ‘cavalieri’ dei *Tĕu̯hₐtŏnĕs e lo *h₃kʷsĕtrŏm di *Bʱŭhₓg̑ŏntĭi̯ŏm ‘Bisanzio’ sono stati divisi in tre, quello di *Pŏn[h₃]nŏni̯ăhₐ ‘Ungheria’ in cinque e quello di *Tĕu̯hₐtĭsḱŏlŏm[hₓ]dʱh₁ŏm ‘Germania’ in undici (di cui due *h₃rēg̑ĭh₃ṓnĕs ‘Regni’, tre ulteriori piccoli *h₃rēg̑i̯ăhₐ ‘monarchie di una sola valle’ e un *bʱŭhₐăli̯ŏs ‘cantone’) oltre a perdere pressoché metà dei proprî territorî a favore della *Gl̥ni̯ăhₐ ‘Gallia’ e di *Hₐrṓh₃măhₐ ‘Roma’, che ha annesso anche la *U̯ĕnh₁ĕti̯ăhₐ ‘Venezia’ (dentro a *Hₐrṓh₃măhₐ c’è però una *trĕbăhₐ di *bʱrḗg̑ʱmŏnōs ‘sacerdoti’ che fa *tĕu̯hₐtắhₐ a sé e così pure un *u̯ĭḱs di *h₁ĕḱu̯ŏu̯ĕg̑ʱōs ‘cavalieri’). Le tre *h₃rēg̑ĭh₃ṓnĕs (‘Regni’) di *Dʱŏnhₐĭmŏrg̑ăhₐ ‘Danimarca’, *Tl̥hₓăhₐ ‘Norvegia’ e *Su̯ĕkŏtĕu̯hₐtăhₐ ‘Svezia’ hanno modificato i reciproci confini e le ultime due hanno perso ciascuna una *g̑n̥h₁tĭh₃ṓⁿ ‘Nazione’ (rispettivamente a Occidente e Oriente). Lo *h₃kʷsĕtrŏm più grande è imperniato sui *U̯ĕnh₁ĕtōs della *Rŏu̯ḱĭs (Russia), ma senza più né *Kŭhₐi̯ĕu̯ŏs ‘Kiev’ né il *H₄ēri̯ŏh₂/₁ŏh₁/ₐu̯ĕrtŏs ‘Asia Centrale’. E tutte queste *tĕu̯hₐtắhₐăs tranne quelle facenti parte dello *h₃kʷsĕtrŏm dei *U̯ĕnh₁ĕtōs della *Rŏu̯ḱĭs sono inglobate in una grande egemonia di un grande *h₃kʷsĕtrŏm nelle terre a ovest, imperniato su esuli dalla *Bʱr̥tnń̥i̯ăhₐ ma che ha assimilato anche altre *g̑n̥h₁tĭh₃ṓnĕs.

Infine, il continente dall’altra parte dell’Oceano (nominato anche da Platone e Plutarco) è, nella tradizione gaelica, la Grande Irlanda, una nozione con ogni verosimiglianza ben nota ai Neolitici.

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È stato sempre Bhrihskwobhloukstroy ad inviarci questa sua fantastica lista di ucronie:

La mia ucronia indoeuropea è solo una delle cinquanta ucronie (alcune già scritte in questo sito) che desidero proporre, e che in modi diversi portano ad un "impero universale" esteso su gran parte del pianeta Terra, dal limite dei cacciatori-raccoglitori dell'estremo Nord fino alle foreste tropicali dell'Estremo Sud. Naturalmente su ciascuna di esse si potrebbe di nuovo intervenire in modo metafantastorico. Ecco la lista:

1. Umanità senza peccato originale (vedi)
2. Indoeuropei preistorici in tutto il mondo
3. Senza la precedente, semplicemente gli Indoeuropei costituiscono l'elemento prevalente in Cina, Tibet, India, Mesopotamia ed Egitto
4. Talassocrazia di Atlantide senza catastrofe
5. Troia conquista la Grecia; Ulisse fonda un impero oltremare; scontro tra Feaci e Lestrigoni (vedi)
6. Migrazione degli Iperborei nel Mediterraneo
7. Popoli del Mare e Filistei egemonizzano il Vicino Oriente antico
8. Impero eurasiatico egizio
9. Assirizzazione dell'Ecumene
10. Conquista ebraica di Babilonia
11. Impero eurasiatico degli Achemenidi (con Cartagine e gli Etruschi)
12. Impero ateniese mediterraneo di Alcibiade e Isocrate, oppure spartano di Lisandro
13. Alessandro Magno riesce nell'impresa di una conquista senza fine (vedi il lavoro di Riker)
14. Espansione dei Maurya in Asia e Oceania
15. Colonizzazione preromana delle Americhe
16. Impero europeo degli Insubri (o altra tribù preromana)
17. Cesare conquista la Partia, la Sarmazia e la Germania; la capitale è trasferita ad Alessandria (cfr. l'Iperimpero di William Riker)
18. Iperimpero degli Han
19. Nerone è convertito da San Pietro e il Cristianesimo viene accolto subito in tutto il mondo (anche in questo caso vedi l'opera di William Riker)
20. Impero eurasiatico di Kushana
21. Espansione dei Gupta in Asia e Oceania
22. Attila unifica gli Unni neri e bianchi, i due imperi romani e quello sasanide
23. Impero eurasiatico dei Sasanidi
24. Fusione tra Khazari e Uyghuri; sottomissione di Bisanzio e della Cina; Ebraismo e Buddhismo religioni universali
25. Conquista cinese (T'ang) dell'impero islamico e civiltà sino-iranica dall'Atlantico al Pacifico
26. Conquista araba della Cina e dell'Europa
27. Colonizzazione germanica delle Americhe
28. Impero eurasiatico dei Selgiuchidi
29. Il sultanato di Delhi conquista la Cina e unifica tutti i territori islamici
30. Impero mondiale dei Mongoli (con quale religione?)
31. Conquista della Cina e degli Arabi da parte di Tamerlano
32. Colonizzazione Ming delle Americhe
33. Colonizzazioni amerinde precolombiane in Eurafrica
34. Carlo VIII libera Costantinopoli, Gerusalemme e l'Egitto dai Turchi
35. Espansione svizzera in Europa
36. Conquista ottomana dell'Europa
37. Impero mondiale ispano-cattolico
38. Conquista manciù dell'Eurasia
39. Caterina di Russia conquista Costantinopoli (dove trasferisce la capitale) e fonda un impero transoceanico in California
40. Napoleone dall'Egitto all'India e dalla Russia in America
41. Conquista britannica dell'orbe terracqueo
42. Ricreazione delle nazioni europee in America
43. Napoleone III supera il Primo (Europa, America, Africa, Oriente)
44. La confluenza del Sionismo nell'Impero Ashkenazitico evita le persecuzioni antisemitiche del Novecento e dona all'umanità migliaia di scienziati e artisti
45. Gli Imperi Centrali conquistano l'Europa orientale, la Turchia, la Persia, l'India e la Cina
46. Rivoluzione comunista in Germania; Unione "Sovietica" (Räterepublik) da Amburgo a Hong Kong con capitale Berlino
47. Trockij realizza la rivoluzione mondiale; superamento della dittatura del proletariato e ingresso nella fase finale comunista
48. Hitler conquista il mondo; egemonia razziale nordica ("xantocroica")
49. Epidemia di secessioni e federazione mondiale di microrepubbliche /microregni etnici
50. Realizzazione genetica del Superuomo

Se qualcuno vuole contribuire a realizzarle, ci scriva a questo indirizzo.

Sicuramente, aggiunge Bhrihskwobhloukstroy, le ucronie più accattivanti sono quelle che si risolvono nella creazione di Iperimperi, segnatamente l'incorporazione definitiva di Cartagine e degli Etruschi nell'Impero Achemenide, le conquiste di Alessandro Magno anche nel Mediterraneo Centrale e Occidentale (evidentemente col mantenimento dell'unità dell'Impero), la conquista della Partia o della Persia da parte dell'Impero Romano (anche Tardoantico), quella dell'Impero Bizantino ed eventualmente Franco da parte del Califfato ’Umayyade, una sorprendente fusione tra Cina e Califfato dopo la Battaglia di Talas, il mantenimento dell'unità dei Mongoli (centrata sulla Cina) fino ai Moghul inclusi, l'unificazione dell'Europa e la restaurazione di Bisanzio da parte degli Asburgo (già di Spagna), viceversa l'espansione degli Ottomani all'Europa Centrale e a tutto il Bacino Settentrionale del Mediterraneo, l'arrivo di Napoleone (vittorioso) dall'Egitto in India, poi il mantenimento delle Colonie Spagnole (e la conquista di quelle Portoghesi) nel suo Impero e un'ampia espansione in Russia, infine la realizzazione dei progetti macronazionali (Romània, Grande Germania, Slavia) nell'Ottocento e lo sviluppo di una Unione delle Repubbliche Socialiste da Berlino a Vladivostok intorno al 1920. Di sicuro bisogna tenere conto dell'impostazione altomedioevale (e di fatto più corretta di quella attuale!) delle quattro grandi Nazioni: greca, latina, germanica e slava; le Nazioni consistenti in suddivisioni (molto soggettive) di queste quattro sono state la razionalizzazione maldestra di sporchissime operazioni di bassa macelleria geopolitica.

La principale ideologia opposta alle Nazioni era l'Impero: per Slavi e Greci quello di Costantinopoli (destinata a divenire Capitale della Russia), per i Latini quello di Roma, che però, a differenza dell'interpretazione nazionalistica, doveva includere tutta la Cattolicità medioevale (inclusa l'Europa settentrionale), il che provocava non solo la reazione della Nazione germanica, ma anche una spaccatura all'interno di quest'ultima, nel momento in cui gli Imperatori erano gli Asburgo.

Infine, la stessa Costantinopoli era ambìta da(gli ideologi de)ll'Impero di Roma. In pratica, c'erano quattro Nazioni potenzialmente imperiali e due Imperi programmaticamente sovranazionali; il terreno di scontro era costituito anzitutto dalla Cattolicità germanica e slava (contesa dalle rispettive Nazioni all'Impero Romano Asburgico), in seconda istanza dall'intera Latinità (contesa tra Impero Latino Napoleonico e Impero Romano Asburgico), in terza istanza dal resto della Germani(ci)tà (anticattolico-romana tanto quanto antilatina), infine da Costantinopoli (contesa tra i due Imperi sovranazionali, Asburgico e Russo).

Aggiungo che le Monarchie Nazionali (dove Monarchia ha il senso di ‘Governo di uno Solo’ anziché di ‘Unico Governo’, come invece in Monarchia Universale, che sul piano istituzionale può tranquillamente essere una Repubblica: il Sacro Romano Impero e la Repubblica di Venezia non differivano, da questo punto di vista) sono Stati e quindi sono dotate di Sovranità a livello – fra l’altro – militare, economico e finanziario, mentre il nucleo ideologico fondamentale dell’Internazionalismo che professo è l’impossibilità – ottenibile solo attraverso un unico Stato – della Guerra, delle disparità di trattamento economico e delle oscillazioni del Cambio.

Una posizione come quella di Benson presuppone la Geopolitica del XIX.-XXI. secolo, radicalmente incompatibile con la Monarchia Universale (infatti né la situazione che descrive né l’opposto ideale dell’Universalismo Pontiifcio si possono considerare uno Stato Unico Mondiale).

La banale e meccanica Monarchia Universale che ho tratteggiato nelle discussioni ucroniche sarebbe stata, per definizione, Cattolica, ma evidentemente non tutti i Cattolici aderiscono all’idea di Dante e forse anzi per un Papista è obiettivamente più facile essere anche Giacobino e Bol’ševiko (nella migliore delle ipotesi un “Internazionalismo Utopistico”, oggi nei fatti un Socialismo Criptonazionalista nemmeno tanto cripto-) che Ghibellino.

Insisto su questi temi perché mi sto convincendo che non siamo né Militanti né (tranne il Comandante e forse Dario Carcano) Letterati, ma sempre e solo Ucronisti e l’unica possibilità di espressione in cui è realistico sperare che possiamo comunicare qualcosa è l’Ucronia (l’opinione che un Ucronista ha dell’Ucronia è l’opinione che ha di sé stesso, quindi se ne ha una cattiva opinione o è un cattivo Ucronista o non è un Ucronista).

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A questo punto, Perchè No? dice la sua:

Nelle numerose discussioni e ucronie che abbiamo avuto durante tutti questi anni c’é sempre stato un posto a parte per l’idea dello Stato Mondiale. Per alcuni tra di noi é l’obiettivo da raggiungere per ottenere la pace e a stabilità, per altri é più criticabile. Quando facciamo un’ucronia che finisce in uno Stato Mondiale o in un Iperimpero, generalmente lo scenario si divide in queste categorie:

- Unificazione alla romana : progressiva conquista militare e/o colonizzazione del mondo. Spesso usata proprio nelle ucronie su un iperimpero romano o risalente all’Antichità.

- Unificazione all’asburgica : progressiva conquista e/o unione volontaria dei diversi Stati in un solo SuperStato diretto da un monarca, generalmente costituzionale. Dico asburgica perché é stata spesso usata per un’unificazione dell’Europa (e del Mondo) a favore degli Asburgo, spesso tramite un’unione dinastica. Il Super Stato nasce in Europa nell’epoca moderna.

- Unificazione all’europea : una variante repubblicana della precedente, il Super Stato non é una monarchia ma una repubblica e l’unificazione si fa esclusivamente per adesione volontaria (almeno dopo un ultimo conflitto mondiale alternativo). Dico all’europea perché assomiglia un po' alle adesioni all’UE. Il Super Stato nasce in Europa o in America nell’epoca contemporanea.

Talvolta abbiamo avuto uno scenario più originale, raramente centrato su un’altra parte del mondo diversa dall’Europa.

Vorrei proporre altri scenari, tutti basati su un mondo contemporaneo o futuro, cioé uno sistema internazionale già completo senza più colonizzazione ed espansione su nuove terre. Sono spesso legate a una storia nazionale che serve di modello.

- Unificazione alla cinese : unificazione che inizia da una conquista militare rapida, seguita da una lenta integrazione che porta all’eradicazione delle differenze culturali. Cicli di unificazione e frammentazione (come le dinastie della Cina) con spostamento del centro politico attraverso la storia. Necessita d uno Stato autoritario (monarchico o no) ma con alto rischio di rivoluzioni.

- Unificazione alla giapponese : concentrazione progressiva in Stati regionali in guerra che finisce con la creazione di un’autorità egemonica forte ma senza distruzione dei più importanti Stati regionali che sono integrati con una forte autonomia. Nei fatti è una confederazione mondiale che vive in un perenno stato di pace armata garantita da un’egemonia. Necessita un forte controllo sociale, come nella precedente.

- Unificazione alla svizzera : ancora una confederazione mondiale ma creata in maniera volontaria su una base ben più democratica. Composta di Stati ben più piccoli, o di Cantoni, piuttosto che di Stati regionali come nella precedente.

- Unificazione all’italiana : … lascio gli esperti del gruppo spiegarmela.

Sarei curioso di conoscere il vostro parere e se avete altri scenari a aggiungere a questa lista.

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Gli replica Lord Wilmore:

- Unificazione all'italiana : una dinastia non italiana/francese/coreana etc. ma che dice di esserlo stipula una serie di patti e trattati con tutti gli altri paesi del mondo, ma poi li tradisce tutti, alleandosi prima con Tizio contro Caio e poi con Caio contro Sempronio, e alla fine riesce ad avere la meglio sul resto del pianeta, che accetta questa dominazione perchè la pizza è troppo buona per rinunciarvi.

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Chiudiamo con una boutade di William Riker, scritta il 1° gennaio 2024:

Auguro a tutti un felice 2024 a.C., nella speranza che il Faraone Kheti VI della X Dinastia riesca a sconfiggere una volta per tutti i predoni libici che sono giunti ad assediare la sua capitale Henet-nesut/Eracleopoli, che il Re di Ur Shulgi, figlio di Ur-Nammu, riesca a sua volta a pacificare la Mesopotamia sconfiggendo gli invasori Gutei e Hurriti, che lo chiamano Nimrod (e hanno creduto che volesse costruire una torre in grado di raggiungere il cielo, avendo visto la Ziggurat di Ur), che la città di Atene da poco fondata da Cecrope sia attesa da un futuro glorioso di almeno quattromila anni, e che il Patriarca Abramo, appena partito da Carran per sfuggire ai pagani che hanno tentato di gettarlo nel fuoco, riesca felicemente a giungere nella terra di Canaan con la moglie Sarai e il nipote Lot. Come direbbe lo stesso Abramo, שָׁנָה טוֹבָה (Shanah Tovah)!

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Per partecipare alle discussioni in corso, scriveteci a questo indirizzo.


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