L'improbabile repubblica

di Perchè No?


Stavo studiando la Comune di Parigi del 1870, quando improvvisamente e senza un perché mi sono venute in mente due cose: "Roma" e "410". E così, ho pensato: che sarebbe accaduto nel caso di una ribellione urbana a Roma nel 410? Una Comune di Roma, insomma? Mi spiego: Roma aveva ancora una grande potenza demografica in quel momento, e il suo popolo era fiero di sé e della sua storia, c'erano ancora grandi famiglie senatorie pagane e numerosissimi sacerdoti cristiani: una società urbana in decadenza, sicuramente un alto livello di disoccupazione, e i segni del passato tutt'attorno.
Ecco dunque la mia idea: nel 410 Alarico invade l'Italia, Stilicone muore assassinato e Onorio si chiude in Ravenna e impedisce ai suoi eserciti di lanciarsi contro quello visigoto. Roma é assediata, ma l'imperatore non si muove. Alarico poteva prendere la città quando voleva (aveva ben pochi difensori) ma voleva fare pressione su Onorio (invano).
Orbene, di quanto succede dentro le mura della città, noi non ne sappiamo niente. E se la massa popolare e terrorizzata, vedendosi abbandonata dall'imperatore, entrasse in tumulto? se i predicatori cristiani della città avessero attizzato il desiderio di riscatto sociale della parte cristiana della città? se i sentori ancora presenti, pagani e potenti, avessero organizzato milizie di clienti e di fedeli pagani? In breve, se i Romani in gran numero si fossero gonfiati d'orgoglio e di rabbia contro l'imperatore ed il barbaro?

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410: Un'atmosfera pesante nella città eterna, sguardi di odio quando passano le pattuglie della guarnigione della città, il cibo inizia a scarseggiare: stomaco vuoto, testa piena. Un qualunque incidente ed é l'esplosione. Una pattuglia prova ad arrestare un bambino che ha lanciato una pietra contro di essa, la gente si raggruppa, lancia grida e improperi, ma anche altre pietre; la pattuglia estrae le spade, ne segue una breve lotta: ci sono morti e niente potrà più fermare gli eventi. La pattuglia é accerchiata, disarmata e massacrata. La notizia si diffonde, i miliziani tirano fuori le armi e si raggruppano, i predicatori chiamano alla ribellione. Sull'Aventino la gente appicca il fuoco alla caserma della IV coorte dei vigili e prende le armi ivi depositate. Nella città il grosso del popolo scende nelle strade, tutti i servitori e i partigiani sono massacrati, le loro case saccheggiate, decine di incendi sono accesi in tutta la città. Nelle strade é il caos, la gente corre alle armi, ci sono massacri, altra gente corre per salvare il poco che hanno delle fiamme. Si sviluppano due poli di resistenza armata, sul Palatino e al castro pretorio, dove le poche truppe si sono rinchiuse. Sul Palatino la gente entra nel palazzo e lo saccheggia, presto tutta la collina é in preda alle fiamme. Altrove nella città le coorti di vigili depongono le armi e si uniscono ai ribelli. La gente dà l'assalto al castro pretorio e riesce ad entrare nella grande caserma, i soldati sono massacrati con i loro ufficiali, le loro armi distribuite a tutti. La fine della giornata è rischiarata dalla luce degli incendi.

Fuori le mura, Alarico vede queste luci, sente il rumore della battaglia e non sa cosa fare, non capisce cosa avviene nella città e decide di aspettare per vedere l'evoluzione delle cose.

L'indomani, allorché sul Palatino le ultime costruzioni crollano e il fumo ha reso nera buona parte della città, la gente si raggruppa sull'antico foro romano. Sui rostri ci sono il Papa Innocenzo I e i più importanti senatori presenti nella città: cristiani e pagani sembrano accordarsi tra loro. Dopo il panico delle violenze, si sono riuniti nella curia tutta la notte sotto la guardia dei miliziani. Fanno discorsi pieni di emozione, dichiarano che Roma é stata la padrone del mondo e non può sopportare la vergogna della situazione presente, dicono che il loro grande popolo ha avuto ragione di sollevarsi contro la tirannia, però non può rimanere nell'anarchia. Il senato (il poco che ne rimane) con l'accordo della Chiesa si riprende gli antichi poteri cittadini e proclama la Civitas Libera di Roma! Onorio é decaduto della sua auctoritas per il tradimento della patria e degli antenati, perde la potestà tribunicia affidata provvisoriamente al Papa, nello stato di emergenza il senato non organizzerà elezioni dei comizi ma nominerà sette tribuni militari con poteri consolari (sul modello antico, perché é troppo presto per presentare un candidato alla porpora e i senatori non si fidano l'uno dell'altro). Il senato vieta nuovi saccheggi, che saranno puniti dalle milizie private dei senatori eretti in coorti urbane. I tribuni proclamano la formazione di un esercito cittadino composto da tutti i maschi della città. Gli schiavi sono immediatamente liberati e integrati nell'esercito o nei servizi cittadini. Queste decisioni sono riportate su tutti i muri e ripetute da tutti i predicatori; la gente obbedisce, cosciente di essere in una posizione critica, però i più estremisti mormorano il loro malcontento contro il recupero del potere da parte dei senatori.

Durante la settimana seguente la città costruisce in fretta e furia il nuovo regime, le armi escono dappertutto per essere date all'esercito, un vecchio senatore tira fuori addirittura le armi maneggiate da un suo antenato ad Alesia sotto Cesare, sono prese anche le antiche armi date come trofei nei templi, tanto che i tribuni devono vietare di toccare gli scudi sacri. Il Campo di Marte, con i suoi giardini distrutti e i monumenti rovinati dalle fiamme (la cupola del Pantheon è purtroppo crollata) torna ad essere terreno di esercizi, come le sabbie del Colosseo. Sul piano religioso sorprendentemente non c'é stato problema tra pagani e cristiani, il papa lavora con i primi dicendo che si deve comunque sopravvivere, e i pagani rappresentano ancora una grande forza sociale diretta da pochi grandi senatori.

Alla fine di questa settimana i tribuni danno l'ordine di attacco generalizzato, l'insieme disordinato e male armato dell'esercito cittadino esce allo stesso momento dalle diverse porte della città attaccando i reparti visigoti più vicini, addirittura sembrano loro i civilizzati e i Romani i barbari. Alarico é colto dalla sorpresa, in poco tempo tutte le sue forze combattono disperse attorno alla città. La lotta é violentissima e spietata, i Visigoti non sono codardi e i Romani perdono tantissimi uomini ma hanno un'assoluta superiorità numerica. Alla fine della giornata la lotta prosegue e i Visigoti resistono ancora e si raggruppano attorno ad Alarico. Quest'ultimo si rende presto conto che ha già perso tanti uomini e che l'attacco non é ancora finito. Riflettendoci su, vede bene che non potrà più prendere la città e neanche imporre la sua volontà ad Onorio: ha bisogno di mantenere un esercito forte per uscire dall'Italia sano e salvo. Scesa la notte, ordina la ritirata in buon ordine dell'esercito barbaro, ferito ma non vinto. Riuscirà a passare con i suoi al Nord ma morirà poco dopo, il suo fratello e successore Ataulfo insedierà il suo popolo in Aquitania.

A Roma è il trionfo, la città festeggia la sua vittoria e non pensa neanche più a discutere gli ordini degli tribuni militari vittoriosi, considerati pari agli eroi dei tempi antichi, tra quali il tribuno Costanzo. Nel Latium le città più vicine inviano messaggeri a Roma, stupite da questa vittoria ed entusiaste si mettono ai ordini del senato di Roma come ai tempi dei socii. A Roma il senato decide di stabilire il suo potere sul serio, così sono promulgate una serie di leggi costituzionali: prima di tutto é firmato un concordato tra cristiani e pagani, si tollerano l'uno con l'altro ma in rispetto alla maggioranza cristiana il culto pagano sarà solo privato, senza cerimonie pubbliche: i grandi riti civili saranno effettuati da fondazioni private, ed il potere non dovrà intromettersi su questioni religiose. Questo compromesso ha il favore della maggior parte del popolo, salvo i predicatori più estremisti ed alcuni oltranzisti pagani. La città libera di Roma si considera in guerra e l'esercito deve essere mantenuto, esercitato ed armato. L'industria é rifondata, tutto il ferro destinato all'esercito. I latifondi dei partigiani dell'imperatore diventano terre pubbliche lavorate da schiavi liberati e insediati come coloni. Le ricchezze dei templi e dei monumenti sono confiscati per rimpolpare il tesoro pubblico. Alla fine dell'anno non c'é più disoccupazione a Roma, che torna ad essere un centro di produzione, sopratutto di armi. Intanto l'esempio latino si estende, e la maggior parte delle città del Sud d'Italia si dichiarano a favore di Roma, i latifondi sono confiscati dappertutto, dando vita ad una vera ridistribuzione delle terre.

A Ravenna però Onorio non rimane inattivo: dopo essersi assicurato della partenza dei Visigoti si rende conto stupito che Roma non gli obbedisce più (i suoi rappresentanti sono massacrati da reparti ribelli prima di giungere in città). Dichiara perciò Roma città ribelle e la condanna ad essere saccheggiata. Pero per il momento non può fare altro che cercare di riconquistare il favore delle città del centro dell'Italia e preparare un'offensiva nel Sud per l'anno successivo.

411: in sei mesi le posizioni rispettive sono poco cambiate, però Roma ha dovuto difendersi contro diversi tentativi imperiali a Nord e fare la guerra a qualche città che si era dichiarata indipendente (tra cui Neapolis). Il Senato di Roma proclama la nascita di una Lega Romana d'Italia, ed un censore scelto dal senato completa l'album senatorio con grandi famiglie di Onorati delle città alleate. La Sicilia si schiera con Roma, ambasciate sono inviate in Africa, ma per ora senza risultato.

Al Nord Onorio raduna un esercito per riconquistare il Sud, pensa che basterà e non vuole lasciare il Nord indifeso contro attacchi di barbari o dell'impero orientale il quale, ben contento di questa guerra civile, ha inviato denaro e cibo a Roma, "per aiutare la patria".

L'esercito imperiale scende nel Sud e riconquista tutte le città fino al Latium, ma viene attaccato alle spalle da partigiani romani: poche perdite ma brutto effetto sul morale delle truppe che si sentono in terra straniera (la maggior parte é composta da  barbari o provinciali, quasi nessun italiano e il poco é stato purgato prima dell'offensiva). Di fatto Onorio ha dichiarato l'Italia terra di guerra, e ha dichiarato fuorilegge e scismatici tutti gli abitanti del Sud.

Dopo un mese di avanzata l'esercito imperiale trova davanti a sé l'esercito cittadino di Roma e i suoi alleati. Numericamente sono alla pari, ma gli imperiali si sentono più sicuri, essendo soldati di carriera di fronte a partigiani mal armati. I Romani sono comandati dal tribuno Costanzo, il loro eroe. Lo scontro avviene non lontano da Orvieto: gli imperiali hanno mal giudicato la situazione, non é più una truppa improvvisata quella che hanno davanti a loro, ma un vero esercito nato dopo un anno intero di guerra continua e spietata, comandato da ufficiali intelligente e senza nulla da perdere (sono già tutti condannati a morte). Nel corso dell'anno i tribuni, tra i quali uomini come Costanzo e Ignazio, uomini di cultura di stampo antico, hanno rimesso in vigore le vecchie regole delle legioni romane, che accanto alle aquile ora inalberano anche delle croci. Un operaio ha anche riesumato i disegni di antiche macchine da guerra (sono poco efficaci ma fanno grande impressione). Per di più le trappole sistemate in precedenza riducono l'impatto della cavalleria nemica. In breve, durante questa giornata l'esercito imperiale é chiaramente vinto, perde almeno il 35% di suoi uomini e deve ritirarsi sono l'attacco di reparti irregolari romani.

A Roma il tribuno Costanzo é accolto dal senato e dal Papa come un novello Cesare; per lui é improvvisato un trionfo di stampo antico, alla fine del quale il senato proclama rendimenti di grazia a Dio perché la Corsica e la Sardegna si schierano a fianco di Roma. In Epiro tentativi rivoluzionari sono domati nel sangue dalle truppe orientali. Nel Nord il tribuno Eracliano segue la ritirata imperiale fino ad Arezzo; arrivato lì deve fermarsi. Onorio arriva con il resto dell'esercito imperiale ed impone ai Romani una battaglia difficile e incerta. Stavolta é il tribuno Eracliano a salvare la situazione portandosi con la neonata legione di liberti (ex-schiavi) contro Onorio stesso. L'imperatore, vedendosi minacciato, preferisce ritirarsi segnando l'inizio di una rotta che si trasforma presto in catastrofe. Stavolta gli eserciti imperiali hanno perso più di 60% delle loro truppe contro perdite molto minori per i Romani. La fuga dell'imperatore gli fa perdere il favore di tantissime città che si legano ai Romani.

Costanzo arriva poco dopo, pallido di rabbia per aver mancato la battaglia decisiva (si vedeva già eletto imperatore), e deve affrontare contro Eracliano che diventa il suo principale rivale alla testa dell'esercito. Però potrà riguadagnare una parte del suo prestigio con le nuove truppe che porta, e che usa per ridurre in suo potere le diverse città e forti della regione ancora fedeli a Ravenna, dove Onorio sopravissuto si é rinchiuso con le poche truppe cha ha potuto raccogliere. Il figlio di Teodosio chiede aiuto a Costantinopoli che non reagisce (pensa di intervenire dopo la sua morte), allora si svolge verso il nord e le Gallie chiamando a sé diversi popoli come i Franchi e i Burgundi.

412: la guerra si é fatta piu dura, adesso si devono fronteggiare invasori barbari chiamati da Onorio, ormai prigioniero dei Franchi in Ravenna. I Barbari hanno lasciato il potere all'imperatore, ma dietro concessione di un foedus in Italia  nelle future terre conquistate; nel frattempo, vivono sulle risorse del Nord d'Italia, saccheggiando le città e le campagne; questo periodo sarà chiamato "l'impero di Ravenna". Inoltre Onorio ha comprato la fedeltà dei Visigoti concedendo loro un foedus in Aquitania, ed ha fatto la stessa cosa per altri popoli da lui chiamati in suo soccorso. La notizia di questo tradimento ha convinto le province africane a ricongiungersi a Roma, e nuove legioni africane sono sbarcate in Italia: Agostino di Ippona, nominato prefetto consolare d'Africa, organizza la difesa delle province contro le prime razzie barbariche. A Roma stessa l'atmosfera non é più quella dei grandiosi momenti della ribellione, la politica ha ripreso i suoi diritti e la politica si fa sempre più repressiva contro i pagani e contro le classi inferiori. Il ristabilimento delle legioni, la riforma agraria e il rinascimento della politica cittadina hanno ridato al popolino di Roma il gusto della politica e la voglia di avere più peso nelle decisioni. La città é percorsa da moti e tensioni sociali, appaiono gruppi armati e ostili che si fanno chiamare i Gracchi (riferimento assai chiaro). Anche se non è amico di questi ultimi, il tribuno Costanzo si mostra a favore del popolo contro il suo rivale Eracliano, candidato del Senato. La loro contrapposizione ha ritardato la nomina di un imperatore, lasciando un vuoto istituzionale gestito da magistrati, ed ha impedito il riconoscimento di Roma da parte di Costantinopoli. Da questo momento in poi la guerra rientra in una fase attiva.

Battaglia di Modena: le truppe romane comandate da Costanzo, rinforzate dall'esercito africano, ma anche da reparti di alleati dell'Illyricum e della Spagna, riescono a vincere Childerico, re dei Franchi, e i suoi alleati burgundi: le poche truppe imperiali si ammutinano durante la battaglia e passano dalla parte romana. La guerra prosegue ancora per un anno, tempo necessario all'esercito dei tribuni per vincere tutte le piccole compagnie di barbari isolati, gli imperiali e le città indipendenti del Nord: si arriva alla liberazione di Mediolanum, occupata dal popolo degli Eruli. Per fortuna il re dei Visigoti Ataulfo decide di non intervenire in Italia, e tratta direttamente con Roma per estendere i suoi territori e privilegi.

413: il tribuno Costanzo riesce infine ad entrare a Ravenna, abbandonata dalle truppe barbariche. Onorio annega nelle paludi circostanti la città mentre prova ad imbarcarsi verso Costantinopoli: tutta l'Italia, l'Africa e l'Illyricum riconoscono ormai il potere di Roma benché tutto il Nord sia rovinato dalla guerra. A Roma il Senato concede il trionfo ai due grandi tribuni. Costantinopoli non si muove, aspettando di vedere chi salirà sul trono occidentale, perché ormai il problema decisivo per l'aristocrazia consiste nello scegliere un nuovo imperatore, dal momento che la città e sopratutto il popolo di Roma si mostrano poco obbedienti.

Dopo una riunione del Senato, ampliato da onorati delle diverse province chiamati dal senato stesso, si decide di scegliere il tribuno Eracliano, che governa da Roma ed invia subito le legioni in suo possesso contro Costanzo: misura realistica, questa, perché Costanzo non accetta la decisione e si proclama imperatore a Ravenna, sposando Galla Placidia, sorella di Onorio. la guerra riprende.

414: dall'anno precedente le cose sono cambiate poco: ci sono ormai due imperatori, Eracliano e Costanzo III, uno a Roma, l'altro a Ravenna. Costanzo III ha dalla sua il favore del popolo, che vede in lui un liberatore dai barbari, e ciò gli dà un certo vantaggio nelle città dove conta numerosi amici. Eracliano ha invece dalla sua la legittimità e sopratutto l'aiuto visigotico, comprato durante quest'anno. Roma ha dovuto riconoscere l'indipendenza totale dei popoli barbari delle Gallie per portarli dalla sua parte; Costanzo III rifiuta radicalmente di trattare con i barbari, ma si é alleato con Costantinopoli. Le province occidentali sono ancora neutrali, aspettando di vedere chi vince. Tra questi due avversari ci sono i Gracchi, entrati in ribellione aperta nel Sud della penisola: trincerati in Neapolis, chiamano alla rivolta armata, predicano la morte di tutti gli aristocratici, l'occupazione delle terre ancora in loro possesso e il paganesimo libero. Tengono qualche città ma soprattutto sono dovunque nelle strade di Roma, non passa giorno senza assassini o inizi di moti repressi nel sangue. Ormai la guerra é entrata in uno periodo di grande confusione, la violenza dilaga e il terrore rappresenta il modo più comune di governare.

Durante quest'anno Costanzo III ha con sé troppo poche truppe organizzate, deve aspettare nel Nord per rinforzarsi e a Sud Eracliano é occupato a domare la ribellione dei Gracchi. Il giovane dux Ezio é mandato nel Sud, dove riesce a prendere Neapolis e riconquistare il Sud. Infatti le truppe rivoluzionarie (riconoscibili dai loro stendardi rossi sangue) hanno imposto quella che chiamano "la dittatura della plebe" (sic!) e si sono presto fatti odiare dalle borghesie locali e anche dal popolo. perché confiscano tutto il cibo per loro e giustiziano la gente anche per crimini di poco conto. Ezio con intelligenza si mostra amichevole con le popolazioni locali, e presto si fa aprire le porte di numerose città. I rivoluzionari gracchi devono ripiegare verso la Sicilia e trincerarsi in Siracusa. A Roma Eracliano stesso prende la decisione di epurare dalla città i gruppi a lui ostili. ha fatto chiudere le porte della città e durante una settimana, detta "settimana di sangue", ha condotto una vera guerra urbana; le proteste del Senato e del Papa rimangono inascoltate. L'esercito (composto da non Romani) conquista la città strada per strada, giustizia i prigionieri nel Circo Massimo, e l'Aventino e il Trastevere sono ormai solo fiamme. L'episodio più grave capita quando un gruppo di disperati si chiude nel tempio di Giove sul Campidoglio per resistere; l'imperatore dà l'ordine di bruciare il tempio e di non lasciare una pietra sul l'altra, così i difensori muiono bruciati vivi e l'insieme del colle sacro raso al suolo. Altri episodi di resistenza disperata hanno luogo nel Mausoleo di Adriano, nel Colosseo e anche nella Basilica di San Pietro; in quest'ultima occasione il Papa Innocenzo I in persona si prosterna davanti ad Eracliano perché lasci vivi i rifugiati. Dopo una settimana, Roma é domata.

415: Eracliano si muove verso Nord in accordo con Ataulfo, che penetra in Italia mentre Costanzo III rimane a Ravenna, aspettando i rinforzi costantinopolitani promessi da Teodosio II.

La battaglia decisiva ha luogo di nuovo presso Modena. da un lato ci sono Eracliano e Ataulfo che hanno unito le loro forze, dall'altro c'é Costanzo III, le sue legioni e reparti delle tagmata orientali. la battaglia dura tutta la giornata; alla fine Ataulfo riesce con la sua cavalleria gotica a scontrarsi con Costanzo III stesso e lo uccide con uno colpo di lancia nella gola. A questo punto le truppe di Ravenna sono prese dal panico e si arrendono subito, solo i soldati orientali preferiscono farsi massacrare sul posto. Eracliano trionfa, é ormai l'unico imperatore d'Occidente. Prima di tutto si fa acclamare dalle sue truppe, ma mentre passa davanti a un reparto di soldati originari di Roma, uno di loro si lancia sull'imperatore e lo colpisce a morte. Eracliano crolla a suolo nel silenzio e la sorpresa più totale delle sue truppe. L'assassino é un giovane di Roma, si fa chiamare dai suoi Bruto ed é un gracco convinto, sopravissuto alla settimana di sangue e reso folle dal desiderio di vendetta. Gli storici diranno che probabilmente é stato pagato dal senato (ridotto a ben poca cosa sotto Eracliano), o da Ataulfo (illogico, perché non vuole l'Italia, ma da parte di uno straniero ci si deve aspettare di tutto).

Nel campo vittorioso é l'anarchia, e si pensa che niente avrebbe potuto impedire il disastro senza la presenza di Ataulfo, che assegna al generale Ezio (giovane luogotenente dell'imperatore) il compito di portare l'ordine nell'esercito, aiutato dai Visigoti, i quali gli permettono di controllare questa massa furibonda (l'assassino é stato giustiziato da loro e la sua testa portata in dono alla città più vicina). Ataulfo ed Ezio riescono a riprendere il controllo della situazione, fanno massacrare i più ribelli tra i soldati e impongono l'ordine, inviando messaggeri a Roma per portare la notizia e chiedere ordini al senato, Ezio stesso prende il comando e prosegue verso Ravenna dove si sono rinchiusi Galla Placidia e il figlio di Costanzo III, Valentiniano III. Ataulfo assicura il possesso delle città e i forti del resto del Nord. Ezio riesce a farsi aprire le porte di Ravenna ma non trova più Valentiniano III, imbarcatosi su una nave bizantina verso Costantinopoli dove sarà accolto come sovrano in esilio da Teodosio II. Invece Galla Placidia é rimasta per difendere la città, ormai prigioniera. Ezio decide di darla in matrimonio ad Ataulfo per concludere la loro alleanza. 

416: Roma si prepara ad accogliere in trionfo Ezio dopo avere pacificato il Nord e l'Illyricum, il Senato gli concede il trionfo, e per la prima volta lo concede anche a un barbaro, Ataulfo. Questi entra in Roma sotto una pioggia di fiori, trionfatore nella città che Alarico non aveva potuto prendere. il Senato l'ha riconosciuto re indipendente di tutte le terre conquistate e da conquistare, e l'ha nominato amico e alleato del senato di Roma. la popolazione festeggia ufficialmente la morte di Luciano, ma in verità celebra sottovoce la fine del regno tirannico di Eracliano. ormai il Senato ha iniziato la ricostruzione della città e tutti aspettano che Ezio salga sul trono imperiale, perché vogliono come principe questo giovane e bello generale vincitore.

Però si leva una voce discorde, quella di Agostino d'Ippona, appena sbarcato dall'Africa e ben deciso ad influire sul corso delle cose. Ha appena pubblicato suo famosissimo "Città di Dio" che critica apertamente il regime: per lui il sistema imperiale é il male, é contrario alle idee cristiane, anche il Senato deve essere riformato e il popolo cristiano (cioè la maggioranza del popolo romano) deve avere peso nella vita politica come ce l'ha nei confronti del vescovo. politicamente e economicamente Agostino si porta a mezza via tra i Gracchi e il potere, per di più é un grande oratore, un uomo intelligente e le sue dichiarazioni hanno peso nella comunità cristiana.

Il Senato vuole farlo arrestare o almeno assassinare discretamente, ma Ezio lo viene a sapere e, siccome é ancora giovane e pieno di ideali, vuole intrattenersi con il vescovo di Ippona per pacificare la situazione. L'incontro ha luogo nella residenza dell'Africano; la discussione doveva essere breve ma prosegue per il resto della giornata e la notte seguente; nesuno sa cosa si sono detti.

Poco dopo il Senato si riunisce per nominare Ezio imperatore. I Patres Conscripti propongono al generale la corona, ma Ezio rifiuta l'onore davanti a un Senato e ad un popolo stupito. Dichiara che non sarà imperatore e non accetterà l'elezione di uno nuovo principe, che porterà solo guerra e miseria al suo popolo. Propone invece al senato una seria di riforme ispirate in grande parte alle idee di Agostino. La più importante naturalmente é l'abolizione del principato e del potere di uno su tutti: in breve, il restauro della repubblica. Il discorso infiammato di Ezio provoca un'esplosione di gioia e di favore dal parte del popolo, mentre il senato rimane silenzioso ben consapevole che Ezio, il quale ha in mano l'esercito e il popolo, lo ha fregato.

Tra i senatori ben presto sorgo ammiratori del generale e ipocriti pronti a mettere in atto le sue decisioni, ma Ezio chiama a sé sopratutto Agostino, perchè lo aiuti a ricostruire la Seconda Repubblica Romana.

417: il Senato (costretto con la forza) e i comizi popolari (totalmente favorevoli), ricreati appositamente, approvano la cosiddetta Costitutio Aurelia (da Aurelius Augustinus), di fatto l'opposizione sarà aneddotica.

Papa Innocenzo I muore e al suo posto è eletto papa l'autore delle "Confessioni". Il lavoro di Ezio e del suo maestro Agostino I rappresenta una vera rivoluzione legale per l'epoca. Agostino I ha portato lo Stato romano a uno sviluppo istituzionale mai visto prima, poi messo in atto da Ezio e dal suo esercito. La Repubblica si presenta ormai (usiamo un termine moderno) come una federazione. Accanto al senato tradizionale di Roma é creato un senato delle città, ogni due anni le città eleggono i loro magistrati ed uno vicario destinato ad andare a Roma alle spese della città, dove svolgerà compiti legislativi. Questo neo-senato sceglierà 12 tribuni con poteri consolari (in carica per due anni) diretti da un praeses; questo consiglio ha compiti esecutivi, mentre il potere giudiziario é affidato alle città, eccezion fatta per uno pretorio a Roma. le leggi saranno votate dalle due camere, e per votare la guerra si dovrà riunire i comizi popolari. È vietato l'esercito permanente eccezion fatta per i limitanei alle frontiere. Si sviluppa una burocrazia centrale e locale assai pesante, dominata nelle province da prefetti anziani e tribuni. Nelle città i vescovi entrano a far parte del cursus honorum cittadini. Il cristianesimo é dichiarato la religione della maggior parte dei cittadini romani, tutte le questioni di fede e di teologia saranno trattate da un concilio riunito su ordine del praeses e delle camere, e le sue decisioni saranno fatte leggi dal senato delle città. Il paganesimo é tollerato in privato (i templi rimangono chiusi) ma sempre con l'idea di una futura conversione pacifica. Il paganesimo si accontenta di questa tolleranza e morirà di morte naturale, poco a poco: tre secoli dopo si troveranno ancora dei pagani superstiti.

Questa é la struttura di base dello Stato romano, che evolverà più tardi secondo le condizioni e le crisi; però il suo merito é quello di funzionare e di essere adottato dai popoli della repubblica che copre l'Africa, l'Italia, la Sicilia, l'Illyricum, la Spagna e la Provenza. È riconosciuta come lo Stato romano legittimo dai regni barbari delle Gallie (con cui sono stabilite relazioni diplomatiche e presso i quali sono inviate missioni cristiane), ma non da Costantinopoli, che non vuole trattare con la nuova Repubblica. Ezio lascia ad Agostino il posto di primo praeses della Repubblica, lui stesso é eletto tribuno e avrà sempre uno peso maggiore grazie alla sua popolarità.

418: le città di Spagna non riconoscono il potere di Roma e si dichiarano a favore del piccolo imperatore esiliato, Valentiniano III, riconosciuto anche da Teodosio II. Ezio é incaricato riportare la zona all'ubbidienza, però le forze romane, anche se importanti, sono già impegnate spesso nelle province a riportare l'ordine contro i banditi e i Barbari penetrati nel paese. Il Senato chiede dunque ad Ataulfo di aiutarli, in compenso riceverà una parte della Spagna. la Spagna non dispone di forze armate unite, e dunque la sua conquista non pone problemi, pochi assedi seri e il resto delle città apre le porte pacificamente. L'anno successivo Roma ha riconquistato l'insieme della Betica e tutta la costa mediterranea, mentre i Visigoti si vedono riconosciuti il possesso del Nord e del Centro della penisola. Però il controllo é ancora poco stabile, l'anarchia dilaga ovunque e imperversano gruppi barbari svevi e vandali.

419: Agostino é rieletto praeses della repubblica, le elezioni sono avvenute senza grossi problemi e il sistema sembra funzionare assai bene ed essere accettato, benché numerosi cittadini votino ancora ciò che esigono i loro padroni o i vescovi. Ezio rientra a Roma per ricevere il suo secondo trionfo ed essere rieletto trionfalmente tribuno; altrove tutti i tribuni sono in missione alla testa di piccoli eserciti incaricati di cacciare i gruppi di banditi o le razzie barbariche, specialmente in Illyricum.

A Roma i senatori decidono prima di tutto di rifondare l'economia, ricreando industrie e produzioni sul suolo italiano, dando privilegi ai fattori dinamici, obbligando gli optimati delle città a conservare una casa in città e a continuare a governarle secondo la tradizione. È in Africa che queste misure riportano la maggior prosperità. L'Africa, terra natale del praeses, fornisce tutto il grano di Roma, esporta olio, ceramiche, carne, frutti, e con le legge di dinamica economica queste province si dimostrano la punta di diamante dell'economia romana. È l'epoca d'oro delle grandi città africane, sopratutto Cartagine che diventa presto la seconda capitale della Repubblica; Ippona e Madauro, città elettiva e città natale del praeses, ricevono lo ius italicum, sommo onore per delle città. Sorgono le grandi fortune delle famiglie africane, sopratutto gli Apulei (discendenti dell'autore latino) o i Gabii di Thugga. tutti questi entrano a fare parte del senato di Roma o sono eletti al senato delle città, si trovano africani ovunque nell'amministrazione romana, e ciò provocherà la nascita della loro fama di spirito industrioso, di potenza e di ricchezza.

423: a Tolosa, capitale dei Visigoti, Galla Placidia, sposa del re e vedova di Costanzo III, riesce infine a far riconoscere i diritti sul trono occidentale di suo figlio, Valentiniano III, esiliato a Costantinopoli. I Visigoti rompono le loro relazioni diplomatiche con Roma ed entrano in alleanza con Costantinopoli. Fine delle buone relazioni tra Visigoti e Romani.

425: invasione franca in Gallia. I Franchi, gia insediati nel Nord della regione, provano a scendere verso la Loira e sopratutto nele Alpi contro i Burgundi alleati di Roma; contemporaneamente gli Alamanni si muovono verso la Rezia e più oltre verso l'Illyricum. L'emergenza della situazione porta il popolo a eleggere di nuovo Ezio come tribuno nonostante avesse espresso il desiderio di ritirarsi della politica: é incaricato della guerra contro i Barbari del Nord. I Visigoti, ormai ostili, rifiutano di intervenire. Le guerre franche durano fino al 428: una guerra lunga e difficile dunque, ma vittoriosa, che vede i Franchi respinti oltre la Senna e gli Alamanni confinati oltre le Alpi nelle loro terre tradizionali. Vede anche il regno burgundo diventare di fatto vassallo di Roma. Però le relazioni con i Visigoti peggiorano malgrado le ambasciate inviate a Tolosa. Alla fine di questa guerra Ezio si dimette da tutte le sue cariche (malgrado le peghiere di Agostino), e si ritira nelle sue terre per studiare. Ma ben presto sarà richiamato d'emergenza.

429: Il popolo vandalo, guidato dal suo re Genserico, passa dalla Spagna all'Africa. I Vandali erano riusciti a mantenersi saccheggiando il paese contro tutti, non si erano scontrati con Ezio, hanno vinto numerose volte i Visigoti ed anche un esercito romano comandato da uno tribuno nell'anno 427. Ormai prendono di mira la ricchissima Africa, punto vitale, cuore economico della nuova Repubblica. Roma non può permettersi di perdere l'Africa. Il praeses Agostino vuole naturalmente salvare la sua patria, così davanti al pericolo di un popolo intero in movimento, Ezio é richiamato dalla pensione contro la sua volontà e fatto dux in missione eccezionale, con otto legioni sotto suoi ordini. Deve imbarcarsi al più presto, perché in Vandali saccheggiano già buona parte delle Mauretanie.

430: battaglia di Ippona, simbolica e decisiva: simbolica perché si svolge davanti alla città del capo dello Stato romano, e decisiva perché in pochi mesi Ezio, abbandonando le Mauretanie, é riuscito a costringere Genserico a giocare tutto in una sola battaglia che mette in gioco il futuro del suo popolo. Nella stretta valle dove la battaglia si svolge, sono i Romani ad avere il vantaggio del terreno. Alla fine della giornata Ezio, con gravi perditei é riuscito ad annientare il popolo vandalo che cessa di esistere: la maggior parte degli uomini sono morti, le donne e i bambini sono catturati. Solo un piccolo gruppo riesce a scappare guidato da Genserico stesso verso le montagne, dove si ritaglierà un piccolo stato e si fonderà con le tribù africane.

L'Africa é salva ed Ezio spera ormai di essere tranquillo: gli eserciti romani, impegnati da ormai 10 anni di battaglie, sono stanchissimi, le risorse finanziarie e umane sono allo stremo, solo sostenute dallo sviluppo dell'economia privata. Tutti gli altri progetti sono stati ritardati. ma finalmente Roma é in pace senza un esercito in missione.

Ma la situazione cambia quando giunge la notizia della morte naturale del praeses in corso di magistratura. Ezio é richiamato di emergenza per controllare il passaggio dei poteri. Giunto a Roma, il senato della città gli offre di nuovo la corona imperiale, ma lui la rifiuta nuovamente e convoca elezioni secondo le idee del suo defunto maestro. Respinge anche un gruppo di cristiani che vuole che la carica di praeses sia affidata sempre al Papa, perchè non vuole fare tradizione di un singolo caso. Come si aspettava (anche se sperava il contrario) é eletto praeses della repubblica dalla grandissima maggioranza dei cittadini. Secondo la legge deve abbandonare tutti i suoi comandi militari e non avrà neanche un trionfo per la sua vittoria contro i Vandali. Ha invece la missione di proseguire l'insediamento e il rafforzamento della repubblica. Agostino era un ottimo uomo di Stato, ma non capiva niente delle cose militari; ora Ezio deve far fronte all'interno contro i Senatori e all'esterno contro i Visigoti e Costantinopoli, ormai chiari alleati contro di lui.

Ezio guida lui stesso il corpo di Agostino nella nuovissima chiesa di Sant'Irene in Capitolum, che prende il posto dell'antico tempio a Giove capitolino, ed é stata iniziata da Agostino alla sua presa del potere.

Perchè No?

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E ora, un'idea di Rivoluzionario Liberale:

POD: i Germani si convertono all'agricoltura. Di conseguenza essi non invadono l'impero romano, ma si stanziano sui territori di confine.

I Goti calano nei Balcani e vi si stanziano. I Franchi si stanziano nei territori tra il Reno e la Senna. I Sassoni come nella storia reale. Nella nostra Jugoslavia sorge la Visigotia, in Valacchia e Bulgaria l'Ostrogotia. In Transilvania e Banato, la Gepidia. In Ungheria la Longobardia.

Nascerà una serie di nazioni germaniche sedentarie che faranno da cuscinetto tra i nuovi arrivati dal centro dell'Asia e i due imperi.

I barbari germanizzano i loro territori e si convertono al cristianesimo ariano tranne i Franchi, che diventano cattolici. Clodoveo prima, Pipino poi e infine Carlo Magno iniziano la conquista di tutte le nazioni germaniche dal Reno alla foce del Danubio. Sorgerà un terzo Impero Germanico, guidato dai Carolingi.

L'ondata slava di ferma ai Carpazi, gli Unni tornano in Asia centrale, gli Avari e gli Ungheresi puntano verso altri lidi: penso a un'Ungheria nell'Afghanistan o in Manciuria.

Roma continua ad esistere, con un Papa che ha un ruolo simile al patriarca orientale. Nessun potere temporale del Papa, che coabita con il potere laico. Le città non decadono, i territori persi sono marginali. L'Impero d'Occidente rimane inespugnabile.

Con Bisanzio in salute, gli arabi non sfondano o, se sfondano, lo fanno solo in Africa, la Mezzaluna rimane bizantina. Le crociate sono condotte contro i bizantini, per l'unificazione dell'impero, ma falliscono.

La Slavia è "ridotta" (si fa per dire) alla Russia, nessuna questione balcanica. Nel X secolo gli Ungheresi puntano sulla Persia. I Vichinghi, trovandosi un impero romano pronto a respingere ogni attacco, scopriranno l'America molto prima, intorno al 1000. L'America centrale è scoperta dai romani che parlano una lingua neolatina simile allo spagnolo, ma senza prestiti arabi, quindi si parlerà sempre di America Latina. Avremo in definitiva:

L'impero di Carlo Magno si frantuma come nella HL: a Carlo il Calvo la Francia; a Ludovico il Germanico Sassonia e Marcomannia; a Lotario i Balcani e il titolo imperiale. Da qui nasceranno moderni stati nazionali di lingua germanica. L'Impero d'Occidente si trasforma in una sorta di Grande Spagna, l'Impero d'Oriente potrebbe non soccombere ai Turchi, che invadono invece l'India.

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Gli risponde Enrica S.:

Bella idea, però c'è un problema da risolvere. Furono gli Unni a premere contro i Germani, che furono costretti a penetrare entro i confini di Roma e ne distrussero l'impero. Occorre immaginare che i Germani si sedentarizzano molto presto, già ai tempi di Tacito, in modo che non fuggano davanti agli Unni e vengano sottomessi nelle loro terre. Hai pensato che, in questo caso, anche gli Unni potrebbero diventare stanziali e fondare uno stato in Russia (Unnia) con seicento anni di anticipo? Ma c'è forse una soluzione più semplice. Attila non guida le sue orde verso i due imperi romani, ma verso la Persia, distruggendo l'Impero Sasanide. Dopo la loro ritirata, l'impero romano d'oriente conquista Armenia, Albania, Mesopotamia e Atropatene. Il resto prosegue come nella tua Timeline, con le isole britanniche che restano a maggioranza celtica, e forse non emergeranno mai come grande potenza. Che ne dici?

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Rivoluzionario Liberale ribatte:

Certo, bisogna vedere cosa fanno gli Arabi, perchè se gli Unni passano dal Caspio e assalgono la Persia, qualche devastazione la fanno anche in Anatolia. E poi l'Egitto è spremuto ugualmente, e gli Arabi potrebbero spuntarla comunque. Gli Unni dovrebbero posizionarsi grosso modo nel moderno Turkmenistan.

I personaggi storici che furono re di Francia o Spagna potrebbero essere imperatori romani. Così Carlo V sarà imperatore romano d'Occidente, e Francesco I un suo rivale al trono in una guerra civile...

C'è la possibilità che il Viaggio di Colombo sia ritardato, in quanto Roma controlla ancora mezzo Mediterraneo e ha i mezzi per controbattere gli islamici. A meno che qualche imperatore romano lo appoggi comunque.

Probabile che, con Roma ancora in auge, il progresso tecnologico sia ancora più accentuato, e i Romani usino già nel 1500 fucili da XIX secolo. Per le civiltà precolombiane non ci dovrebbe essere scampo.

Le potenze coloniali sono tre: Roma, l'Inghilterra e la Frisia/Olanda/Francia. Come nella storia reale avremo un'America Latina, ma senza distinzione tra portoghesi e spagnoli, e a nord i Franchi e i Sassoni, oltre ai regni norreni presenti sulla costa atlantica.

Lutero potrebbe veramente scatenare un finimondo, con una guerra di religione in una Germania che si estende dal Mare del Nord al Mar Nero.

La Russia come nella storia reale, ma senza una slavia esterna, quindi senza sbocchi nel Mediterraneo, ma una grande potenza continentale. Facile che le guerre mondiali scoppino con anticipo: se entrambi gli imperi sopravvivono, sarà l'inizio di una guerra fredda est - ovest. Bisanzio ha meno pressione persiana, ma più pressione romana occidentale. Per ipotesi potrebbe essere lo scenario dei grandi imperi:

E poi?

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Stimolato da questa discussione, Antonio James Palermo ci domanda:

L'idea di Perchè No? è oltremodo interessante, ma io ho in mente una proposta diversa. POD: nel 475 Oreste tenta di insediare il giovane figlio come imperatore romano d'Occidente, ma una congiura di Senatori spalleggiata dall'Imperatore d'Oriente rovescia Oreste che viene assassinato e restaura la Repubblica... e poi?

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Così gli risponde Federico Sangalli:

454: Valentiniano III ordina di uccidere il Generale Flavio Ezio ma le legioni si rivoltano e lo uccidono a Ravenna. Ezio è acclamato come nuovo Imperatore senza che abbia ordito di sua sponte niente ed è restio ad assumere il titolo, ben conoscendo i pericoli che questo comporta, ma accetta di assumere la guida delle forze militari romane per difendere la penisola dagli invasori. Il Senato ne approfitta allora per recuperare così un po' deluso antico splendore e decide di ricominciare ad assegnare le cariche pubbliche: Ezio è acclamato Imperator mentre il Prefetto Trigezio e l'ex Console Gennadio Avenio, membri di punta dell'ambasceria che appena tre anni prima a salvato Roma dagli unni di Attila, sono nominati consoli. Grande influenza ha anche Papa Leone I, da molti visto come il vero artefice della ritirata di Attila.

Genserico e i Vandali attaccano Roma di sorpresa ma sono sorprendentemente ricacciati indietro a spadate da Ezio è dai suoi legionari, accolto trionfalmente nell'Urbe, ove viene riportata la capitale. Il Senato per la terza volta gli offre direttamente la corona imperiale ma Ezio a sorpresa rifiuta e dichiara di essere disposto ad assumere solo il comando delle forze militari: viene così dichiarato Dux Legiones, con i poteri di un Dittatore di tipo romano. L'assenza di un imperatore causa de facto il ritorno alla Repubblica: Leone I è eletto Princeps del Senato perché la sua saggezza serva da ispirazione e guida per la comunità.

Nel 461 muore Leone I, i cristiani vorrebbero che al Papa spettasse di diritto la carica di Princeps ma il Senato, ancora perlopiù pagano, elegge Decio Basilio, un ex console molto influente e rispettato. Avenio cade in disgrazia per il suo nepotismo ed è sostituito da Cecina Basilio Decio, figlio di Decio Basilio. Il Vescovo gallico Sidoneo Apollinare si reca a Roma per esprimere le richieste dei cittadini della sua provincia ed è ammesso al Senato, primo vescovo a ricoprire tale incarico. Ezio continua a respingere i barbari che tentano di invadere l'Italia.

Alla fine degli Anni Settanta muore Flavio Ezio. La famiglia dei Deci ha acquisito influenza e possiede entrambi i consolati ma il Princeps è Cornelio Nepote e il Prefetto Oreste è nominato nuovo Dux Legiōnum ma non si dimostra all'altezza del suo predecessore e,dopo alcune umilianti sconfitte che lascerebbero presagire una sostituzione, tenta di prendere il potere ma fallisce: la straordinaria posizione di Dux Legiōnum è spogliata dei suoi poteri dittatoriali ed eliminata.

L'anziano Nepote sa che la guerra non sta andando bene e che è ormai vecchio per cui riabilita Oreste e la sua famiglia e chiede aiuto ai fratelli di Costantinopoli. Poco dopo muore e Oreste cade a sua volta in battaglia, tenendo impegnati gli ostrogoti fino all'arrivo dei rinforzi bizantini. Romolo Augusto, figlio di Oreste, è eletto nuovo Princeps perché i senatori e il Papa sanno che l'unica cosa che tratterebbe Bisanzio dal riannettersi definitivamente l'Italia è la prospettiva, meno costosa, di poterla gestire tramite un giovane governante fantoccio.

Nella prima metà del VI Secolo muore Romolo Augusto: San Severino Boezio e Cassiodoro, filosofo e grande amministratore il primo, ambasciatore, senatore e grande teorico del principato il secondo, che stanno servendo come consoli, emergono come la nuova coppia vincente della Repubblica. Cassiodoro è eletto Princeps mentre Boezia viene nominato alla nuova carica di Magister Officiorum, praticamente capo della burocrazia romana, che viene riformata e centralizzata. Le tasse riprendono ad arrivare, vengono riscosso i dazi, si amministrano le province, riparano le strade, si distribuiscono i terreni, si pagano i soldati. Dopo quasi un secolo la Repubblica si affranca sostanzialmente dalla dipendenza bizantina. Giustiano non è entusiasta ma è impegnato nella sua Grande Guerra Partita in cui ha concentrato tutte le sue forze senza fare paci svantaggiose per cercare di riconquistare l'Occidente.

L'Impero Sasanide alla fine è conquistato è annesso all'Impero Bizantino, che, seppur stremato, ottiene una via diretta di commercio con Cina ed India si avvia verso un'epoca dorata di pace grazie al suo dominio incontrastato del Medio Oriente. Bisanzio non può comunque occuparsi dell'Occidente e pertanto appoggia la spedizione della Repubblica Romana contro Cartagine: i Vandali sono sconfitti e la ricca provincia agraria d'Africa è riannessa.

I Longobardi arrivano dalla Germania e si scontrano con gli Ostrogoti stanziati in Dalmazia: Guerre Goto-Longobardiche che decimano entrambi i popoli, permettendo ai romano-bizantini di sconfiggerli e respingerli in Pannonia, ove si forma infine la Longobardia. Maometto predica l'Islam in Arabia e gli arabi attaccano a sorpresa i confini meridionali dell'Impero Bizantino ma questo, non spossato dalla guerra con i parti, li respinge e anzi riduce l'Arabia ad una provincia ove l'Islam rimane perlopiù confinato.

Dopo varie guerre Carlo Magno riunisce finalmente i Franchi e invade il debole regno visigoti precipitato nella guerra civile. Non dovendo salvare il Papa dai Longobardi non ottiene il titolo di Imperatore, rimane solo Re dei Franchi e alla sua morte spartisce il Regno in tre parti: Germania, Francia e Spagna (confini da definire). Iniziano le Grandi Invasioni dell'Anno 1000: i Vichinghi giungono da Nord, invadendo prima Normandia e Inghilterra e poi insediando gli Altavilla in Lusitania, i Magiari calano da Est e soppiantano i deboli Longobardi in Pannonia mentre i Berberi attaccano con la loro pirateria Africa, Sicilia ed Andalusia. Apocalissofobia dell'Anno Mille.

Senza la minaccia longobarda Papa Zaccaria non avrebbe risposto a Pipino il Breve che il Re non è chi ha sangue reale ma chi esercita il vero potere, spingendo il Maggiordomo a deporre il merovingio Childerico III per assumere lui stesso la corona e farsi poi legittimare dal Papa (752). Childerico III muore tre anni dopo e gli succede suo figlio Teodorico V. Alla sua morte senza eredi l'unico legame di sangue ancora in piedi è Clotilde, figlia di Teodorico III, fratello del bisnonno di Teodorico V, che, mezzo secolo prima, aveva sposato il conte Lamberto II, da cui aveva avuto due figli, il conte Roberto I, fondatore della Dinastia dei Robertigi, e Rotrude, che aveva invece sposato Carlo Martello ed era madre di Pipino il Breve stesso. La sfida sarebbe dunque tra Carlo (Magno), figlio di Pipino, e Roberto II, nipote di Roberto I: Carlo avrebbe ereditato anche l'incarico di Maggiordomo mentre Roberto dovrebbe capeggiare quei nobili che si oppongono allo strapotere di questa figura.

Posto che si giunga allo scontro, Carlo vincerebbe per forza ed abilità militari superiori e diventerebbe Re di Francia (o meglio Re dei Franchi), mentre Roberto verrebbe ucciso o rinchiuso in convento e senza di lui non ci sarà alcuna Dinastia dei Robertigi e nessun Ugo Capeto, dunque nessuna Dinastia dei Capetingi. Carlo schiaccerà i Sassoni per necessità strategiche (proteggere i confini orientali) e interverrà sicuramente in Spagna, spartendosela con Roma (che "erediterebbe" i possedimenti bizantini delle Baleari, Valencia ed Andalusia), i Baschi (staterelli asturiani del Nord) e successivamente gli Altavilla (Lusitania). Poniamo che Carlo invada pure l'Italia, dovrebbe vedersela con una Repubblica molto più stabile dei riottosi Longobardi, con un esercito erede delle più abili strategie ed addestramenti bellici, foraggiato dai bizantini e sostenuto da una penisola che non ha più visto serie invasioni dalla morte di Odoacre (niente Guerre Greco-Gotiche sopratutto) e che anzi può contare sull'Africa come base di rifornimento. Carlo inoltre non avrebbe alcuna giustificazione e rischierebbe di beccarsi una scomunica papale con tanto di accusa di usurpazione visto il modo in cui è asceso al trono.

Carlo era un uomo abbastanza intelligente e pio da non rischiare ma, nel caso, sono sicuro che il Papa avrebbe saputo inventarsi una bella lettera piena di aggettivi latini mirabolanti con cui accontentarlo dopo una prima sconfitta ai valici alpini. Alla morte di Carlo Magno il Grande Regno Franco è proprio questo, un grande regno dei franchi, non un Impero (il Papa non lo ha proclamato tale la Notte di Natale dell'800) tanto meno Romano (ci sono già due Stati che si spartiscono questa prerogativa), e come tale viene spartito secondo le regole franche lasciate da Carlo stesso: Ludovico il Pio Re dei Franchi e suo nipote Bernardo Re non d'Italia/dei Longobardi, ma di Spagna/dei Visigoti. In compenso, senza l'intervento papale sotto Pipino e Carlo, la figura del Pontefice non entrerà nell'ordinamento legale franco e avrà molta meno voce in proposito. Senza la carica imperiale Ludovico non potrà far uccidere Bernardo e anzi ben presto le lotte di successione lo terranno fin troppo occupato.

Con più territori a disposizione è anche possibile che si giunga alla fine ad un accordo: il primogenito Lotario Re dei Franchi (Occidentali), Pipino Re d'Aquitania (tra l'Ebro e la Garonna), Ludovico II il Germanico Re di Baviera/dei Sassoni e Carlo il Calvo Re dell'area renana, la Carolingia (HL Lotaringia). In Spagna la Dinastia dei Vermandois continuerà fino al 1085 e dopodiché passerà allo sposo di Adelaide di Vermandois (1062-1122). In Francia la Dinastia Carol-Lotaringia continuerebbe fino all'895, a cui segue la Dinastia dei Bosonidi fino al 1001 quando subentrerà chi sposerà la Principessa Willa. In Aquitania la Dinastia Pipinide reggerebbe poco, fino all'864, poi verrebbe Stefano/Gerardo II d'Alvernia e quindi si estinguerebbe, portando ad una spartizione ragionevole del regno tra Francia e Spagna lungo la linea dei Pirenei. In Germania la discendenza di Ludovico il Germanico si estinguerebbe alla morte di Svendibaldo di Carinzia nel 900: con successione incerta è possibile che gli Ottonidi riescano comunque ad imporsi. In Carolingia la Dinastia omonima proseguirebbe anche dopo la morte di Luigi V l'Ignavo nel 987, data l'assenza dei Capetingi, con lo zio Carlo di Laon, la cui discendenza si estinguerebbe nel 1012 alla morte del figlio Ottone, passando il regno a Lamberto di Hainaut, sposo della 'unica figlia superstite Gerberga.

Alla morte del di loro figlio secondogenito Lamberto nel 1062 il trono passa alla Casata dei Buglione/Boulogne attraverso il matrimonio tra Matilde, sorella di Lamberto II, ed Eustachio di Boulogne. La discendenza dei Boulogne (compreso Goffredo di Buglione) finirà poi per confluire, come da me già illustrato nella mia Ucronia Lorenese, nelle mani del probabilmente Re d'Inghilterra Stefano di Blois.

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Bhrghowidhon però obietta:

1) Senza Guerra Greco-Gotica in Italia, non si indeboliscono i Romani ma nemmeno i Goti; se qualcosa di corrispondente avviene in area danubiano-balcanica, allora l’indebolimento perlomeno dell’intero Impero di Bisanzio (oltre che dei Goti) c’è (mi sfugge infatti come una guerra che dura dal 535 al 553 possa essere «meno violenta di quello che è successo nella realtà»: siamo addirittura più vicini alle precedenti Sedi dei Goti, i quali dunque sono molto maggiori di numero e perciò richiedono all’Impero d’Oriente un molto maggiore costo in uomini e mezzi);

2) la guerra fra Goti e Longobardi è realmente avvenuta (fra Gepidi e Longobardi) e ha portato alla chiamata degli Avari, per cui non rappresenta una Divergenza e in particolare non per i Longobardi, i quali dunque quando inevitabilmente fuggiranno con Alboino davanti agli Avari troveranno, varcando le Alpi, non l’intero Impero Romano (riunificato) ma solo quello d’Occidente, certo non indebolito dalla Guerra Greco-Gotica ma più che dimidiato di uomini e mezzi rispetto all’Impero del 568 reale, per cui a rigore dovremmo mantenere la Storia successiva più o meno come quella avvenuta, ma se anche la vogliamo cambiare a svantaggio dei Longobardi (e bisognerebbe motivarlo, altrimenti ai fini del prosieguo non serve che non ci sia stata una Guerra Greco-Gotica di 18 anni in Italia se ce n’è stata una Italo-Longobardica di 206 anni...) non possiamo sicuramente arrivare al punto che i Longobardi non conquistano neppure una regione cisalpina nel giro di due secoli;

3) altrettanto vale per i Bavari, gli Alamanni, i Burgundi e i Franchi; senza Longobardi e i relativi Matrimonî Intergermanici, tutta l’Ītălĭă Ănnōnārĭă sarà spartita fra Longobardi (Istria, Venezia ed Emilia), Bavari (la Venezia sottratta ai Longobardi), Alamanni (l’Insubria), Burgundi (il resto della Transpadana) e Franchi (tutta la Transpadana sottratta a Burgundi e Alemanni e in séguito il resto della Liguria Marittima): la Repubblica Romana potrà opporsi fin che può, ma si tratta di conquiste di Provinc(i)e come la Spagna, quindi se arriva a un compromesso in questa vi arriverà anche in quelle;

4) gli ultimi Re Longobardi erano Cattolici, ciononostante hanno lo stesso eroso territorî dei Ducati Romano e Perugino (nonché della Pentapoli e dell’Esarcato), per cui anche i Franchi, prima o poi, lo faranno;

5) gli Imperatori dopo Carlomagno (soprattutto dopo i Carolingi) hanno di fatto annullato le Donazioni al Pontefice e annesso i suoi territorî, il che non differisce nei fatti dalle invasioni di territorio italico che postulo in questa ucronia per i secoli IX e X, specialmente se, come vedo, le vicende dei Magiari sono le stesse (lo inferisco dall’ascesa degli Ottoni) e di conseguenza lo saranno le dinamiche in Italia (con un Duca che sconfigge gli Ungari, dopodiché sorgono dispute per l’Egemonia e interviene Ottone Magno); mi riferisco all’Ītălĭă Sŭbŭrbĭcārĭă perché, ripeto, l’Ănnōnārĭă è stata spartita fra Regni Romano-Germanici e Ducati Germanici e alla fine è stata tutta incorporata nell’Impero dei Franchi e dei Teutoni (come si chiamerebbe il corrispondente del nostro Sacro Romano Impero; “Impero” perché anche i Re Romano-Germanici o solo Germanici di Spagna, Francia e Inghilterra hanno ereditato dall’Impero d’Occidente il Titolo di Ĭmpĕrātōrĕs, mantenuto fino al Basso Medioevo e che costituiva il principale argomento giuridico contro le richieste di riconoscimento della superiore Sovranità del Sacro Romano Impero);

6) troppo spesso si dimentica che l’italiano come acroletto arriva fino alle Alpi (attraverso la mediazione del Sacro Romano Impero) a causa dell’esistenza storica e della politica linguistica del Regno Romano-Germanico dei Longobardi (dove è cruciale l’aggettivo «Romano», non solo perché implica anche «Cattolico»): dove questo mancasse, avremmo lo sviluppo indisturbato delle lingue neolatine locali (nelle parti annesse dai Burgundi e poi precocemente dai Franchi) oppure una capillare germanizzazione, soprattutto delle residue aree galliche all’epoca non ancora interamente romanizzate (nei Ducati Germanici non “Romano-Germanici”, quindi Bavari – a meno di un capovolgimento delle dinamiche linguistiche interne, che però in questa ucronia è meno probabile rispetto alla Storia vera e comunque avrebbe prodotto uno sviluppo del ladino romancio, come in Burgundia del francoprovenzale – e ancor più Alamanni), in pratica il nizzardo esteso fino a Viareggio, il patois aostano fino al Monferrato, il ladino in Emilia, il walser altoalemannico in Lombardia – anziché solo intorno al Monte Rosa e in Formazza – e il ‘cimbro‘ bavarese in tutto il Veneto anziché solo nelle piccole Isole Alloglotte come i Sette Comuni Vicentini e i Tredici Comuni Veronesi (invece che nelle Alpi, il confine tedesco-neolatino sarebbe sul[la] Sesia e lungo il Po, mentre quello italo-galloromanzo sarebbe, come oggi, la Linea Massa-Senigallia – come propriamente sarebbe da chiamare la Linea La Spezia-Rimini, quasi una Linea Gotica linguistica – ma con l’italiano usato come acroletto solo a Sud di tale confine);

7) come abbiamo abbondantemente discusso nell’Ucronia sulla Kāhina, l’assenza degli Arabi in Africa non significherebbe affatto che non sorgesse una Potenza Militare nel Mediterraneo Sud-Occidentale, in grado di conquistare come minimo la Sicilia (dopo, naturalmente, la stessa Africa Romana) e temporaneamente anche la Sardegna e altro;

8) in base alla cronologia immagino che, se «Carlo (Magno), figlio di Pipino, […] interverrà sicuramente in Spagna, spartendosela con Roma (che "erediterebbe" i possedimenti bizantini delle Baleari, Valencia ed Andalusia), i Baschi (staterelli asturiani del Nord) e successivamente gli Altavilla (Lusitania)», quest’ultimo avverbio significhi “due secoli e mezzo o tre dopo la morte dello stesso Carlo”, dato che (leggo) gli Altavilla di Lusitania sono stati insediati dai Vichinghi di Normandia; ma allora mi domando perché non in Sicilia, visto che – come argomentato al punto precedente – quest’ultima sarebbe ugualmente conquistata da uno Stato Nordafricano.

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Anche Basileus TFT dice la sua:

Quanto proposto da Federico è eccellente, ma se vogliamo essere fedeli al POD di Antonio James Palermo, io propongo quanto segue. Con il POD al 475, è inutile dire che siamo un pelo troppo avanti perchè la cosa sia probabile, ma rimane comunque possibile. Il punto primario da chiarire è la posizione degli Eruli che, proprio nel medesimo anno, pretendevano 1/3 dell'Italia.

Con Oreste morto e gli Eruli che incalzano, l'unica cosa che può fare il Senato è cedere e dargli il grosso dell'italia settentrionale, forse escludendo la Liguria. Con i "nemici" vicinissimi a Ravenna e un dominio così menomato, il Senato si affretterà a spostare la capitale a Bari, così da poter fare il saltino a Durazzo nel caso le cose si mettano male. Inoltre, dovrebbe riconoscere il dominio nominale dell'impero d'Oriente, pur conservando di fatto una sorta di indipendenza.

Il primo console da eleggere penso sia Nepote, uomo dalla comprovata esperienza politica, dai natali importanti e benvisto ad Oriente.

Anni dopo, i bizantini spingeranno comunque i Goti nel nord Italia, durante il periodo del consolato di Beozio. In epoca giustinianea i bizantini userebbero la Sicilia come testa di ponte per l'invasione africana, e sconfiggerebbero rapidamente i goti con un attacco congiunto da sud e da est. L'impero romano restaurato avrebbe una gestione quantomeno ambigua: le terre occidentali sarebbero amministrate dal Senato di Bari, che tornerebbe a Roma, ma avrebbero fortissime ingerenze da parte del basileus che richiederebbe uomini e mezzi per le sue campagne e la sua gestione statale, fondamentalmente potremmo vedere il Senato come il facente funzioni dell'Esarca, con il basileus che si limita a mettere i bastoni fra le ruote ai senatori più lontani dalla sua politica.

L'Italia, con una guerra greco-gotica rapidissima e l'Africa come granaio, sarebbe una provincia ricchissima e sicuramente l'invasione longobarda sarebbe diretta nei Balcani, in concomitanza con la guerra romano-persiana (e gli Avari o arrivano più tardi o si stanziano in Ungheria).

Anche l'invasione araba andrebbe più o meno come nella nostra storia e, una volta che Costante II viene ucciso a Siracusa, il senato di Costantinopoli può prendere il potere a modello di quello di Roma, per poi magari creare un'unica repubblica.

Immagino che l'Africa potrebbe restare romana a lungo, mentre nei Balcani i Longobardi sarebbero un tappo per i Bulgari, o verrebbero spazzati via da questi ultimi (cosa più probabile), richiamati direttamente dai bizantini, magari il Khan Simone (si chiamava così) si becca anche il consolato dopo aver salvato Costantinopoli..

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