L'Impero Romano Feudale

di Iacopo


prima del 451

390, Illirico: Flavio Aezio nasce da Flavio Gaudenzio e da sua moglie, una nobildonna di chiara stirpe italica.

399, Africa: Flavio Aezio è in Africa con il padre, che distrugge i templi pagani.

405/408, Italia: Flavio Aezio viene dato in ostaggio ad Alarico. Durante questo periodo visita i suo parenti in Italia e studia l'arte militare con Alarico.

408, Sarmazia: Aezio, ormai diciottenne, viene inviato come ostaggio da Rua, re degli Unni. Qui strnge amicizia con Attila e con lui viene istruito circa le tecniche di combattimento corpo a corpo e meditazione e la strategia politica dal saggio tocario Serico Seniore. Questi è un discepolo del grande Gong He, unitosi all'orda unna quando decenni prima essa sostava ancora in Asia centrale, e il suo nome cinese è Lao Wen. Quando nel 423 Aezio torna a Ravenna, è perfettamente padrone delle tecniche taoiste di autocontrollo e combattimento.

dal 451 al 565: Formazione della Federazione e Guerre Federali

Aezio e i suoi generali (451/465)

451, Gallia: Flavio Aezio e i suoi alleati Visigoti e Alani contengono e respingono l'avanzata di Attila. Aezio stesso raggiunge Attila durante la ritirata, e gli rivela il vero significato del suo nome. Aquila. Terrorizzato dall'idea di affrontare l'Aquila che popola i suoi incubi, l'Unno fugge verso Aetzelburg.

451, Anatolia: il concilio di Calcedonia stabilisce il Credo in funzione antiariana.

452, Italia: Attila penetra in Italia e saccheggia Aquileia, ma si ritira quando incontra Papa Leone.

453, Pannonia: Attila, grazia ai sensi allenati dall'apprendistato presso Serico Seniore, scova la lama sottile nascosta fra i capelli di Ildico e strozza la ragazza nella prima notte di nozze. Follemente adirato per il tentato omicidio (e per lo spreco di una bella Gota), prepara la marcia su Costantinopoli. Contemporaneamente Antemio viene invitato da Marciano sul Danubio come .

454, Ravenna: Durante un'udienza riguardante la prossima riforma federale dell'Impero, l'imperatore Valentiniano e l'eunuco Eraclio tentano di uccidere Flavio Aezio. Questi però ha mantenuto, durante gli anni, il suo corpo allenato alla maniera che gli fu insegnata da Serico Seniore, ed ha appreso, non senza grandi sacrifici, la tecnica di spezzare le piastre di metallo della armature a mani nude. Nel giro di pochi istanti, l'imperatore e l'eunuco giacciono a terra riversi nel proprio sangue, mentre Aezio, benché ferito, sopravvive.

454: Mesia: Attila penetra in territorio romano, conquistando Viminacium, Ratiaria e Serdica nel giro di poche settimane. Quindi punta sulla città di Tessalonica, che gli si arrende pagando un ingente tributo e alla quale egli impone Flavio Oreste come Proconsole. Intanto Onegesio insegue Antemio fin sui monti Rodopi e lo sconfigge presso Filippopoli. Marciano non nomina nessun collega per l'Occidente, essendo troppo impegnato con l'unno.

454, Norico: San Severino inizia la sua predicazione.

455, Italia: I Vandali di Genserico assediano Roma, ma Aezio riesce a rispedirli a Cartagine, offrendo loro il tesoro personale di Valentiniano e la sua stessa famiglia come ostaggi. Salvata l'Urbe, Aezio prende con se Ricimero e Maggioriano e si reca a Narbona, in casa di Rutilio Namaziano, dove incontro Avito e altri notabili gallici: a loro, piuttosto che all'imperatore, espone il progetto federale.

455, Gallia: Giornate di Narbona, presso la villa di Claudio Rutilio Namaziano. Vi partecipano, come Comites di Aezio, Maggioriano, Egidio, Ricimero, come Patricius Marcellino con i suoi Comites Nepoziano e Giulio Nepote, nonché i senatori Avito (ambasciatore presso i Goti), Libio Severo e Petronio Massimo.

Una prima desione è quella di porre Ricimero sul trono dei Visigoti, spodestando il fratellastro Teodorico. Avito viene nominato Magister Galliae (Con Afranio Egidio, Arborio Gallo, Magno Felice, Frontone e Tonanzio Ferreolo come Comites), Ricimero Magister Hispaniae et Gothorum (senza Comites), Marcellino Magiser Norici et Dalmatiae e Patricius(Con Neponziano, Giulio Nepote e Flavio Oreste, già governatore di Tessalonica e Salona per conto di Attila, come Comites) e Aezio Magister Militiae e Patricius (Con Maggioriano, cui Aezio rinnova la fiducia, come Comes Domesticorum). Libio Severo e Petronio Massimo ricevono i titoli di Comites Italiae (Annonariae, Suburbicariae), mentre il titolo di Comes Urbis va a Manlio Boezio. Il titolo imperiale, su proposta di Aezio e Namaziano, viene riconosciuto al solo Marciano, con lo scopo di attirare su di lui le attenzioni dell'Unno.

Urgentissimo è il fronte meridionale, dove i Vandali di Genserico, benché abbiano desistito dai loro piani di saccheggio dell'Urbe, sono una spina nel fianco della latinità.

455, Tracia: Attila giunge fin sotto le porte di Costantinopoli.

456, Spagna: Aezio giunge via mare a Carthago Nova dove raduna i suoi Praesentialis. Intanto i suoi luogotenenti sbarcano a Palma.

456, Aquitania: Ricimero giugne a Tolosa con trecento verani Goti e Alani. Si inserisce rapidamente nella torbida vita politica visigotica.

456, Italia: Maggioriano varca le Alpi installando Libio Severo e Petronio Massimo in Italia, sotto la tutela di Manlio Boezio (Il vero potere è però nelle mani di Nepoziano, generale di Maggioriano che in quest'anno sposa la sorella del Conte Marcellino di Dalmazia e da sua figlia in sposa a Paolo, fratello di Flavio Oreste).

Sistemate le cose in Italia, Maggioriano passa in Sicilia con un manipolo di uomini. Qui, grazie anche ai favori di alcuni notabili greci, preoccupati della situazione difficile di Costantinopoli e desiderosi di torvare tutela a occidente, conduce una rapida campagna di guerriglia, che lo porta, nel cuore dell'inverno, a conquistare il porto di Zancle e con esso un terzo della flotta dei Vandali.

456, Tracia: Attila torna a Aetzelburg, ma i suoi alleati, Gepidi e Ostrogoti, continuano il saccheggio sistematico dei Balcani.

457, Aquitania: Ricimero fa assassinare Teodorico II dei Visigoti. Questo atto porta quasi alla rottura con Avito, ma Marcellino riesce a mediare una pace. I Visigoti acclamano Re, in fretta e furia, Eurico, ma Ricimero ne approfitta per appoggiare suo fratello Federico.

457, Tracia: Battaglia di Eraclea. Sessantamila bizantini affrontano più di centomila unni e alleati. Al culmine della battaglia gli Alani, forse contro il parere dello stesso Aspar, passano dalla parte degli Unni. Le sorti per i bizantini sono sfavorevoli, e intere divisioni sono massacrate, Marciano perde la vita sul campo. Leone, uno dei generi dell'Isaurico Tarsis, guida un ultimo assalto disperato, durante il quale trafigge Attila stesso. Gli Unni non riescono a ritirarsi per via della defezione di Flavio Oreste, che taglia loro la via di fuga. L'esercito bizantino è distrutto, ma Leone può portare la testa di Attila in processione sulle mura della Città. Il comitatus di Dacia e Illirico è però annientato, e la difesa della città può essere assicurata solo a scapito dei ducati orientali. Monaci e donne vengono portati a Calcedonia, ma l'attacco finale unno non arriva. Mentre i tre figli di Attila si contendono le spoglie dell'impero paterno, i germani dell'orda si accampano nei balcani. (i Gepidi in Mesia, gli Ostrogoti in Pannonia, i Longobardi in Epiro e in seguito in Arcadia, Sciri, Rugi, Eruli e Turcilingi in Dardania e Macedonia, sotto il controllo di Flavio Oreste)

457, Africa Tingitana: Aezio passa in Africa, dove con una serie di colpi di mano occupa le tre Mauritanie. Essenziale è l'alleanza che conclude con Masuna, Conte di Altava, cui riconosce la dignità proconsolare e l'autorità sulla Sitifense e sulla Cesariense.

457: Africa Byzacena: Maggioriano, assoldati degli ausiliari Visigoti forniti da Ricimero, sbarca ad Hadrumetum e occupa la città. Non fidandosi però delle sue truppe né della difficoltà del luogo, preferisce non lasciare le sue mura sicure.

458, Aquitania: Ricimero riceve da Eurico l'incarico di sconfiggere gli Suebi e i Bagaudi della Spagna. Egli compie tale impresa con tanta solerzia da guadagnare per se il titolo di Re degli Suebi (dopotutto era figlio di una loro principessa). Intanto il suo protetto Federico viene assassinato.

458, Costantinopoli: guerra di successione tra i figli di Aspare da una parte e Leone Isaurico e Tarsis dall'altra.

458, Africa: Aezio da il via alla sua campagna d'Africa, accuratamente preparata facendo anche affidamento ai ricordi del suo viaggio con il padre in quelle terre. Genserico non osa attaccare Maggioriano, non volendo sguarnire Cartagine. Ma quando Aezio, con i suoi alleati Berberi e Alani occupa Sicca Venaria, capisce che se i due eserciti romani dovessero riunirsi, per i Vandali sarebbe finita. Dunque marcia a tappe forzate contro il Patrizio e lo affronta nella valle di Sicca.

Da principio le sorti della battaglia arridono ai Vandali, che obbligano i latini ad indietreggiare e riescono anche ad accerchiarli su di un lato. La cavalleria berbera di Aezio è invece bloccata dal territorio accidentato e scosceso che protegge l'esercito Vandalo ai sue lati. Verso mezzogiorno però il contingente alano dei Vandali defeziona e si schiera coi latini. I Vandali, attaccati ora dai due lati, perdono ogni speranza, mentre i latini serrano le fila e danno la spallata finale allo schieramento nemico.

Genserico stesso si salva solo per pura fortuna, liberandosi della corazza e gettandosi nel fiume Malagicum.

Contemporaneamente Maggioriano avvia un severo repulisti fra le proprie truppe, massacrando tutti i Visigoti con uno stratagemma (li fa imbarcare sulle navi per primi, poi ordina ai suoi di bersagliarle con frecce infuocate). Sistemata la questione germanica, marcia verso Cartagine, solo per trovarla già latina, dopo che la guardia alana ha defezionato e ha ucciso gli ultimi Vandali.

Genserico scopre appena in tempo la situazione della capitale, e si da alla macchia, rifugiandosi a Capsa.

La famiglia di Valentiniano viene così liberata. Le figlie Placidia ed Eudocia vanno in spose, rispettivamente, a Gaudenzio figlio di Aezio e a Maggioriano, mentre Licina Eudocia, moglie di Valetiniano, viene mandata ad Avito che le assegna un appezzamento di terra dove fondare un monastero.

459, Spagna: Ricimero accoglie a Cesaraugusta la famiglia di Federico, assumendo il ruolo di tutore di suo figlio Alarico. Intanto i nobili visigoti e alani si ribellano a Eurico, accusato di voler rompere con i Galli di Avito. Eurico viene ucciso durante un banchetto, e Ricimero ne approfitta per piombare su Tolosa, mettere Alarico II sul trono e sterminare i rimanenti Balti.

459, Costantinopoli: Dopo una sanguinosa resa dei conti Leone I sale al trono di Costantinopoli

459, Italia: Aezio vorrebbe cedere l'Africa a Maggioriano, ma la notizia della morte di Attila attira i due generali in Italia. Gli Alani e gli Ostrogoti di Beorgor stanno mettendo a sacco l'Annonaria. Aezio li incontra per trattative su di un'isola al centro del fiume Oglio. Egli crede di poter trovare sempre un'intesa con gli Alani. Questa volta però ha fatto male i suoi conti: tradito da Maggioriano, incontra non degli ambasciatori, ma un vero plotone di esecuzione. Beorgor non riesce a capitalizzare la morte del grande Patrizio: Maggioriano lo circonda e sconfigge rapidamente.

Leone I riconosce a Maggioriano il titolo di Patrizio, ma nomina Marcellino Maestro d'Italia (al solo patto che questi ceda la Contea di Dalmazia a Giulio Nepote).

Le esequie di Aezio si tengono a Ravenna, dove viene eretto un mausoleo, simile ad un chiosco, in stile brutalista. Il suo ultimo atto ufficiale consiste nella fondazione di una colonia dove insediare i cittadini fuggiti dall'invasione unna e alana. Questa colonia, situata sulle isole della laguna veneta, ha originariamente nome Ripus Altus, e riceve da Aezio la missione storica di distruggere la Nuova Roma. Il patrizio riteneva mille anni un tempo adeguato all'impresa, ma come si vedrà i rialtini saranno più rapidi del previsto.

460, Costantinopoli: I bizantini, fortemente indeboliti dai massacri compiuti da Attila, devono riconoscere l'indipendenza e il rafforzamento delle loro province: Egitto, Siria e Armenia iniziano a distaccarsi dall'autorità imperiale, addestrando truppe in proprio. I lombardi saccheggiano le isole greche e la città di Efeso.

460, Spagna: Ricimero è Re dei Goti in tutto tranne che nel nome. Il piccolo Alarico II, di appena cinque anni, è promesso in sposo a sua figlia. Giunge anche per Ricimero il riconoscimento del titolo di Maestro di Spagna e Gotalania (l'Aquitania gotica).

460, Italia: Maggioriano invia Libio Severo come Maestro d'Africa. Gli affianca Nepoziano, con il doppio scopo di rinforzare quella delicata provincia e di liberarsi del maggiore competitore. Marcelino, temendo di rimanere isolato, chiama al suo fianco Flavio Oreste, fino a quel momento governatore di un regno romano-barbarico semi indipendente fra Dardania ed Epiro.

Situazione alla morte di Aezio

Maestro d'Italia: Marcellino

Arcivescovo di Asturis e del Norico: Severino

Conte di Dalmazia: Giulio Nepote

Duca di Doclea: Flavio Oreste re degli Sciri

Duca di Pannonia: Odoacre re degli Eruli

Duca di Valeria: Valamiro re degli Ostrogoti

Conte di Suburbicaria: Petronio Massimo

Conte di Annonaria: Gaudenzio

Conte della Città: Manlio Boezio

Maestro di Gallia: Avito (Aurelianum)

Duca dei Franchi: Clodoveo (Durocortorum)

Conte di Lutezia: Afranio Egidio Siagrio

Duca di Levitania: Gradlon ap Conan Meriadoc di Rochan

Duca di Germania: Frontone (Treviri)

Conte di Lugdunum: Arborio Gallo

Duca di Sequania: Chilperico Re dei Burgundi (Vesontio)

Conte di Aquitania: Magno Felice (Burdigala)

Conte di Provenza: Tonanzio Ferreolo (Aquae Sextiae)

Maestro d'Africa: Libio Severo (Cartagine)

Conte d'Africa: Nepoziano

Duca di Byzacene: Guenfan dei Leuathae (Hadrumetum)

Duca di Numidia:

Arcivescovo di Zeugintana: Deogratias (Hippo Regius)

Conte di tutta la Mauritania:

Duca di Tingitana:

Duca di Sitifense:

Maestro di Spagna e dei Goti: Ricimero (Cesaraugusta)

Duca di Aquitania: Alarico II Re dei Goti (Ricimero Reggente) (Tolosa)

Duca di Narbonense: Maggioriano Patrizio

Duca di Betica:

Duca di Suebia: Sunierico

Duca di Gallecia:

460, Gallia: Elia Eudocia muore nel suo monastero, in odore di santità. Maggioriano riceve da Ricimero il Ducato di Narbona.

461, Aquitania: Alarico II muore misteriosamente. Ricimero ne approfitta per dare in sposa sua figlia Flavia Balta a Rechila, figlio di Remismondo di Suebia.

462, Aquitania: Nasce il figlio di Rechila e Flavia Balta. Ricimero se ne impossessa, quindi fa assassinare il genero e rinchiudere la figlia appena sedicenne nel monastero di Sant'Eudocia. Al bambino viene imposto il nome di Flavio Aezio Balto Ricimeriano.

463, Gallia: Egidio e Gaudenzio, alleati coi Bagaudi, sconfiggono i Franchi di Chilperico presso Aurelianum. I Franchi vengono integrati nella magistratura di Gallia e devono accettare un Vescovo cattolico. Dopo questa data Gaudenzio si ritira in Annonaria e non interviene oltre nelle vicende galliche. Il suo nome è inserito nell'elenco dei Duchi di Ripalto.

464, Gallia: Muore Afranio Egidio, gli succede come conte di Lutezia il figlio Egidio Siagrio.

La Guerra dei Maestri (465/493)

Prima fase o Guerra d'Aquitania: 465/475

465, Spagna: Sunierico (generale visigoto) e Burcone (generale di Maggioriano) attendono Ricimero fuori dalla chiesa dove sta celebrando il battesimo del figlio. Appena pone il piede fuori dal territorio consacrato, il Maestro di Spagna è aggredito dai due notabili e assassinato con tredici colpi di pugnale. La nobiltà visigota e sueba presente non muove un dito: tante e tali sono state le efferatezze compiute da Ricimero, che a nulla valgono le sue richieste di aiuto e pietà.

465, Aquitania: Maggioriano assume la reggenza per Flavio Aezio Balto, chiamato dai suoi Aramondo, e il titolo di Maestro e affida a Sunierico la Spagna (come contea).

465, Gallia: i nobili visigoti, avendo capito di aver perso un padrone solo per guadagnarne uno peggiore, si recano in ambascieria segreta presso Avito. Questi ha ormai chiaro che Maggioriano punta alla porpora, e che la guerra è inevitabile. Quindi richiama le truppe franche dal limes, affidandone la difesa ai contingenti alemanni e taifali, e varca la Loira con un esercito in armi, dando inizio alla Guerra dei Maestri

466, Gallia: primo scontro tra le truppe di Maggioriano e quelle di Avito presso Avaricum si conclude con un nulla di fatto.

466, Africa: il Conte Nepoziano, sapendo della scarsa stima che Maggioriano ha nei suoi confronti, decide di scendere in guerra. Raduna le sue truppe a Costantinia e marcia lungo la costa della Mauretania: il suo scopo è invadere la Spagna da meridione, prendendo Maggioriano in una tenaglia. Ma il Maestro (nominale) d'Africa, Libio Severo, ricevuti gli agenti di Maggioriano, si accorda con il Conte di Antava Donato, con lo scopo di far morire Nepoziano. Il piano riesce, e il Maestro muore per aver bevuto l'acqua di un pozzo avvelenato. Il suo esercito si disperde e si divide, e la Magistratura d'Africa va incontro allo sbriciolamento.

466, Aquitania: l'esercito gallico, guidato da Agricola, figlio di Avito, ottiene un importante successo espugnando Burdigala.

467, Italia: Giulio Nepote vorrebbe entrare in guerra per vendicare il padre, ma suo zio Marcellino lo proibisce. Adirato, Giulio si ritira a Salona. Marcellino dal canto suo si schiera per Maggioriano ed interviene presso Vienna, ribaltando le sorti di una battaglia ormai vinta da Agricola.

468, Gallia: la vittoria di Maggioriano e Marcellino presso Vienna ha riportato i Galli entro i loro confini, ma tutti sanno che la guerra è lungi dall'essere finita. I limitanei Alamanni insorgono fraternizzando coi Sassoni, e Egidio Siagrio deve intervenire coi suoi Bagaudi per sedare la ribellione.

469, Italia: Marcellino è trovato ucciso nel suo letto durante una sosta della marcia che lo doveva portare da Vienna e Roma. I sospetti ricadono su Giulio Nepote e sui generali di Nepoziano. Giulio Nepote interviene immediatamente prendendo il controllo di Ravenna, quindi ribalta l'alleanza: ora i soldati italiani e dalmati supporteranno Avito, non Maggioriano. Forti di ciò, Agricola e Egidio Siagrio riprendono la marcia verso sud.

470, Aquitania: Battaglia di Lione: Egidio Siagrio guida le sue truppe, più i suoi alleati Burgundi, contro i Goti di Maggioriano che avevano conquistato la città.

470, Africa: Libio Severo viene assassinato da un gruppo di fanatici cattolici, ispirati dall'arcivescovo Eugenio, desiderosi di punirlo per la sua politica conciliante con i berberi donatisti. A seguito dell'aumento del potere politico dell'arcivescovato, Eugenio ottiene la porpora di Patriarca, con autorità su tutta l'Africa e la Spagna.

471, Provenza: Avito e Egidio Siagrio guidano l'inseguimento delle truppe gotiche lungo la valle del Rodano, espugnando diverse fortezze. Infine, i Galli riescono a bloccare Maggioriano stesso nella fortezza di Arelate.

472, Provenza: Assedio di Arelate. Avito ha ormai in mano la vittoria finale, quando si lascia sfuggire, durante un banchetto, che Egidio è diventato per lui un peso, un personaggio troppo popolare, specialmente tra i federati Taifali. Temendo per la sua vita, Egidio assassina Avito, pugnalandolo alle spalle mentre questi passa in rivista i Taifali. L'esercito gallico piomba nel caos. I generali acclamano Egidio come Maestro, ma Agricola e Ecdicio, figli di Avito, non riconoscono questa promozione. I Galli devono quindi ritrarsi da Arelate, permettendo a Maggioriano di fuggire.

472, Italia: supportato da Maggioriano in persona, il senatore Petronio Massimo si solleva contro Giulio Nepote. Le truppe italiche si uniscono alla guardia gotica di Maggioriano e attaccano Ravenna. Piuttosto che subire le durezze dell'assedio, Giulio Nepote fugge a Salona via mare.

473, Gallia: Egidio deve affrontare una situazione molto difficile: i suoi galli rimangono fedeli, ma la fronda portata avanti da Agricola e Ecdicio, le sconfitte subite dai Goti e l'irrequietezza di Franchi e Alamanni bloccano la sua azione. Cercando di prendere due piccioni con una fava, invia i Franchi di Childerico e i Burgundi in Italia, per sconfiggere i Goti e restaurare il potere di Giulio Nepote.

473, Italia: Childerico affronta le truppe italiche presso Brixia, ottenendo una vittoria schiacciante. Petronio Massimo fugge a Ravenna, che viene assediata. I Burgundi di Gundobado però passano dalla parte di Maggioriano. Nella battaglia che segue i Franchi sono sconfitti e Childerico è ucciso.

474, Costantinopoli: Muore Leone, gli succede Leone II

474, Aquitania: forte dell'alleanza dei Burgundi, Maggioriano prepara il colpo finale ai Galli.

Riconquista Burdigala, vince una battaglia ad Avaricum, dove cattura Agricola e gli promette la Magistratura se lo aiuterà a sconfiggere Egidio. Batte i Galli e i Taifali a Turonum in una battaglia campale come la Gallia non ne vedeva da vent'anni, in cui Ecdicio Avito perde la vita difendendo Egidio e permettendogli la ritirata. Aurelianum gli si arrende, e Egidio Siagrio e i suoi fuggono verso i territori franchi.

L'ultima fortezza gallica è Lutezia, e Maggioriano la assedia con grande dispiego di mezzi. Qui però la sua fortuna si rovescia. Dalla sua prigionia dorata, Agricola riesce a mettersi in contatto con Flavio Aramondo e con Chilperico e Gundobado. I capi barbari sono preccupati della crescente popolarità di Maggioriano fra le loro truppe. Aramondo è oltretutto preoccupato che Maggioriano non rispetti i suoi patti e non gli ceda il potere l'anno seguente. Chilperico dal canto suo sa per certo che Maggioriano non permetterebbe mai ai suoi Burgundi di mentenere le loro conquiste in Annonaria. Dunque il destino del Patrizio è deciso: la guardia del corpo burgunda di Maggioriano ammutina, e circondata la sua tenda, appicca le fiamme.

Agricola rientra a Lutezia come un eroe e ottiene così il perdono da Egidio.

474, Italia: Gundobado torna a Ravenna dove organizza i suoi fedelissimi, ricevendo dal Senato il titolo di Patrizio e Maestro d'Italia.

475, Aquitania: Flavio Aezio Balto detto Aramondo, giunto contro ogni previsione alla maggiore età, assume il titolo di Maestro di Spagna, Re dei Goti degli Suebi e degli Alani. La cerimonia di incoronazione è tenuta ad Avaricum, vicinissimo al confine gallico. I Goti estendono il loro potere come non mai, mentre i Galli sono troppo occupati a leccarsi le ferite.

Agricola Avito intanto riceve la Contea di Lione, presso i territori dei Burgundi.

475, Dalmazia: Flavio Oreste avvelena Giulio Nepote (con l'aiuto del Conte Ovida) e prende il controllo delle truppe stanziate a Salona, che unisce ai suoi fedelissimi e ferocissimi Sciri e agli Eruli e ai Rugi di Odoacre. Con Avito e Maggioriano fuori gioco, decide che il momento è propizio e invade l'Italia per ripulirla dai Burgundi che vi si erano stanziati due anni prima.

Seconda fase o Guerra d'Italia: 475/482

476, Costantinopoli: a Leone II succede il generale isaurico Tarsis, col nome di Zenone. L'Isaurico ha in uggia Flavio Oreste e decide che è troppo grande il pericolo che il generale si faccia acclamare Imperatore, cosa che renderebbe ancora più fragile il già traballante trono di Costantinopoli.

476, Italia: Flavio Oreste affronta i Burgundi di Gundobado sul Piave. Contemporaneamente Aramondo preme sul regno burgundo, in modo tale che Chilperico debba richiamare il fratello. A malincuore, Gundobado lascia la penisola in mano al nuovo venuto.

Temendo che la nuova influenza visigota in Italia si concretizzi in una rinascita dell'unità d'Occidente, Zenone sobilla Odoacre contro Oreste. Scoppia la guerra civile.

477, Italia: i mercenari barbari di Odoacre si scontrano con i fedelissimi di Flavio Oreste presso Piacenza. La battaglia si conclude con un nulla di fatto: i due eserciti si fronteggiano svogliatamente, finchè quello di Odoacre non si ritira.

478, Italia: Flavio Oreste lascia il suo luogotenente Ovida a Ravenna e ripara a Roma. Odoacre, vedendo le posizioni del nemico rafforzarsi, chiama in aiuto il Duca di Burgundia Gundobado, che torna volentieri in Italia e assedia Ovida a Ravenna.

479, Italia: Odoacre affronta di nuovo Oreste a Benevento, questa volta spuntando una vittoria di misura.

480, Ravenna: Gundobado riceve la notizia della morte di Chilperico e abbandona l'assedio di Ravenna per tornare a Vesontio a difendere i suoi diritti. Ovida può finalmente lasciare la città e marciare contro Odoacre.

481, Roma: Odoacre entra in Roma e presenta il suo Foederaticum al Senato, perché a sua volta lo porti all'unico imperatore Zenone di Costantinopoli. È una mossa disperata, volta a sottolineare come il desiderio di Oreste sia quello di diventare Imperatore.

Oreste non la prende bene, e assedia l'Urbe.

481, Africa: Eugenio II sale al soglio di Patriarca di Cartagine. L'Africa è ormai divisa in una serie di potentati in guerra fra loro: il Patriarcato di Cartagine, latino e cattolico, la Contea di Mauritania, berbera e donatista, il Ducato di Tingis, goto-latino e ariano, il Regno di Antava, latino-berbero e cattolico, il Regno dei Getuli, berberi e circoncellioni, il Ducato di Aures, berbero e donatista, il Regno Vandalico di Capsa, berbero-germanico e ariano, il ducato di Tripoli, greco e monofisista, il vescovado di Ippona, latino e cattolico ma con derive monofisite, il ducato di Mina, berbero-latino e donatista e la Contea di Bizacene, berbera e cattolica.

482, Norico: Severino, ormai in odore di santità dopo aver latinizzato e cristianizzato il Norico, trapassa gloriosamente tra lacrime del popolo, ben rappresentato dal Conte Pieiro di Norico e dal Duca Onulfo di Augusta.

482, Roma: Sacco di Roma. Rifiutandosi la Città di consegnare Odoacre (che per inciso si è comportato nell'ultimo anno come un vero Cesare, e nemmeno dei peggiori), Oreste e Ovida stabiliscono per essa la pena del ferro e del fuoco. Le truppe mercenarie penetrano nella suburbia e si danno al saccheggio, mentre i senatori si rifugiano sul Vaticano, dove Papa Simplicio organizza i primi soccorsi.

Odoacre riesce a fuggire, anche grazie all'aiuto del clero cattolico.

Terza fase o Invasione Ostrogotica: 482/493

482, Costantinopoli: Terrorizzato alla notizia del Sacco di Roma, Zenone capisce che le cose stanno sfuggendo ad ogni controllo, ed invia Teodorico, Re degli Ostrogoti, a porre fine ai conflitti in Italia.

484, Asia Centrale: gli Eftaliti invadono l'Impero Persiano. Quando questa notizia giunge in Occidente, il Nomarca di Antiochia, contro il volere imperiale, occupa le regioni aramee della mesopotamia, mentre i notabili armeni fanno lo stesso con quelle armenofone. I notabili orientali si svincolano così dalla volontà imperiale. Costantinopoli, che ha dovuto passare gli ultimi trent'anni a tenere a bada svariate ondate di barbari, non ha semplicemente la forza di impedire che alla sua periferia si formino nuclei di potere semi-indipendenti.

487, Gallia: Egidio Siagrio muore, gli succede come Maestro di Gallia Ecdicio Siagrio, suo figlio. In questo periodo la Gallia è divisa in tre Contee (Taifalia ad occidente, con capitale Aurelianum ed affidata a Agricola Avito, Bagaudia al centro, con capitale Lutetia ed affidata ai Siagrii e Francia ad oriente, con capitale Treviri ed affidata ai duchi scelti per gestire le questioni militare dai vescovi, poi patriarchi, di Treviri) e in diversi ducati, tra cui i ducati barbarici dei Burgundi, dei Franchi e dei Britanni.

487, Norico: I Rugi di Feleteo invadono il Norico. L'intervento dei Bavari di Onulfo, germani sì, ma cattolici e in parte romanizzati da Severino, permette al Conte Pieiro di sconfiggerli presso Iuvavum.

488, Aquileia: Teodorico incontra il Conte Pieiro di Norico e riceve il suo foederaticum.

489, Pavia: Teodorico assedia le forze di Flavio Oreste nella fortezza di Pavia. Al nono mese di blocco la città è ormai ridotta alla fame più nera e capitola. Teodorico blocca Oreste nella torre del pretorio, murandone la porta. La leggenda nera vuole che Oreste, prima di spirare, abbia mangiato le carni del figlioletto Romolo, rinchiuso con lui.

490, Italia e Mesia: Odoacre, vedendosi braccato, ispira il re dei Gepidi Trapsila a marciare su Costantinopoli. Questa invasione, dura quanto le precedenti, viene respinta solo in extremis grazie all'intervento provvidenziale delle truppe armene.

491, Costantinopoli: Sale la trono Anastasio. Sotto il suo regno Mesia e Dacia vengono riconquistate, ma il motivo per cui passa alla storia è l'aver riconsociuto ai signori di Armenia, Siria, Egitto, Sicilia, Ponto e Isauria il titolo di Nomarchi, e quindi un livello di indipendenza paragonabile a quello dei Maestri in occidente.

493, Torino: Odoacre, avendo perso ogni reale possibilità di vittoria, tenta di fuggire preso i Burgundi, ma è raggiunto da Teodorico a Torino, sconfitto e messo a morte. Teodorico riceve da Zenone il titolo di Patrizio e Maestro d'Italia e del Norico.

Con questa battaglia si conclude la cosiddetta Guerra dei Maestri. Teodorico, all'inizio un improbabile reuccio di seconda fila, risulta vincitore. Tutto l'occidente è sotto il dominio dei federati barbari (con l'esclusione della Gallia e della regione di Cartagine). Teodorico inizia immediatamente una campagna matrimoniale volta a legare tutti i sovrani barbari alla sua famiglia.

498, Britannia: Battaglia del Monte Baddon, nella quale i britanno-latini del Conte Artorio sconfiggono duramente gli invasori Sassoni.

Il dominio Ostrogotico (493/529)

507, Aquitania: il Maestro di Spagna Flavio Aezio Balto Aramondo si scontra con il Maestro di Gallia Ecdicio Siagro, figlio di Egidio Siagro e di Paolina, a sua volta figlia di Agricola, figlio di Avito. Lo scontro decisivo avviene presso i Campi Vogladensi.

L'esercito gallo è composta da un esiguo contingente di fanti pesanti alani, numerosi fanti leggeri franchi e bagaudi e da una divisione di cavalieri taifali, mentre quello gotico è molto meno equilibrato. Ecdicio ottiene una vittoria schiacciante, tanto da conquistare immediatamente Tolosa. Aramondo rimane sul campo.

L'Aquitania viene unita alla Contea di Taifalia. Agricola Avito si ritira a vita contemplativa concludendo la sua lunghissima vita al monastero di San Dionigi di Lutezia; sul trono di Taifalia-Aquitania gli succede il figlio Agricola il Giovane, cui Ecdicio Siagrio affianca suo figlio Paolo.

508, Aquitania: Ecdicio si prepara a marciare sulla Spagna, ma gli Ostrogoti di Teodorico intervengono nel conflitto. Ecdicio deve accontentarsi della sola Aquitania, mentre la Spagna viene affidata a Eutarico, genero visigoto di Teodorico che si insedia a Toledo, mentre la regione costiera che divide Italia e Spagna e comprende Pirenei, Aquitania e Paese Basco, ora detta Gotalania, viene affidata a Sigismondo, Re dei Burgundi e marito di sua figlia (in funzione anti-franca).

Teodorico ha dunque esteso la sua influenza su Italia, Spagna, Borgogna, Norico e Gotalania, ottenendo il maggiore successo nell'opera di restaurazione dell'Impero d'Occidente dai tempi di Maggioriano.

510, Armorica: Agricola il Giovane muove verso nord per conquistare i Ducati Britannici (Cornovia, Domnonea e Gerec o Brigeria), ristabilendo così la dominazione latina su tutto il continente.

513, Bretagna: Artorio guida i suoi Britanni in aiuto del duca Riwal Deroc di Domnonea. Affronta Agricola alla località chiamata Benwic, dove non solo sconfigge le truppe galliche, ma uccide anche il Conte.

514, Bretagna: Preoccupato per la possibile sollevazione dell'elemento celtico legata ai successi di Artorio, Ecdicio manda il figlio Ecdicio II ad affrontare l'invasore. Egli prende tempo, corrompe gli alleati continentali di Artorio guadagnandone la fiducia, semina zizzania e finanzia il nipote del Conte di Britannia perchè ne usurpi il trono. Infine, invitto ma privo di alleati, Artorio deve tornare in Britannia, dove lo attende la resa dei conti col nipote traditore -e la morte.

I Ducati Britannici entrano nell'orbita Gallica come foederati personali di Ecdicio II.

517, Costantinopoli: sale al trono il generale Giustino.

519, Treviri: L'Arcivescovo Apruncolo sceglie come Duca di Francia e suo personale protettore Egidio II, figlio del Maestro Ecdicio. Questi, per onorare il figlio, lo eleva a Conte Palatino, titolo onorifico che lo pone, in teoria, alla testa degli eserciti della Magistratura.

524, Gallia: Le forze galliche, guidate da Ecdicio II Siagrio sconfiggono i Burgundi di Sigismondo e mettono sul loro trono, come Duca, il fratello Gundobado. Teodorico abbozza rioccupando la Gotalania. Il Maestro Ecdicio, ormai anziano, affida ad Ecdicio II la Contea di Lutezia, ricreando quindi per il figlio, con le regioni di Bretagna e Burgundia, nonché coi dintornii di Lione, la vecchia diocesi di Gallia Lugdunense.

525, Pavia: Severino Boezio, rinchiuso da un anno a Pavia con l'accusa di aver complottato con l'Imperatore Giustino contro Teodorico, viene fatto fuggire da alcuni inservienti latini, e ripara a Trento, sotto la protezione del Conte di Norico Onulfiano. L'anno seguente riceve la porpora di Vescovo di Santa Maddalena di Viruno.

525, Alemannia: le forze unite di Egidio II Siagrio e del Conte del Norico Onulfiano sconfiggono definitivamente i Turingi e i Bavari che avevano invaso i territori latini nella Germania Meridionale. Onulfiano riceve dal Maestro Ecdicio l'autorizzazione a trasmettere la Contea al figlio Garibaldo.

526, Ravenna: forse colpito dagli strali di Boezio, Teodorico muore, lasciando incompiuto il suo progetto di (ri)conquista dell'Africa.

526, Norico: Alla morte di Teodorico i Vescovi e i duchi del Norico si raccolgono in un sinodo presso la corte di Onulfiano a Iuvavum. Qui decidono di prestare federatico all'Arcivescovo di Aquileia piuttosto che all'Imperatore.

526, Treviri: morte di Apruncolo, viene eletto Arcivescovo Nicezio, padre della moglie di Egidio II.

527, Costantinopoli: Sale al trono imperiale Giustiniano il grande.

La Guerra dei Conti e il dominio Greco (529/542)

529, Italia: Benedetto fonda il monastero di Monte Cassino.

529, Gallia: Ecdicio Siagrio passa a miglior vita, lasciando tre figli. Il primo, Paolo, è Conte di Aquitania dai tempi della battaglia dei Campi Volagdensi, ed ha l'appoggio dei Taifeli, dei Goti e degli Alani che si sono stanziati a sud della Loira. Il secondo, Egidio II è Conte di Francia, tiene corte a Liegi e, anche grazie al supporto di suo suocero, l'Arcivescovo di Treviri, è in buoni rapporti con Franchi e Alemanni. Il minore, Ecdicio II è Conte di Lione e Lutezia, nonché capo indiscusso dei duchi celtici e burgundi. Essendo venuti a cadare i due presupposti della pace tra i fratelli -la mediazione paterna e la comune minaccio ostrogota- la rivalità per la carica di Maestro trascende immediatamente in guerra civile.

532, Africa: il Vescovo di Ippona, ormai apertamente monofisita, con l'appoggio del Duca di Tripoli, riesce a convertire Antalas, Conte di Bizacene alla sua eresia. Questi guida i suoi mori alla conquista di Cartagine, da cui espelle il Patriarca cattolico.

533, Africa: Giustiniano, preoccupato per la formazione di un fronte africano monofisita a Tingis ad Alessandria, invia il suo generale Belisario in Africa, con l'incarico di ristabilire l'ortodossia. La mano greca è pesantissima: Antalas viene sconfitto a dieci miglia da Cartagine e inviato a Costantinopoli come prigioniero personale dell'imperatrice Teodora. Monofisisti, Donatisti e Circoncellioni devono scegliere fra l'esilio nel deserto o la crocifissione. Il Conte di Mauritania, opportunamente convertito e sottomesso, si prende l'incarico di inseguire e sterminare gli eretici.

535, Dalmazia: lo stratego Mondo riconquista Salona per conto di Giustiniano. L'Eunuco Narsete viene inviato come ambasciatore a Viruno, presso il vescovo Severino Boezio e il Conte Onulfiano.

535, Italia: Belisario, per ordine di Giustiniano, invade l'Italia.

535, Gallia: L'Arcivescovo di Treviri Nicezio, dopo lunghissima riflessione, toglie la sua benedizione da Egidio II e nomina suo Duca Peregrino di Leudico. Egidio fugge nel Norico, dove viene accolto calorosamente dal Conte Onulfiano, che lo nomina Duca si Rezia. Nei secoli successivi il Conte Egidio diventerò il modello del cavaliere senza terra, un prode senza un padrone cui prestare federatico.

536, Britannia: Peregrino di Leudico sposa la sorella del Duca di Cornovia, ottenendo il supporto dei britanni nella sua guerra contro i figli di Ecdicio.

537, Gallia: i Conti Paolo ed Ecdicio II si alleano contro Peregrino. Le forze del Duca di Francia però rifiutano lo scontro, dandosi piuttosto alla guerriglia.

539, Gallia: Ecdicio II, i cui territori si sono ormai ridotti alla sola città di Lione, chiede aiuto ai Goti. L'intervento gotico però si rivolta contro i figli di Ecdicio quando i mercenari barbari occupano Viennes. Temendo per la propria vita, Ecdicio II fugge presso il fratello Paolo, che però lo fa uccidere. Peregrino, che stava per dare il colpo di grazia a Paolo, ritira le sue truppe e unitele ai Burgundi sconfigge i Goti alle porte di Lione, conquistando la Provenza (che unisce ai territori dei Burgundi, formando uno stato cuscinetto fra Gallia e Italia) e Narbona (che restituisce immediatamente ai Visigoti).

540, Armenia: il Nomarca d'Armenia invia il suo foederaticum a Cosroe di Persia piuttosto che a Giustiniano: scoppia la Guerra Persiana, e Belisario è richiamato d'urgenza dall'Italia e spedito sul fonte orientale: Antiochia e Tarso sono assediate prima ancora che l'esercito greco possa mobilitarsi.

540, Italia: il Conte Onulfiano di Baviera e il Duca Egidio guidano un intervento militare contro i Greci del generale Mondo che stanno occupando l'Italia settentrionale. Si ritirano quando Giustiniano riconosce all'Arcivescovo di Aquileia, loro padrino, il titolo di Conte. Lo stesso anno Onulfiano muore cedendo il trono al figlio Garibaldo.

540, Gallia: Peregrino pone il giovane Afranio II, figlio di Ecdicio II, sul trono di Lutezia come Conte di Bagaudia, ma lo costringe ad accettarlo come Conte Palatino, ossia capo dell'esercito e primo ministro. Unendo le forze di Francia e Bagaudia, Peregrino sconfigge il conte Paolo presso il Borgo di Avaricum

541, Italia: approfittando della partenza di Belisario e della sconfitta di Mondo, gli Ostrogoti di Totila riprendono l'iniziativa in Italia.

542, Gallia: Peregrino sconfigge anche Paolino, figlio secondogenito e successore di Paolo. Piuttosto che ucciderlo, lo reinsedia a Tolosa come Conte di Aquitania, imponendosi come Conte Palatino anche di questa contea. La Gallia non ha più un Maestro, ma un Conte Palatino. I Conti Siagrii iniziano una lenta decadenza che porterà alla loro sparizione sotto Odoco I.

Il dominio di Peregrino e la Guerra dei Duchi (542/565)

544, Siria: i Persiani, grazie al supporto dei nestoriani locali, entrano senza colpo ferire ad Antiochia. Belisario risponde con violenza inaudita, piombando in Siria, riconquistando la città e radendola al suolo: la popolazione viene massacrata o deportata in Africa. Inquietato dalla sproporzionata violenza del suo generale, Giustiniano lo richiama e invia al suo posto l'eunuco Narsete, esperto diplomatico che lavora per far passare gli Armeni e ciò che resta dei Siriani dalla parte dei Greci.

550, Gallia: il Conte Afranio II Siagrio di Bagaudia mette a morte il Duca di Rouen. Questo gesto desta un tale scandalo fra la piccola nobiltà gallica, che ben presto tredici Duchi, supportati dal Conte Palatino Peregrino, si sollevano contro i loro Conti. È l'inizio della Guerra dei Duchi, l'ultima delle tre Guerre Federali Galliche.

550, Dacia: Prime incursioni dell'orda degli Avari

551, Italia: Giustiniano accetta l'alleanza offertagli dal Conte Garibaldo, che, affiancato dal Duca Egidio, si unisce coi suoi uomini ai Greci di Mondo contro Totila.

553, Italia: i Greco-Latini sconfiggono gli Ostrogoti presso il Monte Lattarico. L'Italia è sottomessa all'autorità imperiale, ma immediatamente scoppia la rivalità fra il Conte del Norico e il nuovo Conte d'Italia Mondo.

553, Costantinopoli: concilio di Costantinopoli antinestoriano. Giustiniano vuole, con questo concilio, ridare forza all'Ortodossia, strappando così le unghie ai Nomarchi di Siria, che simpatizzano per l'eresia nestoriana al fine di ottenere l'appoggio degli aramei di mesopotamia contro l'Imperatore (e al fine di fornire loro appoggio contro lo Sha).

554, Italia: Papa Vigilio rifiuta di ratificare il Concilio, ma Giustiniano invia Belisario a rapirlo e lo fa portare in cattività a Costantinopoli, dove infine il sant'uomo capitola.

554, Aquileia: il vescovo di Aquileia rifiuta di accettare le conclusioni del Concilio, e in polemica con tre dei suoi capitoli da inzio allo Scisma Tricapitolino. È dunque acclamato Patriarca dai suoi vescovi suffraganei. Il Conte Gariboldo di Norico lo supporta con trasporto.

555, Spagna: dopo un decennio di rapporti freddi fra Giusitniano e Belisario, nel quale il generale non ha comandato le truppe imperiali, Giustiniano decide di ridargli fiducia e di affidargli un esercito per invadere il regno dei Visigoti. Belisario dimostra il solito pugno di ferro, e le sue truppe conquistano rapidamente Toledo. I Visigoti fuggono in Gotalania, dove il loro Re, Atanagildo, si arroga il titolo di Maestro di Gotalania. La Spagna viene divisa in tre Contee (Lusitania, Betica e Toledana) che vengono affidate a nobili greci direttamente legati all'Imperatore.

558, Asia Centrale: alleatisi coi Turchi, i Sasanidi sconfiggono gli Eftaliti liberando così le regioni orientali del loro impero.

559, Mesia: grandi campagne balcaniche di Giustiniano. Belisario sconfigge i Kutriguri, e nascostamente prende contatto con gli ambasciatori dei Bulgari.

560, Pannonia: vedendo l'intera Italia costretta ad accettare l'ortodossia greca, il Patriarca di Aquileia decide di impegnarsi per liberare il papato e distruggere la tracotanza imperiale. Trova dunque l'alleanza dei Longobardi, popolo germanico e ariano stanziato in Pannonia, e li invita in Italia perchè combattano i Greci.

560, Gallia: l'Arcivescovo di Treviri Nicezio supporta il Patriarcato di Aquileia nel suo scisma, e viene dunque a sua volta riconosciuto come Patriarca. Il Ducato di Francia viene elevato a Contea. Lo Scisma Tricapitolino arriva dunque ad includere Gallia, Norico, Italia settentrionale, Dalmazia.

562, Oriente: fine della guerra persiana. Cosroe desiste dal tentativo di strappare Siria e Armenia a Giustiniano, ma ormai è chiaro che solo l'appartenenza del persiano alla fede zoroastriana divide queste due regioni dal defezionare.

565, Costantinopoli: morte di Giustiniano. L'Impero ha raggiunto, nominalmente la sua massima estensione: i Ducati Franchi e Alemanni portano il confine oltre il Reno, nel cuore della Germania storica; le annessioni orientali portano quasi tutta l'Armenia, il Caucaso e la Mesopotamia sotto l'autorità imperiale; la sottomissione dei Getuli al Conte di Mauritania sposta il Limes africano nelle profondità del deserto. Nonostante ciò, l'Impero non è mai stato così fragile e disunito.

565, Gallia: fine della Guerra dei Duchi. I Conti devono accettare l'autodeterminazione della piccola nobiltà.

565, Dacia: Baian è acclamato Khan degli Avari e prepara l'assalto contro Costantinopoli.

 

dal 565 al 750: Le Magistrature Latine Federali

Situazione nel 565

Magistratura di Gallia
                       
Conte Palatino di Gallia: Peregrino di Leudico
        Conte di Bagaudia (Lutezia): Afranio II Siagrio
                
    Duca di Domnonea
                    Duca di Cornovia
                    Duca di Brigeria
                    Duca di Rouen
                    Duca di Campania
       
Conte di Taifelia (Poitieris): Afranio III Siagrio
                    Duca di Tours
                    Duca di Chalon
        Conte di Aquitania (Burdigala). Egidio III Siagrio
                
    Duca di Angouleme
                    Duca di Clairmonte
       
Conte di Guascogna (Tolosa): Paolo II Siagrio
                
    Duca di Albi
                    Duca di Aqui
       
Conte di Borgogna (Lione): Agostino Siagrio
                    Duca di Alamannia
                    Duca di Vesontio
                    Duca di Provenza
        Patriarca di Treviri: Nicezio
                
    Duca di Costanzia
                    Duca di Mogonzia
                    Duca di Flandria, Brabante e Toxandria
                
    Vescovo di Mettis: Arno figlio di Aquila
Magistratura del Norico
       
Conte di Baviera (Radasbona): Garibaldo I
                    Duca di Rezia
                    Duca di Curia
                    Duca di Ulma
        Vescovo di Viruno: Severo
       
Patriarca di Aquileia: Paolino I
Magistratura di Gotalania
Re dei Goti: Atanagildo (Saragoza)
       
Conte di Settimania: Liuva
   
     Conte di Provenza: Leovigildo
Magistratura d'Italia
       
Esarca d'Italia (Ravenna)
       
Patriarca di Aquileia
       
Papa (Roma)

I Peregrinidi (565/711)

566, Lione: Sigismondo III, già re dei Burgundi, è costretto ad abdicare. La sua politica, favorevole al Conte Garibaldo, costituisce infatti un problema per l'unità della Gallia. Peregrino dunque lo fa arrestare a mandare nel monastero di Santa Eudocia a passare i suoi ultimi giorni, mentre il suo posto viene preso dal figlio maggiore di Afranio II, Agostino. Perchè tale spostamento non sembri un affronto, il titolo di Borgogna viene elevato a Contea.

Il piano di Peregrino prevede l'assimilazione della Magistratura del Norico tramite un lento ma costante lavoro diplomatico: si vedrà come la sua famiglia porterà avanti questo progetto.

567, Pannonia: I Longobardi si alleano con gli Avari per sconfiggere i Gepidi. L'operazione riesce, ed il regno dei Gepidi è distrutto. Tuttavia Alboino, Re dei Longobardi, comprende di aver scambiato il vecchio nemico con uno nuovo e molto più agguerrito.

568, Aquileia: Alboino, Re dei Longobardi, accetta la proposta del Patriarca di Aquileia Paolino I. I Longobardi marciano attraverso il Friuli (dove fondano Udine) e occupano rapidamente tutta la regione pedemontana, dal Piave al Ticino. I romani fuggono sull'Appennino. Faroaldo e Zottone fondano due Ducati a sud di Roma, rispettivamente a Spoleto e a Benevento. Alboino stabilisce la sua capitale a Pavia, e da qui guida la conquista di tutta la regione da allora chiamata Lombardia e della Tuscia. Il dominio greco e ortodosso sull'Italia è spezzato per sempre.

Alboino, Re dei Longobardi, si fa incoronare Maestro d'Italia dal suo clero ariano. I romani ortodossi, assoggettati ad un potente straniero e di diversa religione, cercano dapprima l'aiuto bizantino, ma poi, lentamente, si rivolgono verso Aquileia. A questa data, comunque, gli unici vescovi tricapitolini ad ovest del Piave sono quelli di Como e Mantova.

568, Dalmazia: Gli Avari di Baian si spingono fino in Dalmazia, conquistando Salona. La via di terra che congiunge il cuore dell'Impero all'Italia è spezzata.

569, Gallia: Peregrino di Leudico muore nel suo castello presso la Foresta delle Ardenne. I funerali sono celebrati dal Patriarca Nicezio, ed il corpo è inumato nella cappella di Treviri. Lascia in eredità una Gallia sicura e compatta, ma non può trasmettere il titolo di Conte Palatino di tutta la Gallia ai suoi eredi: questo è il prezzo che i Siagrii gli hanno imposto.

Dei suoi figli la maggiore e amatissima è Brigga, che è andata in sposa a Arno, figlio del Vescovo di Mettis, Aquila, e che ha già messo al mondo un figlio chiamato anch'egli Peregrino (il futuro Peregrino II di Domnomago). La seconda è Gertrude, fondatrice del monastero di San Michele in Britannia e patrona dello stanziamento dei monaci celto-romani (in fuga dai Sassoni) sul continente. L'unico maschio, Fosco, diviene Conte di Francia su nomina del Patriarca Nicezio.

570, Arabia: il governatore etiopico e monofisita dello Yemen, Abraham, raduna un esercito per conquistare la Mecca, il centro del paganesimo locale. I beduini però tendono un agguato agli invasori, nascondendosi fra le rocce della Grande Scarpata Araba e gettando su di loro sassi e altri proiettili. Decimati e afflitti dalla sete e dal vaiolo, gli etiopici devono ritirarsi.

Nasce Eufemio, futuro Patriarca degli Arabi.

573, Gallia: Muore Nicezio, primo Patriarca di Treviri. Nel suo lunghissimo periodo di regno, prima come Arcivescovo, poi come Patriarca, la Chiesa Cattolica e la latinità hanno gettato le basi per l'assimilazione dei territori della Germania e oltre. Gli succede Magnerico, un Franco figlio di Duca delle zone orientali della Contea che si è fatto strada nella nascente gerarchia del patriarcato.

Questi, fidandosi poco del Conte Fosco, gli affianca un Conte Palatino, un Franco di nome Odo.

574, Germania: Odo e Fosco partono insieme per una campagna contro i Turingi di Ranulfo e i Bavari di Leutario.

575, Arabia: dopo la sconfitta degli etiopici cristiani, l'Arabia e lo Yemen passano nella sfera Persiana.

577, Germania: Fosco, anche grazie ai mediatori bavaro-latini lasciati al suo servizio dal padre, riesce a farsi alleato il Re dei Bavari, che, in cambio del titolo di Duca, tende un agguato ad Odo e lo lascia morto. Questo crea una frattura con Garibaldo, che avrebbe preferito essere l'unico legittimo governante dei Bavari. I Bavari germanofoni ricevono come Ducato le regioni a nord del Danubio.

579, Gallia: Fosco raduna i suoi Bavari e i mercenari Britanni e Franchi a Mettis, da dove invia a Agostino di Borgogna e a Egidio IV di Lutezia la richiesta di essere riconosciuto come Conte Palatino ed erede di suo padre Peregrino di Leudico. I Conti Siagrii rifiutano.

580, Gallia: Fosco marcia contro il Conte di Lutezia Egidio IV. Il Patriarca Magnerico però ritira la sua benedizione, e i duchi Franchi e i Britanni defezionano, consegnando Fosco al Conte, per poi tornare in tutta calma alle proprie terre.

Garibaldo, con l'aiuto e la benedizione dei Siagrii, interviene oltre il Danubio e sottomette i Bavari germanofoni alleati di Fosco. La Magistratura del Norico si estende dunque fino al Meno.

582, Pannonia: Baian e i suoi Avari conquistano Sirmio. L'Impero Bizantino si ritrova limitato a sud dei Monti Rodopi.

582, Arabia: Eufemio e suo zio incontrano, durante una spedizione carovaniera, il monaco Sergio Bakhira, che profetizza per il giovinetto un futuro glorioso.

583, Gallia: Fosco di Leudico, figlio di Peregrino, viene giustiziato (o forse muore di stenti) nelle segrete di Lutezia.

587, Francia: Peregrino, figlio di Arno e Brigga, viene inviato, ancora quindicenne presso il ducato retto dal nonno per riprendere possesso della regione governata dalla zio Fosco. Giuntovi, individua una zona propizia tra le città di Leudico (Liegi), Atuatuca (Atou-Tongren) e Mostraject (Mostrit) e vi fonda, con la benedizione del Patriarca Magnerico e un nutrito contingente di Britanni inviatigli dalla pia zia Gertrude, la fortezza di Domnomago. Diviene dunque Duca di Brabante.

590, Oriente: Cosroe II, principe di Persia, deve fuggire a Costantinopoli quando il generale Bahram Chobin usurpa il trono. Qui, memore della lezione appresa dal nonno, si fa battezzare dal Patriarca, avendo l'Imperatore Maurizio come padrino. Riceve così il nome cristiano di Tommaso (che è sì il nome dell'Apostolo evangelizzatore dell'Oriente, ma ha anche il significato di "fratello gemello": un riconoscimento della gemellarità dei due Imperi).

In seguito, ben fornito di una scorta militare scelta, passa in Armenia, dove sposa la figlia del Nomarca, Rossana (detta l'Eretica per la sua fede monofisita). Alla fine dell'anno sconfigge Bahram e, catturatolo, lo manda in esilio nello Yemen. La sua salita al trono è accompagnata dalla fronda dei sacerdoti zoroastriani, ma anche dalle lodi (e dal supporto politico) dei nestoriani aramei e persiani. Cosroe-Tommaso abbandona l'originaria fede monofisita e si converte al credo nestoriano, venendo ri-battezzato dal Catholicos e Maphryano di Ctesifonte Isho'yab I.

Per celebrare la conversione Isho'yab viene elevato a Patriarca di Ctesifonte con autorità apostolica sulla Persia dal Patriarca di Antiochia Anastasio Gammolo (questa nomina non viene riconosciuta dai Patriarchi di Costantinopoli e Alessandria, ma poichè il patriarcato di Antiochia ha dato chiari segni di eccentricità e di sentimenti antimperiali e filopersiani, la nomina viene accettata, in segno di pacificazione -e anche perchè i Niceni non possono fare molt altro. I Patriarchi ammontano così a 9: la Tetrarchia d'Occidente (Treviri, Roma, Aquileia, Cartagine), la Tetrarchia d'Oriente (Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme) e il Patriarcato di Ctesifonte.

590, Pannonia: l'Imperatore di Costantinopoli Maurizio sconfigge gli Avari e riporta il confine sul Danubio, senza però riuscire a riportare l'Illirico entro i confini imperiali. Seguirà dunque un decennio di guerre contro gli invasori slavofoni, durante il quale la città di Tessalonica verrà perduta e riconquistata più volte dai bizantini.

590, Italia: muore il Maestro d'Italia Autari. I Conti Longobardi danno alla vedova Teodolinda (figlia di Garibaldo Maestro del Norico) il compito di scegliere il successore. La scelta ricade su Agilulfo, Conte di Torino, un nobile di origine bavarese. Agilulfo, soprattutto, è un convinto Tricapitolino. La capitale viene spostata da Pavia (città di fedeltà romana) a Milano (dove si è recentemente insediato un vescovo scismatico). L'integrazione fra Romani e Lombardi prosegue dunque sotto l'insegna del Grifone di Aquileia.

591, Baviera: Garibaldo muore. Sotto di lui la Baviera è diventata una delle fonti della latinità germanica, e si è estesa dalla Selva Nera ad occidente alla Selva Morava ad oriente e dal Meno a settentrione alla Drava a meridione. Gli succede il figlio Tassilo.

Nello stesso anno muoiono il Patriarca Paolino I di Aquileia, cui succede per brevissimo tempo Probino, quindi Elia, e il Patriarca di Treviri Magnerico, cui succede il nipote Gunderico.

592, Francia: inizio delle campagne frisoniche di Peregrino di Domnomago. Peregrino, alla guida del suo esercito personale, estende i suoi domini verso settentrione. L'intento di Peregrino non è quello di conquistare semplicemente nuovi territori: egli vuole che i suoi uomini si impegnino in lunghe e difficili campagne militari in un territorio ostile, per temprarne lo spirito e spronarne la combattività. Per questo la Frisonia non viene conquistata rapidamente come altre regioni.

602, Ctesifonte: Nu'man III, re dei Lakhmidi di Hira, viene condotto a Ctesifonte per rispondere dei sospetti di tradimento. Il Patriarca Gregorio però intercede per lui, ottenendo che Cosroe commuti la pena di morte nella reclusione in monastero.

Piuttosto che scegliere uno dei molti monasteri della Mesopotamia, Nu'man ne fonda uno a sue spese nella Valle del Sirhan, presso l'oasi di Sakakah, non troppo distante dal confine dei Ghassanidi e lo chiama Madinat al Hikma (Città della Sapienza). In questa località sorge una città fortificata con mercato, dove i monaci si dedicano alla traduzione della Peshitta (il Vangelo Siriaco adottato dalla chiesa nestoriana) in Arabo.

602, Costantinopoli: Maurizio sconfigge nuovamente gli Avari, riconquistando la fortezza di Sirmio. Le truppe sono tuttavia esauste, e si ammutinano, acclamando il generale Foca come nuovo imperatore.

603, Mesopotamia e Siria: il Nomarca di Antiochia, Narsete, si rifiuta di riconoscere Foca come nuovo imperatore. Le truppe di Costantinopoli marciano contro Antiochia. Temendo il ripetersi di quanto accaduto sotto il regno di Giustiniano, Narsete implora l'aiuto di Cosroe-Tommaso, già figlioccio di Maurizio. Lo Shah dunque marcia in armi sulla Mesopotamia romana, ottenendo grandi successi.

Narsete apre le porte di Antiochia al Persiano, che vi entra tra ali di folla festante. I Calcedoniani sono espulsi, mentre Gregorio e Atanasio Gammolo concelebrano i riti di Pasqua.

603, Francia: Peregrino II di Dumnomago, vincitore delle campagne contro i Frisoni, riceve da Gunderico, Patriarca di Treviri, la corona di Conte Palatino. Questo scatena l'immediata reazione dei Conti Siagrii, che temono, giustamente, che egli voglia, come il cugino Fosco, ripercorrere i passi dell'avo Peregrino di Leudico. Dopo una breve ed infruttuosa trattativa, scoppia la guerra.

605, Arabia : presso la Madinat al Hikma di Sakakah, completamento della traduzione in Arabo del Vangelo (in forma di Fashitta).

605, Armenia: Il generale persiano Datoyean sconfigge i bizantini a Getik. L'intera Armenia insorge contro Foca, ed acclama Cosroe-Tommaso, figio di Maurizio, come unico imperatore. La diplomazia messa in atto da sua moglie Rossana permette ai persiani di guadagnarsi i consensi di tutti i notabili Armeni.

609, Arabia: Sergio Bakhira ed Eufemio compongono le Vite di Mosè e Abramo. (Sirat al-Musa e Sirat al Ibrahim Hanifullah). Questo opere sono compilazioni dei testi veterotestamentari, integrati da canzoni tradizionali arabe e da influenze gnostiche. Nella Vita di Mosè è inserita la figura di al Khidr, conosciuta alla tradizione precedente.

610, Friuli: gli Avari tentano di invadere l'Italia ed assediano Aquileia con l'aiuto del Conte di Friuli, l'ariano Gisulfo. Agilulfo accorre sconfiggendolo e salvando così il Patriarcato.

A partire da questa data il Patriarca Candidiano da il via ad una vasta operazione di esplorazione e contatto, volta a strappare agli Avari la Pannonia e l'Illirico. Per questo favorisce lo studio della lingua dei Vendi, gli slavi occidentali assoggettati agli Avari.

609, Persia: il Patriarca Cattolico di Ctesifonte muore, gli succedono due Coadiutori, uno arameo, l'altro persiano: Babai e Aba. Aba si oppone all'opera di traduzione che Nu'man sta portando avanti a Sakakah, sostenendo che arabo e aramaico sono due lingue troppo simili, e che una traduzione è inutile e che dunque sottintenderebbe qualche intento eretico. Babai e Nu'man rispondono con una famosa lettera nella quale le differenza tra arabo e aramaico sono esposte con dovizia di particolari. Tale lettera è da molti considerata il primo testo di semitistica.

609, Costantinopoli: Eraclio depone e decapita Foca, prendendo il controllo dell'Impero Romano al collasso.

610, Mecca: Eufemio scrive la Prima Lettera ai Coresciti (Risala fi al-Quraysh al-Awwal), nota come l'Avviso (al Muhdar), e la inchioda sulla porta della Mecca. Come predicare al vento: i Coresciti prendono Eufemio per pazzo e continuano la loro politica di marginalità rispetto ai grandi imperi.

Seguendo rivelazione private e raccogliendo notizie da tutti gli shaykh che può incontrare, Eufemio compone la Storia Perduta dei Figli di Ismaele (Tarikh al-Mafqud al-Banu Isma'il), un libro sapienziale sui profeti arabi che lo hanno preceduto, che si conclude con la predicazione del Battista.

613, Gallia: Dopo dieci anni di guerre, Peregrino II viene unanimemente riconosciuto come Conte Palatino. I Conti Siagrii devono accettare, seppur con riluttanza, il suo dominio sulla Francia e sulla politica estera della Magistratura. Per i successivi trentacinque anni, Peregrino riuscirà a mantenersi alla testa della politica gallica, malgrado i continui complotti dei Conti Siagrii.

613, Egitto: grazie alla mediazione di alcuni monaci monofisiti armeni, i monofisiti egiziani accettano Cosroe-Tommaso come loro imperatore, ed aprono le porte di Alessandria al nuovo sovrano. Cosroe-Tommaso fa costruire due grandi cattedrali a Gerusalemme: San Tommaso e Santi Magi, per celebrare la grandezza della Persia.

614, Mecca: La comunità cristiana di Mecca ammonta ormai a diverse dozzine di fedeli, guidati da Eufemio. Aba e Babai, i due coadiutori della Chiesa Nestoriana, si confrontano su questa nuova costola della chiesa orientale, non riuscendo a stabilirne l'affidabilità e l'ortodossia. Eufemio è convocato alla Madinat al Hikma per essere posto sotto giudizio, ma egli rifiuta con sdegno, pubblicando piuttosto il suo Vangelo Meccano (Ingil Sahih al-Makki), esplicitamente docetista. Ciò gli aliena le simpatie della Chiesa Nestoriana ufficiale. I Coresciti ne approfittano per stringere relazioni politiche con Sakakah.

Vedendosi circondato, Eufemio pubblica la sua Apologia a Babai e la Seconda Lettera ai Coresciti, detta Il Monito (A'tidar fi Babai e Risala fi al-Quraysh ath-Akhir al Tahdir)

614, Cartagine: i Monofisiti egiziani riescono a rovesciare l'Esarcato. I greci ortodossi fuggono a Bisanzio, mentre Tommaso nomina un nuovo governatore, monofisista.

616, Gallia: Drago, figlio di Peregrino II, diviene Duca di Champagne. Questa nomina ha lo scopo di mettere i Conti di Lutezia sotto costante controllo.

617, Tracia: gli Avari giungono fin sotto le mura della Città, ma non disponendo di armi da assedio devono ripiegare.

617, Anatolia: i Persiani conquistano Rodi e si accampano a Calcedonia.

618, Gallia: Fosco II, secondo figlio di Peregrino II, diviene Conte di Palatino di Aquitania e Borgogna, esautorando di fatto i Siagrii locali.

617, Mecca: Eufemio scrive la Terza Lettera ai Coresciti, detta Il Giudizio (Risala fi al-Quraysh ath-Thath al Hakima), e la Lettera agli Abissini, detta Il Puro Monoteismo (Risala fi al-Habashat al Ikhlash).

619, Asia Centrale: i Sasanidi si scontrano con i Gokturk presso Marv, ma, non potendo contare ne sulle truppe impegnate nella conquista dell'Impero Romano, nè nel supporto militare degli Armeni monofisisti, vengono duramente sconfitti. Gli invasori turchi dilagano in tutte le regioni orientali, saccheggiando le città e distruggendo i templi del fuoco. Il Coauditore Babai di Ctesifonte acclama gli invasori come giusta punizione di Dio contro gli adoratori del fuoco.

619, Mecca: annus terribilis di Eufemio: la fronda dei monaci della città di Nu'man, mettono a dura prova la vocazione del monaco. Egli, solo e disperato, si consola scrivendo l'Eulogia di Maria (al-hamdu'l-Mariam, sulla vita di Maria) e il Viaggio Notturno (al-Mi'raj, a tema mistico).

620, Mecca: Eufemio scrive la Lettera agli Himyariti (Risala fi al-Himyar o Risala fi banu-Uways) e la Lettera agli Abitanti di Hira (Risala fi al-Hira).

621, Moravia: Samo, un mercante franco inviato da Peregrino II come ambasciatore presso la corte di Garibaldo II di Baviera, si spinge nei territori un tempo occupati da Rugi e Longobardi, scoprendo che gli Slavi sono ora indipendenti dai Germani. Tornato a Treviri, ottiene il permesso di fondare un Ducato in quella regione.

622, Arabia: Eufemio è costretto a fuggire da Mecca a causa delle persecuzioni messe in atto dai Coresciti. Dapprima cerca rifugio presso il monastero di Nu'man, ma i monaci lo respingono, accusandolo di eresia (e persino di essere posseduto dal Maligno). Adirato, Eufemio si scuote la polvere dai calzari e fugge a Yathrib, dove i pagani locali hanno richiesto un Vescovo per potersi convertire al Cristianesimo.

Eufemio giunge a Yathrib come giudice, ed in capo a poco tempo prende il controllo della comunità. Fonda la Madinat an-Nabiyya, la Città Profetica delle sue visioni, nella quale vita civile e monachesimo si fondano. Proibisce il celibato, detta la sua Legge.

Per dare concretezza alle sue visioni, comporrà con i suoi Compagni e segretari le Regole delle Città, della Guerra, dei Fratelli e delle Case (Qanun al-Madina, Qanun al-Harbi, Qanun al-Ikhwan, Qanun al-Bayt), nonchè detterà la Lettera agli Ebrei (Risala fi Yahud)

622, Moravia: Samo fonda il suo Ducato in Moravia, attirando slavi e latini che fuggono davanti allo strapotere degli Avari. Il Patriarca di Aquileia Primogenio invia missionari e consiglieri. Garibaldo II di Baviera dal canto suo gli fornisce un gran numero di mercenari germani, arruolati tra coloro che prima occupavano la regione a nord del Danubio.

Anche Eraclio supporta questo progetto, nella speranza di alleggerire la pressione avara sui Balcani.

622, Cilicia: dopo anni di preparativi, Eraclio sbarca con il suo esercito a Isso, a pochi giorni di marcia da Antiochia. Qui ottiene una vittoria decisiva, che cambia il corso della guerra. Quindi stringe alleanza con i Gokturk e si prepara a respingere per sempre i persiani.

626, Costantinopoli: Secondo assedio avaro alla Città.

627, Assiria: Eraclio sconfigge definitivamente i persiani a Ninive.

628, Asia Centrale: Sasanidi e Gokturk occidentali si scontrano in Transcaucasia, ed i secondi ottengono un'importante vittoria.

628, Ctesifonte: Nel caos causato dalla vittoria romana, Babai il Grande viene martirizzato. Gli succede Isho'yahb II. La comunità meccana però sottomette il loro riconoscimento del nuovo Patriarca all'elevazione di Eufemio a Patriarca degli Arabi.

628, Arabia: Eufemio, dopo sei anni di guerra, riesce, approfittando dello sbando dei persiani, a sottomettere i monaci della Madinat al Hikma al suo potere. La fortezza di Sekakah viene rasa al suolo, gli abitanti portati a Nabiyya (ma da uomini liberi), mentre i monaci sono costretti a prendere moglie o a far ritorno a Ctesifonte (quasi tutti prendono moglie). Eufemio impone la sua versione araba delle Scritture contro quella numanita.

630, Arabia. Eufemio strappa ai Coresciti i permesso di compiere il sacro hajj alla Ka'ba insieme ai suoi. Durante questo pellegrinaggio detta i Cheriama, una summa di tutti i suoi insegnamenti.

630, Pannonia: Il Khan degli Unni Onoguri, cioè i Bulgari, Kubrat, guida una vasta ribellione contro gli Avari. Questi ultimi tuttavia riescono a mantenere le posizioni sui Carpazi, e i Bulgari devono accontentarsi delle Steppe Nordpontiche.

630, Arabia: Eufemio e i suoi alleati sconfiggono i Meccani, riprendendo possesso della Ka'ba, che viene convertita in un santuario. Le tribù arabe, riconoscendo in Eufemio un loro consanguineo (che per di più predica nella loro lingua), si alleano con la comunità di Nabiyya.

Eufemio, con il suo grande fiuto politico, si auto-eleva a Patriarca degli Arabi, togliendo così ai Cristiani di Ctesifonte ogni diritto e ogni primato sull'Arabia.

631, Francia: Peregrino II sottomette definitivamente i Frisoni. Morte di Drago, suo primogenito.

631, Pannonia: vedendo gli Avari in difficoltà contro i Bulgari, Samo decide di sfruttare l'occasione propizia. Raduna presso la sua capitale Brenna molti Slavi, Longobardi e soprattutto Bavari (Garibaldo II in particolare invia 3000 mercenari Turingi prelevati dalle regioni a nord del Danubio), quindi marcia lungo il Danubio. Gli Avari sono presi del tutto di sorpresa, e il Ring, la loro capitale, viene conquistata e data alle fiamme. Samo quindi torna sui Carpazi, mentre la fama delle sue gesta si diffonde presso tutti i popoli sottomessi agli Avari.

632, Nabiyya: Eufemio, Patriarca degli Arabi, muore tra le braccia della moglie Aisha. Secondo le regole lasciate alla sua comunità, un consiglio di anziani si riunisce per acclamare il suo successore (che porta il titolo greco di Epomeno). La scelta cade sul padre di Aisha, un fedele che ha scelto il nome di Virginio Crispo.

632, Bassopiano Sarmatico. Fondazione della Grande Bulgaria. Kubrat estende il suo dominio dal fiume Nistrio ai confine del Khanato dei Gokturk, rendendosi indipendente dai suoi signori Avari.

632, Pannonia: il Khan degli Avari, subite due sconfitte (contro Costantinopoli nel 626, contro i Bulgari nel 630) tenta il tutto per tutto cercando di ristabilire il suo dominio sugli slavi. Attacca quindi Samo per vendicare l'onta del rogo del Ring.

Avari e alleati di Samo (Bavari, Longobardi, Slavi e altri) si scontrano nella battaglia di Wogastisburg. Dopo tre giorni di combattimenti, gli Avari sono completamente sconfitti. L'uso sagace delle caratteristiche del campo di battaglia, i rinforzi provenienti dal Conte Garibaldo e il supporto logistico e di intelligence fornito da Aquileia rendono possibile una vittoria schiacciante.

Gli Avari fuggono verso sud, oltre le Porte di Ferro, sul Basso Danubio.

L'intera Pannonia, fino alla Transilvania, viene inglobata nel Ducato di Samo. Samo stesso riceve gli oli sacri e viene incoronato Maestro di Pannonia e Moravia dal Patriarca Primogenio. I suoi sudditi, che chiameranno se stessi Veleti, avranno il latino come lingua della cultura e della corte.

633, Iraq: gli Arabi invadono la Mesopotamia, ottenendo l'immediato supporto dei Nestoriani, timorosi del dominio bizantino.

634, Siria: gli Arabi invadono la Siria, che apre loro le porte. I Bizantini sono accerchiati e sconfitti a Bosra e Damasco. Antiochia si ribella prima ancora che gi Arabi giungano alle sue mura.

Muore Virginio Crispo, gli succede come Epomeno uno dei generi di Eufemio, Zosimo I.

635, Iraq: i nestoriani di Persia acclamano gli arabi come liberatori. Un esercito di Zoroastriani guidato dagli ultimi Sasanidi riesce a bloccare l'avanzata araba per qualche tempo, ma si trova ben presto circondato.

636, Giudea: gli Arabi di Khalid e Zosimo si scontrano con l'armata bizantina presso il fiume Yarmuk, in una delle battaglie decisive della Storia. I bizantini sono sconfitti, e il Levante intero entra nell'Epomenato.

637, Francia: Morte di Fosco II, assassinato da partigiani veterani delle Guerre Frisoni. Morte di Peregrino II, che cade colpito dalle febbri a poca distanza da Domnomago. Gli succede il figlio di Fosco, Teudaldo.

640, Egitto: gli Arabi conquistano l'Egitto quasi senza colpo ferire.

641, Francia: il figlio bastardo di Peregrino, Marcello Teudes, fugge dalla sua prigionia dorata a Colonia e inizia la sua scalata al potere.

644, Nabiyya: proprio ne giorno in cui giunge la notizia della definitiva conquista della Persia, Zosimo I viene assassinato da uno schiavo. Gli succede Otis.

645, Gallia: Marcello Teudes è ora Conte Palatino di Tutta la Gallia. Teudaldo e Fosco II sono inviati al monastero di San Michele in Bretagna.

646, Medio Oriente: gli Arabi conquistano l'Armenia e l'Asia Minore fino a fiume Halys.

647, Africa: inizio delle campagne africane degli Arabi.

650, Steppe Nordpontiche: gli agenti bizantini riescono a rovesciare il dominio dei Gokturk sulle steppe. I Cazari occupano così la regione tra il Caspio ed il Mar Nero, intervenendo anche a sud del Caucaso per sconfiggere gli Arabi in Atropatene.

653, Italia: Ariperto, figlio di Gundoaldo duca di Asti, a sua volta figlio di Garibaldo I di Baviera, diviene re dei Longobardi e Maestro d'Italia. La presa dei Patriarchi di Aquileia sull'Italia, attraverso la famiglia reale Bavarese, si fa ancora più forte.

655. Steppe Nordpontiche: i Bulgari estendono la loro influenza su tutta la Sarmazia occidentale, fino ai confini della Germania.

656, Kufa: Otis è assassinato. Gli succede Aristone, che sposta la capitale a Kufa. Immediatamente i parenti di Otis si ribellano, sotto la guida di Licino, governatore del Levante. L'impero Arabo si spacca in quattro parti: l'Egitto sotto il generale Niceta, il Levante e l'Arabia sotto Licino, Bassora e il Golfo sotto Aisha, Zubayr e Talha e l'Iraq e l'Iran sotto Aristone.

658, Moravia: Samo muore di vecchiaia nella sua capitale Brenna. La Magistratura, sua creazione, va in pezzi. Praticamente tutti i Duchi di Germania, Baviera ed Italia hanno sposato una delle sue figlie (si dice ne abbia avute 40 da 12 mogli, ma le cronache riportano solo 37 nomi), per non parlare dei suoi figli maschi, che ritengono tutti di avere buon diritto alla carica di Maestro. La Cronaca di Fredegario conta più di 50 pretendenti. Pannonia e Moravia piombano nel caos, mentre il potere reale si concentra nelle mani dei capi dei villaggi fortificati, sempre più spesso Vescovi piuttosto che Duchi, e in quelle dei mercanti di origine italiana.

660, Germania: prima Invasione Bulgara. Kurbat (accompagnato dal figlio ed erede Batbaian), avendo ricevuto abbondanza di doni ed informazioni da Costantinopoli, attacca di sopresa le fortezze montane dei Carpazi, conquistando Nitra e Hungvar in un battibaleno. Cala quindi in Pannonia, mettendo a ferro e fuoco le campagne ed espugnando dodici città fortificate, di cui mette a morte di Vescovi. Non contento del successo ottenuto, punta decisamente verso la Baviera, risalendo il Danubio e sconfiggendo i Bavari (e i loro alleati Logobardi) a Passava. Theodo III, Conte di Baviera, è catturato e messo a morte, e Radasbona, rimasta indifesa, viene saccheggiata. L'intera Magistratura di Baviera, dopo quella di Pannonia, subisce un colpo tremendo.

L'avanzata dei barbari è infine fermata nella battaglia di Franconofordio: Marcello Teudes, Conte Palatino di Gallia, sconfigge gli invasori, per poi inseguirli verso oriente. La Baviera è restaurata come Contea, parte della Magistratura di Gallia, ed affidata a Theodo V. La Turingia diviene un Ducato. Pannonia e Moravia reagiscono più lentamente, ma anche qui i Bulgari sono espulsi, almeno dai centri maggiori.

661, Bassopiano Sarmatico: Kotrag, figlio di Kubrat e fratello di Batbaian, conquista le regioni del Volga e vi stabilisce un Khanato dipendente d quello Bulgaro. La Grande Patria Bulgara si estende ora dai Carpazi agli Urali.

661, Siria: Aristione viene assassinato, e suo figlio Agatone cede il titolo di Epomeno a Licino (i suoi alleati continueranno ad attriburgli il titolo personale di Igumeno). Riunita la comunità araba, Licino da il via ad una nuova espansione.

La capitale viene spostata a Damasco. Tutto l'Impero Arabo è diviso in cinque regioni corrispondenti ai Patriarcati: Alessandria, Antiochia-Damasco, Cartagine, Ctesifonte-Kufa, Nabiyya. Dal punto di vista religioso l'Impero professa il Nestorianesimo docetista predicato da Eufemio: l'uomo Gesù, nato per miracolo dalla Vergine, è venerabile e santo, ma distinto dallo Spirito di Dio, sceso su di lui al Giordano e spirato da lui al momento dell'estremo "Eloì Eloì". Lo Spirito di Dio ha resuscitato l'uomo Gesù che ha predicato dopo la sua morte in Arabia. Il Nestorianesimo pone una forte enfasi sull'ortoprassi e sulla semplificazione delle pratiche rituali, non ammette il monachesimo e il celibato e prevede, almeno di principio, l'assoluta uguaglianza tra i membri della comunità. Nell'ambito della comunità profetica, sono ammesse cinque religioni: il cristianesimo (copto o calcedoniano poco importa), il giudaismo rabbinico, la religione dei samaritani, il platonismo ermetico e gnostico, la religione di Eufemio. Le elite arabe si diffondono in tutto l'Impero soppiantando Greci e Persiani. In ogni regione i governatori e i capi militari sono arabi di Nabiyya o di Mecca, mentre lo scioglimento dei monasteri e la distruzione dei templi zoroastriani permette una più rapida caduta delle elite precedenti.

Nell'impero vige una condizione di diacrolettia: in ogni patriarcato si ha l'arabo come lingua della politica, la lingua locale come lingua della religione (copto, aramaico, berbeo, persiano o arabo). Il greco rimane la lingua veicolare per i contatti internazionali. Col tempo sarà sostituita dall'arabo e dal persiano, ma l'uso di nomi greci (come Eufemio, Zosimo o Licino) e titolature greche (come Epomeno o Igumeno) resisterà a lungo.

665, Gallia: Numeriano, Patriarca di Treviri, incorona Marcello Principe e Conte Palatino di Tutta la Gallia (esercitando un potere che non gli spetterebbe, almeno per le Contee di Bagaudia, Aquitania e Borgogna). I Conti Siagrii sono infine esautorati, e uno ad uno mandati a morire in monastero, sotto voto di silenzio e castità.

665, Bassopiano Sarmatico: Kubrat, dopo il parziale successo dell'invasione della Germania, guida le sue schiere verso nord, conquisstando la regione dei grandi fiumi fino al villaggio di Mosca, dove muore. Gli succede Batbaian.

668, Steppe Caspiche: Batbaian interviene contro i Cazari, rei di essersi ribellati al dominio bulgaro. Questi ultimi però, anche grazie al supporto delle spie bizantine, riescono a sopraffare l'avanguardia bulgara e ad uccidere Batbaian. Il suo fratello e successore, Asparuh, riconosce i Cazari come Khanato indipendente.

669, Gallia: Marcello Teudes muore, lasciando la Gallia ai figli Peregrino III e Marcellino.

669, Pannonia: Inizia la ribellione anti-bulgara guidata da Florio Samo, vescovo di Savaria. I Bulgari sono respinti oltre il fiume Tirso.

670, Pannonia: Asparuh cala con la sua orda in Pannonia, per riconquistare le città ribelli. Gli agenti di Aquileia però intervengono comprando l'aiuto degli Avari, che giungono dalla pianura del basso Danubio con grandi contingenti di Slavi in aiuto del Vescovo Florio. Non c'è nessuna battaglia: Asparuh si ritira oltre i Carpazi. L'anno seguente Nitra e Hungvar tornano latine.

670, Africa: gli Arabi piombano sull'Africa romana spaccata da secoli di lotte religiose, ponendo fine alle divisioni e al governo romano. Molti eretici locali, docetisti, accettano la Fede di Eufemio come nuova religione.

672, Asia Centrale: inizio dell'avanzata Araba in terra Turca.

678, Gallia: Marcellino si ritira a vita monastica nell'Italia Meridionale, lasciando tutto il potere nelle mani del fratello Peregrino III.

679, Gallia: Peregrino III è incoronato dal Patriarca Numeriano come Maestro di Gallia. Questo titolo, in disuso dai tempi del Conte Ecdicio, viene restaurato dal Patriarca appositamente per fornire una legittimità superiore a Peregrino.

I Conti Siagrii ancora in vita vengono uno ad uno assassinati. Solo Egidio VII di Taifelia muore nel suo letto, devastato dalla lebbra.

680, Damasco: Morte dell'Epomeno Licino. Gli succede il figlio Efrem I. Negli anni seguenti si suseguiranno altri due Epomeni, Licinio II e Pietro I.

681, Istmo Balto-Pontico, ora Bulgaria: I Bulgari stabiliscono il loro Primo Impero. Asparuh, loro Khan, pone la sua capitale nella regione dei Sorabi di Lusazia, a Wroclaw-Preslav-Breslavia. Il suo impero si estende fino alle terre degli Obodriti a Nord, dei Tveriani e degli Anti verso il Mar Nero, e a est e a nordest fino alle sedi dei Bulgari sul Volga. Lo Slavo, lingua franca degli Avari, che si è diffuso ampiamente in queste terre, viene adottato anche dai Bulgari.

685, Damasco: diviene Epomeno Basilio I. L'impero tuttavia è frammentato e gli usurpatori proliferano.

692, Damasco: Dopo sette anni di guerre, Basilio I è l'unico Epomeno.

698, Bulgaria: Asparuh muore, gli succede Tervel.

704 Gallia: Peregrino III conquista Provenza e Settimania. I Goti mantengono come ultimo baluardo la Catalogna e le città di Saragozza e Barcellona.

705, Damasco: muore Basilio I, gli succede Neogeno I.

 

Marcello il Grande e i suoi Discendenti (711/800)

711 Gallia: Peregrino III muore nel suo letto. Gli succedono i figli Marcello II e Marcellino.

711, Spagna: Arabi e Mori invadono la Spagna sostituendosi agli Esarchi Greci.

715, Damasco: muore Neogene, gli succede Salomone.

716, Baviera: Muore Theodo V, Conte di Baviera. Marcello ne sposa la sorella Uta, annettendo Norico e Baviera alla direttamente Magistratura di Gallia.

A partire da questo anno i Patriarchi di Aquileia sovvenzionano gli Slavi dei Carpazi e delle pianure del nord (Boemi, Sorabi, Polani e Slovacchi) perchè si ribellino ai loro padroni Bulgari.

717, Damasco: l'Epomeno Zosimo II convoca e presiede il Sinodo di Damasco. Dopo il caos della conquista araba, la gerarchia della Chiesa d'Oriente è profondamente riformata. Dopo il sacerdozio, la Chiesa nestoriana supera anche l'episcopato. Al di sopra del singolo fedele sono riconosciuti solo i titoli di Cattolico (che equivale a Patriarca) e di Epomeno (cui sono riconosciute le prerogative religiose del Basileo). I Cattolici non hanno alcun potere reale, e sono scelti tra i membri della famiglia di Zosimo stesso. Il Sinodo stabilisce che i Cattolici abbiano sede a Qairawan in Africa, a Kastra in Egitto, a Damasco, a Kufa e a Qom.

Il Sinodo regola anche i rapporti con le altre fedi. I Copti Monofisiti sono riconosciuti e il loro Patriarca partecipa al Sinodo come uditore. I Vecchi Nestoriani sono per lo più ignorati. I Calcedoniani, detti anche Melkiti, vengono tenuti in grande considerazione dal punto di vista politico, ma si cerca di limitare le loro espressioni religiose.

725, Aquitania: i Mori di Spagna conquistano Nimes.

720/740, Sassonia: Campagne Sassoni: Marcello cerca di portare il confine della Gallia il più vicino possibile a quello dei Bulgari. I Sassoni sono coquistati e convertiti con la forza.

732, Spagna: I messi dei Mori propongono al Patriarca di Treviri di adeguarsi alla loro eresia, portando a compimento lo Scisma Tricapitolino. Marcello risponde deponendo il Patriarca Liutvino e ponendo sulla Cattedra di Treviri Milone. Per la prima volta è il potere politico ad imporre la sua agenda a quello religioso, e non viceversa. Il Patriarca di Aquileia è oltraggiato, ma deve abbozzare.

Dopo questa operazione, che gli è costata molto prestigio, Marcello invade la Spagna. Sa che deve dimostrare la propria forza sia ai Mori che ai loro simpatizzanti entro la Magistratura. Alla guida dei suoi cavalieri, saccheggia Saragozza e Pamplona, e porta i Ducati di Asturia e Galizia entro la sua autorità.

732, Italia : Liutprando, Re dei Longobardi, conquista Ravenna. I bizantini, disperando di poter riconquistare l'Italia, chiedono l'intervento di Marcello, considerandolo un fedele Conte dell'Impero. Egli nicchia, ma quando Papa Gregorio II si unisce alla richiesta (si dice temendo la conversione di Liutprando alla Fede di Eufemio), cala in Italia e sconfigge i Longobardi. Ravenna viene conquistata dai Galli, ma non riconsegnata all'Impero. In seguito Marcello marcia su Roma e la consegna al Papa Zaccaria.

735, Italia: il Patriarca di Aquileia Callisto abdica e si ritira in intensa preghiera presso il monastero di San Crisogono sull'Isola di Veglia. Marcello riesce a imporre il suo candidato, il bavaro Sigualdo. Mentre tiene corte a Monza, convoca il nuovo patriarca e Papa Zaccaria, e patrocina la ricomposizione dello Scisma Tricapitolino. Sigualdo fa voto di obbedienza al Soglio, mentre Zaccaria riconosce la titolatura patriarcale con autorità "su tutti i Veleti e gli Slavi".

739, Bulgaria: Marcello passa nella Marca dei Veleti, dove, stretta alleanza con Ogier il Danese, affronta i Bulgari. Dopo un anno di battaglie, giunge infine a Breslavia e ne conquista la fortezza (Kremla) dandola alle fiamme. Il Khan Sevar, ultimo sovrano del Clan Dulo, viene catturato dai Galli e condotto in catene ad Aquisgrana. Per l'Impero Bulgaro inizia un cinquantennio di disordini e usurpazione durante il quale i Clan Ukil e Ugain si contendono il potere. La Gallia invece ne approfitta per rafforzare la presa Latina sulla Germania e sulla Pannonia. Vengono create le marche dei Veleti, dei Moravi e dei Sorabi.

739, Pannonia: Marcello, rinforzati i confini orientali, cala nel Bacino Pannonico e annette tutto il Ducato di Samo, fermandosi solo a Sigidunum. Quattro Duchi discendenti da Samo sono insediati in Transilvania, ma non prestano Federatico all'Imperatore. Le fortezze di Nitra e Hungvar sono affidate ad un Marchese che si occupa della difesa del confine Carpatico. Altri due Marchesi sono insediati presso i Croati (con capitale sull'isola di Veglia) e presso i Bosniaci (con capitale a Domavia, presso le miniere d'argento)

740, Aquisgrana: Marcello riforma il suo dominio, abolendo tutte le Magistratura e mantenendo per se il titolo di Maestro ma senza designazione territoriale, e dividendo l'intero territorio in 12 Contee e 12 Marche (zone di confine amministrate da un capo militare, il Marchese)

743, Italia : Marcello è incoronato Imperatore da Papa Zaccaria in persona. Il suo titolo è quello di Serenissimo Marcello Augusto Imperatore dei Romani Maestro di Gallia, Pannonia, Norico, Germania e Italia

747, Asia Centrale: Il predicatore Crisitano Crisitanide e Teodulo Sclero il Generoso si mettono alla testa di una rivolta antiaraba in Iran.

750, Siria: le forze della Rivoluzione Scleride scardinano l'Epomenato Arabo, sostituendolo con una più blanda base etnica. L'Epomenato Scleride viene riconosciuto dall'Atlantico all'Indo.

758, Azerbaijan: Ras Tarkhan, capo dei Cazari, invade l'Azerbaijan e sconfigge gli Arabi.

759, Gallia: Marcello il Grande passa a miglior vita.

 

Situazione nel 759:

Imperatore (Aquisgrana)

Conte di Bagodia (Lutezia)
Conte di Aquitania (Tolosa)
Conte di Provenza (Arles)
Conte di Borgogna (Lione)

Marchese di Asturia (Vega)
Marchese di Catalogna (Tortona)
Marchese di Spagna (Saragozza)

Marchese di Dumnonea (Rennes)
Marchese di Brigeria (Nantes)
Marchese di Cornovia (Vannes)

Conte di Francia (Treviri)
Conte di Teutonia (Mogonzia)
Conte di Baviera (Radasbona)
Conte Sassonia (Brema)

Marchese dei Veleti (Nikilot)
Marchese dei Moravi (Praga)
Marchese dei Sorabi (Dresdene)

Conte di Lombardia (Pavia)
Conte di Friuli (Cividale)
Conte di Tuscia (Modena)
Conte di Pannonia (Sigidone)

Marchese di Nitra (Nitrava)
Marchese dei Croati (Veglia)
Marchese dei Bosniaci (Domavia)

Per dirmi che ne pensate, scrivetemi a questo indirizzo.

Iacopo

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Questo è l'articolato commento del solito Bhrghowidhon:

Mille grazie per questa nuova monumentale ucronia, ma c'è un antefatto? Perché i riferimenti a "Serico seniore" (un saggio cinese?) sono troppo allusivi... (Forse si trovano in qualche opera celebre, mi scuso della mia ignoranza).

L'espansione della Latinità "oltre il Reno e il Danubio a scapito di Bisanzio" significa che l'Impero d'Occidente conquista la Germania e (di nuovo) la Dacia 'compensando' i Germani con territorî dell'Impero d'Oriente? I fatti ucronici del 457 sembrerebbero suggerirlo, ma il dubbio mi sorge perché per esempio i Longobardi, che appunto nel 457 si stanziano in Epiro, nel 560 figurano puntualmente in Pannonia.

(Siccome - come si noterà dal mio indirizzo - sono appassionato di nomi che risalgono a composti indoeuropei con */bh-/ iniziale, non resisto alla tentazione di chiedere da dove proviene Beorgor come nome ostrogoto...)

Il cenno all'"Iper-Romanìa" (se interpreto correttamente) e a un Impero Bulgaro "molto alternativo" mi spinge a osare un modestissimo contributo in proposito, per quel niente che posso.

Come mostrato dalla Genetica delle Popolazioni, i Bulgari e i Romeni discendono direttamente dagli Agricoltori Neolitici immigrati dall'Anatolia con l'onda demica di avanzamento iniziata nel 7000 a.C.; questi erano linguisticamente Indoeuropei e dalle loro varietà di indoeuropeo preistorico si sono formate le lingue pregreche e preromane della regione, ossia il tracio e il daco-misio, entrambi lessicalmente e fonologicamente simili al baltoslavo. Questa situazione linguistica si è complicata a partire da Filippo II. a Sud della Catena dei Balcani e a partire da Augusto a Nord dei Balcani, con l'introduzione rispettivamente del greco e del latino come lingue veicolari, senza tuttavia che venissero in alcun modo abbandonati i dialetti traci e daco-misî.

Per tutta la durata dell'Impero si è continuato così, col latino e il greco che si diffondevano nelle città lungo la costa e rispettivamente sulla Riva Meridionale del Danubio; dalla seconda metà del IV. secolo dopo Cristo si sono avuti insediamenti gotici e di altre popolazioni germaniche, mentre da Teodosio in poi il latino e il greco hanno cominciato a imporsi anche nelle ville rurali. A Nord del Danubio invece il latino è rimasto confinato nelle parti delle città che avevano conosciuto qualche forma di colonizzazione romana; per il resto il Regno dei Goti e poi degli Unni hanno semplicemente diffuso (entrambi) il germanico come lingua veicolare dell'esercito.

Con l'arrivo degli Avari (568) e le migrazioni slave (che sono state ingrossate dai Daci, come visto linguisticamente simili ai Baltoslavi), il baltoslavo meridionale (cioè il futuro protoslavo) si è sostituito al germanico come lingua veicolare; gli "Invasori" Slavi erano sì numerosi, ma quanto i Germani in Occidente: se è vero che questi ultimi avrebbero potuto imporre la propria lingua alle popolazioni neolatine se si fosse avuta una Conversione Religiosa generalizzata all'Arianesimo (così come è avvenuto agli Slavi grazie alle conseguenze della Missione Cirillo-Metodiana), è anche vero che di fatto tale Conversione non è avvenuta e che quindi non ha avuto luogo alcuna Germanizzazione, per cui anche la Slavizzazione non sarebbe sussistita se si fosse basata solo sull'apporto degli Slavi veri e proprî; ciò che è stato decisivo è che, come in Occidente i Celti non romanizzati si sono germanizzati (esempio classico l'Inghilterra), così più a Est sono stati i Popoli Preromani (Daco-Misî, Pannoni, Dalmati, Illirî, anche Celti) non romanizzati ad aderire all'alternativa locale alla Romanità, gli Slavi (a parte gli Illirî rimasti tali - gli Albanesi - così come in Occidente i Baschi e i Britanni).

Come in Occidente la Romanizzazione si è compiuta nel periodo dei Regni Romano-Germanici, così sul Basso Danubio la Romanizzazione - partita con Teodosio dalle città bassodanubiane - è diventata maggioritaria sotto il Regno Romano-Barbarico locale, quello dei Protobulgari (dal 680), che erano semplicemente un residuo degli Unni e quindi di lingua altaica, probabilmente turco-tatara. Si sono quindi verificati i seguenti due fenomeni, perfettamente paralleli all'Occidente: con gli Avari (dal 568) i Non Romanizzati si sono slavizzati (così come in Occidente si germanizzavano), favoriti anche dalla somiglianza originaria tra daco-misio (nonché tracio) e baltoslavo, mentre con i Protobulgari (altaici) il latino (protoromeno) ha continuato a diffondersi dalle città (da notare che il Khānato Protobulgaro, nella sua massima estensione, è l'unica compagine politica a coincidere con la diffusione antica del romeno).

Nell'852 il Khān Boris I. si è trovato a doversi bilanciare tra Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, rispettivamente con o contro il Principato della Grande Moravia, che dopo l'abbattimento degli Avari da parte di Carlo Magno rappresentava l'interlocutore privilegiato per l'espansione bizantina in Europa Centrale; per difendersi da Bisanzio, Boris ha stipulato un'alleanza coi Franchi Orientali contro la Grande Moravia, in aiuto alla quale tuttavia è intervenuto lo stesso Impero Bizantino attaccando la Bulgaria. Boris si era accordato per convertirsi al Cristianesimo (ossia per entrare nel Sistema Imperiale) sotto il Patriarcato di Roma, ma Michele III. lo ha costretto a convertirsi (864-866) sottomettendosi al Patriarcato di Costantinopoli, quindi in prospettiva a sostituire la romanizzazione con l'ellenizzazione. Fatto ciò (a differenza della Grande Moravia, che invece si andava configurando come Patriarcato a sé, quindi slavo, con grande scorno sia dei Franchi Orientali germanici sia della popolazione neolatina locale residua, donde la successiva repressione), Boris ha nondimeno tentato un riorientamento su Roma, chiedendo che fosse almeno riconosciuto un Arcivescovato di Bulgaria (il temporaneo riavvicinamento al Patriarcato di Roma ha anche determinato l'allontanamento dei Missionarî Tedeschi, in quanto il loro scopo pareva raggiunto). Al reiterato rifiuto di Roma, che nel frattempo era costretta a smussare le ostilità con Costantinopoli per via dell'emergenza musulmana in Sicilia, l'uccisione di Michele III. e il subentro di Basilio I. (fondatore, per ironia della sorte, della Dinastia Macedone del futuro Basilio II. Bulgaroctono, un secolo dopo) hanno indotto Boris a concludere un accordo segreto nel Concilio di Costantinopoli, in cui i Delegati Bulgari hanno dichiarato che il loro popolo all'arrivo nelle proprie Sedi storiche aveva trovato un Clero di lingua greca e perciò hanno posto le basi per ristabilire l'egemonia greca in Bulgaria, tuttavia con la novità dell'istituzione dell'Arcivescovato (867), in lingua non greca (né latina) bensì paleoslava (893), col contributo dei residui della Missione caduta in disgrazia (per le pressioni tedesche) in Moravia, sia pure in grafia greca (il cosiddetto cirillico, in realtà maiuscola onciale greca) anziché glagolitica (la scrittura realmente ideata da Costantino Cirillo, in gran parte sulla base della corsiva minuscola greca con l'introduzione di grafemi copti e semitici). Ciò ha posto fine alla politica "romano-barbarica" di diffusione del latino dalle città, senza peraltro sostituirla con una analoga ellenizzazione (che invece ha avuto luogo nella Grecia nel frattempo slavizzata), bensì con la diffusione - come in ogni altro Regno convertito - della lingua della corte, ormai slava - come la popolazione delle campagne, Traci e Daco-Misî slavizzati al tempo degli Avari - dato che lo stesso Boris ha eliminato metà dell'Aristocrazia altaica protobulgara, quando si era opposta alla Cristianizzazione (ai loro occhi Bizantinizzazione).

Da notare che, tuttavia, entro due anni dall'inizio del Regno del successore Simeone (893-927), quindi entro l'895, tutti i territorî a Nord del Danubio sono stati persi a favore dei Peceneghi e quindi in questi il processo di Romanizzazione non è stato contrastato e quindi ha continuato lentamente a proseguire anche nel primo secolo dell'insediamento dei Magiari in Transilvania (dall'896), fino a quando la Conversione degli stessi Magiari (soprattutto con l'incoronazione di Santo Stefano, 1000-1001) ha iniziato a imporre l'ungherese, come avviene alla lingua di corte in ogni Conversione. A Sud del Danubio, invece, la Romanizzazione è stata, come si è visto, sostituita dalla slavizzazione a 'tenaglia' (dalla Chiesa e contemporaneamente dalle campagne daco-misie e tracie slavizzate al tempo degli Avari per affinità linguistica e per la circostanza della lingua veicolare dell'esercito). Nel dominio storico di Simeone, il greco era confinato alle città costiere, il latino è regredito nelle stesse città bassodanubiane.

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Questo invece è il parere di Basileus TFT:

Senza l'intervento di Galla Placidia, Attila non credo sarebbe andato in Gallia; avrebbe puntato direttamente sull'Italia, ma i suoi cavalieri avrebbero potuto passare le Alpi solo nella zona giuliana, dove i Romani, se l'impero aveva forze sufficienti, potevano facilmente arroccarsi e vincere. L'Impero che credo durerà di meno è quello Balcanico, senza Costantinopoli e con poche zone ricche (come la Grecia) diventerà facile preda dei Goti. Concordo sulla caduta dell'Oriente.

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Riprende allora la parola Iacopo:

Grazie mille, Bhrghowidhon. Vorrei darti qualche spunto sulle linee guida che ho seguito:

Serico Seniore
Serico Seniore è un McGuffin. Dovevo far si che Aezio potesse uccidere Valentiniano ed Eraclio, ma il Magister Militum non può portare armi al cospetto dell'Imperatore, quindi Aezio poteva usare solo le nude mani contro le spade dei due assassini. Pensando a ciò mi è venuta l'idea del kung fu. All'inizio avrei voluto un monaco shaolin, ma sarebbe stato troppo in anticipo sulla fondazione del tempio. Così ho immaginato un saggio taoista, Lao Si, che si fosse unito agli Unni. Non credo sia un cinese in senso etnico, probabilmente è l'allievo di qualche santone taoista che si è ritirato sui monti occidentali, nel bacino del Tarim, per affinare le tecniche mistiche. Insomma, Serico Seniore non esiste: serve solo a dare ad Aezio e ad Attila la possibilità di sopravvivere.

L'espansione della Latinità
Il progetto è che i fenomeni che hanno portato all'espansione del Latino in Europa Occidentali si estendano alla Germania, al Bacino Pannonico e ai Carpazi, nonché, in un periodo successivo alla fine del testo dell'ucronia (1204? 1250? 1261? non oltre comunque), a parti del Bassopiano Sarmatico. In sostanza la Latinità ingloba il progetto geopolitica della Grande Germania. Questo non significa che si formi un iperimpero nel senso di una compagine politica, e nemmeno di un sistema di alleanze: l'Europa ucronica potrebbe essere addirittura più litigiosa di quella reale.

I Longobardi e i Germani nei Balcani
Qui, come si può notare, ho avuto dei ripensamenti. Inizialmente i Longobardi dovevano stanziarsi in Epiro ed Arcadia e costituire una spina nel fianco di Costantinopoli fino almeno al regno di Anastasio. Nel 560 però avevo bisogno di un popolo che invadesse l'Italia su spinta dei Patriarchi di Aquileia, per compiere lo Scisma Tricapitolino sul piano politico, quindi ho dovuto sostituire il regno romano-germanico longobardo in Grecia con una semplice dominazione tribale.
Il punto è che mi piacerebbe poter assegnare una casa balcanica ai Germani (orientali), ma essi sono i grandi sconfitti di questa ucronia. Gepidi e Longobardi tengono sotto pressione Costantinopoli, non ne accolgono mai l'alleanza. Nell'ucronia Costantinopoli ha un controllo molto meno saldo sui Balcani, il suo Impero va incontro ad una più rapida disgregazione. Questo è in parte il motivo per cui la presa orientale sull'Illirico (e sulla stessa città di Tessalonica!) è molto debole. Si formano più facilmente despotati locali. 
Inoltre nel 550 arrivano puntualmente gli Avari (le guerre persiane procedono come nella nostra timeline fino a Cosroe II), e i Balcani sono slavizzati. Quindi, nessuna ricompensa per i germani.
Detto ciò, un regno longobardo d'Arcadia o d'Epiro mi affascina ancora. Però mi serve una buona alternativa per l'invasione dell'Italia.

Beorgor
Beorgor è un personaggio noto alle cronache del tempo, ne parlano sia Cassiodoro che il Conte Marcellino. Comandava una banda di Alani che saccheggiò il nord Italia nel 463/4 e fu sconfitto da Ricimero il 6 febbraio. Non avevo neanche idea che il nome fosse Ostrogoto, ma in effetti era abbastanza probabile.

Romania-Ladinia
Grazie infinite per il tuo utilissimo, dettagliatissimo e rarissimo schema dello sviluppo del rumeno.
Ora, il punto è che nell'ucronia non esistono Regni Romano Germanici, ma Magistrature Latine Federali. Alcune Magistrature hanno un'elite germanica (Spagna, poi Catalogna, Italia "Longobarda), mentre le altre hanno un'elite romana provinciale, più o meno integrata da elementi barbari (più il Norico, che infatti cambia nome in Baviera, un po' meno l'Africa, meno di tutte la Gallia). 
Il ruolo latinizzante ricoperto dal primo impero bulgaro, sarà ricoperto nel Bacino Pannonico dal Regno di Samo. Samo stesso sarà un mercante sì Franco, ma al servizio dei Patriarchi di Aquileia. La diffusione del cristianesimo e della lingua latina dal Friuli ai Carpazi ha un preciso significato politico, anti costantinopolitano, per i Patriarchi scismatici. Gli Avari, respinti in quella che noi chiamiamo Valacchia, importuneranno in maniera moderata l'Impero fino all'arrivo dei Magiari, al soldo dei Latini, che otterranno maggiori successi. Contemporaneamente i Bulgari, al soldo di Bisanzio, creeranno un vasto impero delle steppe che avrà come limite la Polonia e la Moravia: i Latini, dopo averli affrontati per alcuni secoli, ne causeranno la caduta finanziando i Variaghi perchè fondino gli Stati Russi, togliendo ai Bulgari il terreno sotto i piedi e preludendo alla loro sostituzione con i Peceneghi. 
La seconda slavizzazione dunque non dovrebbe coinvolgere i territori latinizzati dai missionari del Patriarca di Aquileia, che dovrebbero rimanere latini, e governati da latini, senza soluzione di continuità fino all'invasione mongola. Dai Carpazi e dalla Rutenia latina dovrebbe svilupparsi poi la civiltà latino-cosacca. Cosa succeda intanto a sud del Danubio, per me è ancora un mistero. Le influenza maggiori dovrebbero essere quelle slave (post avariche), magiare, greche.

Il Fronte Orientale
Non è la risposta ad una tua domanda, ma spero ti interessi ugualmente.
Ad Oriente di Costantinopoli la situazione si fa confusa: l'Impero non è in grado di controllare le sue provincie periferiche, ma questo paradossalmente lo favorisce nello scontro coi Persiani. Sapendo che stanno combattendo per se stessi e non per un elleno eretico e in odor di paganesimo, Armeni e Siriani ottengono ottimi risultati nel riunirsi con i propri cugini. I primi sono particolarmente importanti, perchè l'assenza del contingente armeno indebolisce notevolmente i Persiani nella guerra contro gli Eftaliti: anche i Sasanidi risultano quindi indeboliti.
Risulta chiaro che la lotta secolare fra Roma e Persia sarà vinta da chi concederà di più ai Siriani. Cosroe II si dimostra più intelligente di Eraclio, e si converte al Nestorianesimo. I Magi si lamentano un po', ma poichè le città dove erano più forti sono state messe a sacco dagli Eftaliti, non possono che far buon viso a cattivo gioco. Comunque ben presto i Nestoriani Semiti si sbarazzano dei Persiani, usando gli Arabi come martello per prendersi tutto il potere. Muhammad, anzi, Eufemio-Muhammad, sarà l'Abate di un monastero nestoriano, i suoi Califfi avranno il titolo di Epomeni. 
Questo u-islam non scatenerà le Paces Nomadicae contro Bisanzio, per due motivi: l'Impero è molto più debole, quindi si avrà la sensazione di poterlo conquistare più facilmente; e soprattutto non passerà mai l'utopia di conquistare l'impero per via di una conversione religiosa dei suoi sovrani al Nestorianesimo. I nomadi delle steppe saranno contesi tra Bisanzio e i Latini, piuttosto.
In ogni caso i Nestoriani si troveranno a dover pelare la gatta del Monofisismo, che ciclicamente tornerà di moda (lo schema è nestoriani-sunniti, monofisisti-sciiti).

Spero di essere stato esauriente. Grazie ancora!

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E Bhrghowidhon gli risponde:

Sì sì, mi interessa tutto moltissimo ed è proprio quello che volevo sapere! Riconosco anche l'eco della nostra comune adesione alle teorie di Patricia Crone...

Su Beorgor «rēx Alānōrum» (ancora oggi ricordato in Ossezia) il paradosso è che in anglosassone - che certo è ben diverso dal gotico (dove una sequenza /beorgor/, pur graficizzabile come *<Baíaúrgaúr>, sarebbe chiaramente alloglotta; in gotico genuino suonerebbe /bergo:rs/ <*Baírgors>), ma pur sempre germanico - Beorg-ōr avrebbe un significato (persino plausibile: "fronte, avanguardia delle colline, montagne"), ma trattandosi di nome alanico dovrebbe essere la resa, di mediazione greca (*Βεοργορ *<Beorgor>), di un composto più o meno corrispondente a *Bewr-gor in ossetico occidentale (digoronico), dall'īrānico *baiwar-gaura- "terribile per le moltitudini".

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Anche Paolo Maltagliati aggiunge il suo parere in proposito:

Come penso ormai Bhrghowidhon saprà, ciò che è stato appena descritto è uno scenario che, forse proprio per la sua variabilità, mi ha sempre affascinato molto. In modo magicamente puntuale, tende a coincidere con delle riflessioni che stavo facendo in questi giorni sui Bessi e se ci fosse un modo perché una lingua che, stando a quanto diceva Antonino da Piacenza, veniva parlata persino nei monasteri del monte Sinai, potesse sopravvivere. Trovo semplicemente straordinaria la loro capacità di resistenza fino, appunto, al doppio knock out riellenizzazione/slavizzazione.

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E l'interessato si affretta a spiegare:

La recensione più antica (Codice di San Gallo, VIII. o IX. secolo, e Codice di Rheinau, IX. secolo) ha in quo sunt tres abbates, scientes linguas, hoc est, latinas et graecas, syriacas (syphus) et aegyptiacas (egiptias) bessus, uel multi int(er)p(retum) singularum linguarum (la recensione seriore regolarizza in quo monasterio sunt tres abbates, scientes linguas, hoc est, latinam grecam syram aegyptiacam bessam, omettendo il resto); nella Vita di S. Teodosio (†529) scritta in greco da Teodoro Vescovo di Petra intorno al 536 si legge che nel Monastero aveva fatto edificare quattro Chiese per quattro categorie di Oranti (che innalzavano preghiere all'Altissimo), una delle quali la stirpe dei Bessi secondo la propria lingua (Cod. Laurent. II 9, saec. XI., p. 153˅. Anche sul Giordano si trovavano Comunità di Monaci bessi (Io. Moschus, Prat. spir. § 157 in Jean-Baptiste Cotelier, Monumenta Ecclesiæ Græcæ II 425 = Migne 87, 3025; Cyril. Scyth., Vita Sabæ § 86 in Cotelier III 367) e tra i firmatarî di una petizione degli Ecclesiastici sirî al Concilio di Costantinopoli del 536 figura "Andrea, Superiore del Monastero dei Bessi" (Atti, ed. J.D. Mansi VIII 987).

Negli Annali del Patriarca Melchita (Greco-Ortodosso) di Alessandria Eutichio = Sa‘īd ’ibn ’al-Baṭrīq (876/877-940), Naẓm ’al-jawhar (نظم الجوهر) "Composizione del gioiello", si legge che nel 527 Giustiniano, fondando il Monastero di Santa Caterina del Sinai, vi ha trasferito cento famiglie di ‘abīd ’al-Rūm "servi dei Romani", che un manoscritto conservato nello stesso Monastero e considerato copia di un documento di un ufficiale del 530 precisa come provenienti dal Mar Nero, dai bilād ’al-’Aflah "territorî dei Vlachi" ("Valacchia" in arabo moderno, ’al-’Aflāq, riflette attraverso il turco - oggi scritto Eflak - una forma con /k/ come il romeno Valachia «affinché fossero servi del Monastero, obbedienti al Monaci, essi e i loro discendenti, fino a che Dio riprenda possesso del Mondo e di quanto vi si trova»; il Governatore dell'Egitto, Teodosio, avrebbe mandato altre cento famiglie greche da Alessandria come servi, dopodiché i due gruppi si sarebbero fusi alle tribù beduine arabe locali dipendenti dal Monastero, il quale, arricchito per il culto di Santa Caterina (poi anche per le donazioni di Ivan IV. / Ioann Vasiljevič, 1530-1584, a metà del XVI. secolo), ha ricevuto da parte del Sultano Selim I. (Selīm-şāh b. Bāyezīd, 1470-1520) una guarnigione di soldati della regione orientale del Delta del Nilo, col risultato finale di formare la tribù Jabalīyah ("Montana") dei Beduini del Sinai.

La menzione dei Valacchi è la principale ragione per cui in Romania e Moldavia si ritiene che si trattasse di popolazioni latine bassodanubiane, confortata da due glosse attribuite da viaggiatori del XVI. secolo ai Beduini presso il Monastero, pedoci "pidocchi" (romeno paduchi) secondo il tedesco Samuel Kiechel von Kiechelsberg di Ulma (1563-1619) nel suo viaggio degli anni 1585-1589 (redatto in dialetto di Ulma col titolo Kurzer bericht unnd beschreibung meiner Samuel Kiechel von Ulm gethonen reys von 23 May des 1585 jars büs uff ultimo Juny anno 89 erstlich von Ulm us nach dem königreich Beheim und dann fortan in andere königreich, lanndt und stött; volgendts die reüs von Vönedig aus nach dem heüligen landt gen Jherusalem durch Samariam, Galileam, durch das königreich Syriam, Halepo, Cipro, Ägipten, zu sant Catharina oder uf denn berrg Synai, ittem in das königreich Candiam, nach Rhodis neben andern insuln des Arcipelagi, wie auch nach Canstantinopoli unnd mer ortenn inn Levantte, wölche ich, gott zum hochsten gedanct, glicklich durchzogen, verricht und zum ende gebracht habe e conservato in un manoscritto di famiglia, pubblicato integralmente in grafia modernizzata nel 1820 e parzialmente in originale nel 1849, quindi edito filologicamente come Die Reisen des Samuel Kiechel. Aus drei Handschriften herausgegeben von K. D. Haßler, Stuttgart, gedruckt uaf Kosten des Litterarischen Vereins, 1866, 484 p.) e capi "capi" (romeno capi) secondo l'umanista ceco Kryštof Harant z Polžic a Bezdružic (1564–1621) pellegrino nel 1598 (Cesta z Království Českého do Benátek, odtud do země Svaté, země Judské a dále do Egypta, a potom na horu Oreb, Sinai a Sv. Kateřiny v Pusté Arábii "Viaggio, ossia la Via dal Regno di Boemia a Venezia, e da lì in Terrasanta, Giudea e fino all'Egitto, poi ai Monti Oreb e Sinai e Santa Caterina nel Deserto dell'Arabia", Praha: Adamové z Veleslavína, 1608, 294 p.). Tuttavia, il fatto che tra le competenze degli Abbates (Anziani?) sia citato il latino e che questo sia la lingua dello stesso Autore dell'Itinerārium, proverbiale per i volgarismi, fanno escludere l'interpretazione balcanoromanza (per l'epoca da precisare come "latina bassodanubiana") di bessus che ha fatto la fortuna del passo presso l'opinione pubblica romena e moldava.

Daniel Caner, History and Hagiography from the Late Antique Sinai (with contributions by Sebastian Brock, Richard M. Price and Kevin van Bladel), Liverpool: Liverpool University Press, 2010 (xii, 346 p., ISBN 978-1-84631-216-8), p. 257 n. 24 (con ulteriore bibliografia), a proposito della ricorrente interpretazione di bessus come ge'ez basata confronto con l'arabo ’al-Ḥabaš "Abissinia, Etiopia" (’al-ḥabašiyah "lingua abissina, ge'ez"), ragionevolmente accoglie l'obiezione che ci si attenderebbe aethiopicam o sim. (anche più dirimente mi sembrerebbe l'insostenibilità dell'allegramente postulata elisione dell'intera prima sillaba /ḥa/), mentre propone, sulla base dell'estensione di Bessoi (le forme tarde hanno vocale radicale breve) alle Tribù Settentrionali in generale e dell'esistenza a S. Caterina di graffiti antichi di pellegrini georgiani, che bessus sia da intendere come georgiano o addirittura abchazo; tuttavia Bessoi era generalizzato per le Tribù a Nord dei territorî che risultavano settentrionali da Bisanzio, quindi specialmente in epoca giustinianea (in cui lo stesso Imperatore, per la sua origine rustica dall'area di Tauresium, poteva giudicare personalmente della parentela linguistica tra i Geti e i Bessi) si poteva applicare alle Popolazioni preromane sulla Riva Sinistra del Basso Danubio, mentre il Caucaso è decisamente orientale e dubito fortemente che Bessoi possa mai essere stato impiegato per quel quadrante geografico.

L'illustre Orientalista Johann Gustav Gildemeister (Antonini Placentini Itinerarium im unentstellten Text in deutscher Übersetzung von J. Gildemeister, Ehrenmitgliede der Deutschen Palaestinavereins und der deutschen morgenländischen Gesellschaft, auswärtigem Mitgliede der k[öniglichen] Gesellschaft der Wissenschaften in Göttingen, Berlin: H. Reuthers Verlagsbuchhandlung, 1889, XXIV, 68 p., pagina 56, nota 48) - egli stesso critico nei confronti dell'ipotesi georgiana - ritiene che "difficilmente poteva esserci in Palestina una tale quantità di Bessi da rendere necessaria la competenza nella loro lingua nel Monastero sul Sinai": a questo punto potrebbe essere ammesso solo l'arabo oltre alle lingue nominate, ma, come egli stesso aggiunge, "il nome rimane anche in tal caso inspiegabile". È quindi preferibile attenersi all'unica accezione nota di bessus e credere a ciò che non solo l'Autore dell'Itinerārium ma anche i testi patristici esplicitamente affermano oppure postulare che esistesse (e sia così da interpretare in tutti questi casi) un'altro etnico omofono riferito a una o più Tribù Arabe? Il Filologo dovrebbe optare per la prima alternativa (ma Gildemeister fa il contrario), lo Storico potrebbe preferire la seconda, ma trovo divertente che quando si tratta di Preistoria la maggior parte dei Glottologi ipotizza una frenetica successione di Migrazioni, poi invece in fase storica tutto diventa blindato e sospetto...

Per quanto mi riguarda, aderisco alla prima lettura e quindi ritengo anch'io che in Siria, Palestina e nel Sinai vivessero Monaci Bessi e conservassero la propria lingua, che come il galatico d'Anatolia poteva dunque avere impiego anche liturgico.

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Paolo si mostra entusiasta:

Ti ringrazio della tua dotta spiegazione. Va detto che non ero a conoscenza di molte delle cose che hai citato. Sapevo dell’ipotesi “beduina” e di quella “caucasica”, ma, giuro, quella “abissina” non l’avevo mai sentita, sebbene, a quanto mi dici, sia ricorrente.

In più, mi hai gratificato enormemente quando hai citato il mio secondo sogno linguistico altomedievale, il galato anatolico (prima o poi la costruirò un’ucronia sulla sopravvivenza della loro lingua/cultura in modo credibile, sebbene non sia semplice).

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E Bhrghowidhon non si lascia certo scappare l'occasione:

Da Teodosio in poi, a partire dalle città e dalle grandi ville, è divenuto obbligatorio essere Cristiani e, se di chi parlava latino / greco / aramaico / copto / punico si poteva pensare sia che fosse cristiano sia che no, di chi non parlava nessuna di queste lingue in cui è stata condotta l'Evangelizzazione si poteva essere sicuri che non fosse cristiano. Per questo motivo, per la prima volta anche le madri hanno cominciato a trasmettere ai propri figli non più il dialetto (basiletto) preromano, ma solo l'acroletto (nella variante locale parlata, ma pur sempre latino o greco o aramaico ecc.). Fino ad allora, tutte le lingue preromane erano rimaste, sia pure solo a livello basilettale (quindi non venivano usate per scrivere iscrizioni funerarie, però si usavano tutti i giorni); significativamente, proprio nei territorî che sono sfuggiti all'Impero in quel giro di anni (né sono stati recuperati dai Regni Romano-Germanici - che in ciò sono stati i continuatori diretti dell'Impero d'Occidente - entro i primi secoli successivi) sono rimaste le lingue preromane, anche quelle mai attestate durante l'Impero (britannico, basco, albanese). (Dove non sono rimaste le lingue preromane è perché in realtà erano rimaste, ma nei secoli successivi un nuovo simile processo di Conversione religiosa, stavolta da parte dei Regni Germanici e Slavi, ha assimilato alla nuova lingua - germanica, slava, più tardi persino magiara - le vaste isole preromane rimaste.) La testimonianza dello stesso Giustiniano sulla propria Romanità linguistica conferma che all'epoca della sua infanzia il processo era già progredito negli ambienti rustici intorno alle città come Tauresium; d'altra parte, il fatto che a S. Caterina del Sinai fosse parlato il bessico garantisce che anche chi si era dedicato alla Vita Religiosa trovava ancora, all'epoca, più pratico comunicare con i proprî conterranei nel basiletto locale persino a grande distanza dai luoghi natii; che questa non fosse una caratteristica dei soli Bessi risulterebbe logico se si ammette l'ipotesi sopra emessa, secondo cui le aree germanizzate e slavizzate corrispondevano a quelle non ancora definitivamente romanizzate: sarebbe lecito in tal caso generalizzare immaginando che intorno al 500, a poco più di un secolo dall'inizio del processo di Romanizzazione / Ellenizzazione, questa avesse prodotto una situazione di Dilalia (lingua alta usata dappertutto, lingua bassa opzionale nelle situazioni informali) se non di Monolinguismo nelle Sedi Vescovili e nelle Ville, ma altrove solo di Diglossia (tale per cui nel Sinai gli Abbates di origine bessica si sarebbero sentiti ridicoli a parlare latino o greco tra loro), di conseguenza fossero ancora parlati, oltre al bessico, tutti i dialetti traci non costieri, tutti i dialetti mesî non prossimi al Danubio, tutti i dialetti illirici (non solo nell'area storica dell'albanese), dalmatici non costieri, pannonici non prossimi al Danubio, breonici (qualunque ne fosse l'affiliazione genealogica) nelle Alpi Retiche (dove l'etnico è ancora usato nell'827), celtici da Lubiana (il cui nome prova che è stato slavizzato direttamente dalla forma tardogallica) alla Bretagna, basco-aquitanici nei Pirenei (per limitarci all'Europa).

Teodoreto di Ciro (Hist. eccl. V 30-31) riferisce che Giovanni Crisostomo, quando era Patriarca di Costantinopoli (397-404), ha inviato ai goti Danubiani missionarî a loro «homóglōttoi» e agli «Skýthai nomádes» (anch'essi stanziati sul Danubio all'epoca) predicatori chiesti al Vescovo Leonzio di Ancyra in Galazia; l'unione delle due notizie suggerisce che questi predicassero in celtico (l'altra lingua encorica in Galazia era il frigio, ma non era esclusiva della regione - anzi, i documenti in tardofrigio sono attestati al di fuori della Galazia - e non risulta che sia mai stata diffusa sul Danubio, tantomeno presso gli Sciti), che quindi il galatico fosse ancora (vent'anni dopo l'nizio dell'Ellenizzazione 'teodosiana') non solo parlato ma impiegabile liturgicamente o quasi e che sotto il nome degli Sciti siano da riconoscere i responsabili del conio di toponimi celtici (come Nouiódounon e Mediolana in Mesia Inferiore o Moesia Secunda) presso l'ultimo tratto del Danubio, forse una componente celtica dei Bastarni, forse i Britolagai menzionati da Tolomeo Geōgr. X 7.

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Basileus TFT aggiunge di suo:

Un amico mi ha chiesto quali sarebbero gli imperatori ucronici in un possibile impero d'Occidente vittorioso sul fiume Frigido, con Goti e Teodosio sconfitti. Facendo un volo del falco, ho ipotizzato quanto segue:

Flavio Eugenio fino al 420, non dinastico
Nicomaco Flaviano Minore 420-432, gens Nicomaci-Simmaci
Appio Nicomaco 432-440 gens Nicomaci-Simmaci
Quinto Aurelio Simmaco 440-450 gens Nicomaci-Simmaci
Quinto Aurelio Simmaco (figlio) 450-456 gens Nicomaci-Simmaci
Marcellino 456-480 non dinastico
Maggioriano 480-482 non dinastico
Giulio Nepote 482-499 non dinastico
Severino Boezio 499-524 gens Nicomaci-Simmaci
Flavio Simmaco 524-535 gens Nicomaci-Simmaci.

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Aggiungiamo l'idea di William Riker:

Bonifacio, elevato al rango di Magister Militum e Patricius dall'imperatrice Galla Placidia, nel 432 d.C. si scontrò con il suo eterno rivale Ezio nella Battaglia di Rimini e ne uscì vittorioso, ma la sua morte pochi mesi dopo, conseguenza delle ferite ricevute durante la battaglia, lasciò Ezio signore di fatto dell'Impero Romano d'Occidente. E se invece è Ezio a cadere, e Bonifacio può fare il bello e il cattivo tempo nel declinante Impero di Roma?

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Bhrghowidhon gli risponde:

Se Attila vincesse ai Campi Catalaunici, la Gallia Nordorientale potrebbe rimanere più direttamente coinvolta nel Sistema degli Imperi delle Steppe e diventare parte degli Khānato degli Avari, che sostituirebbe i Franchi e magari contribuirebbe in ultima analisi alla Slavizzazione della Germania Meridionale (a sostrato celtico), che diventerebbe una sorta di grande Slovenia.

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E Iacopo aggiunge:

Che la vittoria romana ai Campi Catalaunici dipenda dal solo Aezio è però un'ipotesi più poetica che storica. In questa ucronia i romani potrebbero contare anche sulle truppe di Bonifacio, su eventuali alleati africani e forse anche sui Vandali: Attila rischierebbe di subire una sconfitta molto più netta rispetto a quella storica.

L'Impero Romano Feudale è un'ucronia diversa da questa: in essa i Campi Catalaunici si concludono con molto meno spargimento di sangue, e Attila, che sopravvive alla notte con Ildico/Kreka, arriva sotto le mura di Costantinopoli.

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A questo punto prende la parola Tommaso Mazzoni:

La domanda però è: avrebbe Bonifacio la stessa perizia diplomatica mostrata da Aezio, necessaria per formare la coalizione che sconfisse Attila ai Campi Catalaunici?

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Iacopo ribatte:

Non lo può sapere nessuno. Si può ipotizzare che le relazioni tra Bonifacio e Teodorico sarebbero state addirittura migliori di quelle tra quest'ultimo e Aezio (Bonifacio era filo-ariano e sposato a una gota, e non si era mai scontrato coi Goti). Inoltre Bonifacio ha battuto Aezio nell'unica battaglia che li ha visti affrontarsi.

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Bhrghowidhon riprende la parola:

Con Attila più duramente sconfitto, dopo la sua morte l’ascesa dei Gepidi potrebbe essere più rapida e la potenza gotica maggiore; se Teodorico arrivasse a diventare anche Re dei Gepidi, oltre che degli Ostrogoti e dei Visigoti, il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica potrebbe cominciare con lui.

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E Iacopo aggiunge:

Qui si pone una domanda che minsono fatto anche per l'Impero Romano Feudale: che effetto potrebbe avere su Costantinopoli un potente regno romano-barbarico nei balcani fin dal quinto secolo? Inoltre bisogna capire che fine farebbe l'Africa: se dovesse scampare ogni invasione barbariche, le conseguenze sarebbero enormi. Infatti, mantenendo l'Africa l'Impero d'Occidente avrebbe potuto restare in piedi, anche se avesse perso tutte le Gallie e l'Italia esclusa Roma. Se con la morte di Attila gli Ostrogoti e i Gepidi si fossero imposti su tutta la Germania e l'Italia, i Visigoti su tutte le Gallie e i Vandali su tutta la Spagna, Teodorico avrebbe ben potuto farsi eleggere Imperatore.

I Longobardi avrebbero formato un cuscinetto con i territori di Costantinopoli, mentre l'Africa e la Sicilia avrebbero mantenuto la continuità dell'Impero d'Occidente.

Se in questa contesa a tre per il Mediterraneo l'Africa fosse sfuggita a distruzioni e saccheggi, avrebbe potuto contendere all'Egitto e al Levante il ruolo di motore economico del mondo mediterraneo.

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Bhrghowidhon insiste:

Proprio per slogan, direi: un potente «Regno Romano-Barbarico» era quello dei Bulgari (altrettanto romano di quelli Romano-Germanici), quindi in teoria un effetto simile, anticipato di due secoli e collegato all'Italia di Teodorico, con inevitabile dirottamento della Guerra Greco-Gotica (tantopiù senza l'Africa da riconquistare).

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Iacopo non manca di rispondergli:

Certamente le forme di un regno dei Gepidi o (meglio) dei Longobardi sul Danubio sarebbero del tutto analoghe a quelle del Regno dei Bulgari... Ma i due secoli di anticipo lo collocherebbero in uno scenario del tutto diverso. Basti dire che Pietro Sabazio Giustiniano nascerebbe in territorio Longobardo!

Un'eventuale Guerra Greco-Barbarica si sarebbe inevitabilmente diretta sui Balcani, ma non è detto che l'Africa non sarebbe da riconquistare: è vero che sarebbe romana, o giù di lì, ma è anche vero che la conflittualità tra romani ha superato spesso quella tra romani e barbari (come la vita di Bonifacio esemplifica bene).

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Anche Federico Sangalli dice la sua:

Tuttavia la crisi dell'impero potrebbe sopraggiungere ben prima: Ezio era più abile di Bonifacio e sopratutto poté contare sul supporto di milizie unne durante tutta la sua carriera fino al suo scontro con Attila, Bonifacio viceversa dovrebbe impegnarsi anche contro di loro (per di più ex alleati del suo nemico Ezio) indebolendo ulteriormente il resto dell'Impero (al momento retto dal bambino Valentiniano III). In particolare intorno al 436 si arriverebbe ad un punto di rottura: in quest'anno infatti avvengono contemporaneamente l'invasione burgunda della Gallia Belgica, la rivolta dei Bagaudi in Galla e Spagna Terraconense (che sconfissero ripetutamente le forze inviate da Ezio) e l'assedio visigoti di Narbona. Senza il supporto o la neutralità unna, Bonifacio non potrebbe intervenire. In compenso nello stesso periodo potrebbe riuscire a giungere ad un accomodamento coi vandali, evitando la spedizione del 441, ma questo probabilmente non si tradurrebbe in maggiori risorse impiegabili (che andrebbero comunque spese nella lotta contro gli Unni) visto che in HL la spedizione fallì proprio a causa del dirottamento delle forze ad essa destinate per contrastare gli Unni nei Balcani. Una politica più filo-vandala significherebbe anche nuovi matrimoni tra la Casa Imperiale e i sovrani barbarici, seguito del matrimonio tra Eudicia ed Unerico. Nel frattempo però crollerebbe il dominio in Spagna giacché intorno al 442 gli Svevi conquistarono Lusitania e Betica mentre i Bagaudi insorsero nella Spagna Terraconense ed entrambe le manovre furono arginare a fatica da Ezio con l'aiuto unno. In realtà l'esito della Battaglia dei Canti Catalaunici è relativamente secondario, poiché, anche in caso di vittoria unna, l'impero di Attila si sarebbe disgregato dopo la sua morte a seguito degli attacchi concentrici delle altre popolazioni circostanti desiderose di liberarsi del pericoloso ed oppressivo vicino (in modo simile a quanto accadde con gli Assiri e con gli stessi Unni presso i Campi Catalaunici appunto). Dunque avremmo un Impero Romano diviso nel seguente modo: la Britannia divisa tra Celti, Angli e Sassoni, i Burgundi insediati nella Gallia Belgica, gli Svevi in Lusitania e Betica, i Visigoti nella Galla Narbonense con propaggini fino a Valencia in Spagna e a Digione in Gallia, i Franchi nel Dominio di Soissons, gli Ostrogoti in Italia, i Vandali in Africa e comprendendo anche le Isole mentre una vasta fascia dalle Asturie alle Bretagna sarebbe nelle mani dei Bagaudi. Se questi ultimi riescono ad organizzarsi e a sopravvivere potrebbero anche dar vita ad una Lega Celtica con Britanni, Iberni e Pitti/Scoti. I bizantini riuscirebbero lo stesso a conquistare il Regno Vandalo, una grande potenza navale che si è imposta con molta più facilità e dispone anche della Sicilia? Vi saranno forse delle Guerre Ostro-Longobardiche (nel qual caso direi vinte dagli Ostrogoti, specie se questi non dovessero combattere coi bizantini)?

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Generalissimus poi ha tradotto per noi questa ucronia:

Perché l'Impero Romano d'Occidente cadde? E se non fosse successo?

Quello che viene quasi universalmente riconosciuto come il più grande impero dell’antichità, l’Impero Romano, fa risalire le sue origini ad una città-stato piccola e senza pretese, e quella città-stato si chiamava ovviamente Roma.
Da regno si sarebbe espansa oltre le sue mura protettrici per dominare le terre immediatamente confinanti entro i primi due secoli della sua esistenza.
La vera crescita, però, non sarebbe iniziata fino all’ascesa della repubblica, che procedette a conquistare i suoi vicini e la costa occidentale italiana nel corso di altri due secoli, arrivando ad occupare quasi l’intera penisola un secolo dopo.
Da qui la crescita di Roma si sarebbe scontrata con quella del grande impero nordafricano di Cartagine, un potente stato con progetti marittimi per le isole italiane di Sardegna, Sicilia e Corsica.
Rifiutandosi di essere confinati e dominati da questa potenza straniera, i Romani batterono Cartagine e si presero per loro quelle isole.
Nacque una rivalità, e da quel momento ognuna delle loro terre divenne terreno di scontro per l’altro.
Quando Cartagine si alleò con la Macedonia in Grecia anche quel territorio divenne d’interesse per Roma, e nonostante affrontassero nemici a sud, est ed ovest i Romani superarono tutte le difficoltà, catturando l’Hispania da Cartagine, seguita dalla Macedonia, prima di conquistare la stessa Cartagine.
L’acquisizione di queste terre diede a Roma nuovi obblighi, nuove minacce e nemici da affrontare su queste nuove frontiere, e quindi l’espansione continuò, in Anatolia per rendere sicura la Macedonia dagli stati greci rivali, in Nord Africa per rendere sicura Cartagine dai Numidi, in Gallia per connettere via terra l’Italia romana con l’Hispania e in Dalmazia per fare lo stesso con la Macedonia.
Solo un secolo dopo, Roma arrivò a dominare tutte le terre che si affacciavano sul Mediterraneo, incluse l’intera Hispania, l’intera Gallia, l’intera Anatolia, la costa della Mauretania e l’Egitto.
La repubblica aveva cessato di esistere, e dalle ceneri di uno stato piagato dalla guerra emerse l’Impero Romano.
Roma dovette molti dei suoi primi successi alla semplice possanza e robustezza del suo ordine sociale, essa era uno stato strettamente gerarchico diretto da leggi profondamente codificate che davano molto valore alla potenza militare e alla pietà, tratti che vengono addirittura attribuiti ai suoi primi re.
Questo tipo di vigore giovanile è comune negli stati nati da poco, ma quando viene accoppiato alla solida disciplina di un codice legale rigido e scambievole ecco che si mostrano le origini della grandezza.
Essere un cittadino romano significava davvero qualcosa: con questo titolo arrivavano una serie di privilegi, ma questi privilegi richiedevano al Romano che egli si prendesse certe responsabilità, e da ciò emerse una relazione reciproca tra il cittadino e lo stato nella quale uno arricchiva l’altro, e iniziò un ciclo armonioso.
Per buoni motivi la legge militare all’inizio favorì i nobili patrizi, i presunti discendenti dei senatori originari di Roma, nominati da Romolo, che avevano acquisito la loro posizione in base alla loro dimostrazione di intelligenza eccezionale, abilità combattive e capacità di leadership generale, tratti che tendevano a riapparire nei loro discendenti.
I patrizi, essendo più ricchi e di successo, potevano permettersi di acquistare armi ed equipaggiamenti migliori, che a loro volta li rendevano più preferibili per il combattimento, cosa che li destinava alle prime linee della battaglia.
Se sopravvivevano, il ritorno a casa gli faceva guadagnare una posizione migliore nella repubblica che poteva aprire loro una carriera in politica.
A parte questo, la guerra poteva dimostrarsi piuttosto redditizia se c’erano ricchezze da saccheggiare da un insediamento nemico, ma per il Romano medio dell’epoca l’onore e il dovere andavano oltre questo, come evidenziato dal fatto che in termini di denaro la maggioranza ricavava poco o nulla dal suo servizio militare durante l’era della repubblica.
Per quelli meno ricchi questo si dimostrava un sacrificio rischioso, dato che non potevano permettersi di stare in campo troppo a lungo senza paga, ogni giorno che passavano in servizio militare era un altro giorno nel quale non potevano coltivare, raccogliere o lavorare per sé, alcuni tornavano a casa addirittura rovinati finanziariamente se una campagna durava più a lungo di quanto ci si aspettasse.
Diventando nullatenenti questi individui si univano alla frazione della popolazione esclusa dal servizio militare, dato che ci si aspettava che non fossero in grado di procurarsi un proprio equipaggiamento e si presumeva che questa pausa dalle forze armate gli avrebbe dato un po’ di tempo per riprendersi, ma col persistere del sistema la platea di coscritti si rimpicciolì, permettendo al potere politico e alla ricchezza di concentrarsi sempre più nelle classi superiori, che potevano permettersi di continuare a combattere.
Va anche menzionato che i non cittadini che servivano nelle forze armate per due decenni e mezzo potevano ottenere la cittadinanza romana non solo per loro stessi, ma anche per le loro famiglie, incoraggiando molti ad arruolarsi solo per quell’opportunità.
Questi non cittadini venivano sequestrati dalla mentalità dei loro gruppi militari.
I problemi del sistema divennero chiari quando i plebei meno ricchi iniziarono a rifiutarsi di partecipare all’ordine sociale abbandonando ripetutamente i loro lavori, sentendo che avevano subito un torto ed erano stati diseredati dall’ordine romano.
Lo stato, cercando un rimedio a ciò, garantì alla plebe maggiori potere e sicurezze, solo perché questi privilegi venissero abusati per arricchire la classe plebea a spese di Roma.
Anche nelle classi superiori era iniziato il marciume morale, dato che il servizio militare divenne sempre meno un dovere morale per preservare Roma nella sua interezza e più un mezzo per arricchirsi.
Mentre alcuni divennero eccessivamente ambiziosi e affamati di potere, altri divennero pigri ed egoisti a causa del loro accumulo di così tanta ricchezza e beni di lusso, divenendo deboli, indolenti e restii a continuare il servizio oltre il minimo indispensabile.
Una volta che lo stato iniziò a fornire l’equipaggiamento alle nuove reclute e a concedere incentivi finanziari diretti per l’arruolamento nell’esercito professionale stabile, le classi più basse accorsero nelle forze armate in numeri così grandi che la coscrizione divenne sempre più obsoleta di anno in anno, ma mentre i ranghi più bassi si riempivano il bacino di ufficiali competenti e leali rimase piccolo.
Le élite che componevano questo bacini optavano per il perseguimento di una carriera politica invece di trasferire la loro conoscenza ed esperienza ai nuovi arrivati, mentre quelli che rimanevano diventavano spesso troppo intimi con i loro soldati.
Questo, accoppiato con la responsabilità dei generali di pagare i loro soldati, rese gli ufficiali di carriera delle potenziali minacce per lo stato, dato che spesso i loro soldati sviluppavano una fedeltà a loro più forte di quella al governo romano.
Chiaramente il ciclo di reciprocità fra il popolo e lo stato si stava disintegrando, con le forze armate che erano una, se non la migliore dimostrazione di ciò: moralità e cooperazione erano in declino su tutta la linea, la corruzione era in ascesa e le prese di potere divennero più frequenti, la dissolutezza venne abbracciata a spese della disciplina e come risultato sia il popolo di Roma che il suo governo divennero più deboli, ma la sostituzione finale della repubblica e della dittatura che precedette la transizione con l’impero cercò di correggere il declino di Roma.
All’epoca la colpa venne largamente addossata alla classe plebea non istruita, i cui enormi numeri e la cui crescente influenza politica venivano visti come un ostacolo per Roma.
La dittatura di Silla cercò di sradicare il potere politico plebeo e di restituirlo direttamente ai patrizi, ma questo venne impedito da un altro aspirante dittatore che credeva di poter sfruttare le aspirazioni della plebe, Gneo Pompeo.
Sotto l’Imperatore Augusto sia il potere senatoriale che plebeo vennero soppressi e affidati soprattutto all’imperatore.
Egli cercò di promuovere la crescita della classe patrizia, all’interno della quale c’erano i migliori dell’impero, facendo passare leggi che incoraggiavano la riproduzione monogama e penalizzavano il celibato o la promiscuità.
Allo stesso tempo Augusto cercò di sradicare la corruzione e far aderire i patrizi ad uno standard morale più alto.
Le riforme di Augusto non trascurarono nemmeno la plebe, perché anche se rimase scettico sulle sue capacità a causa della sua storia e dello scarso potere era chiaro che nelle classi più basse esistevano ancora uomini brillanti, e questi uomini dovevano avere l’opportunità di ascendere ad uno status più alto, mentre i patrizi che godevano immeritatamente di un alto status dovevano essere declassati tramite quella che veniva considerata una meritocrazia basata sulla virtù.
Purtroppo Augusto non riuscì ad assicurare la successione politica di Roma nelle mani di uomini capaci di governarla: i suoi due figli adottivi, che aveva sperato di istruire e allevare come co-imperatori, erano morti in giovane età, e invece venne scelto Tiberio, sotto il quale la corruzione e la cupidigia emersero ancora una volta all’interno del governo, in particolare nella Guardia Pretoriana, la guardia del corpo personale dell’imperatore, che negli anni seguenti assassinò e nominò imperatori a suo piacimento, castrando il governo romano e rompendo di nuovo il ciclo sociale, anche se alcune volte furono fatti dei tentativi per ripristinarlo.
Il risultato finale di ciò fu l’emergere dell’apatia fra il popolo romano nei confronti del suo governo e dello stato, lasciando lo stato con un comprensibile calante senso di unità.
Oltre ai fattori sociali precedentemente menzionati, Roma era diventata più grande che mai, e le guerre a malapena minacciavano direttamente la patria italiana, e questo significa che c’erano meno entusiasmo e investimenti del popolo romano nella protezione del suo paese per il suo bene e un maggiore falso senso di sicurezza nella forza dell’impero, per non parlare di una grande sottostima dei nemici dell’impero.
Senza un senso d’urgenza di proteggere la propria patria, senza un senso morale di proteggere l’impero e con un calante senso di affinità portato dai vari nuovi popoli e gruppi che erano stati annessi nell’impero, per i Romani che vivevano in Italia la guerra e il servizio nazionale divennero puramente un’avventura per arricchirsi, un qualcosa per aumentare i propri averi e poco più.
Vi ricordo che questo accadeva solo con i Romani che vivevano in Italia.
Mentre l’Italia era al sicuro e la sua gente diventava molle e pigra, i Romani che vivevano in Gallia, Pannonia, Dalmazia e in oriente affrontavano pericoli esterni su base regolare, e non è una coincidenza che col passare degli anni, mentre l’Italia forniva sempre meno soldati il reclutamento in queste altre regioni salì vertiginosamente.
La Pannonia, l’Illiria e la Mesia divennero la nuova fonte degli ufficiali più capaci di Roma e la seconda più grande fonte di imperatori di tutta la storia pre-Bizantina dell’impero, immediatamente dietro l’Italia e più di tutte le altre provincie messe insieme.
Alla fine la Gallia e l’Illiria da sole divennero responsabili per più della metà dei legionari dell’occidente, ma il peso della guerra costante, delle pestilenze e delle crisi economiche si dimostrò troppo per queste regioni di confine, portando ad un calo della popolazione e a sforzi disperati per farla aumentare.
Alla fine vennero prese misure disperate per ripopolare queste terre di confine con alcuni di quegli stessi barbari che minacciavano la loro esistenza.
Se la popolazione non fosse riuscita a sostenersi sarebbe stata sostituita, con la speranza che in piccoli numeri e sparsa su ampie aree si sarebbe raggiunta l’assimilazione, e anche se si incontrò qualche successo, col tempo questa mossa avrebbe dato la mazzata finale all’impero.
Presto i Romani che vivevano in Italia andarono a costituire solo una frazione dell’esercito, e i Romani in generale una frazione leggermente più grande, dato che l’incentivo personale per unirsi all’esercito che esisteva in precedenza era stato del tutto eliminato o reso obsoleto a causa dello stato disperato dell’economia romana.
I barbari adesso costituivano una schiacciante maggioranza dell’esercito romano, con alcune stime che arrivano a dichiarare fino al 75% della manodopera totale.
La separazione tra forze romane e barbare che esisteva in precedenza venne eliminata, creando reggimenti misti che a volte facevano fatica a cooperare o semplicemente non si fidavano l’uno dell’altro.
Roma aveva essenzialmente perso tutta l’influenza che aveva sugli insediamenti barbari, con molti che mantenevano il loro governo, cultura e lingua tribali, la loro lealtà a Roma era assicurata da poco più che accordi scritti.
Fu solo questione di tempo prima che i Romani d'occidente, inferiori di numero e di potenza si videro il loro impero portato via, ma non prima che l’Italia e la città di Roma cadessero sotto la spada barbara.
Provincia dopo provincia venne persa, e alla fine anche l’Italia, lasciando solo un successore di Roma, l’Impero Bizantino ad oriente, a portare la torcia della civiltà romana.
Ma se questo cambiasse? E se in una TL alternativa l’Impero Romano d’Occidente sopravvivesse? Chiaramente le radici dei problemi di Roma hanno sede addirittura molto prima che l’impero prendesse forma, e porre rimedio a questi problemi alla loro fonte potrebbe essere sufficiente per prevenire del tutto il collasso romano e la perdita di territori, ma alla fine produrrebbe qualcosa di estremamente distinto dal mondo che conosciamo e lascerebbe troppe nuove variabili per poter essere preso realisticamente in considerazione.
Supporremo invece che l’impero, sull’orlo del collasso, faccia passi nella giusta direzione per riparare i danni della Crisi del III Secolo e di vari altri problemi che culminarono con la conquista barbara dell’occidente.
Vengono immediatamente alla mente quattro uomini e periodi degni di nota: l’Imperatore Valentiniano I alla fine del IV secolo, il Magister Militum Stilicone all’inizio del V secolo, il Magister Militum Flavio Ezio alla metà del V secolo e l’Imperatore Maggioriano poco dopo di lui.
Valentiniano I divenne imperatore assieme a suo fratello Valente ad oriente.
Da imperatore si impegnò in regolari combattimenti con i Germani e altri barbari, imparando in prima persona che c’era bisogno di una forte difesa lungo il confine e quale pericolo ponessero questi gruppi per Roma.
Valentiniano I morì per un ictus proprio mentre l’impero stava per affrontare la sua più grande crisi di confine: l’avanzata degli Unni verso occidente aveva costretto varie altre tribù a fuggire dalla regione e a collidere col confine di Roma.
Una di queste tribù erano i Goti, ai quali venne permesso di insediarsi all’interno dei confini romani dall’Imperatore Valente, che pensò, come fecero molti imperatori dell’epoca, che potessero essere assimilati e dimostrarsi un’utile fonte di manodopera aggiuntiva, ma i Goti arrivarono in numeri così grandi che molti di essi non vennero adeguatamente disarmati all’entrata.
Un’escalation di tensioni quasi immediata portò alla Guerra Gotica del 376-82, che vide Roma essenzialmente concedere ai Goti una zona autonoma nella quale avrebbero continuato ad aderire alle loro leggi, ma legati a Roma da un’alleanza militare.
Questo esito venne percepito da molti come una vittoria romana, nonostante il fatto che stabilì un nuovo e pericoloso precedente per l’impero, che prima aveva tenuto i suoi alleati militari fuori dai confini dell’impero, o, in caso di barbari reinsediati, disarmati, divisi, tenuti sotto stretta sorveglianza e obbligati ad aderire agli standard culturali romani.
Questo con i Goti non avvenne, e abbastanza presto altre tribù si sarebbero prese le loro porzioni di Roma.
Se Valentiniano I fosse sopravvissuto non avrebbe preso la stessa decisione di suo fratello, considerato che sapeva che i Germani erano pericolosi e indegni di fiducia, con ogni probabilità Valentiniano I avrebbe accolto solo una piccola frazione della popolazione gota come rifugiati o gli avrebbe completamente negato l’accesso.
Se iniziassero rappresaglie sul confine, Roma riuscirebbe perlomeno a combattere da una posizione meglio difesa, ed è improbabile che i Goti combattano duro come fecero nella nostra TL, visto che, lasciati fuori da Roma, dovranno conservare le forze per quando affronteranno inevitabilmente gli Unni.
La morte improvvisa di Valentiniano I, seguita dalla morte di suo fratello Valente e dalla Guerra Gotica del 376-82, alla fine mise sulla strada di Roma uno degli imperatori più squallidi mai visti dall’impero, Onorio.
Egli viene spesso descritto come un regnante estremamente apatico, uno che sabotò sé stesso giustiziando la maggior parte dei suoi generali più efficienti e fidati, perseguendo diversi abili ufficiali e autorizzando un massacro dei civili barbari, mettendo la popolazione barbara dell’impero interamente contro il governo romano.
In un mondo dove Valentiniano I e Valente sono sopravvissuti il regno di Onorio e le circostanze che lo circondano semplicemente non esistono, dato che il padre di Onorio, Teodosio I, non sarà nominato co-imperatore dal figlio di Valentiniano I alla morte di Valente, ma anche sotto Onorio non tutto era perduto: come abbiamo detto Onorio fu abbastanza fortunato da avere un generale estremamente abile durante il suo regno, Stilicone, un soldato di origine romana e vandala profondamente fedele all’impero che riuscì ad ottenere il sostegno di diversi barbari perché servissero sotto lo stendardo imperiale, respingendo varie invasioni e ribellioni fino allo schiacciante sfondamento del Reno del 406, dove una coalizione di tribù barbare penetrò nel territorio romano, saccheggiando la Gallia e invadendo l’Hispania.
Stilicone ridiresse quante più truppe dell’impero possibili ad affrontare minacce più immediate ad oriente, che sperava semplicemente di corrompere per concentrarsi sul combattere i barbari invasori, ma il senato, troppo orgoglioso per fare una concessione simile, si rifiutò, lasciando che i barbari continuassero nella loro furia.
Onorio, portato a credere che questo fosse un tradimento intenzionale orchestrato da Stilicone, lo fece giustiziare e fece uccidere le famiglie dei suoi soldati barbari, portandoli ad abbandonare l’imperatore alla ricerca di vendetta.
L’Impero Romano d’Occidente adesso era senza difese e assediato da nemici in tutte le sue provincie, e la citta di Roma venne saccheggiata per la prima volta da secoli da barbari invasori, lasciando che anche il Romano più difeso capisse quanto in basso era caduta la sua civiltà.
Negli anni immediatamente seguenti varie tribù barbare si insediarono permanentemente all’interno dell’Impero Romano: i Vandali, gli Alani, i Suebi, i Burgundi, per non parlare dei già presenti Franchi e Visigoti.
Se Stilicone fosse sopravvissuto e gli fosse stato permesso di fare la pace con i Goti c’è almeno una possibilità che l’occidente si sarebbe potuto salvare.
I barbari invasori o sarebbero stati cacciati o avrebbero intrapreso un negoziato favorevole grazie all’ascendenza barbara di Stilicone e al fatto che li aveva già tenuti sotto controllo in passato.
In diversi modi Stilicone fu un ponte tra questi due mondi e un modello di quello che i barbari avrebbero potuto diventare se si fossero lasciati assimilare, possiamo perfino immaginare uno scenario nel quale alla morte di Onorio lui o l’Impero Romano d’Oriente nomini Stilicone suo successore, segnalando per l’occidente una nuova dualità romano-germanica all’interno dell’impero, un po’come la dualità greco-romana dell’oriente.
Anche se questo miglior esito possibile non si verificasse, Stilicone avrebbe perlomeno fatto guadagnare all’occidente tempo in più per recuperare, ricostruire i suoi eserciti e riconquistare territori gradualmente nel corso dei decenni, anche se questo sembra un pensiero speranzoso.
Anche se Roma rimase certamente scossa dall’attacco alla sua storica capitale, non era ancora perduta: Roma aveva ancora a sua disposizione provincie che potevano fornire soldati capaci, un’abbondante fonte di cibo e sostenere una grande popolazione, e ovviamente il cuore dell’impero, che continuava a fornire politici ben istruiti.
Detto questo, i tempi erano più duri che mai, e queste provincie non producevano le stesse quantità e qualità di una volta, ma tra le pigre élite e le masse codarde c’erano ancora geni e guerrieri, e a volte il destino faceva comparire entrambi sotto forma di un singolo uomo.
Quell’uomo era Flavio Ezio, un generale in parte barbaro come Stilicone.
A 14 anni Flavio Ezio venne preso in ostaggio dai barbari, inizialmente dai Goti e poi dagli Unni, rimanendo per anni con loro e sopportando il loro aspro stile di vita prima di tornare definitivamente a Roma e diventare il comandante in capo dell’esercito romano in Gallia, dove avrebbe lottato contro i barbari e cercato di restare in equilibrio come parte di un nuovo triumvirato militare composto da sé stesso e altri due comandanti in Italia e Africa, eliminando alla fine i suoi rivali e assicurandosi il posto di principale comandante di Roma, anche se al costo della perdita del Nord Africa ad opera dei Vandali.
L’ascesa di Attila come nuovo re degli Unni vide questi volgere la loro attenzione verso la Gallia, che non era solo un territorio romano ma una terra occupata da diverse tribù barbare.
Flavio Ezio, usando questo nemico comune come pretesto, radunò una coalizione di barbari precedentemente in guerra fra loro e respinse l’invasione degli Unni.
Prima che potesse fare di più per salvare il fatiscente impero, Flavio Ezio venne assassinato dallo stesso imperatore, che lo vedeva come un potenziale usurpatore e una minaccia al suo potere.
Con la morte di Flavio Ezio Roma rimase vulnerabile ancora una volta, e i Vandali, avvertendo questa debolezza, procedettero a saccheggiare di nuovo Roma.
Se Flavio Ezio fosse sopravvissuto molto probabilmente sarebbe avvenuto l’opposto: la perdita del Nord Africa costò a Roma un’importante fonte di cibo e reddito, con esso andato non sarebbe più potuta essere sostenuta una forza di livello imperiale, cosa che lo rendeva più prezioso delle provincie perdute di Gallia e Hispania, che Flavio Ezio intendeva reintegrare col tempo.
Se questo tempo lo avesse avuto o meno è questione di dibattito, dato che a questo punto avrebbe avuto più di 60 anni.
Anche con le provincie che la circondavano perse e con la morte del più grande generale di Roma di quegli anni, c’era ancora un piccolo baluginio di speranza per l’impero: fino a quando i Romani occupavano l’Italia e rimaneva la voglia di combattere non c’era perdita territoriale che non potesse essere riconquistata.
L’uomo la cui volontà sormontava quella di tutti gli altri era un generale e imperatore, Giulio Valerio Maggioriano, l’ultimo Imperatore Romano d’Occidente a combattere efficacemente per la salvezza di Roma.
Sotto Maggioriano vennero intraprese importanti campagne per riprendere la Gallia, respingere i barbari in Hispania e alla fine reclamare il Nord Africa.
Riuscì a respingere l’espansione barbara, a sottomettere i Burgundi all’interno della Gallia e i Visigoti e i Suebi in Hispania, cacciandoli ai confini delle loro provincie e sottomettendoli in uno status di foederati.
Aveva sgombrato la strada per un’invasione del Nord Africa grazie ad una flotta ingrandita di recente, solo perché questa venisse distrutta da traditori romani corrotti dai Vandali nordafricani.
Poco dopo venne di nuovo tradito da politici scontenti e rivali politici, privato della sua autorità imperiale e ucciso.
Dopo la sua morte Roma non recuperò mai più, ma stavolta le cose sono diverse: in un mondo dove Maggioriano salpa con successo per il Nord Africa e sopravvive agli attentati alla sua vita, egli avrebbe quasi certamente portato un nuovo periodo di stabilità per l’Impero Romano d’Occidente.
Si dice che la pianificata campagna di Maggioriano in Africa fosse stata organizzata più meticolosamente di tutte le altre che l’avevano preceduta, considerata la grande importanza della regione per il recupero di Roma.
Sembra che vennero studiate estesamente le tattiche e le capacità vandale, al punto che si dice che Maggioriano in persona indagò sull’esercito vandalo travestito da diplomatico romano.
I Vandali fecero ogni sforzo per impedire a Maggioriano di raggiungere il cuore delle loro terre, inclusa la distruzione dei loro territori in Mauretania per privare i Romani di ogni risorsa ancora prima che sbarcassero, cosa che segnalò che i Vandali riconoscevano le capacità di Maggioriano e l’alta probabilità che questi riconquistasse il Nord Africa.
Dopo la conquista di queste terre i Vandali, diversamente dagli altri barbari che Maggioriano aveva conquistato, verrebbero forse del tutto eradicati o espulsi ancora più all’interno del continente africano come vendetta per il loro sacco di Roma.
Una volta fatto questo Maggioriano sarebbe tornato a Roma per continuare le riforme politiche che aveva già iniziato ad implementare per restaurare la stabilità e la crescita dell’impero.
Nel nostro mondo Maggioriano implementò nuovi codici morali ed economici per far tornare in forma la gonfia classe superiore e promuovere allo stesso tempo il matrimonio e la procreazione di figli per ricostruire la popolazione in calo di Roma, un po’ come aveva fatto Augusto.
Nonostante i nemici che lo tradirono nella nostra TL Maggioriano viene descritto come un politico e negoziatore molto efficiente, ben rispettato da gran parte della classe alta senatoriale e che godette del suo sostegno nella maggioranza delle sue politiche.
Questo livello di cooperazione suggerisce ancora una volta che Maggioriano avrebbe superato gli ostacoli iniziali che ponevano una sfida alla sua carica di imperatore e sarebbe riuscito a far tornare l’impero sui binari, ricostituendo la presenza di Roma in Nord Africa, Hispania e Gallia meridionale, impedendo la conquista e dissoluzione finale dell’occidente.
Una Roma che è sopravvissuta a queste sfide rimarrebbe un mega-stato unificato con confini ben definiti che col passare dei secoli potrebbero espandersi o arretrare ma alla fine preserverebbero l’essenza di quello che era questo impero del Mediterraneo occidentale: un’entità autosufficiente che potrebbe esistere alternando amicizia e rivalità con l’Impero Romano d’Oriente e i regni barbari a nord dei suoi confini, alcuni dei quali potrebbero essere annessi col tempo o che potrebbero conquistare loro stessi alcuni pezzi ulteriori del territorio romano.

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Chiudiamo per ora con la trovata un po' cruenta di Dario Carcano:

Le campagne Scandinave

Era il ventesimo anno in cui su Roma regnava l'Imperatore Valentiniano VI associato al figlio Costanzo IV, quando le coste settentrionali dell'Impero furono colpite dalle prime incursioni scandinave. All'inizio furono solo le coste della Britannia, dove nel 793 gli scandinavi saccheggiarono l'abbazia di Medicata; poi però le razzie si spinsero anche sulle coste della Gallia, e fu allora, nell'801, che l'Imperatore Costanzo IV - che aveva iniziato il suo regno solitario dopo la morte del padre - decise di intervenire.
In quel momento il grosso dell'esercito era impegnato contro i persiani, perciò alla campagna contro gli scandinavi furono destinati circa cinquemila soldati, comandati dal generale di origine longobarda Ildebrando. Obiettivo: salpare verso nord e fare il culo a strisce agli scandinavi.
Ildebrando coi suoi uomini attese tre mesi sulle coste della Gallia. Perché? Per il vento.
Il vento soffiava nella direzione sbagliata, e teneva le navi romane sulla costa della Gallia. Intanto gli stessi venti che tenevano Ildebrando sulla costa della Gallia spingevano i razziatori norreni verso le coste britanniche, dove proseguivano le razzie. E a Ildebrando giunse notizia del saccheggio di Londinium. Allora Ildebrando si stancò di aspettare, e salpò con una nave che però affondò quasi subito, e lo stesso Ildebrando scampò per miracolo all'annegamento.
Poi finalmente i venti girarono nella direzione giusta e la flotta poté salpare.
Prima vittima di Ildebrando e dei suoi uomini fu il regno di Agder: il re Harald Granraude fu sconfitto e catturato in battaglia, e posto di fronte a una scelta: diventare cristiano e alleato di Roma o morire tra atroci sofferenze. Harald scelse di morire, e la sua morte fu atroce. Fu legato a un palo e gli fu versato del piombo fuso in bocca, poi mentre era agonizzante fu decapitato.
Furono catturati anche parecchi prigionieri, spediti nell'Impero dove avrebbero lavorato nei campi dei latifondisti romani.
Poi Ildebrando proseguì la sua opera: la flotta si mosse per diversi mesi lungo le coste di Norvegia e Danimarca, sterminando e schiavizzando qualsiasi cosa trovassero lungo la loro strada. Intere città furono bruciate, i capi massacrati e gli abitanti ridotti in schiavitù, luoghi di culto agli dei pagani profanati e distrutti.
Le cronache norrene parlano di quel periodo con toni apocalittici, da fine del mondo, descrivendo le atroci torture che i romani infliggevano a chi osava resistergli e opporsi alla cristianizzazione, e parlando delle popolazioni di intere città sterminate in massa.
Un metodo che i romani adottarono, e che si rivelò molto efficace vista la natura del territorio, prevedeva che durante la bassa marea i condannati fossero seppelliti lungo la battigia lasciando fuori la testa, e poi aspettare che la marea finisse il lavoro.
È difficile dire quante persone siano state uccise da Ildebrando nelle sue campagne: le fonti romane parlano di centinaia di migliaia, gli storici moderni parlano di circa ventimila persone, più altrettante ridotte in schiavitù e deportate nell'Impero.
Ad ogni modo le campagne di Ildebrando sortirono l'effetto desiderato: le incursioni scandinave cessarono. I vichinghi avevano imparato la lezione: don't mess with Rome!

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