La campagna di Grecia di Napoleone

di Falecius


Nel 1811 Talleyrand, preoccupato per il deteriorarsi dei rapporti franco-russi e la crescente difficoltà di imporre il blocco continentale, chiede allo Zar e a Metternich un incontro nella stazione termale austriaca di Karlsbad. Il suo scopo è quello di convincere le due maggiori potenze continentali ad appoggiare la Francia contro la Gran Bretagna. Ad entrambe, comprende il vescovo, va offerto qualcosa di più di quello che hanno (la parentela con Napoleone in un caso, la Finlandia nell'altro).

Il diplomatico francese riesce a convincere i due rivali dei vantaggi di una spartizione dell'Impero Ottomano.

Tornato a Parigi, non ha difficoltà a persuadere Napoleone ad intraprendere una campagna per liberare i Balcani. La Grande Armata passa il fiume Sava il 15 marzo 1812, mentre i Russi entrano in Moldavia ed in Armenia e gli Austriaci superano il Danubio, raccogliendo rinforzi tra gli insorti serbi di Giorgio il Nero. in maggio Napoleone annienta i Turchi a Novi Pazar, entra a Nish e discende le valli fino a Uskub, bloccando l'avanzata austriaca alla Serbia settentrionale. Nel frattempo, le forze italiane di Eugenio di Beauharnais s'impossessano della costa e Murat, dopo aver strappato agli Inglesi Lissa e Corfù, sbarca in Albania e si proclama Despota d'Epiro. Per farglisi incontro, Napoleone discende il Vardar ed entra a Salonicco il 3 luglio. La Grecia centrale insorge, accogliendo i napoletani. Bonaparte dopo aver battuto i Turchi a Trikala in Tessaglia attraversa la Tracia diretto a Costantinopoli, desiderando anticipare i Russi, impegnati nell'assedio di Varna. I Turchi, visto il pericolo mortale, ritirano la loro armata dalla Bulgaria, lasciando gli Austriaci liberi di avanzare su Sofia e Nicopoli. Gli emiri kurdi di Amadiya, Jazira ibn Umar, Badlis, Diyarbakr, Sulaymaniya, Soran, il patriarcato assiro di Hakkari, i sultanati militari dei banu Jalal di Mosul e dei Mamelucchi di Baghdad proclamano la propria indipendenza. I particolare, i Russi, che hanno occupato l'Armenia turca, offrono a Badlis la propria protezione.

La flotta inglese è quindi inviata in appoggio al sultano: il duca di Wellington viene trasferito dalla Spagna in Grecia, con 30.000 uomini, mentre le forze navali britanniche prendono il controllo di Creta, Cipro, Rodi, Licia e Panfilia.

Mentre Murat, appoggiato dai ribelli greci, resta a combattere Wellington in Morea, Napoleone annienta l'ultima armata turca d'Europa ad Adrianopoli, grazie anche all'intervento di una avanguardia austriaca. Poi, ignorando l'offerta di pace del Sultano Mahmud II, Entre trionfalmente a Costantinopoli il 14 ottobre 1812, e si fa incoronare imperatore di Grecia.

La corte ottomana, fidando nell'aiuto inglese, fugge a Bursa. Napoleone decide di svernare a Costantinopoli, lasciando che i Greci dissanguino Wellington mentre Murat consolida le sue posizioni. A Creta e a Cipro, gli inglesi si trovano immediamente ad affrontare lo stesso tipo di guerriglia, istigata dal clero ortodosso, che ha funestato Napoleone in Spagna. Ogni isola che occupano è una ulteriore difficoltà; e le comunità musulmane locali si dimostrano più ostili all'occupante cristiano che leali al Sultano. Della situazione approfitta Muhammad Ali, governatore d'Egitto, reduce da una vittoriosa campagna contro i Sauditi che l'ha reso potenza egemone nella penisola arabica. Egli invade la Siria, poi la Cilicia, e grazie alla sua potente flotta e all'appoggio napoletano, nel febbraio 1813 può inviare una forza da sbarco in Cilicia guidata dal figlio Ibrahim Pasha. Intanto, la flotta russa, può passare gli Stretti e cacciare gli Inglesi dalle Sporadi, dopo aver "traghettato" la Grande Armata in Asia Minore. Presa Bursa, Napoleone si dirige verso sud, e ad Eskishehir impone ai Turchi la pace. Le isole egee, l'Armenia e la penisola balcanica sono abbandonate agli europei, la Siria, la Palestina, Cipro e lo Hijaz a Muhammad Ali, il Kurdistan e la Mesopotamia ai propri principi. Mahmud resta al potere affiancato da alcuni consiglieri francesi e russi, ma è costretto a rinunciare al titolo di Califfo, che viene attribuito a Muhammad Ali, il quale controlla i luoghi santi dell'Islam e li ha protetti contro i Sauditi, ed ha strappato Cipro agli Infedeli mentre gli Ottomani si sono mostrati incapaci di proteggere l'Islam. Il trattato provoca un rivolta dei giannizzeri, che chiedono l'aiuto inglese ma sono brutalmente repressi dai Cosacchi, mentre la Grande Armata marcia a sud occupando Smirne ed Alicarnasso, che sono annesse alla Grecia. I giannizzeri sono annientati e Mahmud è costretto a cedere la Bitinia (con Calcedonia, Nicomedia e Nicea) e la Sebastide ai Russi, la Lidia e la Caria ai Greci e fornire un'armata per cacciare gli inglesi. Nell'ottobre del 1813 l'ultima posizione inglese in Anatolia, Antalia, è occupata da Napoleone mentre la flotte greca e russa espugnano Rodi. Creta resta agli inglesi, ma Napoleone ritiene che sia un problema trascurabile. Lasciato un esercito sotto Ney a presidiare l'Asia Minore e Murat in Grecia, affida le sorti del nuovo impero alla sorella Elisa, annettendone alla Francia i domini italiani, e torna in Francia, preparandosi ad assumere personalmente il comando della guerra contro il Portogallo. Nel frattempo, Austria e Russia si scontrano sulla spartizione dei Balcani: Metternich non è disposto a permettere che i Russi occupino la foce del Danubio. E' di nuovo Talleyrand che deve correre a Vienna per mediare tra i due principali alleati ( per quanto incerti) della Francia: gli scontri di frontiera rischiano di degenerare in una guerra aperta.

Il compromesso che escogita consiste nella creazione di due stati cuscinetto, Valacchia e Bulgaria: il primo andrà sarà assegnato a Luigi Boanparte, che cede in cambio il suo ducato di Berg e Cleves a Gerolamo, re di Westfalia; il secondo al Granduca Costantino Romanov, che rinuncia ai suoi diritti ereditari sul trono russo in favore del fratello Nicola. La Valacchia ad ovest dell'Olt è annessa invece all'impero austriaco; in cambio il nuovo principato ottiene la strategica Dobrugia e la maggior parte del delta del Danubio. Inoltre l'Austria ottiene dai francesi Nish e Sarajevo.

Nel 1814 Napoleone, ormai del tutto sicuro ad est, riunisce una nuova "grande armata", in cui corrono ad arruolarsi migliaia di volontatri serbi, greci, bulgari e polacchi, per schiacciare definitivamente la resistenza iberica.

Muhammad Ali, nuovo e prezioso alleato, impegna duramente gli inglesi, strappando loro Creta e poi sbarcando alle spalle di Wellington in Morea. Il Duca sconfigge duramente l'esercito egiziano ma, sempre più in difficoltà, ordina la ritirata verso la baia di Navarino, dov'è ancorata la flotta inglese. Tusun Bey, il giovane figlio di Muhammad Ali comandante delle forze egiziane, intuisce la manovra, e lasciato un distaccamento in Laconia per impegnare il nemico, salpa verso la baia cercando di prendere contatto con la flotta napoletana. 
Il 23 agosto 1814, gli alleati di Napoleone vendicano finalmente Abukir e Trafalgar. Anche se la flotta inglese riesce in parte a salvarsi a Zacinto, e Wellington abbandona il campo in buon ordine, la capacità britannica di fare il bello ed il cattivo tempo nel Mediterraneo orientale, già messa a dura prova dai russi nell'Egeo, è finita. Wellington ha un esercito intatto, ma isolato e in un paese ostile, mentre la sua presenza è richiesta in Spagna, dove Napoleone ottiene vittorie su vittorie, prende (per la terza volta) Madrid e poi Salamanca, Badajoz, Coimbra, Lisbona, Evora.

L'evacuazione del corpo di spedizione inglese riesce, e in Novembre Wellington e suoi 18.000 uomini sono al sicuro in Sicilia, mentre le truppe greche occupano la Morea. Tusun Bey rientra in Egitto, dopo essersi assicurato Creta, e Citera ed aver ottenuto l'assenso francese per sottoscrivere una pace separata con gli Inglesi in cambio del ritiro dalla Laconia. Napoleone infatti non ha più bisogno dell'intervento attivo degli egiziani, anche perché i napoletani sono finalmente riusciti a occupare le isole Ionie, sgomberate assieme alla Grecia continentale. Intanto Muhammad Ali ha ripreso la guerra contro i Sauditi, che lo impegnerà fino al 1817, ed ha occupato le vecchie posizioni ottomane nel Mar Rosso come Aden e Massaua. Nel 1815 Napoleone inizia la sua campagna conquistando la Galizia ed il Portogallo del nord, ed insedia il fratello Luciano come re del Portogallo; Luciano, repubblicano, è finalmente costretto ad accettare una carica regia. In questo modo un parte della milizia e dell'esercito portoghese si schierano con l'Imperatore.

Tuttavia, nel sud della Penisola, Wellington tiene le sue posizioni, e col sostanziale aiuto della popolazione, nonostante la cattiva impressione generata dai saccheggi indiscriminati a Badajoz e Salamanca, riesce a mettere le truppe dell'incompetente generale francese Soult in seria difficoltà. Infine, quest'ultimo viene rimpiazzato e spedito ad occuparsi delle difese della Confederazione del Reno. Napoleone ottiene una decisiva vittoria a Toledo, poi si ritira per svernare in Aragona. A Cadice, Ferdinando VII è insediato sul trono e governa l'Andalusia sulle baionette inglesi, ma la sua politica assolutistica scontenta molti patrioti liberali che facevano parte della guerrilla. Gradualmente, il movimento popolare contro Giuseppe Bonaparte perde i suoi aspetti nazionalistici per diventare un'opposizione di retroguardia e di difesa dei privilegi; e anche le juntas formate nelle Americhe, fedeli ai Borboni, mostrano una crescente delusione.

L'ambizione di Napoleone ed il genio di Talleyrand riescono ancora una volta a sfruttare la situazione: Giuseppe accetta di cedere agli Stati Uniti, in guerra con la Gran Bretagna, la Florida ed il Texas purché continuino la guerra, impegnando gli inglesi in Canada in attesa di rinforzi francesi. Gli americani accettano a seguito della loro spettacolare vittoria a New Orleans, che ne rafforza lo spirito nazionalsitico nonostante la crescente impopolarità del conflitto nel New England. La Francia finanzia e contribuisce ad organizzare un'insurrezione in Québec, che divamperà nella primavera del 1816, mentre gli americani tentano un nuovo attacco contro Toronto. Nell'Aprile del 1816, 8.000 soldati francesi sotto Drummont sbarcano a Québec e prendono la città. I franco-americani si ricongiungono a Montréal alla fine di settembre, ponendo fine al dominio inglese sul Canada. Il Québec è organizzato come in tre dipartimenti francesi d'oltremare (Labrador, Ottaouais e Saint-Laurent), mentre il resto del paese è organizzato negli Stati di Ontario, Huron, New Burnswick, New Scotland, Prince Edward Island (col nome di stato di Madison), e nei territori di Hudson e Manitoba. Alla Gran Bretagna resta solo Terranova.Nel corso dello stesso anno Napoleone completa la conquista del Portogallo e riprende Cadice e Valencia, restringendo Wellington a difendere un zona coincidente grosso modo coll'antico Emirato di Granada.

Gli inglesi, ormai in una situazione piuttosto difficile, tentano di trovare in Europa nuovi alleati per formare una ottava coalizione (la settima essendo composta da Inghilterra, Impero Ottomano e Portogallo).

Egitto, Svezia ed Austria fanno orecchie da mercante, la Turchia non è nemmeno in grado di tenersi insieme senza l’esercito di Ney, nel Reno i principi tedeschi preferiscono non rischiare. La Danimarca , Napoli, il Montenegro e la Valacchia, per non parlare della Polonia, sono alleati di ferro dell’Imperatore. Restano Prussia, Bulgaria e Russia. Costantino di Bulgaria avrebbe molto da guadagnare da un cambiamento di fronte che lo potrebbe portare da Sofia a Costantinopoli; ma una cosa è chiara: se la Russia è sul Bosforo, l’Inghilterra vuole i Dardanelli, e Alessandro, ad un passo dall’agognato Mediterraneo, preferisce non correre rischi. Senza lo zar, il nuovo re dei Bulgari non muoverà un passo. Quanto alla Prussia, aspetta solo il momento adatto. E il momento adatto, chiaramente, lo stabilirà lo zar, abbandonando l’alleanza francese. Berlino non si immolerà per regalare il secondo fronte a Londra.

Il 1816 è un anno di guerra languente, con Napoleone incapace di ottenere in Spagna un successo decisivo, anche se nella Americhe la perdita del Canada è un duro colpo per gli inglesi. Tuttavia, entrambi i contendenti sono esausti. Talleyrand vorrebbe intavolare trattative, ed in effetti, tramite l’Austria, riesce a stabilire negoziati segreti. Tuttavia, si rende conto che Napoleone non accetterà mai le richieste inglesi (essenzialmente, ritiro francese alla frontiera del Reno, restituzione del Canada e restaurazione dei sovrani legittimi in Spagna e Portogallo). Nel frattempo il generale cileno O’Higgins de Riquelme sconfigge i realisti e proclama l’indipendenza del suo paese; Anche la Colombia (con Bolivar), il Messico (con Santa Anna) e la Plata (con Belgrano e San Martin) dichiarano l’indipendenza, che il re Giuseppe è incline a riconoscere. Gli inglesi invadono quindi la Plata, ufficialmente per ristabilire l’autorità di Ferdinando. L’operazione ha successo, Buenos Aires cade e San Martin muore in combattimento. Un esercito americano sotto il generale Andrew Jackson interviene allora in Messico, sostenendo Santa Anna, che si dichiara leale a Giuseppe, per evitare che accada la stessa cosa. In cambio, il governo americano inizia con discrezione a domandare la cessione della California. In dicembre, forze americane e messicane prendono l’Honduras Britannico e la Miskitia.

Napoleone lancia la sua offensiva finale contro l’Andalusia con la campagna del 1817, che obbliga Wellington a ritirarsi, dapprima verso Gibilterra, per poi mettere in salvo il suo contingente e le truppe lealiste spagnole a Ceuta. Ma stavolta Napoleone è stanco di giocare al gatto col topo e attraversa lo stretto, dopo aver praticamente raso al suolo Gibilterra pietra su pietra con l’artiglieria. In tre battaglie annienta l’esercito marocchino ed entra a Fès, dove obbliga il sultano a cedere il territorio a nord del Rif alla Spagna. Inoltre lo obbliga a porre fine alle attività dei pirati di Salé e ad accogliere consiglieri francesi, spagnoli e portoghesi. Ritornato a nord, obbliga Wellington a lasciare il Marocco con la vittoria di Tahaggart e la presa di Ceuta. L’Europa continentale è ormai sicura, e nella sua immediata periferia restano solo regimi amici o sconfitti: Egitto, Turchia, Marocco. La campagna marocchina convince gli inglesi che la guerra contro Napoleone non ha più alcun senso; un carestia e gli effetti del blocco continentale, che la guerra tra Inghilterra e Russia ed il crollo del Portogallo hanno cominciato a rendere funzionante, si aggiungono al crescente malcontento in Irlanda e ai successi americani nel rendere tale opinione convincente. Le proteste che per varie ragioni esplodono nella madrepatria rendono sempre più precario il governo di Lord Liverpool.

La guerra si trasferisce in America: nel 1818 Napoleone ritorna in Francia, lasciando al generale Cambronne il compito di pacificare la penisola iberica con campagne contro i rimanenti guerriglieri.

Altre truppe francesi sono inviate a sostegno delle difese costiere di Svezia, Norvegia e Danimarca, con buoni risultati nel respingere i britannici, anche se la Gran Bretagna mantiene la supremazia navale nel Mare del Nord. Inoltre rafforzano i legami militari tra la Francia e i paesi scandinavi, finora solo elementi sussidiari nel progetto europeo di Bonaparte. Un altro aspetto del conflitto in Europa è la spedizione di Murat contro la Sicilia; le modeste flotte dei Bonaparte hanno serie difficoltà a trasportare l’esercito franco-napoletano a Messina, senza il sostegno di Russia ed Egitto. Una volta a terra, però, la marcia su Palermo e Catania è facile, e l’intera isola è nelle mani di Murat nel giro di due mesi. Le isole Canarie e Baleari restano le sole terre spagnole fedeli a Ferdinando, anche se di fatto solo la presenza inglese gli permette di governare dalla sua provvisoria capitale di Palma de Mallorca.

In America, Bolivar conquista l’intero Perú e invia il suo luogotenente Paez lungo il Rio delle Amazzoni a prendere controllo della valle sottraendola agli sparsi insediamenti portoghesi fedeli al re Giovanni VI. La flotta francese arriva con rinforzi alle foci dell’Orinoco. Le operazioni principali vedono gli Anglo-Ispano-Brasiliani combattere contro Statunitensi, Colombiani, Argentini e la fazione messicana fedele a Santa Anna, nel Messico Centrale, in Guyana, Argentina ed Alto Perù.

Le rivolte luddiste nell’Inghilterra del Nord e le crescenti proteste in Irlanda indeboliscono lo sforzo bellico britannico, anche se la supremazia marittima nei Caraibi resta difficilmente contrastabile. In generale, la parte settentrionale del Sudamerica è sotto controllo dei bolivariani, mentre le isole, escluse Martinica, Guadalupa e le Antille Danesi, restano prevalentemente britanniche. Il Cile riesce a tenersi fuori dalla mischia, costringendo entrambi gli schieramenti a riconoscerne l’indipendenza. L’Argentina è spartita tra Inghilterra e Brasile, mentre la sua estremità settentrionale è unita al Perù-Colombia assieme all’Amazzonia. In Oregon, un piccolo corpo di spedizione americano ed un flottiglia russa espellono gli inglesi. La bandiera a stelle e strisce è issata sul municipio di San Francisco. L’Islanda si ribella all’occupazione inglese. Vi viene proclamata una reggenza provvisoria in nome del re di Danimarca. La ribellione dei Maratha in India impegna gli inglesi su un altro fronte di cui farebbero volentieri a meno.

Il subcontinente sarà pacificato solo nel 1820. Le linee di conflitto restano invariate sia in Europa che in America nel 1819, mentre Napoleone riunisce una nuova grande armata e tenta di dare respiro all’esausta economia continentale. La Nuova armata serve a ridare consistenza alla languente alleanza con l’Austria ed eliminare l’ultima sponda continentale della diplomazia inglese, proprio mentre da nuovo governo Whig arrivano segnali di distensione, a condizioni che però Napoleone e Madison, contro il consiglio di Talleyrand, ritengono inaccettabili. Nel 1820, approfittando dell’impegno navale inglese perlopiù diretto alle Americhe e dell’esercito di Wellington trasferito in Argentina, Napoleone passa l’Elba puntando su Berlino. Un’armata austriaca comandata da Davout entra in Slesia tre giorni dopo, mentre i Russi occupano Memel senza opposizione e passano il Nemunas. Bernadotte invade la Pomerania, è sconfitto a Stettino ma i Prussiani, comandati da von Clausewitz, non possono sfruttare la vittoria occupando Stralsunda, in quanto il generale è richiesto per difendere la capitale dalla Grande Armata. Ad Halle, Cottbus, Potsdam e Francoforte Napoleone annienta i prussiani ed entra a Berlino in Settembre. Truppe polacche tagliano il regno degli Hohenzollern in due lungo la Vistola. La pace di Sans-Souci dell’aprile 1821 segna la fine dell’indipendenza prussiana. Federico Guglielmo IV resterà granduca di Brandeburgo entro la confederazione del Reno, l’intera Pomerania va alla Svezia, le Prussie sono divise tra Russia e Polonia, Slesia e Lusazia vanno all’Austria, diversi distretti di confine al regno di Sassonia. Vienna e Pietroburgo sembrano ormai aver accettato il principio “se non puoi combatterlo, unisciti a lui”. La strenua resistenza di Clausewitz e degli Junker è inutile, anche per alcuni mesi 70.000 francesi dovranno restare nella regione per domarla.

Se i rapporti tra Parigi e Vienna migliorano dopo quest’operazione congiunta, quelli con la Russia si raffreddano. L’aperta natura aggressiva dell’attacco, la distruzione di uno stato indipendente in violazione di una pace precedente, sono solo vagamente mascherate da scuse ed accuse francesi. Non che, capisce Alessandro, sia possibile fare molto, malgrado suo fratello Nicola sia invece per la guerra. Gli istinti guerreschi dei Whigs sono decisamente ridimensionati da questo cinico sfoggio di forza, tanto quanto l’opinione pubblica inglese ne è oltraggiata. La vittoria di Elphinstone a Poona, che sigilla nel sangue il dominio sull’India, e quella di Wellington sul fiume Paraguay, che assicura il Rio della Plata alla Gran Bretagna, e provoca la rivolta del Perù e dell’Amazzonia, sotto il governo di Paez, contro Bolivar, servono appena a salvare la faccia. Nel 1822, l’Irlanda insorge. Wellington, ormai non necessario in America, viene richiamato. Ma Dublino non è Asuncion, scoprirà presto. “Gli orrori di Leinster” come verranno pubblicizzati sulla stampa francese, tedesca e spagnola, e più tardi anche su quella radicale inglese, suscitano un’ondata di sdegno antibritannico in tutto il continente, a cui nemmeno lo zar resta insensibile, irrigidendo le condizioni nelle trattative per una pace separata con Londra. La nuova amministrazione americana di James Monroe invece decide di approfittare della difficile situazione britannica per concludere una guerra sempre più difficile da giustificare. Londra accetta infine di rinunciare al diritto di perquisizione in alto mare delle navi neutrali, ossia americane, colombiane o russe. Tutte le potenze rinunciano ad intervenire nella guerra civile messicana. La Gran Bretagna cede agli stati uniti il Canada, isole Bahamas, Turks, Caicos e Bermuda, e riconosce la loro rivendicazione su California, Oregon e Texas. Belize e Miskitia vanno al Messico, Aruba, Curaçao e la Guyana alla Colombia, il Perù (con l’Amazzonia) è riconosciuto indipendente, l’Argentina lasciata agli inglesi. Le proteste di Ferdinando vengono tacitate da un reggimento inglese nelle Baleari, che lo costringe ad abdicare in favore della figlia Isabella. Colombia e Messico ottengono ufficialmente l’indipendenza, Puerto Rico e Cuba restano sotto la sovranità Isabella dei protettorati inglesi. Londra conserva terranova ed il resto dei Caraibi (tranne le isole Vergini, cedute alla Danimarca, e le Antille Francesi) e di fatto assorbe Canarie, Filippine e Baleari. Isabella, bambina, è circondata da consiglieri britannici più di quanto il francese Giuseppe lo sia da francesi a Madrid. La tutela consolare degli interessi “spagnoli”è anche ufficialmente passata al corpo diplomatico inglese. La complessa sistemazione garantisce la pacificazione delle Americhe; Napoleone, che mantiene il Québec, con un garanzia americana in caso di attacco inglese esplicitamente menzionata nei trattati, è soddisfatto. Potrebbe perfino fare la pace con Londra a questo punto, e per tutto il 1822/23 Monroe lo incoraggia in tal senso. Lo sdegno e le proteste dei radicali per il comportamento di Wellington in Irlanda crescono in sostegno e violenza, saldandosi alle proteste nelle fabbriche di Manchester; al punto che il nuovo governo non sa più che fare dell’ingombrante Wellesley, finché non lo spedisce appunto a Manchester ad occuparsi delle rivolte operaie. Le rivolte effettivamente cessano bruscamente, ma a prezzo di centinaia di morti. I radicali ottengono un sostegno sempre più vasto. Jane Austen scrive “I can’t keep silence anymore”. Centinaia di intellettuali liberali cercano asilo negli Stati Uniti. Nel 1824, un governo inglese ormai pericolante invia il Duca in pensione, dove morirà pochi anni dopo, e convoca una tornata elettorale in cui i radicali ottengono un significativa minoranza. Il primo atto del nuovo governo liberale è quello firmare la pace con Danimarca ed Austria, cedendo alla prima le Isole Vergini e restituendole l’Islanda, per deporre poi Isabella di Spagna per poter scendere a patti con Giuseppe. Pressioni sul governo di Joao VI a Rio vengono fatte affinché questi sia riconosciuto come “Imperatore del Brasile” ed accetti Luciano come re del Portogallo. Dietro le quinte, Talleyrand ammorbidisce le posizioni degli alleati, facendo intendere che la Francia appoggia una conciliazione generale. Conclusione a cui è intanto giunto lo stesso Napoleone; lui ha vinto, e Londra chiede la pace. Il regno borbonico fantoccio è diviso: Puerto Rico e le Canarie tornano sotto la sovranità spagnola, Isabella è incoronata regina di Cuba a l’Avana, le Baleari e le Filippine diventano Colonie della Corona. Tutte le ex colonie olandesi passano a Londra, così come Réunion, Mauritius e l’India Francese (eccetto Pondichéry), scambiate con la Dominique. Il Brasile si annette le ex colonie portoghesi in Africa (ma la baia di Delagoa viene ceduta alla Francia in cambio di Ziguinchor, in Senegambia), le Azzorre, e Madera, mentre Timor e l’India Portoghese passano all’Inghilterra e Macao torna alla Cina. La sistemazione generale soddisfa gli Inglesi, che continuano a dominare i mari, e i Francesi, sicuri sul continente e con buone posizioni coloniali. Nel frattempo Muhammad Ali ha lanciato l’Egitto nel politica mondiale di potenza, imponendosi dapprima nella Penisola arabica, assorbendo poi il principato kurdo di Jazirah ibn Umar ed infine conquistando il morente impero Funj del Sudan, il paese Beja sul mar Rosso ed il vicino Darfur. Nel 1825 lancia una serie di spedizioni militari e razzie schiavistiche guidate dal nipote Abbas Hilmi nell’Equatoria e fin nel regno ugandese di Bunyoro e nel paese degli Oromo. Ma lo scacchiere kurdo-mesopotamico e mediterraneo lo interessano in realtà assai di più. Gli intrighi russi, francesi ed egiziani nelle piccole corti di Sulaymaniya, Amadiya, Badlis, Soran, Sanandaj, Mosul, Diyar Bakr si moltiplicano, mentre sembra maturare un’alleanza tra Russia e Baghdad contro la Persia, cliente del vicerè “bizantino” Eugenio di Beauharnais. Napoleone però, non può star fermo. Progetta di riprendersi, con l’aiuto russo, l’Egitto, o invece di marciare su Mosca e Pietroburgo, di attraversare la Persia per riprendere in India il conflitto anti-inglese o di riconquistare Haiti.

E poi? Come continuarla?

Falecius

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Aggiungiamo quest'idea di Dario Carcano: la Guerra Fredda come non te la aspetti...

Vienna, 1945. La guerra mondiale era finalmente finita: Hitler era morto, le sue armate si arrendevano in massa, e i leader delle due grandi potenze che avevano sconfitto il nazismo, Francia e Unione Sovietica, si incontravano nelle macerie della capitale austrica per discutere gli ultimi dettagli del nuovo ordine europeo che sarebbe seguito alla guerra.
Il grosso del lavoro era già stato fatto, restavano da limare le ultime divergenze: Stalin voleva a tutti i costi uno sbocco sull'Egeo, così la Bulgaria - assegnata alla sfera d'influenza sovietica e in cui l'Armata Rossa aveva già costituito un governo comunista - mantenne la costa mediterranea nonostante fosse stata sconfitta nel confronto bellico. Il presidente francese Paul Reynaud non si rassegnò ad abbandonare la Polonia ai sovietici, e ottenne da Stalin la promessa che nel ricostruito stato polacco si sarebbero tenute elezioni libere; promessa che però sarebbe caduta nel vuoto.
Il resto fu fondamentalmente la conferma di quanto era già stato deciso da due anni: annessione dei paesi baltici all'URSS, ricostruzione in Germania di Prussia e Confederazione del Reno nei confini precedenti l'annessione nazista, spartizione dei Balcani secondo l'uti possidetis.
Però il clima di collaborazione tra le potenze stava già iniziando a venire meno. Pochi anni dopo la Francia avrebbe costruito una nuova alleanza militare in funzione antisovietica, l'Unione Europea di Difesa, e Stalin l'avrebbe imitata poco dopo creando il Patto di Varsavia.
Reynaud dirà "una cortina di ferro è calata sull'Europa". Era l'inizio della guerra fredda...

Ok, adesso credo di dovervi qualche spiegazione.
Tutto è iniziato quando ho notato la somiglianza tra i confini della Confederazione del Reno creata da Napoleone Bonaparte nel 1806 e la Repubblica Federale Tedesca sorta dopo la seconda guerra mondiale: a parte la Sassonia, il Meclemburgo, il Tirolo e le annessioni francesi, i confini erano uguali.
Questo mi ha spinto a disegnare una mappa che fondesse l’Europa napoleonica e l’Europa post-WWII, da qui la mappa che ho postato all’inizio della discussione.
Il PoD più grosso in questa TL è il perdurare dell’alleanza franco-russa sorta dopo Tilsit, da cui consegue l’assenza della campagna di Russia e della disfatta napoleonica nel 1814. Napoleone consolida il suo dominio sull’Europa, e prima di morire nel 1821 riesce a invadere l’Inghilterra (da qui la divisione del Regno Unito). Non ho mai nascosto il mio scetticismo sulla possibilità che la monarchia bonapartista possa sopravvivere a lungo dopo la morte di Napoleone, quindi penso che, morto l’Imperatore, entro il 1830 la Francia sarà una repubblica più o meno democratica.
Il nuovo governo non sarà in grado di mantenere tutte le acquisizioni napoleoniche, per differenze linguistiche e culturali (i Paesi Bassi) e per la nascita dei sentimenti nazionali (Germania e Italia) la Francia rinuncerà ad alcune di queste annessioni: i Paesi Bassi formano una repubblica indipendente (ma sempre nell’orbita francese), Toscana e Lazio sono cedute allo Stato Italiano creato da Murat ed Eugenio di Beauharnais, e i territori tedeschi ad est del Reno sono ceduti alla Confederazione del Reno. Resterebbero invece francesi Belgio, Catalogna, Renania e Piemonte.
Nel corso dell’ottocento le tensioni tra Francia e Prussia aumenterebbero, per via delle rivalità coloniali, e condurranno alla prima guerra mondiale, che scoppierebbe con alleanze quasi identiche all’HL: Francia-Inghilterra-Italia-Russia vs. Prussia-Austria-Ungheria-Impero Ottomano
In Russia scoppia la rivoluzione come in HL, la Francia riesce a vincere la guerra senza i russi e senza gli americani, pagando però un conto salatissimo in termini di vite umane; questo alla fine fa sì che i cambiamenti territoriali successivi al conflitto siano pochi, e concentrati a est dove hanno per causa il collasso dell’Impero zarista.
L’Austria è la grande sconfitta del conflitto; è ancora un Impero – anche se non ci sono più gli Asburgo, fuggiti all’estero come il Kaiser Guglielmo in HL – ma le tensioni etniche rischiano di farlo collassare. In Prussia invece si afferma un governo nazionalista e pangermanista che propugna la realizzazione della Grande Germania attraverso l’unione con l’Austria.
In Austria le teorie naziste trovano terreno fertile, e Hitler arriva al potere nel 1933 sull’onda della Grande Depressione che dagli Stati Uniti ha travolto l’economia europea.
A questo punto Hitler unisce Austria e Prussia nel 1938 e nel 1939 una recalcitrante Francia acconsente all’annessione della Confederazione del Reno, secondo alcuni per evitare un nuovo sanguinoso conflitto, secondo altri per prendere tempo mentre riorganizza le sue truppe.
Ma Hitler prende nota e pensa che Parigi lo lascerà fare finché sarà un argine al comunismo. Allora invade la Polonia e scoppia la seconda guerra mondiale.

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Alessio Mammarella commenta:

Mi sembra una delle ucronie più belle sulla sopravvivenza dell'Europa Napoleonica.
Io stavo pensando a uno scenario in cui, partendo da un diverso andamento di Waterloo e passando per elementi secondari (come la formazione dell'Italia e l'annessione della Catalogna alla Francia durante la confusione delle Guerre Carliste) si arriva alla mancanza della I Guerra Mondiale, sostituita da una semplice guerra russo-turca (che inizialmente contempla enormi conquiste per l'esercito russo ma in seguito vede il paese travolto dalla Rivoluzione).
In questo scenario il nazismo nascerebbe direttamente in Austria spinto dalla frustrazione (non di una guerra persa ma) della "sottomissione ai francesi" della Confederazione del Reno. Sarebbe quindi l'Austria ad annettere la Prussia. La guerra vedrebbe i nazisti contrapposti a Francia, URSS (nonostante la diffidenza tra democratici e comunisti, la minaccia nazista impone una cooperazione) e alleati vari. Gran Bretagna alleata con i nazisti in funzione antifrancese (i britannici, nel corso del secolo precedente, hanno perso la supremazia navale e coloniale e non hanno imposto il gold standard al mondo), Stati Uniti alleati con Francia e URSS, ma meno potenti che in HL (non c'è stata la I Guerra Mondiale, ci sono meno esperienza, combattività, tecnologie). Attribuivo l'indipendenza della Scozia proprio alla sconfitta nell'ultima guerra.

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E ora, la parola a Perchè No?:

Non é una nostra idea, l'ha avuta lui stesso all'epoca di Sant'Elena. Napoleone in Egitto prende Acri, spazza via le truppe ottomane e con i suoi Francesi, Egiziani, Beduini, Arabi e Copti conquista l'impero prendendo Costantinopoli, dove regna da Imperatore d'Oriente. Ovviamente si fa musulmano (agli Egiziani assicurava già che seguiva l'insegnamento di Muhammad). In pochi anni mette in piedi un nuovo esercito ottomano comandato da Francesi, un'economia e un'agricoltura modernizzata, riconquista i Balcani, vince l'Austria con l'aiuto della Francia, invade il Sud dell'Italia e il Caucaso, riconquista la Crimea (persa per colpa di Caterina la Grande), e mille altre avventure. In breve il vecchio malato dell'Europa avrebbe fatto come nell'ultimo film di Sylvester Stallone, un ritorno inaspettato e non voluto...

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Dario Carcano però obietta:

Non lo so, nel XVIII secolo l'Impero Ottomano era già visto come uno spazio vuoto da riempire, come dimostra il Piano Greco di Caterina la Grande. L'arrivo a Costantinopoli di un governo forte e riformatore guidato da Napoleone non credo sarebbe visto bene, perché sarebbe un grosso pericolo per i progetti europei nella regione. Immagino quindi uno scenario tipo rivolta dei Boxer, con le potenze europee che mandano nella regione corpi di spedizione, un po' a sostegno del sultano ottomano e un po' per tutelare i propri interessi

Napoleone Sultano, immagine realizzata con Bing Image Creator

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C'è spazio per un'altra idea di Perchè No?:

Il Nuovo Regno di Gerusalemme

Durante la sua campagna di Siria, il generale corso con le sue truppe francesi e egiziane riunite ha conquistato Gaza, Haïfa e anche Nazareth, è a poco più di una giornata di marcia di Gerusalemme ma non si avvicina ad essa, e si dice che abbia rifiutato di accondiscendere all'ultimo desiderio di un soldato morente che voleva vedere la Città Santa: il suo obiettivo era Acri, dove fu sconfitto dai Turchi e dalla marina britannica.

La sua scelta era logica per un generale rivoluzionario circondato da musulmani. Non voleva affatto che la sua guerra si trasformasse agli occhi degli musulmani in crociata cristiana, cosa che avrebbe provocato una ribellione generalizzata dell’Egitto appena calmato (tentava gà di far credere che studiava l’Islam ed era un criptomusulmano). Inoltre egli voleva mostrare la forza delle sue idee rivoluzionarie e della nuova debolezza del sentimento religioso nelle menti dei Francesi: per questo, Gerusalemme doveva essere disprezzata.

Ma se Napoleone ragionasse in un’altra maniera ? Ossessionato com’era dall’esempio degli antichi conquistatori, poteva davvero ignorare questa preda facile, senza seguire le orme di Pompeo, di Tito e di tanti altri imperatori? Alla fine la tentazione é troppo grande e costa poco. Alcuni reparti di cavalleria e di fanteria bastano per far cadere Gerusalemme, che non era neanche difesa. Napoleone può anche permettersi il lusso di conquistare pacificamente la Città Santa e di non molestarne agli abitanti, osannato come un grande e magnanimo conquistatore (la cosa gli piace). In maniera aneddotica più tardi Napoleone farà conoscere la vecchia leggenda di Alessandro, entrando pacificamente in Gerusalemme e rendendo gli onori al Sommo Sacerdote, leggenda un po' caduta nel dimenticatoio.

Napoleone a Gerusalemme non voleva certo essere un nuovo Nabucodonosor, ai musulmani si presentava piuttosto come un nuovo Saladino, anche se aveva preso la « difesa » degli Arabi non contro i crociati ma contro gli odiati Turchi. Bonaparte proclama la Francia terra dell’uguaglianza di tutte le religioni, protettrice dei Luoghi Santi delle tre religioni e assicura a tutti la stessa legge, modellata sulla legge francese), prova anche a creare un diwan un po' come al Cairo, sul modello dei consigli municipali di Francia. Le truppe francesi in divise azzurre sorvegliano i Luoghi Santi. Bonaparte, sempre generale rivoluzionario ed ex robespierrista, trasforma la chiesa di Sant'Anna (poi madrasa) in un tempio alla Dea Ragione dove celebra una cerimonia laica. In maniera ufficiale (ed artificiale) abolisce anche l’editto dell’imperatore Adriano (che non importa più a nessuno) e autorizza gli Ebrei a tornare ad insediarsi a Gerusalemme (non se lo aspettavano, ma avrà grandi conseguenze più tardi).

Ovviamente tutto questo é solo un piccolo scontro temporaneo accanto alla guerra che prosegue altrove, Napoleone viene sconfitto lo stesso e deve rapidamente evacuare la Siria e Gerusalemme, che torna sotto controllo turco. Gerusalemme torna com'era. Però per Napoleone l'avventura non é finita. Certamente non ha intenzione di tornare a Gerusalemme, non subito almeno; sopratutto ora che deve lasciare l’Egitto per occuparsi della Francia. Diventa console lo stesso e poi imperatore, e durante la sua consacrazione a Nôtre-Dame il Corso convince il Papa ad affidargli, oltre agli suoi titoli, quello di Protettore dei Luoghi Santi e di re titolare di Gerusalemme (dopotutto é l’unico conquistatore europeo della città dai tempi delle crociate), sperando che ciò gli attiri la simpatia dei cattolici, appena riconquistati con il Concordato. Inoltre organizza il culto ebraico in Francia istituendo un Sanhedrin con lo scopo dichiarato di farne il modello per un futuro Grande Sanhedrin di Gerusalemme riconquistata. Tutto questo fa parte del sogno megalomane di Napoleone I, ma egli é stato sempre troppo occupato per provare sul serio a riconquistare il suo regno ipotetico.

Stemma di Napoleone I come re titolare di Gerusalemme

Dopo Waterloo il titolo di re di Gerusalemme non viene discusso a Vienna perché non è realistico, al Massimo Luigi XVIII recupera per sé il titolo di protettore dei Luoghi Santi però senza fare granché per non offendere Istambul o Londra, si accontenta di finanziare l’invio e l’insediamento di diverse comunità religiose a Gerusalemme. La stessa cosa sarà fatta dai suoi successori.

Dopo il 1851 Napoleone III non riprende il titolo di re ma prende sul serio il suo ruolo di Protettore, e sviluppa fortemente le missioni cattoliche in Terra Santa con la collaborazione del papa. Il vescovato cattolico é restaurato in anticipo e Napoleone III ottiene dal sultano il diritto di restaurare e gestire la basilica del Santo Sepolcro e diverse chiese e monasteri che vengono fondati o rifondati. Questo segna anche l’inizio dell’immigrazione europea verso la Palestina, Francesi e Italiani per primi, cristiani ed ebrei. Questo titolo di Protettore diventa rapidamente oggetto di rivalità internazionale per il prestigio che comporta: il re d’Italia, la Gran Bretagna, la Russia e poi la Germania lo sognano anche loro e moltiplicano gli sforzi per insediarsi al suo posto e far crescere Gerusalemme, che diventa presto più moderna del Cairo.

Dopo il 1870 i Bonaparte escono di scena, ma la Repubblica non abbandona la partita, come diceva Gambetta: « l’anticléricalisme (l'opposizione alla Chiesa) non é un prodotto di esportazione. » Il ruolo francese in Palestina é un elemento troppo importante del prestigio internazionale della Francia, e il movimento di migrazione si amplifica. Stavolta sono migliaia i Francesi, fuggiaschi da Alsazia e Lorena, che sono spediti in Palestina, i famosi « Pied-noirs » che nella nostra Timeline hanno colonizzato l’Algeria (dunque l’insediamento francese in Algeria sarà meno forte, il paese non é suddiviso in dipartimenti francesi e la storia della decolonizzazione cambierà del tutto con immense conseguenze oggi nell’ambito della guerra al terrorismo). Ad essi si aggiungono immigranti italiani, portoghesi e polacchi che sono espulsi dalla Francia verso una nuova destinazione in condizioni spesso terribili, e formano comunità più o meno autonome in Palestina. A questo punto nelle cancellerie europee si pensa di approfittare della debolezza ottomana per ricreare, in una maniera o nell’altra, un nuovo regno di Gerusalemme a profitto di un principe qualunque: Borbone, Bonaparte, Hohenzollern, Savoia, ciascuna dinastia ha il suo candidato. E proprio questa concorrenza impedisce agli Europei di creare questo « regno ».

Infine la Prima Guerra Mondiale scoppia e si svolge come nella nostra Timeline, salvo che gli Europei di Palestina si ribellano contro gli Ottomani e creano un attivo movimento rivoluzionario sostenuto da Britannici e Francesi (Lawrence d'Arabia ci mette molto del suo). Risultato: nel 1919, la Palestina con Gerusalemme é tolta ai Turchi e passa sotto mandato francese, che riceve anche la Giordania. La Francia paga questo con la Siria e il Libano che vanno alla Gran Bretagna, e con il Negev che serve a collegare con una via ferroviaria l’Egitto e l’Irak britannico. Ovviamente i nuovi paesi arabi non sono contenti e sorgono tensioni. La Francia inizia a costruire uno Stato centralizzato sul modello francese, che riprende in mano tutte le colonie europee autonome e le pone sotto la sua amministrazione diretta, lo stesso fa con le comunità ebraiche che si sviluppano sempre più. L’uguaglianza dei culti diventa le legge fondamentale, anche se i cattolici formano l’elite sociale e politica del paese. Inoltre le fondazioni cattoliche in attività da ormai quasi 50 anni sono diventate i pilastri del paese, controllando ospedali, scuole, organizzazioni sociali, gruppi di quartiere ecc. Gerusalemme preferisce dunque un Concordato come in Alsazia piuttosto che la separazione tra Chiesa e Stato. Questo Concordato, firmato nel 1923, regola anche le relazioni con le istituzioni ebraiche (Gran Rabbino di Gerusalemme) e musulmane (Gran Mufti di Gerusalemme) che sono le massime autorità locali con l’arcivescovo cattolico e il patriarca. Alla testa di questo Stato sotto mandato, dopo un tentativo di amministrazione diretta mediante un governatore, i Francesi mettono nel 1926 un « Protettore » scelto da loro; chi se non il giovane principe Napoleone stesso ? La famiglia Bonaparte è ormai formalmente fedele alla repubblica e discende da Napoleone I, all’origine di tutto questo; sono laici ma cattolici, e inoltre danno a questo strano Stato fatto di un po' di tutto una tradizione e una figura carismatica che puo così creare legami personali con tutte le comunità.

Il mandato irosolimitano cresce assai rapidamente sotto protezione francese, ma non diventa totalmente indipendente come nella nostra storia. Il tenore di vita cresce e la costa palestinese é urbanizzata (oggi é una vera e propria seconda Costa Azzurra). Nel 1939 la seconda guerra mondiale scoppia e la Francia crolla.Il Regno di Gerusalemme si trova davanti alla scelta di proseguire la guerra o unirsi al regime di Vichy ( anche se circondata dai Britannici). La situazione rimane un po' confusa fino a quando il generale de Gaulle sbarca a Haïfa dove incontra il principe Napoleone, che sceglie chiaramente la France Libre. La Palestina sotto mandato deve allora organizzare un esercito vero e proprio e non deve più contare solo sulle forze francesi, riceve armi dagli USA e deve accettare che le truppe britanniche usino le sue basi, soprattutto quando la minaccia tedesca contro l’Egitto diventerà seria. Così le truppe franco-ierosolimitane riprendono prima la lotta; il generale Leclerc, passato al servizio di Gerusalemme, combatte eroicamente nel deserto egiziano e libico. Un tentativo di rovesciare il governo da parte di immigrati tedeschi nazisti a Gerusalemme provoca combattimenti in strada per alcuni giorni, sostenuti in parte da gruppi nazionalisti arabi. Per una giornata la bandiera con la svastica sventola anche sul Santo Sepolcro, ma il tentativo viene presto stroncato. Avrà però come conseguenza una lunga rottura dentro la popolazione araba che non è tutta d’accordo con l’azione di pochi e giurerà fedeltà allo Stato che è riuscito a modernizzare il paese. I Gerusolimitani partecipano anche in piccola parte allo sbarco in Sicilia e in Provenza, e lo stesso principe Napoleone entrerà a Parigi dopo De Gaulle, violando la legge dell'esilio, che poi non sarà più applicata.

Bandiera del Regno di Gerusalemme

Bandiera del Regno di Gerusalemme

L'8 maggio 1945 a Ramallah, nella banlieue di Gerusalemme, iniziano delle manifestazioni franco-arabe per chiedere l’autonomia o l’indipendenza come prezzo del sangue versato durante la guerra. Le manifestazioni vengono represse, provocando morti e manifestazioni ancora più violente. De Gaulle e suoi successori si accorgono presto di quanto la situazione potrebbe peggiorare e preferiscono convocare un referendum nel 1947 che porta all’indipendenza. Il principe Napoleone, vista la sua azione eroica e carismatica durante la guerra, si vede offrire dalla convenzione palestinese, composta da cristiani, musulmani ed ebrei, la corona costituzionale di Gerusalemme, e diventa Napoleone VI Bonaparte, Re di Gerusalemme e Protettore dei Luoghi Santi delle Tre Religioni in Terra Santa. Subito deve sistemare grossi problemi come la massiccia immigrazione ebraica originaria dell’Europa, o l’ostilità degli paesi arabi vicini. Per l’immigrazione ebraica Napoleone VI denuncia senza rimorsi la dichiarazione Balfour, considerata un'intrusione negli affari interni di Gerusalemme, riconosce solo la dichiarazione di Napoleone I che autorizzava il ritorno degli Ebrei ma la sottopone a un forte controllo da parte dello Stato e vieta le comunità autonome: una politica dura, spesso brutale e denunciata dagli USA che creerà moltissimi problemi a Gerusalemme per anni. Le comunità saranno poi organizzate in comuni e sarà riconosciuto il Diritto al Ritorno; inoltre la costruzione di monumenti in ricordo della Shoah (il Memoriale di Yad Vashem) contribuirà a pacificare le relazioni con il Regno di Gerusalemme, che si presenta cosi come un luogo di rifugio per gli Ebrei di tutto il mondo se rispettano il Codice Civile.

Il regno comprende tutta la Palestina e ufficialmente non riconosce le differenze etniche tra coloni europei ed arabi locali, sotto l’arbitrio della dinastia laica dei Bonaparte. Le tre religioni sono rispettate secondo le regole del Concordato ed é avviata una grande amministrazione plurireligiosa per gestire tutti i Luoghi Santi del paese. L’educazione é mista, laica per tutte le materie ma anche con una porzione religiosa semiprivata (gestione privata, professori funzionari). La monarchia é costituzionale e Napoleone VI non governa, ma ricopre solo un ruolo simbolico di unione personale delle comunità locali. Il suo primo premier, uscito dalle elezioni é il famoso generale Leclerc che governerà per lunghi anni e sarà al commando durante la crisi di Suez, quando Gerusalemme interviene nel Sinai. Questa guerra contro l’Egitto avrà pero pochi risultati: sotto pressione degli USA, il Sinai viene evacuato. Questo segna l’inizio del declino del modello francese di Gerusalemme e l’inizio di relazioni particolari con gli USA. Nel 1967 la Guerra dei Sei giorni vede la vittoria di Gerusalemme contro i suoi rivali Egitto e Siria. Gerusalemme annette il Sinai e il Golan. Questa guerra però segna l'inizio del nazionalismo arabo, escludendo i motivi religiosi visto che l’uguaglianza é garantita e che gli anni '60 vedono proprio il sorgere di una classe media araba fedele al Regno. Le relazioni saranno sempre fredde con la Siria, che reclama sempre i territori persi. L’Egitto però diventerà finalmente un alleato dopo il trattato di pace formale del 1972 con Sadat, che prevede la restituzione del Sinai. Le relazioni con la Giordania saranno cordiali. Ancora oggi la zona é una terra di tensioni, ma meno che nella nostra Timeline.
In generale la vita del Regno di Gerusalemme sarà assai più calma di quella dell’Israele della nostra Timeline, senza l'intifada palestinese, ben integrata; gli ebrei partecipano attivamente anche loro alla costruzione dello Stato, che vede nascere una vera società civile plurietnica durante gli anni '70. Negli anni '80 Yitzhak Rabin sarà il primo premier di origine ebraica e negli anni '90 Yasser Arafat, che farà parte come Rabin del Partito Socialista Ierosolimitano, sarà il primo premier di origine palestinese. Oggi questa carica è ricoperta dalla destra di Nicolas Sarkozy sotto la direzione tranquilla e lontana di Sua Maestà Napoleone VII (Napoleone VI si é spento nel 1997, dopo un lungo e glorioso regno). Però non sono tutte rose e fiori: la crisi economica, la disoccupazione giovanile ma anche il razzismo strisciante provocano oggi una rinascita degli estremismi religiosi: ortodossi ebrei, movimento neo-templare, islamisti di Al Qaeda, senza contare le chiese evangeliche americane che da qualche anno hanno superato in numero di fedeli la Chiesa Cattolica di Gerusalemme e sono a favore dell’espulsione dei musulmani, della distruzione della Cupola della Roccia e la costruzione di un Nuovo Tempio, provocando agitazioni, manifestazioni ma anche scontri tra le religioni, cosa prima estranea alla cultura politica del regno, piuttosto di orientazione francese.

La bandiera della città di Gerusalemme

La bandiera della città di Gerusalemme

Come si potrebbe precisare o modificare questa ucronia? Avete delle idee per sviluppi futuri del Nuovo Regno di Gerusalemme?

Perchè No?

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C'è anche il contributo di Bhrihskwobhloukstroy:

Qualcuno ha proposto che il Congresso di Vienna potrebbe ricostituire la Polonia come stato cuscinetto tra Austria, Russia e Prussia. Ma un proverbio russo recita: « Perché stare in piedi quando si può stare seduti? E perché stare seduti quando si può stare sdraiati? » La versione geopolitica è: « Perché lasciare tutto al Nemico quando si può fare uno Stato-Cuscinetto? E perché fare uno Stato-Cuscinetto quando ce lo si può annettere direttamente? » A maggior ragione per la minaccia da Occidente non era proprio il caso di lasciare un potenziale Alleato della Francia a fare da velenoso cuscinetto fra Austria e Russia: nel migliore dei casi, a un attacco franco-polacco la Russia si sarebbe annessa tutto il Cuscinetto, con l’Austria impegnata direttamente dalla Francia...

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E ora, l'idea di Generalissimus:

Cosa succede se durante la Guerra russo-turca del 1828 le truppe di Nicola I non si fermano a 68 chilometri da Istanbul, ma continuano ad avanzare e causano la fine dell'Impero Ottomano?

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Gli risponde Paolo Maltagliati:

Per causare la fine dell’impero ottomano devono essere d’accordo tutti. E riorganizzare il territorio dell’impero in tanti stati indipendenti o annessioni delle grandi potenze potrebbe essere molto complesso...

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Ma Lord Wilmore gli tiene dietro:

Tracia Orientale con Costantinopoli, penisola anatolica, Moldavia, Valacchia, Bessarabia, Armenia all'Impero Russo. Bulgaria, Montenegro e Serbia indipendenti ma vassalle della Russia. Macedonia, Tessaglia, Epiro, isole egee e Tracia occidentale alla Grecia. Albania al Regno delle Due Sicilie. Tunisia al Regno di Sardegna. Libia, la costa meridionale dell'Anatolia, Libano, Creta e Cipro al Regno Unito. Bosnia-Erzegovina all'Austria. Algeria, Siria e Yemen alla Francia. Egitto indipendente ma vassallo del Regno Unito. Mesopotamia e Kurdistan alla Persia. Palestina, Transgiordania fino all'Eufrate, Higiaz con i Luoghi Santi dell'Islam e la provincia di Al Hasa al nuovo Regno di Arabia. Gerusalemme Vecchia "città libera" sottoposta al cosiddetto "Governo di Dio", ma in pratica al controllo congiunto di Russia, Regno Unito, Francia, Due Sicilie, Sardegna, Austria e Grecia (oltre che dello Stato Pontificio, ovviamente).

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E ora, la proposta di Andrea Carrara:

Nel libro "Napoleone, L'Arte di Comandare" sono raccolti alcuni aforismi, pensieri e teorie del Bonaparte. Vorrei soffermarmi in particolare su due affermazioni attribuite al grande Corso: « Due potenze quali sono la Francia e l' Inghilterra, se fossero d'accordo, potrebbero governare il mondo » e « Oh, se avessi messo a fuoco Vienna! » Ora, che accade se queste ucronie si realizzano davvero?

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Gli replica Bhrihskwobhloukstroy:

In entrambi i casi tutto sta nella spartizione. La prima frase evoca esplicitamente il Mondo intero: finché si tratta di Colonie è facile prevedere l'unica spartizione possibile: all'Inghilterra tutte le Colonie britanniche o ex-britanniche (compresi gli Stati Uniti d'America) e portoghesi, alla Francia tutte quelle già proprie e le spagnole. L'Africa dovrebbe essere prevedibilmente ripartita fra Nord francese e Sud britannico (non sono pensabili alternative), di conseguenza l'Impero Ottomano fra parte mediterranea (francese) e no (britannica), ma riservando alla Francia un collegamento (anche attraverso la Persia) con le recuperate Colonie in India. Russia, Cina e Giappone sembrano non rientrare in un piano realistico di conquiste, anche se in proporzione è più verosimile che l'Estremo Oriente rimanga una riserva inglese, mentre le ambizioni della Francia (ormai estesa a tutta l'Europa Continentale) si appunterebbero naturalmente perlomeno sui territorî russi già polacco-lituani.

L'eliminazione degli Asburgo (se si può così tradurre in Geopolitica la seconda frase) fa pensare a una Repubblica Ungherese (senza Illiria) trasformabile in Regno per un Napoleonide, alla riunione di Galizia e Lodomiria alla Polonia (Ducato di varsavia) e forse a una seconda Incoronazione Imperiale per lo stesso Napoleone (discutibile se di Germania o d'Austria, in quest'ultimo caso allora senza staccarne il Regno d'Ungheria né la Galizia-Lodomiria).

Nel 1583-1585, Enrico III. aveva ancora il progetto di diventare Imperatore e, al peggiorare della malattia di Stefano Báthory, poteva contare sugli Zborowski per recuperare la Corona di Polonia-Lituania. Le aspirazioni territoriali della Corona Francese (di cui si può leggere una parte nei De Monarchia Gallorum Campi Aurei: Ac Triplici Imperio, uidelicet Romano, Gallico, Germanico: unà cum geſtis heroum ac omnium Imperatorum di Symphorien Champier, Lyon, Trechsel, 1587) coincidevano con quelle raccolte pochi decenni dopo da Jacques de Cassan nella Recherche des Droicts du Roy, et de la Couronne de France, Sur les Royaumes, Duches, Comtez, Villes & Pays occupez par les Princes eſtrangers, Appartenans aux Rois Tres-Chreſtiens, par Conqueſtes, Succeſſions, Achapts, Donations, & autres Titres legitimes. Ensemble de leurs droicts sur l’Empire, & des debuoirs & hommages deubs à leur Couronne par diuers Princes eſtrangers (Paris, F. Pomeray, 1632): Impero (con Savoia e Genova), Pentapoli, Esarcato, Monarchia Spagnola (compresi Paesi Bassi e Portogallo). In questo caso, la massima parte delle Colonie (presenti e future) extraeuropee sarebbe andata - soprattutto per tramite ispano-portoghese - alla Francia, che ugualmente, attraverso la Polonia-Lituania, avrebbe dovuto affrontare la Russia e, nella prospettiva dell'ucronia, interferire nella successione a Iván IV. (nel frattempo deceduto, 1584), eventualmente osteggiando l'anglofilo Borís Godunóv.

Postulato per ipotesi un accordo con Elisabetta I., il massimo equilibrio immaginabile in un "governo del Mondo" sarebbe un attacco anglofrancese agli Ottomani e ai Tatari, che riservasse in linea di massima all'Inghilterra il Nord (in America e in Eurasia), alla Francia tutto il resto.

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Chiudiamo per ora con l'ucronia tradotta per noi da Generalissimus:

E se Napoleone non avesse mai venduto la Louisiana?

Nel mezzo della giungla, in un universo alternativo dove la storia si è svolta diversamente, il Soldato Delaunay della 15a Mezza Brigata di Linea avanza verso le posizioni degli insorti.
Di fronte a lui c’è una formazione di ex schiavi vestiti di stracci, malnutriti, esausti e che non dispongono che di un fucile ogni tre.
Siamo nel 1802, e da diverse settimane il soldato e i suoi camerati si trovano nella colonia francese di Saint-Domingue, occupati a sedare l’ennesima rivolta di schiavi.
Il Console Napoleone Bonaparte è stato chiaro: l’ordine deve essere riportato con tutti i mezzi, perché l’isola, grazie alle sue piantagioni, rappresenta una manna finanziaria molto importante per la Francia metropolitana.
Il Soldato Delaunay sa che il combattimento finale si avvicina.
Le truppe di Toussaint Louverture e Jean-Jacques Dessalines, ridotte a poca cosa, si preparano all’ultimo atto.
In questa realtà alternativa la spedizione francese sconfigge definitivamente la Rivoluzione Haitiana e riporta la calma sulla perla delle Antille francesi.
Ancora meglio, gli uomini del Generale Leclerc qui non subiscono mai la terribile epidemia di febbre gialla che li ha decimati nella realtà, e così in questo scenario Haiti non ottiene mai la sua indipendenza nel 1804, e il corpo di spedizione francese non viene mai completamente annientato, cosa che non fa mai fare una doccia gelata ai sogni coloniali di Napoleone Bonaparte.
In questo scenario Napoleone dispone di 30.000 uomini in America del Nord e di grandi ambizioni per la Louisiana, che la Spagna ha dovuto restituire alla Francia, ma mentre l’Inghilterra si prepara a infrangere il Trattato di Amiens e gli Stati Uniti non vedono di buon occhio i Francesi tornare ad ovest del Mississippi, Napoleone sarà capace di realizzare il ritorno della Francia sul continente americano? Oggi realizzeremo i sogni di impero coloniale francesi di Napoleone in America del Nord, e come avete già visto, in particolare in Louisiana.
In questo episodio mi concentrerò sul breve tentativo di Napoleone di ricostruire un impero coloniale in America, tentativo che terminò con un esercito di 30.000 uomini a morire di febbre e diarrea nel bel mezzo della giungla haitiana (eh, sì, la storia in realtà è raramente epica ed eroica come si può credere).
Prima dello scenario, beninteso, un po’ di contesto: dal 1762 e dalla firma del Trattato di Fontainebleau del 1762, alla fine della Guerra dei Sette Anni, fino al 1800 e alla firma del Trattato di San Ildefonso, la Spagna aveva ufficialmente gestito la Louisiana.
Di fatto quel territorio gigantesco non aveva davvero importanza se non grazie alla città di Nouvelle Orléans e al suo porto sul Mississippi, un’arteria commerciale di importanza capitale per la zona.
Ricco di risorse naturali, il territorio produceva pellicce, cotone e prodotti agricoli, e accoglieva immigrati di nazionalità molto diverse: Francesi, Acadiani, Quebecchesi, Haitiani bianchi, schiavi od ex schiavi neri, questa variegata popolazione Francofona maggioritaria conviveva spalla a spalla con Americani, Spagnoli ed Europei di ogni genere, così come con tribù indiane in una relativa pace rovinata di tanto in tanto da qualche incidente.
Dopo la firma del Trattato di San Ildefonso del 1800, però, Napoleone Bonaparte, ormai al potere, intende sottrarre la Louisiana dall’impero coloniale spagnolo in pieno sfascio.
Sulla base di questa restituzione Napoleone vuole porre le basi di un impero americano Francofono e offrire anche una base di ripiego per i ricchi proprietari di piantagioni di Sainte-Domingue dopo i problemi e le rivolte che affliggono l’isola dal 1791.
Per mancanza di mezzi militari, però, il trattato non venne applicato immediatamente, e gli Spagnoli rimasero al comando fino al 1803, ben dopo che la Louisiana era teoricamente ridiventata francese.
Per godere del suo nuovo impero coloniale il futuro imperatore doveva prima di tutto risolvere diversi problemi.
Prima di tutto il commercio della Louisiana e la prosperità di Nouvelle Orléans dipendeva fortemente dall’isola di Sainte-Domingue, l’attuale Haiti, che una gigantesca rivolta di schiavi rischiava di farne perdere definitivamente il controllo alla Francia.
Secondo, ancora gli Inglesi, che Napoleone supponeva volessero infrangere il Trattato di Amiens del 1802, cosa che poteva rendere la situazione delle colonie ingestibile a causa della potenza della Royal Navy.
Terzo, infine, la reticenza del vicino statunitense, che malgrado le sue simpatie nei riguardi della Francia e la sua diffidenza verso l’Inghilterra, non mascherava affatto la sua paura di vedere i Francesi installarsi ad ovest del Mississippi, principalmente per motivi economici e per l’idea di certi politici statunitensi che il destino del loro paese fosse la conquista del selvaggio ovest, un’allegra confusione che quindi non facilitava affatto il compito di Napoleone, che a cominciare dal 1800 decide di affrontare il problema con 30.000 uomini che partono per riprendere l’isola di Sainte-Domingue.
Questa forza ipoteticamente doveva poi essere ridiretta verso la Louisiana, dove la sua potenza avrebbe potuto permettere ai Francesi di riprendere il controllo del territorio senza rischiare una reazione violenta dei suoi vicini, ma, beh, niente andrà come previsto, e il risultato è un’orribile catastrofe per l’esercito napoleonico.
Dopo aver preso il controllo dell’isola e aver eliminato gran parte dei rivoltosi, sul lungo termine i soldati francesi finiranno per capitolare, tampinati dalla marina inglese e decimati dalle malattie e da una popolazione ostile al ristabilimento della schiavitù.
Nel 1804 viene proclamata l’indipendenza della Repubblica di Haiti.
La maggior parte dei bianchi e una parte dei meticci dell’isola fuggono in Louisiana, cacciate dai nuovi padroni dell’isola.
Per Napoleone questo segnerà una battuta d’arresto alle sue ambizioni in America.
Privato delle truppe e incapace di ostacolare l’Inghilterra sul mare, Napoleone lascia che il pragmatismo prenda il sopravvento e accetta di vendere la Louisiana agli Stati Uniti, che in pratica volevano solo Nouvelle Orléans.
Un progetto d’acquisto assolutamente smisurato che passa da una città a due milioni di metri quadrati e che tuttavia viene accettato dal Congresso degli Stati Uniti per la modica somma di 160 miliardi di Euro attuali.
Con questa vendita Napoleone si assicura da una parte che questo territorio non cada mai in mani inglesi e dall’altra che gli Stati Uniti, che hanno simpatie per la Francia, ottengano un vantaggio.
Di fatto è stata una decisione assolutamente sensata da parte del Console, perché vendendo questa colonia indifendibile la Francia raccoglie abbastanza denaro per finanziare la Grande Armata, che per i successivi dieci anni regnerà letteralmente sull’intera Europa.
In breve faremo uno scenario sulla Louisiana francese e poi napoleonica partendo da una chiara vittoria sull’isola di Sainte-Domingue, uno scenario che si sarebbe potuto verificare se il futuro imperatore non avesse voluto ristabilire la schiavitù sull’isola, e ora basta parlare, diamo spazio allo scenario.
Il combattimento è stato sfiancante.
Ricoperto di sangue e con l’uniforme strappata, il Soldato Delaunay e i suoi camerati della 15a si riprendono a malapena dall’assalto finale.
Davanti a lui, le file incatenate del resto dei ribelli.
Uno ad uno, i capi vengono giustiziati o messi agli arresti.
Il resto della popolazione, desiderosa di un ritorno alla calma, accoglie con moderato entusiasmo la riconquista francese dell’isola, tanto più che il Generale Leclerc, contrariamente alla nostra realtà, decide di non ristabilire affatto la schiavitù sull’isola in seguito alla ricezione di una missiva segreta arrivata direttamente dalla Francia nella quale Napoleone cambia idea e sembra aver compreso che rinstaurare la schiavitù non farà che attizzare ancora di più le tensioni sull’isola.
Questa decisione viene presa bene, e gli abitanti neri di Sainte-Domingue sembrano calmarsi temporaneamente.
Ancora meglio, il capo dei rivoltosi, Toussaint Louverture, viene inviato in Francia per prendere parte alla ricostruzione della sua isola.
Contrariamente alla nostra realtà, Bonaparte qui prende la decisione di mettersi d’accordo con Louverture e dargli grandi responsabilità nella direzione dell’isola, trovando in questo molti più interessi che nella semplice incarcerazione.
Essendo l’isola più o meno pacificata, 30.000 soldati francesi, ormai 20.000 per via dei combattimenti, si mettono in viaggio alla fine del 1802 verso la Louisiana per riprendere ufficialmente il controllo della colonia per conto della Francia.
In patria il successo della spedizione finisce per arrivare alle orecchie di Napoleone, che vede rafforzarsi il suo progetto di impero coloniale e lancia l’Operazione Louisiana, prevista nella realtà e che in questo scenario può prendere il via.
Partendo dal porto di Bordeaux, una flotta di 12 navi accompagna 10.000 uomini a dare man forte alle truppe provenienti da Sainte-Domingue.
Questi non tardano affatto ad arrivare in America e all’inizio del 1803 prendono ufficialmente il controllo della colonia per conto della Francia.
Per gli Inglesi e gli Statunitensi lo shock è immenso.
Nel suo ufficio nella Casa Bianca Thomas Jefferson, il 3° Presidente degli Stati Uniti e capofila dei filofrancesi, esprime la sua inquietudine all’ambasciatore francese.
Il Presidente degli Stati Uniti teme soprattutto che i suoi nuovi vicini non siano in grado di difendere la Louisiana contro l’Inghilterra, cosa che minaccerebbe il giovane paese di accerchiamento da tutti i lati.
Davanti a queste inquietudini il nuovo governatore francese, con l’autorizzazione di Napoleone, fa di tutto per attirarsi i favori statunitensi: esenzione dalle tasse sul fiume Mississippi, riparazione dei danni causati dalla pirateria francese e rassicurazioni di buoni sentimenti da una parte e dall’altra.
Reagendo a queste concessioni, ma soprattutto alla presenza di 10.000 soldati professionisti nella colonia, Jefferson annulla il suo piano segreto di conquistare Nouvelle Orléans con la forza e aspetta.
Nel frattempo a Washington il presidente viene definito ingenuo anche in seno al suo stesso partito.
Poco a poco il suo consenso si erode, e mentre il presidente statunitense si chiede se ha preso la decisione giusta, il Trattato di Amiens viene infranto dagli Inglesi nella sorpresa generale.
La guerra contro il nemico di sempre, l’Inghilterra, riprende.
La guerra è ricominciata da diversi mesi.
Napoleone, non avendo mai venduto la Louisiana, non ha i finanziamenti.
Malgrado la sua popolarità non può costruirsi un esercito senza pagare i soldati, e così i suoi progetti di invasione marittima dell’Inghilterra sono annullati e l’accampamento di Boulogne non viene mai costruito.
Ben al sicuro sulla loro isola, gli Inglesi non rimangono meno capaci di colpire direttamente in Europa, e concentrano dunque i loro mezzi in America del Nord.
Nel Settembre 1804 una flotta della Royal Navy comandata dall’Ammiraglio John Jervis si presenta davanti a Nouvelle Orléans, mentre un’altra fa sbarcare 20.000 uomini a Sainte-Domingue.
L’assalto è terribile, ma i Francesi sono preparati e respingono tutti gli attacchi provenienti dal mare.
Sulle coste le batterie di cannoni manovrate da artiglieri professionisti tengono alla larga i bastimenti inglesi, mentre i migliaia di soldati francesi presenti a terra impediscono ogni sbarco.
Malgrado gli sforzi dell’ammiraglio, questi si rende conto che è impossibile conquistare la città a causa delle perdite intollerabili.
Davanti a questa constatazione la flotta si accontenta di istituire un blocco della costa, che sarà regolarmente sfidato dalle dodici navi francesi presenti nei Caraibi.
Dall’altro lato del mare, a Sainte-Domingue, Toussaint Louverture, nominato nuovo governatore dell’isola da Napoleone, fa a pezzi le truppe inglesi grazie ad una strategia di guerriglia e di terra bruciata, così, durante i primi anni del conflitto, l’impero coloniale francese in America del Nord resiste.
L’impero nel complesso, al contrario, non durerà così tanto.
L’anno successivo i debiti si accumulano e minacciano le finanze pubbliche, e di questo Napoleone e i suoi fedeli ne sono dolorosamente coscienti.
L’esercito e i funzionari non sono stati più pagati, la mancanza di denaro è un grande problema per Napoleone, tanto più che nel 1805 l’Austria gli dichiara guerra.
Molti dei fedeli di Bonaparte, a favore di una Louisiana francese, adesso si rendono conto che la manna finanziaria proveniente da una vendita avrebbe permesso di sovvenzionare l’annunciato conflitto, ma l’Imperatore non demorde, la Louisiana rimarrà francese.
Cosciente delle dimensioni del suo esercito, piuttosto ridotte rispetto alla realtà, e della sua mancanza di denaro che comporta morale basso e diserzioni fra le sue truppe, Napoleone è anche cosciente che deve sconfiggere gli Austriaci prima dell’arrivo dei Russi e dell’eventuale entrata in guerra della Prussia, ma contrariamente alla nostra realtà la campagna in Germania sarà un disastro per gli eserciti francesi.
Malgrado le numerose vittorie i diversi corpi d’armata sono molto più provati dal punto di vista del morale.
La mancanza di materiale dovuta agli scarsi finanziamenti si fa sentire parecchio.
Le strategie e le manovre d’accerchiamento che hanno reso famoso l’Imperatore sono più difficili da realizzare con mezzi ridotti, così Napoleone si impantana al di là del Reno.
Malgrado tutta la sua volontà viene preso a calci nei denti davanti alla città di Ulma, e non riesce ad impedire l’arrivo dei Russi, fatto che lo costringe a perdere l’iniziativa e a battere in ritirata.
In questo scenario il disastro di Trafalgar non arriva mai, perché Napoleone non ha mai organizzato il suo progetto di invasione dell’Inghilterra e dunque non ha bisogno di inviare la sua flotta nella Manica, così le colonie vengono ancora rifornite e il blocco infranto regolarmente, permettendo alla Louisiana di resistere ai tentativi di invasione.
In Europa, nel Dicembre 1805, l’Imperatore ha perso definitivamente l’iniziativa e una gran parte del suo esercito è sconfitto a Magonza da una coalizione Austro-Russo-Prussiana.
Durante la battaglia una palla di cannone vagante falcia l’Imperatore, che cade dal suo cavallo.
Dopo un’agonia di un’ora, durante la quale non designa un erede, l’Imperatore Bonaparte muore sul campo di battaglia, supplicando i suoi generali di salvare quello che resta dell’esercito.
Con Napoleone morto senza eredi la monarchia viene restaurata.
In seguito alla pace l’Hannover viene liberato, l’Olanda diventa indipendente e le truppe dell’Imperatore evacuano l’Italia.
Contrariamente alla realtà il Sacro Romano Impero non viene affatto dissolto, e la Prussia non si espande in Germania.
Luigi XVIII è ormai al comando del paese, ma l’inevitabile Talleyrand, grazie al suo senso per il negoziato, è riuscito a preservare alcuni risultati della rivoluzione.
La monarchia dunque non è più assoluta, ma costituzionale, come nel 1791, e la parte Francofona del Belgio resta parte integrante del Regno di Francia.
In America, grazie alla difesa accanita delle truppe inviate sul posto, la Louisiana e Sainte-Domingue restano francesi.
Ormai circondata da paesi potenti, con la monarchia rediviva e con il terrificante Napoleone morto, le grandi potenze europee sono magnanime nei confronti della Francia.
In Louisiana il ritorno della monarchia viene accolta con una grande gioia, e allora Re Luigi XVIII, alla ricerca di prestigio per legittimarsi, decide di investire in questa colonia fondata dal suo illustre antenato Luigi XIV e popolarla.
Sono passati sei anni, e in questa realtà alternativa la Guerra Anglo-Americana tra Stati Uniti e Inghilterra non arriva mai, e allora le élite statunitensi pendono sempre più verso la loro vecchia colonizzatrice.
Il motivo? L’arrivo in massa di nuovi immigrati in Louisiana.
Il commercio si sviluppa in maniera enorme, e le tensioni tra i coloni americani diventano ogni giorno più numerose in questo territorio.
Con lo sviluppo della colonia e l’afflusso di denaro risultante, Luigi XVIII si affretta a istituire di nuovo delle tasse per i mercanti statunitensi, con gran dispiacere del Presidente DeWitt Clinton, favorevole agli Inglesi ed eletto al posto di James Madison in questa realtà alternativa.
In Europa la monarchia francese vede sempre più coloni partire per la Louisiana, col rischio di alienarsi il vicino statunitense.
La politica di colonizzazione aggressiva di Luigi XVIII, molto popolare tra gli ultrarealisti, verrà rafforzata alla sua morte nel 1824.
Succedendo a suo fratello, il regno di Carlo X segnerà un ritorno di un certo conservatorismo.
In questa realtà la Francia non è stata affatto occupata, e i ricavi provenienti dal commercio con la Louisiana hanno permesso al regno di ricostituire una flotta importante.
Spaventati da questa crescente potenza navale e dall’afflusso massiccio di coloni francesi, gli Stati Uniti finiscono per gettarsi tra le braccia degli Inglesi.
Gli Statunitensi vogliono sbarazzarsi dei Francesi in America del Nord e acquisire Nouvelle Orléans dopo aver recuperato la Florida dalla Spagna.
I preparativi sono in pieno svolgimento nell’ombra, mentre i coloni si installano illegalmente in Louisiana ogni giorno di più.
Nel 1829 è la guerra.
Apparentemente Inghilterra e Stati Uniti si sono decisi una buona volta a cacciare i Francesi dall’America del Nord.
Sorprendentemente, Carlo X reagisce con prontezza, e, desideroso di mandare l’immagine di un re forte impegnato da questo attacco, non firma mai le Ordinanze di Saint-Cloud e non dissolve mai l’assemblea, cosa che gli evita una rivoluzione che altrimenti lo avrebbe buttato giù dal trono.
Anche la spedizione in Algeria non parte, e in questa realtà alternativa la Francia non si avventura affatto in Africa settentrionale.
La Louisiana è un simbolo, e per difenderla devono essere impiegati tutti i mezzi possibili, questo territorio è ormai troppo popolato e troppo redditizio per essere semplicemente abbandonato.
Due anni più tardi la situazione non è ancora definita, ma la Spagna ha finito per unirsi alla Francia, preoccupata dalle mire statunitensi su Cuba, aggiungendo la sua potenza in declino alle forze francesi.
Sul mare le flotte dei diversi belligeranti si affrontano in combattimenti poco decisivi.
Malgrado le numerose sconfitte, la flotta di Carlo X resta abbastanza grande per rifornire la Louisiana, ormai in gran parte autosufficiente.
Sulla terra è tutta un’altra storia, le truppe spagnole, accompagnate dai soldati del re e dalle milizie della Louisiana, fanatizzate dall’orribile prospettiva di essere integrate in una repubblica, combattono le truppe inglesi e le deboli milizie statunitensi con grande successo.
Nel 1832 un contingente Franco-Spagnolo sbarca nei pressi di New York e sconfigge le difese statunitensi.
In seguito a ciò gli Stati Uniti chiedono la pace e si ritirano dalla guerra.
Il fatto ormai è acclarato, il giovane paese non si espanderà mai verso ovest, e le frontiere con la colonia francese alla fine vengono definite chiaramente a gran svantaggio degli Stati Uniti.
L’anno seguente viene firmata la pace con l’Inghilterra, vista come l’aggreditrice dalle grandi potenze e incapace di ottenere un vantaggio decisivo sul mare.
La guerra è finita, la Louisiana rimarrà francese.
Il re è morto, viva il re! Dopo un regno tumultuoso ma vittorioso Carlo X muore nel 1840, essendo riuscito a rimanere sul trono.
Suo figlio Luigi Antonio di Borbone-Francia gli succederà immediatamente col nome di Luigi XIX.
Decidendo di continuare la politica ultrarealista di suo padre si rende rapidamente impopolare.
Luigi XIX non durerà neanche un anno, nel 1841 una rivolta popolare lo costringerà ad abdicare perché lasci il posto alla Seconda Repubblica.
Il nuovo governo decide innanzitutto di abolire definitivamente la schiavitù in Louisiana, mettendo così fine allo statuto speciale che vigeva fino a quel momento.
Venti anni più tardi la Louisiana francese è sede di una fervente attività.
La popolazione conta ormai 800.000 abitanti, in maggioranza Francofoni, dei quali la metà sono ex schiavi neri e quasi 70.000 autoctoni indiani, con i quali le relazioni peggiorano man mano che arrivano coloni.
Nei vicini Stati Uniti la Guerra di Secessione Americana qui non ha mai luogo.
I grandi proprietari terrieri del sud non sono più riusciti ad espandersi verso ovest, e dunque non hanno ottenuto abbastanza influenza per sfidare gli stati del nord.
Il paese ormai non è altro che un’enclave protezionista filoinglese tra il Canada e la Louisiana francese.
Poco a poco gli stati del sud si industrializzano, anche se la schiavitù rimane ancora praticata.
In questo scenario la guerra civile non cambia mai la storia del paese, e il conflitto che ha costruito gli Stati Uniti moderni della nostra realtà non avviene mai.
L’Europa è in tumulto.
In questa realtà alternativa, nel 1870, il Sacro Romano Impero, una confederazione da tempo moribonda, piomba in una spirale di violenza.
Questa entità, che da tempo non è che un guscio vuoto, qui non è stata mai dissolta da Napoleone, e ha continuato la sua lenta decomposizione fino al 1870, così, in Germania, numerosi ducati e provincie, in Baviera, in Sassonia e altrove, tentano di emanciparsi dall’autorità austriaca e si sollevano.
Il vicino prussiano osserva la situazione con occhio preoccupato.
Con la persistenza del Sacro Romano Impero la Prussia non è riuscita affatto ad acquisire l’influenza che ebbe in Germania nella realtà.
Essendo una Germania divisa a nord e a sud di suo interesse, la Seconda Repubblica Francese decide di entrare in guerra contro l’Austria, e invia delle truppe a sedare la rivolta.
Qui la Guerra Franco-Prussiana non arriva mai, al suo posto scoppia un conflitto tra l’Austria-Ungheria e la Francia.
La Prussia di Guglielmo I, indebolita e molto meno potente della realtà, decide di entrare in guerra al fianco della Francia per danneggiare l’influenza degli Asburgo.
Combattendo fianco a fianco, la Francia e la Prussia finiscono per far capitolare l’Austria nel 1872, mettendo fine ad un conflitto che ridisegna la cartina dell’Europa.
A Vienna la sconfitta scuote considerevolmente il prestigio degli Asburgo, e le numerose nazionalità dell’Impero Austro-Ungarico si risvegliano prendendo esempio dalla Germania, in un movimento che coinvolgerà tutta l’Europa.
Altro grande cambiamento, nel 1864 l’Associazione Internazionale dei Lavoratori, fondata nella realtà da Karl Marx, qui non compare mai.
Il padre di Karl, Herschel Marx, abitava nella Provincia del Granducato del Basso Reno, che in questo scenario non diventa mai prussiana dopo la Battaglia di Waterloo, e così il padre di uno dei pensatori più influenti di tutti i tempi non diventa mai un ardente patriota prussiano come nella realtà, e dunque non manda mai suo figlio Karl a studiare a Berlino, cosa che non lo spinge mai a frequentare gli ambienti rivoluzionari.
Diventato un avvocato, il giovane uomo conduce una vita poco movimentata, incosciente del fatto che in un’altra realtà ha cambiato il mondo con le sue idee.
Nel 1900, all’alba di un nuovo secolo, in questo scenario ci si presenta davanti un mondo molto diverso.
In Europa la Francia è ridiventata la prima potenza terrestre grazie alle ricchezze della Louisiana.
Ad est la Germania è divisa in due, con a nord gli stati sotto l’influenza della Prussia e a sud la Confederazione Alpina, che costituisce un grande blocco di stati uniti sotto la guida della Baviera.
L’Italia resta divisa in molti stati a nord e a sud.
In questo scenario l’influenza più breve dell’occupazione francese durante le Guerre Napoleoniche ha rallentato la penetrazione delle idee di unificazione nel paese.
L’influenza austriaca è completamente scomparsa, perché? Ebbene semplicemente perché la monarchia Austro-Ungarica non esiste più, fatta a pezzi da nazionalismi di ogni genere importati dalla Germania.
Ormai l’antica monarchia è stata distrutta dai conflitti e dalle guerre d’indipendenza, e la sua scomparsa in Europa centrale non farà felice che un uomo: lo Zar.
Nel Gennaio 1900 Nicola II di Russia entra trionfante nella città di Istanbul, che riprende il suo antico nome, Costantinopoli.
Privi di avversari di spessore in Europa, i Russi hanno potuto concentrarsi interamente sull’Impero Ottomano, e hanno potuto completare a forza di guerre il loro obiettivo di sempre, accedere ai mari caldi del Mediterraneo e unire le popolazioni slave dei Balcani.
Dopo essere stato francese e poi inglese, tutto il mondo sa che il prossimo secolo sarà russo.
L’Africa, dal canto suo, resta l’oggetto del desiderio delle diverse potenze europee, che in questo scenario non riescono a mettersi d’accordo per spartirsela come una torta.
Sul continente fa legge solo la rivalità tra Francia e Inghilterra.
In America la situazione non è meno tesa: la colonia di Sainte-Domingue è un disastro, dopo l’abolizione della schiavitù e le diverse rivolte che hanno scosso l’isola, la produzione di risorse non è mai riuscita a raggiungere il suo livello precedente.
I grandi proprietari di piantagioni sono partiti, e la popolazione è piombata in una grande miseria.
Come la Guadalupa e la Martinica, Sainte-Domingue in questo scenario finirà per diventare un Dipartimento d’Oltremare Francese, ma, all’esatto opposto, l’altra colonia francese in America del Nord sta facendo meraviglie.
La Louisiana ha finito per espandersi verso ovest dopo una guerra vittoriosa contro il Messico nel 1881.
Sulla costa californiana spuntano come funghi città dai nomi francesi, mentre la popolazione della colonia raggiunge delle dimensioni abbastanza grandi da poter aumentare senza l’aiuto dell’immigrazione.
I grandi spazi della Louisiana attirano sempre più coloni, al punto che Nouvelle Orléans è diventata, molto più di New York, il punto d’arrivo principale degli immigrati provenienti dall’Europa, e così la capitale della Louisiana non è più a maggioranza Francofona, e include numerose comunità venute da ogni dove.
Le immense risorse e la popolazione che ormai conta 18 milioni di persone portano anche a dei dibattiti e delle discussioni sull’indipendenza.
Ostile alla repubblica, l’élite politica della Louisiana vuole vedere il ritorno della monarchia, e la colonia diventa di fatto una monarchia indipendente, ma una rivoluzione nella regione renderebbe felici i vicini Anglofoni, un fatto del quale l’élite della Louisiana è dolorosamente cosciente.
Intorno alla colonia il Canada inglese e gli Stati Uniti fanno del loro meglio per limitare la sua influenza.
Gli Stati Uniti hanno finito per abolire la schiavitù, e sono diventati un insieme di stati molto industrializzati, con una popolazione molto concentrata, ma nei porti del paese i flussi di emigrati si bloccano, perché il mondo sogna più i grandi spazi della Louisiana.
Qui il sogno americano non esiste affatto, tutti i miti che hanno costruito l’identità del paese come la conquista del West, Hollywood o gli immensi campi di mais del Midwest non esistono più.
In questo mondo le guerre mondiali non scoppiano affatto, il Comunismo non esiste e la Louisiana francese cerca di ottenere la sua indipendenza per fondare una monarchia, ricerca dell’indipendenza che potrebbe fallire.

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Perchè No? al proposito suggerisce...

Per illustrare questa ucronia (inverosimile) si potrebbe riutilizzare il volume 10 della serie ucronica "Jour J":

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Per partecipare alle discussioni in corso, scriveteci a questo indirizzo.


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