Il Regno di Zorro

di Tommaso Mazzoni

Bandiera del Regno di California

Bandiera del Regno di California

Piccola ucronia di un fan di Zorro...

1774
Alejandro de la Vega, nobile Hidalgo spagnolo si trasferisce da Madrid a Los Angeles, in California, con la moglie Eléna e vi fonda una prospera Hacienda.

1775
Nasce Diego de la Vega, unico figlio di Don Alejandro e Doña Eléna.

1785
Muore Doña Eléna.

1793
Diego de la Vega si reca in Spagna per completare la sua istruzione.

1793-1803
Diego gira l'Europa, in preda alla follia rivoluzionaria e apprende molte nozioni e tecniche di combattimento; fra i suoi incontri vi è quello con Sir Percy Blackney, la Primula Rossa, il suo maestro d'armi, che gli insegnerà l'arte preziosa di fingere imbellità e di mascherarsi.

1802
Rafaél Montero diventa Capitano della Guarnigione di Los Angeles, e Luiz Ramon diventa l'Alcalde.

1803
Diego de la Vega torna in Nuova Spagna, dopo 10 anni; qui, si rende conto che, come in Europa, gli oppressi hanno bisogno di un protettore, o finiranno per ribellarsi in maniera violenta. 
A Los Angeles, in particolare, l'oppressione è particolarmente violenta, ed è rappresentata da Montero e Ramon.
Diego de la Vega crea dunque l'identità fittizia di Zorro, ed inizia una lunga lotta contro Ramon e Montero.

1810
Inizia la Rivoluzione Messicana, e Montero diventa Governatore della California; L'obiettivo dell'ambizioso militare è fare della California un suo regno indipendente.

1815
Muore Don Alejandro de la Vega, e Diego prende il suo posto alla guida degli Hacenderos liberali che si oppongono alle politiche repressive di Montero.

1816-1821
Guerra di Zorro.

1816
Con la Presa di Los Angeles e la diserzione di Gonzalo Garcia, l'inetto ma nobile d'animo sergente, braccio destro di Montero, inizia ufficialmente la Guerra di Zorro, in cui gli Hacienderos liberali e i Peones si uniscono contro Montero e i suoi alleati; 

1821
La California si proclama indipendente, Montero è ucciso da Zorro in duello, Zorro si smaschera pubblicamente e viene proclamato Re di California dall'Assemblea Popolare, il primo Parlamento della storia Californiana.

Mappa del Regno di California di rubberduck3y6, tratta da questo sito

1822
Come segno del patto fra le diverse classi sociali che ha portato all'Indipendenza Californiana, Re Diego I sposa Isabel Murieta, una locandiera figlia di contadini.

1823
Nasce Alejandro de la Vega, Principe di Los Angeles.

1824
Nasce Eléna de la Vega, Principessa di Sacramento.

1825-1827
Guerra Californiano-Messicana, Zorro, pur ormai ultra-cinquantenne guida personalmente le truppe, e riesce a catturare il Generale Santa Ana in persona.

1835
La California interviene nella Guerra d'Indipendenza Tezxana, e i Messicani sono sconfitti ad Alamo; Davy Crockett viene salvato.

1840
Re Diego affida il Manto di Zorro al figlio Alejandro.

1843
Zorro, in viaggio in incognito in Uruguay interviene per salvare la città dalal'assedio, rouscendo a rifornire di cibo i difensori; Alejandro e Garibaldi diventano grandi amici.

1844
L'esercito Californiano interviene a difendere i Mormoni del Deseret dalla prepotenza Americana. 

1845
Muore Re Diego I, il primo Zorro, gli succede il figlio Alessandro I.

1846-1848
Guerra Americano-Messicana, Alessandro I interviene come paciere.

1848
Avvertito via lettera da Garibaldi, Zorro e la California intervengono nella I Guerra di Indipendenza, Zorro penetra nella Fortezza di Verona e cattura il Generale Radetzky facendo vincere i Piemontesi; Il regno d'Italia nei Confini del 1859 nasce con 11 anni d'anticipo.
La Scoperta dell'Oro in California renderà la nazione dei de la Vega una delle più Ricche del mondo.

1850
Tentativo di colpo di stato contro Alessandro I finanziato dagli Americani, che vogliono fare della California una repubblica per annettersela; Ma il candidato alla Presidenza Davy Crockett viene a sapere della congiura e fa avvertire il secondo Zorro, che salva la corona, uccide i congiurati, e rende pubblico il coinvolgimento di Washington; Crockett stravince le elezioni.

1852
Alessandro I sposa una ragazza Messicana, Maria.

1853
Nasce Diego, principe di Los Angeles.

1860-1865
La California si schiera a favore dell'Unione, contro la Schiavitù; centinaia di fuggitivi neri e di prigionieri unionisti sono liberati da Zorro.

1860
Zorro viaggia fino a Valparaiso dove riesce a liberare Orelie-Antoine de Tounens, lo mette in contatto con svariati mercanti d'arme Californiani e addestra personalmente i Mapuche alla guerra. I Mapuche conquisteranno la propria libertà.
La California compra l'Alaska.

1866
Intervento Californiano in Messico; Zorro cattura sia Juarez che Massimiliano, e li obbliga a sedersi ad un tavolo e a trattare; Il risultato è la creazione di una monarchia costituzionale, con Juarez Primo Ministro.

1870-1871
Guerra Californiano-Americana
Grant è un convinto nemico di Zorro che considera un sovversivo, amico degli Indiani, dei Mormoni, e di recente pure dei Messicani, e tenta di conquistare la California, adducendo come pretesto l'intervento di Zorro nelle guerre Indiane.
Come risultato si ritrova contro il Messico, il Deseret, la Russia e l'Inghilterra, tutti alleati della California; Presso Las Vegas le truppe Americane guidate da Custer sono annientate. Gli Stati uniti chiedono la pace immediatamente.

1871
Dieguito de la Vega assume il manto di Zorro

1876
La California si fa garante di un trattato d'Indipendenza della Nazione Sioux nell'Oregon.

1880
Nuovo tentativo di colpo di Stato statunitense in California sventato da Zorro.

1883
Il Principe Diego de la Vega si sposa con una donna Americana, Coleen Cooper, donna medico del Colorado.

1885 
Nasce il Principe di Sacramento Alejandro.

1890
Zorro interviene nelle Hawaii e fa fallire il golpe ai danni della Regina.

1899
Muore Alessandro I, gli succede il figlio Diego II.

1903
Diego II passa il manto di Zorro al figlio Alejandro, che diviene amico del Presidente Teddy Roosevelt.

1908
In visita in Portogallo, Zorro salva la vita a Re Carlo I.

1915
Il IV Zorro sposa Olga Nikolaevna.

1916
Nasce il Principe di Sacramento Diego Nicolò de la Vega.

1918
Zorro libera il suocero Nicola II di Russia, la suocera, le cognate e il cognato dalla prigionia di Ekaterinburg. Il movimento Bianco si rivitalizza.
In Alaska, ospite dei Californiani, viene formato il governo Russo in Esilio.

1920
Zorro e la California intervengono nel Rif.

1927
Zorro fa evadere Sacco e Vanzetti dal carcere il giorno prima dell'esecuzione.

1928
Muore Diego II, gli succede Alessandro II.

1930
Zorro sgomina la banda di Al Capone e consegna alla Polizia Federale Americana le prove per incriminarlo.

1931
La California investe grandi somme per aiutare gli Stati Uniti.

1934
Alessandro II passa il manto di Zorro al figlio Diego Nicolò.

1939
La California dichiara Guerra all'Asse.

1944
Zorro cattura Hitler e Mussolini e la guerra in Europa finisce con un anno d'anticipo.
L'URSS riesce solo a riconquistare il territorio nazionale.
L'Europa dell'Est rimane libera.

1946
La California inaugura la prima centrale atomica civile.
Il VI Zorro sposa l'attrice Olivia de Havilland.

1947
Nasce Alejandro Oliver de la Vega, Principe di Sacramento.
Zorro salva la vita a Gandhi.

1948
Zorro salva la vita a Folke Bernadotte.

1950-1958
Accolte in California le vittime del Maccartismo.

1950
Truppe Californiane fermano l'occupazione Cinese del tibet, che si modernizza e si democratizza grazie al finanziamento Californiano. 

1952
Zorro sventa il golpe in Egitto; la mediazione Californiana convince Re Farouk ad accettare le istanze di cambiamento e a perdonare i golpisti.

1953
Zorro impedisce il golpe contro Mosaddegh.

1954
La California media fra i due Vietnam, che si riunificano sotto l'Imperatore Bao Dai.

1955
L'ennesimo tentativo di Colpo di Stato in California finanziato dalla Cia in California fallisce; Zorro rende pubblici i contenuti dell'archivio di J Edgar Hoover.
Lo scandalo travolge l'amministrazione Eisenhower.

1958
Zorro sventa il colpo di Stato in Iraq e salva la famiglia reale.

1960
Muore Re Alessandro II, gli succede il figlio Diego III

1961
La mediazione Californiana evita la rottura delle relazioni diplomatiche conCuba. Nasce una grande amicizia personale fra Ernesto "Che" Guevara e il V Zorro.

1963
Zorro salva la vita a Kennedy.

1965
Diego III passa la maschera di Zorro al figlio Alejandro Oliver.

1967
il VI Zorro salva "Che" Guevara in Bolivia. Il rivoluzionario decide di cambiare approccio, ed inizia a lavorare per la democrazia mondiale.

1969
Zorro sventa il colpo di Stato in Libia, e convince il nuovo monarca libico Hasan ad introdurre maggiore democrazia nel suo stato.

1972
Zorro cattura Pol Pot, e decapita gli Khmer Rossi in Cambogia.

1973
Il Principe Alejandro Oliver de la Vega sposa Anna di Windsor.
Zorro passa la sua luna di miele in Cile, dove sventa il colpo di stato di Pinochet.

1974
Zorro sventa il complotto del Derg in Etiopia, la California fa prressione sull'Etiopia affinche permetta la maggiorautonomia dell'Eritrea, evitando 30 anni di guerra civile.

1976 
Nasce Diego Felipe de la Vega, Principe di Sacramento.

1977
Zorro appoggia il Movimento di liberazione guidato da "Che " Guevara che rovescia il regime militare argentino.

1978
Zorro libera il Premier Italiano Aldo Moro dalle Brigate Rosse.

1986
La California vince il titolo Mondiale del Calcio.

1990
L'URSS è sciolta, e Ivan VII Romanov è incoronato imperatore del nuovo Impero Russo.

1991
Zorro salva la vita a Rabin.

1994
Il Principe Alejandro Oliver de la Vega passa il manto di Zorro al figlio Diego Felipe.

1996
Muore Re Diego III, gli succede il figlio Alessandro III.

2000
Il VII Zorro sposa Bérénice Bejo, attrice argentina.

2001
Zorro sventa l'attentato alleTwin Towers (non quello al Pentagono, purtroppo)

2002
Zorro cattura Bin Laden e il Mullah Omar; La California fa pressioni perché re Zahir Shah sia restaurato in Afghanistan.

2003
Nasce Alejandro Ernesto de la Vega, principe di Sacramento.

2006
Zorro impedisce la strage di palazzo in Nepal.

2010
Zorro si insinua in Corea del Nord, cattura Kim Jong-un, e smantella con successo il regime Nord-Coreano; La California finanzia l'ammodernamento della Corea del Nord, che nel 2014 si riunirà al Sud.

2011
Tentativo d'assassinio da parte dei servizi segreti Cinesi di Re Alessandro III, di sua moglie e della loro Famiglia; la California reagisce con azioni di sabotaggio che mandano la Cina nel Caos, mentre Zorro organizza l'evasione di massa di migliaia di detenuti politici.

2017
Crolla il Regime Cinese: il dissidente Bao Tong, amico personale del VII Zorro diventa Presidente della Repubblica di Cina; Taiwan vota per lìindipendenza.

In tutto il mondo risuona il grido: « !Que viva Zorro! »

Tommaso Mazzoni

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In seguito, lo stesso autore ha elaborato quest'altra ucronia con lo stesso protagonista:

Nel corso della storia del Cinema e della televisione Zorro lo abbiamo visto in tutte le salse, anche combattere contro il Carlismo e contro Maciste. Ma nessuno sinora ha mai pensato di mettere il grande spadaccino mascherato contro l'esecrabile macellaio di uomini che risponde al nome di Francisco Franco Bahamonde. Quindi ecco il mio film.

1936
Siamo vicini allo scoppio della Guerra Civile Spagnola, e don Alejandro Maria de la Vega y Gutierrez, ricco nobiluomo della provincia Andalusa, Monarchico Alfonsista, ma critico della Dictadura Nacional di Primo de Rivera, tanto da aver passato persino un anno agli arresti domiciliari, critico del nuovo governo repubblicano ma rispettoso della legalità, è inviso agli altri proprietari terrieri perchè tratta i contadini delle sue haciendas e gli operai delle sue fabbriche con rispetto e generosità, e per questo lavorano quelli cento volte meglio e lo rendono dieci volte più ricco degli altri , e questo ne fa un bersaglio allo scoppio della Guerra; Don Alejandro considera il Pronunciamento illegale e, nonostante le violenze degli anarchici e certi provvedimenti che lui giudica eccessivi del governo Caballero, si rifiuta di collaborare coi Falangisti "Nessun uomo d'onore può allearsi con una banda di criminali macellai!" Dice al giovane figlio Diego , bambino di buon cuore, ancora spensierato spensierato.

1940
Sono passati quattro anni anni e Don Alejandro, forte della sua immensa popolarità e ricchezza personale può permettersi di lanciare discorsi di fuoco contro i Falangisti "Il cosiddetto Generalissimo Franco non è che una belva in uniforme" i suoi concorrenti hanno buon gioco a soffiare benzina sul fuoco; Franco sa che non può far nulla ufficialmente, ma ordina al suo fedelissimo capitano Vidal di assassinarlo di nascosto. Vidal simula un attacco di Repubblicani e penetra nel palazzo dei De la Vega uccidendo Donna Maria, la moglie di Don Alejandro, sotto gli occhi del giovane Diego; Alejandro ferisce Vidal ad una mano e lo smaschera ma il crudele capitano lo uccide, ma non prima che un vecchio servo muto di nome Bernardo porta in salvo il giovane Diego mentre i Falangisti devono fuggire. iego, erede della fortuna dei de la Vega si trasferisce da uno Zio a Parigi con il vecchio Bernardo ma inizia a preparare la rivalsa. Si addestra nelle armi e diventerà un esperto tattico e combattente.

1960
Dopo Vent'Anni Diego de la Vega torna in Spagna, una Spagna oppressa dalla Garrota al collo che gli hanno messo i Franchisti. Diego finge di essere un giovane frivolo, che non ricorda nulla della notte del massacro, in realtà ripristina nei suoi possedimenti le abitudini di collaborazione e generosità di suo padre con il lavoratori che ben presto gli diventano fedelissimi. Nel tentativo di infiltrarsi nella dimora dei Vidal, il Capitano ora è un Generale ed è considerato il delfino di Franco, Diego si innamora di Ofelia, bella e ribelle, la figlia del Generale stesso. Vidal è un padre abusivo sia per Ofelia che per il suo fratellino Francisco, sogna di fare dell'una una signorina ubbidiente, dell'altro una sua copia, ignorandone i desideri.
Diego ed Ofelia iniziano una vera e propria piccola guerra contro Vidal, che diventa oggetto di scherno a Madrid perchè incapace di fermare le scorribande di Zorro, che libera prigionieri, umilia ufficiali, deruba l'erario e lo ridistribuisce ai poveri. Zorro combatte con spada, frista e pistola, non uccide praticamente nessuno, ma lascia la classica Z su vestiti e a volte guance.
Il vecchio Generalissimo stesso si muove, nonostante una salute non eccezionale per cercare di porre fine a questa ridicola ribellione "ad opera di un codardo bandito mascherato"; ma intanto il Conte di Barcellona, che sarebbe il legittimo erede al restaurato trono di Spagna, tenuto lontano dal potere dal Reggente Franco, decide di dichiarare pubblicamente che "Questo Zorro non fa che raddrizzare i torti commessi dall'Usurpatore, altro che bandito, è un eroe" Le condizioni di salute di Franco iniziano a peggiorare e anche la sua lucidità ne risente, ordina a Vidal di eliminare il Conte di Barcellona, e di dare la colpa a Zorro. Vidal vuole portarsi dietro il figlio per fargli fare esperienza ma Francisco informa Zorro, che affronta Vidal, travestito, presso la dimora del Conte. Zorro risparmia Vidal ma lo smaschera pubblicamente. A quel punto Madrid insorge.
Durante l'insurrezione tuttavia Vidal fugge dalla prigionia dei Partigiani Zorriti e guida una piccola banda di militari per salvare Franco. Nello scontro finale Francisco si sacrifica per impedire al padre di uccidere la sorella, e Zorro affronta Vidal e Franco; Il vecchio generalissimo non esita a tradire il suo più fedele alleato uccidendolo e immobilizzando Zorro, che poi si appresta a garrotare a morte. Ma Ofelia lo raggiunge e lo pugnala consentendo a Zorro di liberarsi e di catturare Franco che sarà processato e giustiziato per tradimento. Il Conte di Barcellona viene acclamato Re, e subito questi nomina Diego della Vega Primo Ministro per riportare giustizia e libertà nel Regno di Spagna, mentre il sole sorge su una Madrid libera.

Tommaso Mazzoni

Nota dell'Autore: avrete notato che i nomi di alcuni personaggi sono scelti in omaggio a "Il Labirinto del Fauno" di Guillermo del Toro. Zorro piace a tutti, perché è un nemico dell'ingiustizia e della tirannia in tutte le sue forme. Io ne ho fatto l'erede della Primula Rossa, indi per cui è venuto fuori monarchico...

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Ispirandosi a queste ucronie, feder ha proposto:

Sicuramente voi tutti conoscete il famosissimo Tex Willer, astro del fumetto italiano ed eroe di ogni tempo, tanto che ancora oggi, a distanza di decenni, gli albi della serie vengono ancora pubblicati e acquistati da una vasta serie di affezionatissimi (fra cui, molto modestamente, mi conto anch'io).

Per chi non lo conoscesse o non avesse avuto modo di approfondire, comunque, ecco una breve presentazione: Tex Willer è un ranger del Texas, non inquadrato formalmente e come tale si qualifica frequentemente, esibendo, se occorre, la stella simbolo del corpo, anche se la sua attività di rappresentante della legge non è a tempo pieno, dal momento che egli svolge missioni sia su richiesta del Comando che spontaneamente. Insieme ai suoi tre celeberrimi pards (memorabile Kit Carson!) Tex percorre in lungo e in largo le grandi pianure, riparando ogni maltolto e rimediando a ogni ingiustizia, a protezione degli onesti cittadini, contro le ingiurie delle diffuse bande criminali, che in cambio lo considerano peggio di un tizzone d'inferno.

È bene notare, in un'epoca ancora profondamente razzista (come se la nostra non lo fosse), come l'autore abbia voluto connotare Tex come un eroe universale, che non si abbandona a nessun pregiudizio. Per citare le sue stesse parole: «...quando vede un torto, il povero cristo che soffre ingiustamente, lui si ribella e prende le sue parti. Che poi sia negro, che sia bianco, che sia indiano, che sia un contadino, che sia una persona colta, non gliene frega niente.»

E qui arriviamo al succo dell'ucronia, svelando un particolare che forse non tutti sanno. Durante il corso delle sue avventure, Tex finisce più volte ad avere a che fare con gli indiani Navajo, suoi amici e alleati. In effetti, è proprio il popolo nativo ad accogliere il protagonista, dopo che questi avrà celebrato il suo matrimonio con Lilith (nome evocativo), figlia del capo Freccia Rossa. Tanta sarà la sua dedizione e assimilazione alla causa indiana, che Tex si impegnerà in ogni modo affinché ai Navajo non venga torto un capello dai coloni e dalle crudeli autorità statali. Quando si trova presso la riserva o nelle avventure che hanno per protagonisti i nativi americani Tex diserta perfino la sua leggendaria uniforme per indossare abiti differenti: casacca indiana (che riporta su lato anteriore l'immagine di un'aquila nera), pantaloni a frange, mocassini indiani e una fascia Wampum alla testa decorata con simboli indiani che lo identifica come Sakem dei Navajo.

Sakem? Già, perché alla morte di Freccia Rossa, il concilio degli anziani venerandi eleggerà proprio Tex come capo di tutte le tribù Navajo, con il nome di Aquila della Notte. Mi piace immaginare che il lungo periodo di "regno" texiano sia fruttifero e prodigioso, per le fortune della nazione Navajo che così tutela la propria persistenza entrando con moderazione nella modernità. Tex e l'amatissima sposa indiana Lilith com'è noto hanni avuto un figlio, chiamato Kit in onore di Kit Carson, il più caro amico di Tex. Alla morte di Tex, quindi, il comando andrà probabilmente al figlio Kit, che continuerà la politica di giustizia (per tutti) e libertà (per i navajo); se la cosa funziona, non è improbabile che altri indiani decidano di unirsi ai navajo, sfruttando il concetto "l'unione fà la forza"; si potrebbe allora creare davvero una grossa nazione indiana in seno agli Usa. Gli indiani resteranno seminomadi, agricoltori e, sopra ogni cosa, indipendenti almeno in una piccola parte di mondo (quella che la pistola di Tex ha preservato).

Quanto è fattibile questa evenienza? Secondo me, c'è una buona probabilità che si ottenga successo. I Navajo, all'interno delle nazioni apache, erano certo la porzione più "civilizzata": praticavano l'agricoltura, ed erano stanziali per lungo periodo. Se Tex (o chi per lui) riesce a sfruttare il proprio prestigio per imporre uno stop alle (comunque rare) attività di raid a danno dei coloni, il governo USA difetterebbe anche del minimo pretesto per attaccare i nativi. Questi poi procederebbero a fortificare i punti più impervi del proprio territorio, come difesa; le fortificazioni servirebbero poi da volano per l'edificazione delle prime città. La capitale, costruita in un punto imprendibile delle valli, prenderebbe probabilmente il nome di Willertown, sul modello della rivale Washington. A questo punto, il dado è tratto, ed ignorare tutto questo progresso per l'opinione pubblica statunitense diventerebbe molto difficile...

Col tempo, Washington getterebbe la spugna, e si addiverrebbe a un tentativo di mediazione. Al prezzo delle ferrovie, il governo statunitense è costretto a investire nella non-riserva, che, tramite una legislazione agevolata, diventerebbe molto velocemente una delle maggiori bolle speculative della storia umana, con annessi benefici. E chissà, forse un domani potremmo vedere davvero un astronauta Navajo in tour sulla Luna!

Cosa ne pensate? Un crossover con il Regno di Zorro di Tommaso Mazzoni vi sembra plausibile?

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Tommaso annuisce soddisfatto:

La casa dei de La Vega sarebbe grande sostenitrice del Regno Navajo in un eventuale crossover, e farebbe da modello per i Willer. Tex II potrebbe essere figlio di Juana de la Vega, figlia del II Zorro, e Kit Willer!

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E ora, l'idea di matritum, tratta da questo sito:

Ed eccovi la mappa della Repubblica Federale di Aztlan (República Federal de Aztlán in spagnolo). Occuperebbe i territori che fanno parte degli Stati Uniti al giorno d'oggi ma erano parte del Messico nel passato. Sarebbe composto da sei stati e lo spagnolo sarebbe la lingua ufficiale, anche se sarebbe usato anche l'inglese. Sarebbe anche amico del Messico e degli Stati Uniti e dominato da una cultura mista anglo-spagnola. Alcune città dovrebbero essere rinominate e la capitale federale sarebbe Fénix (la nostra Phoenix). Come arrivare a questa situazione? Zorro avrebbe un ruolo nella sua storia?

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A questo proposito Generalissimus ha tradotto per noi questa ucronia:

E se il Texas fosse rimasto indipendente?

Anche se è lo Stato della Stella Solitaria il Texas rimase indipendente solo per un decennio dopo aver vinto la sua rivoluzione, ma per quel breve periodo la Repubblica del Texas fu una nazione completamente sovrana, con un proprio esercito, una propria marina militare e una propria valuta.
Questo breve periodo come nazione è rimasto impresso nell'identità texana fin da allora, e che il Texas abbia sempre desiderato tornare di nuovo indipendente è un tema ricorrente negli USA.
Se queste intenzioni siano serie o meno è tutta un'altra storia, ma quello che sappiamo di certo è che il Texas è uno dei pochi stati degli USA che ha una storia di indipendenza.
Perciò, e se il Texas fosse rimasto una repubblica indipendente e non si fosse mai unito agli USA? Questo è quello che cercherà di esplorare questo video, ma prima devo parlare di un po' di storia.
Dopo aver vinto la sua rivoluzione contro il Messico (inserire commenti di sdegno per il mio video sulla Rivoluzione texana) il Texas era ad un bivio: o rimanere una repubblica indipendente o unirsi ai più forti Stati Uniti.
Il Texas era estremamente sottopopolato e aveva poche risorse per competere con i suoi vicini più forti.
E quindi, se il Texas era così impreparato a diventare un paese, perché lo fece? Beh, non è che il Texas avesse una scelta, una vasta maggioranza dei Texani Anglofoni desiderava essere annessa dall'Unione appena il Texas avesse vinto la rivoluzione, ma gli Stati Uniti si rifiutarono e il dibattito all'interno di Washington andò avanti per un decennio.
Le linee per l'eventuale guerra civile erano state già tracciate, nord e sud stavano divergendo sempre più e la politica rifletteva questo andamento.
C'era un equilibrio delicato nel controllo sul Congresso da parte di nord e sud, ed entrambe le parti desideravano far pendere la bilancia a loro favore.
La maggioranza dei Texani erano discendenti di uomini degli stati del sud o erano emigrati da essi, nel paese si praticava la schiavitù e perciò farlo diventare uno stato dell'Unione avrebbe sconvolto gli equilibri.
Annettersi il Texas avrebbe anche portato ad una guerra con il Messico, che si rifiutava di riconoscere l'indipendenza del Texas.
Nella nostra TL l'annessione ci fu e portò alla Guerra Messico-Stati Uniti.
All'interno del Texas c'era una spaccatura tra i filoamericani, guidati da Sam Houston, e i nazionalisti, guidati da Mirabeau Bonaparte Lamar, che volevano un Impero Texano indipendente.
Sam Houston voleva l'annessione, ma l'opposizione che faceva capo a Lamar, che poi divenne Presidente, si rifiutava di unirsi ad un altro stato e desiderava che il Texas conquistasse il West e i territori indiani, arrivando addirittura a rivendicare la California.
Perciò il destino del Texas all'epoca era una questione delicata, e il suo status politico influenzava l'intero continente.
Alla fine, con l'elezione dell'espansionista James Knox Polk, gli Stati Uniti furono pronti per annettersi il Texas, anche se sarebbe diventato uno stato schiavista.
All'interno del Texas l'opinione pubblica era fortemente a favore dell'ingresso nell'Unione e perciò la risoluzione passò in entrambi i paesi.
La piccola repubblica ebbe fine e cedette tutti i suoi poteri agli USA, e così facendo i territori texani contesi col Messico divennero un problema americano, specialmente nella regione del Rio Grande.
Questa disputa innescò la Guerra Messico-Stati Uniti, che tagliò quasi il Messico in due e creò la maggior parte dei confini degli Stati Uniti meridionali.

Perciò, e se il Texas rimanesse indipendente? Questo potrebbe accadere per molte ragioni diverse.
Come sarebbero questi possibili scenari alternativi? Nelle elezioni presidenziali del 1844 il tema principale era se annettere il Texas o meno nell'Unione.
Non era un dibattito semplice, all'epoca era un tema importante, l'anti-annessione Henry Clay voleva mantenere l'equilibrio tra nord e sud, mentre il Democratico della linea dura James Knox Polk voleva espandere il territorio americano.
In questa TL alternativa Clay vince le elezioni al posto di Polk e il Texas rimane indipendente per almeno quattro anni, facendo accantonare la questione.
Polk vinse le elezioni con un margine strettissimo, e la storia sarebbe stata molto diversa se avesse perso.
Questa è solo una delle possibilità, un altro scenario vede il Texas semplicemente non entrare nell'Unione.
Questo potrebbe avvenire per il timore americano di una guerra con il Messico (il che è improbabile) o perché i nazionalisti texani continuano a mantenere il potere e si rifiutano di unirsi agli USA.
Nella nostra TL questo accadde davvero con il governo di Lamar: il Texas rifiutò un trattato per unirsi agli USA.
Una parte considerevole del governo texano voleva espandere la repubblica fino al Pacifico, nonostante gli avvertimenti dello stesso Sam Houston, e in questa TL i nazionalisti mantengono il potere in Texas e semplicemente non fanno alcun negoziato.
Se questo accadesse è molto dubbio che la Repubblica del Texas sopravviva.
Il Texas non è mai stato pensato per essere una nazione indipendente, era troppo sottopopolato e in gran parte rurale.
Anche se oggi il Texas ha un'economia in ascesa comparabile a quella dell'Australia, nel 1844 era puramente agricola.
Sam Houston venne eletto come primo Presidente del Texas e per tutta la durata della sua carriera politica il suo obiettivo fu far entrare il Texas negli Stati Uniti, l'idea dell'indipendenza non era certamente destinata a durare.
In questa TL alternativa, se la Repubblica del Texas è controllata dai nazionalisti o collasserà a causa dei propri debiti, o verrà assorbita dagli USA o dal Messico, o sarà un paese debole circondato da due potenze.
In questa TL alternativa pochissime nazioni europee desiderano relazioni ufficiali col Texas: Francia, Belgio e Olanda aprono ambasciate e l'Inghilterra, come nella nostra TL, commercia col Texas ma non lo riconosce ufficialmente come nazione a causa del timore di danneggiare i suoi legami col Messico.
Nella comunità internazionale il Texas si trova in uno scomodo limbo, è riconosciuto da pochi e messo in ombra dal suo vicino più grande, gli Stati Uniti.
In uno scenario, questo potrebbe condurre ad alcune conseguenze potenzialmente interessante: la Guerra Civile americana era inevitabile, se in questa TL alternativa la guerra scoppiasse comunque un Texas indipendente o rimarrebbe neutrale o si unirebbe alla Confederazione.
A causa dei suoi legami culturali ed economici con il sud il Texas sarebbe molto interessato all'esito della guerra, quindi in questa TL alternativa è possibile che il Texas si unisca ai CSA, e così facendo il Messico potrebbe dichiarare guerra ai Confederati, colpevoli agli occhi dei Messicani di essersi impadroniti di terre messicane.
I CSA dovrebbero combattere una guerra su due fronti contro USA e Messico.
Questa è solo una delle possibilità, ma quello che si può presumere in generale è che se la Repubblica del Texas rimanesse indipendente non sarebbe durata a lungo in questa TL alternativa, perché semplicemente non aveva le risorse o i sussidi necessari per andare avanti come nazione.
Risorse come il petrolio non sarebbero state scoperte che dopo alcuni decenni e per quella data i debiti e l'influenza straniera sarebbero state troppo pesanti da sostenere.
Il Texas sarebbe stato assorbito dai suoi vicini, eventualmente anche con la forza.

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Diamo adesso la parola ad Enrica S.:

Mi sono accorta che sul nostro sito ci sono ben poche ucronie western, e così stavo pensando se fosse possibile scriverne qualcuna; ecco la prima che mi è venuta in mente. Il 22 novembre 1863 il 16° Presidente degli Stati Uniti d'America, il Democratico Stephen Arnold Douglas (foto a sinistra), soprannominato "Little Giant", compie una visita di stato a Dallas, principale città di uno degli stati che gli è più favorevole. Infatti nelle elezioni presidenziali del 6 novembre 1860 egli è riuscito ad unificare i Democratici del Sud con i Democratici del Nord, nominando proprio Vicepresidente John Cabell Breckinridge (già Vicepresidente di James Buchanan), e con il 47,6 % dei voti ha sconfitto il Repubblicano del Kentucky Abraham Lincoln, paladino dell'abolizione della schiavitù, che si è fermato al 39,8 % dei voti. La Guerra di Secessione non è scoppiata, non è stato emanato alcun Proclama di Emancipazione, ma le tensioni fra Nord e Sud degli Stati Uniti restano fortissime.

Alle ore 12.30 del 22 novembre Douglas sta percorrendo la Main Street (la Dealey Plaza sarà terminata solo nel 1940) non lontano da un Tempio Massonico su di una carrozza a cavalli scoperta, insieme alla moglie Adele Cutts (che ha solo 27 anni) e al Governatore del Texas Pendleton Murrah, da poco insediatosi nella carica. Improvvisamente da un edificio vicino un uomo spara e ferisce mortalmente alla testa il Presidente; i testimoni asseriscono di aver udito distintamente tre spari. La carrozza parte a tutta velocità verso l'ospedale, ma Douglas non ce la fa e muore poco dopo. John Breckinridge giura immediatamente come 17° Presidente USA, accanto alla vedova di Douglas che ha ancora l'abito macchiato del sangue del marito: un'immagine che diverrà un'icona. La notizia fa il giro degli Stati Uniti via telegrafo e getta la nazione nello scoramento. Intanto la polizia arresta l'attentatore nel giro di pochi minuti: è l'abolizionista convinto John Brown, che già nel 1859 aveva cercato di far sollevare senza successo gli schiavi neri della Virginia contro il Governo Federale, e si era salvato rifugiandosi in Canada. Due giorni dopo John Brown è a sua volta assassinato da un fanatico schiavista, il famoso attore John Wilkes Booth, il quale dichiara di aver voluto vendicare Douglas e risparmiare alla vedova del Presidente il processo dell'uomo accusato di averne ucciso il marito. A sua volta Booth morirà in carcere, in circostanze tutt'altro che chiare, il 3 gennaio 1867.

Subito cominciano a diffondersi tesi dietrologiche e complottiste, secondo cui il vero mandante dell'omicidio di Douglas sarebbe stato proprio Breckinridge, il quale avrebbe voluto diventare ad ogni costo Presidente, facendo ricadere la colpa sugli antischiavisti, ed avrebbe chiuso la bocca per sempre sia a Brown che a Booth. In ogni caso Breckinridge sarà rieletto nel 1864, in un clima di tensione crescente e di strisciante guerra civile. Se nel 1868 Abraham Lincoln si ripresenta alle elezioni e stavolta le vince, gli Stati Uniti potrebbero precipitare nell'abisso della Guerra Civile e dilaniarsi a tal punto, da non riuscire mai ad emergere come grande potenza mondiale...

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Generalissimus le risponde:

In questa ipotetica Guerra Civile posticipata sicuramente ci sarebbe una maggiore diffusione di fucili a ripetizione, mitragliatrici e cannoni sparanti proietti esplosivi e non semplici palle. Inoltre ad un certo punto i Confederati dovranno fare a meno di Lee, che era nato nel 1807 e molto probabilmente, all'epoca della guerra di secessione posticipata, sarebbe già andato in pensione dall'esercito USA.

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Ed Enrico Pellerito aggiunge:

Hai ragione. La probabilità di un maggiore utilizzo di armi ed esplosivi moderni non deriverebbe soltanto dalla "naturale" evoluzione dello stato dell'arte industriale a livello mondiale, ma anche del loro più "proficuo" impiego contro i nativi, a seguito dell'espansione verso la "frontiera".

C'è inoltre  un film del 1969, "Il prezzo del potere", un western all'italiana con Giuliano Gemma, che tratta dell'omicidio del presidente James Garfield come se fosse avvenuto in stile "JFK".

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Non manca il contributo di Tommaso Mazzoni:

E poi secondo me Lee si è dato alla politica ed è diventato governatore della Virginia, che non ha secessionato (Lee era patriota virginiano ma anti-schiavista).

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La palla passa ora ad Andrea Villa:

Quella che vedete qui sotto è la foto del Generale George Armstrong Custer da una timeline alternativa dove Custer ha "vinto" (per così dire) a Little Bighorn ed è arrivato col grado di generale nella Grande Guerra. Strenuo sostenitore e difensore delle cavallerie e oppositore delle nuove tecnologie belliche (mitragliatrici e filo spinato in primis), il suo parere costò la vita a numerosi soldati con una cospicua riforma del pool genetico americano occidentale.

Generalissimus commenta:

Evidentemente è stato pure trombato alle Presidenziali, perché quando Custer combatté a Little Big Horn aveva la testa già alla Casa Bianca.

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Dario Carcano aggiunge di suo:

Poveri ragazzi... Tuttavia penso che se Custer avesse "vinto" a Little Big Horn avrebbe fatto la stessa fine di un altro massacratore di indiani: John Chivington, responsabile del massacro di Sand Creek, morto in miseria e in povertà dopo aver tentato inutilmente di scendere in politica.

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Ed Andrea Villa rincara la dose:

In questa timeline proprio i massacri ai danni dei nativi americani sono costati a Custer la Casa Bianca. E il rovinoso bilancio della WW1 ha lasciato la sua eredità storica e politica in pezzi.

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Anche aNoNimo ha la sua proposta:

Parlando di leggendari giustizieri, avete presente la "Ballata dei Dalton", tratta dall'omonimo film a cartoni animati di Goscinny e Morris?

« Vi canto un'altra gloriosa avventura
del nostro amico e della sua cavalcatura:
della giustizia egli è il paladino,
e in cerca di bricconi ora si mette in cammino.
Nessun cattivo sfuggire potrà,
il nostro eroe tutti li acciufferà;
li cercherà per le valli e i canyon,
è la ballata dei fratelli Dalton... »

Ebbene, io mi sono chiesto: cosa avrebbe fatto un eroe senza macchia e senza paura come Lucky Luke, imperturbabile anche di fronte alla più tragica delle situazioni, se fosse stato costretto ad arruolarsi nella Guerra Civile Americana? Quali avventure ci avrebbero narrato Goscinny e Morris, partendo da questo presupposto? Attendo i vostri suggerimenti.

Scena iniziale de "La ballata dei Dalton"

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E ora, il post di Dario Carcano:

Il pistolero, il mercenario, il bandito

Una cosa che si nota abbastanza presto dopo aver visto gli spaghetti western di Sergio Leone è come quest'ultimo "ricicli" gli stessi personaggi. L'esempio che salta subito all'occhio è il 'pistolero senza nome', interpretato da Clint Eastwood nei tre film della trilogia del dollaro, e poi da Charles Bronson in C'era una volta il West.

Tuttavia non è l'unico personaggio che ricorre nei vari film di Sergio Leone. Un altro personaggio ricorrente è quello del bounty killer, interpretato da Lee Van Cleef in Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo, e da Henry Fonda in C'era una volta il West.

Però il personaggio che trovo più interessante tra quelli ricorrenti nei western leoniani è il terzo, ossia il bandito, interpretato da Gian Maria Volontè in Per qualche dollaro in più, da Eli Wallach in Il buono, il brutto, il cattivo, da Jason Robards in C'era una volta il West, e infine da Rod Steiger in Giù la testa, film nel quale il personaggio del bandito non è più un comprimario, come invece nei tre film precedenti, ma il protagonista assoluto del film.

Sui primi due personaggi non è che ci sia molto da dire. Il pistolero senza nome è esattamente questo: un pistolero senza nome. Lo spettatore empatizza con lui perché è il protagonista, ma le sue motivazioni sono quasi sempre misteriose e poco approfondite; superficialmente può sembrare motivato solo dal denaro, ma in realtà le sue motivazioni sono misteriose e più profonde, e di solito non sono rivelate allo spettatore (e se sono rivelate, lo sono solo alla fine del film).

Un discorso speculare vale per il bounty killer: se le motivazioni del pistolero senza nome sono sconosciute, quella del bounty killer è fin dall'inizio molto esplicita, ossia il denaro (a parte il personaggio di Douglas Mortimer in Per qualche dollaro in più, la cui motivazione è la vendetta, che però rientra comunque in questo tipo di personaggio).

Ovviamente tutto quello che dico vale come discorso generale; uno scrittore può creare un personaggio partendo da un prototipo predefinito, ma se è bravo questo prototipo è solo un punto di partenza da cui poi la fantasia dello scrittore prende il volo. E il personaggio del bandito nei western leoniani è proprio l'esempio perfetto di ciò: tutti uguali, ma al tempo stesso tutti diversi e unici.

El Indio, interpretato da Gian Maria Volontè, è un bandito tanto geniale quanto folle, tanto carismatico quanto spietato; vede i suoi uomini come dei semplici strumenti con cui raggiungere i suoi obiettivi, ma al tempo stesso è capace di pianificare azioni complesse e ardite, ritenute impossibili da chiunque altro.
Tuco, interpretato da Eli Wallach, è una simpatica canaglia; dal punto di vista umano è uno stronzo vendicativo, però con le sue battute fulminanti cattura la simpatia dello spettatore. Inoltre, a differenza di El Indio, Tuco più volte mostra la sua umanità, soprattutto nel dialogo col fratello, dove veniamo a contatto col suo background, e ci rendiamo conto che non è nato cattivo, ma ha dovuto diventarlo per sopravvivere in un ambiente spietato.
Cheyenne, impersonato da Jason Robards, è il più romantico dei banditi leoniani: aiuta Jill, verso la quale non nasconde un interesse amoroso, anziché semplicemente violentarla, ma condivide con El Indio e Tuco la bravura con la pistola e il carisma.

E poi c'è lui: Juan Miranda, impersonato da Rod Steiger. All'inizio del film un bandito cinico ma carismatico la cui unica motivazione è il denaro e la famiglia, che in una specie di familismo amorale Juan considera la sua unica vera patria, che dopo l'incontro con Sean Mallory si ritrova suo malgrado coinvolto in una Rivoluzione. Personaggio memorabile per la sua grande umanità, che affiora nonostante la maschera del bandito senza scrupoli.

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Generalissimus commenta:

Quindi C'era Una Volta in America sfugge a questa logica (ma d'altronde l'ambientazione è diversa, sebbene in teoria faccia parte di una seconda trilogia assieme a Giù la Testa! e C'era Una Volta il West).

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E Dario gli replica:

C'era una volta in America è un gangster movie, e ha distrutto il genere dei gangster movie (vedasi questo video).

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Diamo la parola a Lord Wilmore:

A inizio 2024 Google è stata costretta a mettere in pausa la sua intelligenza artificiale generativa Gemini, che da poco aveva sostituito Bard, in seguito agli svarioni storici con cui Gemini rispondeva a chi gli chiedeva di generare immagini. Il fatto è che, alla richiesta di creare esempi di « Senatori degli Stati Uniti del 1800», sono comparsi volti di donne nere e native americane, quando invece la prima senatrice donna, Rebecca Ann Latimer Felton, ovviamente bianca, fu eletta soltanto nel 1922. Insomma, la probabile volontà di promuovere la «diversity» nel materiale che ha addestrato la macchina, onde evitare di perpetuare odiosi stereotipi di etnia, genere, provenienza, religione, ha portato a grottesche imprecisioni storiche. Da qui però può scaturire un'interessante ucronia: cosa deve accadere perchè, come si vede nelle foto incriminate sottostanti, già nel XIX secolo vengano eletti senatori nativi americani e senatrici donne di colore?

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Concludiamo con il componimento di un'alunna di quarta di Paolo Maltagliati:

Il sogno americano

Una statua gigantesca con un braccio alzato e una torcia dorata in mano: questa era la vista che appariva agli occhi degli immigrati mentre le navi si preparavano ad attraccare a New York.

Dietro di loro, i paesi che avevano lasciato, il vecchio mondo, l’oppressione, la povertà. Di fronte, la Signora Libertà li accoglieva nella città più grande del mondo, nella terra dei sogni, delle opportunità.

E’ questo fugace miraggio che, a mio parere, rappresenta l’essenza dello spirito americano.

Innanzitutto, è enorme. Great, come l’America è: la superpotenza che domina il mondo, il tempio della libertà, colei che diffonde il suo superiore modello di vita a tutti quanti si piegano al suo volere.

Anche se quel è si avvicina sempre più ad un è stata, come testimonia lo slogan del 45esimo presidente degli Stati Uniti, l’America è sempre impressionante. Con in mano poco meno del 30% della ricchezza globale, migliaia di testate nucleari a disposizione, le sue strade lunghissime che attraversano un territorio gigantesco, le porzioni extra-large, l’aver talmente tanto da poterlo sprecare… l’America è una Grande Mela dorata.

E come, la mela gettata da Eris alle nozze di Peleo e Teti, il suo fascino ha un lato oscuro, che coloro che, ad occhi spalancati, osservavano la Statua della Libertà non avrebbero tardato a sperimentare.

Perchè sì, l’America è la terra dell’uno in un milione, la terra del tutto è possibile, ma per quei restanti 999999, il sogno americano ha più le caratteristiche di un incubo. Incubo che la torcia portata in alto dalla Signora Libertà cerca disperatamente di celare con la propria luce.

Arriviamo dunque al secondo punto, lo stendardo sotto il quale gli Stati Uniti difendono la loro politica. La libertà illumina il mondo, è lo stesso nome della statua.

Sotto il nome della libertà, tutto si giustifica: la mancanza di leggi per attenuare le disuguaglianze sociali, la possibilità di legalmente armarsi fino ai denti, l’andare a ficcare il naso in qualsiasi scaramuccia di qualsiasi paese, istigandone di nuove quando c’è troppa quiete.

Ma come mai gli americani amano così tanto la libertà?

La radice dello spirito americano va, secondo me, ricercata nelle sue origini: coloni provenienti dall’Europa, in fuga da persecuzione religiosa, povertà, un rigido ordine sociale. E’ naturale che, ai loro occhi, la libertà fosse il bene più prezioso, seguita a ruota dalla proprietà.

E forse, agli sparuti gruppi che arrivavano in quella vastissima terra oltre l’oceano, sembrò che ci sarebbe stato abbastanza spazio, abbastanza risorse, perché ognuno potesse esercitare la propria libertà di possedere senza che nessuno rimanesse a bocca asciutta. O forse, semplicemente, fu seguito il principio del chi prima arriva, meglio si accomoda.

Sono passati secoli e l’America non è ancora riuscita a liberarsi da quella mentalità. Mentalità che al tempo, comparata con l’immobilità sociale del Vecchio Mondo, doveva apparire meravigliosa e innovativa, ma che ora, ritengo, sia da riconsiderare. Anche perché, siccome il tavoliere non viene resettato ad ogni round, la linea di partenza è alquanto sbilanciata e, nel rapporto virtù-fortuna, i soldi rubano una buona percentuale alle due.

Citando Giovenale, non è facile emergere per coloro ai cui meriti è di ostacolo la scarsezza dei mezzi.

Anche senza considerare i divari causati al colore della pelle o al sesso, infatti, già la semplice mancanza di un’istruzione pubblica decente o l’impossibilità di essere curati senza indebitarsi a vita trasformano questa corsa in una gara tra Ferrari e biciclette.

Gli Stati Uniti declamano come venditori ambulanti la libertà per ognuno (accento sull’ipocrisia di questo ognuno) di avere ciò che vuole, se riesce a prenderselo. Lo sanciscono praticamente costituzionalmente con il diritto alla felicità.

Ma la verità è che incoraggiano una corsa a premi che inevitabilmente viene a scontrarsi con Hobbes: il mondo è limitato, le risorse sono quelle che sono, l’ultimo a restare in piedi nella mischia si porta a casa la Grande Mela. E chiunque riesca a ottenere una fetta di torta, non la vuole mollare: anzi, non appena ne gusta il sapore ne vuole di più, sempre di più. Così, approfittando della posizione di potere in cui si trova, fa in modo che neanche una ciliegina possa essergli portata via.

In perfetta linea con le osservazioni di Rosseau, la proprietà privata così guadagnata differenzia i ricchi dai poveri, differenza che cresce in potenti e deboli. Considerando le condizioni di lavoro degli impiegati di Amazon, mi viene da affermare che l’America ha ben raggiunto lo stadio di padroni e servi.

L’America è una foresta di belve, dove ognuna usa la propria forza, astuzia, colore della pelle e soprattutto ricchezza per prevalere sopra gli altri, dove i leoni mangiano le gazzelle e mai il contrario, dove il cacciatore armato tiranneggia e si prende tutto quello che vuole.

Quanto più a fondo si scava, tanto più lo spirito americano si rivela un’enorme delusione, un’altra prova contro coloro che sostengono che la natura dell’uomo sia essenzialmente buona.

L’America era una terra nuova, senza regole, senza limiti, abitata da popolazioni che avrebbero avuto qualcosa da insegnare agli Europei, avessero loro saputo lasciare al di là dell’oceano l’odio, l’avidità, la violenza che caratterizzavano le nazioni che avevano abbandonato.

Ma non lo fecero.

Scacciati gli inglesi, i tiranni, la terra della libertà proliferò sulle spalle degli schiavi. Una nazione di immigrati, la stessa nazione che sul piedistallo della Statua della Libertà volle inciso:

[...] Give me your tired, your poor,
Your huddled masses yearning to breathe free,
The wretched refuse of your teeming shore.
Send these, the homeless, tempest-tost to me …
(Emma Lazarus)

approvò leggi su leggi contro i migranti, quando essi diventarono per loro fastidiosi, fino al punto di parlare di muri, nel 21esimo secolo.

E il vero dio, il vero supremo ideale dell’America fu rivelato: il denaro.

Se hai soldi, sei libero di farne di più. Se hai una proprietà, sei libero di portare un’arma per difenderla. Se sei ricco, sei libero di fare tutto quello che vuoi.

Non esattamente la libertà promessa dalla costituzione, mi pare.

Eppure, questo sistema è durato per quasi tre secoli, subendo scossoni, sì, ma mai sufficienti a farlo crollare. Perchè?

Tocqueville l’aveva previsto. L’umanità possiede una peculiare tendenza ad adagiarsi quando le cose vanno bene (che si potrebbe forse definire come egoismo) e in America, nonostante tutto, le cose andavano bene. Nel corso del ‘900 il tenore di vita si è indubbiamente alzato, man mano che le macchine rendevano la vita più facile e comoda, man mano che gli Stati Uniti diventavano la prima potenza mondiale. E finché c’è costante miglioramento e speranza di esso, finché la tavola è sempre ben imbandita, la maggior parte delle persone è più che felice di rannicchiarsi comodamente nel proprio angolino, badando ai propri immediati interessi, sicuri che la democrazia li proteggerà in quanto parte della maggioranza.

Il popolo desidera due sole cose: pane e giochi circensi, scriveva Giovenale, riferendosi ai suoi concittadini. Se tieni una massa ben nutrita (si parla di quantità, non di qualità) e gli fornisci divertimento a bassa energia mentale, difficilmente si fermerà a chiedersi che cosa accada nell’ipogeo dell’arena o oltre le sue mura.

Ritengo le parole applicabili anche agli americani. E’ un popolo amante dei giochi di prestigio, che si fa ingannare, fuorviare dalle mille luci colorate delle città, dalle incredibili, impossibili scene d’azione dei film prodotti a Hollywood, dalle allegre musichette delle pubblicità senza preoccuparsi di distinguere la realtà dal sogno, il bello dal buono, finché una secchiata d’acqua fredda non lo risveglia.

Ai piedi della statua della libertà ci sono delle catene spezzate, seminascoste, ignote ai più. Credo rappresentino bene l’atteggiamento tenuto da una buona parte degli americani bianchi nei confronti dei neri: li abbiamo liberati dalla schiavitù, il nostro dovere nei confronti di Madame Libertè è stato fatto. Possiamo essere orgogliosi di essere Americani. Ora possiamo dimenticarci che quelle persone esistano, relegarle dove i nostri occhi non vedranno le nostre colpe sui loro volti.

Lo stesso, coi nativi. Abbiamo smesso di massacrarli, gli abbiamo dato delle comode e fantastiche riserve, che chiedono di più?

Adesso, però, il sogno sta sfavillando: il 30% della ricchezza è in mano all’1% della popolazione, mentre la metà di essa ne detiene appena il 2%.

E, coloro che l’ipocrisia di quell’ognuno ha colpito più duramente stanno sollevando le loro voci, in un grido che sembra riecheggiare Ugo Foscolo:

[...] o quanto sangue d’innumerevoli popoli che né timore nè invidia recavano agli Europei , fu dall’Oceano portato a contaminare le nostre spiagge! Ma quel sangue sarà un dì vendicato e si rovescerà sui figli degli Europei!

Al mondo, l’America si sta rivelando per quel che è in realtà: un grande gioco di prestigio: un pifferaio magico, che attrae con la sua musica e si vende al mondo come un grande spettacolo, mentre dietro alle quinte getta nel fuoco pigne e pigne di marionette spezzate.

I suoi burattinai hanno ben compreso la lezione di Giovenale, come quella di Hobbes. Nelle sconfinate corsie dei suoi supermercati come nelle cose più serie, da l’illusione della libertà, del potere di scelta, quando sa benissimo che l'irrazionale mente umana, nelle scelte, si farà guidare dalle emozioni, dalle passioni, facilmente inculcabili tramite un televisore.

Ciò è, secondo me favorito, dalla stessa istruzione americana. La scuola americana è quella di una società che ha raggiunto il suo apice con la rivoluzione industriale e che vede l’uomo come ingranaggio di un sistema. Così lo imbocca di informazioni tecniche, che possono essere insegnate senza molto dispendio di energie e che lo rendono in grado di svolgere né più né meno del suo lavoro, senza insegnargli a pensare.

Così si crea una massa, perfetta per il sistema elettorale americano: due partiti, un popolo schiavo delle passioni, una campagna elettorale finanziata da privati, chi vince prende tutto, la maggioranza fa legge, chi tiene il cuore della folla detiene il potere sull’America.

Se da una parte l’America sembra disposta a dare al vento ogni valore nel vortice del progresso, ossia la ricerca di maggior guadagno, dall’altra, però, dimostra un morboso attaccamento all’insieme dei buoni valori dei fondatori, alla loro sorta di Mos Majorum.

L’America, seguendo le orme dei Padri Pellegrini, sa rivelarsi più rigida del vecchio mondo, più forte nella classe conservatrice. Si pensi, per esempio, alla discussione che sta infuriando oltre oceano in questo momento per l’interdizione dell’aborto.

E’ forse l’avere così poca storia che li fa aggrappare così tenacemente ad alberi genealogici e tradizioni? O gli americani conservatori si sentono un po’ tutti Catone il Censore, chiamati alla difesa dei valori che li hanno resi una così grande nazione?

Quale che sia il motivo, l'America sembra essere il campo di battaglia preferito dell'eterna lotta tra conservatori e liberali, tra tradizione e innovazione, tra ordine e libertà. La stessa cultura americana sembra essere un prodotto di queste due forze opposte, oscillando dai creazionisti a Woodstock.

L'America, poi, si comporta come un frullatore: come Roma aveva fatto prima di lei, prende dalle varie culture e le fonde insieme, per poi distribuire il succo a tutto il mondo a loro accessibile, educando le popolazioni alla loro ideologia di vita. Il succo è ben edulcorato con la lezione consumistica della sostituzione del vecchio col nuovo, del culto del cool e dell'apparenza, del comprare e gettare via senza pensare, in modo da far fiorire nuovi mercati.

Questi paesi possono essere alleati, a cui si fa dono del modello americano, come ex-nemici, liberati dalla tirannia per intercessione degli Stati Uniti.

Ciò ci porta a quella che sembra essere un’altra parte importante dello spirito americano: il paradosso della tolleranza. Bisogna essere tolleranti, tranne con coloro che non lo sono.

L’America sembra aver fatto ampio uso di questa massima, sotto la quale bandiera è andata ad illuminare il mondo con la famosa democrazia americana. (Anche se le uniche luci che quei paesi hanno visto sembrano essere le esplosioni delle bombe americane).

Lo stesso inno americano, dopo una descrizione molto vivida della Guerra d’Indipendenza (a quanto pare, l’amore degli americani per le grosse esplosioni e le ecatombi nei media ha radici antiche) si conclude con queste parole:

Blest with vict'ry and peace, may the Heaven-rescued land
Praise the Power that hath made and preserved us a nation.
Then conquer we must, when our cause it is just,
And this be our motto: "In God is our Trust."
And the star-spangled banner in triumph shall wave
O'er the land of the free and the home of the brave!

E poi dobbiamo conquistare, quando la nostra causa è giusta. Chissà come, quando ci sono ingenti interessi economici, una causa giusta gli Americani la trovano sempre. Sarà che, come dice Nietzsche, una buona guerra giustifica ogni causa?

In effetti, quella che è forse la più importante ribellione al sistema americano, le proteste degli anni 60’-‘70, iniziò quando gli Americani andarono ad impegolarsi in una giungla infernale in una guerra disastrosa.

In ogni caso, in quelle parole sembra essere riecheggiato Fichte, con il suo: tutti devono essere tedeschi. E, considerando come le idee di FIchte verranno poi raccolte da Hitler, l’ipocrisia americana è chiara e lampante. L’America non solo vuole il potere, vuole che il mondo intero (o, almeno, quello a lei legato) la ringrazi quando se lo prende, vuole che tutti guardino le stelle e strisce sventolare sopra un massacro e pensino: brava, America, che hai portato pace, giustizia e democrazia.

E poi, i territori aiutati ricambiano spontaneamente il favore, ospitando le loro basi, fornendogli postazioni da cui sganciare, la Guerra Fredda è finita ma non si sa mai, le loro bombe atomiche su chi osasse sfidarli. E, caso mai questi territori, che però sono liberissimi di fare le proprie scelte, si sognassero di contraddire l’America, basta una telefonata da Washington e, come bravi bambini, si rimetteranno al saggio giudizio della Madre Patria, come dimostrato dai recenti eventi.

Questa tecnica non è, però, così nuova: già i Romani più volte accorsero disinteressatamente in aiuto di città minacciate da barbari crudeli e, chissà come, finirono con gli artigli della loro aquila saldamente piantati nel territorio.

Non è la prima volta che, nel corso della stesura di questo tema, paragono gli Stati Uniti alla Roma imperiale e, più ci penso, più mi convinco che Roma e New York siano gemelle nel tempo.

Gli Stati Uniti sono, a mio parere, un impero. Sono un impero che non si definisce tale, in quanto i nostri democratici cuori non lo accetterebbero. Così, come Ottaviano si fece chiamare augusto e imperator, colui che accresce, colui che ritorna vittorioso, l’America prende su di sé questi due titoli, vendendo l’immagine della grossa, benevola aquila a stelle e strisce, che nutre e protegge i suoi aquilotti. E, come nella Roma di Giovenale tutto ha un prezzo, così è anche nell'impero capitalista americano.

Alla fine di questa lunga e non tanto diplomatica tirata, però, mi trovo anch’io a riconoscermi colpevole di ipocrisia, dato che sto battendo queste parole alla tastiera di un PC coperto da stickers che Amazon ha portato attraverso l'oceano e comodamente a casa mia.

Ma in fondo, ogni spettacolo pirotecnico è una finzione che richiede abilità. Non si può negare che, nel modello americano, ci siano derivati di questa abilità che sono grandiosi.

Gli Stati Uniti sono stati i protagonisti della seconda e terza rivoluzione industriale, ai prodotti delle quali non rinuncerei affatto volentieri. Potrò anche non condividere lo spirito americano, ma non si può negare che la carta igienica è meglio della corteccia di betulla per pulirsi il sedere.

Eppure, talvolta, sentendo al telegiornale dell'ennesima strage, ai primi soffi di quella che si preannuncia l’estate più calda di sempre fino all’anno prossimo, mi viene da chiedermi se il gioco sia veramente valso la candela.

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Per farci sapere che ne pensate, scriveteci a questo indirizzo.


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