Roma e la cometa!


Ad aprire le danze è Hurmar:

In questo periodo sto preparando insieme ad un amico (estremamente entusiasta) un gioco di società. L'idea è una gioco sullo stile Diplomacy. La base però è una bella ucronia (credo) sulla quale vorrei un'opinione. Sotto Traiano, al momento della massima espansione dell'impero romano, Roma viene distrutta da una catastrofe naturale (fate voi quale). Ebbene, cosa sarebbe successo secondo voi senza un potere centrale dell'impero romano?

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Ecco come risponde William Riker:

Vediamo un po': il 21 aprile del 125 d.C., natale di Roma, mentre Elio Adriano si trova in Britannia per supervisionare la costruzione del vallo, la cometa AEKOSEQB1 si abbatte sui Colli Romani. L'impatto non avviene al suolo perchè la montagna di ghiaccio di cui la cometa è fatta si disintegra a 5 Km di quota, ma la palla di fuoco dovuta all'esplosione scava un cratere del diametro di 75 Km. Roma è letteralmente spazzata via con tutti i suoi tesori d'arte e di storia, un milione di persone è sterminato, l'impero è decapitato. Adriano si precipita ma può solo constatare la distruzione della Città (non) Eterna. I Parti di re Osroe non ne approfittano perchè il sovrano è riconoscente nei confronti di Adriano per avergli restituito Assiria, Mesopotamia ed il trono degli Arsacidi che era stato trafugato da Traiano. Solo gli Ebrei si ribellano e restaurano il regno d'Israele sotto la guida di Simone Bar Kochbà (=figlio della stella), che scaccia pagani e cristiani dalla Città di Davide. Adriano decide allora di spostare la capitale dell'Impero ad Alessandria d'Egitto, abbandona le province periferiche di Dacia, Armenia, Britannia e Mauretania Tingitana, ne richiama le legioni per domare le rivolte contro di lui scoppiate in Ispagna e in Oriente, e ricostruisce la burocrazia dell'Impero. Schiaccia la ribellione del Bar Kochbà, che muore in battaglia e diventa rapidamente Bar Koshbà (=figlio della menzogna), e consegna la Città Santa ai cristiani per premiarli della fedeltà all'impero mostrata in un momento difficile, quando avrebbero potuto benissimo unirsi ai Giudei per vendicarsi delle persecuzioni. Poiché papa Sisto I è morto nella catastrofe, i vescovi eleggono papa Telesforo, originario della Magna Grecia, che non è più vescovo di Roma ma di Gerusalemme.

In Italia Roma viene faticosamente ricostruita, stavolta sul mare, ma resta una città piccola e senza importanza. La città principale d'Italia diventa Napoli, dove riposa Virgilio. L'Italia è divisa in quattro province come ogni altra parte dell'Impero, e perde la sua centralità. Il latino perde importanza ed è sostituito dal greco. L'Impero Romano si trasforma in Impero Alessandrino. Adriano fa costruire sul Mar Rosso un nuovo porto con lo scopo di collegare tra loro Mediterraneo ed oceano Indiano: è Antinopoli, che prende nome da Antinoo, favorito dell'imperatore, annegatosi nel Nilo per impetrare dagli dei la protezione sul figlio adottivo di Traiano.

Ad Adriano non succede Antonino Pio, morto assieme a Roma, bensì Niceforo, maggiorente di Alessandria; inizia così una prosapia di imperatori greci, che "orientalizzano" definitivamente l'Impero. Galeno e Tolomeo fanno di Alessandria il massimo centro culturale del pianeta. Sotto Ipparco, successore di Niceforo, i Parti tentano di conquistare la Siria per aprirsi uno sbocco al Mediterraneo, ma Ipparco li ricaccia e riconquista Armenia, Mesopotamia ed Assiria, raggiungendo Carace sul Golfo Persico; in tal modo l'ex impero romano si trasforma definitivamente in un grande impero bizantino ante litteram. Partendo da Carace e da Antinopoli, con due successive spedizioni i successori di Ipparco annettono l'Arabia, che viene ellenizzata. Quando i Sasanidi succedono agli Arsacidi si crea un equilibrio di potenze tra l'Egitto e la Persia. che compensa la perdita dell'Irak con la conquista del Turkestan e del Penjab. Alla fine del terzo secolo avviene l'abbandono definitivo di Gallia ed Ispania, dove si stanziano i Germani in fuga contro la pressione degli Unni. L'Italia resta all'Egitto, come l'Africa settentrionale.

Alessandria non cade e la sua biblioteca non viene bruciata, giungendo sino ai nostri giorni. E a questo punto non c'è certo da stupirsi se io questa ucronia la sto scrivendo in greco moderno. Giusto?

Le rovine di Ercolano, foto di Sandro Degiani scattata nel novembre 2008

Le rovine di Ercolano, foto di Sandro Degiani scattata nel novembre 2008

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A Det0 è venuto in mente uno sviluppo molto più catastrofico:

La cometa cade su Roma nel 248, durante la celebrazione del millenario della fondazione di Roma; lo sfaldamento del potere centrale porta l'impero, già nel periodo dell'anarchia militare, nella crisi più profonda della sua storia.

Le invasioni dei barbari e gli attacchi dei persiani di Sapore si aumentano di numero e di intensità e, approfittando della debolezza dell'impero, si impadroniscono di ampi territori romani.

Gli imperatori non riescono più a contrastare la crisi e gli attacchi, basti pensare che ne abbiamo solo due e viene cambiata capitale ben due volte (prima Alessandria poi Sirmio); quando nel 276 l'ultimo imperatore romano viene deposto l'impero cade e l'Europa si vede ricoperta di un mantello di stati barbarici a pieno titolo.

Ed ecco la mia bozza di Timeline:

21 aprile 248: Roma, l’imperatore Filippo l’Arabo celebra le grandi feste per il millennio della fondazione di Roma, vengono organizzati grandiosi giochi circensi con più di 2000 gladiatori e centinaia di elefanti, tigri, leoni e ogni sorta di animali nel Colosseo.
A poche ore dall’inizio delle celebrazioni una cometa del diametro di circa 7 km si abbatte sul centro di Roma, provocando la completa distruzione della città e delle zone circostanti (da Veio a Capua) e causando milioni di morti e feriti.
Ma la devastazione non si ferma all’Urbe, infatti la sua distruzione provoca scompiglio in tutto l’impero, già in preda alla crisi e alle invasioni.

249: Il generale Decio viene eletto imperatore e si trasferisce a Bisanzio.

250-251: I Goti dilagano nella penisola balcanica, devastano Atene e Sparta, fanno dell’intera Grecia un cumulo di macerie, poi, nel maggio 251, attaccano Bisanzio, che poco dopo capitola; l’imperatore riesce a salvarsi solo grazie alla fuga in nave e giunge ad Alessandria d’Egitto, dove sposta di nuovo la capitale.

252-261: I persiani di Sapore attaccano l’Oriente, nel 252 approfittano della situazione in Asia Minore ed arrivano fino al Tauro.
I germani sconfinano sul Reno, nel 252 i Franchi si impadroniscono del nord della Gallia, i Burgundi scendono in Provenza e gli Alamanni in Rezia.

Tra il 253 e il 254 Marcomanni e Quadi scendono in Italia, vengono fermati solo in battaglia a Milano, ma nel 257 sconfiggono definitivamente i romani e si impossessano della penisola; intanto, nel 254 Sapore conquista Siria ed Egitto, per l’imperatore Decio non c’è speranza e l’impero entra in pieno collasso.

Nel 255 i Vandali attraversano Gallia, Spagna e giungono fino in Africa, nel 256 fanno cadere Cartagine e si impossessano della regione.
Le ultime legioni rimaste in Spagna nel 257 cercano di respingere gli attacchi delle popolazioni berbere dei Mauri, intanto gli Svevi si impossessano delle attuali Galizia e Portogallo.
Gli ostrogoti sono fermati sul Danubio (257-261) dalla resistenza delle legioni al comando del generale Claudio, che nel 261 viene nominato imperatore.

262-267: Claudio sposta la sede imperiale nella città di Sirmio, nella provincia dell’Illirico; però gli ostrogoti non sono fermati dai suoi uomini e dilagano per Mesia e Tracia (263).

Nel 264 i persiani di Sapore compiono scorrerie per il Mediterraneo, conquistano Creta, Cipro, Rodi e altre isole dell’Egeo.

Tra il 265 e il 267 le popolazioni dei Carpi, dei Daci e degli Eruli si riversano oltre il limes danubiano andando ad occupare il Norico, la Pannonia e le coste del mar Nero.

271-276: I mauri sconfiggono i romani in Africa e Spagna, insediandosi nel sud della penisola iberica(271); Angli e Sassoni conquistano la Britannia meridionale mentre Pitti e Caledoni sfondano i valli di Adriano e Antonino Pio (272).

Nel 273 all’imperatore Claudio si sostituisce Aureliano, che ormai ha il controllo solo più sulla Dalmazia e piccole parti dell’Aquitania e della Grecia, nel 274 Aureliano promuove una spedizione di “riconquista” dei territori dell’impero, sottomette parti della penisola balcanica, dell’Italia e della Spagna, ma è tutto inutile di fronte alle invasioni dei Longobardi, Ostrogoti e Gepidi; i primi nel 274 sconfiggono le ultime truppe imperiali in battaglia presso Mantova e poi dilagano in Italia, scacciando Marcomanni e Quadi, questi si trasferiscono e fondando piccoli regni nell’attuale Provenza e Albania; gli Ostrogoti si spostano in Spagna e la conquistano nel 275, mentre i Gepidi nel 276 conquistano Sirmio e depongono l’imperatore, in questa data cade l’Impero Romano.

L'Europa nel 276 (cliccare per ingrandire)

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Anche William Wallace vuole dire la sua:

Ho letto la versione di Riker sulla fine di Roma (Roma rasa al suolo da una cometa) e, pensando che non ci sia una fine senza un inizio, ho scritto una bozza di quella che potrebbe essere stata l'origine. È solo una bozza che mi sono ripromesso di approfondire in futuro, perciò giudicatela per quella che è.

752 a.C: un'eclissi totale di sole oscura i cieli dell'attuale Lazio, gettando nel panico le popolazioni indigene. I maggiori esponenti delle civiltà Sabina e Latina si riuniscono sul Palatino convocando un'assemblea religiosa, accusandosi vicendevolmente di aver recato offesa alle divinità.

I sacerdoti, dopo aver effettuato un sacrificio, suggeriscono uno scontro tra i campioni delle due tribù che decida quale dei due popoli si sia macchiato dell'offesa divina. Vengono scelti Romolo per i Latini e Remo per i Sabini. Lo scontro decreta vincitore Romolo e segna anche la fine del regno sabino e del suo re Tito Tazio che viene ucciso insieme a tutta la sua famiglia come pharmakòs (capro espiatorio).

Su suggerimento dei sacerdoti, Romolo decide di fondare una nuova città sul Palatino, che inglobi i territori dei Latini (il Palatino) e dei Sabini (Esquilino, Viminale, Quirinale), riunendo i due popoli (ratto delle Sabine) in un'unica città (Roma) destinata a durare nei secoli e a divenire manifestazione terrena dell'armonia ritrovata tra cielo e terra. E' il 21 aprile del 753 a.C.

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Ma William Riker non demorde:

Il nostro William Wallace vuole sfidarmi, eh? Va bene, avanzo la mia proposta alternativa. Perchè Romolo e Remo quando possiamo tornare più indietro? E perchè non far cominciare tutto con un'altra cometa?

Dunque, anno 1184 a.C.: Troia cade nelle mani dei Greci dopo dieci anni di assedio grazie all'astuto Ulisse ed all' "inganno del caval che fè la porta / onde uscì dei Romani il gentil seme" (Inf. XXVI, ma non posso competere con William Wallace che è più fresco di studi di me). Dall'incendio riesce a fuggire Enea con il padre Anchise ed il figlio Iulo, mentre la moglie Creusa muore nella catastrofe. Questi riesce a sfuggire agli Achei vincitori e si ritira nella Troade dove decide di costruire una nuova Troia, ma l'assalto delle truppe greche, ben decise ad impedire la rinascita di una città che controlli i Dardanelli ed ostacoli il commercio di grano con il Mar Nero (il vello d'oro cercato dagli Argonauti altro non era che la distesa delle messi d'oro), lo costringe a mettersi in viaggio e a cercare una nuova patria oltremare. Dopo aver tentato di sbarcare in Tracia, da cui è respinto dal re locale alleato con i Danai che ha già fatto assassinare Polidoro, il più giovane tra i figli di Priamo, l'eroe omerico si reca Delfi ad interrogare l'Oracolo che risponde con un famoso motto: "Antiquam exquirite Matrem". Anchise pensa che si tratti di Creta, perchè i Troiani sono nati dalla fusione tra gli Ittiti ed una colonia minoica intorno al 2000 a.C., e perchè lui dice di discendere da Teucro, primo re dell'isola. E così Enea ed i suoi si accingono a fondare Nuova Troia sull'estremità orientale dell'isola.

Ma nel maggio del 1180 a.C. un corpo celeste non identificato (chi pensa ad un nucleo cometario, chi ad un asteroide di ghiaccio esploso nella stratosfera, chi addirittura ad un microbuco nero) piomba sull'isola devastandone l'intera vegetazione e riducendola ad un deserto. E' la fine ultima di ciò che resta della civiltà minoica, scomparsa per sempre; l'oscuramento dei cieli conseguente a questo cataclisma viene visto da Mosè ed interpretato come una delle Piaghe d'Egitto. Un po' perchè le risorse dell'isola non consentono più di mantenere un popolo, ed un po' perchè di un segno così infausto non si possono non trarre le conseguenze, Enea riprende il mare e raggiunge l'Egitto, dove fa pace con Menelao che si è trattenuto laggiù con Elena di ritorno da Troia, ospite del Faraone Ramsete III. Questi, stanco di questi "popoli del mare" che teme vogliano impadronirsi del Delta come hanno tentato di fare gli Ebrei prima ed i Filistei poi, li invita a sgomberare. Prima di partire entrambi consultano l'oracolo del dio Proteo, il cui sacerdote rivela a Menelao che suo fratello Agamennone è stato ucciso (bella forza, era appena stato lì Oreste in fuga da Micene dopo aver vendicato il padre scannando la madre Clitemnestra ed il suo amante Egisto), e ad Enea che la sua meta è l'occidente (ottima idea per togliersi di torno il Troiano invadente) e che la sua vera madre è Iside, da Enea identificata con Venere, la forza procreatrice (questi egiziani, che adulatori!). Anchise allora salta fuori con l'idea che l'antica madre di cui parlavano a Delfi fosse l'Italia, dato che lui è figlio di Capi, figlio di Ilio, figlio di Erittonio, figlio di Troe, figlio di Dardano, il quale spergiurava di essere figlio degli amori tra Zeus e la ninfa Europa, e questa abitava nel Lazio. Così il viaggio ricomincia. Dopo una sosta in Sicilia, una tempesta danneggia le navi che riparano su Cartagine governata dalla regina Didone, ma i Fenici scacciano i Troiani in malo modo, percependoli come alleati scomodi, e nella baruffa sia Didone che Anchise perdono la vita. Le navi superstiti viaggiano verso nord, danno a capo Palinuro il nome del nocchiero troiano caduto accidentalmente in mare, ed infine gettano l'ancora nella foce del Tevere: è l'aprile del 1175 a.C. Enea sconfigge i popoli laziali che vorrebbero scacciarlo dalla loro terra, sposa Lavinia, diventa re del Latium Vetus ma dopo tre anni cade in un'imboscata e muore; siccome il suo corpo sparisce trascinato via dalla corrente, i suoi uomini lo ritengono portato in cielo dal dio Tiberino ed assunto tra gli dèi. Iulo, ormai cresciuto, gli succede sul trono di Lavinio, mentre Enea Silvio, il figlio che l'eroe omerico ha avuto da Lavinia, va a fondare la città di Alba Longa, e da lui discenderanno Romolo e Remo. Da Iulo discenderà invece un'importante famiglia romana, la gens Iulia, che darà i natali a Giulio Cesare. E, secondo la leggenda, un'altra cometa annuncerà la morte del conquistatore delle Gallie e la sua ascesa all'Olimpo, pochi anni prima che il Dio Unico trionfi sul vecchio Olimpo in tutto il Mediterraneo...

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Diamo ora la parola a Inuyasha Han'yō:

L'impero si disintegra

La Persia è sempre stata una spina nel fianco dell'Impero Romano nel Medio Oriente. Sotto le dinastie dei Parti (III secolo a.C.-III secolo d.C.) e dei Sasanidi (III-VII secolo) la Persia ha ingaggiato una serie di conflitti con i romani/bizantini nel corso di vari secoli, anche se tali vicende non sono pubblicizzate quanto le lotte di Roma contro i barbari, raccontate in vari film/romanzi/ documentari. Ci fu un momento in cui i Sasanidi sembrarono prevalere sull'Impero Bizantino, occupando l'Egitto e penetrando nell'Asia Minore, salvo poi essere ricacciati indietro. Ciò avvenne nei primi decenni del VII secolo dopo Cristo, poco prima che gli Arabi iniziassero la loro espansione lampo, favorita dal fatto che bizantini e persiani si erano scannati a vicenda, indebolendosi. Ora, e se i Persiani (magari in anticipo rispetto alla HL) avessero assoggettato l'impero rivale, creando un impero esteso dal Nord Africa all'India (Balcani compresi)?

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Gli risponde Basileus TFT:

Dobbiamo retrodatare il PoD quantomeno al 250-300, altrimenti la cosa più fattibile era prendere Siria, Armenia ed Egitto, che non sono certo sassolini.

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E feder aggiunge:

Se ciò accade durante il periodo dell'anarchia militare, è proprio l'impero che implode: le Gallie restano l'unico stato romano, i Germani invadono e abitano i Balcani, Zenobia ingaggia una guerra senza termine coi persiani, il papa di Alessandria (centro più importante della cristianità) costruisce uno stato indipendente copto con l'aiuto-protezione del negus di Axum (parallelo col regno franco); un'ombra di incognito resta invece sull'Italia, secondo me spartita fra Germani (in qualità di foederati) e Gallie.

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Paolo Maltagliati puntualizza:

Sarebbe una conquista di breve durata, tenere d'occhio i Chioniti a nordest.

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Riprende la parola feder:

Il PoD mi piace, quindi ho buttato giù uno schizzo di mappa (non badate troppo ai nomi dei regni germanici, sono appena indicativi). Il riassunto è questo: Aureliano muore a Emesa, l'impero si sfalda con l'attacco reiterato del goto Cniva, che approfitta dell'occasione; alla sua morte però la coalizione di tribù germaniche si sfalda e il loro territorio si divide tra le varie genti (c'è spazio anche per Alani, Sarmati, e tanti altri... ripeto, i nomi sono indicativi). Il Senato non riesce a reagire: quando è il cuore stesso dell'Impero, l'Italia, a venire invasa, il terrore porta all'elezione di Diocleziano a imperatore. Questi, prendendo atto della disastrosa situazione, decreta l'evacuazione dei patres conscripti a Cartagine mentre lascia i germani sfogarsi per la penisola, che viene devastata. Il sacco di Roma simboleggia di fronte al mondo il crollo dell'impero. Alla fine la marea gotica, come già detto, rientra; ma ormai il danno è fatto e Diocleziano considera che se vuole salvare ciò che resta dello Stato romano deve optare per riforme radicali: con l'atto di rinascita della Repubblica, Diocleziano si ritira a privata vita in Sardegna, ma ben presto i generali delle singole province romane (residue: Mauretania, Numidia, Creta et Cyrene...) si alzano in armi per acquistare il potere. Anche l'impero delle Gallie, però, guarda famelico verso Roma...

L'impero palmireno secondo me non ha futuro: reggendosi solo sulla figura di Zenobia, alla sua morte questo si sfalda e lo Shah si annette Siria, Palestina, coste arabiche e forse Anatolia, con conseguente gravissimo danno per i cristiani. Il papa di Alessandria chiama alla crociata (si fa per dire), ma l'unico a rispondere alla chiamata è il re di Axum, che passando per l'Egitto conclude la guerra civile romana conquistando Cartagine, nuovo centro del potere. Sempre ad Alessandria, allora, per atto di colui che non succede da Pietro, rinasce l'impero...

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Sentiamo il pare in proposito di Federico Sangalli:

Nei decenni precedenti Emesa infatti ci sono state diverse occasioni in cui i barbari sono arrivati a un passo dal dilagare nel cuore dell’Impero: nel 260 Gallieno sconfisse gli Alemanni nella Battaglia di Milano, nel 268 fu Claudio il Gotico, aiutato dallo stesso Aureliano, a respingere la minaccia sulle rive dell’attuale Lago di Garda. Nel 271 poi una coalizione di tribù guidate dagli Iutungi invase l’Italia proprio mentre Aureliano era in Pannonia a fronteggiare i Vandali: l’Imperatore tornò nella Penisola a tappe forzate ma il suo esercito esausto dalla lunga marcia subì una cocente sconfitta nella Battaglia di Piacenza. Il panico invase Roma visto che ora i barbari si muovevano verso sud con l’intenzione di saccheggiare l’Urbe. Furono persino consultati i Libri Sibillini per accertarsi del futuro della città. Fortunatamente Aureliano riunì le sue forze e respinse i barbari nei successivi confronti sul Metauro e a Fano.

Ma ecco, immaginiamo che a Piacenza l’esito sia ancora più disastroso (ma sarebbe uguale a Milano o sul Lago di Garda): l’Imperatore rimane sul campo, l’unica forza militare romana presente in Italia è distrutta, i barbari calano lungo la Via Emilia e mettono in sacco Roma con un paio di secoli d’anticipo. Con Roma che brucia e il Senato in fuga e disperso, si crea un vuoto di potere difficile da riempire. Il valoroso comandante Provo è acclamato Imperatore dalle legioni balcaniche ed orientali, che al momento sono il pezzo più grosso di ciò che resta dell’Impero. Il generale e console Giulio Placidiano fa la stessa cosa sul Rodano mentre il legato Saturnino, che pare stesse facendo buone cose contro i berberi, potrebbe subire la medesima sorte in Africa. Appena possibile Provo raduna un esercito e passa in Italia per reclamare indietro Roma ma, mentre se la vede col goto Cannabaude, Cniva piomba sui Balcani. Preso in mezzo, Provo ha appena il tempo di respingere a caro prezzo il primo, prima di essere raggiunto esausto e sconfitto e ucciso dal secondo. Con la sua morte le legioni superstiti proclamano un successore in Mesia ma ormai sono incalzate dai goti da ogni parte e la resistenza della “sacca” balcanica crolla su se stessa. Le province orientali invece sono interamente assorbite da Zenobia. Dopo la brutta fine di Probo, è Placidiano a diventare l’Imperatore “ufficiale” e a provarci, ma gli va altrettanto male: molti dei suoi soldati defezionano a favore dei romano-gallici e non ha una base politico-economico solida. La sua sconfitta e caduta segnano la fine della resistenza “romana” propriamente detta sulla sponda settentrionale del Mediterraneo. Le isole, l’Africa (meno l’Egitto) e le parti d’Italia non occupate stabilmente dai barbari fanno capo alla corte di Cartagine. La Penisola Iberica, le Gallie, la Britannia e il Limes Germanico sono invece parte dell’Impero delle Gallie come lo erano sotto Postumo, con il resto diviso tra i barbari e il Regno di Palmira.

L’Impero Palmireno ricopre grossomodo il territorio dell’Impero Bizantino e potenzialmente potrebbe imitarne la resistenza ai nemici provenienti dalla Persia, ma è la posizione della capitale che li frega: alla prima sconfitta i persiani sono in Siria e Palmira è perduta e con essa tutto l’impero, ormai irrimediabilmente tagliato in due. Mentre Palmira cade sotto i colpi dei persiani, anche l’Africa non se la passa bene: tagliata fuori dal resto dell’ormai ex Impero, Cartagine sopravvive grazie alla sua posizione geografica e ai commerci ma non può bastare. Per la rivolta del principe berbero Firmo nel 375 sarà tutto finito e Cartagine sarà conquistata dai berberi e dei mauretani, che creeranno un regno tra le ultime macerie romane.

Se la cava meglio l’Impero delle Gallie: dalle poche fonti disponibili pare infatti che Diocleziano stesse servendo proprio in Gallia nel decennio della caduta di Roma, sicché possiamo immaginare che continui la sua carriera qui tra i discendenti di Postumo e Tetrico. Divenuto infine Imperatore, Diocleziano riforma l’Impero Gallico, riorganizzando le province e risanando lo stato. Francamente non vedo alcuna ragione, né pratica né ideologica, per cui Diocleziano dovrebbe restaurare la repubblica romana, quindi penso che Diocleziano semmai punterà sul ripristino del principato adottivo, istituto associato ai fasti antichi ed elemento già presente nello schema tetrarchico di Diocleziano della HL. Che questa riforma sopravviva al suo ideatore o non degeneri nuovamente in una successione dinastica, magari proprio sotto i Costantinidi, è tutto da vedere. Questi sviluppi si accompagneranno a tentativi di riconquistare Roma per fregiarsi di una ritrovata legittimità ma questa Restauratio Imperii ante litteram dissanguerà soltanto le casse galliche e lascerà l’impero esposto alle invasioni del V secolo.

Qui si aprono più strade:

- la prima vede un collasso quasi totale dei gallici sul Continente. Dopo sempre più disastrose campagne contro varie tribù passate al di qua del Reno, l’arrivo degli Unni rappresenta il colpo di grazia finale: pur alleatesi con i loro ex nemici per fronteggiare Attila, le armate galliche sono annientate ai Campi Catalaunici. Spagna e Galla cadono nelle mani dei barbari, la prima ai Vandali,la seconda agli Unni probabilmente. Ciò che resta della corte gallica di rifugia in Britannia, ove un governatore locale si dichiara Imperatore e legittimo successore al trono, salvo dover affrontare le inclementi invasioni anglosassoni.

- l’altra possibilità invece è che i gallici riescano a resistere. Magari il carattere più celtico dell’Impero gli permette di far Lega coi Bagaudi, oppure gli Unni scelgono di puntate a Oriente e risparmiano l’Occidente. Sta di fatto che, sacrificata mezza Gallia, la Batavia e la Spagna alla fame di terre dei Germani, il resto della Gallia settentrionale e occidentale e la Britannia rimangono fedeli ad uno stato gallico superstite. Anche se i possedimenti britannici andassero persi contro gli anglosassoni, ciò che resta (grossomodo il Regno di Soissons della HL) dovrebbe potersela cavare almeno fino all’arrivo dei Vichinghi.

Il destino dell’Oriente è ancora più in bilico di quello dell’Occidente. Potrebbe infatti essere più che plausibile l’idea che un nutrito gruppo di popolazioni barbare attacchino i persiani al posto dei romani. Magari i Goti, sotto pressione di altri popoli, si muovono tirandosi dietro altre tribù. Magari è lo stesso Attila, deluso dalla relativa povertà delle città galliche, a puntare sui ricchi bottini orientali (questa ipotesi non esclude necessariamente quella degli Unni vittoriosi ai Campi Catalaunici). Senza le mura di Bisanzio a fare da tappo, gli invasori mettono a ferro e fuoco l’Anatolia come i Galati prima di loro. Lo Sciá cade in battaglia, la Mesopotamia è saccheggiata e la Persia in ginocchio. Mentre il terrore si diffonde il Patriarca di Alessandria (potrebbe benissimo essere anche quello di Gerusalemme o di Antiochia, ma teniamo pure buona l’idea di feder) si fa incontro ad Attila e lo incontra sulle rive del Giordano, convincendolo a desistere e ritirarsi. L’evento guadagna in un istante un immenso prestigio alla Chiesa e al suo patriarca. Qualche anno dopo i persiani provano a rimettere insieme i cocci e ritornano alla carica, con tanto di persecuzioni contro i cristiani (c’erano anche prima a dire il vero) accusati di essere stati fin troppo compiacenti con gli invasori in nome del loro stupido proselitismo. Il Papa (ormai il patriarca é chiamato così, dal greco “padre” in senso affettuoso) chiede aiuto a tutti i sovrani cristiani di cui ha il numero ma nessuno risponde alla chiamata: i gallici hanno i loro bei problemi, i regni romano-barbarici europei lottano fra loro, i berberi possono mandare solo contingenti simbolici. Allora per disperazione una richiesta d’aiuto viene fatta al Regno di Axum. All’inizio del VI secolo du di esso regnava Re Kaleb, il quale sembra essere stato sensibili all’argomento se nel 525 invase lo Yemen e lo pose sotto il proprio dominio per difendere i cristiani perseguitati da un sovrano ebreo. All’epoca Axum regnava su buona parte del Corno d’Africa, una bella fetta di Susan e la costa dirimpetto al di là del Mar Rosso. Era quindi senza dubbio nella posizione per rispondere: Kaleb invia una spedizione lungo il Nilo e le coste del Mar Rosso in soccorso e questa, unita ai rinforzi berberi e all’esercito di egiziani e di altri regni persiano-barbarici che il Papa ha radunato, basta a respingere i persiani e a salvare l’Egitto, se non anche i luoghi santi in Palestina. Per i sovrani di Axum si apre un’era di grande prestigio e prosperità. Mi chiedo a questo punto se in queste condizioni il Cristianesimo non possa espandersi prima in Africa che in Europa.

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Paolo insiste:

Ripeto, se investono tutte queste forze a ovest, a est per i sassanidi si rischia il disastro, tra Chioniti, Alchon, Kidariti ed Eftaliti.

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E feder obietta:

Mi piace, ma conservo le mie rimostranze in merito all'impero gallico: secondo me, con le legioni integre e un confine molto più ristretto, può resistere molto più a lungo, alla maniera della Bisanzio storica. In questo caso, l'impero in Oriente sarebbe restaurato da Axum, in qualità di investitura papale (in questo caso, il parallelo con la storia reale è voluto). Nonostante la potenza e l'espansione di Axum (che secondo me sarebbe essenzialmente rivolta verso sud ed est, oltre che nord, più che in Arabia), lo stato di costante guerra santa tra ariani e copti in Siria ne arresterebbe l'espansione. Le ragioni della decadenza dell'impero gallico andrebbero ricercate (secondo me) in una fallimentare campagna italica al fine di restaurare la potenza imperiale. La Britannia sarebbe di gran lunga il luogo più sicuro del'impero, perché con una Gallia forte i germani non hanno modo di passare il mare; se poi vogliamo mettere la capitale a Londinium, saremmo di fronte a una vera potenza strategica. Sì, le difese sul continente prima o poi cadranno; allora potremmo disputare l'attribuzione di territori europei a questo o quell'altro contendente: se i Goti si prendono Grecia e Anatolia (la spaccatura fra goti dell'ovest e dell'est avviene in questo momento), i Vandali si stanziano nella ricchissima Sicilia costruendo un impero marittimo, i Longobardi stanno nell'Illirico e i Gepidi in Pannonia, mentre i Franchi si stanziano in Italia instaurando un proficuo rapporto con l'autorità papale. Mi sembra probabile che gli slavi si muovano prematuramente a ovest, occupando i territori abbandonati dai germani. Concordo infine con la tesi che vede gli Unni fregarsene di un'Europa semidistrutta e dirigersi in massa verso l'impero persiano, abbattuto di conseguenza. Anche i Gupta se la vedrebbero dura però, in questo caso.

Dimenticavo: se ipotizziamo un'autorità imperiale ugualmente forte e desiderosa di alternative nel VI secolo, allora i viaggi dei monaci irlandesi missionari oltre l'Atlantico potrebbero trovare seguito...

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Allora Federico puntualizza:

Palmira è chiaramente troppo vicina alla frontiera per poter durare, ne avevamo già discusso nella discussione sulle capitali alternative dell'Impero Bizantino. Quanto alle "rimostranze" di feder, mi pare che in realtà stiamo dicendo la stessa cosa: anche io prevedo un forte indebolimento dello stato gallico a seguito di fallimentari campagne per riconquistare l'Italia in nome di una restaurazione dei fasti imperiali, solo che io pongo tale campagna sotto o subito dopo Diocleziano e le sue riforme, appunto, "rifondatrici" dell'Impero. Senza Impero Bizantino e senza Costantino a capo di esso probabilmente non c'è nessun Concilio di Nicea, per cui gli ariani semplicemente fuggono tra i loro correligionari goti e si forma uno scisma tra il credo "alessandrino" (Egitto, Axum, Ghassanidi, Berberi, Mauri, Armenia, presumibilmente gallici, franchi e burgundi) e quello ariano (goti, gepidi, i longobardi, gli eruli, gli svevi, probabilmente anche alemanni e vandali). Axum è più forte in questa TL ma dobbiamo considerare il perchè ancora nel 1500 le comunicazioni fossero così difficoltose con il Corno d'Africa da renderlo un territorio quasi mitico: la geografia. Non si può simmetrizzarne il ruolo coi franchi, che andavano e venivano in e da l'Italia sulle comode strade romane, quando non c'è una strada lastricata in tutto il Sudan. In questa TL gli spostamenti sono totalmente via Nilo e lungo il Mar Rosso, il che rende necessaria l'espansione lungo la riviera araba e in Sudan descritta nella mappa. Axum sostiene il Papato ma non ha le capacità per arruolare e spostare un esercito tale da ricalcare l'impero bizantino. E, anzi, più cercherà di espandersi in Etiopia più dovrà trascurare i suoi nuovi amici settentrionali. Serviranno almeno cento, duecento anni prima che le comunicazioni si siano stabilite a tal punto da potersi spostare agevolmente lungo il Nilo, per questo parlavo dell'arrivo di Maometto. No, Axum potrà essere buona per difendersi ma per colpire i nemici ariani altrettanto intenzionati a cancellare il papato dalla cartina geografica Alessandria dovrà rivolgersi altrove. L'Armenia è troppo piccola e la Persia fuori gioco, quindi si appoggerà primariamente ai Ghassanidi e agli Alani, una volta cristianizzati. In Europa poi si potrà provare coi Burgundi: con gli Alemanni che sono in posizione per essere vassalizzati e fagocitati dai vandali, i burgundi si convertirebbero volentieri pur di avere aiuto contro le scorrerie vandale. Alleati coi gallici potrebbero tenere in riga vandali e franchi, subentrare agli alemanni in Italia e assorbire gli svevi. Allo stesso modo i Longobardi, dopo aver assorbito un pezzo alla volta gli eruli, potrebbero avere interesse ad allinearsi con l'ortodossia una volta fatta la comparsa degli Avari. Questi ultimi potrebbero essere ovunque ma io li ho messi a cavallo tra Romania e Bulgaria e probabilmente causerebbero grandi sconquassi: annienterebbero i gepidi un poco alla volta, minaccerebbero seriamente i longobardi, se sono bravi, possono passare loro in Anatolia (se non loro i Peceneghi) e spingere al collasso i Goti.

Il problema della Britannia non è tanto avere una Gallia forte: come in HL gli angli e i sassoni non partono dalle coste francesi bensì da quelle danesi, dunque che il potere imperiale in Gallia sia forte non impedisce l'inizio delle invasioni anglosassoni nell'arcipelago britannico. Il confine è più breve, sì, ma bisogna considerare anche che le Gallie non hanno a disposizione le altre province (Africa, Balcani, Oriente) su cui invece Roma fece in HL tantissimo affidamento per tenere duro sul limes. Nella mia versione i gallici reggono rinunciando giocoforza alla Spagna, sulla quale il controllo era già tenue se si distaccò già dopo la morte di Postumo. Coltivando i legami apertisi con l'alleanza coi bagaudi, i gallici fanno lega con i celti e grazie ad essi riescono a tenere una parte della Britannia (la Cornovaglia e parte del Galles). Come l'Impero Bizantino alla fine si è grecizzato mi sembra inevitabile che l'Impero delle Gallie si celtizzi e questo passaggio non farebbe che accelerare le cose. A meno che naturalmente Ambrogio Aureliano non diventi Imperatore delle Gallie, cosa perfettamente plausibile date le circostanze, e si impegni con tutte le sue forze per unire i britanni alla causa gallo-romana e ricacciare gli angli in mare.

I Gupta qua se la cavano meglio che in HL perchè gli Eftaliti, come suggerito da Raffaele, approfittano dei problemi dei persiani a ovest per attaccarli da est e conquistare la Persia invece che la Valle dell'Indo. In questo modo ciò che resta dell'Impero Kushanide viene spartito tra i Gupta e il Sindh, quest'ultimo è un regno (molto) buddhista dell'odierno Pakistan, sotto la guida della dinastia Rai (Rai Dynasty). Ecco, scoprire anticipatamente l'America con i Vandali che si affacciano sull'Atlantico è come liberare la proverbiale volpe nel pollaio...

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Paolo Maltagliati torna alla carica:

Scusate, l’argomento è interessantissimo e vorrei proporre una mia versione.
No, resto scettico sui Gupta. Semplicemente, con gli Eftaliti concentrati a ovest, ne prendono il posto gli Unni Alconiti.
Comunque, occhio a ragionare quadrimensionalmente, come direbbe Doc.
Alcune note sparse_

1) L’impero Eftalita della seconda metà/tardo V secolo a mio modo di vedere non riesce a occupare stabilmente le terre basse
2) Regno sassanide aramaicizzato e cristiano (non necessariamente nestoriano, tra l’altro) con capitale Ctesifonte (la reazione zoroastriana alla penetrazione del cristianesimo in questa TL è molto più debole, oltre al fatto che non avrebbe motivazioni ideologiche cogenti per essere attuata. Anzi, sarebbe conveniente il viceversa)
3) Impero Palmireno indifendibile, mi spiace. Mancanza di frontiere naturali, mancanza di coesione interna, attaccato troppo presto da potenze nemiche, troppa dipendenza dal carisma di un singolo per avere un seguito. Troppi aspetti negativi.
4) Da legare la due alla 3: Siria e Palestina si uniscono piuttosto naturalmente al regno assiro-sassanide. Oltretutto, avrebbe senso anche dal punto di vista religioso (ammesso che si formi la tetrarchia).
5) sugli slavi state facendo troppi conti senza troppi osti:
A – non è detto che gli unni arrivino a fare l’effetto snowball sulle popolazioni dacomisie e germaniche orientali in un contesto di questo tipo. E non è detto che se arrivano, siano quelli che noi abbiamo in mente.
B – Il successo degli Eftaliti fa da tappo ai Rouran (male male per la Cina nord-occidentale), che a sua volta non innescano la migrazione degli alano-messageti (le fonti cinesi li chiamano Yancai o (A)Lan-Liao) verso ovest. Questo significa che gli Huar restano una tribù tra le tante della confederazione Yancai; gli Ashina-Helu si spingono verso Luoyang piuttosto che verso Kashgar.
C- Conseguenza noiosa: niente unni e niente avari. Avviene più o meno come da cartina, con i Balcani spartiti tra le popolazioni germaniche MA con in più il fatto che bastarni, sarmati e roxolani si mantengono in zona dacica. Si crea un grande complesso dacomisio dal baltico al mar Nero con elite sarmato-alanica e popolazione bassa dacomisia. SE non si grecizza/germanizza/latinizza (alternative molto probabili, che per non verificarsi devono più o meno implicare un Ulfila dacomisio e un’eresia nazionale) si può O sarmatizzare (sarebbe interessante) O dacomisizzare. La seconda alternativa è la cosa più vicina agli slavi che avremmo in questa TL
C2 – Conseguenza creativa: Gli Yancai-Alani-Messageti creano una confederazione ponto-caspica che parzialmente si sogdianizza e che diventa a sua volta spina nel fianco per gli Eftaliti e può essere quella a fare l’effetto snowball. La cosa interessante è che con l’influenza delle elites battriana, tocaria e sogdiana può diventare… buddhista. Gli Oirat-Calmucchi con 1200 anni di anticipo.
Ostrogoti buddhisti VS visigoti cristiani. In questo senso è MOLTO probabile che gli ungari-arpadok, se non si fondono ai dacomisi, quando arriveranno saranno zorastriani.

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Federico commenta così:

Adoro i contributi di Paolo! Ti parlano di "binari" storici e predestinazione geografica, quando bastano poche parole con Paolo (e con molti altri di noi) per realizzare come la storia dell'Eurasia sia una specie di enorme partita di Shanghai in cui muovere un bastoncino a conseguenze incredibili su tutta la struttura!

Proviamo allora a ricapitolare:

- in India la storia va come in HL, solo che gli Unni Alconiti prendono il posto di quelli Eftaliti e attaccano ugualmente i Gupta.
- i turcomanni mettono in sacco la capitale dei Tang, la dinastia crolla ed è rimpiazzata da una locale o da una turcomanna?
- gli Eftaliti conquistano la Persia ma poi non riescono a mantenere la presa, lasciando il posto a uno stato sasanide cristiano e aramaicizzato (chiamiamolo Regno Assiro-Persiano).
- il Papato alessandrino si appoggia ai nuovi confratelli perso-assiri per contrastare i goti ariani e questi assorbono in tal modo Siria e Palestina.
- la confederazione ponto-caspica buddhista fa da snowball al posto degli unni storici.
- il grande complesso dacomiso mi sembra improbabile che si grecizzi in assenza in un faro culturale come Costantinopoli, per cui rimangono come opzioni germanizzazione, latinizzazione, sarmatizzazione e dacomisizzazione. Quale vi sembra più probabile? Se seguiamo il ragionamento di Paolo le prime due dovrebbero realizzarsi salvo emergere di un Ulfila dacomisio. Concordo che la terza sarebbe senza dubbio interessante, forse l'arianesimo potrebbe diffondersi ma poi i goti verrebbero spazzati via prima di poter germanizzare i dacomisi o almeno la maggior parte di essi? In fondo l'Europa orientale non ha fatto una scelta univoca ma si è frammentata tra zone che hanno abbracciato la latinizzazione (Romania) rispetto ad altre a prevalenza germanica (la riviera baltica), uralica (l'Ungheria), finnica (la Finlandia) e slava (tutto il resto), non potrebbe avvenire lo stesso tra sarmati, latini, germani e dacomisi?
- Legato a questo, sappiamo che l'invasione berbera della Spagna aveva più ragioni economiche e demografiche che legate all'espansione califfale, quindi non sarebbe impossibile vedere ciò che feder ha prospettato: i berberi e i mauri assorbiti dalla potenza alessandrina e, infervorati dalla nuova predicazione, si scagliano contro gli empi vandali ariani invadendo la Penisola Iberica in concomitanza con incursioni galliche e burgunde.
- In parallelo inizia un'era d'oro per l'elemento arabo nella compagine alessandrina: le tribù arabe sono tutte convertite e unite a essa sotto la leadership dei Ghassanidi. Questi diventano le schiere che affrontano i goti ariani durante la loro caduta e in prospettiva la nuova media potenza della mezzaluna fertile rimpiazzando i persiano-assiri. Si finisce così con un egemonia centrata su Alessandria ed estesa dai Pirenei a Socotra e dall'Anatolia al Senegal, tenuta in piedi da un'impalcatura religiosa (copta?). A differenza del Sacro Romano Impero storico non ci sarebbe formalmente un imperatore che rivendica tutto questo per sé, semmai una lega di sovrani berberi, il regno arabo ghassanide e l'impero di Axum che regnano ognuno sulla sua parte ruotando attorno al Papato di Alessandria in una sorta di ufficiosa tetrarchia presieduta dal Papa (e possiamo scommetterci un rene che Maometto sarà ben chiaro nel ribadire la superiorità del potere spirituale su quello temporale). Se tale struttura si evolverà in un impero monocratico unico o se si sfalderà per ragioni contingenti è da vedersi.
- Che fine fanno i cazari? E i peceneghi e i loro amichetti delle steppe?
- Alla fine arrivano gli ungari zoroastristi e vanno...? In Germania, dove soppiantano i sassoni già indeboliti dopo lunghe lotte coi franchi? Nei Balcani? In Italia? Da qualche parte in Europa Orientale? In Medio Oriente?

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Ecco ora un'altra proposta di Never75:

L'altra eruzione

Un dubbio che mi è venuto molte volte è questo: se la tremenda eruzione del Vesuvio che cancellò Pompei, Ercolano e Stabia anziché avvenire nel 79 d.C. fosse avvenuta prima o dopo, in un momento storico diverso, quali conseguenze avrebbe avuto in futuro per la Storia Romana? Mi spiego meglio. Alla fin dei conti Roma in quel periodo era ben governata dall'ottimo Tito, i confini erano sicuri (era appena terminata la prima guerra giudaica) e il periodo d'anarchia dei 4 imperatori era acqua passata. Nonostante l'"incidente" Vesuvio, Roma si apprestava ad entrare nel periodo più florido della sua Storia. Ma se l'eruzione fosse stata concomitante con qualche altro avvenimento "catastrofico" della Storia Romana, quali conseguenze avrebbe potuto avere? Mi immagino almeno tre possibilità:

a) L'eruzione avviene poco dopo Canne, la più disastrosa battaglia persa da Roma. Terrore e caos invadono l'Urbe e si impadroniscono della mente dei suoi cittadini. Si pensa ad un castigo divino! I Senatori decidono di parlamentare con Annibale, fargli delle concessioni territoriali ed il Barca (che comunque non aveva intenzione di distruggere Roma ma soltanto ridimensionarla un po') si ritira. Lentamente si ricostituisce tutto ma nei Romani resta la consapevolezza della propria limitatezza e ulteriori espansioni territoriali vengono osteggiate. Fondamentalmente l'Imperium Romano si limita all'Italia, alle sue isole e poco più. A lungo andare questo potrebbe essere anche un vantaggio: avere confini meglio difendibili (le Alpi) e meno estesi favorirebbe una maggiore unità etnica alla Penisola e un maggiore patriottismo nei propri abitanti.

b) L'eruzione si verifica durante la morte di Gesù. Questo avvenimento, ancora più spettacolare forse degli altri citati dai Vangeli come l'oscurarsi del cielo, l'apertura dei sepolcri e lo squarciarsi del velo del Tempio, provoca una duplice riflessione in pagani ed Ebrei, specie tra i secondi. Infatti la maggior parte di Giudei presenti a Gerusalemme (e non solo) si convincono che realmente Gesù è Figlio di Dio. Quasi tutti si convertono alla nuova fede e chi non lo vuol fare viene estromesso dalla comunità. In questo modo l'Ebraismo quasi sparisce dalla Storia ed oggi i suoi aderenti non superano il centinaio di anime (come del resto avviene in RT per i Samaritani che in epoca biblica erano molto più numerosi).
Al tempo stesso anche la mentalità pagana è scossa: si formano due fazioni tra i Romani: una ostile al Cristianesimo e l'altra a suo favore (che vede nell'eruzione una vendetta contro i Romani ed il paganesimo). Alla fine la spuntano i filo-romani e l'Impero si cristianizza molto prima. La differenza però sostanziale è che le caratteristiche del Cristianesimo delle origini permangono più a lungo (non è più necessaria l'opera di adattare il cristianesimo al substrato pagano ed adeguarvisi) così come la vita della Chiesa delle Origini. Ciò porta ad una maggiore giustizia sociale, l'opera moralizzatrice della societas romana comincia molto prima, meno guerre di conquista e minore intrusione della Chiesa nelle Istituzioni Romane ("Date a Cesare quel che è di Cesare"). In poche parole lo spirito originario del Cristianesimo si manterrebbe intatto e migliorerebbe alquanto tanto la società romana quanto (dopo la fine dell'Impero) quelle barbariche e potrebbe (forse) evitare le ingiustizie che nei secoli vedrebbero anche la Chiesa tra i protagonisti.

c) L'eruzione avviene allo scoppio della rivolta giudaica: per gli Ebrei questo è sintomo che YHWH è dalla loro parte e su di Roma si stanno abbattendo le 10 piaghe d'Egitto.
Ebrei da tutta la diaspora si recano a Gerusalemme per resistere ai Romani e per Vespasiano e Tito è sempre più difficile avere la meglio sugli aggueritissimi zeloti. Avendo problemi contingenti più urgenti, Vespasiano e Tito preferiscono abbandonare la Palestina e stipulando un armistizio coi capi zeloti che nel frattempo ricostituiscono un regno d'Israele.
Data le scarsissime risorse della regione anche gli imperatori successivi preferiscono non tentare la riconquista della Palestina, che richiederebbe ormai risorse ed uomini eccessivi e così uno Stato Ebraico sopravvive. Nel frattempo i cristiani si scindono in due branchie: i giudei-cristiani, che hanno maggior consapevolezza delle proprie radici, preferiscono vivere in Palestina, vengono in qualche modo ad accordi dottrinali coi rabbini e sacerdoti e costituiscono una forma religiosa simile all'essenismo.
Per contro i cristiani che vengono dal paganesimo preferiscono vivere nella diaspora e pertanto la loro religione assume le caratteristiche di una filosofia simile allo stoicismo e viene tollerata maggiormente. E' inevitabile pensare che entrambe le strade in cui il cristianesimo si sarebbe potuto biforcare in quegli anni cruciali avrebbe prodotto comunque effetti inimmaginabili in futuro.

P.S.: Quest'ucronia è basata (almeno in parte) su fatti reali: poco dopo l'eruzione del Vesuvio, molti Giudei scrissero in greco dei testi oracolari attribuiti alla Sibilla, in cui si affermava la fine del mondo romano. Tale idea dovette avere una certa diffusione nel mondo antico, tanto che a Pompei è stato trovato su un muro un graffito con su scritto: "Sodoma e Gomorra", quasi a dire che su Pompei si stava abbattendo la punizione biblica delle città infedeli e pagane, e l'eruzione stessa del Vesuvio è considerata l'inizio della punizione divina su Roma (Fonte: "Storia Del Cristianesimo", a cura di Filoramo e Menozzi, pag. 79)

Naturalmente esistono infinite altre possibilità… io mi sono limitato a far eruttare il Vesuvio in questi anni… voi siete liberi di farlo "scoppiare" quando volete: i campi d'azione sono infiniti! Ad esempio, che sarebbe accaduto se, ad un certo punto della storia romana, si fossero risvegliati in maniera traumatica i vulcani dei Colli Albani? L'impatto sarebbe stato ancora più drammatico!!

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C'è spazio anche per un'osservazione di Perchè no?:

A proposito della distruzione di Roma sotto Adriano, penso che questo filoelleno sarebbe andato in Grecia. Io avrei pensato a una dissoluzione dell'impero preso dal panico, la formazione di stati e imperi rivali etnico-romani (Gallo-romani, Britto-romani, Ispano-romani, Mauro-romani etc.), notate che un impero gallo-romano é veramente esistito per qualche decina d'anni durante il III secolo. Pensate a una civiltà romana distaccata dell'impero che avrebbe potuto estendersi sul modello greco in occidente (in Germania?)

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E per questa proposta di Renato Balduzzi:

Gli astronomi sono affascinati dal fatto che la stella Betelgeuse si è rimpicciolita del 15 % dal 1993 ad oggi. Non si esclude l'ipotesi che la contrazione sia un sintomo di un'esplosione incipiente. Incipiente, s'intende, in termini astronomici, per cui potrebbe avvenire entro i prossimi mille anni. Ma se Betelgeuse fosse esplosa con qualche secolo di anticipo, ad esempio ai tempi dell'antica Babilonia, o di Stonehenge, di Tolomeo o di Galileo? Non sto ad addentrarmi sugli aspetti della questione legati alla fisica, in quanto non sono molto ferrato in materia, ma piuttosto a quelli culturali. Le supernove sono un incredibile spettacolo a cui l'umanità ha raramente assistito. L'unica testimonianza di cui ho avuto notizia arriva dalla Cina del 1054, quando gli astronomi segnalarono la presenza nel cielo di un oggetto tanto luminoso da assomigliare alla Luna piena; si trattava dell'esplosione che diede origine all'odierna Nebulosa del Granchio, a 6500 anni luce dalla terra. Betelgeuse è 20 volte più vicina. Per diversi mesi l'umanità vedrebbe quindi un oggetto estremamente luminoso, e forse in quel periodo la Terra potrebbe godere di un secondo, spettrale disco solare. Quale l'impatto sull'immaginario collettivo?

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Proviamo ora a pensare alle possibili conseguenze di questa catastrofe. Ecco il pensiero di Basileus TFT:

Tutti noi sappiamo la storia di Alessandro Magno: ha conquistato un Impero immenso il quale puntualmente si è sgretolato alla sua morte, dando origine a diversi stati definiti Ellenistici.

Ora mettiamo il caso che questa cosa si ripeta nella storia: la fatale cometa dei Re Magi piomba su Roma, o comunque Augusto muore ma non si riesce a trovare un erede, il Senato reclama maggior potere e c'è una nuova guerra civile di breve durata (5 anni o anche meno) che porta alla frantumazione dell'Impero romano in tanti stati detti Romanistici. Avremo quindi:

Res Publica Italica: dove il Senato riesce a riprendere il potere e a stabilizzare la situazione. I suoi confini sono quelli dell'Italia attuale, aggiungendo la Corsica e l'Istria. é decisamente una zona ricca sia di popolazione, con una fortissima economia (vigne, olive, marmo) tuttavia è carente per quanto riguarda le risorse strategiche (ferro) e i metalli preziosi (oro). La sua posizione centrale nel mediterraneo costituisce un'arma a doppio taglio. Roma è la capitale e la sede del Senato.

Hispania: comprende l'intera penisola iberica e una striscia di terra in Marocco fino alla città di Sola. Qui un generale locale riesce ad imporsi e ad occupare tutta la regione. Decisamente una terra con delle ottime potenzialità, ricca di parecchie risorse che però deve ancora veder nascere lo sfruttamento intensivo di cui è già vittima l'Italia. La sua posizione occidentale la taglia fuori dal commercio con l'Oriente, ma sarà un ottimo vantaggio nei secoli successivi. La capitale è prima Toletum, poi Carthago Nova.

Gallia: anche qui il destino è similare a quello della Spagna. Tuttavia l'elemento romano in questa regione non è ancora ben radicato. Nel corso del tempo avviene una singolare mescolanza fra i romani ed i celti, che convivono pacificamente e con leggi tipiche della severa burocrazia romana. La Gallia si presenta come uno stato prettamente di terra, per cui niente commercio con l'Oriente. La capitale è posta a Treviri, città sul turbolento confine germanico.

Africa: Questa zona comprende l'attuale Tunisia e buona parte della costa libica. è una regione tranquilla, governata da un despota che riesce ad imporsi in maniera quasi indolore. La sua posizione è strategica ma la vicinanza con la vicina Italia non le giova ne dal punto di vista politico ne da quello commerciale. La capitale è Cartagine.

Cirenaica: Il più piccolo regno romanistico, che si incentra sulla città di Cyrene, che diventa in breve tempo un crocevia di traffici commerciali notevoli. è governata da un consiglio di aristocratici comandati da un Console. la vicinanza con l'Egitto e l'Africa rappresentano un forte ostacolo.

Aegiptus: Occupa tutto l'Egitto e buona parte della Palestina. Senza dubbio uno degli stati più forti, con una numerosa popolazione e una poderosa produzione (grano, cereali e bestiame in particolare). é governato da un despota, che si fa chiamare Faraone. La sua posizione è favorevole per i commerci ed è anche relativamente tranquilla. La capitale è Alessandria. L'elemento romano è sostanzialmente di nicchia.

Syria: una piccola regione incentrata sulla città di Antiochia. Anche qui l'elemento romano è di nicchia, mentre domina quello greco. La sua posizione la espone ai violenti attacchi degli stati vicini.

Cappadocia: Una regione che comprende la quasi totalità dell'Asia minore. Qui si mischiano elementi greci, romani, celti e persiani rendendo il regno un crogiolo di popolo e di problemi. La sua posizione la espone agli attacchi dei persiani, perciò la capitale viene spostata da Melitene a Cesarea. Tutto sommato è un regno stabile e con del potenziale.

Grecia: comprende tutta l'attuale Grecia, la Tracia, la costa ionica, l'Albania e la Macedonia. Qui l'elemento greco è pressoché soverchiante rispetto a quello romano. Per la prima volta la grecia è unita sotto un unico regno, governato da un despota filoellenico che cementa il tutto. La sua posizione è un'arma a doppio tagli e i suoi vicini sempre pronti ad approfittare di ogni debolezza. Economicamente la zona non è delle migliori: i pascoli sono pochi e le risorse strategiche anche, ma i porti commerciali sono decisamente all'avanguardia (come quello di Delo). La capitale è Atene.

Dalmatia: Regno che comprende la regione dalmatica, con capitale Salona. L'elemento romano si fonde con quello illirico creando un idioma nuovo ed una cultura a sé stante. La sua posizione espone il regno a molteplici pericoli, mentre la popolazione e le risorse sono scarse.

Retia, Noricum et Pannonia: un gruppetto di regioni conquistate da un signore locale, che cerca in qualche modo di dare unità al suo regno. è senza dubbio la parte più debole di tutti gli stati romanici, correndo il rischio di essere occupato dai barbari, dall'Italia o di spezzarsi in tre regni distinti. Le risorse sono scarse (perlopiù pastorizia e coltivazione di grano) ed è una zona poco popolosa. La capitale è Augusta Vindelicorum.

La Mauretania, la Britannia e la Crimea vengono perse e rioccupate dalle popolazioni locali.

Il Medioevo potrà considerarsi tale dopo questa divisione dell'Impero? E che fine farà l'idea della missione universale dell'Impero Romano?

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Così risponde Renato:

Non credo che il regno d'Italia sarebbe rimasto unito a lungo. Anche sotto l'impero romano l'Italia resistette come provincia unita relativamente per poco tempo (circa 300 anni), prima che l'ex Gallia cisalpina ritornasse ad esistere col nome di Italia annonaria.

Considera anche che l'annessione alla provincia Italia della Gallia Cisalpina avvenne proprio in epoca augustea, e quei pochi anni sarebbero forse stati insufficienti per renderla una zona pienamente romanizzata. Credo che, per vocazione economica, i Galli cisalpini si sarebbero rivolti alla Gallia o alla Rezia, e si sarebbero specializzati nel commercio tra Europa centrale e Mediterraneo, saltando però la città di Roma per passare al ben più florido Oriente direttamente dal Veneto ai porti dell'Epiro, con le stesse dinamiche che hanno portato nella nostra Timeline all'egemonia di Venezia.

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Never75 aggiunge:

Per quanto riguarda i piccoli "regni" delle Alpi, vennero pacificati da Augusto con modalità diverse. Ad esempio i Cam(m)uni furono assoggettati definitivamente da Augusto stesso (lo dimostrano anche delle steli commemorative, oltre che alcuni storici) mentre Crozio, re dei Salassi, alla fine venne a miti consigli con Augusto stesso, che lo nominò prefetto del suo piccolo ex-regno, con il potere di nominare come eredi ed i suoi figli.

Ora, qualcuno di questi stati si sentirà portatore della missione universale di Roma, a tal punto da tentare di ricreare l'antico impero?

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E Renato gli replica:

Secondo me quello più papabile a riunire l'impero sarebbe l'ipotetico stato greco. In pratica si costituirebbe un impero bizantino ante-litteram.

Ovviamente lo "spirito" di Roma sarebbe rimasto in Italia, ma data la posizione schiacciata tra Gallia e Grecia, e tra l'altro così facilmente accessibile dai Germani, non credo che avrebbe avuto molte possibilità non solo di espandersi, ma di sopravvivere. Tuttavia, buona parte della cultura romana sarebbe stata per forza di cose assorbita dai Galli, che ne avrebbero dato una propria interpretazione così come i Romani fecero con la cultura greca. Bisognerebbe però anche rispondere ad alcune domande: quale centro di egemonia culturale in Gallia? Quale dialetto gallico diverrebbe lingua letteraria? C'erano in Gallia le condizioni per la costituzione di un regno unitario stabile?

Andrebbero poi analizzate con più attenzione anche la situazione nordafricana e quella egiziana. La prima potrebbe rimanere roccaforte culturale romana anche in caso di annientamento di Roma da parte dei greci o dei galli. La seconda, che ha già precedenti nel regno dei Tolomei e nell'Egitto dei faraoni, quindi ha un'identità nazionale ben definita che manca agli altri regni romanici. Inoltre, Alessandria è già da tempo la Sylicon Valley del Mediterraneo, centro di cultura, scienza e tecnica senza eguali. Potrebbe quindi approfittarne per imporsi anche politicamente tra l'Africa, il Mediterraneo e il Mar Rosso, magari utilizzando in modo maggiormente oculato le innovazioni tecnologiche dell'epoca.

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Anche Det0 dice la sua:

Ho pensato anche a questa ipotesi: dopo il dominio romano in Grecia potrebbe tornare il governo della polis? Pensate, una confederazione di città greche estesa da Bisanzio all'Illiria, una sorta di enorme Lega di Delo atta a difendere la neo libertà greca dagli attacchi dei "barbari" a nord e di anatolici ed egizi a sud-est...

Altra idea: l'Anatolia potrebbe, magari sotto il controllo di una provincia forte come la Cappadocia, diventare uno stato unitario (dalle dimensioni dell'attuale Turchia e di cultura greca)?

Mi piace moltissimo anche la probabilità dell'unificazione del Nordafrica sotto una dinastia egiziana, che magari riuscirà ad espandersi fino a Cartagine... ma quali saranno i rapporti di questo stato con quelli italiano, spagnolo, anatolico e partico?

Per quanto riguarda la Gallia vedo l'ipotesi dell'unificazione come molto difficile, in quanto alla morte di Augusto quelle zone non erano state sottomesse da molto tempo e vigeva ancora una fortissima tradizione tribale, ripropongo l'idea di una federazione.

Gli stati romanistici (grazie a Basileus TFT)

Basileus TFT propone allora la seguente cronologia:

14 d.C.-20 d.C.:
dopo la morte di Augusto il Senato non ha intenzione di sottostare ad un nuovo Cesare, quindi tenta di riprendersi il potere e scoppia la guerra civile. L'obiettivo principale del Senato è l'eliminazione dei possibili eredi, cioè Tiberio e il generale Germanico. Per riuscire ad ottenere i loro scopi i senatori promettono un abbassamento generale delle tasse e un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, nonché la concessione della cittadinanza romana a buona parte delle regioni dell'Impero. Inizia una serie di cruente battaglie, che si svolgono perlopiù nell'italia del nord e vedono i sostenitori della parte senatoria in vantaggio. Tuttavia non si giunge ad uno scontro definitivo, ne ad una soluzione e questo genera pessimi risultati. Alcune aree periferiche e regni clienti di Roma ne approfittano per riprendersi la loro indipendenza, mentre nelle parti più remote dell'Impero alcuni comandanti locali pongono le basi per la creazione di un loro regno personale. L'Impero si frammenta in vari stati indipendenti, che seguono la propria politica e i propri fini. il Senato riesce ad imporsi in Italia e a ricreare una Repubblica romana; Tiberio scappa in Oriente, prima a Durazzo e poi ad Atene, venendo riconosciuto Imperatore dalle dalle province greche, da una parte dell'Asia minore e dei balcani; sentendosi il legittimo successore di Augusto proclama il Principato romano (o impero romano) su modello paterno. Germanico riesce a ritagliarsi un dominio personale in Rezia, Norico e Pannonia, fortemente legato alla sua figura. La Gallia, l'Hispania, l'Africa, Antiochia, Cyrene, l'Egitto, la Cappadocia vengono occupati da Despoti che si proclamano Cesari dei romani e vagheggiano una riunificazione dell'Impero. Fortunatamente per i romani, almeno per il momento i confini sono abbastanza tranquilli, visto che Augusto ha ripetutamente sconfitto Germani e Parti.

20-23 d.C.:
Nell'Impero Romano sorge un'aperta rivalità fra Druso, figlio di Tiberio, e Seiano, prefetto del Pretorio. Druso muore improvvisamente e Seiano acquista sempre più potere. Nella Repubblica romana i senatori riorganizzano lo Stato e concedono alcuni benefici verso le classi meno abbienti, tutto sommato meno di quello che ci si aspettasse. Molti uomini che hanno combattuto per i senatori si sentono traditi e organizzano diverse rivolte, che vengono sedate a fatica. In Gallia, il sovrano locale, tale Valente, riorganizza i suoi possedimenti concedendo enormi autonomie locali alle singole tribù e dando la base per il primo stato federale del mondo europeo.

23-31 d.C.:
Nell'Impero, lo strapotere di Seiano e l'inettitudine mostrata da Tiberio causano scontento all'interno della corte. Fra vari intrighi e colpi di mano riesce ad imporsi Nerone Cesare, figlio di Agrippina, che uccide Seiano e si fa nominare Coimperatore dall'anziano Tiberio. Il regno di Cappadocia organizza una spedizione militare contro Antiochia, che viene assediata. Dopo tre anni di assedio infruttuoso i cappadoci si ritirano, senza bottino e senza conquiste. Il piccolo regno di Antiochia è riuscito a resistere alla prima delle sue prove; il re locale, Antioco Cesare I, cerca un alleato nel Regno d'Egitto.

31-37 d.C.:
Nell'Impero Agrippina Minore muore dopo essere stata esiliata da Tiberio, che aveva avuto dei ripensamenti su di lei. L'anziano imperatore nomina quindi suo successore Claudio; muore nel 37 d.C. Germanico lascia il trono di Rezia, Norico e Pannonia a Caligola. Apprendendo la notizia i popoli della Pannonia cercano di ribellarsi ma vengono sconfitti dalla truppe del nuovo Imperatore. Antiochia ed Egitto si alleano in funzione antipartica e anticappadociana. L'Armenia intrattiene importanti scambi commerciali e relazioni diplomatiche con il Regno di Cappadocia. Cyrene, minacciata dall'Egitto, paga un forte tributo per mantenere la sua libertà. In Africa il Cesare locale Filippico I progetta una campagna volta alla restaurazione dell'Impero. Si assicura la neutralità del Regno Hiberico, quindi progetta l'invasione dell'Italia partendo dalla Sicilia.

37-41 d.C.:
Caligola, cercando di emulare il padre, ordina un'invasione della Germania meridionale. La sua campagna si risolve in un completo disastro: marciando nelle foreste e nelle paludi germaniche per giorni e giorni i soldati romani devono vedersela continuamente con le imboscate dei germani, che colpiscono e poi fuggono. Nel 40, dopo sette mesi di spedizioni vane, l'esercito barbaro esce allo scoperto e massacra il contingente romano, Caligola stesso cade in battaglia. L'Impero d'Africa dichiara guerra alla Repubblica romana e sbarca un forte esercito in Sicilia, composto in massima parte da mercenari numidi. Il Senato mobilita e truppe e prepara la controffensiva. I romani d'africa conquistano prima Palermo, poi avanzano a gran velocità, in breve tempo assediano Messina, ultima piazzaforte dei repubblicani. L'esercito senatorio arriva nel 41 e rinforza la città, prolungandone la resistenza. Nell'Impero, Claudio organizza un sistema amministrativo centralizzato.

41-53 d.C.:
Claudio organizza una vittoriosa campagna militare contro la Mesia, terra nominalmente sotto il suo controllo ma di fatto retta da signori locali; questa conquista gli assicura un cuscinetto contro le invasioni barbariche provenienti dal Danubio. Nel 43 i romani d'Africa riescono finalmente a prendere Messina; l'esercito senatorio è demoralizzato e i senatori stessi sembrano incapaci di reagire in modo forte e determinato. La pace di Ravenna (44) vede la Repubblica cedere Corsica e Sardegna ai romani d'Africa. In Gallia, il re locale riesce a respingere un'invasione dei popoli germanici, che minacciavano direttamente la capitale Treviri. Ad oriente Antiochia viene ripetutamente attaccata dai Parti, che tuttavia sono costretti alla fuga grazie all'intervento del Cesare d'Egitto. I popoli della Mauritania cercano di occupare l'Africa hispanica, ma incontrano una forte resistenza e vengono ricacciati.

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