Torino e Genova all'Austria nel 1815!

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Tutto parte dalla proposta di Massimiliano Paleari:

Il Congresso di Vienna del 1815 seguito alla disfatta di Napoleone sancì il ritorno di Casa Savoia a Torino. Lo Stato Sabaudo non solo fu restaurato nella sua interezza, ma potè anche ingrandirsi a spese della ricostituita Repubblica Ligure, ponendo così paradossalmente le premesse per il suo successivo fondamentale ruolo nelle vicende risorgimentali italiane. Ma se le Potenze vincitrici avessero deciso diversamente, stabilendo l'annessione del Piemonte e della Liguria all'Austria? Come si sarebbe modificata la linea del tempo? La risposta nella seguente ucronia.

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Da qui inizia il resoconto ucronico degli eventi.

Nel 1814 si discute dell'assetto da dare alla nostra penisola. Una delle questioni aperte è quella delle sorti del Piemonte e della Liguria. Sulle prime le Potenze vincitrici sembrano orientate a consentire un ritorno di Casa Savoia a Torino, sia in virtù del principio di legittimità (per la verità non sempre seguito alla lettera), sia per ripristinare la funzione di “cuscinetto” tra Francia e Austria dello Stato Sabaudo. Si ipotizza addirittura un'annessione della Liguria, dove si è riformata un'effimera Repubblica, al Piemonte, in modo anche da ridurre future possibili tentazioni di influenza francese su quest'area. Alla fine però prevale un'altra tesi. Sia Metternich per conto dell'Austria vincitrice, che Talleyrand in nome della Francia convengono che in nome della realpolitik il modo migliore per evitare tensioni e “turbolenze” nell'Italia nord occidentale sia quella di eliminare ogni “cuscinetto”, tra i due Stati. In fondo, ragionano non a torto i due Statisti, la secolare politica di Casa Savoia è sempre stata quella di allearsi ora con l'una, ora con l'altra Potenza, anche nel corso dello stesso conflitto (ad esempio durante le Guerre di Successione all'inizio del '700), e niente fa pensare che il Piemonte in prospettiva non riprenda questo modus operandi. Lungi quindi dal rappresentare un elemento di stabilità, lo Stato Sabaudo è stato al contrario troppo spesso il “cavallo di Troia” a volte della Francia, a volte dell'Austria. Meglio quindi, sottolinea in particolare Metternich, eliminare ogni ambiguità e portare direttamente il confine franco/austriaco sullo spartiacque naturale rappresentato dall'arco alpino occidentale. Talleyrand non può che abbozzare, anche perché la Francia si vede offrire la Savoia come contropartita. Per zittire le proteste di Vittorio Emanuele I, stufo di regnare sulla sola Sardegna e infuriato per la perdita del territori di origine della Casata (la Savoia per l'appunto), oltre che del Piemonte, gli viene assegnata la Corsica tolta alla Francia. Quest'ultima ovviamente fa notare che la Corsica non è una conquista della Francia rivoluzionaria, ma un “regolare acquisto” datato 1768 dall'allora Repubblica di Genova (che non aveva più le risorse per tenere sotto controllo l'isola in preda ai conati indipendentisti foraggiati dalla stessa Francia). Metternich mette a tacere anche questa protesta francese assegnando a Parigi la Contea di Nizza. La stessa Gran Bretagna si fa paladina dell'annessione della Corsica alla Sardegna sabauda. In fondo, ragiona Londra, meglio che queste isole del Mediterraneo centrale siano controllate da un piccolo e “influenzabile” Stato piuttosto che dalla Francia, nemica storica. A completare il quadro dell'assetto territoriale italiano, La Spezia viene assegnata al Ducato di Parma retto da Maria Luisa d'Austria (ormai ex consorte di Napoleone), che così può contare su uno sbocco al mare come il vicino Ducato di Modena. Per il resto i confini della nostra penisola dopo il 1815 restano quelli della nostra timeline.

Ricapitolando così le varianti ucroniche qui emerse, notiamo:

• l'influenza dell'Austria sull'Italia è ancora maggiore rispetto a quella esercitata nella nostra timeline; il Regno Lombardo/Veneto, qui ribattezzato Regno del Nord Italia, si estende fino alle Alpi occidentali inglobando il Piemonte e quasi tutta la Liguria;

• i Savoia devono accontentarsi di regnare sulla Sardegna e sulla Corsica;

• la Francia ha perso la Corsica ma ha conservato le conquiste rivoluzionarie della Savoia e della Contea di Nizza;

• il restaurato Ducato di Parma si è annesso La Spezia e con essa ha acquisito un importante sbocco sul mare.

Le speranza dei patrioti italiani vengono incanalate anche in questa timeline inizialmente dalle società segrete, e in particolare dalla Carboneria, che raccoglie adepti un po' ovunque, in particolare tra gli ex ufficiali napoleonici e tra i ceti intermedi. Al nord comunque l'esercito asburgico, che mantiene sul confine francese un importante dispositivo militare, rappresenta una buona opportunità di impiego per molti militari italiani già appartenenti alla Grande Armata napoleonica. In questo modo le “sirene rivoluzionarie” risultano meno attrattive per questa categoria. Altri esponenti moderati guardano invece con qualche speranza al Granduca di Toscana, e perfino al Duca di Modena, a cui vengono rivolti appelli di riforme in senso liberale e di costituzione di una confederazione italica. Si aggiunge infine il movimento neoguelfo, che però non trova per il momento nessun riscontro oltretevere. I Savoia risultano invece completamente fuori gioco, confinati come sono sulle due isole del Tirreno e alle prese tra l'altro con non pochi problemi in Corsica, scossa periodicamente da fremiti indipendentisti e finanche filofrancesi. Nel 1821 una insurrezione nelle Legazioni Pontificie viene rapidamente domata, così come il moto costituzionale napoletano e un analogo tentativo di sollevazione di alcuni reggimenti piemontesi che gridano “W la costituzione”.

L'Austria fa buona guardia su tutta la penisola.

Nel 1831 altra fiammata rivoluzionaria, che divampa sorattutto nel Ducato di Modena e ancora nelle Legazioni. Si tratta però del “canto del cigno” della “vecchia” carboneria e degli ultimi reduci del decenno napoleonico. Ancora una volta l'Austria mette a tacere tutti quanti e ristabilisce lo status quo. Subito dopo però è la stessa Austra a farsi promotrice di una federazione doganale tra il Regno del Nord Italia e i Ducati centrali, sul modello dello Zollverein tedesco. Lo spazio economico comune fa da volano ad altre limitate riforme, che tuttavia contribuiscono ad ammodernare questa parte della penisola.

Nel 1847 il nuovo Papa Pio IX, anche sull'onda di pressanti richieste di piazza, decide di far entrare le Legazioni Pontificie all'interno della federazione doganale ad egida austriaca. Non però il restante territorio dello Stato Pontificio, con la motivazione che l'arretratezza di quest'ultimo avrebbe comportato l'annichilimento della gracile economia locale non più protetta da alti dazi doganali.

Il 1848 è l'anno delle grandi rivoluzioni. Sull'onda delle notizie provenienti da Parigi, da Budapest e da Vienna anche la nostra penisola si infiamma, da sud a nord. A Venezia, Milano e Genova scoppiano vittoriose rivolte che costringono gli Austriaci a ripiegare in parte su Torino, stranamente tranquilla, in parte verso il quadrilatero. A Napoli Ferdinando II è costretto ad acconsentire che parte del suo esercito si metta in marcia verso nord in aiuto degli insorti. Lo stesso devono fare il Papa e il Granduca di Toscana. E' una vera e propria commedia degli equivoci applicata alla politica...

A Vienna comunque le autorità costituite stanno riprendendo il controllo della situazione. Paradossalmente saranno proprio le unità militari delle “etnie” periferiche dell'Impero il braccio armato della restaurazione asburgica: la rivolta ungherese sarà schiacciata con l'aiuto determinante delle truppe croate; in Italia settentrionale saranno soprattutto i reggimenti piemontesi a riportare all'obbedienza Milano e Genova. E Garibaldi? In questa timeline è cittadino francese fin dalla nascita. Di animo irrequieto, imbarcatosi fin da ragazzo sulle navi come mozzo a girare il mondo, è diventato uno dei primi esploratori dell'Africa nera. Di lui le cronache ricordano il pittoresco tentativo di ritagliarsi un proprio Regno nell'interno dell'attuale Senegal dopo aver sposato la figlia di un capotribù locale. Al 1848 segue nell'Impero Asburgico (quindi anche nella nostra Italia settentrionale) il decennio centralista, il tentativo vale a dire di governare il composito Stato senza tener conto delle variagate istanze autonomiste, prime fra tutte quella ungherese e italiana. Lentamente comunque le cose cambiano.

Accantonati i sogni di indipendenza, sia gli Italiani che gli Ungheresi (o per meglio dire le loro componenti liberal moderate) iniziano una azione politica convergente volta a trasformare pacificamente l'assetto istituzionale dell'impero. Tra i politici italiani impegnati in tal senso si distinguerà un certo Camillo Benso Conte di Cavour, che vede negli ampi spazi asburgici la possibilità di interessanti sbocchi commerciali per le nascenti moderne agricolture e industrie “padane”.

Nel 1866 gli Austriaci non devono dirottare truppe in Italia, ma anzi possono contare sui fedeli reparti dell'Imperial Regio Esercito del Nord Italia. A Sadowa così i Prussiani non riescono a strappare una vittoria schiacciante sull'Austria, e la guerra termina con un compromesso. Gli Asburgo di fatto riescono a conservare la propria egemonia sugli Stati tedeschi del sud, Baviera in primis, mentre la Prussia deve accontentarsi del nord della Confederazione Germanica.

Nel 1868 l'Austria si trasforma in un Impero tricefalo. Sono istituiti tre parlamenti: uno a Milano per il Regno del Nord Italia; uno a Budapest per la grande Ungheria e naturalmente quello di Vienna. Trieste, città multietnica e simbolicamente punto di incontro delle varie componenti dell'Impero, diviene accanto a Vienna la seconda capitale federale! Al Regno del Nord Italia viene unito anche il litorale dalmata. Primo Ministro del Regno del Nord Italia è nominato nel 1868 proprio Cavour (in questa timeline è meno stressato, pertanto non si ammala e non muore nel 1861). I tre Regni sono largamente autonomi al proprio interno, sul modello della monarchia bicefala della nostra timeline. L'Imperatore d'Austria con una solenne cerimonia a Monza viene incoronato nuovamente Re del Nord Italia con la Corona Ferrea. Certo, non sono risolti tutti i problemi dell'Impero Asburgico. Resta il nodo ad esempio dello status degli Slavi dell'Impero, per il momento ancora abbastanza quieti, ma le cui élités intellettuali hanno iniziato un processo di “alfabetizzazione nazionale” delle rispettive nazioni. In Italia resta inoltre irrisolto il nodo dei rapporti con i piccoli Stati dell'Italia centrale, i cui Sovrani tendono a rapportarsi con la corte imperiale di Vienna (contando sui legami dinastici), piuttosto che con le autorità milanesi, temute per i continui tentativi di espandere le competenze della confederazione doganale fino ad erodere uno dopo l'altro i loro effettivi poteri.

Nel 1870 non c'è nessuna guerra tra la Prussia e la Francia, pertanto Napoleone III continua a regnare a Parigi. In compenso scoppia un piccolo conflitto in Italia. A Ferrara e a Bologna si hanno gli ennesimi disordini. Questa volta l'intervento austriaco porta ad una richiesta di annessione da parte dei notabili locali al Regno d'alta Italia, sempre più insofferenti per l'arretrato e caotico governo pontificio che contrappongono all'operoso, civile e ordinato territorio asburgico a nord del Po. In realtà Francesco Giuseppe non sarebbe entusiata di ampliare in questo modo l'Impero. Teme infatti le prevedibili reazioni del Papa e dei Cattolici. Alla fine però, pressato dal Parlamento di Milano, acconsente. Finisce anche l'indipendenza di San Marino, inglobata nel Regno del Nord Italia. Ne deriva un contenzioso tra Vienna e Roma, che provoca turbolenze all'interno dell'Impero. Sono in particolare i Croati, gli Sloveni e gli Slovacchi a sventolare nelle manifestazioni di piazza le bandiere pontificie e a mescolare all'elemento della solidarietà nei confronti del Pontefice quello della rivendicazione delle proprie prerogative nazionali. I manifestanti in realtà non chiedono l'indipendenza, ma l'estensione del sistema federale “tricefalo” anche a loro. Cosa in realtà più facile da dirsi che da farsi. Intanto gli Slavi dell'impero non rappresentano un blocco unitario, ma sono divisi tra Boemi, Moravi, Slovacchi, Sloveni, Croati, Serbi, Ruteni e altre componenti minori. Inoltre ognuna delle tre parti dello Stato asburgico ha i “propri” Slavi.

L'Austria propriamente detta ingloba il Regno di Boemia e gli Sloveni.

L'Ungheria gli Slovacchi e i Croati. Persino il Regno d'Italia deve vedersela con minoranze slave in Friuli e in Dalmazia.

All'inizio del 1871 Napoleone III sbarca truppe a Civitavecchia con l'intento di difendere il Papa da “ulteriori aggressioni”. In realtà in questo modo intende rimettere piede nelle vicende italiane, oltre ad accattivarsi le simpatie degli influenti cattolici francesi. Immediatamente sale la tensione tra Vienna e Parigi.

L'Austria esige un immediato reimbarco delle truppe francesi presenti nello Stato Pontificio, offrendo nello stesso tempo al Papa un Patto di inviolabilità delle frontiere e di assistenza militare in caso di disordini. Pio IX è incerto sul da farsi ma a questo punto si inserisce nella vicenda il Cancelliere prussiano Bismarck, desideroso di sfruttare la querelle austro/francese per riprendere il proprio progetto egemonico sull'intera Germania bloccato dopo la mezza sconfitta di Sadowa di 5 anni prima. Bismarck solletica la vanità di Bonaparte, in fondo desideroso di ripercorrere almeno in parte le orme dell'ingombrante avo. L'accordo prevede mano libera della Francia sull'Italia, in cambio di un appoggio francese alle mire prussiane sulla Germania. In entrambi i casi l'ostacolo maggiore è rappresentato proprio dall'Austria. La guerra scoppia in primavera con il solito pretesto (un preteso sconfinamento nelle Romagne di gendarmi asburgici all'interno del territorio pontificio). I Francesi ammassano sul Reno un'armata, mentre un'altra è inviata al Passo del Moncenisio e lungo la riviera. Infine i Francesi portano a 20000 uomini il corpo di spedizione romano, che va a sommarsi ai 15000 dell'esercito pontificio.

Napoleone presenta la guerra come una crociata cattolica contro l'empia Austria, non curandosi del paradosso di avere come alleata la luterana Prussia.
I Prussiani iniziano le operazioni in Sassonia, alleata di Vienna. In Italia Parma, Modena e Firenze si schierano con l'Austria. Napoli per il momento si dichiara neutrale. Il conflitto è inizialmente favorevole a Napoleone. I Francesi riescono a passare le Alpi e costringono gli Astriaci a ripiegare dietro il Ticino. In Piemonte restano in mano austriaca solo le piazzeforti di Casale Monferrato e di Alessandria. In Liguria i Francesi si spingono fino a Savona. Vienna ha preferito stare sulla difensiva al nord per cercare prima di tutto di eliminare la pericolosa presenza francese nell'Italia centrale. Prima che possa essere effettuato il ricongiungimento con il corpo di spedizione francese, i Pontifici sono battuti dagli Austriaci a Castelfidardo e poco dopo cade Ancona. Il piccolo esercito toscano e alcune unità austriache si avvicinano intanto a Civitavecchia, ma subiscono una sconfitta a opera del contingente francese e sono inseguite fino a Grosseto. Intanto aumenta anche la pressione della Prussia in Germania, che ha costretto l'esercito della Sassonia a ripiegare verso sud. L'Austria insomma è in difficoltà un po' su tutti i fronti, anche se il suo esercito si mostra compatto e fedele all'imperatore, comprese le componenti slave di cui si temevano possibili defezioni o ammutinamenti.

A questo punto la diplomazia di Vienna riesce a segnare un punto a suo favore. Grazie anche alle pressioni della giovane moglie bavarese, Francesco II di Napoli è infine indotto a schierarsi con l'Austria a dispetto della sua profonda devozione religiosa. Precisando che “non valica il confine pontificio per fare la guerra al Santo Padre, ma solo per allontanare dall'Italia i Francesi, da sempre portatori di disordini”, l'esercito borbonico marcia su Roma. A Velletri le deboli unità pontificie, supportate da poche forze francesi accorse in tutta fretta, vengono battute dai Napoletani. Contemporaneamente converge su Roma proveniendo dalle Marche anche la colonna austriaca reduce della vittoriosa battaglia di Castelfidardo. I Francesi sono costretti a richiamare dal nord del Lazio tutte le loro forze per parare la minaccia che ormai incombe direttamente su Roma. I Toscani così possono occupare Civitavecchia il 4 luglio. Nell'area attorno all'Urbe circa 19000 Francesi e 7000 pontifici si trovano di fatto bloccati e circondati da 40000 uomini tra Borbonici (22000), Austriaci (15000) e Toscani (3000). Napoleone ordina al corpo di spedizione francese nel Lazio di tenere Roma ad ogni costo, ma fatica ad inviare rinforzi anche perché la flotta napoletana e quella austriaca pattugliano incessantemente il litorale laziale davanti alla foce del Tevere. I Francesi tentano quindi di sferrare un colpo mortale agli Austriaci a nord per sbloccare la situazione. Il 10 luglio, dopo aver superato il Ticino, si combatte a Magenta una importante battaglia. Gli Austriaci riescono a tenere, anche grazie all'apporto prezioso dei reparti asburgici appartenenti al Regno del Nord Italia, che si battono accanitamente contro quello che è percepito come un invasore della patria. Napoleone è costretto a ripassare il fiume dopo aver subito dure perdite. Monta intanto in Francia l'ostilità al conflitto da parte di fasce crescenti di opinione pubblica. I più fanno notare che gli unici ad avvantaggiarsene sono i Prussiani, che infatti stanno estendendo la loro influenza in Germania, mentre in Italia la Francia si è impantanata in un conflitto inconcludente senza nemmeno riuscire a tutelare il Pontefice, chiuso ormai dentro le mura di Roma.

Non sono chiari inoltre gli scopi ultimi di questa guerra, se non il desiderio di prestigio personale di Napoleone III. Il 15 agosto Austria e Prussia firmano un armistizio. Ad eccezione della Baviera, che resta indipendente, tutti gli altri Stati tedeschi entrano a far parte dell'Impero germanico a guida prussiana. Napoleone è furioso. L'alleato prussiano, dopo aver raggiunto i suoi scopi, esce dal conflitto infischiandosene dell'Italia e del Papa. Gli Austriaci sono ora liberi di concentrare le loro forze sul Ticino e attorno a Roma. Viene stretto l'anello attorno alla capitale. Il 20 settembre inizia l'assalto diretto alle mura aureliane. L'artiglieria borbonica con i nuovi canoni rigati apre dopo alcune ore una breccia a Porta Pia. Nel varco si lanciano le unità ustriache e napoletane, che tuttavia subiscono dure perdite a causa dell'accanita resistenza francese e pontificia. Il Papa avrebbe voluto alzare bandiera bianca dopo una resistenza simbolica, ma ne è dissuaso dal comandante francese che non può permettere “un'onta così grave all'onore della Francia”. La lotta continua all'interno della città, dove ormai si combatte casa per casa. Il 23 Francesi e Pontifici controllano ormai solo la parte della città compresa tra le mura e la riva destra del Tevere. Il 24 finalmente il Pontefice riesce ad imporre la sua volontà e viene alzata bandiera bianca. Per Napoleone si tratta di una sconfitta senza precedenti. 19000 Francesi vengono fatti prigionieri in un colpo solo. Pio IX furioso scomunica tutti coloro che hanno osato ledere le prerogative temporali della Santa Sede, ma nel 1871 ormai le scomuniche non hanno più l'effetto dirompente di qualche secolo prima. L'Austria minaccia a sua volta la creazione di una Chiesa cattolica “conciliare”. I Napoletani si annettono i Principati pontifici di Benevento e di Pontecorvo, più le Marche meridionali fino ad Ancona. Il Granducato di Toscana ottiene l'Umbria. Gli Asburgo ingrandiscono il Regno del Nord Italia con le Marche settentrionali. Al Papa viene lasciato quindi il solo Lazio, con la garanzia di assoluta integrità territoriale per il futuro da parte degli Stati confinanti, a patto di non ospirare più truppe straniere (leggasi Francesi) all'interno del territorio pontificio.

La cocente umiliazione patita a Roma induce infine Napoleone ad aprire trattative con Vienna. Bonaparte è alla disperata ricerca di qualche successo almeno diplomatico per puntellare il suo zoppicante potere in patria. Dal momento che controlla ancora il Piemonte e parte della Liguria, conscio di non poterli occupare indefinitivamente, propone la loro cessione ai Savoia, antichi Sovrani di Torino, in cambio della Corsica. In questo modo potrebbe almeno presentarsi ai Francesi con qualcosa in mano. L'Austria però non ne vuole sapere, e con lei il Primo ministro de Regno del Nord Italia, il piemontese Cavour, che concepisce il “benessere” dell'Italia centro/settentrionale solo in un'ottica unitaria e come componente della federazione imperiale asburgica.

Piena unità di intenti quindi tra Milano e Vienna. La guerra riprende e gli Austriaci, supportati ache da un corpo di spedizione napoletano di 30 mila uomini (più i contingenti più modesti ma nondimeno presenti dei Ducati Centrali) passano il Ticino riescono a sconfiggere i Francesi nei pressi di Novara. Non si tratta di una vittoria decisiva, ma Napoleone è ormai stanco e ordina di ripiegare. Finalmente il 1 dicembre si giunge ad un armistizio, a cui seguirà la Pace di Torino. I Francesi sgomberano il Piemonte e la Liguria.

Napoleone ottiene come “contentino” qualche ritocco alle frontiere nelle zone del Colle di Tenda e del Moncenisio. I prigionieri francesi catturati a Roma vengono liberati. L'Austria esce dalla guerra come la “padrona” incontestata d'Italia, mentre ha perso quasi tutta la sua influenza in Germania, con la parziale eccezione della Baviera. Il Regno del Nord Italia si conferma sempre più, sia per la fedeltà all'Impero, sia per il suo sviluppo economico, uno dei “pilastri” della costruzione imperiale asburgica. Il 1895, dopo lunghi negoziati che coinvolgono il Parlamento federale e quelli austriaco e ungherese, vede la nascita di una quarta componente federale dell'Impero su un piano di parità con le altre tre: il vecchio Regno di Boemia diviene Regno di Cecoslovacchia e di Rutenia. In pratica tutti gli Slavi “del nord”dell'Impero hanno finalmente una casa comune in cui riconoscersi pienamente. Infine il 28 giugno 1914 nasce il Regno di Croazia, che comprende anche parte della Slovenia e la Bosnia- Erzegovina. L'Ungheria si è opposta fino all'ultimo, giungendo a minaccciare la secessione, ma alla fine ha prevalso la moderazione. L'mpero d'Austria, Ungheria, Nord Italia e delle due Slavie (Cecoslovacchia e Grande Croazia) è vivo e vegeto ancora oggi. Il mondo è immerso in una lunghissima Belle Epoque. L'Impero Asburgico sotto Ottone d'Austria è l'esempio vivente della possibilità di una pacifica convivenza tra etnie diverse su una base federale. Lo scrittore ungherese Francois Fejto nel 1976 scrive una strana ucronia, intitolata “Requiem per un Impero Defunto”, in cui immagina che l'Impero Asburgico, incapace di risolvere i propri problemi interni, ha finito per dissolversi nel 1918 al termine di un lugo conflitto mondiale, anche per la miope volontà in tal senso di Usa, Gran Bretagna e Francia. I suoi eredi sono piccoli e litigiosi Stati, dilaniati da conflitti etnici anche al proprio interno e più poveri e arretrati rispetto all'Austra Felix che conosciamo.

Massimiliano Paleari

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William Riker aggiunge di suo:

La tua idea mi piace, ma io ne ho in mente una alternativa, rappresentata in questa cartina:

In essa, Maria Luisa d'Asburgo-Lorena (già consorte di Napoleone) ottiene la corona del Regno d'Italia creato dal marito a titolo vitalizio. Alla sua morte, il Regno passerà agli imperatori d'Austria in unione personale. L'Austria restituisce al papa Romagna e Marche, però annette la Toscana (già asburgica), Modena, Piemonte e Liguria. Come compensazione per la perdita della Toscana, l'ex granduca Ferdinando riceve la corona reale di Napoli. Ferdinando di Borbone-Napoli conserva solo la Sicilia, come stabilito prima dei cento giorni e della ribellione di Murat. A Parma torna Carlo II, mentre Massa e Carrara passano al Regno d'Italia. Gli Austria-Este, già duchi di Modena, vengono compensati con qualche principato tedesco. I Savoia restano con la Sardegna e la loro terra natale, ma la Savoia viene permutata con la Corsica e nasce il Regno di Sardegna e Corsica, con capitale Sassari perchè più centrale (a Sassari e dintorni storicamente si parlano sia sardo logudorese che tataresu o turritano, una lingua affine al gadduresu e al còrso). Che ne dite?

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Diamo la parola a Federico Sangalli:

Siamo abituati a pensare al Congresso di Vienna come un punto fermo, uno spartiacque, un momento di svolta geopoliticamente più importante forse persino della Rivoluzione Francese. È l'inizio della Restaurazione e l'immagine abituale è quella di una mezza dozzina di teste coronate dirette da Metternich e Talleyrand che si spartiscono l'Europa, gettando poi le basi per la futura Santa Alleanza per mantenere tutto il più cristallizzato possibile. Ma pochi sanno che i cari alleati, neo-vincitori della Francia Rivoluzionar-Napoleonica, giunsero a un passo dal gettarsi al collo l'un l'altro, un po' come Alleati e Sovietici alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Secondo Wikipedia infatti:

« The most dangerous topic at the Congress was the so-called Polish-Saxon Crisis. Russia wanted most of Poland, and Prussia wanted all of Saxony, whose king had allied with Napoleon. The tsar would become king of Poland. Austria was fearful this would make Russia much too powerful, a view which was supported by Britain. The result was deadlock, for which Talleyrand proposed a solution: Admit France to the inner circle, and France would support Austria and Britain. The three nations signed a secret treaty on 3 January 1815, agreeing to go to war against Russia and Prussia, if necessary, to prevent the Russo-Prussian plan from coming to fruition.

When the Tsar heard of the secret treaty he agreed to a compromise that satisfied all parties on 24 October 1815. Russia received most of the Napoleonic Duchy of Warsaw as a "Kingdom of Poland" – called Congress Poland, with the tsar as king ruling it independently of Russia. Russia, however, did not receive the province of Posen (Poznań), which was given to Prussia as the Grand Duchy of Posen, nor Kraków, which became a free city. Furthermore, the tsar was unable to unite the new domain with the parts of Poland that had been incorporated into Russia in the 1790s. Prussia received 60 percent of Saxony-later known as the Province of Saxony, with the remainder returned to King Frederick Augustus I as his Kingdom of Saxony. »

Il quadro è piuttosto chiaro: Austria, Francia e Gran Bretagna erano disposte ad andare in guerra contro Russia e Prussia se queste avesse proceduto coi loro piani di fagocitamento di Polonia e Sassonia ma queste accettarono un ridimensionamento quando seppero dell'alleanza che andava formandosi contro di loro. Ma che succede se lo Zar non viene a sapere dei piani anglo-austro-francesi o se decide di ignorarli e scoppia davvero una grande guerra europea tra Londra, Vienna e Parigi da un lato e Pietroburgo e Berlino dall'altro? Chi vince?Comunque vada il grande disegno della Restaurazione sarà infranto ancor prima di nascere, non ci sarà alcuna Santa Alleanza tra ex nemici né opere di equilibri continentali per mezzo della politica dei Congressi per tutto il successivo mezzo secolo. Nel mentre Napoleone freme all'Elba per tornare in Francia in mezzo a tutta questa baraonda per approfittarne e riprendere il potere...

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Il grande Bhrghowidhon aggiunge:

Molte ucronie hanno portato a questo o simili risultati; quella degli Austriaci a Torino è solo una possibilità, abbastanza diretta e intuitiva perché si configura palesemente come speculare al Risorgimento, individuandone fra l’altro il passaggio decisivo nella Seconda Guerra Austro-Sarda o d’Indipendenza (ahinoi con grave spargimento di sangue; chiaramente non si tratta di un’ucronia irenista, almeno per quanto riguarda gli inizi). In ogni caso, si tratta di un esito davvero assai probabile, al punto che mi spingevo a qualificarlo di più verosimile che il mero mantenimento dello stătŭs quō (geopoliticamente insostenibile, a lungo termine, se viene meno il concerto delle Potenze in Europa) nell’“Espressione Geografica” nonché, aggiungerei, delle tante e varie ipotesi di soluzione della “Questione Italiana” che sono state avanzate nel XIX. secolo e che (giustamente) si studiano in Storia; mi pare più probabile pure dei risultati che fanno coesistere la Grande Austria e la Repubblica Italiana, come quello che ho proposto di recente sulla Repubblica Romana (e che troverei più suggestivo). Magari, come leggerissima variante, si potrebbe pensare a una spartizione degli ex-Stati Sardi di Terraferma che lasciasse al Lombardo-Veneto esteso anche la Valle d’Aosta, per ragioni soprattutto militari; in fondo, l’Armistizio di Villafranca non era poi tanto più vantaggioso di quest’ucronia per l’Impero Francese.

Questo porrebbe anche per la Val d’Aosta l‘interrogativo proposto per le altre sei Regioni e due Provinc(i)e, in modo particolarmente simile a Piemonte e Ligure perché in tal caso anche Aosta risulta annessa a una Potenza di cui non ha mai fatto parte nel periodo 1801-1942 (mentre dell’Impero Francese sì, almeno fino al 1814). Si pone dunque di nuovo, rafforzata dalle tante ucronie simili, la domanda se tutte queste Regioni e Provinc(i)e arrivassero a star meglio entro oggi rispetto alle proprie attuali condizioni e, complementarmente, se ciò valesse o meno anche per gli altri tre o cinque Stati (per la Sardegna e le Due Sicilie oserei sbilanciarmi scommettendo sul sì). Se la variabilità è ancora troppo alta, potrei semplificare optando per una media: Parma aderisce al Reich (da cui comunque sarebbe per intero circondata) e la Toscana invece rimane una sorta di grosso Lussemburgo (entrambi sono Granducati), sempre Secondogenitura ma fuori da ogni Impero. Possibile una Confederazione Italica fra i quattro (Toscana, Papato, Due Sicilie, Sardegna) a Presidenza Pontificia, magari con Unione Doganale.

La sistemazione del 1814-1815 è stata modificata nel 1816 elevando Venezia stessa a Capitale del Regno (autonoma da Milano), per cui l’ucronia si è di fatto realizzata con l’aggiunta dell’elevazione dal Ducato a Regno; ciò conferma il giudizio di Dario che non sarebbe cambiato molto e perciò giustifica le ulteriori proposte, quanto mai interessanti anche per me perché vi sono legato pure per motivi di famiglia (il trisnonno di mio trisnonno, Branda Lucioni, era nel 1799 il comandante delle Forze Imperiali destinate a riportare i Suffeudi Piemontesi all’Impero e all’Austria).

Sottolineo in particolare gli elementi di più significativo realismo:

1) anzitutto appunto l’estensione della Lombardia al Piemonte, elemento ovviamente cruciale e che avrebbe cambiato perfino le rappresentazioni emotive del “Risorgimento” (ciò che bruciava a tutti era che il Ticino fosse un confine, assurdo da qualsiasi punto di vista; inoltre ricordo che ancora nel 1858 [!] la Savoia era chiamata Piemont-Süddeutschland ‘Germania Meridionale Piemontese’ e che la sua separazione della Francia, insieme a Nizza, è stata nello stesso periodo difesa nientemeno che da Friedrich Engels);

2) chi ha decretato la fine della Repubblica Ligure è stato proprio il Regno Unito, mentre sia i Genovesi sia Vienna avrebbero preferito una Monarchia per un Secondogenito (unico possibile: Francesco Carlo);

3) sia per gli Austria-Este sia per gli Austria-Toscana erano stati pensati scambi in Germania meridionale fin da Giuseppe II. e, durante le Guerre Rivoluzionarie e Napoleoniche, ciò è davvero avvenuto in forma di compenso, rispettivamente con la Brisgovia e Salisburgo;

4) Metternich in compenso ha posto il veto alla Successione Estense ai Savoia “perché non si rafforzassero troppo” (è difficile pensare a una previsione più sbagliata, visto che alla fine l’Erede ne è stato nientemeno che Francesco Giuseppe, mentre i Savoia abbiamo visto che cosa hanno fatto...);

5) Vienna ha sempre mirato alle Legazioni di Ferrara, Bologna e Romagne, da Giuseppe I. a Francesco II. a Ferdinando I., mentre per Marche e Umbria ha attuato solo (nel 1799-1800) la (ri)annessione al Sacro Romano Impero;

6) la rivendicazione di Napoli non è mai venuta meno e, se non fosse stato per Napoli, anche Roma sarebbe stata riannessa all’Impero nel 1799.

Per curiosità, riporto i nomi dei Commissarî Imperiali responsabili delle varie riannessioni all’Impero, alla vigilia di Marengo:

Luigi March. Cocastelli, Commissario Imperiale e Governatore di Milano, 29.4.1799-2/8.6.1800;
Conte Nicola Concina, Torino, dicembre 1799;
Friedrich Franz Xaver Graf von und Prinz zu Hohenzollern-Hechingen, Genova, 4.-14.6.1800;
Antonio de Cavallar, Commissario Imperiale d’Ancona;
Camillo Conte della Gherardesca, Commissario Imperiale di Perugia.

Ne consegue che il progetto di Vienna comprendeva i seguenti obiettivi, in ordine decrescente di urgenza (e conseguibilità):

Lombardia e Stati Sardi di Terraferma (all’Impero e in Unione Personale e Reale con l’Austria;
Modena e Toscana (Seconde e Terzogeniture o no, nell’Impero), eventualmente con Lucca;
Venezia (tutti i territorî della Serenissima) come Regno autonomo;
Ferrara, Bologna, Romagne (all’Austria);
Liguria (Secondogenitura, nell’Impero);
Parma (a Maria-Luisa, nell’Impero);
Marche e Umbria (se possibile anche Lazio) come Stato Pontificio, ma nel Sacro Romano Impero;
Napoli (all’Austria).

Si tratta dunque dell’intero territorio continentale; rispetto al XVIII. secolo, mancano le tre Isole Maggiori.

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Anche Alessio Mammarella dice la sua in proposito:

La grande domanda è: se Francesco Giuseppe si fosse proclamato Re d'Italia, ciò avrebbe saziato le aspirazioni patriottiche accese da Napoleone ed evitato del tutto la fase che chiamiamo Risorgimento?

Secondo me dovremmo andare oltre la questione del Regno d'Italia longobardo/carolingio/germanico per considerare le altre parti del paese, che avevano problemi specifici. L'Italia centrale aveva il problema dello Stato Pontificio, creatura del Medioevo che ormai era del tutto obsoleta, nelle leggi come nelle istituzioni. L'Italia meridionale e la Sicilia erano invece compresi in uno stato che, pur essendo strutturalmente adeguato ai propri compiti, era caratterizzato da una classe dirigente fortemente conservatrice e avrebbe necessitato quantomeno di un profondo rinnovamento.

La prima risposta che mi viene allora in mente è che la presenza a Milano di un sovrano conservatore, assolutamente non intenzionato a mettere in discussione Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie (che anzi erano suoi devoti alleati), avrebbe fatto venire meno qualsiasi alternativa moderata ai vari Mazzini e Garibaldi. Avrebbero avuto campo libero loro.

Certo, sappiamo che i famosi "mille" di Garibaldi erano solo l'avanguardia di un contingente molto più ampio sbarcato in Sicilia i vari momenti, e si dice che molti di quei "volontari" altro non fossero che soldati piemontesi privi di divisa... quindi in uno scenario in cui i Savoia sono sconfitti, per le "camicie rosse" sarebbe stato certamente più complicato. Meno vincoli politici, certamente, ma anche meno mezzi. In ogni caso, credo che i finanziamenti e la copertura diplomatica di Londra ci sarebbero stati ugualmente. Magari possiamo immaginare una Spedizione dei Mille che resta limitata alla Sicilia con l'ambizione di raggiungere Napoli e Roma rimandata a occasioni successive.

Ci sarebbero state occasioni successive? Bisogna vedere se ci sarebbe stata la guerra austro-prussiana. Se la traccia impostata da Guido prevede una realizzazione del piano "grande tedesco" allora dovremmo immaginare che Napoleone III, più vicino all'Austria che in HL, partecipi al conflitto e che le forze combinate di Francia ed Austria siano sufficienti a sconfiggere i prussiani, a troncare la carriera politica di Bismarck, ad addomesticare la Prussia in modo pressoché definitivo. Nel frattempo, con le grandi potenze impegnate in una resa dei conti decisiva in Germania, Garibaldi avrebbe potuto tentare di completare l'opera.

Possiamo immaginare uno sbarco in Calabria, e una marcia verso nord alla volta di Napoli, anche se Francesco II, dopo la perdita della Sicilia, avrebbe potuto correre ai ripari rinforzando le difese (ma comunque determinati problemi di infedeltà, incapacità, inadeguatezza nella catena di comando borbonica si sarebbero manifestati ugualmente). In alternativa, possiamo immaginare che la Repubblica abbia messo insieme negli anni una piccola ma capace flotta, e che Garibaldi tenti il colpo grosso sbarcando direttamente nel Lazio per occupare Roma. Piombando su Roma, magari appena abbandonata dai reparti francesi trasferiti sul Reno, Garibaldi avrebbe potuto sorprendere anche l'esercito borbonico che si sarebbe aspettato di vederlo arrivare da sud invece che da nord.

Al di là dei fatti militari, comunque, la riuscita di un piano del genere, sarebbe stata comunque condizionata a un forte sostegno diplomatico britannico, in caso contrario, una volta terminata la guerra in Germania un forte contingente tedesco sarebbe sceso lungo la Penisola, e fine della storia.

La Gran Bretagna avrebbe potuto salvare le conquiste di Garibaldi e consentire la nascita di una "Repubblica Italiana" sui territori ex pontifici ed ex borbonici?

Dopo una guerra tra Francia, Prussia e Austria sarebbe stata proprio la Gran Bretagna la potenza estranea al conflitto a gestire le trattative di pace.... in un nuovo ordine europeo, basato sulla pacifica coesistenza tra gli imperi francese e germanico, uno stato italiano anticlericale come piccolo sfizio britannico ci sarebbe anche potuto stare. Chiaramente, per la S. Sede sarebbero state previste delle "guarentigie". Guarentigie non stabilite da un Parlamento che il Pontefice non riconosceva, bensì da un trattato internazionale sottoscritto dalle principali potenze cattoliche. Una impostazione tale da non poter parlare di "questione romana".

Per quanto riguarda Vittorio Emanuele II, penso che se fosse stato ridotto alla Sardegna avrebbe rinunciato a propositi di riconquista. Certamente avrebbe sostenuto sottobanco gli sforzi unitari dei democratici, se non altro a dispetto di Francia e Austria, ma senza partecipare direttamente.

Una cosa però mi sembra interessante: la questione Spagna. Quando i Savoia avrebbero avuto la loro chance in Spagna, Vittorio Emanuele II avrebbe potuto proporsi in prima persona? Indossava già una corona, ma di un'isola, la Sardegna, che aveva già fatto parte della Spagna ed avrebbe potuto esservi reintegrata. V.E. Sarebbe potuto diventare Re di Spagna annettendovi anche la Sardegna? Considerando il suo "regalo" alla nuova patria, nonché la sua particolare forza di carattere, forse quella sabauda non sarebbe stata una parentesi a Madrid, ma una soluzione stabile?

Come si sarebbero evoluti gli equilibri europei dopo questi eventi? Di fatto ci sarebbero stati 4 grandi imperi (britannico, francese, germanico, russo) che avrebbero dovuto misurarsi con varie questioni, dai Balcani all'Africa all'Estremo Oriente. Credo però che in uno scenario del genere vari stati europei sarebbero stati meno propensi alle avventure coloniali: dalla Francia (che avendo vinto la guerra del 1866 non avrebbe combattuto quella del 1870 e sarebbe rimasta imperiale) che avrebbe costruito il suo impero coloniale con meno frenesia, all'Impero Germanico (forse a Vienna avrebbero proprio scartato l'idea di dotarsi di colonie) alla stessa Repubblica Italiana (garibaldina) che forse si sarebbe sentita minacciata dalle potenze ostili (imperi francese e germanico) e quindi si sarebbe concentrata sul mantenimento della propria indipendenza invece che su avventure oltremare (al limite, invio di corpi di volontari a sostegno di popoli insorti contro la tirannia, in pieno stile garibaldino).

Alla luce di questo, credo che ci sarebbero state meno tensioni tra le potenze e la Grande Guerra si sarebbe potuta evitare, solo che passando nel XX secolo dovremmo considerare inevitabile la diffusione degli ideali socialisti, e da qualche parte una Rivoluzione dovrà pur avvenire, rompendo gli equilibri e provocando lo scoppio di quel conflitto globale che ha consentito poi agli Stati Uniti e al Giappone di inserirsi nella partita geopolitica globale.

E come starebbero le varie regioni? C'è un grande pezzo di storia recente che non ho affrontato (diciamo che mi sono fermato con lo sguardo all'inizio del secolo scorso) e quindi dovremmo anche considerare la possibilità che l'Italia o una sua parte avrebbero potuto trovarsi sotto un regime a economia pianificata, con danni conseguenti. Comunque, nel complesso...

Penso che le regioni del nord starebbero più o meno come adesso, perché comunque in quella parte del bel paese non ci sono potenzialità inespresse (quindi non penso che potrebbero essere più prospere di come sono già) né si può pensare che, al contrario, se facessero parte di un superstato basato sulla Germania sarebbero più arretrate.

Il centro sud (che io vedo unificato, senza spingermi a ipotizzare se sarebbe su base unitaria/federale) penso che starebbe meglio perché avrebbe conosciuto, a causa della sua diversa gestazione, riforme sociali più precoci. Certamente l'industrializzazione non sarebbe stata al livello di quella del nord per ragioni oggettive e indipendenti dall'impostazione socio-politica (minori risorse idriche ed energetiche, morfologia del territorio problematica per i trasporti, sismicità) tuttavia le riforme precoci avrebbero evitato la nascita di una criminalità organizzata importante, ridotto l'emigrazione e quindi conservato maggiori energie umane ed intellettuali per lo sviluppo.

La Sardegna (che ho ipotizzato unita alla Spagna) credo che sarebbe più o meno nelle stesse condizioni di oggi. Forse avrebbe una vocazione turistica meglio sfruttata, considerando come si è rivelato vincente l'approccio spagnolo nella gestione del turismo, ma un indipendentismo più forte (paragonabile magari a quello basco o catalano?).

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Bhrghowidhon riprende la parola:

Vienna ha effettivamente sondato la possibilità di un’Alleanza con la Francia in funzione antiprussiana nel 1866 con la promessa della Renania. Il problema è che storicamente Parigi non ha accettato allorché l’Austria aveva già perso la Lombardia; a maggior ragione non lo farebbe con l’Austria a Torino (se non addirittura al Monte Bianco).

Qui comunque partiamo da una Divergenza nel 1859 e di mezzo c’è la Guerra dei Ducati, che è stata la causa immediata della Guerra Austro-Prussiana; l’annessione del Ducato di Holstein (mai stato obiettivo asburgico) all’Austria è stata il primo compenso per Francesco Giuseppe rispetto alla perdita della Lombardia, mentre in questo caso il Lombardo-Veneto addirittura raddoppierebbe di estensione, il che renderebbe del tutto superfluo contendere alla Prussia uno dei Ducati Danesi: se Berlino avesse avuto sùbito entrambi i Ducati non sarebbe neppure scoppiato il conflitto, oltre a permanere il logico interesse britannico (grande assente nel 1866) per il Regno di Hannover. Senza il forzato precipitare degli eventi dovuto alla guerra, lo stesso Bismarck sarebbe stato – a onta di quanto poi da lui autobiograficamente raccontato – molto più guardingo e la Prussia avrebbe avuto tutto l’interesse a ottenere piuttosto una continuità territoriale indiretta attraverso un restaurato Reich che a tentare il triplice scontro con l’Austria, il Regno Unito e la Francia.

Per tutti questi motivi, mi configuravo la (Ri)unificazione Tedesca come una trasformazione diretta della Confederazione Germanica (opportunamente allargata a tutti i Dominî Asburgici) anziché della Confederazione del Nord; le innegabili e ineliminabili mire napoleoniche sulla Renania (nonché il Lussemburgo e il Belgio) – una volta ottenute Nizza e la Savoia – sarebbero state il catalizzatore dei timori tedeschi di un ritorno dell’Imperialismo Bonapartista, donde per reazione la Restaurazione del Reich.

Da tutto ciò – che, come sempre, ci conferma come fossero indissolubilmente intrecciate le Questioni Tedesca e Italiana – ci chiediamo se sarebbe stata possibile, in questo contesto, la proclamazione di una Repubblica negli Stati non occupati dall’Austria (o dalla Francia). Le variabili sono molte, ma, considerata la situazione complessiva, si possono ordinare secondo una scala di probabilità. Anzitutto i fatti storici che non muterebbero: la Spedizione dei Mille ha effettivamente avuto successo, più grazie all’appoggio britannico che al contributo sabaudo (che pure c’era), senza che né Vienna né Parigi potessero o volessero fare alclunché per opporvisi. È ben vero che l’Austria era appena stata sconfitta, ma, come questo non le ha impedito la collisione con la Prussia pochi anni dopo, a maggior ragione non l’avrebbe frenata da un intervento in Italia, oltretutto in difesa della progettata Confederazione a Presidenza Pontificia convenuta con lo stesso Napoleone a Villafranca; la Spedizione violava altresì – alterando gravemente l’equilibrio negoziato – gli Accordi di Plombières e in generale gli interessi francesi nella Penisola, eppure nemmeno Parigi ha fermato Garibaldi. Possiamo perciò ammettere come massimamente verosimile che l’Eroe dei Due Mondi conquistasse l’intero Regno delle Due Sicilie (nei medesimi tempi del 1860) e in questo caso, tramontata la potenza sabauda, vi proclamasse la Repubblica.

Fa parte delle cause del Punto di Divergenza di questa ucronia che la Confederazione Germanica si sia mobilitata sul Reno contro eventuali attacchi francesi e che da ciò sia partito il processo di restaurazione dell’Impero, per cui le tre vicende (spartizione austro-francese degli ex-Stati Sardi di Terraferma, Spedizione dei Mille e istituzione del Secondo Reich) si potrebbero svolgere più o meno contemporaneamente, rafforzandosi a vicenda. In Germania, i tempi sarebbero i più adatti (Federico Guglielmo IV. ancora sul Trono, sia pure con reggenza di Guglielmo I.; Bismarck non ancora Cancelliere). Nel caso della proclamazione della Repubblica delle Due Sicilie (verosimilmente col nome di Repubblica Italiana e l’obiettivo programmatico di inglobare anzitutto lo Stato Pontificio) è quasi d’obbligo dedurne che il più che probabile coinvolgimento dei Ducati Padani e la Toscana nel processo delle Annessioni sarebbe stato in direzione del restaurato Reich (che comunque permetteva di evitare un’incorporazione diretta nel Lombardo-Veneto) anziché del Regno di Sardegna (come invece nel 1859).

Data questa situazione, Russia Francia e Regno Unito sarebbero stati inflessibili nel divieto a Francesco Giuseppe di espandersi ulteriormente, in modo diretto o indiretto. È perfino possibile – ma non saprei come calcolarne la probabilità relativa – che l’intero Stato Pontificio passasse sotto l’occupazione francese, per cui l’equilibrio del 1815 sarebbe stato ripristinato togliendo lo Stato Pontificio e le Due Sicilie alla sfera d’influenza austriaca (per controbilanciarne l’espansione in Cisalpina e il rafforzamento in Germania) e attribuendoli rispettivamente alla Francia e al Regno Unito.

Tutto ciò sarebbe rimasto immutato dal 1861 al 1870. A questo punto sarebbero maturate le condizioni per la ‘rivincita’ sabauda in Spagna ed è in effetti concepibile che Vittorio Emanuele II. (che in questo caso sarebbe stato costretto a riconoscersi I. del suo nome) diventasse Re Cattolico, ovviamente con la rinuncia perpetua per sé e per i proprî Discendenti alla rivendicazione degli ex-Stati Sardi di Terraferma. Da allora la Sardegna finirebbe per non essere più considerata parte dell’“Espressione Geografica” Italia, che dunque si semplificherebbe denotando tre Stati: la Repubblica (già Regno delle Due Sicilie), lo Stato Pontificio e ciò che propriamente si sarebbe di nuovo potuto definire Reichsitalien (tutto il resto fino ai confini con la Francia e con la Svizzera).

In questa prospettiva, sfuma qualsiasi differenza con la variante proposta da Dario. Il Lombardo-Veneto era infatti già, rispetto all’Impero d’Austria, negli stessi rapporti che dopo il 1867 aveva la Transleithania (Ungheria) nei confronti della Cisleithania (Austria): Unione Personale, Doganale, Monetaria e Militare. La «maggiore autonomia» risulta dall’esistenza di un Parlamento, che nel 1815 non era pensabile, ma nel contesto della Restaurazione del Reich sarebbe stato giocoforza concedere. Invece la Federalizzazione dell’Impero d’austria è incompatibile col Compromesso con l’Ungheria: o questo o quella, una volta attuata l’una non è più possibile l’altro né – come dimostra la Storia – viceversa. Se vogliamo portare l’esperimento fino a oggi, possiamo prendere in considerazione solo l’eventualità che – per esempio, per la mancata sconfitta nella (inesistente) Guerra Austro-Prussiana nonché nella Seconda e (inesistente) Terza Guerra Austro-Sarda (quest’ultima coincidente con l’Austro-Prussiana) – non si giungesse mai al Compromesso con l’Ungheria se non nel quadro di una Riforma Federale del Kaisertum (tutto entro il Secondo Reich), quindi verosimilmente per unità il più possibile ridotte, di fatto una combinazione dei Paesi della Corona con le Affiliazioni Nazionali (per esempio: la Galizia polacca distinta dalla Galizia rutena).

Per tornare all’“Espressione Geografica”, al termine del XIX. secolo possiamo immaginare una Repubblica “del Sud” di carattere ormai più crispino che mazziniano, comunque in atteggiamento irredentistico simile a quello della Grecia nei confronti dell’Impero Ottomano; uno Stato della Chiesa in cui il Pontificato di Leone XIII. avrebbe introdotto perlomeno un certo numero di importanti modernizzazioni, come illustrato per esempio dal nostro Comandante (al quale questa discussione continua a essere dedicata, in questi impegnativi momenti); infine il Reichsitalien inserito nel Secondo Reich allargato alla Grande Austria e movimentatone dai fermenti nazionalistici. Va precisato, comunque, che in questa ucronia il Reichsitalien non starebbe agli altri due Stati della Penisola come, per esempio, la Croazia nei confronti della Serbia o la Transilvania nei confronti della Romania, perché non si troverebbe nelle condizioni della Croazia o della Transilvania (in irresolubile contrasto con lo Stato Magiaro), bensì in quelle delle parti arabe dell’Impero Ottomano (dove Arabi, Turchi e Curdi erano considerati un’unica Nazione, come quella Tedesca e Gallesca nel Sacro Romano Impero) rispetto al Marocco o al Najd: come qui il Panarabismo era un obiettivo della Sublime Porta, i cui nemici puntavano casomai sul Separatismo dei singoli Paesi Arabi, così in questa ucronia l’Unificazione dell’Italia sarebbe anzitutto un obiettivo dell’Arcicasa, i cui nemici dovrebbero puntare sul Separatismo nostalgico delle due Serenissime o Dominanti (l’altra è la Superba) o di Torino Capitale (i Separatisti panitaliani sarebbero relativamente pochi e comunque più orientati a Milano – o Pavia – che a Roma come Capitale d’Italia).

Nel 1903 avremmo la situazione inedita di un Papa austriaco (S. Pio X.) a capo di uno Stato occupato dalla Francia (probabilmente ancora Secondo Impero) e ciò continuerebbe fino al 1939 (Benedetto XV. e Pio XI.). Con ciò, il contesto diventa particolarmente complicato. Da un lato, tenderei a pensare che tre Pontefici austriaci in un Protettorato – di fatto – francese sarebbero ben in grado di evitare la deflagrazione di un conflitto franco-germanico; dall’altro, figure storiche come Mussolini – senza la Prima Guerra Mondiale e le sue conseguenze – sarebbero comunque destinate a lasciare qualche traccia, ma non sappiamo dove agirebbero in un contesto che vede l’“Espressione Geografica” divisa in tre Stati. È possibile che, senza la Prima Guerra Mondiale, una Rivoluzione Socialista scoppi o addirittura abbia successo non in Russia ma, per esempio, nello Stato Pontificio, come pure forse nella Spagna di Vittorio Emanuele II. (= III. storico), soprattutto nel caso di sconfitta di Umberto I. nella Guerra Ispano-Americana? In Romania, Bulgaria, Serbia, Montenegro, Albania, Grecia non ce ne sono state o, dove ce n’erano le potenzialità, non hanno avuto successo.
Consideriamo il caso che un Mussolini ancora Socialista (ma anche Nazionalista) tenti una Rivoluzione nello Stato Pontificio e che nello stesso periodo sia a Capo del Governo della Repubblica Italiana “del Sud” Don Sturzo, allorché Imperatore dei Francesi sarebbe un giovanissimo Napoleone VI. (dal 1926): premesso che l’Austria non potrebbe intervenire, che cosa succederebbe?

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Alessio Mammarella torna alla carica:

Ho un dubbio su questo punto: se la Francia, invece di sostenere il Regno di Sardegna, procede a spartirne il territorio con l'Austria (accontentandosi peraltro della porzione minore), perché mai dovrebbe far paura agli stati tedeschi tanto da risultare determinante nella ricostituzione del Reich? Voglio dire, se Napoleone III è così collaborativo con l'Austria da aiutarla a rimuovere l'unico stato italiano che non era totalmente filo-asburgico (mi sembra un gran bel favore!) allora sarebbe illogico temerlo come una reincarnazione dell'incorreggibile zio...

Peraltro, dal un punto di vista francese, combattere in Italia sarebbe stato sempre preferibile rispetto alla Germania. In Italia infatti, il conflitto avrebbe potuto essere condotto con forze tutto sommato contenute (e questo è in linea con l'atteggiamento di Napoleone III nella realtà, visto che interruppe la campagna quando si accorse che le perdite iniziavano a farsi importanti), con l'Austria come unico avversario; una guerra che tutto sommato poteva anche andar male, la cosa non avrebbe determinato conseguenze fatali per la Francia. Attaccare la Germania avrebbe invece significato invece condurre una grande guerra, in cui la Francia avrebbe potuto dar fondo a tutte le sue risorse e che sarebbe potuta finire, come nel 1814-15, davvero male. Si consideri che anche nel 1870, quando Napoleone III cadde nel tranello di Bismarck, affrontò una coalizione tedesca parziale perché priva dell'Austria. Insomma, se pensiamo che nel 1859-60 i principi tedeschi sarebbero corsi a rifugiarsi sotto il mantello di Francesco Giuseppe per paura di un attacco francese all'intera Confederazione Germanica, li immaginiamo un pochino troppo pavidi forse.

Per quello io invece avevo pensato che la collaborazione nell'occupazione del Piemonte comportasse inevitabilmente una alleanza franco-asburgica, sul modello di quella della Guerra dei Sette Anni, ma anche, in fondo, di quel "asse franco-tedesco" che guida il processo di integrazione europea attuale. Così avrebbe anche una sua logica, altrimenti dovremmo parlare di "Napoleone III che si dà la zappa sui piedi" facendo dell'Austria una potenza mondiale per 4 dipartimenti (letteralmente).

Per quanto riguarda lo stato italiano repubblicano, forse Roma sarebbe rimasta una questione aperta, perlomeno a livello ideologico. Al di là della città e della sua natura unica, pensiamo che lo Stato Pontificio corrispondeva come territorio all'Esarcato d'Italia e che Ferrara è la città in cui nacque il tricolore. Penso quindi che il territorio pontificio sarebbe interessato agli italiani e pure per intero... solo che in questo caso lo scenario internazionale sembra fatto apposta per frustrare il desiderio italiano di avere Roma capitale.

Ci si potrebbe consolare pensando che una Repubblica Italiana con una estensione territoriale ridotta di sicuro non sarebbe caduta nella tentazione di voler diventare una potenza europea. Non si sarebbe messa in testa di partecipare ad alleanze per la supremazia globale o di costruire un proprio impero coloniale. Sarebbe stata una nazione pacifica, votata ad avere rapporti commerciali e culturali con tutti. Proprio ciò che la Repubblica ci ha portato nella storia reale (solo che un secolo di ritardo rispetto al Risorgimento e dopo esperienze dolorose, sanguinose, traumatiche). Ciò al prezzo di un territorio più ridotto, evidentemente...

Pillole di geopolitica immaginaria: quali sarebbero oggi gli equilibri internazionali? Se non ci fossero state le guerre mondiali, potremmo pensare che gli Stati Uniti non avrebbero ottenuto una posizione di esplicita supremazia globale, e nel contempo il processo di decolonizzazione sarebbe stato più lento. Forse UK e Francia avrebbero ancora delle colonie di un certo rilievo, mentre penso che per gli imperi coloniali spagnolo e portoghese non ci sarebbe stata comunque speranza. L'Austria sarebbe a sua volta una grande potenza però attenzione: forse l'Austria sarebbe l'unica tra le potenze principali, insieme alla Cina, a essere priva di proprie riserve petrolifere:

- per la Cina, lo Xinjang ne è pieno;
- gli USA sono un paese petrolifero;
- la Russia è un paese petrolifero;
- il Regno Unito sfrutta il petrolio del Mare del Nord;
- la Francia potrebbe ottenere petrolio da colonie/ex colonie.

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Bhrghowidhon non è da meno:

Il dubbio sulla paura della Francia come determinante per la ricostituzione del Reich è giustissimo; la colpa è tutta mia, perché non ho per niente precisato la successione temporale, insistendo anzi sulla contemporaneità delle tre vicende. In realtà, tale contemporaneità è solo una sovrapposizione delle loro rispettive conclusioni, ma non un sincronismo degli inizi, che invece – logicamente – sarebbero:

1) palesamento degli Accordi di Plombières (eventualmente a Guerra Austro-Sarda già iniziata, data la loro segretezza) e dell’Alleanza Franco-Sarda;

2) mobilitazione della Confederazione Germanica e innesco del processo di Soluzione Grande-Tedesca (a questo punto i Sovrani Tedeschi non avevano alcuna percezione collaborativa di Napoleone III., anzi tutto faceva presagire un ritorno al 1795-1797, col Regno di Sardegna nel ruolo di “Repubblica Sorella”);

3) offensiva austriaca e Armistizio come a Villafranca (qui senza colpo ferire; per questo abbasserei addirittura da quattro a tre il numero dei Dipartimenti in ultima analisi acquisiti: a Villafranca Napoleone trattava da Vincitore, qui propriamente no, il Piano di Plombières risulta fallito in anticipo).

Dal punto di vista di Vienna, ovviamente, è tutto logico e ben riuscito; i dubbi riguardano la prospettiva dei Sovrani Tedeschi e quella di Napoleone III.

Dal punto di vista tedesco, il nesso fra Lombardia e Renania era evidente e indiscusso; basti leggere la critica che ne viene fatta da Engels in «Po und Rhein» (pagine di impressionante rigore argomentativo, di cui solo il Senno di Poi manifesta l’illusorietà, dal momento che la Storia ha, nel lungo periodo ma crucialmente per le cause di allora, portato proprio all’esito che Engels escludeva). Le opzioni erano ancora tutte e due, Soluzione Grande-Tedesca (che fra il 1849 e il 1861 poteva significare solo Grande-Austriaca) e Soluzione Piccolo-Tedesca; una volta decisa la Mobilitazione a fianco dell’Austria, la Soluzione Grande-Tedesca sarebbe arrivata da sola, mentre nella Storia la sconfitta solitaria dell’Austria ha al contrario affossato definitivamente la Soluzione Grande-Tedesca perlomeno nella sua versione corrente all’epoca, appunto quella Grande-Austriaca. L’ineluttabilità delle conseguenze di queste scelte si constata nel fatto che, nel 1871, hanno aderito al Secondo Reich tutti gli Stati Tedeschi (tranne l’Austria) sconfitti nel 1866 (se lo proponessimo in un’ucronia lo troveremmo inverosimile...). Ripeto, l’Austria ha davvero perseguito la riedizione dell’Alleanza Franco-Asburgica, anche nel 1866 in funzione anti-piccolotedesca (è la Francia che non lo ha voluto); coerentemente, pure in questa ucronia lo fa, ribaltando gli schieramenti della Guerra Austro-Sarda: poiché non siamo nel 1866 e Re di Prussia è ancora (nominalmente) Federico Guglielmo IV., Vienna non ha bisogno di spingersi a usare la progettata Alleanza Franco-Asburgica in funzione anti-piccolotedesca, perché la successione è inversa, dal momento che l’ostilità francese ha provocato il successo della Soluzione Grande-Tedesca, dopodiché – solo dopo – Francesco Giuseppe ha buon gioco a massimizzare i guadagni riconoscendo (da vittorioso) a Napoleone III. ciò che, al termine di tutti i giri di proprietà, gli ha riconosciuto (da sconfitto) a Villafranca.

Dal punto di vista di Napoleone III., il confronto che possiamo istituire è con le scelte storiche. Dato che anche nella Storia reale (il che vale altrettanto per Francesco Giuseppe) le sue scelte sono state azzardate e in fondo alquanto perdenti (ha guadagnato tre Dipartimenti, ma, colpendo mortalmente l’Austria, ha rafforzato la Prussia che già deteneva uno dei tre obiettivi primarî della Francia – la Renania – e di conseguenza ha finito per perdere tre altri Dipartimenti oltre a pregiudicare la possibilità di annettere i tanto desiderati Belgio, Lussmburgo e Renania), in questa ucronia addirittura ne esce meglio: guadagna tre Dipartimenti ed è del tutto possibile che non ne perda altri tre. Certamente fa «un gran bel favore» all’Austria, aiutandola «a rimuovere l'unico stato italiano che non era totalmente filo-asburgico»; nella Storia reale, ha fatto un favore almeno altrettanto grande alla Prussia (con cui – a differenza che con l’Austria – confinava e a una cui Provincia mirava) rovinando la strategia grande-tedesca dell’Austria (che, come si diceva correntemente allora, “difendeva il Reno sul Po”, per Engels appunto un mero mascheramento della Soluzione Grande-Tedesca) e perciò ponendo le condizioni per la vittoria della Soluzione Piccolo-Tedesca. Storicamente, Napoleone III. ha molto indebolito un potenziale Alleato (l’Austria) rafforzando un sicuro nemico (la Prussia), cui ha portato un proprio Alleato (Vittorio Emanuele II.) lasciando in dote a quest’ultimo pure l’intero Stato Pontificio (oltre al via libera alla conquista del triplo di quanto pattuito a Plombières) e infine ha perso l’Impero per evitare che un Hohenzollern diventasse Re di Spagna (permettendo di conseguenza a un Savoia di diventarlo): alla sua abdicazione, la Francia era circondata su tre lati dall’Alleanza Sabaudo-Tedesca, non molto diversamente dall’accerchiamento asburgico del XVI.-XVII. secolo (l’unica differenza era il Belgio, comunque perso). Possiamo convenire che si sia dato anche più di «una zappa sui piedi». In questa ucronia, se non altro, guadagna gli stessi territorî senza perderne altri (e senza nemmeno combattere), ma – come abbiamo visto – ne guadagna l’estensione del Protettorato Francese a tutto lo Stato Pontificio e, a parità di Re Sabaudo in Spagna, perlomeno non è circondato su tre lati da un’Alleanza ostile (Vittorio Emanuele, per quanto rancoroso, lo rimarrà altrettanto nei confronti dell’Austria): se confina col Reich su due lati (Alpi e Reno), a sua volta circonda l’Austria su due lati (Alpi e confine settentrionale dello Stato Pontificio), stringendone in una morsa – come prima non poteva – i Dominî Cisalpini. Fra le due vicende (storica e ucronica), entrambe certo discutibili in teoria sul piano logico, la seconda è obiettivamente migliore per la Francia.

Concordo in pieno sul fatto che lo Stato Pontificio sarebbe rimasto sempre e comunque un obiettivo per la Repubblica Italiana che, in questa ucronia, si configura come più probabile Stato Succesore del Regno delle Due Sicilie. Il paradosso – che, come si può desumere dallo svolgimento della discussione, non mi aspettavo – è che il momento più favorevole alla fusione dei due Stati sembra collocarsi in una fase storica nella quale la convergenza è più a favore di Roma che di Napoli (fra gli Anni Trenta e Cinquanta, con Pio XI. e Pio XII. regnanti e verosimilmente Don Sturzo al vertice della Repubblica). Naturalmente, un periodo “democristiano” della Repubblica Italiana (qui solo “del Sud”) non compromette certo le Riforme Sociali da postulare per i primi decenni di vita del nuovo Stato (coincidenti più o meno con quelli della Destra Storica nel Regno d’Italia che abbiamo realmente conosciuto) e quindi la formula «Repubblica con un secolo di anticipo al prezzo di un territorio più ridotto» coglie quanto mai nel segno.

È proprio qui che volevo arrivare riproponendo questa (non mia) ucronia. Un tradizionale schematismo storiografico di grande successo scolastico induce a presentare inevitabilmente come i “Buoni” o “i Nostri” tutti i Portatori di qualche progetto risorgimentale, qualunque sia, e di conseguenza i loro avversarî come “gli Altri” se non addirittura i “Cattivi” o comunque esponenti di un progetto superato dalla Storia. Da questa discussione sta invece emergendo come idea degna di considerazione (e, mi pare, abbastanza condivisa) che anche il più plateale “fallimento” del Risorgimento per uno dei più potenti Attori coinvolti (i Savoia) – oltre a non essere per forza un fallimento generale per i medesimi sul piano dinastico (dato che potrebbe portare addirittura un Regno più grande, perfino con un sia pur piccolo e residuale Impero Coloniale) – avrebbe come conseguenza più probabile l’anticipo di un secolo (e senza le chiaramente deprecabili «esperienze dolorose, sanguinose, traumatiche» intercorse nella Realtà) di un esito che di solito la stessa tradizione scolastica presenta come “compimento” del Risorgimento.

Tutto questo già se consideriamo solo l’“Italia” (fra virgolette perché vale in qualsiasi senso la intendiamo); se poi abbiamo l’onestà di estendere l’analisi anche alla Germania, dato il nesso (su cui sempre insisto) con la Soluzione Piccolo- o Grande-Tedesca, il quadro che si delinea è parallelo: nella Storia reale hanno prevalso la Soluzione Sabauda (unitaria, monarchica, con confine – assai combattuto – sulle Alpi) e quella Piccolo-Tedesca, che hanno portato abbastanza direttamente alla Prima Guerra Mondiale (il Militarismo Prussiano è stranoto, l’Imperialismo Austriaco in Area Danubiano-Balcanica altrettanto così come il fatto che fosse previsto con favore da un esponente del Progetto Sabaudo quale Cesare Balbo e che l’ingresso dell’Italia nella strage della Grande Guerra, con tutto ciò che ne è conseguito, Fascismo e Seconda Guerra Mondiale inclusi, sia stato dovuto all’Irrendentismo – sia pure in un’interpretazione estrema e discutibile, anche se di fatto assai diffusa – e non a cause di forza maggiore è innegabile); in questa ucronia – perlomeno a quanto pare – prevalgono invece da sùbito il Risorgimento Repubblicano (sia pure solo in un terzo circa del territorio interessato, d’altronde determinandovi un marcato miglioramento economico e sociale perfino rispetto alle condizioni attuali dopo 159 anni di Unità d’Italia) e contemporaneamente la in apparenza antitetica e quasi medioevale Soluzione Grande-Tedesca (in versione Grande-Austriaca), che però, se non altro a determinate condizioni, evita le Guerre Mondiali, il Nazismo &c.

Sono – come spesso ripetuto – moltissime le ucronie che evitano le Guerre Mondiali (ogni volta che ho potuto ho cercato anch’io di scriverne e sono ormai quasi cento), compreso ciò che ne consegue (come l’Egemonia degli Stati Uniti); quando possibile ne ho specificato gli equilibrî internazionali (laddove l’espressione avesse un senso), talvolta ahinoi con la persistenza del Colonialismo (ma considero comunque il Neocolonialismo perfino peggiore del Colonialismo classico), sia compresi sia esclusi gli Imperi Iberoamericani. In questa come in varie altre ucronie, l’Austria non primeggia fra le Grandi Potenze, anzi qui direi che al massimo ne è la più piccola; non sarei così ottimista da escludere qualsiasi Possedimento Coloniale per il Secondo Reich (per la natura federale di questo, la Prussia potrebbe anzi perseguire un sia pur parziale compenso alla sfumata egemonia imperiale rivalendosi in campo coloniale con quelle che storicamente sono state Colonie della Germania intera; inoltre, se Genova è lombarda è possibile che l’Eritrea diventi Colonia Austriaca), così come – d’accordo con Tommaso – ho l’impressione che la Repubblica di Crispi, Di Rudinì, Sonnino, Salandra, Nitti, Orlando non dico prevalga sulla Francia (Imperiale!) in Tunisia e neppure arrischi per la Libia un conflitto con uno dei pochi “Vicini” (in senso lato) con cui fino ad allora non ha avuto relazioni ostili (l’Impero Ottomano), ma forse in Somalia potrebbe perdere la purezza ideologica delle origini (senza chissà che stragi, beninteso, ma una paternalistica opera di “Civilizzazione” unita a un’alternativa da “Grande Proletaria” all’Emigrazione mi pare inevitabile e non solo nel senso in cui in Età Giolittiana si definiva la Guerra di Libia...).

Tutto ciò, ancora una volta, suggerisce di separare, almeno in sede di ucronia, la Geopolitica dalla Politica. È ovvio che Francesco Giuseppe, se avesse conquistato Torino, non avrebbe certo avuto l’intenzione di favorire la nascita di una Repubblica Garibaldina nelle Due Sicilie, così come né Napoleone III. né Bismarck, combattendolo, pensavano di contribuire in modo decisivo alla Rivoluzione d’Ottobre o a una catena di eventi che avrebbe portato, in pochi passaggi logico-causali, all’Olocausto; ma bisognerebbe dimostrare che non esistono fenomeni strutturali per negare l’immanenza storica delle vicende che hanno portato alle Guerre Mondiali e alla Guerra Fredda nonché all’attuale e pluridecennale tormento del Vicino Oriente e del Nordafrica a partire dall’eliminazione delle condizioni minime di sussitenza degli Imperi Asburgico e Ottomano. A uno sguardo strutturalista, la Geopolitica del cosiddetto “Equilibrio di Potenza” in Europa o nel Heartland o nel Rimland dell’Isola Globale è tragicamente comica come chi sega il ramo su cui sta seduto: se non ci piacciono – come non ci piacciono – i Regimi della Restaurazione, non è minando un argine che si risolve il problema. Apposta ho inviato quasi contemporaneamente il messaggio d’inizio di questa discussione e quello sul Suffragio Universale Femminile e l’anticipo di 186 anni degli Accordi di Helsinki (ovviamente anche per me prima fosse accaduto meglio sarebbe andata): lo scenario per noi migliore sarebbe stato – a parte arrivare realisticamente allo Stato Unico Mondiale (ma a quello ho dedicato altre discussioni) – che negli Imperi Asburgico e Ottomano, come minimo irrinunciabile estesi rispettivamente da Genova a Memel (come in questa ucronia) e a includere tutti gli Arabi (dato che Arabi, Turchi e Curdi erano appunto considerati un’unica Nazione), fosse introdotto il Suffragio Universale con la contemporanea Garanzia dell’Intangibilità dei Confini (in fondo, a queste condizioni l’Unione Sovietica si sarebbe forse risparmiata lo Stalinismo).

Ribadisco come sempre: qualsiasi soluzione diversa dallo Stato Unico Mondiale è solo un palliativo (per questo in particolare prediligerei che l’anticipo degli Accordi di Helsinki fosse di 420 anni, al 1555), ma in questa ucronia mi preme di individuare lo scenario minimo (realistico) che avrebbe migliorato le nostre attuali condizioni. Un diverso esito della Prima Guerra Mondiale sarebbe meno del minimo, perché comunque l’accadimento stesso della Prima Guerra Mondiale rappresenta un danno oggi non ancora riparato.

Obiezione: ma così sarebbe stata sacrificata l’Unità Nazionale dei Polacchi, dei Romeni (ovvie considerazioni di opportunità storica mi obbligano a omettere i Serbo-Croati) e degli “Italiani” (comunque vogliamo intendere tale nozione; ci abbiamo già dedicato varie discussioni...). Risposta: sì, e allora? Per gli “Italiani” abbiamo visto che probabilmente le condizioni sarebbero state migliori o al massimo uguali, ma non peggiori (per nessuno); la Romania, senza Prima Guerra Mondiale, avrebbe finito per aderire all’Unione Mitteleuropea e con ciò la questione sarebbe in massima parte risolta; la Polonia – se non consideriamo lo scenario della oggi ormai prossima e ineluttabile Unione Personale fra (Case Regnanti di) Russia e Prussia – sarebbe invece rimasta divisa fra Russia e Secondo Reich, però in Austria non c’era alcuna discriminazione linguistica per l’uso del polacco (l’insoddisfazione verteva anzitutto sulla divisione della Rzeczpospolita e casomai sui diritti politici di tutti i Sudditi dell’Impero, ma non su un trattamento peggiore dei Polacchi in quanto tali) e in questa ucronia prima o poi le stesse condizioni si sarebbero applicate al Reich per intero, mentre in Russia – se non interviene una Rivoluzione con conseguente Autonomia se non Indipendenza della Polonia – la Monarchia può arrivare fino a oggi solo a condizione di un sostanziale riconoscimento delle Nazionalità dell’Impero, per cui come minimo arriveremmo ad avere condizioni uguali a quelle dei Polacchi del Reich e l’unico motivo di lamentela rimarrebbe il confine (da Spartizione) fra le ormai solo due Polonie. Nel complesso, oserei affermare che si tratta di uno svantaggio trascurabile rispetto ai vantaggi che comporterebbe.

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Alessio ha ancora qualcosa da dire:

Mussolini rappresenta un bel rompicapo. Nato nello Stato Pontificio, è possibile che per le sue idee socialiste sarebbe fuggito altrove, lavorando come giornalista e attivista socialista. Se si fosse diretto a Milano, sarebbe di fatto entrato nella cosmopolita Austria e a quel punto nulla ci vieta di immaginarlo anche a Vienna, Berlino, Monaco... dobbiamo pensare che il movimento socialista del primo '900, che già era transnazionale di suo, lo sarebbe stato ancora di più in caso di "Grande Austria". L'assenza della Grande Guerra non lo avrebbe portato verso il nazionalismo, ma allora a quale altro tema forte si sarebbe legato, per diventare un protagonista? (esistono molti mondi possibili... ma certamente in tutti Mussolini sarebbe ambizioso e megalomane).

Altra cosa che possiamo considerare, l'incontro con personaggi come Lenin e Hitler. In HL Lenin e Mussolini si conobbero (e abbiamo anche giocato non molto tempo fa sull'ipotesi di un Mussolini "rosso") e in questo scenario, mancando la Grande Guerra, non ci sarebbe stata la rivoluzione della quale Lenin fu guida (perlomeno, non nello stesso momento) quindi i due potrebbero anche essere più vicini, incontrarsi ancora... chissà con quali sviluppi. Teoricamente, un Mussolini che si muove più liberamente in Europa potrebbe anche incontrare Hitler prima che quest'ultimo diventi un personaggio rilevante. Hitler potrebbe magari essere un giovane simpatizzante che ascolta Mussolini a una conferenza e che poi fa di tutto per conoscerlo e diventare suo collaboratore...

Comunque, in linea generale nello scenario ucronico che stiamo disegnando, ci dovrebbe essere meno spazio di manovra per gli estremisti, quindi non è detto che qualcuno di questi personaggi, storicamente importanti in HL, arrivi effettivamente a esercitare il potere.

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Bhrghowidhon ribatte:

C’è comunque un nutrito ambiente di persone che storicamente sono state ai vertici del Fascismo e qui risultano nate nello Stato Pontificio: oltre a Mussolini citavo Balbo, Bottai, Grandi, Graziani, ma anche Federzoni. Mi chiedo se emigrino tutti oppure si adattino a una vita al di fuori della Politica o confluiscano in altre Ideologie o costituiscano un nucleo di Nazionalisti nel proprio Stato, senza arrivare al Totalitarismo.

Comunque lo scopo di questa ucronia – almeno per come l’ho voluta riprendere, pur non avendo il merito di averla ideata – sarebbe di immaginare l’alternativa per antonomasia al Risorgimento così com’è stato, quindi più che una vicenda precisa è naturale che col passare dei decenni il quadro si diffragga sempre più in direttrici alternative...
Per il momento comunque mi pare di poter riassumere che la situazione si sarebbe verosimilmente assestata sulle classiche tre compagini statali che gli stessi progetti risorgimentali prevedevano (una al Nord, una al Centro e una al Sud, a parte la Sardegna) e che lo Stato Pontificio sia abbastanza una costante (solo in ucronie come quella senza Federico II. – quindi in contesti abbastanza particolari e ‘fuori sistema’ per quanto riguarda il vero e proprio Risorgimento – mi sembra realistico pensare alla Repubblica Romana in luogo del Papato); giustamente, senza il nesso con la Monarchia Sabauda è logico che da qualche parte una Repubblica si potesse davvero stabilizzare e le Due Sicilie, in posizione relativamente marginale rispetto agli equilibrî europei ma d’altronde al centro degli interessi nel Mediterraneo, si prestano meglio di altri Stati a questa evoluzione.

Ovviamente l’alternativa al Risorgimento deve prevedere che almeno un (un pochino superiore a quello storico) terzo rimanga sotto il controllo austriaco e in tal caso scatta anche il nesso con la Questione Tedesca, che appunto è indissolubile da queste vicende. In un certo senso, si tratta di una fase storica decisiva per una buona parte dell’Europa e le Guerre Mondiali ne sono dipese in larga misura, chiaramente insieme a quanto accadeva nell’Impero Ottomano, come se il centro dell’Ottocento (europeo) fosse costituito dal ‘triangolo’ Germania-Italia-Balcani.

Un’altra almeno apparentemente costante è che lo Stato Pontificio – che in queste condizioni non credo si scioglierebbe mai da solo – risulta, come la Repubblica di Genova, strettamente legato alla presenza di un Impero che unisca tutta la Germania, altrimenti puntualmente viene annesso. Questo non significa che l’esistenza del Sacro Romano Impero comporti quella del Papato, ma che ne rappresenta una condizione – direi – indispensabile.

La piena compiutezza delle Due Sicilie – anche e forse perfino più ancora se in forma di Repubblica Italiana (cosiddetta ‘del Sud’, per non creare equivoci con la Storia reale) – come Stato europeo e mediterraneo emerge con facilità da molte ucronie, con o senza una Germania (davvero) unita, dalla quale – a differenza del Papato – non dipende intrinsecamente. Mi pare poi chiaro che, in una Storia Contemporanea che comuqnue vedrebbe lo spostamento del centro di Potenza mondiale nel Nord dell’Atlantico e contemporaneamente l’apertura del Canale di Suways (Suez), la Repubblica Italiana (in particolare ‘del Sud’) potrebbe conoscere un notevole sviluppo, anche se, come osservato, è verosimile una fase protezionistica almeno nel Secondo Ottocento e nel Priom Novecento.

Per quanto riguarda quella che potremmo chiamare l’Austria (o Germania) Cisalpina, la dipendenza di Trieste da un vasto retroterra danubiano-carpatico è un’evidenza storica indiscutibile; nel caso di unione con l’intera Germania, anche Genova troverebbe un’analoga condizione favorevole, dato che rappresenterebbe un’alternativa a Trieste verso la Germania occidentale per il traffico in arrivo da Suways e al contempo una variante rispetto ad Amburgo (non essendo né il Belgio né l’Olanda parte del Reich) per il traffico in arrivo dall’Atlantico. Mi spingerei a pensare che tutto ciò comporterebbe lo scavo di un Traforo dello Stelvio, continuato poi dal Resia verso il Tirolo Settentrionale.

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Alessio insiste:

Grazie al fatto che Bhrghowidhon ha menzionato la Sardegna, ho avuto un flash il sardo Gramsci... in Spagna! Visto che la rivoluzione socialista non si verifica nel 1917 in Russia (non è detto che non accada per nulla, ma certamente, mancando la Grande Guerra, in quel tempo e luogo non ci sono condizioni sufficientemente propizie) possiamo pensare che proprio in Spagna, grazie alla lucidità e profondità di pensiero di Gramsci, possa scoccare la scintilla rivoluzionaria?
In tal caso sia lo Stato Pontificio, centro del conservatorismo cattolico, sia la Francia imperiale, confinante con la Spagna, potrebbero essere immediatamente interessate...

Mi viene da pensare che, come nel caso dell'URSS, i rivoluzionari sarebbero sostenuti più dalla presa delle proprie idee sulla massa della popolazione che non da paesi esteri. Potrebbero essere le forze "bianche" al contrario, a essere sostenute dall'estero. Il primo paese che mi viene in mente è proprio la Francia, e un eventuale intervento francese sarebbe un interessante parallelo rispetto a quello avvenuto un secolo prima, quando le truppe di Luigi XVII sventarono il tentativo spagnolo di una rivoluzione liberale. Attenzione però:

- se la Rivoluzione Spagnola avesse avuto luogo dopo il 1926, la corona imperiale francese sarebbe stata sul capo di un giovanissimo Napoleone VI (12enne in quell'anno) con la madre Clementina del Belgio come reggente. Un monarca bambino, una regina madre straniera, la scelta di sostenere una azione repressiva (quella dei contro-rivoluzionari spagnoli)... ingredienti sempre un po' pericolosi nella storia francese;

- se la rivoluzione social-comunista avesse parlato spagnolo, è possibile che le idee rivoluzionarie si sarebbero diffuse più in fretta e più massicciamente in America Latina, e quindi possiamo anche pensare che se la Rivoluzione fosse stata soppressa in Spagna, altri focolai sarebbero sorti oltreoceano;

- le dottrine comuniste hanno influenzato come sappiamo anche l'ambito religioso favorendo la nascita della teologia della liberazione... possiamo immaginare che in questo scenario essa nasca in anticipo, quando ancora esiste lo Stato Pontificio (forse troppo conservatore per fronteggiarla efficacemente? La teologia della liberazione potrebbe determinare uno scisma, come quello che secoli prima ha dato origine al mondo protestante?)

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Ma Bhrghowidhon non è da meno:

È una nuova sorpresa; non pensavo che il capovolgimento del Risorgimento arrivasse a interferire, in un certo senso, con la Dottrina di Monroe...

Una soluzione della “Questione Italiana” in grado di dare soddisfazione a tre Potenze Europee (in pratica una spartizione, in ciascun caso secondo modalità diverse) da un lato è appunto legata alla Questione Tedesca (forse arrivando a evitare un conflitto per l’Alsazia e la Lorena), dall’altro può seriamente contribuire a disinnescare il potenziale esplosivo della Rivalità Austro-Russa nei Balcani e quindi indirettamente a permettere maggiore continuità in Russia (e fin qui sono le solite considerazioni geopolitiche). Una prima novità è stata il probabile collegamento con la Spagna attraverso un diverso e più incisivo ruolo dei Savoia; adesso si configura, essenzialmente per l’azione di Gramsci, un ‘Angolo Repubblicano’ nel Sud-Ovest dell’Europa e, grazie al nesso ispanoamericano, una proiezione sul Nuovo Mondo. Alla fine dunque un Risorgimento con una componente più repubblicana realizzata innesca un meccanismo che, sia pur indirettamente (giacché è dovuto non tanto alla Repubblica Italiana, quanto a un fatto biografico legato ai Dominî Sabaudi), si riflette sulla Spagna e sull’Ispanoamerica. Da questo punto di vista, l’effetto ucronico di Gramsci ricorda quello che in molte ucronie è determinato da un Napoleone Buonaparte che nasca o cresca in una Corsica non francese.

Un passaggio delicato è naturalmente quello delle reazioni alla Rivoluzione in Spagna. Si potrebbe pensare che la Repubblica Italiana si schieri spontaneamente a favore della Repubblica Spagnola e che il Reich partecipi al tentativo di repressione, ma da un lato gli Anni Trenta potrebbero vedere al potere in Italia il Partito Popolare strettamente legato a Roma, mentre dall’altro Vienna non avrebbe alcuna convenienza a salvare una Dinastia che costituisce sempre una minaccia alla stabilità della Cisalpina (specialmente se la Rivoluzione tende ad alterare gli equilibrî in aree europee – o addirittura extraeuropee – comunque esterne alla sfera di interessi della Grande Austria).

Provo a riassumere in breve la situazione provvisoria, nel caso che qualcuno (comprensibilmente) non avesse tempo di leggersi tutto.

Anzitutto l’Austria ha annesso Piemonte e Liguria (direi anche la Val d’Aosta) dopo aver vinto la Guerra Austro-Sarda del 1859 (Napoleone III. ha avuto comunque Nizza e la Savoia); nel frattempo la Confederazione Germanica – estesa anche a tutta la Prussia (che ha inglobato entrambi i Ducati Danesi) – si è trasformata in un Secondo Reich Grande-Tedesco (insieme a tutti i Dominî Asburgici ne è nata la “Grande Austria”).

La Spedizione dei Mille ha trasformato il solo Regno delle Due Sicilie in Repubblica Italiana (dove al Vertice dello Stato si succederanno Crispi, Di Rudinì, Sonnino, Salandra, Nitti, Orlando, poi Don Sturzo); Vittorio Emanuele II. è verosimilmente diventato Re di Spagna. L’Alsazia e la Lorena sono rimaste francesi e il Secondo Impero continua fino a oggi. Colonie Tedesche alla Prussia, Eritrea all’Austria, Somalia all’Italia (la Libia rimane alla Turchia). È possibile che al posto di Pio X. venga eletto Papa il Cardinal Ferrari, succeduto da Pio XI. e dagli altri Pontefici storici; Mussolini (se non rimane Socialista e non emigra), Balbo, Bottai, Federzoni, Grandi, Graziani potrebbero elaborare una sorta di “Cristofascismo” in anticipo?

Integro quel che presumo sia avvenuto nel Settore Danubiano-Balcanico: la Bulgaria rimane quella di Santo Stefano, sotto Protettorato Russo; l’Austria non ha annesso la Bosnia-Hercegovina, che nelle Guerre Balcaniche è andata alla Serbia, dove restano gli Obrenović; al posto dell’Albania si può avere una spartizione fra Serbia, Bulgaria e Grecia. L’Impero Ottomano si allea strettamente al Reich. Niente Attentato di Sarajevo né Prima Guerra Mondiale né Rivoluzioni Russe.

Col decisivo apporto di Gramsci, in Spagna-Sardegna scoppia una Rivoluzione Socialista, che in prosieguo di tempo estende la propria influenza sull’America Latina, dove si sviluppa – altrettanto in anticipo – la Teologia della Liberazione.

Spero di non aver dimenticato niente (vado a memoria); aggiungo che negli Anni Trenta possiamo supporre che Cancelliere del Reich sia Starhemberg, dell’Austria von Schuschnigg e della Prussia von Papen, probabilmente non scoppia la (per noi Seconda) Guerra Mondiale né in Europa né nel Pacifico (dato che Francia e Olanda rimangono indipendenti). L’Egemonia Statunitense riguarda soprattutto il Continente Americano.

Nel caso che in Spagna divampasse una Guerra Civile che fosse vinta dal Generalísimo Franco, la proposta che questi ha fatto nel 1961 a Ottone d’Asburgo di subentrargli (come Re di Spagna) verrebbe ragionevolmente respinta anche in questa ucronia, perché né Napoleone VI. né il Regno Unito – ma neppure Pio XII. (nonostante l’ansia di estirpare la Rivoluzione dalla Spagna e dall’Iberoamerica) – permetterebbero un tale ingrandimento all’Austria (che oltretutto ha più influenza sull’Impero Ottomano, decisiva in particolare durante le presumibili Crisi del Petrolio), anche se è facile immaginare che la Destra Imperialista tedesca (a maggior ragione se austriaca) punterebbe – anziché al Lebensraum hitleriano all’Est – soprattutto a una ‘Rivincita’ asburgica rispetto alle Guerre di Successione Spagnola e Polacca e della Quadruplice Coalizione (ossia ai Troni di Madrid-Cagliari e Napoli). La possibile rivalità fra i due quasi coetanei Imperatori delle c.d. “Potenze Meridionali” (Austria e Francia) dovrebbe essere temperata dai Papi austriaci.

Ridotto in formule, il ragionamento è:

1) esito opposto della Seconda Guerra d’Indipendenza / Austro-Sarda → Soluzione Grande-Tedesca (→ niente Guerra Franco-Prussiana), Repubblica nelle Due Sicilie, Savoia in Spagna → Gramsci nella Repubblica Spagnola → Rivoluzioni Socialiste in America Latina;

2) Grande Austria → niente ricerca di compensazioni → niente Rivalità Austro-Russa → niente Irredentismo Serbo né Italiano né Revanchismo Francese né Militarismo Prussiano → niente Prima Guerra Mondiale (→ niente Rivoluzioni Russe né Indipendenza Irlandese) né Seconda → niente Egemonia Statunitense né Guerra Fredda (→ niente Unione Europea) né Decolonizzazione → alle cinque attuali Grandi Potenze mondiali (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia, Cina) restano affiancati Giappone e Germania (Austria).

Sul piano delle fonti energetiche (soprattutto del petrolio) e dell’Imperialismo economico, gli Stati Uniti tenderanno a esercitare la propria Egemonia sul Continente Americano (con conseguenti conati rivoluzionarî per reazione), Regno Unito e Francia trasformeranno i proprî Imperi Coloniali (compresi Sudafrica e India) in Commonwealths (forse qualcosa del genere anche l’Impero Russo), il Giappone dipende da Francia e Olanda, il Reich dispone dell’Impero Ottomano (Libia compresa) all’interno dell’Unione Mitteleuropea con Unione Doganale e prezzi di favore come all’interno della Lega Araba nella Storia reale.

L’assenza dell’Unione Europea comporta che al suo posto si formino altre Entità Sovranazionali (in questo caso anche Comunità di Difesa), specialmente intorno alla Francia da un lato e alla Germania dall’altro. L’Unione Mitteleuropea deve di necessità includere – oltre all’Impero Ottomano (che controbilancia la ridotta proiezione coloniale del Reich) – almeno Romania e Serbia (per disinnescare possibili Irredentismi), mentre la Bulgaria resta saldamente Protettorato Russo e la Grecia in ‘quota’ britannica (con simpatie russo-ortodosse e Dinastia germanofila; l’Albania è spartita fra Serbia, Bulgaria e Grecia). In ordine decrescente di probabilità, potrebbero aderire all’Unione Mitteleuropea Svezia, Danimarca, Olanda, Norvegia; il Belgio deve rimanere neutrale (pena un conflitto con la Francia), come naturalmente la Svizzera e forse il Montenegro (che potrebbe ospitare il deposto Vittorio Emanuele), per cui al Secondo Impero rimane – oltre al Protettorato Pontificio – solo la prospettiva, tutta da costruire, dell’Unione Mediterranea (naturale contesto per la Françafrique), anzitutto con la Repubblica Italiana (presumibilmente in condizione di Neutralità Disarmata garantita da almeno due Grandi Potenze) e se possibile con la Spagna (se istituzionalmente compatibile).

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E ora, un'altra geniale proposta del nostro grande Bhrghowidhon:

Realismo anziché Restaurazione dopo Napoleone

Punto di Divergenza: 30. maggio 1814

Provo a proporre un’ucronia scritta tempo fa e mai inviata a causa delle continue (e perduranti) ristrettezze di tempo. In comune con «Torino e Genova all’Austria» di Massimiliano Paleari riportata qui sopra, ha solo il fatto che, alla fine, Piemonte e Liguria vanno anche in questo caso all’Austria, ma tutto il resto è diverso (Savoia in Belgio, niente Stato Pontificio né Ducati, Borboni solo in Sicilia, Confederazione Germanica allargata, Norvegia alla Danimarca...).

Rassicuro sùbito che in questa ucronia il Sacro Romano Impero non sopravvive né viene ricostituito e non c’è alcuna Egemonia Mondiale asburgica o tedesca; inoltre si tratta di un’ucronia da discussione (direi non romanzata o, perlomeno, anche con una versione non romanzata), quasi tutta con questioni aperte (dopo un Punto di Divergenza adeguatamente sviluppato nelle sue conseguenze immediate).

Il tema sono le grandi Questioni Nazionali dell’Ottocento, in Europa e fuori, fra Napoleone e la Prima Guerra Mondiale (estremi esclusi); la tesi è che quelle in Europa Centrale si sarebbero potute risolvere alla radice, da discutere è se ciò fosse possibile di conseguenza anche per le altre.

Nella prima parte enuncio quelli che mi sembrano i più incredibili paradossi dell’Ottocento; poi viene l’ucronia vera e propria (con alla fine un suggerimento per chi se ne vuole fare una cartina), che si potrebbe chiamare “1814-1914, un secolo senza paradossi” oppure “L’Impero di Massa” (non in riferimento a una strana forma istituzionale, ma al fatto che Francesco Ferdinando Duca di Massa e Carrara potrebbe diventare Imperatore dell’Unione Mitteleuropea il 21.
novembre 1916); poi i temi di discussione; infine un proposta di soluzione (con suggerimenti per l’eventuale ulteriore cartina).

I principali paradossi geopolitici del XIX secolo sono:

1) la Francia Napoleonica, sconfitta due volte, è stata mantenuta, laddove dopo la Prima Guerra Mondiale non c’è stata alcuna pietà per gli Imperi Sconfitti e in particolare sono stati smembrati quelli che hanno avuto un ruolo meno prominente, l’Austro-Ungarico e l’Ottomano;

2) la stessa Francia si è vista addirittura accresciuta di territorio (sia pur di poco) rispetto al 1789, mentre l’Austria vincitrice e ospite del Congresso ha, come la Francia, perso i (pochi) guadagni territoriali avuti nel frattempo (Galizia Occidentale, Piemonte, Liguria, Legazioni), a vantaggio non solo di Vincitori (Russia) ma anche di sostanzialmente Vinti (Savoia e Papa) – Venezia era ufficialmente compenso per i Paesi Bassi (ma le Isole Ionie vanno alla Gran Bretagna, come Malta, in compenso di niente) – e per di più le perdite delle Mediatizzazioni sono ‘compensate’ a spese di sue stesse Secondogeniture (Salisburgo), riavute dalla Baviera (che, pur avendo più a lungo militato con Napoleone, ottiene in cambio un’altra Secondogenitura e altro in più, mentre la Sassonia, ugualmente un po’ più a lungo fedele a Napoleone, perde molto a favore della Prussia);

3) il Sacro Romano Impero non solo non viene ricostituito, ma perfino come Confederazione Germanica perde definitivamente i Paesi Bassi ex-Austriaci (tranne un frustolo di Lussemburgo) e l’Italia ex-Imperiale, senza espandersi nemmeno su suoi stessi territorî – pur austriaci – ex-veneziani (e nel 1859 non sarà di nessuna utilità al suo Presidente, mentre tutte le rassicurazioni geostrategiche di Esperti di Questioni Militari come Engels verranno smentite una dopo l’altra dalla coppia Napoleone III – Vittorio Emanuele II);

4) la Russia guadagna prima di Napoleone (tre Spartizioni della Polonia, sempre con la porzione più grande), con Napoleone (Suwałki a compenso delle Isole Ionie; Finlandia; Bessarabia, oltre alla Georgia &c.); la Prussia, pur perdendo la Nuova Prussia Orientale a favore della Russia, complessivamente si ingrandisce molto in Germania; il Regno Unito, oltre a recuperare il Regno di Hannover, acquisisce in più Malta e le Isole Ionie e, a lungo termine, nientemeno che l’Egitto; la Svezia compensa ampiamente la Finlandia con la Norvegia; in pratica l’Austria è l’unica Potenza Vincitrice (non considerate tali Spagna e Portogallo) che perde;

5) fin qui i Paradossi del Congresso; poi il Regno Unito è molto più intento a garantire Genova ai Savoia (anche allorché non vale più il pretesto del compenso per Nizza e la Savoia) che a recuperare le proprie Colonie Nordamericane e nel 1866 sorvolerà sulla perdita del Regno di Hannover (sia pure ormai personalmente separato, ma pur sempre dinasticamente unito) dopo aver invece sei anni prima contribuito attivamente a distruggere il Sistema Austriaco in Italia (nelle Due Sicilie), sempre a favore dei Savoia;

6) la Restaurazione dello Stato Pontificio, in questo contesto, ha solo ingrassato la Vittima destinata a essere preda (con la terza e definitiva Soppressione del Potere Temporale dei Papi) di un altro Stato Cuscinetto, prima con la benedizione di un nuovo Napoleone, poi contro di lui e con l’alleanza della Prussia che si era appena annessa il Regno di Hannover (un successo britannico su tutta la linea, verrebbe da dire...);

7) il presunto ‘Rafforzamento’ alle frontiere con la Francia non ha impedito né la Secessione del Belgio dai Paesi Bassi né il ritorno dei Bonaparte in Francia, che a sua volta si è espansa proprio sul tanto delicato Confine Alpino innescando per compenso l’espansione dello ‘Stato-Cuscinetto’ Sabaudo (il cui rafforzamento quindi si è ritorto solo contro l’Austria, non la Francia) in tutta la presunta Zona d’Influenza dell’Austria (che, respinta dall’Italia e dalla Germania, ha finito per dare il proprio contributo alla Pace Mondiale – si fa per dire – in territorî ex-ottomani) fino al punto che l’Italia Sabauda è arrivata a minacciare gli interessi della Gran Bretagna nel Mediterraneo (per i quali l’Austria non avrebbe mai costituito un pericolo); al Secondo Impero ha certo posto fine la Prussia (ma dopo aver inflitto un colpo mortale all’Austria) annettendo l’Alsazia e la Lorena per cui poi è stata a lungo preparata la Prima Guerra Mondiale;

8) nel 1814-1815 la Spagna si è tanto battuta per le Dinastie sorelle, poi immediatamente dopo ha perso l’Impero in America e alla fine gli altri Stati Restaurati a favore dei Borboni in nome della Legittimità (Parma e Due Sicilie) sono stati annessi, senza opposizioni, dalla Dinastia (Sabauda) che, a completamento dell’opera, si è pure installata in Spagna (salvo perderla sùbito);

9) si leggono e sentono tanti rimpianti per la mancata Unificazione di parte dell’Ispanoamerica con Bolívar o addirittura Garibaldi, senza mai ricordare che l’Ispanoamerica era già unita ed è stata divisa sia dalla Spagna – nel Secolo delle ‘Unificazionio Nazionali’... – sia al suo interno dalle Rivoluzioni Indipendentiste (non si può voler la botte piena e la moglie ubriaca: o Indipendenza [= Secessione] oppure Unità);

10) il Brasile non si è diviso al suo interno, ma ugualmente si è separato dal Portogallo, sempre per confermare che le ‘Unificazioni Nazionali’ dei Risorgimenti Ottocenteschi non valgono quando sono in contrasto con la Dottrina di Monroe (che certo non è stata a favore degli Indigeni Americani e addirittura è stata portata avanti da Stati che appoggiavano o tolleravano lo Schiavismo, condannato invece dal Congresso di Vienna);

11) sempre nel Secolo delle Unificazioni Nazionali, la Scandinavia non si è affatto riunita, anzi in Svezia si è stabilita una Dinastia completamente slegata da quella Danese e soprattutto la Norvegia si è a sua volta staccata dalla Svezia (colmo del paradosso, con un Re della Dinastia Danese, Oldenburg-Sonderburg-Glücksburg);

12) la Russia tanto potente ed espansiva in Europa e Asia perde, nel 1867, l’Alaska proprio negli anni in cui si adopera per la sconfitta dell’Austria (che sarà pure stata non riconoscente nella Guerra di Crimea per l’aiuto ricevuto nel 1849, ma di certo non nemica come la Francia o il Regno Unito) da parte dell’alleata Prussia;

13) l’Impero Ottomano, sempre difeso (anche nella Guerra di Crimea) per ragioni di ‘Equilibrio’ quando chi si sarebbe espanso sarebbe stato l’Impero Russo e sicuramente anche l’Austriaco, allorché non c’è più pericolo di espansione di questi ultimi viene serenamente spartito (dopo la Prima Guerra Mondiale, ma di fatto, quando non si espandevano direttamente la Russia e l’Austria, già dall’Indipendenza Greca).

Nel giro di 104 anni (nei quali le poche guerre sono state tutte conseguenza degli errori del 1814-1815) la Politica delle Potenze Vincitrici del 1814 è dunque fallita dappertutto: l’Austria ha perso sempre di più e alla fine tutto, la Prussia è cresciuta e poi ha finito per essere sconfitta (e tutte le Dinastie tedesche hanno perso i proprî Stati in Germania), la Russia ha sì resistito fino al 1917 (perdendo l’Alaska ma con altri compensi in Asia Centrale e nel Caucaso), per poi crollare e ricominciare dalle frontiere di Pietro il Grande (come nel 1991), la Svezia ha di fatto ceduto di nuovo la Norvegia alla Dinastia Danese, l’Olanda ha non ha conservato né il Belgio né il Lussemburgo, Spagna e Portogallo hanno perso i proprî Imperi Coloniali in America e i Borboni di Parma e delle Due Sicilie i proprî stessi Stati, come pure il Papa.

Il Sistema del Congresso di Vienna – che poi era del Trattato di Parigi del 30. maggio 1814 – ha perciò retto, con sempre maggiore difficoltà, per 45 anni (poco più di una Pace Settecentesca), per trasformarsi nel successivo Dodicennio in quello Bismarckiano che poi, con o senza le intemperanze di Guglielmo II, avrebbe comunque portato alla Prima Guerra Mondiale (e alla conseguente Seconda). Possiamo anche pensare che una Pace Europea non possa durare più di mezzo secolo, ma di sicuro le Potenze del 1814-1815 non si davano una scadenza così breve.

Lo scorso 19. ottobre (2017) avevo proposto un’ucronia («Dalla Restaurazione alla Crisi del 1860») basata su un Congresso di Vienna che applica integralmente, sia pure ‘nei limiti della […] Ragione’, il Principio di Restaurazione (Legittimità); la discussione era proseguita per una dozzina di giorni, fino a delineare l’eventualità che, pur senza alcuna Egemonia da parte di una sola Superpotenza, si evitassero le due Guerre Mondiali.

Lo scorso 5. aprile (2018), invece, Perchè No? ha ricordato la frase tramandata da Plutarco, Vita di Pompeo, X, 2: «‘οὐ παύσεσθε,’ εἶπεν, ‘ἡμῖν ὑπεζωσμένοις ξίφη νόμους ἀναγινώσκοντες;’» (“Perché non la finite di citare leggi a noi che cingiamo la spada?”). Non che l’ucronia sulla Restaurazione e la Crisi del 1860 fosse basata sul semplice ‘rispetto delle Leggi’ (il Principio di Legittimità sarebbe stata la veste ufficiale di un’operazione di spartizione geopolitica come tutte le altre, dettata dai reciproci rapporti di forza, solo con l’aggiunta di una convenzione a tutela collettiva); è però vero che si può utilmente indagare anche la versione opposta, l’ucronia di un Congresso di Vienna (e già un Trattato di Parigi) che non prendono affatto in considerazione il Principio di Legittimità, ma solo le Zone di Occupazione Militare (ŭtī pŏssĭdētĭs). Never75, per esempio, il 21. gennaio 2017 aveva proposto l’eventualità che il Congresso non restaurasse lo Stato Pontificio; in questi termini l’ucronia avrebbe bisogno di un supplemento di divergenza, perché il Congresso era già vincolato dal Trattato di Parigi, che prevedeva la Restaurazione del Papato, ma allora possiamo immaginare appunto un diverso Trattato di Parigi, che anzitutto decida sùbito (invece di pervenirvi mesi più tardi) di limitare la Francia Borbonica non ai confini del 1. gennaio 1792, bensì – poniamo – a quelli del 17. giugno 1789, giorno dell’istituzione dell’Assemblea Nazionale Costituente, e che per il resto lasci a disposizione di ogni Potenza i territorî che riesce a occupare (teniamo presente che già dall’8. novembre 1813 Murat aveva comunicato all’Ambasciatore Austriaco a Milano di voler passare nel campo dei Coalizzati e dall’8. gennaio 1814 vigeva l’Alleanza fra Napoli e l’Austria).

L’8. settembre 1814 muore a 62 anni Maria Carolina d’Austria, moglie di Ferdinando III di Borbone Re di Sicilia e allora ultimo collegamento fra Asburgo e Borboni delle Due Sicilie; il Congresso di Vienna si apre il 18. settembre 1814 (storicamente è durato fino al 9.giugno 1815) e il 20. marzo 1815 iniziano i Cento Giorni (centoundici fino all’8. luglio), Murat viene sconfitto a Tolentino dagli Austriaci il 30. marzo. Tutti questi sono fatti storici realmente accaduti. Che cosa può cambiare, con la Divergenza di non restaurare i Sovrani spodestati e annettere le Zone di Occupazione?

Naturalmente, alcuni accordi di sgombero sono comunque necessarî, per esempio nei Paesi Bassi è presente in forze anche l’Esercito Austriaco, mentre Genova è sotto la Protezione di Lord Bentinck (dal 17.-22. aprile al 26. dicembre 1814). Lo scenario che mi sembra più verosimile è questo: Russia, Prussia e Regno Unito ottengono ciò che hanno avuto a Vienna nella Storia reale; la Spagna torna ai confini tradizionali, l’Olanda diventa Monarchia ma nei soli confini della Repubblica delle Provinc(i)e Unite, la Danimarca conserva la Norvegia, la Svezia mantiene la Pomerania Anteriore Occidentale. Ferdinando III di Borbone resta solo Re di Sicilia; Maria Luisa e Carlo di Borbone-Parma non recuperano alcunché; Vittorio Emanuele I di Sardegna riceve i Paesi Bassi ex-Austriaci e il Lussemburgo (se andava bene al Regno Unito come Stato-Cuscinetto rafforzato a Sud-Est della Francia, può andar bene anche a Nord-Est: la Sardegna è comunque raggiungibile solo via mare, il Sovrano è francofono e in Sardegna l’introduzione del toscano rimane lettera morta, perché il castigliano continua a essere l’acroletto locale, come era allora).
La Confederazione Germanica (nelle stesse strutture che conosciamo) comprende anche la Svizzera (perciò la Prussia finirà per conservare Neuchâtel), tutti i Paesi Bassi (degli Orange e dei Savoia) e la Danimarca per intero, inclusa la Norvegia (naturalmente da sùbito tutta la Prussia, come in gran parte nel 1848-1851). L’Austria può quindi lasciare Bormio e San Giacomo Filippo ai Grigioni; sembra incredibile, ma in compenso ha a disposizione ciò che nella nostra Storia ha occupato nel corso dell’Ottocento: Napoli, Stato Pontificio, Ducati Padani e, come nel 1799-1800, Liguria, Piemonte e in più – qui – Nizza e Savoia (quest’ultima, in quanto già parte del Regno di Germania, compresa nella Confederazione Germanica).

Per non ripristinare i Trattati Internazionali che vietavano l’Unione del Granducato di Toscana e del Ducato di Modena e Reggio all’Austria, i relativi territorî, già dell’Impero dei Francesi o rispettivamente del Regno Italico, vengono direttamente annessi alla Lombardia senza alcuna Restaurazione (per cui i Trattati Internazionali non tornano in vigore), così come l’intero Stato Pontificio (in pratica l’ex-Regno Italico Napoleonico compensa la perdita di Bormio e San Giacomo Filippo e il distacco del Veneto con l’annessione del Monferrato, di Alessandria, Tortona, Piacenza, Parma, della Toscana – tranne Lucca e Massa – e dell’Umbria, a parte Roma, di cui diventa Re il Re dei Romani (Francesco II) cui è, se vogliamo, subordinato il “Re di Roma” (Napoleone II), la cui madre, l’Imperatrice Maria-Luisa, diventa Viceregina del Regno di Genova, Liguria e Corsica (perché il Decreto di Christophe Saliceti del 30.novembre 1789, che sanciva l’unilaterale Riunione della Corsica alla Francia proclamata da Luigi XV il 15. agosto 1768, in quanto successivo al 17. giugno 1789 non ottiene il Riconoscimento Internazionale).
Nizza, il Piemonte (senza gli ex-Suffeudi Imperiali Milanesi e del Monferrato, mediatizzati dal Regno di Lombardia; la Lomellina, Vigevano, Novara e l’Ossola erano già nel Regno Italico) e la Savoia vanno come Vicereame a Maria Beatrice di Savoia († 15. settembre 1840), il cui consorte l’Arciduca Francesco IV d’Austria-Este (all’epoca senza Stati), non viene restaurato a Modena il 14. luglio 1814, bensì diventa Duca di Massa e Carrara alla morte della madre Maria Beatrice Ricciarda d’Este, il 14. novembre 1829. La principale Secondogenitura viene restaurata a Salisburgo, con Ferdinando I d’Asburgo-Lorena (già Ferdinando III di Toscana), che il 3. marzo 1814 diventa Principe di Lucca (Duca il 9. giugno 1815), dove rispetta la Costituzione voluta dal Congresso. Venezia, in conformità alla supplica rivolta a Francesco I nel 1816, non diventa neanche in questo caso dipendente da Milano.

L’Austria ha così sistemato con buona soddisfazione di tutti (nell’Arcicasa) le Secondo- e Terzogeniture (invece della Toscana Salisburgo e Lucca; invece di Modena e Reggio solo Massa ma la carica di Viceré in Savoia, Piemonte e a Nizza; invece di Parma, Piacenza e Guastalla Genova, la Liguria e la Corsica, rielevate a Regno come Secondogenitura, secondo le indicazioni date dal Governo Provvisorio al Senatore Agostino Pareto – inviato a Parigi e a Londra nei mesi di maggio e giugno del 1814 – e la nota presentata dal Marchese Antonio Brignole Sale a Vienna il 3. ottobre dello stesso anno). Il nesso fra tutti i Vicereami è costituito dall’Imperatore, che è anche Re di Lombardia (nome che Francesco I ha voluto riabilitare, ripristinandolo al posto di «Italia», ma sempre in riferimento ai Dominî della Corona Ferrea), di Venezia (Viceré di entrambi l’Arciduca Ranieri), dei Romani (sovraordinato al Re di Roma Napoleone Bonaparte-Asburgo-Lorena), di Napoli e Sicilia Al di Qua del Faro (laddove nella nostra Storia tutti questi territorî, tranne Roma, sono stati controllati dal’Austria sotto le forme dell’Occupazione Militare), di Genova, Liguria e Corsica (Viceregina Maria Luisa d’Asburgo-Lorena) e di Alta e Bassa Borgogna e Provenza Orientale (Viceregina Maria Beatrice di Savoia); compensati anche i Savoia (Belgio e Lussemburgo), solo i Borboni (soprattutto di Parma) si vedono frustrati nelle loro più rosee aspettative (Napoli e Parma), mentre il Papa non ha più uno Stato (che è mediatizzato), ma risiede con tutti gli onori e i sussidî economici a Roma, dove è riverito e venerato. Dato che i Borboni di Sicilia non perderanno mai l’isola, nell’arco di 45 anni è evidentemente che per loro quest’ucronia è più fortunata della Storia reale; i Borboni di Parma semplicemente perdono l’ultimo dodicennio di Sovranità sul Ducato, mentre per il periodo che sono stati Duchi di Lucca potrebbero essere compensati come Viceré a Napoli (dove oltretutto godrebbero di un appannaggio ben maggiore), per cui anche nel loro caso l’ucronia è migliore della Realtà (come, sia pure in ritardo, nell’ucronia sui Borbone-Parma a Napoli dello scorso 4. aprile 2018).

A livello di Equilibrio di Potere in Europa, ciò che cambia nella sostanza è solo che l’Austria controlla anche gli Stati Sardi di Terraferma e la Corsica; la maggiore estensione della Confederazione Germanica è, al momento, solo un ulteriore elemento che ridimensiona l’Egemonia Austriaca (a causa della presenza di altre Medie Potenze come i Savoia, gli Orange e soprattutto la Danimarca-Norvegia, oltre alla Svizzera, addirittura rimasta più estesa a scapito di Annessioni storiche da parte dell’Austria, fra l’altro particolarmente strategiche, quali Bormio e San Giacomo Filippo), mentre al mancato raddoppio territoriale dell’Olanda corrisponde l’evitato dimezzamento della Danimarca, a spese del mancato compenso per il dimezzamento della Svezia nel 1809 a favore della Russia (dovuto allo Car’ [Zar] e accettato da Napoleone). Rispetto a prima delle Guerre delle Coalizioni Antifrancesi, Danimarca e Olanda restano pressoché identiche, la Svezia non recupera ciò che ha perso a favore di una delle Potenze Vincitrici, i Savoia sono compensati in Belgio (invece dell’Olanda), l’Austria subentra ai Savoia alla Frontiera Francese e fa tornare a Genova la Corsica, per cui la Francia confina (per terra), anziché con Spagna, Savoia, Svizzera, Baden, Baviera, Prussia e Paesi Bassi, con Spagna, Austria, Svizzera, Baden, Baviera, Prussia e Paesi Bassi Sabaudi: al posto dell’Olanda ci sono i Savoia, al cui posto si inserisce l’Austria (in tutto, mezzo Regno in più all’Austria, mezzo in meno agli Orange). Sarebbe bastata una Divergenza così ridotta a modificare il successivo corso della Storia, rivelatosi tanto disastroso per le Potenze Vincitrici?

[Istruzioni per chi si voglia raffigurare una cartina dell’epoca: prendere la carta del 1815; il Belgio e il Lussemburgo (secondo i confini del 1831), lì nel colore dell’Olanda, diventano del colore della Sardegna; il resto dei Dominî Sabaudi, Parma, Modena, la Toscana, lo Stato Pontificio, il Regno di Napoli (ma non la Sicilia) e la Corsica diventano invece del colore del Lombardo-Veneto, che a sua volta perde due Comunità della Valtellina e Valchiavenna (alla Svizzera, un po’ come nella cartina del 1797); la Norvegia prende il colore della Danimarca invece che della Svezia; la sottile linea di confine della Confederazione Germanica si espande all’intera Prussia (fino al confine con la Russia), alla Svizzera, la Savoia, Lussemburgo-Belgio-Olanda, Danimarca-Norvegia-Islanda-Groenlandia.
Fine, tutto qui.]

Se distinguiamo le questioni geopolitiche da quelle istituzionali (costituzionali, che troveranno comunque una soluzione nella seconda metà del XIX secolo), ben otto di quelle storiche sono automaticamente risolte: il Belgio è separato dall’Olanda, con un Monarca Cattolico e francofono (escludo che il Belgio si senta altrettanto ‘oppresso’ dalla Sardegna, che anzi in questo contesto finirà per ridursi, come nella Storia reale, a una Colonia Sabauda); la Svizzera o perlomeno il Sonderbund rimane una Confederazione, ritardando di circa un venticinquennio l’introduzione di legami federali più stretti (in questa ucronia insieme al resto della Germania); l’Italia (tranne Sicilia, Sardegna, Bormio e San Giacomo Filippo rispetto ai confini del 1870, ma con in più Savoia, Nizza e Corsica) è unita – a parte Lucca e Massa – nella persona dell’Imperatore, si articola in sei Regni (Lombardia; Venezia; Alta e Bassa Borgogna e Provenza Orientale; Genova, Liguria e Corsica; Roma; Napoli e Sicilia Al di Qua del Faro) più i territorî dell’Impero d’Austria vero e proprio (Kaisertum Österreich), tutti comunque uniti nell’Austriaca Monarchia (Österreichische Monarchie), che alla morte di Francesco Giuseppe, il 21. novembre 1916, potrebbe passare al Duca di Massa e Carrara, l’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria-Este, se ancora vivo (il Ducato di Massa e Carrara è l’unico Stato sul Continente, fra Cisalpina e Penisola Italica, rimasto del tutto indipendente da Vienna, a parte gli obblighi dinastici dell’Arciduca verso il Capo della propria Casata); la Germania è unita (con in più Olanda, Belgio, Lussemburgo, Svizzeria, Liechtenstein, ovviamente Austria e pure la Danimarca-Norvegia con l’Islanda e la Groenlandia), negli Anni Sessanta-Settanta verrà costituito il Großdeutsches Reich (compreso il Regno di Sardegna, dal 29. novembre 1847 in Fusione Perfetta col Belgio, nonché il Ducato di Lucca, Secondogenitura in Unione Personale con Salisburgo) in unione con la Österreichische Monarchie nel Großdeutsch-Österreichisches Reich (la Duplice Monarchia); padrona dell’Italia ed egemone in Germania, l’Austria non si vedrà costretta nel 1867 a dividersi in Cisleithania e Transleithania, per cui arriverà al momento opportuno pronta – senza Veti da parte di Budapest – per una Riforma Federale che dia soddisfazione, oltre che agli Ungheresi, anche ai Croati, Transilvani (di ogni Nazione), Cechi e Polacchi (in séguito anche Ucraini, Slovacchi e Sloveni); con la Danimarca interamente nella Confederazione Germanica, i conflitti di successione e la Questione dei Ducati verrebbero risolti in modo diplomatico, fra l’altro senza mai motivo di raggiungere punte eccessive di infiammazione nazionalistica; il 6. gennaio 1875, all’Estinzione del Lignaggio Legittimo degli Elettori di Assia-Kassel con la morte di Federico Guglielmo I, Francesco Giuseppe sarà nella condizione di dare soddisfazione a Guglielmo I di Prussia concendendogli l’agognata continuità territoriale senza guerre né conquiste (tantomeno a spese del Regno di Hannover); la Questione Linguistica e Nazionale in Norvegia è molto meno accesa e si risolve nei termini attuali, ma sotto lo stesso Re di Danimarca (anziché con Lignaggio Cadetto) e quindi conservando una forma di Unità Scandinava entro quella Germanica.

Sono dunque risolte le Questioni Belga, Svizzera, Italiana, Ungherese, Croata, Transilvana, Cecoslovacca, Rutena, Tedesca, dello Schleswig-Holstein e Norvegese, in parte anche quella Polacca. Lo possono essere anche le altre dell’Ottocento? In linea di massima, si possono riassumere in:

A) Questione Americana: il Regno Unito sarà in grado di recuperare gli Stati Uniti (nel frattempo ingranditi)? Soprattutto se senza Stati Uniti, la Spagna e il Portogallo conserveranno i rispettivi Imperi (eventualmente con recupero della Louisiana da parte della Spagna)?

B) Questione Borbonica: verosimilmente in Spagna ci sarebbero lo stesso le Guerre Carliste; in Francia subentrerebbero gli Orléans? Ci sarebbe una Restaurazione dopo il comunque probabile Secondo Impero?
Se sì, si arriverebbe a un’Unificazione Legittimistica con la Spagna (dal 24. agosto 1883 a partire dal Conte di Montizón, Giovanni III di Borbone e Braganza, o all’estinzione della Linea Carlista diretta, dopo la morte di Alfonso Carlo di Borbone e Austria-Este il 29.
settembre 1936, con Alfonso I/XIII di Borbone e Asburgo-Lorena)?
Sarebbe lo scenario migliore sia per la Spagna sia per la Francia (dato che la Capitale sarebbe probabilmente Parigi), specialmente nell’eventualità di una conservazione dell’Impero Ispano-Americano...

C) Questione Balcanica: dato per scontato che la Turchia arretrerà ai confini del 1914, l’Austria-Ungheria annetterà la Bosnia-Hercegovina? In Serbia subentreranno i Karađorđević agli Obrenović? Ci sarà l’Attentato di Sarajevo?

D) Questione delle Nazionalità Russe: fino al 1917, l’Impero Russo ha retto; se non ci fosse una guerra con la Duplice Monarchia, continuerebbe? In quali forme? E le Nazionalità?

E) Questione d’Oriente: Russia e Duplice Monarchia sarebbero comunque rivali nei Balcani e la seconda finirà per assumere il ruolo di Protettrice dell’Impero Ottomano. Sarà affiancata dall’Inghilterra? E nel caso che la Russia crollasse?

F) Questione Coloniale: il Congo, ammesso che venga alla fine comunque attribuito a Leopoldo di Sassonia-Coburgo-Gotha, passerà al Reich, essendone Leopoldo un Principe? Il Reich avrà comunque già a disposizione, oltre a tutti i territorî controllati dalla Corona Danese, anche le Colonie Olandesi e potrà estendersi anche a quelle che nella nostra Storia ha avuto la Germania e, in aggiunta, sicuramente l’Eritrea (sia per i Rubattino di Genova sia perché il Regno di Sardegna cercherebbe comunque Colonie per sé), mentre il Regno Unito porebbe preferire che fosse la Sicilia a stabilire Protettorati in Somalia (oltre che eventualmente nella stessa Eritrea), quindi ci sarebbero meno rivendicazioni nel 1914. La Libia verrebbe attaccata dalla Sicilia (ma ne avrebbe le forze?) – col benestare del Regno Unito – o dalla Sardegna-Belgio (con l’appoggio della Duplice Monarchia in luogo della Triplice storica)?

Per cominciare il dibattito, propongo alcune possibili risposte:

A) siccome in America, Portogallo, Spagna e Regno Unito il Punto di Divergenza non comporta cambiamenti, temo che (purtroppo) tutto si svolgerà come nella Storia reale;

B) in teoria sarebbe possibile che la riduzione delle Corone Borboniche da quattro a due favorisca per reazione una concentrazione delle due più potenti, ma anche in questo caso i rapporti di forza non vengono modificati rispetto alla Storia reale, quindi tenderei a credere che in Francia si arrivi alla Terza Repubblica e i Borboni rimangano solo in Spagna;

C) non mi sembra verosimile che l’Austria non annetta la Bosnia-Hercegovina, per cui alla fine ho paura che non si arrivi all’“Impero di Massa” perché Francesco Ferdinando verrebbe assassinato a Sarajevo (così come anche darei per molto probabile la morte prematura di Rodolfo) e il Ducato di Massa e Carrara potrebbe essere ereditato da Massimiliano di Hohenberg (oppure incorporato da Francesco Giuseppe);

D) in caso di conflitto fra la Duplice Monarchia e la Russia, con un Reich strutturato intorno a Vienna è meno probabile l’Attaco Preventivo alla Francia, per cui scatterebbe piuttosto il meccanismo dell’Alleanza Russo-Serba con Dichiarazione di Guerra alla Duplice Monarchia da parte russa, mentre rimarrebbe alla Francia la facoltà di intervenire a fianco dell’Alleato, ma senza il caso di Guerra Difensiva (né per la Russia né per la stessa Francia); il Regno Unito potrebbe rimanere non belligerante (il Belgio – verosimilmente ancora sotto Umberto I – non è neutrale ed è già parte del Reich); alla fine è prevedibile che il conflitto si concluda in ogni caso con la Vittoria della Duplice Monarchia perlomeno sulla Russia, con conseguente probabile doppia Rivoluzione, instaurazione dell’Unione Sovietica (ma nei confini della Russia di Brest-Litovsk) e ahinoi pericolo di Seconda Guerra (fra Duplice Monarchia e Unione Sovietica) con partenza tedesca da basi avanzate e conquista fino alla Linea degli Urali (ma pressoché sicuramente non oltre; ad ogni modo, mi pare uno scenario più realistico che le ucronie su Hitler non Antisemita);

E) la Triplice Alleanza del Regno Unito e della Duplice Monarchia con l’Impero Ottomano è quasi d’obbligo, tuttavia dopo l’omologo di Brest-Litovsk (/ Brest-Litowsk / Brześć nad Bugiem / Brest / Beras'ce / Brestas / Lietuvos Brasta) gli equilibrî muterebbero e quindi va messa in conto una fortissima pressione da parte sia britannica sia, a maggior ragione, francese (per esempio facendo leva su una “Vittoria Mutilata” in Transcaucasia) per staccare l’Impero Ottomano dal progetto imperial-regio di Unione Mitteleuropeo-Vicinoorientale;

F) se la Terza Repubblica avesse la freddezza di tenersi fuori dal conflitto in Europa, dopo la guerra non ci sarebbero accrescimenti coloniali per nessuno e perciò la tensione comincerebbe infine a salire, specialmente nel caso del prima o poi inevitabile tentativo di incorporare il Congo nelle Colonie del Reich.

Questi ultimi due punti sono i più gravidi di possibili conseguenze: la Crisi del Congo finirebbe magari con la Vittoria del Reich, ma in tal caso le Potenze Occidentali pagherebbero qualsiasi prezzo (anche una Rivoluzione Kemalista, per esempio) pur di far fallire il Progetto di Unione con l’Impero Ottomano. A un certo punto, però, interverrebbe la Seconda Guerra Russo-Tedesca (fra Unione Sovietica e Duplice Monarchia) e Francia e Regno Unito ne approfitterebbero per mettere il Vincitore di fronte al fatto compiuto nel Vicino Oriente. Le pur discretamente numerose Colonie del Reich (Colonie Olandesi, Tedesche, Congo, Eritrea, forse Libia) resterebbero sparse e, tranne che in Africa Centrale (Mittelfrika), prive di collegamenti territoriali fra loro; certamente gli Stati Uniti, probabilmente anche il Regno Unito e la Francia sosterebbero l’Unione Sovietica (ormai solo asiatica) al più tardi sulla Linea degli Urali.

Anche lo sviluppo della Geopolitica sarebbe un po’ diverso da come l’abbiamo conosciuto. L’idea di prevenire un’Egemonia in Europa Orientale (Mackinder) emergerebbe con un quindicennio di ritardo, data l’esistenza della Triplice Alleanza Anglo-Germano-Turca in funzione antirussa (per il Regno Unito sullo sfondo del Grande Gioco in Asia Centrale e del sostegno al Giappone nella Guerra Russo-Giapponese, che a sua volta, senza Intervento Statunitense nella Prima Guerra Russo-Tedesca, prolungherebbe l’Alleanza Russo-Americana a scapito del riavvicinamento nell’Anglosfera). Poi, il potenziale pericolo ‘globale’ del Comunismo (al cui confronto la Duplice Monarchia rappresenterebbe un elemento di sicurezza ed equilibrio), unito alla continuità geopolitica fra Russia e Unione Sovietica, potrebbero indurre a spostare più a Est la nozione di Heartland, non più con perno in Europa Centrale, ma magari appunto lungo gli Urali, che verrebbero considerati come il ‘Confine Naturale’ fra le due Potenze Eurasiatiche in equilibrio (Duplice Monarchia e Unione Sovietica, altrimenti obiettivamente superiore). A tempo debito, sopraggiungerebbe il mutamento di prospettiva (Spykman), con accentuazione dell’importanza del Rimland ad accompagnamento dell’estromissione della Duplice Monarchia dal Vicino Oriente.

A questo punto però si apre un interrogativo ancora più grande sulla Strategia del Giappone: certamente antirussa agli inizi del XX secolo, rischierebbe una guerra con gli Stati Uniti a metà del secolo oppure approfitterebbe della prima occasione per impadronirsi delle Colonie Tedesche nel Pacifico?

In ogni caso, a parte l’incertezza sul Giappone e di conseguenza su tutto l’Estremo Oriente al momento della scoperta dell’utilizzo militare dell’Energia Atomica il resto del Mondo risulterebbe così suddiviso: Stati Uniti egemoni almeno sul Continente Americano; Impero Britannico e Francia massime Potenze Coloniali; Unione Sovietica solo nella sua parte asiatica; Duplice Monarchia e Satelliti dell’Unione Mitteleuropea (Svezia) e Danubiano-Balcanica (Romania, Bulgaria, Albania, forse – ma non è detto – la Grecia; la Serbia è spartita fra Austria e Bulgaria) stretti fra Unione Sovietica (a Nord-Est), Regno Unito, Francia e Spagna a Ovest (con la Sicilia) e loro Alleati nel Vicino e Medio Oriente (Turchia e Īrān).

Le riserve petrolifere della Duplice Monarchia risulterebbero concentrate nel Mare del Nord (Norvegia), in Romania e Transcaucasia; l’Impero Coloniale tuttavia, se sufficientemente difeso, potrebbe garantire un margine di riserve in grado di fare il paio col pressoché sicuro primato nell’invenzione dell’Arma Nucleare (che introduce un nuovo rimescolamento delle carte).

Insomma vediamo che, senza l’applicazione del Principio Legittimistico al Congresso di Vienna, diviene più difficile evitare le due Guerre Mondiali; tuttavia, a differenza che nella Storia vera, se il Principio Legittimistico non fosse stato affatto usato come pretesto le due Guerre Mondiali si sarebbero limitate a due Guerre Russo-Tedesche (anche se forse senza poter evitare la Guerra del Pacifico).

Esisterebbe ancora oggi l’Unione Sovietica? E gli Imperi Coloniali? La struttura monarchica del Regno Unito permetterebbe la conservazione dell’Impero in forma di Commonwealth, probabilmente senza perdita dell’India; ma medesima impostazione federalistica, insieme all’esperienza in fatto di Questioni Nazionali, potrebbero permettere all’Unione Mitteleuropea di risolvere con successo le prevedibili Crisi in Congo e in Indonesia. L’orizzonte programmaticamente assimiltario della Nazione Francese ne esporrebbe i Territorî d’Oltremare – prima o poi destinati a inglobare tutto l’Impero Coloniale – a infiltrazioni di caratteri indipendentistico finanziabili sia dall’Unione Sovietica sia dagli Stati Uniti, qualora le dinamiche del confronto internazionale lo richiedessero. Senza Seconda Guerra Mondiale globale, però, è abbastanza realistico che gli Imperi Coloniali sopravvivano.

La durata dell’Unione Sovietica dipende dal contesto geostrategico. In mancanza di una vera Guerra Fredda (essendo il Mondo rimasto multipolare) e per le conseguentemente sempre attuali esigenze di Equilibrio di Potenza, vengono meno i motivi che qualcuno investa più di tanto allo scopo di distruggere l’Egemone Nordasiatico (né gli Stati Uniti né – messo in salvo l’Impero Coloniale – la Francia avrebbero alcunché da guadagnarci; il Reich avrebbe già dato tutto nella Seconda Guerra e il Regno Unito non agirebbe da solo). Propendo perciò per la persistenza dell’URSS, anche se non con Putin, che sarebbe Suddito del Reich.

[Istruzioni per chi si voglia raffigurare una carta del Mondo oggi: prendere una carta del Mondo nel 1914 (dove di solito si distingue la Russia Europea dalla Russia Asiatica); la Russia Asiatica diventa Unione Sovietica; la Russia Europea diventa del colore degli Imperi Centrali (Germania e Austria-Ungheria insieme), così pure la Serbia, la Romania, la Bulgaria, l’Albania, la Svezia, incerta la Grecia (il resto d’Europa come nella carta del 1815 ucronico), la Libia, l’Eritrea, il Congo Belga e tutte le Colonie Olandesi (essenzialmente Indonesia e Suriname; le Colonie Tedesche ovviamente sono già del colore giusto). Basta.]

Bilancio (dal 1814 a oggi): per la Russia, totalmente negativo (ma positivo per l’Unione Sovietica in quanto Stato Socialista); per gli Stati Uniti, peggiore che la Storia reale; per il Regno Unito, migliore che la Storia reale; per la Francia altrettanto (perde la Corsica e non riottiene Nizza e la Savoia, ma in compenso rimane una delle massime Potenze del Mondo, senza neppure bisogno di scendere a compromessi con l’Unificazione Europea); per la Prussia, incomparabilmente meglio che la Storia reale; per l’Austria, meglio che per chiunque altro; per la Spagna e il Portogallo: indifferente; per la Svezia: un po’ meglio che la Storia reale (non esiste più la minaccia russa e non è sostituita da altre); per la Danimarca: molto meglio che la Storia reale; per l’Olanda: meglio che la Storia reale (conserva le Colonie); per il Belgio: un po’ meglio della Storia reale (niente occupazioni nella Prima e Seconda Guerra Mondiale); per la Svizzera: a lungo termine un po’ meglio che la Storia reale (i Grigioni conservano Bormio e San Giacomo Filippo) per i Sovrani Tedeschi e le Secondo- e Terzogeniture Asburgiche: decisamente meglio (conservano i proprî Stati); per i Borboni di Parma: un po’ peggio (non conseguono nemmeno il Lussemburgo), anche se in compenso potrebbero essere Viceré di Napoli; per i Borboni delle Due Sicilie: decisamente meglio (conservano la Sicilia e forse pure la Somalia); per i Savoia: a lungo termine meglio (conservano un Regno); per Genova: altrettanto (conserva l’autonomia dello Stato e la Corsica); per Venezia: meno che per Genova, ma pur sempre meglio che la Storia reale (conserva l’autonomia dello Stato); per il Papa: forse alla fine è indifferente; per la Corsica: a lungo termine conserva più autonomia; per la Sardegna: pressoché indifferente (non deve abbandonare il castigliano per l’italiano, ma per il francese); per la Sicilia: meglio che mai (indipendente e sicura fino a oggi).

Tranne la Russia e gli Stati Uniti, sarebbe stato meglio per le altre principali Potenze (Regno Unito, Francia, Prussia, Austria), anche medie (Svezia, Danimarca, Olanda, perfino per la Svizzera, i Savoia, i Borboni delle Due Sicilie, i Rami Cadetti Asburgici, le Dinastie Tedesche), per chi è stato oggetto di scambio o cessione (Belgio, Genova, Venezia), per due su tre delle Isole Maggiori (Sicilia, Corsica), indifferente invece per la Sardegna, per il Papa, per la Spagna e il Portogallo. Accanto alla Russia e agli Stati Uniti, restano con veri motivi di scontento solo i Borboni di Parma, a meno che diventino abitualmente Viceré di Napoli (in tal caso lo svantaggio è solo russo e statunitense).

Va comunque osservato che gli Stati Uniti realizzano lo stesso, in pieno (con la sola eccezione del Canada e di qualche Colonia Inglese, Francese e Olandese), la Dottrina di Monroe, dunque per le intenzioni dell’epoca conseguono un successo quasi totale e oggi in questa ucronia non si senterebbero sfortunati.
Netto è invece il peggioramento per la Russia (non per l’Unione Sovietica in sé, che anzi sopravvive), perché perde nientemeno che la parte europea (la quale peraltro, come ovvio, continua a esistere tale e quale entro il Reich, che non è il Terzo, ma una versione molto mitigata del Secondo): la causa è nella Prima e nella Seconda Guerra Russo-Tedesca, che, non essendo Mondiali, non lasciano margini di riscossa. Viene spontaneo chiedersi: la conservazione dell’unità fra Russia Europea e Russia Asiatica vale il prezzo che le due più grandi guerre del XX secolo siano state Guerre Mondiali? Evidentemente no; ma allora, se questa ucronia portasse a una situazione attuale in cui da un lato la Russia Europea è monarchica (sotto i Romanov) e in Asia c’è ancora l’Unione Sovietica, verrebbe considerata positiva? Dai Monarchici sì, dai Sostenitori dell’Idea Sovietica anche (l’alternativa è l’oggi, senza URSS); contrarî resterebbero solo i Nazionalisti Russi (N.B. solo russi; molti Panslavisti potrebbero essere invece favorevoli a lasciare la Siberia a un’Unione Sovietica comunque a guida russa e unire invece tutti gli Slavi d’Europa in un solo Stato).

Dunque la domanda finale diventa: c’è una tale differenza fra una Russia solo Europea, Monarchica, governata da un Romanov (fino alla fine dell’Impero una Dinastia in realtà totalmente tedesca, perché in linea paterna discendente da Peter Karl Ulrich von Holstein-Gottorp e perché da allora tutte le Imperatrici, nessuna esclusa, sono state di Dinastie Tedesche, compresi gli Oldenburg-Sonderburg-Glücksburg di Danimarca) e una Russia tale e quale, solo Europea, Monarchica, governata da un’altra Dinastia Tedesca (probabilmente meno tedesca dei Romanov-Holstein-Gottorp), per esempio – non essendovi impedimenti successorî – proprio da quel Massimiliano di Hohenberg primogenito maschio dello slavofilo Francesco Ferdinando? Dato che i Nazionalisti Russi hanno già risposto negativamente alla domanda precedente, non credo che resti più nessun gruppo rilevante che possa sostenere la preferibilità dei Romanov.

In questa prospettiva (e nel caso che i Borboni di Parma potessero restare a lungo Viceré di Napoli), il bilancio negativo si restringe ai soli Nazionalisti Russi, perlopiù Repubblicani (per quelli Monarchici la Pregiudiziale Istituzionale potrebbe superare l’Istanza Imperial[istica]), i quali in assoluta maggioranza sono Putiniani. Per concludere: se Congresso di Vienna e, prima, nel Trattato di Parigi non fosse stato in alcun modo preso in considerazione il Principio di Legittimità, l’unico ad avere serî motivi di scontento sarebbe... Vladimir Vladimirovič, con al séguito i suoi milioni di Sostenitori (lascio ad altri di immaginare come sarebbe stata la vita del Cav. Berlusconi in questa ucronia; mi pare ovvio che non sarebbe mai salito al Potere né lo sarebbe alcuno dei suoi Amici, Alleati o Referenti Politici, presenti o passati: altre ‘vittime’ di questa ucronia...)

Bhrghowidhon

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Il 15 gennaio 2020, inoltre, sempre Bhrghowidhon ci ha inviato questo testo:

Più che mai sono persuaso del totale e irrimediabile fallimento del progetto geopolitico della Secessione Italiana del 1859-1866, trascinatosi fino a oggi – in quelle che nel 1848 erano le sognate forme repubblicane e unitarie – con i risultati che sono sotto gli occhi di tutto il Mondo. So che pochissimi condividono quest’analisi e non ho alcuna ambizione di convincerne altri; chiedo solo di poter mettere per iscritto un’ucronia politica ispirata a tali sentimenti.

Tutte le (rare) volte che l’attualità geopolitica è stata oggetto di discussione in questa lista, i più bei sogni – che si trattasse di Singolarità o di Mondo Unito – sono finiti in briciole sotto critiche che non lasciavano spazio ad alcuna speranza: anche l’Eurasia Cantonale, perfino la Francia-Italia-Germania-Austria. Dunque non esporrò alcuna utopia, neanche quella facile facile della Moneta Unica e del Mercato Unico del Lavoro; nella Lista di Utopiaucronia non c’è posto per... l’Utopia (almeno non per quella che mi sembra più realistica).

Accenno invece a un’ucronia – appunto politica – brutta, gretta, stupida, micragnosa, inverosimile e pure odiosa per quasi tutti (come la situazione attuale – e quel che le somiglia – è tutto ciò per me). Parto dal risultato, perché non siamo obbligati ad attenerci al più usato schema che parte da un singolo Punto di Divergenza e ne calcola le conseguenze (ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno, non credo che qualcuno ne senta la mancanza al punto di non sopportare di leggere altro; e poi nessuno è costretto a leggere questo messaggio).

Il risultato è che la Repubblica Italiana – una e indivisibile, con la sua Costituzione e tutto quanto, anche con Berlusconi, Salvini, Grillo e tutte le sue élites – diventa in blocco un Bundesland dell’Austria e l’Austria così estesa entra a propria volta come unico grande Bundesland (chiamato, per disambiguazione, Freistaat come la Baviera, la Sassonia e la Turingia) nella Repubblica Federale Tedesca, che ritorna al nome dell’epoca di Weimar (Deutsches Reich; era una Repubblica) e la cui Capitale viene sdoppiata aggiungendo Vienna (Sede del Presidente della Repubblica) a Berlino (Sede del Parlamento Federale; il Governo in entrambe le Capitali). Non ci vuole una particolare cultura geografica e politica per rendersi conto delle sproporzioni, ma così voglio che sia e non mi importa niente se non succederà mai (neanche le ucronie di cui sempre discutiamo possono essere avvenute, sono per definizione potenzialità scartate dalla Storia); non si tratta infatti di utopia (che cosa c’è di utopistico), ma di ucronia, quindi delle conseguenze di un Punto di Divergenza – da cercare – nel Passato, anche se l’esito considerato si trova ancora (rispetto a oggi) nel Futuro (anche per esempio l’ucronica Unione Personale di Russia e Germania sotto gli Hohenzollern, varie volte accennata, presuppone un Punto di Divergenza nel Passato – che comporti almeno la persistenza dell’Impero Russo e del Secondo Reich – ma si colloca nel Futuro).

È il Sacro Romano Impero redivivo? No, a cominciare dal fatto che non è una Monarchia (né Elettiva né Ereditaria). È l’Impero Asburgico? Neanche, per la semplice ragione che gli Asburgo-Lorena sono semplici Cittadini come tutti gli altri. È la Grande Germania? Nemmeno, perché le mancano varie regioni (per esempio in Svizzera) e anche perché è molto spostata verso l’Italia. È un Anschluß? Neppure, perché le Capitali sono e rimangono due (Berlino per il Parlamento, Vienna per la Presidenza, ma conservando il proprio Parlamento) e il Governo viene suddiviso fra entrambe.
La Repubblica Federale Tedesca ha due Camere, il Bundestag (Dieta Federale) e il Bundesrat (Consiglio Federale); il primo è il Parlamento dello Stato, il secondo è la Camera dei Bundesländer. In Austria, gli omologhi si chiamano, rispettivamente, Nationalrat (Consiglio Nazionale) e Bundesrat (Consiglio Federale, come in Germania); in Svizzera si chiamano Nationalrat (Consiglio Nazionale, come in Austria) e Ständerat (Consiglio degli Stati; attenzione che, in Svizzera, il Bundesrat o Consiglio Federale è invece il Governo o Direttorio).

In Germania, ogni Bundesland ha un Parlamento Locale, che quasi sempre si chiama Landtag, ma come categoria si chiama Landesparlament; in Austria, ogni Bundesland ha un Landtag; in Svizzera, ogni Cantone ha il proprio Parlamento, che in tedesco si chiama Landrat o Kantonsrat (Parlamento Cantonale) o Grosser Rat (Gran Consiglio, usato anche in italiano e corrispondentemente in francese e romancio). In Italia, l’unico Landtag è il Consiglio della Provincia Autonoma di Bolzano. In questa ucronia, il Bundestag tornerebbe a chiamarsi Reichstag, il Bundesrat tornerebbe a chiamarsi Reichsrat; il Freistaat Österreich avrebbe due Landesparlamente, il Nationalrat e il Bundesrat (quest’ultimo non più omonimo del Bundesrat della Repubblica Federale, tornato Reichsrat; è indispensabile una distinzione di nome), mentre sia gli altri Bundesländer del Reich sia i Bundesländer (opportunamente da ridenominare come Freistaatsländer) dell’Austria avrebbero ciascuno un Landtag, a parte il Freistaatsland costituito dalla Repubblica Italiana, che ne avrebbe due, la Camera e il Senato, che in tedesco si potrebbero chiamare rispettivamente Landrat e Ständerat (mentre Landtag rimarrebbe il nome del Consiglio Provinciale di Bolzano).

L’adattamento sarebbe sostanzialmente tutto qui; il resto rimarrebbe invariato, ovviamente con l’aggiunta che tutti i Cittadini Italiani voterebbero, in più (come tutti gli altri Austriaci), anche per il Nationalrat (al Bundesrat si aggiungerebbero automaticamente i Rappresentanti dell’Italia in quanto Freistaatsland) di Vienna e per il Reichstag (al Reichsrat si aggiungerebbero automaticamente i Rappresentanti dell’Austria come Bundesland) di Berlino.

In Germania non esiste una lingua ufficiale a livello federale; ogni Bundesland la stabilisce e, siccome l’Austria ha la propria lingua ufficiale (il tedesco), non sarebbe necessaria alcuna modifica costituzionale. Inoltre, in tre Bundesländer austriaci sono ufficiali a livello distrettuale lo sloveno e il croato e in singoli Comuni l’ungherese; dato che in Italia il tedesco è già ufficialmente riconosciuto a livello locale, la situazione si formalizzerebbe da sé, in quanto il Freistaatsland dell’Italia avrebbe il tedesco (a livello distrettuale) e l’italiano come lingue ufficiali (assieme ad altre a livello locale). Si noti dunque che i Parlamentarî Italiani a Roma continuerebbero a usare praticamente solo l’italiano; gli unici a dover essere bilingui in italiano e tedesco sarebbero i nuovi Rappresentanti, eletti al Reichstag (Berlino) e al Nationalrat (Vienna) e nominati al Reichsrat (Berlino) e al Bundesrat (Vienna). La Radio e la Televisione continuerebbero a trasmettere in italiano, come accade in Svizzera (la novità sarebbe che, come quivi, si riceverebbero anche la Radio e la Televisione in altra lingua ufficiale – in questa ucronia solo in tedesco, in Svizzera anche in francese, mentre il romancio viene distribuito fra Radiotelevisione Svizzera Tedesca e Italiana); anche i quotidiani sarebbero in italiano, con una leggermente maggiore distribuzione di giornali in tedesco rispetto all’attuale. Agli attuali notiziarî se ne aggiungerebbe uno (in italiano, presumibilmente in prima serata) dedicato alla Politica Federale e Internazionale.

A livello legislativo non cambierebbe sostanzialmente niente, perché già la massima parte delle Norme segue le Direttive Europee ed è uguale in tutti e tre gli Stati (Germania, Austria e Italia) oltre che nel resto dell’Unione Europea; i prezzi sono già in Euro e manterrebbero le variazioni al dettaglio a seconda della regione e della località. Ciò che cambierebbe sarebbe invece la Politica ai Vertici dello Stato: non a Roma, dove tutto rimarrebbe com’è, ma a livello di Partiti, perché presto o tardi l’interesse elettorale spingerebbe ad accordi o addirittura fusioni con Formazioni Politiche di altri Bundesländer, certo conservando le attuali Dirigenze a livello di Italia, ma subordinandole a quelle delle Federazioni di Partiti simili a livello dell’intera Repubblica Federale (Reich), eccettuate presumibilmente quelle non assimilabili (per esempio la Lega Nord per l’Indipendenza della Padania – difficilmente federabile con altri Partiti in Austria o in Germania, se non la Freiheitliche Partei Österreichs ‘Partito Austriaco della Libertà’ – o anche il Movimento Cinque Stelle, che però potrebbe forse trovare qualche convergenza con Partiti Austriaci o Tedeschi; anche fra questi ultimi esistono comunque formazioni – non localistiche – di diffusione limitata a solo alcune regioni). Sul Parlamento Italiano dunque ci sarebbero pochissimi effetti, mentre molto cambierebbe al Nationalrat di Vienna e, insieme all’effetto dei voti austriaci, al Reichstag, dove nel complesso la Destra risulterebbe percentualmente accresciuta a motivo della vicinanza fra Alternative für Deutschland, Freiheitliche Partei Österreichs e Lega, mentre forse Forza Italia confluirebbe con i Popolari e i Cristiano-Democratici/Cristiano-Sociali e di sicuro il Partito Democratico si fonderebbe con i Socialdemocratici.

Nulla vieta di mantenere gli attuali Campionati sportivi, i cui Vincitori passerebbero a quello federale per tutto il Reich (le trasferte sarebbero un po’ più lontane, ma lo spettacolo sarebbe molto apprezzato); in pratica, le grandi Squadre militerebbero in Bundesliga e le loro Tifoserie comincerebbero a diventare bilingui. Sarebbe opportuno che le Rappresentanze Nazionali nelle Competizioni Internazionali (Calcio, Atletica &c.) fossero unitarie per tutti e tre insieme gli attuali Stati (l’Automobilismo, il Ciclismo &c. non ne sarebbero toccati; i Gran Premî rimarrebbero dove sono, le gare ciclistiche resterebbero come adesso, al massimo se ne aggiungerebbero una o due).

Come in tanti altri grandi Stati, ci potrebbero perfino essere due Fusi Orarî (nel caso che la Germania optasse per l’Ora Solare e l’Italia per l’Ora Legale permanenti).

La vita rimarrebbe com’è oggi (per molti deludente), ma questa non è un’utopia, è solo un’ucronia...

Bhrghowidhon

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Pietro Bosi gli domanda:

A prima vista pensavo fosse un'ucronia sul Reichsitalien restaurato, ma a leggere bene, hai ragione è una cosa completamente diversa. Come si potrebbe giustificare, agli occhi dell'opinione pubblica quest'unione, il Quarto Reich, Viertes Reich?

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Anche Paolo Maltagliati fa sentire la sua voce:

Una pensiero mi sorge, a questo punto. che il pensiero unico della storia italiana, a livello di esito sia l'ineluttabilità dello stato nazionale italiano come è ora (ucronicamente con pezzi in più o in meno, più forti o no economicamente o politicamente, con colonie o no ma sostanzialmente quello), l'abbiamo già detto tanto volte, provando a eviscerarne i motivi, litigando...

Ma all'interno della storia tedesca (e se esistono differenze tra Germania e Austria), perlomeno a livello manualistico/divulgativo, come si pone la questione dello stato nazionale tedesco?

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E Bhrghowidhon replica loro:

In Germania il discrimine è costituito dal 1648 (fino alle Paci di Westfalia al centro dell’attenzione è chiaramente il Sacro Romano Impero, sia che venga chiamato Altes Reich ‘Vecchio Impero’ sia che si usi l’eufemismo Mitteleuropa), poi valgono i confini del Regno di Germania in senso stretto (metropolitano, per così dire) e quindi non solo l’Olanda e la Svizzera, ma anche il Reichsitalien escono dall’àmbito della ‘Storia Nazionale’ (per essere recuperati solo nella Storia d’Europa), mentre è pienamente focalizzato il Dualismo Austro-Prussiano, sia prima sia dopo il 1806 (perciò in fase napoleonica imperiale la Nazione si considera praticamente divisa in tre, Confederazione del Reno – Prussia – Austria). Dopo il 1814/1815 è al centro la Confederazione Germanica insieme a tutta la Prussia, mentre le parti dell’Impero d’Austria non comprese nella Confederazione Germanica cominciano a essere trattate come Estero (non solo il Lombardo-Veneto, ma anche l’Ungheria e la Galizia-Lodomiria con la Bukovina); lo iato è però nel 1866-1871, dopodiché la stessa Austria diventa qualcosa di diverso dalla Germania, salvo rientrarvi nel 1938-1945.

In effetti, fino alla Prima Guerra Mondiale compresa era di moda soprannominare gli Stati in forma neoclassica, per cui:

Germania = Germani (in tedesco non è così ovvio: Deutsches Reich = Germanen)
Regno Unito = Britanni
Olanda = Batavi
Belgio = Belgi (in questo caso il nome stesso dello Stato è neoclassico)
Svizzera = Elvezi
Francia = Galli
Spagna = Iberi
Portogallo = Lusitani
Italia = Romani
Russia = Slavi
Romania = Daci
Bulgaria = Traci
(ovviamente Grecia = Greci)

In tutto questo, per l’Austria-Ungheria non era rimasto niente (le due Nazioni assolutamente maggioritarie in epoca antica erano i Celti e gli Slavi) e per questo si è optato per gli Illirî (l’Albania non esisteva ancora e lo Jugoslavismo o Illirismo non era egemonizzato dalla Serbia). Dopo il 1871 è dunque avvenuta una profonda metamorfosi nella percezione (interna ed esterna) dell’Austria, in concomitanza con la restrizione di Reich al solo Preußisches Reich (fino agli Anni Cinquanta compresi si usava ancora Reich [anche] per la Soluzione Grande-Tedesca). Ancora oggi, una versione aggiornata dell’Illirismo è dottrina ufficiale nel più separatista dei Bundesländer austriaci, il Tirolo (e di riflesso anche a Sud delle Alpi, in parte). Ne sono coinvolto di persona e posso garantire che la deformazione delle percezioni etnico-nazionali è maggiore che in Israele/Palestina...

Questo mi porta alla prospettiva delle possibilità di consenso al(l’invero piccolo e modesto) Quarto Reich. Non vedo altro modo che lo stesso con cui si perpetua il «Pensiero Unico» della Storia Italiana: la Storiografia e in particolare la Cartografia Storiografica. Perché le ucronie più ripetute sono quelle in cui l’Italia comprende Nizza, Savoia, Corsica, Istria e Dalmazia? A mio modestissimo avviso, per il fatto che questa è la carta pancronica (anche solo mentale) della massima estensione dell’unico Stato Italiano contemplato dalla Storiografia: il Regno Sabaudo (da Regno di Sardegna a Regno d’Italia, compresi il Patto di Londra e le Annessioni del 1941-1943). Se non fosse così, ci aspetteremmo molta più insistenza sul Canton Ticino e sulle Valli Lombarde dei Grigioni.

Ora, gli Atlanti Storici (non solo in Italia) contengono un errore madornale: escludono il Reichsitalien dal Sacro Romano Impero dopo il 1648. Questo è un falso storico assoluto (basta leggersi i Trattati di Münster e Osnabrück per constatarlo), ma continuamente replicato. Mentre però fino a pochi anni fa la massima parte dei Fruitori degli Atlanti se ne doveva fidare, oggi sono disponibili le Fonti dell’epoca e prima o poi diventerà inevitabile correggere l’errore (dapprima in Germania, poi negli altri Paesi). Negli Atlanti dunque il Sacro Romano Impero verrà rappresentato fino alla Pace di Lunéville nei suoi confini effettivi e allora si comincerà a ragionare (spontaneamente) sulla continuità del Regno d’Italia Carolingio dal 774 (e, prima, del Regno Longobardo) fino al 1800, quindi – anche attraverso il Regno Italico napoleonico, che uscirà dal suo isolamento storico – della sua riduzione al Lombardo-Veneto. A quel punto sarà chiaro a tutti, dalle Elementari in poi, che nel 1859 i Candidati a unire l’Italia erano due, il Regno di Sardegna e il Lombardo-Veneto, e che quest’ultimo aveva più possibilità, quindi si innescherà lo stesso processo (in fondo ucronico) che fa tanto rimpiangere il Patto di Londra: e se le conquiste fossero state ‘lombardo-venete’? Si comincerà a notare che l’Istria e la Dalmazia già si trovavano in Unione Personale e Reale col Lombardo-Veneto, così pure l’intero Tirolo, ovviamente con tutto il resto dell’Austria, che per parte sua – dato che le deformazioni in eccesso attirano sempre – comprendeva pure la Boemia e la Moravia, ma addirittura la Galizia-Lodomiria fino alla Bukovina, e poi soprattutto l’Ungheria con la Transilvania e la Croazia-Slavonia; poi si farà il passo successivo, la Presidenza Austriaca della Confederazione Germanica, ed ecco che la continuità dall’800 al 1800 si rivelerà plasticamente in tutta la sua estensione tedesca oltre che “gallesca”, con apice nell’Ūnĭō Rēgnī ĕt Ĭmpĕrĭī di Enrico VI. e, ancora più grande, di Carlo V. (e poi anche di Carlo VI.). Insomma, tutto l’armamentario di simboli e miti che periodicamente infliggo a questa Lista... Credo che in una cinquantina d’anni, se il Pensiero Unico non corre ai ripari, tutto questo si sarà realizzato.

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Tommaso Mazzoni aggiunge:

Mi si deve dare atto che io spesso includo la Provenza nell'Italia, e che ho a volte immaginato un Italia includente Austria e Baviera.

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Bhrghowidhon annuisce:

Non solo: il riferimento (anche in momenti cruciali) all’Italia di Teodorico è secondo me l’indizio flagrante che la forma ‘sovraestesa’ è un’attrazione irresistibile. Man mano che l’Italia Tardoantica/Teodoriciana verrà recuperata all’‘Immaginario Cartografico’, il salto al Sacro Romano Impero diventerà più facile...

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Pietro Bosi fa notare:

Però sarebbe interessante immaginare la Provenza nella sfera storica e culturale italiana (lo dico senza alcuna sfumatura imperialistica e [pseudo]irredentistica).

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Paolo invece scuote la testa:

Non lo so, Bhrghowidhon, non sono ottimista quanto te. Ho dei seri dubbi che le 'revisioni in senso cartografico' possano percolare più di quel tanto verso il basso.

Tangenzialmente al discorso, la mia modesta impressione di insegnante delle superiori di un liceo di provincia, è che la modalità comunicativa nell'era 'social' abbia come criterio esclusivo il raggiungimento di una massa critica che ne consente la diffusione, con in più il diritto rivendicato all'assenza di un'autorità (per fare un esempio, oggi come oggi, non posso dire a un terrapiattista che la mia posizione ha più peso della sua, sulla base delle mie maggiori conoscenze di geofisica. È sempre più visto in maniera negativa -autoritario, fascista eccetera - appellarsi a un'autorità per difendere la propria posizione ) . Quindi l'espansione di una informazione dipende in misura pressoché assoluta dalla sua persuasività, non certo dalla sua correttezza logico-formale.

Quindi, in generale, i cambi di mentalità sono tanto facili quanto poco duraturi.

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Bhrghowidhon replica:

Purtroppo è vero... In questo caso non so come mai il Pensiero Unico sia così forte.

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Anche Perchè No? ha qualcosa da dire:

Capisco l'interesse della costruzione... ma perché sarebbe un'utopia? Assomiglia a uno delle tante costruzioni politiche alternative già discusse. Sarebbe una cosa capita da tutti in Italia e immediatamente vista come positiva?

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Bhrghowidhon gli risponde:

Per come la percepisco, non è un’utopia, ma un’ucronia (con Punto di Divergenza – da cercare – nel Passato ed effetti nel Futuro). Se ho scritto «Non è un’utopia» non è perché lo possa essere, ma perché poteva sembrare che io la considerassi tale, proiettandola nel Futuro.

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Interviene pure Alessio Mammarella:

E' possibile tracciare un paragone tra la questione Italia-Germania e quella Grecia-Slavia? La Penisola Balcanica (consideriamo la sola parte a sud del corso del Danubio, in modo da semplificare prendendo in esame solo greci e slavi meridionali) è abitata da popoli che dal Medioevo vivono insieme, affiancati e in parte anche mescolati, proprio come latini e germani. Dal punto di vista etnico, anche in questo caso sono tutti indoeuropei. Dal punto di vista confessionale sono tutti ortodossi (così come i germani meridionali ed i latini sono accumulati dall'essere cattolici). Per secoli tutti i territori di cui stiamo parlando furono racchiusi all'interno di una entità imperiale, quindi anche a livello di società e costumi ci devono essere delle somiglianze notevoli. L'unica differenza con nostro caso è che l'entità imperiale non era riferibile al popolo del nord fra i due (es. un impero bulgaro, equivalente orientale del SRI) perché erano tutti nello stesso stato di sottomissione. Ora io mi domando: se fosse invece esistito un impero slavo nei Balcani, avremmo visto comunque la Grecia staccarsene e diventare uno stato nazionale? In quel caso, saremmo stati favorevoli o contrari alla scelta dei greci?

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Bhrghowidhon spiega:

Per quello che può sembrare a me, sicuramente sì! Ne discutiamo di rado, perché sono pochi i Punti di Divergenza che la implicano, ma ne sono convinto con la stessa profondità. L’Europa Slavo-Bizantina mi risulterebbe anzi un’unità al livello dell’intero Occidente Romano-Germanico; a voler cercare un’omologa della Nazione Germanica e Gallesca, penserei a quella Russo-Bizantina, che è comunque enormemente più vasta (da Creta all’Alaska)

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E Pietro Bosi domanda:

Miglior candidato l'Impero Bulgaro o l'Impero Serbo?

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La risposta non può che venire da Bhrghowidhon:

Di fatto, l’Impero Russo ha raccolto l’eredità di entrambi. A livello giuridico e simbolico, ne è indizio il termine stesso per l’Imperatore, Car’ (= “Zar”), che si è usato solo in Bulgaria, Serbia e Russia (la sua reintroduzione in Serbia e Bulgaria è avvenuta fondamentalmente grazie alla Russia): etimologicamente è la trasformazione di Kaisar (gotico e greco, ovviamente dal latino Caesar) e geopoliticamente corrisponde al titolo del Cesare di Sirmio (vicinissimo a Belgrado) subordinato all’Augusto d’Oriente (come Kaiser al Cesare di Treviri subordinato all’Augusto di Milano, poi Ravenna; in questo caso, poi, da Carlomagno il Cesare è diventato anche Augusto e infatti il Kaiser portava il titolo di Mehrer des Reiches ‘Aumentatore dell’Impero’, traduzione pregnante del latino Semper Augustus; parallelamente, il Sultano Ottomano e Califfo dei Credenti portava il titolo di Qayser-i Rūm ‘Imperatore di Roma’ e questo esaurisce la lista dei Sovrani che hanno ereditato il nome di Caesar).

Nella realtà quotidiana, la Serbia del XVIII. secolo usava come lingua ufficiale lo slavo ecclesiastico russo (non lo slavo ecclesiastico serbo); il Patriarcato Serbo è stato l’unico a persistere (a parte che in Russia) dopo la politica di riaccentramento su Costantinopoli svolta dall’Impero Ottomano (si noti che il Patriarcato è continuato sostanzialmente nei Territorî Asburgici e comprendeva anche le aree romene). La somma di tutto ciò è che davvero, a livello di acroletto (quindi di lingua che viene adottata dagli Stati Nazionali), Serbia e Russia erano già tutt’uno e, in caso di Restaurazione dell’Impero Bizantino, la riunificazione dell’intero spazio sarebbe diventata realtà.

Approfitto di questo messaggio per aggiungere un addentellato sulla Provenza. Il passaggio del Delfinato e della Provenza dal Sacro Romano Impero al Regno di Francia non ha mai avuto una sanzione giuridica, perché è stato portato avanti nel malinteso che si trattasse di infeudazioni da parte del Sacro Romano Impero (che il Regno di Francia non riconosceva; chiamava così – e senza la qualifica di Romano – il solo Regno di Germania) al Re di Francia (che invece non riconosceva Superiori), nonché di un’interpretazione duplice della Legge Salica da parte degli stessi Re di Francia, che in Francia consideravano esaurita una Dinastia Feudale quando cessava la Discendenza dal Primo Vassallo investito del Feudo, mentre nell’Impero vi applicavano a oltranza la Legge Salica (anche quando gli Eredi non erano discendenti dal Primo Vassallo, ma da un suo precedente antenato), al contempo però non riconoscendo come tale il Sovrano Feudale (in pratica si tratta di un’interpretazione giuridica applicata esclusivamente ai fini dell’esproprio di Feudi Imperiali e usata pure nella Politica delle Riunioni, che al contempo applicava il Diritto Feudale Imperiale nei confronti dei Valvassori). Mi pare un caso evidente di Politica come Continuazione della Guerra con Altri Mezzi...

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Pietro Bosi aggiunge:

Senza alcuna retorica irredentista o imperialista, vengono in mente in proposito i versi di Dante:

« Sì come ad Arli, ove Rodano stagna,
sì com'a Pola, presso del Carnaro
ch'Italia chiude e suoi termini bagna... » (Inf. IX, 112-114)

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E Bhrghowidhon conclude il discorso:

Gli unici casi in cui è stato realtà sono stati il Sacro Romano Impero fino al 1481 e il Primo Impero (sia pure solo in Unione Personale fra Impero dei Francesi e Regno Italico). L’inclusione di territorî oggi sloveni e croati supera tutte le ucronie minimaliste attuali che ho proposto (Unione di Germania, Austria, Italia [questa] + Francia [versione precedente] + Svizzera [due versioni prima]).

È d’altra parte il minimo che operi un’unificazione delle Regioni Alpine; questo mi interessa in particolare, perché abito principalmente (e in modo continuativo) in due luoghi, in uno dei quali vedo dalla finestra le Alpi e i Laghi Prealpini, nell’altro il Mar Mediterraneo e gli Appennini, laonde mi sovviene ogni giorno in questo il pensiero che l’unica compagine politica ad aver unificato il Mediterraneo è stato l’Impero Romano, nel primo quello che l’unico altro Stato ad aver unificato le Alpi è stato il Sacro Romano Impero.

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Per farci sapere il vostro parere a riguardo, scriveteci a questo indirizzo.


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