« Tu con nu, nu con ti! »

di Basileus TFT


Nel 1797 la città di Perasto (vedi foto sottostante), presso le bocche di Cattaro, Gonfaloniera di Venezia da metà del '300, si rifiuta sottomettersi agli austriaci nonostante Venezia sia già considerata spazzata via dalla storia. "Tu con nu, nu con ti!" era lo slogan dei soldati di Perasto che di fatto rifondarono la repubblica veneta con una cerimonia nel Duomo di Perasto. A questo punto gli austriaci decidono di intervenire con la forza e mandano un esercito. Nonostante Perasto fosse in una posizione strategica simile a quella di Venezia decide di cedere con l'onore delle armi per evitare uno scontro impari con un nemico molto più numeroso.

Ma se Perasto decide di combattere fino alle fine? Magari si ripete un "caso Salmenikion" in cui gli austriaci si stancano di assediare dopo qualche giorno e si ritirano non dando peso "ad una città così piccola", oppure Perasto si allea con l'Inghilterra o semplicemente riesce a strappare una pace bianca. Fatto sta che la Repubblica veneta di Perasto viene fondata. Sopravvivrà al periodo napoleonico? Che ruolo avrà nell'unificazione d'Italia?

Veduta di Perasto

Ecco una possibile Timeline:

1797: Perasto si dichiara "eternamente veneziana". Il proclama di Giuseppe Viscovich, sicuramente il più toccante discorso pervenutoci in lingua veneta viene adottato come inno nazionale, musicato da un musicante anonimo della città. Perasto conta solo 1500 abitanti e la resistenza contro le forze austriache pare più che disperata. Il 28 agosto un imponente esercito austriaco circonda la città e le intima di arrendersi, ottenendo un netto rifiuto. Francesco d'Asburgo ha pietà per il piccolo borgo e decide di risparmiarlo "non valendo la pena di sprecare proiettili per una città così piccola". Perasto diviene a tutti gli effetti l'ultima città veneta libera.

1798: Giuseppe Viscovich è nominato nuovo Doge di Perasto (nominalmente anche di Venezia). Il Trattato di Campoformio delude le aspettative dei patrioti italiani e in particolare di quelli veneti che non si aspettavano un'annessione all'Austria. Nel giro di un solo anno più di 400 esuli veneti (buona parte italiani dalmati) scappano a Perasto sotto al vessillo del Leone Marciano.

1799: Perasto mantiene la sua neutralità durante la campagna d'egitto di Napoleone. L'anno è accompagnato dall'arrivo di altri 800 profughi.

1800: L'arrivo di altri 600 veneti crea un problema di spazio a Perasto che è costretta ad espandersi nell'entroterra. Durante quest'anno vengono riabilitati tutti e quattro gli arsenali navali cittadini (2 erano da tempo in disuso). Inoltre viene costruita una torre di avvistamento nell'isoletta di San Marco, ottimo esempio di architettura tardoveneta.

1801-1805: La città di Perasto raggiunge il record di popolazione con i suoi 5000 abitanti. L'inghilterra propone alla piccola cittadina veneta di concedere il diritto di attracco alle navi antinapoleoniche e di entrare direttamente in guerra contro il francese. In cambio promette la restituzione delle terre strappate da Napoleone. Giuseppe Viscovich esita, soprattutto per la posizione dell'Austria. Nel frattempo Perasto si dota di un Consiglio simile al vecchio senato veneto, ne mantiene le leggi e le istituzioni.

1805-1810: La morte del Doge Viscovich scuote le fondamente della piccola Perasto. Il nuovo doge è Tommaso Foscarini, un esule veneto che aveva militato lungamente nella marina di Venezia. Il nuovo Doge raggiunge un accordo congiunto con l'Inghilterra e l'Austria. In cambio dell'aiuto di Perasto contro Napoleone l'Austria si impegnerà a cedere alla cittadella tutta l'area delle bocche di Cattaro mentre l'Inghilterra prenderà dalla Francia l'Isola di Zacinto e la cederà a Perasto. Di fronte a queste prospettive il Doge accetta.

1810-12: Napoleone non di scomoda per la dichiarazione di guerra di Perasto, anche perchè la cittadina viene riempita di navi e soldati inglesi. Intanto inizia la campagna di Russia. Perasto, contando gli ospiti inglesi, raggiunge quasi 6500 abitanti.

1812: Si vota per una riforma sulla durata della carica del Doge, che passa. Ora il Doge ha un mandato della durata di cinque anni, rieleggibile a vita salvo cattiva condotta. Napoleone fa quello che deve fare in Russia e la sua disfatta è totale. Gran Bretagna, Austria e Prussia rialzano la testa, insieme a tanti piccoli stati fra cui la Repubblica veneta di Perasto.

1813: A causa delle sue cattive condizioni di salute il Doge abdica e comunica l'intenzione di non ripresentarsi nella politica veneta. Con gran piacere del Consiglio è eletto Doge suo fratello, Paolo Foscarini, capitano di fregata e anch'egli esule veneto. Sotto il suo comando Perasto compie le sue prime azioni militari: tre navi venete supportano le azioni della flotta britannica. Sotto un cielo azzurro e calmo di luglio la nave "Venier" di Perasto bombarda il porto di Bari e affonda la fregata "libertè" li ancorata.

1814: 100 soldati veneti partecipano alla battaglia di Montmarte che vede la sconfitta delle truppe francesi. Napoleone è sconfitto e fatto Governatore dell'Isola d'Elba. Come promesso l'Austria cede le Bocche di Cattaro a Perasto, con la promessa per i veneti che li abitano di non rivendicare più le altre terre di Venezia. L'Inghilterra, invece, si rimangia la parola e non consegna Zacinto, preferendo creare un piccolo stato governato da greci. Per non creare ulteriori screzi si pone come mediatore e convince l'Austria a cedere anche la cittadina di Budua, poco distante da Perasto. Gli italiani della zona sono in festa e issano la bandiera veneta, essendosi liberati dal giogo austriaco. Importanti città come Zara e Spalato domandano l'annessione a Perasto ma un rapido intervento delle truppe austriache fa tacere tutto fra paura e una decina di morti. Cattaro domanda di diventare la nuova capitale veneta data la sua dimensione sproporzionata rispetto a Perasto ma Paolo Foscarini rifiuta, da Perasto è partito tutto e con Perasto si continua. Lo stato veneto ora conta quasi diecimila abitanti, la maggior parte dei quali italiani e, in misura minore, montenegrini, serbi e croati.

1815: Napoleone fugge dall'Elba e inizia la sua avventura dei Cento Giorni che finirà male. Perasto partecipa solo nominalmente alle azioni militari ma si siede comunque al tavolo dei vincitori. Le sue richieste sono le solite: libertà per il popolo italiano-veneto ma nessuno da peso ad uno stato così piccolo. I bonapartisti, sconfitti,cercano rifugio in zone sicure. Molti napoletani scappano proprio a Perasto che, paradossalmente, li accoglie come esuli. "La Repubblica veneta di Perasto nasce da un'ingiustizia (quella francese) e nessuna ingiustizia compiranno i veneti nei confronti degli abitanti della penisola italiana per un'Italia libera dal tiranno austriaco e francese" sono le parole del Doge le quali non fanno che gelare le relazioni con l'Austria. Per fortuna la Gran Bretagna ci tiene a mantenere attivo un porto amico nell'adriatico e fa la voce grossa; la guerra è evitata.

1815-1820: Sono anni relativamente tranquilli, dominati dalla paura di un attacco austriaco ma anche ottomano. I turchi infatti avanzano rivendicazioni su Perasto prendendo a pretesto la sparizione di alcuni pescherecci. Anche questa volta è la Gran Bretagna a fare la voce grossa e ad impedire la fine dei veneti di Perasto. Il nuovo Doge è Luca Manin, senatore di Perasto.

1821-1823: Guerra Perasto-ottomana, conosciuta anche come l'ultima guerra veneto-ottomana. Alcune navi da guerra ottomane pattugliavano il confine delle acque venete in attesa di colpire i pescherecci di Perasto come provocazione. Il Doge rispose inviando la propria flotta comandata dall'ammiraglia "Venexia", modernissima nave di fattura inglese. L'attacco causò la sconfitta ottomana e la perdita di tre vascelli. Immediatamente Istambul mosse guerra al piccolo stato veneto ma commise un forte errore. In sua difesa infatti si schierarono la Russia, l'Austria e il Piemonte; quest'ultimo aveva di recente intrapreso una serie di relazioni diplomatiche con lo stato veneto, giungendo ad una forte amicizia. I russi sconfissero gli ottomani presso Varna, mentre la flotta austro-veneto-piemontese schiantò la marina ottomana presso il golfo di Patrasso. Il sultano dovette piegarsi alle richieste dei vincitori: la Russia pretese ed ottenne la parte nordoccidentale della Romania e alcune città della Crimea, l'Austria prese la Bosnia e Perasto il retroterra del Montenegro. Il Piemonte non pretese terre, accontentandosi di denaro e di aumentare la sua penetrazione economica.

1824: Austria e Perasto giungono ad un accordo territoriale. Perasto cede il Montenegro all'Austria in cambio di una striscia di terra fino a Ragusa. I cittadini ragusani sono in festa, quando giungono gli uomini di Perasto, hanno già issato il Leone Marciano e la bandiera a strisce di Ragusa libera. Luca Manin, in occasione di questa cerimonia tiene un discorso da cui sarà preso il motto di Venezia-Perasto: "Ti con nu, nu con ti (riprendendo le vecchie parole dell'Inno), mai fummo né vinti né paurosi".

1825: La spietata repressione della Rivolta di Pavia desta orrore in tutto il mondo italiano. Il Piemonte e Perasto raggiungono "l'accordo di Cagliari" per cui si impegnano in una difesa reciproca contro "l'invasore austriaco".

1826-27: il nuovo Doge è Enrico Accaioli. Guerra di indipendenza greca, Perasto partecipa con alcuni navigli e ottiene ulteriori concessioni e privilegi commerciali in Oriente. Grazie anche all'affitto dei cantieri agli inglesi Perasto vive un momento di forte ricchezza, vedendo nascere le prime industrie tessili ed una di vetro. Nel 27 nasce la compagnia veneto-piemontese "Tessuti italici", la prima fabbrica in senso moderno con partecipazione di due stati.

1827-1830: Sono i tre anni del Doge Ludovico Grego, originario dell'entroterra veneto. Benchè non succeda niente di rilevante sotto l'aspetto internazionale questo Doge è ricordato per lo Statuto Ludoviciano, la costituzione scritta di Perasto-Venezia che prende spunto dalle vecchie leggi venete. Molto importante è il fatto che vengano riconosciuti i diritti fondamentali dell'uomo e che vengano formalmente abolite le "caste" che dominavano Venezia dai suoi albori.

1830-1840: Sono gli anni del doppio mandato del Doge Alessio Trespoli, in carica fino al 1838. Questo è un periodo caratterizzato da forte agitazioni interne alla piccola repubblica. Il senato perastino è lo specchio di tre idee diffuse fra le persone colte della Repubblica: da un lato abbiamo coloro i quali desiderano la creazione dell'Italia facendosi annettere al forte Regno di Sardegna, specchio di un mondo dove il nazionalismo italiano sta sorgendo; questi prendono il nome di "Azzurri", in omaggio ai Savoia. Dalla parte opposta ci sono i "Rossi", dal colore della bandiera veneta che vedono in Perasto il continuatore di Venezia come stato libero e sovrano. Infine, nel mezzo ci sono i "Verdi", dal colore della bandiera d'Italia napoleonica. Costoro vogliono l'unione con il Regno di Sardegna ma in modo che Perasto non diventi una provincia piemontese ma una parte vitale del nuovo Stato. Ovviamente le tre fazioni rispecchiano anche ideali economico-politici:
Azzurri libero mercato, interventismo politico e stato centralizzato
Rossi: protezionismo economico, isolazionismo, stato repubblicano centralizzato
Verdi: protezionismo economico, interventismo statale, interventismo politico.
Nel 1838 il nuovo Doge è Alfredo Manin, esponente moderato del partito Azzurro.

1841: Il nuovo Doge è Federico Tommasi, esponente moderato del partito Azzurro. Suo merito è il rinnovo dell'alleanza con il Piemonte.

1842-1843: I Rossi si preoccupano per il continuo avvicinamento al Piemonte ed eleggono a loro Doge Francesco da Treviso, esponente estremista del suo partito. Le acque cominciano a bollire con alcuni scontri in piazza fra i vari manifestanti delle diverse idee politiche. In realtà l'Austria sta dietro a tutto questo movimento, non vedendo di buon occhio l'avvicinamento fra Piemonte e Perasto. Si compra, quindi, la fedeltà dei Rossi con enormi donazioni.

1844: Francesco approfitta della fine del mandato del suo rivale per confermare la sua elezione a Doge. Il Senato di Perasto non lo riconosce e lo espelle dalla sala del Consiglio. è la goccia che fa traboccare il vaso. Francesco e i suoi fedeli, con un colpo di mano, occupano il municipio di Ragusa e lo eleggono a nuova capitale della Repubblica; lo scontro causa tre morti e dodici feriti. Si è sull'orlo della guerra civile. Gli azzurri riescono a mantenere il possesso di Perasto mentre i verdi occupano Cattaro senza colpo ferire.

1845: Dopo tre mesi di stallo, dove le tre fazioni possiedono tre Dogi diversi si giunge ad una svolta. I Verdi e gli Azzurri si alleano ed eleggono il nuovo Doge nella persona di Armando Duca, quindi marciano su Ragusa. Nel frattempo arrivano anche alcune migliaia di soldati piemontesi. Ad agosto la città viene messa sotto assedio; dopo due giorni i Rossi si dichiarano disposti a trattare. Le trattative durano fino a settembre, quando Armando viene riconosciuto Doge di Perasto; il partito Rosso viene riammesso nel Senato ed è concessa l'amnistia a tutti i partecipanti al complotto. Viene svelata la mano austriaca sotto ai movimenti di Francesco, che viene esiliato. Troverà rifugio a Vienna.

1845-1847: Anni tranquilli nella piccola Repubblica, nonostante la fortissima tensione al confine austriaco. La Tessile Italica, ormai divenuta un'azienda molto grande finanzia la costruzione della prima ferrovia dello stato perastino: la Perasto-Cattaro.

1848: La Primavera dei Popoli. Rivolte generali e diffuse contro gli imperialismi europei. In Lombardia il popolo milanese insorge. A Venezia un gruppo di coraggiosi riesce a conquistare l'arsenale e ad isolare la laguna dall'entroterra austriaco. I vari governatori italiani decidono di agire contro l'Austria. Perasto partecipa insieme agli altri, occupando rapidamente le terre fino a Zara. Dopo un iniziale successo la coalizione, per problemi interni, si sfalda e rimangono solamente Piemonte, Toscana e Perasto, troppo deboli per andare avanti. Così il 48 finisce con una pace bianca e il mantenimento del potere austriaco in Italia. Niccolò Tommaseo e gli altri patrioti veneti trovano rifugio a Perasto, accolti come eroi. Ed è proprio Tommaseo ed essere eletto nuovo Doge della Repubblica.

1848-1852: La repubblica continua la sua vita prospera grazie al commercio con l'Inghilterra e ai privilegi in terra ottomana. Tommaseo è rieletto Doge per la seconda volta e nel 1849 aderisce al partito Verde, diventandone il Presidente ed abbandonando gli Azzurri.

1853-56: Guerra di Crimea. Cavour e Tommaseo si accordano per partecipare al fine di avere maggiore visibilità di fronte alle potenze europee. Per la prima volta la flotta di Perasto affronta una battaglia navale senza il supporto di altre nazioni e riesce a vincere, abbattendo quattro fregate russe presso Kaffa. Alla fine del conflitto Cavour e Tommaseo parlano con i vari regnanti europei sperando in un'alleanza. Cavour ottiene l'attenzione di Napoleone III mentre Tommaseo quella dell'Impero ottomano, desideroso di riprendersi Montenegro e Bosnia. Le trattative con Napoleone III piacciono a Cavour ma non a Tommaseo il quale si rifiuta di partecipare "cedendo vigliaccamente terre italiane allo straniero". è chiarò che un'alleanza con Napoleone III pregiudicherebbe l'unione fra Piemonte e Perasto che pare sempre più vicina. Di conseguenza le trattative si rivolgono unicamente agli ottomani.

1857: Si discute dell'unione fra Perasto e Piemonte. Lo statuto Ludoviciano e Albertino dovranno essere fusi ed ibridati. Perasto accetta la monarchia a patto che il Primo Ministro prenda il nome di Doge e che un certo numero fisso di repubblicani siano inseriti nel Parlamento Nazionale. Inoltre Perasto sarà governato da un podestà eletto dalla popolazione locale che avrà il ruolo di difensore dell'Italia adriatica, zona troppo esposta al nemico. Il nuovo Doge è Francesco Emo, esponente della giovane borghesia perastina.

1858: Perasto continua a crescere, in una sessantina d'anni ora conta quasi 50mila abitanti, superando di gran lunga le antiche rivali di Cattaro e Ragusa. Le trattative con i turchi vanno a buon fine. Se gli austriaci saranno i primi ad attaccare il sultano interverrà. A fine guerra pretende Bosnia e Montenegro austriache. L'Impero ottomano è seguito anche dal piccolo stato di Valacchia.

1859: Prendendo come pretesto il movimento di confine delle truppe piemontesi l'Austria dichiara guerra, sperando in una battaglia facile. Ha già predisposto 30mila uomini a sud, pronti per fermare l'intervento di Perasto ma non si immagina che i due stati italiani non sono soli. Aprile è un mese disastroso per i piemontesi, che perdono terreno in continuazione di fronte ai più forti austriaci. A sud l'esercito ottomano, con più di 200mila uomini sbaraglia rapidamente la resistenza austriaca ed invade la Bosnia e la bassa Ungheria. Perasto occupa la costa adriatica, giungendo rapidamente a Zara, dove la popolazione ha già scacciato gli austriaci. Successivamente le truppe austriache si spostano fino al fiume Mincio, dove sconfiggono nuovamente i piemontesi. A sud gli ottomani incontrano resistenza solo dopo aver invaso una bella fetta di territorio austriaco. I perastini giungono quasi fino in Istria. Per di più Milano insorge contro gli occupanti e Venezia, nuovamente manifesta la sua fedeltà alla "figlia Perasto", prendendo le armi. Gli austriaci capiscono di essere stati giocati e tentano una pace rapida per salvare il salvabile. Cedono la Lombardia, la Bosnia, il Montenegro e una striscia di terra adriatica fino a Zara agli ottomani "veri protagonisti della guerra". Ovviamente i turchi cedono la zona adriatica a Perasto e la Lombardia a Perasto. Venezia rimane sotto al nemico, piangendo la sua sorte ma Emo non si da per vinto "torneremo, fratelli!" è il suo commento. Intanto, attraverso plebisciti popolari più o meno limpidi il Piemonte annette il grosso del Centro Italia mentre un uomo di nome Garibaldi si prepara a partire verso la Sicilia. Una volta che anche il sud sarà annesso Perasto e il Piemonte diventeranno uno stato solo. La bandiera à già stata scelta: una striscia verde, una bianca, una rossa e il vessillo dei Savoia sul lato destro, su quello sinistro quello di Venezia.

1860: Garibaldi e i suoi invadono il Regno delle Due Sicilie, sconfiggendo l'esercito borbonico in breve tempo. Il re di Piemonte si annette le regioni centrali d'Italia mentre muove verso sud per fermare i garibaldini in viaggio verso Roma. Infatti l'idea che il Papa cada non piace a Napoleone III che occupa la Savoia e la annette all'Impero francese " Se non volete che tutto il Piemonte faccia la stessa fine, ritiratevi" Perasto e Piemonte non possono nulla contro lo strapotere francese e ingoiano un boccone amaro. Garibaldi, Vittorio Emanuele II e il nuovo Doge, un riconfermato Tommaseo si incontrano a Teano. Garibaldi cede le terre occupate al re di Piemonte mentre Tommaseo sigla l'accordo di unione.

1861: Il 17 marzo viene ufficialmente proclamato il Regno d'Italia. Vittorio Emanuele II è incoronato re mentre Tommaseo viene nominato Doge (primo ministro) del nuovo regno, nonché podestà dei possedimenti adriatici. La lingua ufficiale, l'italiano è leggermente diverso dal nostro ed è molte più influenze venete (Venezia si dirà Venexia, per esempio).

1862-1864: Cominciano i tristemente noti fatti a danno del sud Italia. Piemonte e Perasto impongono le proprie industrie a scapito di quelle locali e la povertà dilaga più di quanto non ci fosse già. Moltissimi si disilludono di questa unione e imbracciano le armi; è nato il Brigantaggio. In compenso il il Piemonte e Perasto si arricchiscono e industrializzano ancora più rapidamente. A nord abbiamo il triangolo Torino, Genova, Milano, ad oriente quello Perasto, Cattaro, Ragusa. Riconfermata la presidenza del Tommaseo. La capitale italiana è spostata a Perugia, vicina alla desideratissima Roma.

1865: La neonata Italia si accorda con la Prussia per un possibile attacco agli austriaci. La possibilità di far tornare il veneto all'Italia sembra rapida e possibile.

1866: Terza guerra d'Indipendenza. L'esercito italiano subisce delle rapide sconfitte via terra e ripiega dopo pochi giorni di combattimento. Tuttavia, la Regia Marina, comandata principalmente da ex veneto-perastini, riscontra un forte successo nelle battaglie navali di Zara, Trieste e Pola. I prussiani a nord ottengono una vittoria dopo l'altra e in pochi mesi gli austriaci devono cedere. Il veneto torna nelle mani dell'Italia, con immensa gioia locale. è del Tommaseo la decisione di spostare la capitale a Venezia, in attesa che anche Roma torni all'ovile.

1866-1868: Tommaseo si congeda dalla politica per un problema alla vista. Il nuovo Doge d'Italia è Riccardo Manin, aristocratico veneto.

1869: Guerra Franco-prussiana che si conclude a favore dei secondi. Senza più la protezione francese il neonato Regno d'Italia può estendere lo sguardo su Roma.

1870: Breccia di Porta Pia, Roma cade nella mani dei generali Cadorna e Manin. Lo stesso anno la città eterna è eletta a capitale del Regno mentre il Papa si asserraglia nei suoi edifici dando vita ad una contesa che durerà decenni. Manin è riconfermato Doge.

1871-1873: Guerra civile spagnola, un Savoia è rapidamente nominato re di Spagna e destituito, l'Italia non interviene. Viene ufficialmente abolita la tassa sul macinato in tutta Italia.

1873-1877: Tommaso Dandolo è il nuovo Doge. In questo periodo fiorisce l'industria italiana con le prime grandi imprese siderurgiche. La "Tessile italica" riesce ad accaparrarsi la "Siderurgia italica" creando la "prodotti misti italica", la più grande azienda differenziata d'Italia. Inizia in questo periodo il progetto di una ferrovia che riesca a collegare tutte le principali città d'Italia con caposaldo a Bologna. Perasto vede una decellerazione nella sua crescita a causa della concorrenza delle grandi città italiane ma riesce comunque a destreggiarsi, specialmente usando la manodopera a basso costo turca delle sue filiali industriali orientali o quella dei meridionali d'Italia.

1878-1882: Il nuovo doge è De Pretis. In questi anni l'Italia entra nella mentalità coloniale tipica del tempo. Le compagnie "rubattino" e "vaporetti veneti" (quest'ultima con sede nel quinto cantiere di Perasto), acquistano alcuni territori nella povera eritrea, fra cui la baia di Assab.

1882-1885: De Pretis riconfermato Doge. Nell'83 un piccolo gruppo di italiani occupa senza colpo ferire la cittadina di Massaua, in mano ad una compagnia egiziana come pretesto per l'assassinio dell'esploratore italiano Gustavo Bianchi. Il governo italiano si spacca in due sul da farsi: una parte, specialmente quella rappresentata da perastini e veneziani propone l'occupazione delle sole coste, visto che l'Italia è una potenza marittima. L'altra parte, invece, sostiene la necessità di attaccare direttamente l'Etiopia e chiudere ogni possibile pericolo nella continuazione della politica coloniale.

1885-1887: La penetrazione italiana continua lungo tutta la costa dell'Eritrea e della Somalia. Il negus d'Etiopia decide di porre fine al dominio italiano nel corno d'Africa e attacca la cittadina si Saati con un grosso esercito. Nonostante questo la guarnigione italiana riesce ad uscirne vittoriosa. Ma dopo questo iniziale successo gli italiani, più avventati che cauti, subiscono una dura sconfitta nei pressi di Dongali. L'eco della disfatta dona grande voce ai veneto-perastini nel parlamento d'Italia. "è bastato un Doge non veneto per portarci alla disfatta! Dovevamo limitarci a prendere le coste!" tuonano gli oppositori. De Pretis e quelli a lui vicini sono costretti a dimettersi. Il nuovo Doge è Alessio Morosini, imprenditore di Perasto con una certa quota di partecipazione della compagnia "vaporett veneti". Nonostante sia contrario all'impresa coloniale si vede costretto a continuarla, sulla difensiva.

1887-1892: Morosini lascia che le truppe etiopiche si lancino in logoranti assalti ed estenuanti assedi; i suoi uomini ricevono costantemente rinforzi e approvigionamenti dall'Italia ma, guarda caso, alla compagnia "vaporetti veneti" viene affidato il monopolio di questi rifornimenti. In quattro anni la "vaporetti" spezza la concorrenza della sua principale rivale, la "rubattino" e la assorbe. Intanto, nel 1891, dopo anni di scontri inconcludenti, l'Italia si lancia in un attacco generale che spezza le deboli file etiopiche. Il Negus domanda la pace e cede tutta l'Eritrea all'Italia, inoltre si impegna a non interferire con i fatti in Somalia e a versare un tributo annuale. Dopo questo enorme successo, Morosini è riconfermato Doge.

1892-1895: Morosini continua la sua politica personale a favore della "vaporetti", monopolizzando di fatto la tratta navale nell'adriatico e non solo. Nonostante non sia un Doge negativo si dimostra senza scrupoli nell'usare il suo potere per un vantaggio personale. Forse anche per colpa sua alcune tribù sudanesi marciarono contro l'eritrea e questo richiese i rapidi e continui viaggi della "vaporetti" che continuò ad arricchirsi. Nel 1895 annuncia di non volersi ricardidare, dedicandosi solamente al suo ruolo imprenditoriale. Gli succede Crispi, in un clima estremamente teso. L'Etiopia, infatti, ha varcato il confine per attaccare l'Eritrea.

1895-1897: Dopo un iniziale successo gli italiani sono pesantemente sconfitti presso Adua. Il Negus d'Etiopia si rifiuta di pagare il tributo annuale e di fatto torna a governare una terra libera anche se l'eritrea rimane agli italiani. Crispi è costretto a dimettersi (fino ad ora è il mandato pù corto di un Doge). Il Parlamento chiede a gran voce il ritorno di Morosini che decide di approfittarne e accetta.

1898-1901: Mentre in europa si diffonde la bell'epoque la Somalia diventa ufficialmente una colonia italiana. Intanto Morosini estende la forza della "vaporetti" fino a Tiensin, la prima colonia italiana in Asia. L'Impero ottomano vessa in una grave crisi. Già tempo addietro aveva dovuto cedere l'indipendenza alla Serbia, al Montenegro, alla Bosnia, alla Valacchia e alla Bulgaria. La Bosnia era stata rapidamente annessa dall'Austria mentre Valacchia e Serbia subivano la sua influenza. L'Italia si era inizialmente disinteressata ai Balcania. Tuttavia, ora che gli ottomani erano sul punto di crollare e che una possibile guerra balcanica era nell'aria il governo italiano lanciò il proprio protettorato sul Montenegro. Era l'inizio dell'espansione italiana nei balcani. Ma altre cose non erano ancora state sistemate: mancavano infatti ancora Trieste, Trento, Bolzano, la Savoia, Zara, Pola, tutta l'Istria e le isole dalmatiche come Veglia, Arba e Lesina.

1901-1909: anni relativamente tranquilli nel panorama politico italiano. Il Paese raggiunge un livello industriale forte anche se inferiore ai grandi potentati dell'epoca. Per quanto riguarda le relazioni internazionali l'Italia rifugge i vecchi contrasti con l'Austria ed entra nella Triplice Alleanza. Morosini si ritira definitivamente dalla scena politica. Nel 1908 inizia la costruzione di una possente rete ferroviaria italo-austriaca con lo scopo di collegare via terra Perasto a Venezia, ovviamente passando per Trieste, Zara, Pola e tutte le principali città adriatiche italo-austriache. Per quanto riguarda carica di Doge, dopo la dipartita di Morosini viene costantemente disputata fra Giovanni Giolitti e il veneto Luigi Manin.

1910: In accordo con i grandi fabbricanti d'armi e la compagnia "vaporetti" Giolitti decide di tentare una nuova esperienza coloniale, questa volta a spese della Libia ottomana. Verso la fine dell'anno cominciano le ostilità vere e proprie: la Regia Marina sbarca un grosso esercito in Tripolitania, prendendola in pochi giorni. A dicembre gli italiani sono già arrivati a Sirte. La flotta ottomana fa quello che può ma è innegabilmente inferiore a quella italiana.

1911: L'esercito italiano è inarrestabile: le operazioni seguenti lo portano ad ottenere il controllo della Cirenaica, tutta la costa libica è ormai in mano ai soldati del tricolore. Ad aprile gli ottomani decidono di portare la guerra direttamente in territorio italiano e sfruttando il bel tempo, attaccano via terra Cattaro e Perasto. Entrambe le città sono ben difese e pronte a sostenere un assedio, in particolare Perasto. Il tempo passa ma la situazione non si sblocca; i cittadini libici dell'entroterra si dimostrano restii a collaborare con gli italiani e l'idea di condurre vaste operazioni nel deserto non sembra accettabile. A maggio il governo italiano vara un piano per invadere le isole dell'Egeo, in particolare la base militare di Rodi.

Ottobre 1911: L'esercito italiano occupa tranquillamente il dodecanneso. Intanto riesce una fortuita manovra di accerchiamento nei confronti degli assedianti di Perasto e Cattaro.

Novembre 1911: L'esercito turco cerca di forzare il blocco senza successo, infliggendo comunque forti perdite ai difensori italiani. Pare chiaro che una guerra di questo tipo non può continuare e il sultano turco chiede la pace, negoziata a partire dal 23 dello stesso mese.

Dicembre 1911: La pace siglata consegna all'Italia la Cirenaica e la Tripolitania e l'isola di Rodi. Nonostante la promessa di restituire le altre undici isole Giolitti fa orecchie da mercante e se le tiene. Il Montenegro, colpevole di aver lasciato transitare l'esercito turco fino a Cattaro e Perasto viene terribilmente ammonito e minacciato di invasione da parte delle truppe del Regio Esercito.

Gennaio 1912: La mediazione di Elena di Montenegro con il Re fa si che il piccolo staterello balcanico non venga invaso, tuttavia deve accettare di incoronare Vittorio Emanuele re del Montenegro, nonostante i montenegrini mantengano ancora un parlamento separato. Di fatto il Montenegro diviene un vassallo del regno d'Italia.

1912: L'ottimo andamento militare nella guerra conferma a pieni voti la rielezione di Giolitti. Nel frattempo i Paesi balcanici, vedendo la debolezza degli ottomani, danno via ad una serie di guerre note come le "guerre balcaniche" che ridurranno il dominio turco alla sola tracia. Al Montenegro viene tassativamente imposto di non partecipare al conflitto. L'Italia non si sente pronta per una guerra a nemmeno un anno di distanza dalla fine della precedente.

1913: La sconfitta turca pone la Serbia come principale potenza dei balcani. L'Italia stringe relazioni più forti con la popolazione serba al fine di non accendere focolai di guerra per il possesso del Montenegro.

1914: L'attentato di Sarajevo è la scintilla per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale che vede Serbia, Russia, e Francia contro Austria e Germania. La Francia invia da subito le proprie offerte per un'entrata dell'Italia in guerra e lo stesso fanno Germania e Austria ma il governo Giolitti resta fermo. La politica italiana si divide fra i non interventisti e gli interventisti. Tra questi ultimi si contano alcune figure chiave della politica italiana degli anni futuri come il poeta Gabriele d'Annunzio, il generale Armando Diaz, il parlamentare Antonio Salandra e il giovane socialista Benito Mussolini.

Seconda metà del 1914: La guerra vede l'allargamento del fronte con l'entrata dei britannici a causa dell'invasione tedesca del Belgio. Per il resto il conflitto pare volgere a favore del blocco austro-tedesco che in breve annichilisce la Serbia, respinge gli attacchi russi e penetra da nord in Francia. Il popolo serbo chiede l'intervento dell'Italia a salvaguardia dei confini montenegrini ma la Germania precisa "nessun soldato tedesco si abbandonerà ad atti di rapina al confine con il Montenegro, non ci saranno incidenti".

Gennaio 1915: Le pressioni da parte degli interventisti si fanno sempre più forti. Giolitti sarebbe per la neutralità e infatti cerca di comprarla all'Austria, sperando di ottenere il Trentino e il Friuli. Altro contrario alla guerra è il generale Luigi Cadorna, conscio della forte impreparazione dell'esercito italiano.

Marzo 1915: Le trattative con l'Austria si risolvono in un nulla di fatto. Vienna attua una linea dura e l'Italia è dipendente dal carbone inglese. La guerra sembra alle porte. Si intavolano trattative con Francia e GB. Gli ottomani entrano a fianco della Germania, assieme alla Bulgaria.

Maggio 1915: Patto di Londra: in cambio dell'entrata in guerra dell'Italia e dell'apertura di un fronte a sud la Francia si impegnava a cedere Savoia e Corsica all'Italia. Inoltre il trattato di pace avrebbe concesso all'Italia il Trentino, il Friuli, la Giulia e la Dalmazia, con le isole adriatiche, insomma l'adriatico sarebbe diventato a tutti gli effetti un lago italiano.

Maggio 1915-1916: Rielezione di Giolitti e del suo braccio destro Salandra. L'Italia conduce una guerra scapestrata con le dieci battaglie dell'Isonzo che si rivelano totalmente inconcludenti. Rodi diviene una testa di ponte formidabile per le operazioni dell'Egeo. Anche Perasto, ormai cittadina di quasi 100mila abitanti, viene ampiamente utilizzata come punto di transito delle flotte italiche.

1917: Caduta delle Russia e conseguente sfondamento sul fronte occidentale. L'Italia si ritira quasi fino a Venezia. Il Governo Giolitti è costretto a dimettersi e lo stesso Cadorna cade in disgrazia. Il nuovo Doge è Salandra che rimpiazza abilmente Cadorna con il valente Diaz. Immediate le reazioni del Manin e dei suoi sostenitori "Prima prendono uno scatolone di sabbia, poi sostituiscono un incompetente con uno peggio" sono le dure accuse.

1918: fra alti e bassi la guerra giunge agli sgoccioli con la caduta della Germania. Il trattato di pace che segue, a Versailles, sarà la causa di una crisi lunga e destinata a far tremare il mondo negli anni a venire. Germania menomata, Austria smembrata, ottomani distrutti totalmente, per non parlare dei danni di guerra. Il nuovo ministro inglese e quello francese per di più rifiutano di dare all'Italia il compenso pattuito. Niente Corsica e niente Trentino. Viene ceduta l'Istria, la Venezia Giulia e la parte bassa della Dalmazia. Trieste divene una città libera enclave italiana Lo scontento italiano è immediato. Si parla di "Vittoria Mutilata" e dell'incapacità del Governo nelle trattative di pace. Salandra e il suo governo vengono sciolti formalmente dal Re che tenta di salvarsi la faccia. Manin si propone per le nuove elezioni ma su pressione dello stesso re non viene eletto Doge, lasciando spazio a Vittorio Emanuele Orlando, uomo ben visto dalla corte e politicamente al di fuori delle lotte fra Manin e Giolitti.

L'Italia nel 1919 (sono indicate con punti rossi le "terre irredente")

1919: La ripresa postbellica è lenta e faticosa per l'Italia. Le fantomatiche terre e l'uguaglianza sociale tanto promesse non arrivano e il popolo italiano vede un rapido impoverimento a causa del lento processo di riconversione delle fabbriche da industrie belliche a non. I reduci di guerra non ricevono il loro compenso perchè l'economia mondiale è imbottigliata: gli sconfitti non possono pagare i danni e i vincitori pretendono di risolvere i loro problemi proprio con quei danni. In più la creazione di un forte stato serbo, la Yugoslavia, crea un forte attrito con la vicina Italia. Gabriele d'Annunzio rifiuta l'iniquo trattato di "vittoria mutilata" e assieme a 2600 reduci riesce a penetrare a Trieste, creando la "Reggenza Italiana triestina" e chiedendo l'annessione all'Italia.

1920: Le reazioni internazionali sono molto discordi ma alla fine Trieste viene annessa all'Italia, a patto che i dannunziani vengano schiacciati e spediti fuori dalla città. Così il regio esercito assedia Trieste, provocando la fuga di d'Annunzio e dei suoi e lo sconcerto della popolazione. Il 26 maggio alcuni filoaustriaci issano una bandiera dell'Austria-Ungheria nella piazza principale della città, scatenando una rappresaglia da parte delle forze dell'ordine che causerà 7 morti.

1921: L'Italia vessa ancora nella totale depressione postbellica. A Roma una manifestazione dei mutilati di guerra convolge più di 10mila persone. Chiedono le pensioni di invalidità e le terre promesse per il loro contributo. Di tutta risposta il re fa disperdere la folla fra spari e manganellate. 3 morti e diverse decine di feriti. La reazione che ne segue è molto forte. Gli operai, che già avevano occupato diverse fabbriche negli anni precedenti, picchettano la sede centrale delle più grandi aziende italiane (FIAT, vaporetti, Ansaldo) chiedendo condizioni di lavoro più umane. Il re, per salvarsi la faccia, accusa il governo attuale di incompetenza e di aver ordinato la repressione a Roma. Emanuele Orlando si dimette, insieme a tutto il suo staff. Il Re dona la carica di Doge a Francesco Saverio Nitti, l'8 dicembre 1921 ma ci vorranno quasi tre mesi per formare un governo stabile.

1922: Il governo Nitti viene ricordato come il più corto della storia d'Italia. Infatti il 28 ottobre del 1922 un folto gruppo di uomini appartenenti al Partito Fascista marciano su Roma compiendo di fatto un colpo di stato. Ma non solo Roma vede l'arrivo delle milizie fasciste; infatti sono "invase" anche diverse città del nord come Parma, Pavia, Ferrara, Legnano, mentre Milano si ritrova ad essere il quartiere operativo di Benito Mussolini, capo del partito. La Marcia su Roma viene mal vista dai comandanti militari che chiedono al re di ordinare lo stato di assedio. Questa volta Vittorio Emanuele decide di non ripetere lo spargimento di sangue dell'anno precedente, temendo lo scoppio di una guerra civile. Si accorda con Mussolini per un incontro che darà risultati inaspettati. Il partito fascista diventa il leader e lo stesso Mussolini è incaricato dal re di formare un nuovo governo che possa dare stabilità all'Italia. Conscio di attuare una scelta saggia Mussolini non si candida a Doge ma convince l'ottantasettenne Manin a entrare nel PNF. Lo stesso anno si tengono le elezioni per il Doge con una vittoria schiacciante del Manin.

1923: Il partito fascista al potere si dimostra tutto tranne che passivo. Una serie di riforme di stampo interventista invadono lo stato, provocando rapidamente un rapido risollevamento del PIL. Per far fronte alla grossa ondata di disoccupati Mussolini e i suoi arruolano lavoratori a basso costo per costruire nuove città (Littoria, Mussolinia ecc) e bonificare tratti paludosi della penisola. Altre cose rilevanti sono la costruzione di una fitta rete di ferrovie e di autostrade. L'aviazione è fortemente incentivata dai voli di Italo Balbo. Non tutto quello che luccica è oro però; infatti tutti questi progressi sono a danno del pluripartitismo e delle minoranze etniche. A settembre vengono bruciate le "Case del Popolo" di Trieste, Perasto, Cattaro e Zara, storiche sedi del movimento slavo. "è un'azione necessaria per proteggere gli italiani dalla spietata concorrenza degli slavi" dice Mussolini; che sia vero o no parecchi lo sostengono, specialmente nei ceti bassi: operati, agricoltori, ex soldati ecc.

1924: I principali oppositori del fascismo si riuniscono attorno ad alcune figure chiave: Giacomo Matteotti ed Ernesto Emo. Il primo verrà ucciso da una squadriglia fascista per le sue denunce nei confronti del Partito Fascista, esecuzione comunque ordinata dal Re. Il secondo verrà accusato di "antitalianità" per aver pubblicato delle tesi contrarie al forte interventismo statale, specialmente nella zona di Perasto. La sua pena saranno 10 anni di confino a Ventotene. Dopo una relativa calma il 26 luglio muore il Manin, lasciando un vuoto politico enorme poiché in lui si vedeva la figura della recente ripresa italiana. Mussolini ne approfitta per prenderne il posto diventando Doge d'Italia con pieno mandato fino al 1928.

1925: Continuano le riforme in ambito sociale ed industriale dell'Italia. In quest'anno è ultimata e perfezionata la riforma scolastica gentiliana che è alla base del nostro sistema scolastico. Il numero dei sindacati viene drasticamente ridotto e i diritti di sciopero e serrata revocati. In autunno si tiene la Conferenza di Garigliano dove l'Italia mussoliniana riesce ad ottenere il trentino dall'Austria in cambio di particolari politiche doganali a favore dei tedeschi in zona. Il fascismo raggiunge un grande successo e il mito della vittoria mutilata si allontana pian piano. è interessante notare come Mussolini si dedichi ad un culto della personalità esasperato, mostrato in diversi manifesti dell'epoca (vedi a fianco). Questa è anche l'anno dell'importantissima "battaglia del grano". Mussolini sopravvive all'attentato organizzato da alcuni membri del partito socialista.

1926: Anno caratterizzato dai conflitti fra il partito fascista e gli altri, specialmente quello comunista italiano.Il Doge sopravvive a ben tre attentati e decide di non rischiare più una volta di più. Tempestivamente vengono sciolti i sindacati, tutti i partiti tranne quello fascista e sono introdotte severe norme di sicurezza in tutt'Italia. è reintrodotta la pena di morte. Rilevante è la politica fascista in merito nazionalista: vengono esaltati periodi storici come l'Impero romano e la Repubblica di Venezia; alcuni vecchi segni (come il saluto romano, o i nomi romani dell'esercito e quelli veneti della marina) sono recuperati o lustrati a nuovo. Questa mossa attira verso il fascismo le simpatie di molti nostalgici e della parte adriatica d'Italia. Di fatto la differenza fra italia "piemontese" ed Italia "veneta" viene lentamente diminuita. La stessa cosa si tenta di fare per la differenza fra il nord ed il sud del Paese. Inoltre viene disincentivato l'uso del dialetto locale: ogni edificio pubblico richiede l'uso di un perfetto italiano. Degne di nota sono anche le politiche in campo sociale: sussidio di disoccupazione, esenzione dalle tasse per famiglie numerose, case popolari ecc.

1928: Le prime elezioni fasciste: durante questo evento non si può più votare per un partito o per l'elezione del Doge. Nella scheda elettorale si può semplicemente dire di "si" o di "no" ad un consiglio di membri precostituito. Mussolini viene riconfermato Doge con il 100% delle votazioni del Senato del Regno (ora Senato fascista), battendo il maresciallo De Bono. Tuttavia la mancanza di democrazia è compensata dagli aiuti statali per i ceti più deboli e da una fiorente attività industriale che rende il popolo italiano decisamente tranquillo dopo anni di turbamenti. Le lezioni si concludono con un 97% dei voti favorevoli alla lista fascista.

1929: il Doge stupisce nuovamente l'Italia grazie alla stipulazione dei Patti Lateranensi. La frattura fra Stato e Chiesa viene sanata. Il Cardinale Gasparri afferma che "il nostro Doge è l'uomo mandato dalla Provvidenza per riscattare il popolo italiano". Fiero dei propri successi Mussolini fa la voce grossa nei confronti di un'altro vicino: la Jugoslavia, pretendendo la cessione dell'alta Dalmazia, legittimamente italiana secondo i trattati di pace del 1919. La Francia e la Gran Bretagna però fanno la voce grossa e non se ne fa niente. La questione verrà rinviata anche a causa dell'arrivo della Grande Depressione in seguito al Crack della borsa di New York.

1930: Prime politiche dirigiste e protezioniste in Italia. Vengono aiutate diverse aziende in crisi, specialmente quelle che si basavano sul commercio multinazionale, come la Vaporetti. Infondo la crisi non colpisce così duramente e l'Italia riesce a cavarsela abbastanza bene.

1931: Dopo anni di guerriglia l'esercito di resistenza libico del sud viene definitivamente pacificato e sconfitto nell'oasi di Kufra. Mussolini si prende il merito di aver riportato la vittoria contro i beduini del deserto libico.

1932: Nuove elezioni politiche in Italia, anche questa volta il Doge riconfermato è Mussolini, con il 100% dei voti contro il grande aviatore Italo Balbo.

1933-1934: Anni tranquilli in Italia, l'unico grande evento è in politica estera quando la Germania annette l'Austria, con il beneplacito italiano. Hitler prende il potere in Germania.

1936: Nuove elezioni, il Doge è ancora una volta, con il 100 % delle preferenze, Benito Mussolini cavaliere d'Italia. Quest'anno è anche quello della guerra contro l'Etiopia. Il Doge, stanco degli attentati terroristici degli etiopi e potendo contare sul supporto di diverse popolazioni, fra cui quella dei guerrieri azebo-galla, dichiara guerra all'Etiopia. Il conflitto finisce molto rapidamente ma questo non esclude l'Italia da subire ripercussioni dalla Società delle Nazioni, Francia e Regno Unito in particolare. Lo smacco si unisce ai vecchi rancori per la mancata cessione di Savoia e Corsica. La politica italiana si sposta rapidamente da protezionista ad autarchica e da filoinglese a filotedesca.

1938: La potenza tedesca fa tremare occidente ed oriente. Il trattato di Monaco, che doveva dare stabilità all'Europa viene stracciato con l'annessione della Cechia e la creazione della repubblica slovacca. Mussolini, che si era posto come ago della bilancia nella stipulazione del trattato, rimane amareggiato ma ingoia la pillola e va avanti; non ci si può separare dalla Germania, visto che è il principale rifornitore di carbone e petrolio dell'Italia.

1939: I tentativi di mediare con Hitler falliscono. Il Führer invade la Polonia e fa scattare la seconda guerra mondiale. La Russia invade la Finlandia. L'Italia occupa rapidamente l'Albania. La campagna polacca dura pochissimo tempo; i tedeschi si dimostrano validissimi ed annettono in un lampo il grande stato polacco.

1940: L'Italia entra in guerra e si comporta più o meno come nella nostra Timeline. Invasione della Grecia e intervento tedesco in Jugoslavia.

1941: Il momento di massima espansione delle truppe dell'Asse. Tutta l'Europa è nelle loro mani e in Africa si combatte tenacemente per prendere Suez. L'URSS indietreggia sotto i colpi dell'esercito tedesco. In questo clima l'elezione del Doge vede come vittorioso ancora una volta Benito Mussolini.

1942-inizio 1943: La guerra prende lentamente una piega diversa. Le truppe dell'Asse si contraggono e cedono terreno sia in africa che nell'est europeo. Dopo aver occupato Tunisi, ultimo baluardo italiano, gli angloamericani danno vita all'operazione Husky e invadono la Sicilia; poco dopo il loro esercito risale in Calabria occupando i porti di Bari e Taranto. L'Italia è ad un bivio.

1943: Con gli invasori alle porte il Consiglio organizza una seduta straordinaria con lo scopo ufficiale di parlare dell'andamento della guerra. In questa sede buona parte dei fedeli a Mussolini organizzano un voto di sfiducia e chiedono elezioni anticipate. Mussolini cede il potere e viene arrestato, dopodichè con un'elezione sommaria viene eletto doge il generale Pietro Badoglio. Il nuovo Doge sigla immediatamente un trattato di pace con gli Alleati che si rivelerà poi essere semplicemente un voltafaccia nei confronti dei tedeschi, presenti ancora in buona parte della penisola. La partita con il regime fascista sembra chiusa e invece non è così. I tedeschi, con un'azione che rimarrà negli annali della storia militare, riescono a liberare Mussolini e a portarlo in salvo verso nord. Il primo discorso radiofonico al popolo italiano viene fatto il 17 settembre 1943 nel quale Mussolini esorta i suoi compatrioti a non cedere agli invasori angloamericani, condannando i traditori e il falso Doge Pietro Badoglio. Il giorno seguente viene ufficialmente sancita la nascita della Repubblica Sociale italiana. Come è facile comprendere Mussolini dà una carica decisamente perastino-veneziana alla sua repubblica, mettendola direttamente a confronto con la marcia e traditrice monarchia sabauda. Il "ti con nu" viene siglato come inno ufficiale della repubblica, la carica di Doge e quella dei vari senatori viene ristabilita. Altre caratteristiche sono il corporativismo, la socializzazione e il fascismo. La Repubblica Sociale italiana è anche nota come Repubblica di Zoppola, dal nome della piccola cittadina veneta che ospiterà le sedi dei principali corpi militari, nonostante la capitale formale sia Roma e quella sostanziale, ovviamente Venezia. L'RSI fa subito il pieno di volontari: abbiamo ragazzi mossi dagli ideali di onore, fedeltà, fascismo; uomini più anziani che rifiutano il trattato di Cassibile, ex membri dell'esercito regio, giovani e giovanissimi esaltati dal mito di Venezia e di una repubblica italica. Perasto, dopo l'armistizio, si trova senza ordini e in breve riceve la visita delle truppe tedesche che intendono occuparla. Il governatore di Perasto, Ernesto Bosco riesce ad ottenere un compromesso, facendo entrare i tedeschi a patto che questi non facciano del male alla popolazione.

1944: Mussolini non è solo a governare la Repubblica. Insieme a lui ci sono vecchi e nuovi compagni come Pavolini, Farinacci, il figlio Vittorio, il nobile Borghese, il giovane Almirante (che avrà un ruolo marginale nella repubblica ma uno più importante successivamente) e infine Romano Manin, ex comandante di flotta che vanta discendenze dirette dal famoso Manin e insignito del titolo di comandante della Marina. Poi abbiamo il tedesco Kesserling e i suoi. Per la giovane Repubblica però il momento è tutt'altro che roseo. Le forze angloamericane sono preponderanti, specialmente i loro bombardieri che si accaniscono in particolare su case, scuole, ospedali e chiese al fine di terrorizzare la popolazione. Famose resteranno le bombe a forma di penna, di orsacchiotto o simili, per mutilare i bambini. Alcuni atti eroici saranno consacrati alla storia come quelli di Bruno Serotini. L'avanzata degli invasori è rapida e violenta tanto che in un solo anno la Repubblica perde metà del proprio territorio. Il 27 maggio 1944 il bombardamento a tappeto della basilica di San Marco a Venezia provocherà un colpo non indifferente al già provato morale dei repubblicani. Seguirà poi quello di Treviso, del quartiere milanese di Gorla e altri. Perasto rimane ai margini del conflitto nonostante i partigiani titini premano per occupare la ricca città, i cui abitanti scendono vertiginosamente a causa delle vicende belliche.

1945: Dopo un'ultima resistenza la Repubblica cade il 25 aprile con l'occupazione di Milano. Mussolini viene preso da una banda partigiana mentre cercava di fuggire in Svizzera secondo alcuni o verso il ridotto dell'Aprica per altri, e fucilato. Il suo corpo verrà esposto in piazzale Loreto con un atto di inaudita barbarie. I tedeschi abbandonano Perasto che viene occupata dagli slavi di Tito che cominciano la sistematica uccisione della popolazione italiana. Alla fine anche Hitler e la Germania collassano, la guerra è ufficialmente finita ma non i guai per il popolo italiano. Il trattato di pace che segue, nonostante veda l'Italia come uno stato cobelligerante dei vincitori, è particolarmente duro.
Nizza, la Val d'Aosta e circa metà del Piemonte vengono ceduti alla Francia.
La Dalmazia, la zona di Ragusa, Perasto e Fiume vengono ceduti alla Jugoslavia.
Tutte le colonie sono spartite fra Inghilterra e Francia.
Viene instaurata una repubblica dall'indipendenza molto limitata, specialmente per quanto riguarda le basi militare sul suolo patrio. Il partito fascista viene ovviamente bandito e con esso ogni riferimento al ventennio. La carica di Doge viene modificata in quella di Presidente, con mandato quinquennale. I savoia vengono restaurati ma la loro gioia dura poco visto che il popolo italiano vota per la Repubblica. Vittorio Emanuele fugge in esilio ad Alessandria d'Egitto. 
Tito cerca di sbarazzarsi rapidamente della popolazione italiana superstite nell'adriatico orientale con ogni mezzo: foibe, fucilazioni di massa, stupri, migrazioni forzate. Verso dicembre Perasto è ridotta a soli 50mila abitanti, di cui ventimila giunti di recente dalle zone limitrofe nella speranza di trovare un centro dove gli italiani siano ancora in maggioranza.
In nero le terre cedute ai "liberatori".

1946: I continui soprusi sulla popolazione italiana a Perasto provocano una grave crisi. Nell'indifferenza del mondo gli italiani vengono uccisi senza motivo e senza processo, col beneplacito della popolazione slava. Quando ormai pare chiaro che nessun italiano riuscirà a resistere per più di qualche mese a Perasto scoppia la rivolta. Un gruppo di trecento uomini, comandati da Giuseppe Leonardeschi, che cambia il suo cognome in Vischovich come omaggio al suo illustre predecessore, riesce ad occupare la zona del municipio e a scacciare le forze di polizia serbe. Inizia quella che verrà ricordata come la "rivolta di Perasto". Leonardeschi si proclama Doge della "Repubblica Provvisoria di Perasto e Cattaro" e per un paio di giorni, dal 1 luglio al 3 riesce a governare effettivamente la zona; dopodichè arrivano le truppe titine per reprimere la rivolta. Ecco la rivolta divisa in fasi.

3 luglio-20 luglio: Prima fase. Le truppe titine isolano facilmente Cattaro da Perasto. La prima città sarà già nelle loro mani il 14 mentre Perasto resisterà di più. I perastini danno vita a tutta la loro inventiva per poter resistere. Costruiscono autoblindo artigianalmente, armano i pescherecci e creano un blocco al porto sfuttando una serie di barche. I punti nevralgici della città sono rinforzati con carretti, sacchi di sabbia, macerie, qualunque cosa. Chi ha un'arma la usa, gli altri combattono in modo improvvisato, lanciando tegole, acqua bollente, pietre e tutto ciò che riescono. Il 4 luglio Leonardeschi sceglie il rosso e il bianco come colori ufficiali del governo. Fino al 14 luglio i perastini mantengono il controllo di tutta la città, riuscendo anche ad insaccare alcuni gruppi titini particolarmente avventati. Il 15 luglio gli slavi colpiscono con maggiore violenza costringendo i rivoltosi a ripiegare verso la parte alta della città, abbandonando la periferia. Un tentativo di forzare il porto viene eroicamente sventato sicché il 20 luglio Perasto è ancora al 80 % nella mani dei ribelli.

20 luglio- 15 Agosto: Seconda fase: i titini colpiscono con violenza ma senza fare nulla di decisivo. I viveri e le munizioni scarseggiano e anche gli uomini cominciano ad essere demoralizzati. Alcune zone della città vengono isolate dalle truppe slave; il governo provvisorio non può fare altro che trincerarsi sempre più, minare le zone chiave e sfruttare la guerriglia. Il 15 agosto una brigata di artiglieria titina riesce a sfondare la parte alta della città. Contemporaneamente i porti sono distrutti dall'artiglieria pesante delle navi. Perasto ora conta meno di 40mila abitanti.

E poi?

Basileus TFT

.

Dice la sua in proposito anche il Marziano:

Mettiamo che Perasto concluda che, per meglio garantire il proprio futuro di Stato sovrano, e, quindi, per meglio preservare le tradizioni e la cultura della Serenissima, è suo interesse mantenersi di basso profilo. Una vita da San Marino/Andorra/ Monaco (se non proprio da contea di Colbrino), non è più funzionale allo scopo? Non dimentichiamo che proprio l'avventura napoleonica e poi il Congresso di Vienna riducono drasticamente il numero dei micro-stati, che fino ad allora era considerevole, almeno nell'area centro-europea. Pertanto, una struttura comunalistica è preferibile a rivendicazioni territoriali? Appunto secondo i costumi della Serenissima, perseguire successi economico-commerciali e culturali non è preferibile (ed anche meno impegnativo) rispetto a mire di tipo politico-militare?

Oggi Singapore è una situazione simile. La sua posizione nello stretto di  Malacca ne fa una piccola potenza economica. Non dimentichiamo che la cittadina asiatica fa parte della federazione malese, ma come Stato sovrano. Magari Perasto potrebbe svolgere un ruolo analogo...

.

E ora, la palla passa ad Alessio Melis:

«Mortifica il mio animo il vedere che un secolo solo dopo quell'importante epoca, siano VV.EE. ridotte a pensare alla difesa del solo estuario, senza pensare di rivolgere il pensiero neppur una linea fuori dal medesimo. Ma se serve continueremo a combattere per la Serenissima e per San Marco!»

Queste erano le parole di Giacomo Nani, Provveditore generale al Dogado nell’anno 1790 dopo aver ispezionato le difese della città di Venezia, ritenendole inadeguate per difenderla da minacce esterne, ma la perpetua neutralità della Serenissima negli anni ha fatto dimenticare ai Veneziani le memorie della guerra della Lega di Cambrai del 1508, dove Venezia si ritrovò accerchiata e assediata da quattro eserciti stranieri e solo grazie alla provvidenza di Dio e alla tenacia dei Veneziani la Repubblica riuscì a resistere e a vincere la guerra, seppur rinunciando ad ulteriori espansioni verso la terraferma.

Dagli eventi della Presa della Bastiglia nel 1789 Venezia ha tenuto sotto costante sorveglianza Parigi e la Francia, grazie ad un intrinseca rete di spie, ambasciatori e nobili Francesi rifugiatisi a Venezia e dallo stesso anno il Doge Ludovico Manin fece di tutto per assicurare la sicurezza della Repubblica e dei suoi cittadini, furono iniziate opere di modernizzazione dell’esercito e della marina con riforme basate sul modello Inglese dopo un soggiorno a Londra ad opera di Angelo Emo, ammiraglio della Marina Veneziana e di Francesco Pesaro, ambasciatore Veneziano a Londra e successivamente Consigliere Ducale. Negli anni successivi l’Esercito Veneziano prese parte ad una imponente serie di riforme militari e dell’adoperamento di nuove tattiche militari e di una riforma dell’addestramento delle reclute, usate come truppe da sbarco e da assalto e anche la Marina fu coinvolta in una serie di riforme con una modernizzazione dell'equipaggiamento e di una apertura dei ranghi da ufficiale per chi non fosse aristocratico, nello stesso tempo aumentando la spesa per la difesa militare della Repubblica e delle forze armate.

Nel 1793 con la capitolazione e la successiva esecuzione di Luigi XVI gettarono la Repubblica in uno stato ancor più difensivo e paranoico di prima, il Regno di Sardegna già stava combattendo i Francesi e il Doge sapeva che era solo questione di tempo prima che arrivassero a Venezia, ma con la nomina di un certo Napoleone Bonaparte a Generale dell’Armata d’Italia cambiò le carte in tavola per la Repubblica Francese, vincendo a Voltri nel 1796 e nelle successive battaglie come quelle di Lodi e Fombio, occupando la Lombardia indisturbato. Il Doge con la notizia della capitolazione del Piemonte e della richiesta del generale Kerpen di passaggio attraverso i territori della Lombardia Veneta, nei prossimi giorni in segreto a Vienna viene firmato il Trattato di Vienna, siglato tra il Sacro Romano Impero e la Repubblica di Venezia sulla creazione di un'alleanza tra i due stati e l’ingresso di Venezia nella Coalizione anti-francese, accettando le richieste di stazionare truppe Austriache nelle guarnigioni di Brescia, Bergamo e Verona per fermare l’avanzata Francese, il primo battesimo del fuoco per il nuovo Esercito Veneziano avvenne a Castiglione quando un battaglione del Reggimento Anafesto, la battaglia fu persa dagli Austriaci e dai Veneziani ma dimostrò anche l'efficienza delle riforme precedenti. La Lombardia Veneta resistette fino a Marzo prima di essere occupata dai Francesi e dai rivoluzionari Italiani.

Nell’Aprile del 1797 le truppe Francesi assediarono Verona e avanzarono rapidamente verso Treviso, l’Assedio di Verona finì verso gli ultimi giorni di Marzo con la capitolazione della piazzaforte Veneziana e la ritirata dei reparti superstiti a Treviso e Padova, giorni dopo i Veronesi e le ex-truppe Veneziane, stanche della repressione Francese diedero inizio alle Pasque Veronesi, che durarono dal 17 al 25 Aprile, nel mentre Venezia fu ancora risparmiata dalla guerra ma navi Francesi erano sempre più vicine al porto, Le Libérateur d'Italie fu affondata dalle fortezze costiere di Venezia dopo il rifiuto di essa di lasciare il porto e il Doge da quel momento ordinò una maggiore attività navale contro i Francesi, a metà Maggio anche Pordenone e Udine finiranno sotto occupazione francese senza neanche sparare un colpo. Dopo una sessione d’emergenza del Maggior Consiglio si votò per lo spostamento e l’evacuazione del governo negli Stati de Mar, sotto suggerimento di Francesco Pesaro il Doge segue il consiglio e lo stesso giorno navi da guerra Inglesi e Veneziane lasciano Venezia alla volta di Prevesa, considerato porto sicuro data la locazione e le buone difese, prima della partenza il Doge Manin diede un discorso sugli eventi e sul fato della repubblica, affermando che anche se sconfitti e occupati con l’aiuto di Dio e di San Marco la Serenissima ritornerà a Venezia, culla della Repubblica.

Dopo il trasferimento del governo da Venezia a Prevesa il Doge sì impegno per mettere in sicurezza i rimanenti domini della Repubblica di Venezia, grazie all’appoggio Inglese l’economia locale non si fermò e nei mesi successivi venne anche firmato un trattato di libero scambio tra i due paesi, e la lotta contro Napoleone anche se limitata non si fermò, grazie alla imponente Marina Veneziana e al desiderio di ritornare a Venezia, nel 1801 il governo decide di spostare la capitale a Zara, ritenuta abbastanza sicura e modernizzata con la costruzione di nuovi forti per proteggerla dalle navi Francesi, la popolazione locale continuerà ad appoggiare il governo di Venezia durante questo periodo di esilio.

Nel 1798 i Francesi assediano Malta e dopo la capitolazione dei Cavalieri viene integrata nella Francia, ma i Maltesi assieme ai Cavalieri superstiti resistono ai Francesi attenuando una guerriglia, nel mentre una flotta Anglo-Veneziana sbarca a La Valletta per assediare i Francesi trincerati, Gozo fu liberata dai Fanti de Mar e da Royal Marines il 28 Ottobre dello stesso anno, le truppe Veneziane agli Inglesi continuarono ad assediare i Francesi fino alla loro resa nel Settembre del 1800, fino alla fine delle ostilità sull’isola rimase un contingente della Marina Veneziana come appoggio agli Inglesi.

Durante la Campagna d’Egitto la Serenissima continuò a lanciare operazioni navali contro la Francia per interrompere le linee di approvvigionamento Francesi in Egitto e per causare più danni possibili alle azioni militari nemiche, nel 1799 una flotta Francese bombardo e occupò l’isola di Paxò insieme al bombardamento di Prevesa e di Corfù, i Veneziani grazie alle adeguate difese e alla presenza di navi Russe riuscirono in un paio di giorni di far allontanare la flotta dalle Isole Ionie. La Repubblica Veneziana sempre dallo stesso anno permise agli Inglesi di creare una base temporanea a Vonizza per tutta la durata del conflitto.

Ludovico Manin non riuscirà a vedere Venezia liberata come molti altri suoi concittadini, deceduto a causa di un infarto il 24 Ottobre del 1802 a Zara nel Palazzo dei Vescovi, sede del governo dal 1801. Solo con la sua morte venne restituito il Senato e gli altri uffici di governo, venne creato un Senato composto dalle principali famiglie patrizie sia Italiane, Greche e Slave, arrivando a 150 seggi, fu eletto quasi con maggioranza assoluta Francesco Pesaro, ex-consigliere ducale di Manin come nuovo Doge della Repubblica di Venezia.

Durante il resto delle Guerre Napoleoniche la Serenissima non partecipò a nessuna campagna terrestre ma con la loro marina aiutarono gli Inglesi nel mantenere un caposaldo nel Mediterraneo, nel 1807 uno squadrone Veneziano prese parte alla flotta Anglo-Portoghese per scortare Giovanni IV e il resto della corte in Brasile, insieme ad un migliaio di civili, e dal 1808 con la ritirata a Cadiz delle Cortes Spagnole un battaglione Veneziano proteggerà la città insieme agli Inglesi fino alla fine della guerra.

Nel 1813, dopo una serie di proteste da parte delle minoranze della Repubblica e dalle adozioni della costituzione in Spagna e Sicilia un anno prima anche la Repubblica di Venezia adotta una nuova costituzione, prendendo spunto dalla Costituzione Statunitense e da quella Napoletana del 1799, la nuova forma di governo sarà quella Parlamentare Unitaria, con una Curia composta da un Arengo eletto a suffragio maschile limitato e da un Senato di nomina ducale e accessibile solo alle famiglie nobiliari oppure alle alte cariche dello stato, inoltre il Doge ha il potere di nominare il Console del Consiglio, che presiede il governo da lui formato e dovrà essere accettato dalla Curia in sessione comune. Le vecchie ripartizioni amministrative sono abolite in favore della istituzione delle Province, unico ente territoriale assieme ai Comuni e al Dogado che gode di ampia autonomia.

Con la sconfitta di Napoleone durante la Campagna di Russia e la sua ritirata da Mosca il governo Veneziano con l’aiuto Inglese e Austriaco invade l’Istria liberandola nel Gennaio del 1813 e ad inizio Aprile tutta la parte Veneta della Serenissima è liberata, il Doge Francesco Pesaro darà un lungo discorso dal balcone del Palazzo Ducale ai Veneziani e alla loro determinazione a resistere contro il giogo Francese, elogiando anche il fermo e giusto operato di Manin nelle ore più buie della Repubblica e nel giro di due settimane anche Bergamo e Brescia sono liberate, l’Esercito Veneziano farà parte della Sesta Coalizione dove sconfiggerà i Francesi sul Mincio e libererando Milano e Torino insieme ai Sardo-Austriaci, invierà anche squadre navali in Liguria per occupare Genova e Nizza con l’aiuto dei Sardi.

Nell’anno successivo quando Napoleone riesce a scappare dall’Elba l’esercito Veneziano-Austriaco fermerà l’avanzata di Murat verso il nord Italia e bombarderà il porto di Napoli e di Bari, con una successiva occupazione di Bari prima di restituirla ai Borbonici, il Regno di Napoli capitola il 20 Maggio del 1815 con il Trattato di Casalanza e nei successivi giorni Ferdinando IV ritornerà finalmente a Napoli, scortato da truppe Siciliane e Inglesi.

La Repubblica di Venezia partecipa al Congresso di Vienna come nazione vincitrice insieme a Regno Unito, Impero Austriaco, Regno di Prussia, Impero Russo e altri stati minori come il Regno di Sardegna o lo Stato Papale; Il Doge Pesaro e il Ministro Plenipotenziario a Vienna Antonio Primo Capello condussero le trattative per la Serenissima e siglarono il trattato del Congresso dopo la sua fine. Dal Congresso dopo lunghe ore di trattative sulla cessione della Lombardia Veneta agli Austriaci sì arriva a un compromesso, i territori di Bergamo e Brescia diventeranno parte del nuovo Regno Lombardo-Emiliano e in cambio la Repubblica riceverà Mantova, l'area di Ferrara e la Repubblica di Ragusa e di Poglizza, oltre ad una compensazione in denaro da parte degli Austriaci.

Con la fine delle Guerre Napoleoniche e la successiva Restaurazione nella scena politica della Repubblica vide l'inizio di un periodo di limitata democratizzazione con le prime elezioni politiche dopo la restaurazione nel 1818, che vide la vittoria dei liberali e del ceto medio, supportati dalla nobiltà Veneta, ma con una larga opposizione formata da forze democratiche e da progressisti, in questo schieramento presero parte anche gruppi di rappresentanza del proletariato Veneto e di minoranze etniche. Vengono successivamente introdotte nuove riforme come la adozione del Codice Civile Veneto del 1821 e la modifica dell'ufficio del Doge, abolendo la carica a vita in favore di una carica della durata di 10 anni e l’apertura ai non nobili di essere nominati Doge.

Negli anni successivi la Repubblica di Venezia, vide un lenta ma costante ripresa economica grazie all'acquisizione di nuovi possedimenti nel mediterraneo e alla comparsa delle prime industrie della Penisola Italiana, concentrate principalmente nelle città di Verona e di Treviso, ma anche con la creazione di cantieri navali a Ragusa, Prevesa e Spalato, adottando una politica di libero scambio nel commercio internazionale come il Regno Unito e anche l’adozione di una nuova bandiera composta da bande rosse e gialle con in alto a sinistra un cantone blu con sopra il Leone Alato che tiene in mano una Bibbia e sei frecce. Vennero avviate anche importanti opere pubbliche come la creazione di un ponte ferroviario tra Venezia e la terraferma nel 1846 e con la creazione delle prime reti ferroviarie della Repubblica con la Mantova-Venezia, passando attraverso Verona, Vicenza e Padova, iniziata nel 1834 e completata nel 1846, successivamente vennero create anche reti ferroviarie in Dalmazia con la Zara-Spalato nel 1853, inoltre alla creazione di reti ferroviarie il governo si impegnò a creare anche infrastrutture pubbliche come scuole, acquedotti, fognature e ospedali nelle principali città.

Mentre l’Italia tra il 1820 e il 1831 passava un periodo di tumulti e rivolte, la Repubblica Veneta insieme al Granducato di Toscana non ebbe problemi del genere e Venezia divenne rifugio per moltissimi patrioti Italiani come Giovanni Mazzini, Santorre di Santa Rosa, Silvio Pellico e altri esuli costretti a trasferirsi nella Repubblica, causando le ire diplomatiche non solo della Sardegna ma anche dell’Impero Austriaco che vedeva il Veneto come un covo di Carbonari, il governo dovette sottostare alle richieste di Vienna e aumentare la sicurezza pubblica, anche se venne fatta in modo formale.

Nel 1823 venne nominato come capo del governo Giovanni Capodistria, conte e nobile corfiota, durante gli anni delle guerre napoleoniche fu direttore dell’Ospedale di Corfù e nel 1813 sostenitore dei moti di Corfù per la ratificazione di una costituzione democratica, in seguito venne nominato Senatore dal Doge e vi rimase tale fino al 1823 quando gli fu dato l’incarico di Console e di formare un governo; Capodistria è considerato uno dei più grandi politici Veneti dell’era grazie alla sua fermezza e alle idee sia liberali ma in ambito conservatore, uno dei suoi primi atti fu il finanziamento e l'approvvigionamento di equipaggiamento ai rivoltosi Greci durante la Guerra d'Indipendenza Greca, questo causerà anche un influsso di volontari Veneti nelle file dei rivoluzionari, attirando le ire dell’Impero Ottomano che dichiarerà guerra alla Serenissima nel 1825, la Marina Veneta allora inizio ad appoggiare attivamente i Greci con il bombardamento dei principali porti della Grecia e dell’Egitto quando questo scese in campo per aiutare l’Impero. Intanto Prevesa e Vonizza furono cinte d’assedio dall’Esercito Ottomano.

Sempre nello stesso anno le azioni Venete e le ancor più recenti azioni Russe di mandar squadroni navali nel Mediterraneo fanno si che anche Londra e Parigi scendano in campo affianco a Venezia e San Pietroburgo, nel 1827 al largo di Navarino le forze della coalizione sconfissero la flotta Turco-Egiziana e incitati dalle rivolte Cretesi l’isola viene invasa dalle forze Venete con l’aiuto dei rivoltosi, mettendo in fuga le forze Ottomane sull’isola e assediando le città di Canea e di Candia, mentre in Morea la Marina Veneta diede supporto ai Francesi nella loro invasione del Peloponneso, la guerra si concluse con il Trattato di Adrianopoli tra le potenze vincitrici e l’Impero Ottomano, venne anche riconosciuta la conquista Veneta su Creta appatto che il governo avesse messo un freno al brigantaggio locale e alla pirateria, in cambio dovette cedere al Regno Unito le isole di Cerigo, Cerigotto, Pori e Chitra che diventeranno colonia Britannica dall’anno successivo.

La Grecia divenne una repubblica parlamentare con un modello identico a quello Veneto, e fu riconosciuta nazione indipendente col Protocollo di Londra del 1832, dove si dichiarava la neutralità greca nei conflitti e la indipendenza, il suo primo presidente fu Theodoros Kolokotronis e come capo del governo Alexandros Mavrokordatos, la Repubblica Ellenica divenne già dall’anno successivo un alleato di Venezia e un importante partner commerciale della Repubblica.

Giovanni Capodistria rimase Console del Consiglio fino al 1842, anno delle sue dimissioni dalla vita politica e dove rientrò nella natia Corfù e là morì all'età di 87 anni, dopo il Protocollo di Londra Capodistria divenne una figura pubblica nella scena politica della Repubblica e un acclamato dai suoi concittadini e dai Greci come il primo che ha risposto alla chiamata degli Elleni, durante il resto del suo mandato pacifico l’isola di Creta e iniziò una politica di Italianizzazione e di Ellenizzazione di Creta con la riapertura dei siti religiosi Ortodossi e Cristiani, molti Turchi emigrarono dall’isola per rientrare nell’Impero Ottomano a causa delle discriminazioni da parte di Veneti e Cretesi.

Dopo le dimissioni di Capodistria nel 1842 viene nominato Giovanni F. Avesani come nuovo Console, noto avvocato Veneto e nobile Veronese fino al 1848 quando dopo numerose rivolte scoppiate prima a Venezia e poi in tutto il resto della Repubblica con le richieste di una maggiore democratizzazione della Costituzione e il cambiamento di governo, anche il Doge Giovanni Correr si dimette e al suo posto verrà eletto Giambattista Varè come nuovo Doge, con la sua successiva elezione vengono anche cambiati i titoli di uffici a Presidente della Repubblica e a Presidente del Consiglio dei Ministri così come il Parlamento Nazionale diviso in Camera dei Deputati e in Senato. Vengono varate numerose riforme democratiche come l'introduzione del suffragio maschile universale e la libertà di culto. Anche nelle altre aree d'Italia si verificano rivolte e sommosse; a Palermo viene proclamato il Regno dopo la cacciata dei Borboni dall'isola, a Napoli il popolo invoca la costituzione, a Roma Pio XI proclama lo statuto e a Torino il Re Carlo Alberto proclama lo statuto Albertino. Il 18 Marzo scoppiano le Cinque giornate di Milano e viene instaurato un governo provvidenziale e sia Gabrio Casati e Carlo Cattaneo alla formazione del Governo Provvisorio di Milano mandano lettere con richieste all'annessione della Repubblica Veneta, ma a loro insaputa già da metà Febbraio l'Esercito Veneto venne mobilitato e dal primo marzo è stanziato a Verona e a Mantova pronto per agire e il 20 Marzo l'Esercito Veneto invade il Mincio e punta sulle città di Bergamo e Brescia ma manda colonne di Schiavoni su Milano per occuparla prima dei Piemontesi e vi arrivano il 24 Marzo, il GPM e il Governo Veneto danno le istituzioni per la istituzione di un Plebiscito in Lombardia per unirla alla Repubblica e Carlo Cattaneo viene nominato Generale della Guardia Civica Milanese. Il Regno di Sardegna il 25 Marzo inizia l'avanzata verso Milano ma passa da sud verso Parma per occupare l'Emilia e successivamente oltrepassa il Po' ma viene bloccato dall'Esercito Veneto che aveva già occupato le vecchie posizioni Austriache, i Piemontesi protestano ma Carlo Alberto decide per momento di fermarsi per consolidare la conquista e l'Impero Austriaco dichiara guerra sia alla Repubblica Veneta e sia al Regno di Sardegna, anche gli altri stati Italiani inviano aiuti ai patrioti come le truppe Pontificie del Generale Giovanni Durando che vengono inviate a supporto della Repubblica Veneta e che vengono inviate ad Udine per fermare un eventuale invasione Austriaca, il Granducato di Toscana invierà un contingente di truppe regolari e volontari comandate da Ulisse d'Arco Ferrari su Milano per supportare il governo Provvisorio, lo stesso fece il Re Ferdinando II che invio un corpo d'armata sotto Il Generale Guglielmo Pepe. Già a Maggio ci fu un contrattacco Austriaco su Udine e il successivo assedio con il tentativo di penetrare in Veneto ma fallì grazie ai rinforzi Pontifici, l'Esercito Austriaco non invierà rinforzi fino al 1849 dopo aver soggiogato le varie rivolte nell'Impero.

.

Se volete contribuire alla discussione, scriveteci a questo indirizzo.


Torna indietro