di Never75
PREMESSA
Agli inizi del '500, con Venezia nel pieno del suo sviluppo e splendore, molti erano gli interessi convergenti volti ad un suo "necessario" ridimensionamento. Tra i principali promotori della Lega di Cambrai vi erano:
- il papa Giulio II, il cui obiettivo era quello non solo di ridurre il predominio veneziano, ma anche di riacquistare i territori di Ravenna, Cervia, Rimini e Faenza;
- Massimiliano I d'Austria, anch'egli interessato a importanti territori della Repubblica (Rovereto, Verona, Padova, Vicenza, Treviso, il patriarcato di Aquileia ed il Friuli);
- Luigi XII, di Francia che puntava ai territori dell'area lombarda essendo egli già Signore di Milano;
- Ferdinando d'Aragona, che guardava con favore ad un possibile accerchiamento della Serenissima per riacquistare il controllo dei porti del Regno di Napoli impegnati da tempo ai Veneziani per ben 30.000 ducati.
Ad aprire le ostilità fu il papa con una bolla di scomunica (datata 27 Aprile 1509) a tutti gli stati e le città della Repubblica tra cui ovviamente Padova: "...Repubblica ingrata... abusando di sua potenza asseguita co' favori e fin anco co' denari di Roma, l'adoprasse a molestare i vicini e perfino a usurpare le terre della Sede Apostolica…".
Le prime a scendere realmente in campo furono le truppe francesi che, il 14 maggio del 1509, costrinsero alla ritirata l'esercito della Serenissima nei pressi di Agnadello (CR) sul fiume Adda. A seguire l'esercito pontificio riuscì facilmente ad avere ragione di Venezia riprendendo il controllo delle città di Cervia, Faenza, Rimini e Ravenna. Questo deciso attacco su più fronti, costrinse la Repubblica da un lato ad abbandonare in mano nemica, senza quasi neanche combattere, le città orientali della Lombardia (Bergamo e Brescia in particolare) e Peschiera, dall'altro a cedere i possedimenti pugliesi (Otranto, Brindisi, Trani e Monopoli) a Ferdinando d'Aragona al fine di evitare che quest'ultimo potesse impegnare oltre modo le sue forze a supporto della Lega anche su altri fronti. L'ultimo ad approfittare di questa situazione fu Massimiliano d'Austria il quale, non avendo ancora impostato alcun serio preparativo di guerra, si limitò ad attestarsi con le sue truppe nei pressi di Rovereto.
In sostanza la Serenissima, preso atto dell'impossibilità di resistere agli attacchi operati su più versanti, cercò in questa prima fase di operare una "giudiziosa" ritirata, cedendo ai Confederati tutte quelle città per la cui riconquista si erano uniti contro di lei, con il fine neanche tanto recondito di fomentare tra di loro tutte quelle discordie che avevano solo momentaneamente accantonato in vista del comune obiettivo.
Ma i confederati (in primis lo scaltro Giulio II) capiscono il trucchetto e non si danno per vinti.
CRONOLOGIA
Agosto 1510 – Approfittando della debolezza di Venezia, anche l'Impero Ottomano se ne approfitta.
Comincia l'invasione di Cipro. Venezia cerca di raggiungere un accordo con le potenze nemiche arrivando perfino a cedere città importanti come Padova e Verona, ma non c'è nulla da fare.
Nel frattempo fa la sua prima comparsa anche la peste.
12 Aprile 1511 – le truppe franco-imperiali-spagnole tentano una sortita notturna con delle primitive imbarcazioni sotto le mura di Venezia, ma vengono respinti anche se con grosse perdite.
È comunque la prima volta che i nemici riescono a penetrare nella laguna veneta. Tra la popolazione si diffonde il panico.
15 Maggio 1511 – Grazie ad un astuto piano di ingegneria dovuto (pare) all'intervento di alcuni architetti ed operai alle dirette dipendenze di Leonardo da Vinci, vengono costruiti dei ponti di barche sulla laguna. Nonostante le incursioni veneziane ritardino di molto l'opera nemica, alla fine il ponte è ultimato ed i primi soldati confederati riescono a mettere piede sull'entroterra veneziano.
28 Maggio 1511 – Le truppe confederate (inizialmente imperiali, francesi e spagnole con un piccolo contributo di milizie volontarie lombarde) stabiliscono una testa di ponte sulla laguna nei pressi di San Pietro all'Orto.
Nel frattempo una possente flotta (quasi tutta formata da galee spagnole) forza le acque del Golfo di Rialto e si allinea a dirimpetto minacciando direttamente Piazza San Marco.
Dopo aver invano tentato di ottenere condizioni più favorevoli, il doge Lorenzo Loredan in presenza degli ambasciatori francesi, spagnoli, aragonesi ed imperiali e del legato pontificio, si affaccia al balcone del Palazzo ducale ed abdica solennemente rimettendo tutti i suoi poteri nelle mani nemiche. È la fine dell'indipendenza della Repubblica Paradossalmente, per ironia della sorte, quasi nello stesso momento si arrende ai Turchi Famagosta, l'ultima fortezza nelle mani veneziane dell'isola di Cipro. Nonostante le assicurazioni di aver salva la vita, il comandante e tutta la sua guarnigione vengono impalati vivi per ordine diretto del Sultano. Tale comportamento indigna perfino la Francia e Lo Stato Pontificio, le potenze che più di ogni altre avevano voluto la fine di Venezia e cominciano a pensare, forse, di aver commesso un errore madornale.
8 Giugno 1511 – Come era stato convenuto prima dell'inizio del conflitto, le Potenze Confederate stabiliscono di dividersi l'eredità rimanente di Venezia.
Massimiliano riceve così Verona, Vicenza, Padova, il Patriarcato d'Aquileia ed il Friuli, mentre l'Istria e la Dalmazia vanno al re d'Ungheria.
Alla Francia, che già occupava Milano, vanno le altre città lombarde Bergamo, Brescia e Cremona. Otranto torna agli Aragonesi, mentre il papa riottene i territori romagnoli (Ferrara e parte del Polesine) che aveva perduto recentemente e che furono il vero motivo scatenante del conflitto.
La laguna veneta (che in teoria sarebbe rimasta alla ridotta Repubblica) viene temporaneamente divisa tra il Papa e l'Imperatore, ma sorgono quasi subito dei malumori tra i due contendenti, anche a causa dell'ambiguo atteggiamento francese.
Incerta resta pure la sorte di Creta che, teoricamente, rimane pure l'unico territorio della Repubblica a non essere ancora conquistato, anche se su di essa si allargano già i tentacoli della Porta.
Nel frattempo la nobiltà ed alta borghesia delle città venete di Bergamo, Cremona, Crema, Brescia, Treviso, Padova, Verona e Vicenza accolgono festosamente i loro nuovi padroni (in realtà queste città avevano sempre avuto un malcelato odio per Venezia ed anche a causa di questo la Repubblica cadde così in fretta). Cogliendo la palla al balzo Imperatore, re di Francia e Papa si apprestano a riconoscere ai rappresentanti delle città recentemente riconquistate tutti i privilegi comunali. Più fredde rimangono invece le campagne che fino all'ultimo rimasero fedelissime alla Repubblica.
Apparentemente la situazione sembra tranquilla ma i focolai di tensione sono alle porte.
27 Agosto 1511 – Scoppiano piccoli "incidenti" di frontiera tra le truppe francesi e quelle imperiali nei pressi di Brescia. La contesa riguarda una sottilissima striscia di terra al confine tra i due Stati nella cittadina murata di Pizzighettone. Nonostante l'esiguità della posta in gioco, la presa della cittadina del cremonese è strategicamente importantissima: infatti proprio in quel punto il fiume Adda è guadabile ed il possesso della fortezza quasi inespugnabile è fondamentale per riscuotere i dazi delle merci.
Dopo una iniziale occupazione francese di una parte della cittadina (ed il ritiro temporaneo degli imperiali) si ha un capovolgimento di fronte con l'appoggio esplicito dato dal papa all'Imperatore.
Un contingente di truppe papaline risale dall'Emilia e dà manforte alle stanche truppe mercenarie imperiali. Lo scopo del "voltafaccia" del Papa è chiaro: ora teme un accerchiamento della potentissima monarchia francese (che lui stesso pochi anni prima auspicò invece) e preferisce avere come confinanti le deboli e scarse guarnigioni imperiali.
Il voltafaccia del papa non lascia indifferente Luigi di Valois che con un possente esercito varca le Alpi (con la complicità dell'alleato Duca di Savoia) e penetra quasi senza colpo ferire nelle Romane, cuore stesso dei domini pontifici.
5 Ottobre 1511 – Il papa lo precede e stipula una nuova alleanza il (Lega Santa) stavolta in funzione antifrancese con l'appoggio diretto di Impero, Spagna e Confederazione Elvetica. Perfino il lontano Re d'Inghilterra Enrico VIII viene inserito nell'alleanza. Gli eserciti imperiali e spagnoli calano da Ovest e da Est per prendere la Francia in una morsa.
Dal canto suo Luigi si allea con la Scozia in funzione anti-inglese.
11 Aprile 1512 – A Ravenna un esercito formato da Svizzeri Confederati, Imperiali, truppe pontificie e spagnole si scontra con l'esercito francese; l'esito dello scontro è altalenante, ma la morte del comandante francese Gastone de Foix determina la sconfitta di questi ultimi. A Firenze ritornano i Medici.
Maggio 1512 – Le truppe mercenarie papali e quelle degli Svizzeri entrano a Milano e cacciano definitivamente i francesi. Al Ducato Milanese vengono però tolte Parma e Piacenza (che vanno al Papa) e l'odierno Canton Ticino (che va ai Confederati), in compenso le città ex veneziane Bergamo, Brescia e Cremona le sono restituite. Sul trono s'insedia Massimiliano Sforza, figlio di Ludovico il Moro, ma sarà soltanto un sovrano fantoccio.
21 Febbraio 1513 – Muore Giulio II, al suo posto sale Leone X il quale ha una politica meno belligerante del predecessore.
Aprile 1513 – Luigi non si dà per vinto e ritenta una spedizione in Italia per riprendersi Milano. Quasi contemporaneamente si riforma la Lega Santa (Papa, Impero, Spagna, Inghilterra).
Maggio 1513 – I Francesi invadono la Pianura Padana ma vengono sconfitti dagli Svizzeri a Novara. La disfatta è tale che i Francesi devono ripiegare su Digione, sempre inseguiti però dagli Elvetici.
16 Agosto 1513 – Il nuovo Re d'Inghilterra Enrico VIII sbarca a Calais (ultimo avamposto inglese sul continente), battaglia di Guinegatte e sconfitta francese.
9 Settembre 1513 – Battaglia di Flodden combattuta tra Inglesi e Scozzesi (alleati dei Francesi). Sconfitta di questi ultimi (lo stesso re di Scozia Giacomo IV rimase ucciso sul campo di battaglia, e secondo lo storico Polidoro Virgilio si ebbero non meno di 10.000 morti).
Dicembre 1513 – Luigi si dichiara sconfitto. Scende a patti con gli Alleati (in primis lo stesso papa) e rinuncia a tutti i territori recentemente conquistati compreso il Ducato di Milano, che viene ridato allo Sforza.
1514 – Luigi si riappacifica anche cogli altri sovrani: con Massimiliano d'Asburgo e Ferdinando d'Aragona. Conclude poi un trattato di amicizia con l'Inghilterra (coronato anche dal matrimonio tra Luigi ed una sorella di Enrico VIII). Ma il 31 Dicembre Luigi muore senza eredi diretti.
1 Gennaio 1515 – Sale al trono di Francia Francesco I (genero di Luigi VIII) che inaugura la dinastia dei Valois. Uno dei primi atti del giovane sovrano è quello di rimpadronirsi del Ducato di Milano (perduto dal suocero solo due anni prima).
13 Settembre 1515 – Dopo aver stipulato un nuovo trattato di alleanza coi principali sovrani europei, Francesco I penetra in Italia e sconfigge gli Elvetici presso Marignano (oggi Melegnano).
Stavolta sono gli Svizzeri a perdere ed a cedere di nuovo il Ducato ai Francesi. A loro rimane solo l'odierno Canton Ticino. È dall'esito (negativo) di questa battaglia che gli Svizzeri fanno risalire la loro proverbiale neutralità.
1516 – Muore Ferdinando il Cattolico. Alla sua morte i Regni di Spagna, i possedimenti italiani e le immense Colonie d'Oltremare vanno al nipote Carlo appena sedicenne, che diventa Carlo I.
13 Agosto 1516 – A Noyon viene stipulata un'alleanza tra Francia e Spagna in cui entrambe le potenze si accordano per lo status quo in Italia: il Ducato di Milano (comprese Bergamo, Brescia e Cremona), alla Francia, Venezia, il resto delle città Venete, il Friuli, il Meridione e le isole alla Spagna. Ma sarà una pace di breve durata.
13 Ottobre 1517 – A Wittemberg Lutero affigge le famose 95 tesi sulla porta del Duomo. A questa data si fa risalire l'inizio della Riforma protestante. Il papa sottovaluta di molto il problema.
12 Gennaio 1519 – Muore l'imperatore del SRI Massimiliano d'Asburgo. Il nipote Carlo (già re di Spagna, di Napoli e delle Fiandre) eredita anche i domini di Casa d'Austria. Era dai tempi di Carlo Magno che in Europa non si assisteva ad un Impero così vasto. Ma Carlo non è ancora satollo e, sfidando i suoi colleghi re di Francia, d'Inghilterra e di Baviera, propone la sua candidatura alla soglia imperiale.
25 Giugno 1519 – Carlo I di Spagna diventa anche Carlo V del S.R.I (grazie soprattutto ai banchieri Fugger). Uno dei primi compiti che il giovanissimo sovrano si prefigge è di realizzare il sogno di "Monarchia Universale", ma per farlo deve sconfiggere l'unico vero rivale: Francesco I di Francia. Inizieranno a breve le sanguinose "Guerre d'Italia".
15 Giugno 1520 – Papa Leone X con la Bolla "Exsurge Domine" condanna le eresie di Lutero, ma è troppo tardi ormai l'eresia ha avuto modo di sedimentarsi bene.
1 Dicembre 1521 – Muore papa Leone X. Gli succederà il cardinale Florens Dedel di Utrecht, fiammingo ed ex precettore di Carlo V, che assumerà il nome di Adriano VI. È anche famoso per essere stato l'ultimo papa non-italiano prima di Giovanni Paolo II.
10 Dicembre 1521 – Il monaco ribelle Lutero brucia per dileggio in pubblico la Bolla di Scomunica.
27 Aprile 1522 – Dopo aver stipulato segrete alleanze con il Papa e col re d'Inghilterra, Carlo V varca le Alpi ed invade il Ducato di Milano cacciando ancora una volta i francesi.
Quasi contemporaneamente una flotta turca conquista anche Rodi (1522). Ora solo Creta tra le grandi isole greche rimane in mano occidentale. Dopo aver conquistato anche Rodi (1522) solo Creta tra le grandi isole greche rimane in mano occidentale. Formalmente, anzi, rimane ancora possedimento veneziano e come tale continua ad auto-considerarsi anche dopo la conquista della madrepatria da parte degli Alleati.
1524 – 1525 – La guerra in Italia ha esiti altalenanti. Per un breve periodo i Francesi riacquistano il Ducato di Milano, ma con la battaglia di Pavia (24 Febbraio 1525) l'esercito francese viene sconfitto sonoramente e lo stesso re Francesco I è catturato e trasferito in Italia come prigioniero. Pare che in quest'occasione lo sconfitto sovrano abbia pronunciato la famosa frase: "Tutto è perduto fuorché l'onore!"
1526 – Francesco I, per poter ottenere la liberazione, è costretto a firmare l'oneroso Trattato di Madrid, con cui si impegna non solo a rendere il Milanese (ulteriormente ampliato con le recenti annessioni dei territori ex veneziani) ma anche la Borgogna.
Nel frattempo procede quasi inarrestabile l'avanzata turca. Il 29 Agosto a Mohacs il Re d'Ungheria Luigi II Jagellone viene sconfitto e muore. L'Ungheria diventa de facto uno stato vassallo ottomano affidato a Giovanni Szapolyai, voivoda di Transilvania.
1527 – Dopo la Francia, è l'ora del papa. Frotte di soldati e mercenari spagnoli, tedeschi ed italiani penetrano in Roma e la mettono a ferro e fuoco. Il papa si salva a stento.
1529 – Solimano, alleato del Re di Francia, pone per la prima volta sotto assedio Vienna, ma la difesa fortificata della città e la sua eccessiva lontananza dalle basi ottomane fanno sì che l'assedio si risolva in un nulla di fatto.
1530 – Nel frattempo Carlo V si riappacifica col pontefice. Viene incoronato a Bologna da lui stesso e, in cambio, aiuta i Medici nel ritornare a Firenze.
Contemporaneamente fa convocare una Dieta Imperiale nella città di Augusta che abbia lo scopo di riappacificare cattolici e protestanti. Filippo Melantone (braccio destro di Lutero) propone una mediazione tra le parti con la stesura di una Confessione di fede (poi detta Augustana). Nonostante la stesura della professione di fede fosse (nei fatti) piuttosto conciliante, i teologi cattolici la respinsero.
A questo punto i principi protestanti, viste fallire le trattative di pace, sottoscrivono un'alleanza difensiva detta "Lega di Smalcalda". Le guerre di religione tra cattolici e protestanti stanno per iniziare.
Intanto, mentre accadono in tutta Europa questi importantissimi fatti, Carlo V pensa a riordinare i nuovi possedimenti italiani.
Il comportamento dell'Imperatore è, generalmente, improntato al rispetto degli antichi privilegi comunali e regionali che, ormai da parecchi secoli, caratterizzano la storia della nostra Penisola.
In modo particolare, grandissimo rispetto è portato alla città di Venezia ed ai suoi ex possedimenti istriani e dalmati, ora completamente facenti parte dell'Impero.
Infatti la città di Venezia col suo retroterra viene lasciata sopravvivere come "città libera" con una costituzione simile per certi versi alle analoghe "città libere" tedesche (come Norimberga). Vengono quindi mantenute le antiche magistrature. Il Doge ed il Consiglio dei 10 continuano a governare sulla città lagunare. Seppure hanno perso l'indipendenza politica (specie quella degli affari "esteri") essi possono ancora legiferare su ampie materie interne: dalla micro-politica economica al campo sociale. Vengono pure confermati i privilegi conquistati negli anni precedenti come la particolare indipendenza della città lagunare in materia religiosa (i Vescovi devono essere approvati anche dal Consiglio cittadino oltre che dal papa) e fiscale. I mercanti veneziani ricevono appalti ed esclusive commerciali per tutto l'Adriatico. Per certi versi la sudditanza all'Impero ha i suoi vantaggi: non essendo più formalmente rivali né della Spagna né degli Asburgo, Venezia ritorna ad essere padrona dei Mari. Perfino la sua dipendenza politica dà i suoi vantaggi nella lotta contro i Turchi. Non esistendo più motivi di attrito tra le principali potenze mediterranee è più facile coordinare un'alleanza tra le potenze cristiane stesse in funzione anti-turca (come vedremo più tardi).
Anche i possedimenti istriani e dalmati vengono riorganizzati nella nuova compagine imperiale. Le antiche città ex-veneziane come Zara e Spalato ridiventano pure esse "città libere" e porti franchi dell'Impero. Seppure non ai livelli di Venezia, pure esse sviluppano una discreta flotta commerciale che (sotto la protezione spagnola ed imperiale) permette la circolazione di merci per tutto il Mediterraneo.
Queste note positive fanno sì che, dopotutto, la sudditanza di queste regioni a Carlo V non sia del tutto vista negativamente dalle popolazioni occupate, ma che, anzi, abbia potuto anche sortire degli effetti positivi a lungo termine.
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Enrico Pizzo invece ha proposto questa alternativa:
L'11 settembre del 1509, durante le fasi iniziali della Guera della Lega di Cambrai quando sembrava che la Serenissima fosse destinata ad essere distrutta, venne richiesto l'intervento della Sublime Porta al fianco di Venezia contro gli alleati.
La richiesta venne rinnovata il 24 maggio 1510.
In entrambi i casi, mancando il riconoscimento formale da parte di Venezia, della supremazia del Sultano le richieste rimasero inascoltate.
Sono convinto comunque che la neanche poi tanto velata minaccia di diventare un vassallo Ottomano abbia contribuito non poco alla decisione dello Stato Pontificio di ritirarsi dalla Lega nella Primavera del 1510.
Il POD è questo: ipotizziamo che ad inizio Settembre, con l'esercito imperiale giunto fino a Padova, nel patriziato divenga maggioritario il gruppo convinto che solo il riconoscimento della sovranità ottomana possa salvare l'indipendenza della Repubblica, come potrebbe cambiare la storia europea?
Venezia diventerebbe come Ragusa, con il suo territorio " cristallizzato " al 10 Settembre, non ci sarebbero ne la guerra di Cipro e neppure quella di Candia, dato che entrambe le isole sarebbero già ottomane.
Cosa ne pensate?
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Enrico Pellerito gli risponde:
Il PoD è interessante.
Se il conflitto non vede i vari cambi di schieramento così come verificatisi in HL, sebbene questo alternarsi nelle alleanze fosse tipico dell'epoca, abbiamo che entra in gioco un attore di un certo spessore, cosa che nuocerebbe non poco alla compagine originaria avversa alla Serenissima, in quel momento già capace di suo di esprimere una più che apprezzabile potenza economica e militare.
Venezia dovrebbe uscirne, così come avvenuto nella nostra storia, quasi intonsa, anzi, stavolta potrebbe pure aumentare i propri possedimenti nell'Italia settentrionale e spartirsi la Puglia con gli Ottomani; infine potrebbe prepararsi per una successiva espansione nella Pianura Padana.
L'ipotesi di una Venezia che giunga ad inglobare tutta l'Italia del nord è una cosa che, personalmente, mi ha sempre entusiasmato; il consolidarsi di una tale potenza potrebbe significare timori e comportare ulteriori conflitti, ma al contempo, grazie a manovre diplomatiche, risultare elemento che fornisca garanzia ed equilibrio, man mano che si vanno costituendo i vari stati nazionali.
Col tempo, senza dimostrare eccessiva cupidigia, ma con accortezza e costanza, Venezia potrebbe realizzare una penisola quasi tutta assoggettata al leone marciano, assicurando allo Stato Pontificio protezione e mantenimento dei domini ecclesiastici.
Ma per assicurarsi l'alleanza del Sultano già nel 1509, oltre al fatto che la comune vittoria avrebbe indebolito quelle potenze europee che potevano costituire una minaccia per la Sublime Porta, cosa doveva promettere Venezia, affinché la suddetta alleanza si concretizzasse?
Accordi commerciali che vedessero fortemente favorito il Sublime Stato Ottomano?
Successivi appoggi, per lo meno diplomatici, nella conquista turca di territori appartenenti al Sacro Romano Impero?
Similari azioni nei confronti della Spagna?
Si realizzerebbe un panorama europeo ben diverso da quello che abbiamo visto nella realtà.
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Enrico Pizzo gli replica:
Doveva riconoscere formalmente la Sovranità Ottomana.
Questo comportava una serie di obblighi, tra cui quello di versare annualmente un tributo alla Sublime Porta, ho il sospetto che l'importo sarebbe stato inferiore a quello che a suo tempo Venezia pagava per Cipro o per Zante, la proibizione di dare protezione ai nemici del Sultano, il divieto di fare guerre senza l'autorizzazione della Porta e l'obbligo di assistere militarmente l'Impero.
In questa Timeline, ad esempio, durante l'assedio di Vienna nel settembre del 1529 Solimano avrebbe potuto ordinare alla Serenissima di aiutare l'Impero invadendo il Trentino.
A Prevesa si sarebbero scontrate una flotta turco - veneziana ed una ispano - genovese.
Le istituzioni della Serenissima, come noi le conosciamo, sarebbero rimaste inalterate.
Selim I si sarebbe semplicemente ricordato che tra i suoi titoli c'è anche quello di Kaisar Rum e che il Dux Veneciarum è si scelto tra i maggiorenti della Repubblica ma necessità della conferma da parte dell'Imperatore.
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Ed Enrico Pellerito aggiunge:
Mi sembrano obblighi assolutamente tollerabili.
Nel 1529 la conquista del Trentino non sarebbe stata un'impresa impossibile per la Serenissima Repubblica Veneta, anzi, essa avrebbe aumentato i propri domini garantendosi una linea difensiva montana a protezione dell'intero territorio pianeggiante.
A questo punto, se Venezia si allea con i Francesi la conquista francese di
Milano non è affatto impossibile. Un'alleanza franco-turco-veneziana? Praticamente la stessa alleanza che era stata proposta alla Serenissima dal Generale Bonaparte il 20 Luglio del 1796 e respinta con Ducale del 22
Luglio... Certo, volevano entrambe Milano, ma possono mettersi d'accordo: la città alla Francia, la provincia a Venezia.
O Venezia può accettare il Trentino, conquistato con l'aiuto dei Francesi e dei Turchi,
in cambio di Milano. Ad ogni modo, la carta geopolitica dell'Europa del Cinquecento sarebbe davvero molto differente.
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Enrico Pizzo specifica:
Ma gli obiettivi della Lega di Cambrai nel 1509 non erano di mantenimento dello status quo.
Gli accordi prevedevano Bergamo, Brescia e Crema alla Francia, il Veneto, tranne Rovigo, + il Friuli all'Impero, la Dalmazia agli Ungheresi, Asola ai Mantovani, Rovigo ai Ferraresi e Cipro ai Savoia...
Era una prospettiva inaccettabile, la sottomissione alla Sublime Porta molto meno traumatica.
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Tuttavia Bhrihskwobhloukstroy chiarisce:
Certamente che erano così gli accordi, ne avevamo anche discusso
in altre ucronie; qui però poi l'ucronia si è sviluppata in modo tale che Venezia si alleerebbe nientemeno che con la Francia (la principale
beneficiaria di Cambrai) e resterebbe per sempre contro il Sacro Romano Impero: è questo che contesto.
Mentre è ovviamente chiaro che, piuttosto di essere spartita fra Impero, Austria, Francia, Ungheria e Papato, è molto meglio diventare
vassalli della Sublime Porta, quel che chiedevo è «che differenza c'è fra diventare vassalli della Sublime Porta (non solo in quel momento,
ma permanentemente, dato che non si diventa vassalli per un solo momento) e diventare vassalli del Sacro Romano Impero appunto per
evitare la spartizione.
In altre parole: se si può stravolgere l'ucronia al punto che il principale Nemico diventa il principale Alleato (prendendo meno della
metà di quel che avrebbe preso rimanendo nemico...), allora è doveroso chiedersi anche se non sia possibile sottomettersi all'Impero in
anticipo, evitando la spartizione (e fra l'altro lasciando al proprio principale Nemico ciò che avrebbe se diventasse amico!).
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Ed Enrico Pellerito commenta:
La tua tesi è legittima e logica, però qui stiamo valutando un possibile processo storico in base al punto di divergenza ipotizzato in origine.
Nulla vieta che Venezia avrebbe potuto disinnescare i fondamenti dell'accordo di Cambrai con un'azione diplomatica verso Massimiliano I d'Asburgo, ma nella realtà Venezia non fece ciò, preferendo chiedere aiuto alla Sublime Porta.
Sappiamo che, guerra durante, gli schieramenti (grazie a papa Giulio II) cambiarono e successivamente si creò la Lega Santa contro Luigi XII, alla quale alleanza partecipò poi anche Massimiliano I d'Asburgo; questi passaggi alla fine avrebbero visto Venezia schierata a fianco del Regno di Francia, mentre il Sacro Romano Impero era divenuto nemico di entrambi.
Noi abbiamo, per l'appunto, un punto di divergenza, cioè la Serenissima si è alleata con il "turco".
Presumiamo che ciò ha modificato gli eventi, non solo ai fini di contrasto nei confronti della Lega di Cambrai, ma anche, a mio parere, come percezione "cristiana" nel combattere una nazione che si è pure legata ad un impero mussulmano.
Il fatto di essere aggressori non ha alcuna importanza nella politica attuale, figuriamoci nel 1508.
Dal punto di vista militare, le armate mussulmane possono impegnare quelle del SRI e, nel contempo, intervenire nel teatro italiano a fianco dei Veneziani, mentre le due flotte risulteranno abbastanza forti da mettere in crisi le omologhe strutture nemiche, a prescindere se si verificherà la battaglia di Polesella.
La partecipazione del "turco" a questa guerra convincerebbe Ladislao II ad intervenire oppure ne resterebbe fuori come in HL?
Nel 1508 il sovrano Jagellone poteva ancora contare sulla cosiddetta Armata nera, che aveva già costituito motivo di cruccio per i turchi, i quali, però, avrebbero desiderio di rivalsa.
Ciò che mi chiedo è se, a fronte di un effettivo contrasto da parte dei turco-veneti, la Lega si scioglie non perché il Papa ritiene più grave la minaccia francese, ma per l'impossibilità di vincere il conflitto contro Venezia.
La dinamica politica e storica del periodo viene modificata (se no che divergenza sarebbe), per cui consideriamo che le basi di sviluppo sono, a mio giudizio, due:
1) la Lega vince, anche perché altri paesi cristiani (compresi il Regno d'Ungheria e Boemia, i Cantoni Svizzeri, addirittura il Regno d'Inghilterra e il Regno di Scozia) decidono di combattere la Sublime Porta e Venezia, e riescono a prevalere su queste; pertanto si avrà la spartizione della Serenissima per come previsto nell'accordo stipulato a Cambrai. Successivamente, l'espansionismo francese potrà essere motivo per costituire una "diversa" Lega Santa.
2) la Lega perde, e allora non solo Venezia se ne sbatte (scusate il "francesismo") del Papa e dei Francesi, per non parlare dei Ducati italiani avversari, proseguendo nella sua espansione nella penisola, ma la proposta di un'alleanza con il Regno di Francia, diventa non necessaria, almeno per il momento.
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Ma Enrico Pizzo non è d'accordo:
Disinnescare la Lega di Cambrai a fine 1508 era praticamente impossibile.
Massimiliano d'Asburgo doveva vendicarsi dell'umiliazione patita in Cadore pochi mesi prima ed il Papa voleva i territori in Romagna occupati dalla Repubblica nel 1503.
Per evitare la formazione della Lega sarebbe necessario proporre dei POD antecedenti.
Ma il mio POD non è antecedente, siamo a Settembre 1509, la guerra sembra perduta ed all'interno del Maggior Consiglio ci sono 3 partiti.
Il primo ritiene che solo la sottomissione alla Porta salverà la Repubblica, il secondo vuole giocare la carta diplomatica ed il terzo sta a metà tra gli altri 2, minacciare la sottomissione alla Porta e giocare la carta delle trattative.
Alla fine prevarrà il partito della diplomazia, ma gli equilibri sono stati in forse a lungo, prova ne sia che l'11 Settembre, ed anche il successivo 24 Maggio,
venne chiesto, con la formula sbagliata, l'intervento Turco.
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Bhrihskwobhloukstroy torna alla carica:
Esatto (ovviamente...), proprio così! Mentre ribadisco che l'idea di sottomissione all'Impero Ottomano ha tutte le caratteristiche di essere una delle migliori della Storia, aggiungo solo una citazione (tradotta dal latino in fiorentino da Francesco Guicciardini) da Antonio Giustinian, ambasciatore presso Massimiliano I., a giustificazione del pensiero deragliante (dall'ucronia) che avevo introdotto:
«[…] Adunque, supplicando in nome del principe, del senato e del popolo viniziano, con umile divozione ti preghiamo oriamo scongiuriamo: degnisi tua Maestà riguardare con gli occhi della misericordia le cose nostre afflitte, e medicarle con salutifero rimedio. Abbraccieremo tutte le condizioni della pace che tu ci darai, tutte le giudicheremo eque oneste conformi alla equità e alla ragione. Ma forse noi siamo degni che da noi medesimi ci tassiamo. Tornino con nostro consenso a te, vero e legittimo signore, tutte le cose che i nostri maggiori tolsono al sacro imperio e al ducato di Austria. Alle quali cose, perché venghino più convenientemente, aggiugniamo tutto quello che possediamo in terra ferma: alle ragioni delle quali, in qualunque modo siano acquistate, rinunciamo. Pagheremo oltre a questo, ogni anno, alla Maestà tua e a’ successori legittimi dello imperio, in perpetuo, ducati cinquantamila; ubbidiremo volentieri a’ tuoi comandamenti decreti leggi precetti. Difendici, priego, dalla insolenza di coloro co’ quali poco fa accompagnammo l’armi nostre, i quali ora proviamo crudelissimi inimici, che non appetiscono non desiderano cosa alcuna tanto quanto la ruina del nome viniziano: dalla quale clemenza conservati chiameremo te padre progenitore e fondatore della nostra città, scriveremo negli annali e continuamente a’ figliuoli nostri i tuoi meriti grandi racconteremo. Né sarà piccola aggiunta alle tue laudi, che tu sia il primo a’ piedi del quale la republica veneta supplichevole si prostra in terra, al quale abbassa il collo, il quale onora riverisce osserva come uno dio celeste. Se il sommo massimo Dio avesse dato inclinazione a’ maggiori nostri non si fussino ingegnati di maneggiare cose di altri, già la nostra republica piena di splendore avanzerebbe di molto l’altre città della Europa; la quale ora, marcida di squallore di sorde di corruzione, deforme di ignominia e di vituperio, piena di derisione di contumelie di cavillazioni, ha dissipato in uno momento l’onore di tutte le vittore acquistate. […]»
Il senso di questa digressione era dunque di dar voce a pensieri che il Senato ha veramente considerato, se fosse più conveniente sottomettersi alla Sublime Porta o al Sacro Romano Impero; per questo ho riproposto la domanda anche a noi.
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Ecco come Enrico Pellerito sintetizza la discussione fin qui svoltasi:
Tanto per comprendere meglio la situazione. Storicamente il 10 dicembre 1508 si costituisce la Lega di Cambrai; ad essa aderiscono il Sacro Romano Impero, l'Impero spagnolo, il Regno di Francia, lo Stato Pontificio, il Regno d'Ungheria e Boemia (che in HL non parteciperà, però, al conflitto), il Ducato di Ferrara, il Marchesato di Mantova e il Ducato di Savoia. Neanche quest'ultimo, se non ricordo male, entrò in guerra, al contrario del Duca di Urbino che ritenne di doverlo fare.
Il PoD ipotizzato vede il concretizzarsi dell'alleanza tra la Serenissima Repubblica Veneta e il Sublime Stato Ottomano nel settembre del 1509.
Il/la fronte vede i Veneziani sulla difensiva: hanno perso i territori della Lombardia ad opera dei Francesi (che sono giunti a Monselice), gli Spagnoli hanno occupato i porti della Puglia, gli Imperiali sono alle porte di Padova, le truppe pontificie pressano sul Polesine. L'ingresso del "turco" nel panorama cosa può comportare?
Certamente Giulio II, smoccolando, come era suo solito, terribili bestemmie, dichiarerà la "guerra santa" contro Selim I e provvederà a reiterare scomuniche al Maggior Consiglio che fa accordi con gli infedeli Ottomani.
Non consideriamo, al momento, possibile l'intervento di altre nazioni europee cristiane, ancora tutte cattoliche, ma come se la pensa Ladislao II?
Se interviene, si apre un fronte balcanico e c'è da presumere che l'Impero Ottomano farà di tutto per risolvere la questione, vendicando le sconfitte subite solo qualche anno prima, approfittando dei problemi di politica interna che travagliano il trono jagellonico; l'occasione fornita da Venezia potrebbe permettere agli Ottomani di ampliare il loro dominio in Europa, accantonando, per il momento, le mire sui territori in mano a Safavidi e mamelucchi.
Questo significa la costituzione di un grosso esercito che sia in grado, non solo di contrastare gli Ungheresi, ma anche le truppe Imperiali che verranno inviate in soccorso, nel caso i primi le buschino dagli Ottomani.
Ciò potrebbe impedire l'invio di contingenti turchi in Veneto, ma non consentirebbe, parimenti, a Massimiliano I di poter proseguire con tutto l'impegno il conflitto sul fronte italico, che già gli stradiotti stanno causando parecchi grattacapi ai suoi soldati, con le continue sortite nelle "retrovie" tra Padova e Vicenza.
Se lo Jagellone preferisce non ascoltare la chiamata di Giulio II, rinnovando, piuttosto, gli accordi di pace stipulati nel 1483 tra re Mattia Corvino e il Sultano Bayezid II (rinnovi che, nonostante qualche incidente di frontiera, in HL erano già avvenuti nel 1495, nel 1498, nel 1503 e sarebbero stati reiterati nel 1511), allora gli Ottomani potrebbero organizzare un robusto contingente da fare imbarcare nei porti dalmati della Serenissima e, da lì, far giungere a Venezia e anche, perché no, invadere la Puglia.
Attenzione, però: anche nel XVI secolo una spedizione militare era, comunque, un impegno di un certo peso, specie se si trattava di imbarcare truppe, cavalcature, artiglierie, equipaggiamenti, munizioni, viveri, acqua e foraggi (questi tre ultimi elementi sufficienti per il viaggio e i primi giorni dall'arrivo, poi al riguardo ci avrebbero pensato gli alleati o... il territorio invaso), ma la Sublime Porta era, tutto sommato, in grado di potersi assumere l'onere logistico ed economico di una tale impresa.
I turchi sarebbero poi avvantaggiati nella traversata, perché ben poche difficoltà avrebbero potuto opporre le navi spagnole, dovendosi queste confrontare con la flotta combinata turco-veneta.
Una volta sbarcati, i contingenti turchi costituirebbero un impegno non da poco per Francesi e Imperiali, mentre Giulio II richiamerebbe urgentemente i propri armati dal Polesine per rafforzare la frontiera meridionale con il Regno di Napoli e il litorale adriatico, temendo un'invasione mussulmana.
Nel frattempo, proprio a Napoli si griderebbe al "mamma li turchi", chiedendo alla Corona d'Aragona di inviare rinforzi per ributtare in mare il nemico.
In tutto questo bailamme, la Francia non può far altro che proseguire nel conflitto, concordo qui con bhrihstlobhrouzghdhroy, e solo di fronte all'evidente impossibilità di surclassare i nemici, accetterebbe una pace che la veda tentare di mantenere quanto più possibile acquisito.
Ma quanto sarebbe durato un tale conflitto, dando per quasi scontato che esso termini senza che nessuno riesca a prevalere definitivamente sull'altro?
E a Selim I, a parte aver fatto comprendere ai vari stati europei che la Sublime Porta è una realtà di peso e spessore con la quale non si scherza e non si può, neanche lontanamente, ipotizzare di eliminare (ma già, bene o male, questo tutti lo sapevano) quale e quanto guadagno territoriale comporterebbe, dato che qualcosa avrebbe logicamente e legittimamente preteso, il suo intervento a fianco di Venezia?
Se gli Ungheresi si sono tenuti fuori e su quel versante non avviene nulla, l'unica conquista potrebbe riguardare aree italiche.
Ritengo improbabile l'espulsione definitiva dei Francesi dall'Italia settentrionale, come altrettanto difficile è l'invasione del Sacro Romano Impero.
Lo stesso ripristino dello status quo ante bellum è inverosimile, rendendosi più realizzabile l'uti possidetis.
Si può ritenere possibile il recupero di molto del territorio della Serenissima occupato dagli alleati della Lega fino al 1509? Magari fino a Brescia ad ovest, lasciando Bergamo ai Francesi; a nord il ripristino dei vecchi confini potrebbe essere più agevole per Venezia, considerando i problemi che le truppe di Massimiliano I hanno incontrato, a partire dalla Valsugana, nel mantenere collegamenti e rifornimenti; un'espansione a danno di Mantova e Ferrara è possibile, con porzioni dei territori di queste divenuti ottomani?
Faenza e Rimini erano pronte ad essere cedute dalla Serenissima al Papa pur di evitare la guerra, ma adesso non solo è probabile siano state riconquistate, potrebbero anche queste far parte del bottino di Selim I.
E infine, sono riusciti gli Spagnoli ad estromettere i turchi dalla Puglia o a fine guerra lì garriscono al vento gli stendardi della Sublime Porta?
Probabile che, se su questo fronte gli Ottomani sono risultati vincenti, non si sono limitati alle città costiere e ai litorali, ma si siano impadroniti anche di un ampia area nell'interno; in questo caso alla Serenissima potrebbero toccare i porti già dello Stato da Mar (Brindisi, Mola, Monopoli, Otranto, Polignano e Trani), con l'aggiunta di Gallipoli, mentre tutto il resto, bisogna vedere quanto, diventa parte dell'Impero Ottomano.
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Ecco la replica di Bhrihskwobhloukstroy:
Splendida rappresentazione ed eccellente analisi! Sembra quasi di sentire il rumore di sottofondo... Ma quindi si assesterebbe così? Il cinquantenne Cesare sognava fin da giovane di riconquistare Bisanzio; si rassegnerà a tutto questo? Carlo VIII. si era fatto incoronare a Napoli Imperatore d'Oriente; Luigi XII. sarà a tal punto preoccupato della propria salute da non farsi venire l'idea di riconquistare almeno Napoli? E il Re Cattolico resterebbe inerte?
Ma soprattutto: non dico il sessantaduenne Bāyezīd II., ma Selim I. - che diventerà Califfo otto anni dopo (e cinque dopo l'ascesa al Trono) - resisterà alla tentazione di conquistare la Prima Roma, superando così tutti i suoi predecessori nell'una e nell'altra Carica, ma contemporaneamente saldando una nuova Alleanza dei proprî Avversarî (fra i quali forse qualcuno potrebbe consolarsi facilmente dell'eliminazione del Papa, ma certo non di veder passare Roma da un “Sole” ancora sopportabile, per quanto molesto, a uno totalmente rivale)? In tal caso Francia e Aragona si spartirebbero di nuovo il Regno (almeno nelle intenzioni)...
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Così gli risponde Enrico:
Ringrazio per le lodi ma, per l'appunto, m'interessano i dubbi che scaturiscono dall'esame impietoso di quanto ho ipotizzato; ogni considerazione (al di là che nasce da una visione personale sulla base di nozioni, dati e informazioni assunte, che possono pure essere insufficienti e, talora, anche errate) ritengo vada smontata/arricchita/riformulata ecc. grazie al contributo di coloro che vogliono intervenire.
Ad esempio, per quanto ho cercato fra i libri in mio possesso relativamente alle capacità militari degli attori del tempo, non ho trovato informazioni davvero dettagliate e mi sono dovuto, giocoforza, basare su elementi di massima, il che non è proprio agevole per delineare un possibile sviluppo bellico.
Interventi di altri sugli aspetti suddetti potrebbero meglio inquadrare la situazione.
Certamente le ambizioni dei singoli regnanti e delle singole entità statali hanno il loro peso nella visione d'insieme, ma necessitano anche le risorse per ottenere quanto auspicabile, superando gli ostacoli frapposti dai nemici.
Venezia riuscì ad evitare di venire suddivisa tra i componenti della Lega di Cambrai, approfittando delle paure e delle invidie esistenti e utilizzando superbamente la propria abilità diplomatica (ritengo vada aggiunta anche quella spionistica, informativa e disinformativa) e sfruttando quanto più poté la propria capacità finanziaria e militare; se anche da parte dei suoi nemici fosse stata fatta altrettanto accorta politica estera, onde evitare divisioni e contese, le cose sarebbero davvero potute andare diversamente e la Serenissima rischiava di venire cancellata con tre secoli d'anticipo.
Per questo l'ipotetico intervento ottomano sarebbe bastato, a mio modesto giudizio, almeno a pareggiare sia l'entità delle forze in gioco che le aspirazioni, o meglio, le brame dei vari leader.
Ecco perché vedo, ad un certo punto, tutti i contendenti stremati, umanamente gli eserciti ed economicamente gli stati, senza nessuno trionfare in maniera definitiva, salvo perdere qualcosa che non sia poi eccessivamente importante (Milano resta ai Francesi, Roma al Papa, Napoli e dintorni agli Aragona).
In progressione storico-politica (basti pensare a quando spunterà Carlo V), potremmo poi vedere un riacutizzarsi delle crisi e nuovi conflitti, ma cosa questi determinerebbero nella geografia europea e italiana... è materia da discutere.
Ovvio che sono sempre pronto a cambiare opinione, laddove elementi concreti mostrino la fallacità (del tutto in buona fede) del mio parere.
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Di diverso tenore è l'idea di Fede Storico:
La battaglia di Fornovo sul Taro fu importante perchè la non vittoria dei collegati dimostrò agli stati europei soprattutto Francia e Spagna la debolezza degli stati italiani facilmente conquistabili. Ma se per una concomitanza di vari POD la battaglia viene vinta dagli italiani? Mettiamo che Lorenzo de Medici non muoia nel 1492 a 43 anni ma continui a vivere e con lui la Lega Italica, che continua per ora a contare tre stati: Firenze, Milano e Venezia. Al momento della calata dei francesi nel 1494 il Magnifico riesce a convincere gli stati italiani della pericolosità del re francese. Viene cosi’ formato un esercito guidato da Francesco II Gonzaga, duca di Mantova. A questo esercito contribuiscono con milizie e mercenari la Serenissima, Milano, Mantova, Napoli, Firenze e il Papato. Ferrara che nella timeline reale appoggiava i francesi questa volta non li appoggia ma non appoggia nemmeno gli italiani. L’esercito alleato è cosi piu’ grande e viene guidato da Francesco Gonzaga, Ludovico il Moro e Lorenzo de Medici. Carlo VII dichiara che il suo obbiettivo non è conquistare l’Italia ma solo occupare il Regno di Napoli nel vano tentativo di scardinare l’alleanza mentre le truppe francesi sono già in Italia. Le forze francesi vengono fermate a Fornovo sul Taro ma siamo nel 1494 e a posizioni invertite. Potendo contare su più uomini, su una posizione migliore e sul fatto che non ha piovuto (cosa che di fatto rese meno efficace la carica della cavalleria veneziana nella TL reale) gli alleati sbaragliano l’esercito francese e il re è costretto a tornare a casa con la coda tra le gambe. A seguito della vittoria Lorenzo decide di far si che la Lega diventi uno strumento di ampia collaborazione tra gli stati italiani e vi aderisce anche Ferrara assieme agli stati minori e al ducato di Savoia. Viene anzitutto creato un esercito comune comandato a ruota per due anni da un sovrano di uno stato o da un suo delegato scelti durante l’assemblea della Lega che si tiene ogni anno a Firenze. A presiedere la Lega e a rappresentarla all’estero viene scelto Lorenzo de Medici. Qualche anno dopo Luigi XII che medita vendetta sulla disfatta e desidera conquistare Milano inizia una campagna militare e invade l’Italia venendo fermato poco fuori Torino dagli alleati accorsi ad aiutare i Savoia trincerati nella città. E poi?
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Diamo adesso la parola a William Riker:
Nel Conclave del 10-11 agosto 1492 si scontrarono i cardinali Giuliano della Rovere e Rodrigo Borja y Borja; quest'ultimo riuscì ad accordarsi con il potente cardinale Ascanio Sforza e a farsi eleggere Papa con il nome di Alessandro VI. E se invece tra i due litiganti fosse il terzo a godere, e venisse eletto Papa proprio Ascanio Sforza, fratello minore del Duca di Milano Ludovico il Moro? Come si confronterebbe con il braccio di ferro ispano-portoghese per il Nuovo Mondo, l'invasione dell'Italia da parte delle truppe di Carlo VIII e la crescente prepotenza Ottomana in Oriente e nel Mediterraneo?
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Gli risponde Federico Sangalli:
Senza Alessandro VI i Borgia (anzi i Borja) rimangono una famiglia come un'altra e Cesare non sarà mai Cardinale, Gonfaloniere né Duca di alcunché. Nel 1505 Giuliano della Rovere sarà senza dubbio uno dei papabili ma forse si rovinerà la reputazione a causa delle sue prese di posizione filo-francesi: in HL egli accompagnò Carlo VIII nella sua discesa in Italia, guidandola nel Lazio e cercando di ottenere il suo sostegno per deporre Alessandro VI che a questo punto preferì accordarsi con il sovrano francese anche se Carlo non voleva inimicarsi tutta l'Europa deponendo il Pontefice. Qui si può immaginare la stessa cosa, solo che Ascanio Sforza (chiamiamolo Urbano VII , come Urbano III, milanese e feroce nemico del Barbarossa) non accetterebbe mai alcun accordo coi francesi e scomunicherebbe il della Rovere. Pur riammesso successivamente, pare dubbio che possa poi aspirare al Soglio pontificio. Tra gli altri papabili figurano lo spagnolo Bernardino de Carvajal e il fiorentino Giovanni de Medici. Tenendo la buona pensata di non eleggere nessun esponente di qualche grande potenza dell'epoca, il Mediceo sembra così il favorito per l'elezione: non ha contro particolari veti da parte dell'Impero o della Francia mentre può contare sulla simpatia milanese visto che, come tutti i Medici, vogliono la caduta della filofrancese Repubblica di Firenze che ha preso il potere dopo il rovesciamento di Pietro de Medici. Giovanni è così eletto Papa come Leone X, stesso nome dell'HL, ma con otto anni d'anticipo. Grazie alla sconfitta dei francesi il Papato può finalmente mettere le mani su Parma e Piacenza dopo avervi espulso gli Estensi: Leone X le unisce poi a Urbino, la Romagna e Firenze stessa per creare un Ducato nuovo di zecca per i Medici stessi. Leone continua le guerre delle Leghe anti-francesi con alterne fortune finché Francesco I, sfruttando le divisioni tra gli alleati proprio sulla faccenda di Parma e Piacenza, vince a Marignano e si riprende la Lombardia. Per ottenere il decisivo sostegno svizzero gira alla Confederazione non solo Bellinzona e il Ticino ma anche Sondrio, Bormio e tutta la Valtellina. Leone X muore nel 1521: il conclave è polarizzato tra i filofrancesi e i filoasburgici, le candidature di Giulio de Medici e Adriano da Utrecht sono affondate dai veri francesi che minacciano lo scisma. Alla fine, visto che sia i Re di Francia sia Carlo V sperano di tirare Enrico VIII dalla loro, viene eletto il Cancelliere inglese, Cardinal Thomas Wolsey, uno dei papabili, che prende il nome di Adriano VI in onore dell'ultimo pontefice britannico. Nonostante i suoi stessi dubbi, Adriano VI concederà l'annullamento ad Enrico nel 1528, permettendogli di sposare Anna Bolena. Va da sé che poi Enrico vorrà liberarsi anche di Anna ma con Adriano VI morto nel 1530 sarà difficile provare l'adulterio e l'incesto di cui Anna era accusata, anche se è altresì vero che ragioni di utilità politica consiglierebbero di accontentare il sovrano d'Inghilterra, quando la moglie è solo una intrigante Dama di corte (e non la sorella dell'Imperatore in carica). Nel mentre la Battaglia di Pavia ha riposto Milano in mano sforzesche-imperiali. Nel 1530 a Papa Adriano VI succede il breve pontificato (1530-1532) di Martino VI, al secolo Pompeo Colonna (Giulio de Medici è un po' inviso dopo il repulisti di feudi operato dalla sua famiglia mentre il Sacco di Roma non è mai avvenuto), seguito da Paolo III, cioè Alessandro Farnese. Il nuovo Pontefice si schiererà coi francesi quando Carlo V si opporrà ai suoi tentativi di assegnare il ducato appenninico ai Farnese ma nel 1547 Francesco I di Francia muore, lasciando il trono all'appena diciannovenne Francesco II, che, giovane e inesperto, lascia tutto il potere nelle mani della potente Regina madre, Renata di Bretagna, un'accesa calvinista...
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La palla torna a William Riker:
Il Colosso di Lodi
Il nome di Fanfulla da Lodi (in realtà si chiamava Tito Bartolomeo Alon) è sconosciuto ai più, ma ai primi del cinquecento questo capitano di ventura si coprì di gloria, risultando tra l'altro decisivo per la vittoria della Spagna contro la Francia nella proverbiale Disfida di Barletta del 13 febbraio 1503. Massimo D'Azeglio ne tracciò un ritratto idealizzato nel suo romanzo storico "Ettore Fieramosca" del 1883; per questo il suo nome fu dato a un giornale liberale pubblicato a Roma a fine ottocento, alla squadra di calcio del Fanfulla (oggi milita in Serie D, ma negli anni '50 giocò anche in Serie B), a un battaglione partigiano in cui combatté anche Aldo Aniasi, a un fumetto scritto da Mino Milani e disegnato da Hugo Pratt, e persino a una canzone goliardica che sbeffeggia la sua presunta prestanza amorosa. Ora, quali condizioni devono verificarsi perchè egli approfitti del grande casino in cui piombò il Ducato di Milano ai primi del '500 e riesca a ritagliarsi un suo dominio personale fondando una dinastia, o addirittura, tra i due litiganti (gli Sforza e i Valois), riesca a godere lui, ottenendo da Massimiliano d'Asburgo il Ducato di Milano?
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Ecco la proposta di feder:
Il dominio di Fanfulla dovrebbe incentrarsi su Lodi, no? Allora credo che questa condizione non potrebbe avverarsi mai, sicché la città era allora poco più di un borgo, in stretta connessione e forte dipendenza da Milano (oddio, non che oggi le cose siano cambiate molto). Allora, fra le città del dominio sforzesco che potevano fare da base di potere per Fanfulla, eccezion fatta per Milano (ovviamente) non restano molte opzioni: a quel punto del percorso storico lombardo, infatti, la città meneghina aveva già intrapreso da un pezzo il processo di centralizzazione ed assorbimento di uomini e risorse del territorio che l'avrebbero indiscutibilmente resa il cervello e il cuore pulsante della Lombardia.
Dunque: Como, Lecco e Varese sono ancora piccole, Mantova irredenta, Brescia e Bergamo sono al Nemico (con la N maiuscola). Restano Cremona, Pavia e Novara. Da questo magico trio mi sentirei di scartare Novara, perché se lo scopo è quello di dar vita a uno Stato medio-piccolo che abbia lungo corso, la città dell'Agogna è fin troppo esposta agli attacchi di francesi (prima) e sabaudi (poi). Pavia, all'interscambio fra val padana settentrionale e meridionale è un buon candidato, ma la sua grossa portata simbolica in qualità di capitale nominale d'Italia potrebbe risultare un fattore negativo a lungo andare per la tenuta dei Lodi, sicché l'imperatore ardirebbe di reclamarla per sé.
Non resta allora che la mia cara città patria, che intorno al periodo da te menzionato viveva il suo ultimo periodo di breve rigoglio. Fanfulla non avrebbe torto a insediarsi in loco: è la città più lontana da Milano, e inoltre l'unica, fra quelle rimaste in potestà degli Sforza, ad avere avuto una propria storia (e mito) cittadina ben precedente alla fondazione di Milano stessa. Penso che Fanfulla potrebbe ben inserirsi in quel passaggio storico jn cui l'aristocrazia cremonese, in declino da un pezzo, cederebbe il passo di fronte al ceto emergente dei mercanti di tessuti e stoffa (in HL arricchitisi grazie ai commerci con la corona spagnola). Del resto, la mia città è la sola a poter godere di non uno solo, ma ben due palazzi comunali: Fanfulla avrebbe l'imbarazzo della scelta, rispetto alla sua residenza!
Come sarebbe la signoria dei Fanfulla su Cremona? Probabilmente i signori si alternerebbero nell'alleanza fra chiunque fosse in possesso di Milano e Venezia nel corso delle guerre condotte da e contro quest'ultima nel primo '500. Molto probabilmente, Fanfulla concentrerebbe i suoi sforzi su Crema, riconquistando la figlia ribelle della mia città, e completando il possesso dell'Insula Fulcheria. Il condottiero ne farebbe una posizione fortificata, a difesa delle frontiere settentrionali del suo dominio contro le puntate offensive provenienti dal capoluogo lombardo. Fanfulla cercherebbe certamente anche di risalire il fiume Oglio, attestandosi perlomeno presso Pontevico, così da serrare il controllo cremonese del fiume Oglio. Il castello locale diverrebbe la sede di una guarnigione difensiva contro Brescia. A proposito di Brescia (mia sede universitaria): forse Fanfulla ce la farebbe a spuntare da Venezia la restituzione del carroccio cremonese, ancora oggi ingloriosamente trattenuto dai bresciani nella volta di non ricordo più che chiesa.
Il resto della storia scorrerebbe placido (anche per non alterare troppo la timeline). Sicuramente Fanfulla e i suoi eredi, grazie all'afflusso di denaro derivante dalle vittorie, completeranno il rivestimento del Duomo cittadino con il marmo bianco di Carrara (che storicamente venne rubato dai milanesi per finire il proprio). Con delle controversie con il Papa all'ordine del giorno, i Lodi potrebbero appropiarsi anche di Piacenza, oltre il Po, e tenersela, inaugurando magari un grande ponte in stile rinascimentale sul fiume. Questo rappresenterebbe comunque il massimo dell'espansione territoriale del dominio, dato che Parma è decisamente una preda troppo grossa, e la rimozione dei Farnese troppo scomoda. Il figlio del Fanfulla riceverà il titolo di duca di Cremona e Piacenza, nonché visconte dell'Insula Fulcheria, dal Papa, legittimando il suo potere e cementando i confini del ducato cremonese.
Cosa ne pensate?
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A rispondergli è Bhrihskwobhloukstroy:
Lo scenario è molto affascinante e verosimile. Si regge anche senza la parte negativa iniziale, forse fin troppo severa con Lodi (che è comunque Diocesi tanto quanto Cremona), Lecco e soprattutto Como (che non erano più piccoli di Cremona e tutti – con l’inclusione di Milano – altrettanto antichi di Cremona; basti pensare che tutte le località che finiscono per -ate risalgono al più tardi al IV. millennio a.C.). Giustissima l’osservazione su Pavia, che vale anche per Milano (altrimenti lo stesso Massimiliano non avrebbe sposato Bianca Maria Sforza).
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E Paolo Maltagliati gli tiene dietro:
Su Como dissento fortemente, è città con diocesi e strategicamente importante. Semmai è proprio per questo che non è desiderabile, poiché con un dominio debole sarebbe obbiettivo degli svizzeri.
Comunque nonostante i ragionamenti precedenti in sé abbiano anche senso, io starei attento a limitarci al modello dell'aristocrazia inurbata. Un dominatore alla maniera di Fanfulla può benissimo essere un signore feudale nel senso classico e non-comunale del tempo.
Del resto, sebbene NELLE INTENZIONI il discorso dell'accentramento dei Visconti prima e degli Sforza poi sia anche vero, nella realtà, nel ducato permanevano diverse realtà feudali autonome o legate alla dinastia dominante da vincoli pattizi che quindi eludevano il rapporto borghese (qui nel senso etimologico del termine) della 'dedizione' del comune dominato alla dominante e che erano dei 'normali' (perlomeno, nel resto dell'Europa era ancora lo standard) rapporti vassallatici.
In altre parole, se anche Lodi fosse una città troppo piccola per far diocesi (comunque falso), non sarebbe necessariamente causa impediente per la creazione di una signoria indipendente. Certo, sarebbe una signoria feudale, basata sul territorio e sul castello e non sul borgo, ma come comunque non era così insolito vedere e che era la norma in Germania, per dire.
Quindi, per esempio, se Lodi è - qui il ragionamento forse è anche corretto - ormai geograficamente troppo a ridosso di Milano, per questo tipo di domini il Varesotto torna a essere un buon candidato, o il Verbano, o ancora l'Oltrepo e la Lomellina (che comunque un centro urbano sostanzioso ce l'ha, ossia Vigevano) o l'alta valle del Sesia o l'Ossola. Azzardo inoltre, dove che sia il dominio in questione (per quello che sto per dire meglio un territorio a ridosso delle montagne) che un XVI secolo (dopo è impossibile) di filo/cripto luteranesimo avrebbe la possibilità di attrarre una certo piccola, ma comunque numericamente non irrilevante parte di manodopera e borghesia lombarda che in HL rimase definitivamente senza patria e si disperse, in particolare dopo l'annessione di Ferrara ai domini pontifici.
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Never75 aggiunge:
Io vedrei bene come capitale anche Piacenza che allora faceva parte del Ducato di Milano ed era anche molto vicina a Lodi. Essendo una città romana, con una storia di tutto rispetto e che sarà, effettivamente, capitale di un piccolo ma strategicamente rilevante Stato, le differenze in HL sarebbero anche minori: i "Fanfulla" al posto dei "Farnese", coi confini solo leggermente spostati a Nord inglobando Cremona e Lodi.
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E ora, una grande trovata di Iacopo:
Alp Arslan da Vinci
19 Marzo 1502
"Lo abbiamo già conosciuto il Valentino, tre anni fa, a Milano. Vogliamo davvero metterci al servizio di quell'uomo feroce?"
"E per non servire un feroce cristiano, per di più figlio del Papa, vorresti servire il Turco?"
Leonardo e Salaì litigano da giorni, ma entrambi sanno, grazie alla conoscenza reciproca tra maestro e allievo, amante e amato, che la
decisione è stata presa ormai da tempo.
24 Giugno 1502
Leonardo, seduto su cumulo di cordame tra le baracche del porto della Città, disegna i pesci volanti e i delfini che saltano tra le onde che
increspano il Corno d'Oro. Poco lontano, il Salaì disegna un ritratto del suo maestro. Alle loro spalle un gruppo di dignitari di corte e
ulema cerca di capire se ciò che i due occidentali stanno facendo è peccato.
9 Luglio 1502
Beyezid Sofu non ha ancora ricevuto Leonardo, che si intrattiene frequentando gli ebrei esuli dalla
Spagna. Affresca le loro case in cambio di ospitalità, rifornimenti di carta e istruzioni. In questa
data, soffocato dal caldo atroce della Città d'estate, sta mettendo a punto un nuovo torchio da stampa per la famiglia Cohen.
18 Agosto 1502
La grande sala del Topkapi è avvolta nel silenzio: Beyezid ha infine accettato i incontrare l'Italiano di cui tutta la Città parla. Ha
appena concluso la sua allocuzione in turco, e presto sarà la volta dello
straniero. Il dragomanno sta per schiudere la bocca, ma Leonardo non lo degna della minima attenzione: i suoi occhi sono piantati in
quelli del Sultano. Prima che si senta una sola parola in italiano, Leonardo si inchina e parla in turco: "Il mio nome è Alp
Arslan, ingegnere e pittore, al servizio della Sublime Porta".
Il silenzio, se possibile si fa ancora più profondo. Lo sguardo del Sultano non è più interrogatore: è stupefatto (come quello del Salaì).
Leonardo ripete l'inchino e la presentazione, questa volta in arabo, poi in ebraico.
Beyezid si alza e fa qualche passo verso Leonardo: "Potrei insegnarti il persiano", suggerisce.
3 Ottobre 1502
Leonardo, o Arslan-e Vinic, come ora viene chiamato da tutti, mangia un'albicocca offerta da uno dei
giannizzeri della sua scorta, un serbo biondo due spanne più alto di lui. Sono in piedi sulla cima della
Torre di Galata, da dove osservano l'inizio dei lavori del Grande Ponte.
21 Febbraio 1506
Da quattro anni Arslan non vede Beyezid se non di sfuggita, anche se l'ammirazione tra i due è tanta. I lavori del ponte procedono bene, ma
soprattutto sono dozzine gli ingegneri turchi, greci e slavi che Leonardo sta formando.
Per questo questa convocazione sa di amaro: gli ulema hanno infine colpito: lo Shaykh ul Islam accusa
Arslan di idolatria, di dipingere immagini licenziose e di diffonderle tra la popolazione. Beyezid non
può ignorare una simile accusa. I filistei si fregano le mani, l'atmosfera del Topkapi è pesante.
"Come ti difendi, italiano?" Leonardo non dice nulla, fa solo segno a Salaì, che scopre il pacco
che portava sotto braccio.
Un branco di ipocriti e un saggio sultano sono i primi a poter posare gli occhi sull'opera d'arte che più di tutte cambierà la storia: la
Murìcca, o Zujat al-Muriha.
Non c'è molto più da dire. Le accuse cadono. Leonardo ha dimostrato che il ritratto può riverberare l'Essenza. Nasce la scuola figurativa
islamica.
1 Luglio 1508
Il Grande Ponte è terminato, Beyezid lo attraversa in gran pompa in una cerimonia alla quale partecipano tutti gli ambasciatori
d'Occidente e d'Oriente.
Arslan non c'è: ormai da mesi ha abbandonato il grande progetto ai suoi allievi, e si occupa di affrescare, dipingere e disegnare con slancio
febbrile. Studia le icone greche, ne dipinge alcune di tale realismo da far gridare al miracolo. Ogni mercante, ogni soldato di
Costantinopoli vuole una sua opera: il lavoro è molto e il tempo poco.
3 Settembre 1512
Selim Yavuz, figlio di Beyezid, osserva dal Topkapi il padre attraversare a piedi, vestito di sacco come un
Sufi, il Ponte che lo conduce al suo estremo luogo di prigionia a Galata.
Arslan cerca di fuggire dalla Città, ma i giannizzeri bloccano la sua nave.
"I Re di Spagna ci hanno fatto dono dei loro migliori cittadini perchè arricchissimo la Città. Dovrei forse io fare altrettanto?"
pensa tra sé e sé il nuovo Sultano. La decisione è presa: Leonardo viene mandato
in esilio a Sebastopoli.
6 Gennaio 1513
Sono stati mesi duri per Leonardo, costretto in un eremo ai confini del mondo con il suo Salaì, mentre gli architetti suoi allievi
costruiscono ponti e aprono vie di comunicazione dal Danubio all'Eufrate.
Ma oggi un'idea, come un'intuizione, è scesa nella mente dello scienziato italiano.
Inizia a disegnare.
11 Novembre 1513
Selim ha dato il suo benestare: il giannizzero armeno consegna il firmano nelle mani tremanti di Leonardo. I lavori cominciano: un
grande acquedotto che porti l'acqua del Don fino a Sebastopoli. Selim ha intuito il valore politico e strategico dell'opera, e i suoi uomini
stanno già assicurando la presa ottomana su Cherson e Zoporozhe.
23 Agosto 1514
Selim sorride sotto i baffi mentre Ismail Shah si umilia davanti ai suoi piedi: la battaglia di Chaldiran è una schiacciante vittoria
turca. La pittura figurativa ottomana si diffonde insieme al predominio culturale fino a Isfahan e
Shiraz.
4 Marzo 1517
Selim è di ritorno alla Città dopo la conquista del Cairo. Può infine tirare un po' il fiato, e concedere la grazia a Leonardo
Arslan. Una nave d'oro accompagna l'italiano da Sebastopoli a Costantinopoli. Si
lascia alle spalle una città fiorente, nata solo grazie alle sue opere di irrigazione:
se la Crimea diventa una specie di nuova Lombardia, lo si deve solo ad un uomo. Selim accoglie il grande scienziato e lo
onora rinominando Sebastopoli Arslanbul, nonché affidandogli l'istruzione del figlio Solimano.
23 Aprile 1519
Leonardo muore a Costantinopoli, e viene inumato in un magnifico mausoleo ai piedi di uno dei pilastri del suo Ponte, decorato con
immagini di angeli e con i versetti coranici relativi al Dhu'l-Qurnayn.
22 settembre 1520
Selim lascia questo mondo, gli succede Solimano.
1526-1530
Carlo V si trova in grossissime difficoltà, ma riesce comunque a farsi incoronare a Bologna.
Clemente VII insiste per una crociata, ma il nuovo Imperatore sembra tenere meno a Vienna che a
Besançon.
14 Ottobre 1529
Dopo mesi di durissimo assedio, le macchine da guerra di scuola
leonardesca, tra cui il cannone a mitraglia Arslan Kabir, aprono le mura di Vienna, che viene saccheggiata dai soldati ottomani.
1541
Paolo III ottiene infine la crociata, che si conclude con la disfatta di Algeri. L'onta della sconfitta e l'implacabile ondata
protestante costringono Carlo all'abdicazione.
La posizione francese è molto più forte, e le guerre per il controllo dell'Italia fra
Francia e Spagna proseguono ben oltre il 1559.
La posizione protestante nell'Impero è molto più forte, grazie soprattutto all'appoggio ottomano che viene mediato dagli ungheresi
protestanti suoi sudditi. Gli Asburgo da principio riescono a tenere la Boemia, ma devono
rinunciarvi quando un'insurrezione mette sul trono di Praga un principe sassone gradito al Padiscià.
"Bloody" Mary Tudor non va in sposa a Filippo II di Spagna, troppo occupato a difendere se stesso e Genova dall'attacco a tenaglia
franco-turco, ma sposa piuttosto il nuovo Re di Boemia (non potendo andare in sposa direttamente al sultano).
1562
Scoppiano le Guerre di religione francesi, e quella che sembrava la maggiore potenza continentale deve richiudersi in se
stessa. Quando il sangue avrà finito di scorrere nel 1598, la situazione europea sarà consolidata a favore del turco.
8 Settembre 1565
La grande vittoria di Vienna è ripetuta a Malta, che capitola dopo una battaglia navale tra le maggiori dell'epoca.
3 Settembre 1566
Iniziano i lavori per la costruzione dei Due Canali: uno che colleghi Mar Mediterraneo e Mar Rosso attraverso l'Istmo di
Suways, e uno che colleghi Volga e Don, presso la neonata fortezza di Sultanye.
7 Ottobre 1571
Battaglia di Levanto: la flotta turca, meglio armata e progettata, annienta quella cristiana a poca distanza da Genova. la Sardegna, la
Corsica e le Baleari vengono annesse all'Impero.
1598
Fine delle guerre di religione in Europa. La Spagna mantiene un vasto impero coloniale e le Fiandre, ma
l'Inghilterra è pronta a ingaggiarla. La Francia si ritrova chiusa nei confini di inizio secolo.
In Olanda, Impero e Italia hanno preso il potere le fazioni supportate dal Turco. Napoli e la Sicilia sono
indipendenti ma sotto la protezione Ottomana, Roma riesce a bilanciare una pace fragile in modo da risparmiare alla penisola l'umiliazione di
un'invasione mussulmana. Venezia paga il prezzo più alto, dovendo rinunciare a Brescia e a Trieste. Alle Signorie succedono gli
Episcopati.
In Germania gli Asburgo mantengono la Corona Imperiale ma solo per concessione papale, e devono legarsi a doppio filo con i Duchi di
Baviera.
La Russia cade del Periodo dei Torbidi, il Turco ne approfitta per stringere la propria stretta sulle Steppe, attraverso il controllo
navale del corso meridionale dei grandi fiumi e l'uso sagace delle piazzeforti di Sultanye e
Arslanbul.
1618
Dopo 15 anni di guerra i turchi sconfiggono la Persia di Abbas il Grande. la flotta turca compie un'azione a tenaglia passando nel
Caspio dal Don e nel Golfo dal Mar Rosso. Qazvin, Esfahan, Teheran sono conquistate. Ma soprattutto, i Portoghesi sono scacciati da
Muscat. Alleanza strategica tra Uzbeki, Ottomani e Mogul.
E poi?
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Ed ecco ora una proposta di Det0:
Questo è l'inizio di un'ucronia a proposito della vittoria delle truppe di Carlo VIII nella battaglia di Fornovo e delle sue conseguenze. Ecco qui la mia timeline:
22 Febbraio 1495, il re di Francia Carlo VIII entra vittorioso a Napoli ed ottiene il controllo del regno. Gli stati italiani, spaventati dalla velocità e dalla violenza della campagna, decidono di unirsi per contrastare l'inesorabile avanzata di Carlo.
Il 31 Marzo a Venezia è proclamata la Lega Antifrancese: comprendente la stessa Repubblica della Serenissima, il Ducato di Milano, il Papa ed i regnanti di Spagna ed Inghilterra.
Per fermare l'avanzata francese, le truppe dei "collegati" (nome dato ai membri della lega) cominciano ad attaccare gli avamposti che Carlo VIII aveva lasciato lungo la penisola per ricevere rinforzi.
La vera offensiva comincia alla fine di giugno, quando i collegati decidono di fermare il re francese in ritorno da Napoli presso Parma, più precisamente a Fornovo, sulle rive del Taro.
Sotto la guida di Francesco II Gonzaga le truppe dei collegati dispongono il loro accampamento sul lato destro del fiume, a difesa di Parma.
Fortunatamente per le truppe di Carlo VIII, nei giorni precedenti all'imminente battaglia il clima è buono e non rovina le condizioni del campo; permettendo così lo stabilimento francese sulla riva sinistra del Taro, considerata una buona posizione per la difesa.
Le forze in campo contano più di ventimila uomini, con un leggero svantaggio numerico per i francesi.
All'alba del 6 luglio Carlo VIII decise di attaccare, dividendo le sue forze su tre linee: l'avanguardia, formata da fanti leggeri, picchieri tedeschi e cavalieri; la seconda linea era formata dal fior fiore dell'esercito francese, comandata dallo stesso re; la retroguardia era prevalentemente composta da cavalieri e fanti tedeschi, affiancati ad un'altra piccola falange di picchieri; l'artiglieria era disposta in prima linea, a difesa dell'avanguardia.
Il primo attacco, sferrato dalla cavalleria leggera dei collegati, s'infranse contro la linea di artiglieria francese, provocando così l'intervento della riserva veneziana, irrimediabilmente sconfitta dalla cavalleria di Carlo VIII.
Nel tentativo di impossessarsi del bottino francese, una falange di guerrieri detti "stradiotti" (mercenari di origine greco - albanese) attacca le guardie del tesoro, ma è messa in fuga e costretta a ripiegare sulle colline.
Con l'abbassarsi del fiume, i collegati cominciano ad attraversarlo in numero sempre maggiore, ma in numero sempre maggiore sono sconfitti ed uccisi dalla cavalleria francese.
Con l'arrivo della sera le due fazioni si ritirano per rifocillarsi e seppellire i morti.
Le stime della prima giornata di combattimento sono disastrose per le truppe italiane, anche perché i francesi non rispettavano il codice di guerra italiano, secondo il quale un soldato caduto da cavallo non doveva essere ucciso.
Proprio per questo motivo, durante la notte i capi della fazione italiana studiarono un compromesso da proporre a Carlo VIII per chiudere pacificamente la faccenda.
Il mattino seguente degli ambasciatori italiani presentano il piano a Carlo VIII: lui e le sue truppe avranno libero passaggio e il re avrebbe si recherà a Milano, pochi giorni dopo, per trattare con gli esponenti della Lega Antifrancese il suo ritorno in patria.
Carlo, dopo aver illuso gli italiani di accettare, approfittando della superiorità numerica e del morale dei suoi uomini decide di dare il colpo finale ai collegati: dopo aver sbaragliato la scompigliata avanguardia che gli italiani avevano messo insieme in pochi minuti le truppe francesi fecero irruzione nell'accampamento, depredando qualunque cosa sulla loro strada, non riuscendo però a catturare i comandanti italiani, rifugiatisi a Parma.
Nei giorni successivi alla battaglia Carlo VIII cerca l'alleanza dei duchi di Savoia, in cambio di alcune cessioni territoriali, per permettere ai rinforzi di arrivare dalla madrepatria, sebbene soltanto una piccola parte delle sue truppe sia rimasta vittima degli scontri a Fornovo (circa 600 uomini).
In verità questa mossa aveva tutt'altro fine.
Infatti, mentre a Milano i rappresentanti della lega aspettano l'arrivo del re francese, questo è in procinto di attaccare la città di Parma.
È la mattina del 10 luglio, le forze francesi sono appostate appena a sud di Parma e aspettano l'alba per attaccare, in quel momento l'astuzia e l'abilità di comandante di Carlo VIII si rendono protagoniste.
Il re decide di attaccare la parte est della città, situata a destra del torrente Parma: i colpi di cannoni e trabocchi oltrepassano le mura e attaccano il castello a difesa di Porta Nuova, una volta sbaragliata la resistenza cittadina di questa roccaforte entrano in campo le armi d'assedio (soprattutto arieti e torri) che fanno breccia nella porta e dalle mura seminano il panico in città.
In serata le truppe francesi entrano vittoriose in città: Carlo VIII dispone il suo accampamento in prossimità del castello e vi rinchiude i condottieri scappati dopo la battaglia di Fornovo.
Intanto nella notte gli abitanti dell'Oltre torrente (la parte di Parma a sinistra del fiume) bruciano i ponti, impedendo l'accesso alle truppe francesi.
Il mattino seguente Carlo VIII ribatte alla mossa dei cittadini parmigiani invocando l'intervento del suo alleato in Italia: il duca Carlo II di Savoia, che promette di inviare il prima possibile delle truppe per attaccare il lato ovest della città.
Mentre l'intervento di Carlo II si fa aspettare, circa un mese di attesa, i francesi assediano gli abitanti dell'Oltretorrente: grazie ad alcune fortunose spedizioni Carlo VIII riesce a spostare parte delle sue truppe (ormai non più molto numerose) fuori porta Santa Croce per bloccare l'arrivo di aiuti attraverso le mura ad ovest, mentre il resto dell'esercito preme dal fiume; chiudendo così i parmigiani in una morsa fino all'arrivo delle truppe piemontesi.
Nel ferragosto 1495 Carlo II di Savoia arriva a Parma con un drappello di circa 4.450 uomini al suo seguito, unito alle truppe francesi accampate fuori le mura l'esercito attacca porta Santa Croce, in poche ore la cinta muraria è sfondata e le truppe si dirigono verso il Palazzo Ducale, nel frattempo gli uomini schierati ad est del torrente Parma lo attraversano e si muovono verso Palazzo Ducale per aiutare i compagni nell'assedio dell'ultima roccaforte della città.
Per due giorni i parmigiani resistono ma il 18 agosto Carlo VIII entra vittorioso a Palazzo Ducale.
Alla notizia della presa di Parma i rappresentanti della Lega Antifrancese decidono di riunirsi in un assemblea votata a controllare le ormai pericolose mosse di Carlo VIII sullo scacchiere italiano.
In settembre dei messaggeri inviati dall'assemblea della Lega Antifrancese invitano Carlo VIII a recarsi a Milano per discutere con i collegati del suo rimpatrio.
Cosa potrebbe accadere ora? Per darmi dei suggerimenti, scrivetemi a questo indirizzo.
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Questo è il commento in proposito del grande Bhrihskwobhloukstroy:
In tante delle nostre ucronie vediamo che l'Italia (almeno la sua parte nordoccidentale) è stata un passo dal francesizzarsi e perdere quasi completamente la sua cultura, perché l'annessione della Cisalpina occidentale all'Italia ha richiesto quasi due millenni e molte tappe, mentre l'unificazione 'nazionale' della Penisola in senso stretto aveva già un retroterra di decine di millenni. Sul piano antropico, l'Italia propriamente detta si era formata - spontaneamente - nella Preistoria fino a includere quasi tutta la Penisola appenninica (con esclusione soprattutto delle Puglie) ed estesa alla Sicilia orientale (Malta inclusa) da un lato e all'Angulus Venetorum (fino all'Istria e alla Liburnia) dall'altro (con ulteriore estensione a Nord-Est delle Alpi, a Est dei Tauri, forse almeno in parte fino alla grande ansa del Danubio). Tutto ciò che era a Ovest di questo complesso territoriale rientrava nel grande àmbito europeo (centro)occidentale, tutto ciò che era a Est (comprese le Puglie) in quello paleobalcanico. Ciò che oggi rientra nei confini dello Stato italiano rappresenta quindi da un lato una contrazione (in senso latitudinale), dall'altro una sovraestensione (in senso longitudinale) dell'Italia tradizionale.
Per quanto riguarda in particolare la Cisalpina occidentale, a parte l'interazione con l'etnogenesi e poi l'egemonia etrusca (che, come pure l'Ellenizzazione, ha interessato anche di più l'Italia), la prima grande svolta è stata rappresentata dalla Romanizzazione, che tuttavia ha coinvolto l'intera Europa occidentale, non solo (né tanto) la Cisalpina (erano assai più romanizzate le coste meridionali della Spagna e della Transalpina). Al termine della fase imperiale romana, il destino di tutta la fascia dalla Britannia alla Liguria era ancora quello di diventare una sorta di Grande Galles (con tutta la frammentazione politica che ciò avrebbe inizialmente comportato). Di questo non si discute mai, ma la Bretagna ne è la realizzazione storica e le minori Bretagne attestate nell'Alto Medioevo (in Galizia e, a Sud delle Alpi, a Bertonico, Castel de' Britti, Bertinoro e Montelibretti) altrettante eventualità mancate.
Contemporaneamente alla chiusura del capitolo celtico, ha raggiunto l'apice l'opzione germanica (storicamente realizzata in Inghilterra, Fiandre, Svizzera e Austria) e che è rimasta all'ordine del giorno - attraverso varie forme, dall'Arianesimo al Ghibellinismo - fino appunto alla Riforma Cattolica.
La terza opzione (e sinora ultima tra quelle di Storia alternativa) è stata la Continuità romanza, che negli attuali schemi percettivi prende le fattezze di una "Francesizzazione" (ma, per esempio, la Svizzera Romanda non è certo francese perché sia mai stata annessa alla Francia prima della brevissima e sùbito abortita parentesi napoleonica; l'annessione della Burgundia al Regno dei Franchi non costituisce in alcun modo la condizione decisiva, perché non differisce in alcunché dall'analoga inclusione dell'Alemannia - invece germanizzatasi del tutto - nel medesimo Regno). La Cisalpina occidentale, tramontate le prospettive di continuità celtica e di etnogenesi gotica prima e tedesca poi, non tanto ha "rischiato" la Francesizzazione, quanto piuttosto *era* già galloromanza (ossia presentava le caratteristiche di tutte le regioni europee (centro)occidentali romanizzate); il portato dei numerosi conflitti iniziati con la 'spartizione' franco-longobarda del tardo VI. secolo e arrivati alla Seconda Guerra Mondiale (ancora dal 1861 al Fascismo il grosso dell'opera rimaneva da compiere, anche se le basi erano ormai irreversibilmente assicurate) è stato la creazione del confine nazionale franco-italiano sulle Alpi Occidentali.
È probabile che personalmente ci dividiamo sull'apprezzamento 'estetico' di quanto avvenuto, ma direi che sui fatti in sé e per sé possiamo serenamente concordare.
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E ora, l'idea di Never75:
Clemente VII muore e al soglio pontificio, poniamo
che venga eletto qualche mese dopo comunque Paolo III. Sviluppi sulla situazione italiana?
Beh, diciamo che era comunque giocoforza riconciliarsi con Carlo V e poi mantenere una politica a dir poco prudente nelle questioni estere.
Quindi la situazione europea dovrebbe cambiare ben poco.
Cambierebbe comunque qualcosa in Italia. Clemente VII dopo essersi riconciliato con Carlo V brigò con lui affinché i suoi parenti Medici tornassero a Firenze e stavolta legittimati dall'Imperatore stesso nel loro ruolo.
Paolo III (che non era medici, ma Farnese) non avrebbe tutto 'sto interesse e lascerebbe la Repubblica. Credo che non avrebbe neppure il coraggio di proporre il figlio Pierluigi come eventuale (gran)duca di Toscana, visto che in HL quando ha provato a farlo semplicemente duca di Parma e Piacenza (terre peraltro
pontificie) successe il diavolo a quattro.
Quindi Firenze, Siena e Lucca rimangono repubbliche facenti parti del SRI.
Pensando per analogia alla politica estera di Lucca (praticamente inesistente) è facile immaginare che anche per Firenze e Siena le cose andrebbero più o meno nello stesso modo. Del resto, pure in HL, dopo la conquista di Siena nel 1555 il Granducato di Toscana (tolta la diatriba sulla successione alla morte dell'ultimo Medici) ebbe sulla situazione internazionale un interesse pari a zero.
Una variante sarebbe che Caterina de' Medici, ormai appartenente a una famiglia senza importanza, non verrà scelta come moglie del Delfino Enrico, ma si dovrà optare per un'altra fanciulla.
Ponendo che la situazione storica successiva vada più o meno come in HL alla fine di un eventuale Congresso di Vienna, a chi andrebbero i tre suddetti Stati?
Non esistendo più il SRI, verrebbero comunque lasciati sopravvivere come repubbliche indipendenti, residui anacronistici e archeologici di un passato non più esistente (ne dubito) oppure potrebbero venire assegnati agli altri principati restaurati?
Magari la stessa Firenze, la più estesa territorialmente, potrebbe essere divisa tra Modena, Stati Pontifici e Piemonte (per via della contemporanea annessione di Genova). Ciò potrebbe modificare in modo significativo gli avvenimenti successivi.
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Gli replica Bhrihskwobhloukstroy:
Non svaluterei la Politica Estera di Lucca: Fedeltà ineccepibile all'Impero, Amicizia sincera con la Francia (mi sembra una delle migliori politiche al Mondo...).
Invece Siena sarebbe sicuramente spagnola e quindi poi passerebbe all'Austria (salvo essere contesa dai Borboni, come storicamente la Toscana e come è successo ai Presidî, che sono praticamente la Siena Spagnola). Quindi Siena o alla Lombardia o alle Due Sicilie. Lucca tale e quale come nella Storia (è l'Attore più diligente di tutti), poi sacrificata al gioco dei compensi incrociati (sempre per colpa di Parma, comunque).
Firenze, di conseguenza, sarebbe stata nel mirino di Milano per il collegamento con l'eventuale Siena Imperiale. Senza il Granducato, al Congresso di Vienna mi immagino due possibilità:
1) se Siena è asburgica, Firenze anche, in nome del collegamento
Milano-Mantova-Modena-Firenze-Siena;
2) se Siena è borbonica, anche Firenze può esserlo, ma solo se Parma è di Milano e Lucca viene destinata a diventare austriaca
(direttamente o attraverso Modena).
Escludo tassativamente qualsiasi ampliamento dello Stato Pontificio, che già è stato miracolato quattro volte su Ferrara e in generale sulle Legazioni.
Anche un ulteriore ampliamento del Regno di Sardegna è escluso, se ai danni dell'Austria: Genova doveva essere un compenso per la cessione della Savoia alla Francia (che invece non c'è stata), mentre l'alternativa (richiesta dagli stessi Genovesi) era di diventare un Ducato in Secondogenitura a un Arciduca Asburgico., quindi anche il Regno di Sardegna è già stato oltremodo gratificato (e per due volte, nel 1814 e nel 1849, pure miracolato esso stesso). Quindi, per riassumere: Lucca comunque all'Austria; Firenze e Siena o all'Austria o ai Borboni (ma in questo caso Parma all'Austria).
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Passiamo alla proposta di Federico Sangalli: i Cantoni vittoriosi!
1515: Il 24 agosto, mentre a Venezia il Maggior Consiglio indice un’asta di cariche pubbliche per ottenere fondi per la guerra imminente contro Milano e la Svizzera, il Re di Francia Francesco I varca le Alpi con un esercito di 55 000 uomini e una cinquantina di cannoni attraverso una strada segreta costruita appositamente lungo il Colle della Maddalena, merito dell’ingegner Pedro Navarro, aggirando così i Colli del Moncenisio e del Monginevro, sorvegliati dagli svizzeri. Le truppe francesi sono così in grado di sorprendere a Villafranca le truppe pontificie e ne prendono prigioniero il comandante Prospero Colonna con un’audace incursione di cavalleria. Colti di sorpresa le truppe elvetiche ripiegano con ordine verso Milano. Il 9 settembre, sperando di poter contare sulla sua posizione di forza, Francesco I intraprende i negoziati di Gallarate con i Cantoni Svizzeri e segretamente anche col Papa Leone X. Tuttavia ,a differenza della nostra Storia, il Duca di Milano Massimiliano Sforza, intuendo come da questo dipenda la sua sopravvivenza, non lesina il soldo e il vitto dei mercenari svizzeri che così non giudicano la battaglia un cattivo affare. Alla fine decisivo è il discorso di Markus Roist, generale svizzero e comandante della Guardia Svizzera pontificia, che si conclude con la storica frase “Ricordiamoci infine la linfa stessa della nostra Unione confederale: uniti trionfiamo, divisi cadiamo!”. Essendo poi comandante delle Guardie Svizzere, gli altri capitani elvetici pensano che questa sia anche la posizione del Papato(che in realtà sta trattando per venirne fuori) e decidono di combattere:il Canton Berna, Canton Friburgo, Canton Vallese e Canton Soletta non ritirano i loro 10 000 veterani svizzeri dal campo di battaglia. Vista la situazione anche il Papato decide di continuare a combattere. Il 13 settembre i due eserciti si scontrano nei pressi di Marignano: i francesi schierano 2 500 cavalieri pesanti, 1 500 cavalieri leggeri, 10 000 fanti, 9 000 lanzichenetti(tra cui 6 000 veterani della “Banda nera”), qualche migliaio di mercenari italiani, capitanati da Gian Giacomo Trivulzio, e 70 pezzi d’artiglieria, oltre ad alcune migliaia di balestrieri guasconi e fanti veneti, per un totale di circa 31 000 uomini. L’esercito elvetico era quasi pari, composto da 30 000 mercenari veterani svizzeri e un paio di migliaia di mercenari vari, soldati milanesi e truppe pontificie. Nel pomeriggio del 13 settembre le truppe svizzere uscirono da Milano attraverso Porta Romana e marciarono fino all’accampamento francese sulle rive del fiume Lambro, tra Marignano e Zivido: sebbene fosse quasi notte le truppe elvetiche attaccarono direttamente l’accampamento francese, catturando molti cannoni e ferendo lo stesso Francesco I. Gli svizzeri si ritirarono con il loro bottino verso le quattro di notte, dando modo ai francesi di riorganizzarsi. La mattina seguente i due eserciti si schierano, passati in rassegna dai rispettivi comandanti, Roist per gli svizzeri e Gaspard I de Coligny per i francesi. Tra i cappellani che quel giorno passarono a confessare i soldati c’era anche un certo Ulrich Zwingli, di cui poi parleremo più avanti. Alle prime luci dell’alba la battaglia iniziò con l’attacco a sorpresa delle truppe venete, chiamate durante la notte da Francesco I e guidate dal generale Bartolomeo d’Aviano, alle spalle dell’esercito svizzero. La battaglia sembrava persa ma l’intervento delle riserve svizzere guidate personalmente da Roist permisero di respingere l’assalto: lo stesso d’Aviano, messosi alla testa dei 300 cavalieri superstiti per un’ultima disperata carica, venne disarcionato e ucciso in singolar tenzone da Roist. Vista la mala parata molti mercenari italiani tentarono la fuga permettendo all’esercito svizzero guidato dal Cardinale Matthaus Schiner di sfondare le loro linee, uccidendo il Trivulzio e obbligando Francesco I a ripiegare verso il suo accampamento ma fu bloccato sulle rive del Lambro. Il mattino dopo, il 15 settembre, le linee francesi furono sfondate: molti affogarono tentando la fuga attraverso il Lambro, il de Coligny fu ucciso e Francesco I fu catturato. La cronaca del tempo ci informa poi che, commosso davanti alla strage appena consumatasi, il Cardinale Schiner e il generale Roist fecero celebrare nella chiesa di San Giuliano Milanese messe solenni per le vittime per ben tre giorni di seguito e successivamente, nel 1518, fecero erigere una cappella espiatoria, con annesso monastero, detta di Santa Maria della Vittoria. A seguito di questo folgorante trionfo Markus Riost rientra in patria da eroe alla testa dell’esercito vittorioso, portandosi dietro anche Francesco I come prigioniero di guerra. Egli, rinchiuso nella fortezza di Kussnacht, scrive alla madre la celebre frase “Tutto è perduto fuorché l’onore!”.
1516: il 13 agosto Carlo V, Re di Spagna e di innumerevoli altri possedimenti, giunge in Svizzera per imporre le sue condizioni di pace al Re sconfitto, condizioni che saranno comunque subordinate a quelle detate dagli svizzeri, i veri vincitori della battaglia. Il 29 novembre finalmente il trattato di pace è finito e viene firmato da Francesco
I (Pace di Zurigo, capitale dell’omonimo cantone ove si trova Kussnacht):
la Francia deve pagare 1 400 000 corone d’oro una tantum alla Confederazione Elvetica, 5 000 franchi all’ano di pensione per ognuno dei tredici cantoni, altrettanti per i paesi alleati dei cantoni(Vallese, l’Abate di San Gallo, la Contea di Toggenburg, la città di Mulhouse e la Contea di Gruyères) per un totale di 90 000 franchi all’anno, concedere molti privilegi commerciali ai commercianti svizzeri e riconoscere il conquiste elvetiche di Bellinzona, la Valle del Ticino, Locarno, Maggia, Lugano, Mendrisio, la Valtellina con Bormio e Chiavenna, Vallcuvia, Valltravaglia, luino e l’intera Vall d’Ossola con Domodossola. Ceduta anche una striscia di terra intorno a Ginevra e una parte della Borgogna meridionale per collegare la Confederazione con Mulhouse.
La Francia deve inoltre riconoscere l’indipendenza del Ducato di Milano sotto gli Sforza e sotto protettorato svizzero, mantenuto mediante una serie di guarnigioni, e rinunciare anche al Regno di Napoli e alla Borgogna settentrionale, cedute a Carlo V.
La Serenissima Repubblica di Venezia perse invece la valle dell’Isonzo e l’Ampezzano in favore del Sacro Romano Impero.
Infine Papa Leone X vedeva riconosciute le sue conquiste di Parma e Piacenza e otteneva dal Ducato di Ferrara, alleato dei francesi, Modena e Reggio Emilia, oltre a mano libera contro il Ducato di Urbino.
1517: Il 23 gennaio il Duca di Urbino Francesco I Della Rovere è sconfitto e ucciso dalle truppe pontificie e il suo Ducato è annesso al Papato. Francesco I è liberato e ritorna in patria ma si rifiuta di cedere la Borgogna agli ispanico-svizzeri. Egli inoltre convince gli stati italiani del pericolo di un predominio imperiale nella penisola e li spinge ad allearsi con lui. È guerra. L’esercito francese, guidato da Odet de Foix e deciso a non ripetere gli stessi errori, invade a sorpresa la Confederazione e giunge ad assediare Berna e Zurigo, deciso ad eliminare la Svizzera prima d’invadere l’Italia. La doppia invasione francese in Svizzera e in Borgogna spinge il Sacro Romano Imperatore Massimiliano a dichiarare guerra alla Francia e ai suoi alleati.
1518: L’esercito elvetico, guidato da Roist, riesce a battere le forze francesi nella Battaglia di Olten e le costringe a ripiegare in Francia. L’esercito imperiale, sotto la guida di Carlo III di Borbone-Montpensier, nobile francese i cui domini sono stati usurpati da Francesco I, pone sotto assedio Roma e la occupa, costringendo Papa Leone X a ritirarsi dal conflitto. A differenza della nostra Storia tuttavia il Sacco di Roma non è compiuto da mercenari luterani fuori controllo e avidi di bottino che hanno appena perso il loro comandante ma da soldati cattolici disciplinati e fedeli al loro generale. Per tanto non si verificano gravi violenze o saccheggi.
1519: Il 19 gennaio muore il Sacro Romano Imperatore Massimiliano I, nel bel mezzo della guerra contro la Francia. I grandi Elettori si riuniscono in fretta e furia a Francoforte ed eleggono suo nipote Carlo I, Re di Spagna, col nome di Carlo V. La candidatura dello stesso Francesco I è rifiutata in quanto le conquiste francesi non sono ritenute valide e la Borgogna fa ancora parte dell’Impero. Carlo V diventa così Imperatore con la benedizione(e non l’opposizione, essendo qui stato già sconfitto) del Papa e senza neanche sborsare tanti soldi. Carlo V, giovane ed energico, ricompatta rapidamente le sue forze contro i francesi.
1520: L’esercito francese di Odet de Foix è circondato ed annientato il 24 febbraio nella Battaglia di Digione. Francesco I è costretto a firmare la Pace di Nancy con cui la Francia ratifica la Pace di Zurigo e in più cede i territori dovuti a Carlo III di Borbone-Montpensier. Su questi ultimi si accende subito un forte dibattito poiché Carlo V ha promesso al suo omonimo francese l'intera Provenza col titolo di Re ma la proposta è avversata dagli Svizzeri che non vogliono un forte stato tra loro e il mare. Anche qui Francesco I ci mette lo zampino ed inizia a sobillare Carlo III contro l'Impero oltre a foraggiare sempre più apertamente il Luteranesimo e a cercare l'alleanza dei Turchi. Roist, per le sue eroiche gesta, è eletto Borgomastro di Zurigo come in HL.
1521: Quinta Guerra d'Italia:Francesco I riprende le armi mentre il suo alleato Solimano invade l'Ungheria. Carlo III si proclama neutrale mentre i Savoia(che hanno capito che in mezzo a tutto questo rischiano di essere fagocitati da qualcuno) attaccano a tradimento alle spalle la Confederazione, invadendo il Ducato di Milano. In breve tempo i franco-sabaudi conquistano Ginevra, Milano e Genova. Ad Est Solimano coglie una sfolgorante vittoria nella Battaglia di Mohacs e conquista Budapest. Francesco I prova anche a convincere Papa Leone X a rientrare in guerra facendo leva sul suo orgoglio ferito ma il Pontefice esita, memore del Sacco di Roma, e muore il 1° dicembre. Carlo V riesce a far eleggere il suo precettore olandese Adriaan Florenszon col nome di Adriano VI, il quale ovviamente dichiara guerra alla Francia. Egli nomina poi il Cardinal Matthaus Schiner suo Legato presso l'Impero e Amministratore della città di Roma e dello Stato Pontificio. Schiner, già consigliere di Massimiliano I, si reca subito a Worms per stilare gli Editti contro Martin Lutero e convincere Carlo V a proteggere Roma da un attacco francese. In questo modo non contrarrà la peste nella capitale pontificia e non morirà prematuramente l'anno seguente a soli 57 anni.
1522: Grande insurrezione protestante in Germania guidata da Thomas Muntzer e appoggiata dai Principi: Carlo V è costretto ad abbandonare l'Italia al suo destino. La cosa è vista come un tradimento e si formano due partiti, quello filo-francese, guidato da Giovanni Calvino e Ulrich Zwingli, e quello filo-imperiale di Roist e Schiner. I francesi riescono a bruciare Berna e Zurigo mentre i Savoia prendono Lugano nonostante l'opposizione del Conte Antonio di Rusca. Roist riunisce i capitani della Confederazione nell'Abbazia di San Gallo e li spinge a firmare un nuovo patto federale che conferisca maggiori poteri al governo centrale per affrontare le questioni estere. Naturalmente lui è prontamente proclamato Capo Provvisorio della Confederazione. Calvino, furioso, crea allora la Repubblica(Teocratica) di Ginevra con il supporto francese.
1523: Roist è anche un amico di Zwingli, avendolo conosciuto mentre era Borgomastro(come in HL) e gli promette di far valere le sue teorie a Roma se non cercherà la secessione, facendolo, come assaggio, ascoltare da una commissione di quattrocento ecclesiastici inviati da Roma. Zwingli accetta, causando la rottura con Calvino, e aderisce all'Esercito Federale. Così riunito esso batte pesantemente i francesi a Gossau e a Winterthur: Zurigo è riconquistata e i capi della Confederazione ratificano il Patto di San Gallo ed eleggono Roist primo Presidente. Muore Papa Adriano VI, il Conclave elegge Matthaus Schiner Papa col nome di Adriano VII. Egli è personalmente amico di Carlo V, Massimiliano Sforza e Enrico VIII d'Inghilterra.
1524: Le truppe svizzere vincono la Battaglia di Burgdorf e riconquistano Berna. Poco dopo tuttavia, celebrata un'entrata trionfale nella capitale liberata, Markus Roist muore improvvisamente. Il figlio Kaspar, già suo vice-comandante, assume il controllo dell'Esercito della Confederazione e viene eletto nuovo Presidente. Tuttavia egli è meno abile del padre politicamente ed è molto filo-papale/imperiale. In breve Zwingli emerge all'interno del Consiglio della Federazione come uno dei leader più prominenti.
1525-1526: Carlo V riesce a sconfiggere i protestanti. Intanto le truppe elvetico-papaline sconfiggono ripetutamente i Savoia e riprendono Milano e Lugano. Anche i Turchi sono fermati davanti a Vienna grazie all'intervento polacco. Papa Adriano VII guida personalmente le sue truppe in soccorso dei Cantoni. Egli inoltre concede una dispensa matrimoniale al suo amico Enrico VIII e crea Cardinale e suo Legato Personale un altro suo amico, Erasmo da Rotterdam. Non essendoci stata la Battaglia di Pavia, Ferdinando d'Avalos, Marchese di Pescara e generale imperiale, non muore di tisi a seguito delle ferite riportate a soli 35 anni.
1527: Carlo III di Borbone-Montpensier capisce da che parte tira il vento e passa con Carlo V. Il suo intervento è decisivo per la Battaglia di Rigny che vede il Bonnivet contro Ferdinando d'Avalos e Kaspar Roist. I francesi sono sconfitti, Bonnivet e Bayard uccisi e Digione presa ma Roist cade in battaglia. Zwingli riesce quindi a farsi eleggere nuovo Presidente.
1528: Viene firmata la Pace di Troyes:
La Francia paga un'altra esorbitante indennità (400.000 lire a Carlo V, che così ripaga tutti i suoi debiti, e 500.000 lire alla Confederazione).
La Confederazione e l'Impero rinunciano alla Borgogna che viene ricreata Regno sotto Carlo III di Bobone-Montpensier, utile stato-cuscinetto tra Francia ed Impero, il quale inoltre sposa la sorella del Re di Francia Margherita
d'Angouleme.
La Confederazione guadagna la Savoia e le città di Digione e Besacon. Nizza inoltre diventa un porto franco per la Confederazione che ottiene così uno sbocco al mare. Genova diventa un protettorato elvetico.
Carlo V rinsalda il proprio dominio su Alsazia, Lorena e Lussenburgo.
Il Papato si annette il Ducato di Ferrara.
Dall'incontro emergono subito le frizioni tra Carlo V e il nuove leader elvetico
Zwingli, specie per il controllo del Nord-Italia. La Svizzera si allea segretamente con la Francia contro l'Impero. Frattanto i Fugger, che qui non sono falliti poiché Carlo V aveva meno debiti e li ha ripagati tutti, rilevano il progetto di una colonia in Sud America e inizia a sfruttarlo, dando vita alla colonia tedesca di Klein Venedig, in Venezuela.
1530: Muore Massimiliano Sforza, Duca di Milano, un fantoccio in mano agli Svizzeri, più dedito ai lussi che al governo. Gli succede il fratello Francesco II Sforza, molto filo-imperiale. Zwingli rifiuta la successione e scoppia la Guerra di Successione Milanese, nota anche come Sesta Guerra d'Italia, tra tra Francesco II, sostenuto da Impero, Venezia e Savoia, e il fratellastro Giovanni Paolo Sforza, Marchese di Caravaggio, sostenuto da Francia, Papato e Confederazione. Milano è subito conquistata dalle truppe elvetiche: Giovanni Paolo viene incoronato Duca nel Duomo mentre Girolamo Morone diventa Governatore. Egli poi convince, con il decisivo apporto di Papa Adriano VII, il generale Ferdinando d'Avalos a schierarsi con lui in un piano volto a scacciare tedeschi e francesi dall'Italia in cambio della Corona di Napoli(ricordiamoci che qui Ferdinando non ha vinto la Battaglia di Pavia e quindi non ha ottenuto nessun onore o privilegio).
1530-1535: Sesta Guerra d'Italia: con la Borgogna neutrale, il conflitto si focalizza sull'Italia. Napoli e Torino sono occupate dalle forze franco-elvetiche-papaline. Venezia invece resiste. Carlo V assedia inutilmente Avignone e deve ritirarsi per l'intervento di Andrea Doria. Nasce l'unica figlia di Carlo I di Borgogna e della Regina Margherita,Giovanna. Ella poi sposa Emanuele Filiberto di Savoia, detto "Testa di Ferro". Nel 1532 muore Papa Adriano VII, viene eletto suo successore Erasmo da Rotterdam col nome di Adriano VIII.
1535: A pochi mesi di distanza muoiono sia Francesco II Sforza sia Giovanni Paolo I. Si firma la Pace di Ghent tra Carlo V e Francesco I, che si odiano a tal punto da non voler stare nella stessa stanza. Sono Papa Adriano VIII e Carlo I di Borgogna a dover andare da una stanza all'altra a riferire le condizione di pace:
Essendo svanita ogni discendenza legittima degli Sforza(Giovanni Paolo I ha discendenza ma era illegittimo), il Ducato di Milano viene annesso alla Confederazione, che guadagna anche il Tirolo, Friburgo in Brisgovia con la Selva Nera, Monferrato e
Saluzzo.
I Savoia sono ridotti ad uno staterello intorno a Torino e devono accettare il protettorato svizzero.
La Francia guadagna parte della Franca Contea e della Vallonia.
Il Papato si annette definitivamente l'Emilia e ottiene pure Siena. I Medici in cambio possono annettersi Lucca, Massa e Carrara.
Ferdinando Francesco D'Avalos viene incoronato dal Papa Re di Napoli(ma non di Sicilia e Sardegna) col nome di Ferdinando
IV.
1536: Muore Papa Adriano VIII, famoso per la sua massiccia riforma ecclesiastica che ha de facto sradicato molte delle basi ideologiche del Protestantesimo. Viene eletto suo successore un suo amico/rivale, Cardinal Girolamo Aleandro il Vecchio, più conservatore e convinto della necessità di intraprendere atti più politici e concreti. Egli prende il nome di Leone X e pronuncia la storica frase: "è necessario uccidere il cinghiale selvatico che sta distruggendo la vigna del Signore", riferendosi a Martin Lutero. Saputo che a Ginevra Calvino fa bruciare vivi i cattolici, egli istituisce tribunali speciali per condannare gli eretici. Rottura con Zwingli (che qui, grazie alle riforme di Adriano VII e VIII, è rimasto cattolico).
1540: Settima Guerra d'Italia: Papato, Francia, Savoia e Venezia contro la Confederazione. Le armate della coalizione infliggono pesanti sconfitte agli svizzeri ma ben presto Borgogna, Napoli e infine anche l'Impero scendono in campo a fianco di Berna.
1541: Durissima e decisiva Battaglia di Belfort: straordinaria vittoria di Svizzera ed alleati, ma sia Carlo I di Borgogna sia Zwingli cadono in battaglia.
1542: Muore Papa Leone X, il Conclave elegge Alessandro Farnese col nome di Paolo III. Egli indice il Secondo Concilio di Costanza per ricucire lo Scisma cristiano e promuovere le riforme erasmiche. Con la morte del Pontefice e di
Zwingli la guerra giunge rapidamente al termine col la Pace di Costanza:
La Confederazione guadagna buona parte della Provenza e Nizza, ottenendo finalmente lo sbocco al mare tanto sospirato, e si annette l'intero Piemonte e l'Emilia. Essa inoltre scambia la Franca Contea con buona parte dei territori imperiali conquistati in precedenza.
I Savoia, sfrattati da Torino, ottengono il riconoscimento al Trono di Borgogna su cui s'insedia Emanuele I.
L'Impero riesce inoltre a recuperare la Vallonia.
Venezia deve pagare una forte indennità e ne esce molto indebolita.
Come proseguirla?
L'Europa dopo la Pace di Bruxelles nel 1542 (cliccare per ingrandire). Da notare che Genova, Venezia e Firenze sono protettorati svizzeri.
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Lapidario il commento di Iacopo:
Francesco I rinchiuso a Kussnacht nella Torre di Bollingen è delizioso, per me junghiano!
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Tommaso Mazzoni fa notare:
Secondo me, il modo più pulito per realizzare questa ucronia consiste in questo: gli Sforza non si estinguono, ed entrano nella confederazione come Neuchatel, in forma di libera associazione; di per sé, le prerogative Imperiali non vengono infrante e Carlo non ha basi legali per opporsi.
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E Bhrihskwobhloukstroy replica:
Questo sì che è un percorso realistico e anzi è quello non solo che tutti si aspettavano, ma anche quello che la stessa Sacra Maestà Cesareo-Cattolica aveva in mente (dato che aveva personalmente restaurato gli Sforza).
Il problema è del grado di ucronia: certo se gli Sforza non si estinguono tutto funziona così, solo che si sono estinti e questo non è dipeso del tutto da decisioni politiche (d'accordo, si poteva far finta che nascesse un erede, ma siamo un po' ai limiti)... Comunque va bene, questo è uno scenario (cambio di nuovo titolo perché non è più un conflitto dinastico intra-asburgico e non voglio interrompere quella discussione, che mi interessa particolarmente.
Butto lì allora anche la mia proposta, nel caso che invece gli Sforza si estinguano comunque (questo era il problema politico di allora, cerco di mettermi nella testa delle persone che vivevano quella situazione).
L'accordo sarebbe questo:
1) Il Ducato di Milano, Pavia, Asti diventa Dominio Diretto dell'Imperatore in quanto tale (non Feudo né Allodio della sua Dinastia);
2) perciò il Duca (Dux) è come un Doge (Dux), è una carica elettiva, a vita e sulla base del voto di un Collegio esterno al territorio, ma pur sempre elettiva;
3) quindi il Ducato è una Repubblica;
4) si allea perpetuamente e senza possibilità di rescissione alle altre Repubbliche e Cantoni della Confederazione;
5) i Baliaggi Cisalpini diventano tutti Condominio anche del Ducato;
6) la Confederazione e i suoi Alleati ratificano e adottano la Riforma dell'Impero del 1495;
7) la Confederazione entra a far parte del Sistema dei Circoli come Circolo a sé (Circolo Elvetico);
8) i Baliaggi e il Ducato costituiscono a loro volta un Circolo a sé (Circolo Lombardo).
A queste condizioni, la Nobiltà Milanese (sia Guelfa sia Ghibellina) impazzisce di felicità, i Cantoni hanno ottenuto ben oltre le proprie più rosee aspettative, l'Imperatore ha avuto quel che suo padre voleva e nessun suo parente (figlio o fratello) può recriminare; la Repubblica di Genova invece si trova a dover optare fra infeudazione alla Spagna, annessione al Ducato o diretto ingresso nella Confederazione: cosa sceglierà?
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Paolo Maltagliati ha un'altra idea:
E se nascesse un figlio di Massimiliano II d'Asburgo e Bianca Maria Sforza?
1496-1500: nasce Massimiliano II, figlio di Massimiliano d'Asburgo, imperatore del S.R.I e di Bianca Maria Sforza, figlia di Ludovico il Moro duca di Milano. E' solo di quattro anni maggiore di suo nipote, il futuro Carlo V imperatore. Le cure del figlio vengono in un primo momento affidate alla madre. Apparentemente l'imperatore sembra si curi poco del suo ultimo figlio, per quanto non disdegni intessere trame politiche per assicurargli un degno matrimonio.
In particolare, dopo la nascita di Claudia di Valois, figlia di Luigi XII (1499). Inizialmente il re di Francia sembra propenso ad accettare, nonostante la dote da parte francese sarebbe stata nientemeno che il ducato di Milano (Massimiliano non si curò apparentemente del fatto che in questo modo avrebbe scavalcato i diritti dinastici del suo grazioso ospite, nonché nonno di Massimiliano, Ludovico il Moro).
Tuttavia, la nascita di Carlo, figlio di Filippo il Bello, l'anno successivo, sconvolge i piani(piani ulteriormente sconvolti dal fallimento a Novara del tentativo di Ludovico stesso di riappropriarsi del suo ducato), poiché Massimiliano decide di “girare” la proposta matrimoniale, appunto, verso lo stesso Carlo. Luigi XII, tuttavia, a questo punto si tira indietro, promettendo Claudia al duca di Angouleme, il futuro Francesco I di Francia.
Nello stesso anno, l'imperatore riserva all'appena quattrenne Massimiliano II il titolo di conte di Gorizia, appena ceduto dai Mainardini agli Asburgo (per quanto scorporasse dalla contea il territorio di Lienz, integrato con il
Tirolo).
1501-1515: Nel 1503, Massimiliano farà fidanzare al terzogenito Giulia d'Aragona, suscitando così le ire di Ferdinando il cattolico, che si apprestava ad appropriarsi del regno di Sicilia con le armi. In realtà l'imperatore aveva preso tale decisione a scopo di “garanzia” in caso il nipote Carlo non fosse riuscito a sopravvivere in età adulta (la primogenitura era comunque del nipote, agli occhi di Massimiliano), per non far sfuggire dalle grinfie imperiali il regno di Napoli (dimostrando di voler correre piuttosto il rischio di ingaggiare una guerra con Ferdinando il cattolico per ottenerlo). Con la morte di Filippo suo padre nel 1506, Carlo diventa tecnicamente duca di Borgogna; diviene anche erede al trono di Castiglia in virtù della morte di sua nonna Isabella nel 1504 e della presunta infermità mentale della madre Giovanna. Nel 1512 gli svizzeri sconfissero i francesi e posero sul trono milanese Massimiliano, figlio di Ludovico, con il benestare dell'imperatore. Tale restaurazione durò per tre anni, fino al 1515. L'anno dopo, il previsto matrimonio di Giulia e Massimiliano II venne annullato, probabilmente in virtù della morte di Ferdinando il cattolico e per non creare presso le cortes castigliane e aragonesi degli alibi per non accettare Carlo come proprio sovrano.
1515: Maria Paleologa viene data in sposa a soli otto anni a Federico Gonzaga, il quale tuttavia, soli due anni dopo ottiene l'annullamento del matrimonio. Maria, in seguito all'annullamento viene data in sposa proprio a Massimiliano conte di Gorizia, nel 1517(la sposa a quella data aveva solo nove anni e dodici meno del marito!). Massimiliano II vide tale matrimonio, non esattamente all'altezza degli standard asburgici (era pur sempre una bambina ed era per di più già stata scartata da qualcun altro) come l'ennesima conferma del disinteresse nei suoi confronti da parte del padre a vantaggio dei nipoti. Nel frattempo Milano viene riconquistata dai francesi.
1519-1525: Muore Massimiliano imperatore; L'anno dopo Carlo diventerà V imperatore del nome del Sacro Romano Impero. Massimiliano conte di Gorizia gli farà con obbedienza omaggio. Nonostante i rapporti tra padre e figlio fossero indiscutibilmente freddi, infatti, quelli con i due nipoti saranno decisamente migliori. Nel 1521 verrà reinsediato come duca di Milano Francesco II Sforza.
Nella successiva guerra contro Francesco I si distinguerà, in particolare nella
Battaglia della Bicocca.
1526: Francesco Sforza si unisce ai francesi e ai veneziani nella lega di Cognac. Carlo V lo dichiara decaduto per fellonia e per la prima volta promette il titolo ducale allo zio Massimiliano.
1527: Sacco di Roma da parte dei lanzichenecchi di Frundsberg; nasce nel 28 Filippo, figlio di Massimiliano e Maria Paleologa. La coppia si deve trasferire a Napoli, dato che Carlo lo nomina vicerè del regno del sud. Nello stesso 1528, Massimiliano II, in qualità di capitano generale delle armate asburgiche nel mezzogiorno, difenderà validamente Napoli dalle truppe francesi di Odet de Foix.
1530: Francesco II ottiene il perdono imperiale e viene reinsediato come duca di Milano; Muore Bonifacio di Monferrato per una caduta da cavallo; Filippo diviene ufficialmente erede al marchesato di Monferrato; pochi mesi dopo la madre Maria muore. Massimiliano II si risposa con Eleonora d'Este, figlia di Alfonso I, duca di Ferrara. Tre anni dopo, Federico Gonzaga si sposerà con Margherita Paleologa (rendendosi amaramente conto dell'errore di calcolo precedente), sorella di Maria, nella vana speranza che Filippo muoia. I Gonzaga diventeranno così parenti acquisiti degli Asburgo-Sforza.
1535: morte di Francesco II Sforza. Carlo nomina lo zio Duca di Milano, garantendo il titolo non solo come vitalizio, ma con annessi diritti successori. Nel frattempo, continua a rivestire il ruolo di viceré di Napoli, con l'aiuto, come braccio destro, di Pedro Alvarez de Toledo y Zuniga; mantiene anche il titolo di conte di Gorizia (riconfermato nel titolo sia da Carlo, sia da Ferdinando) e di reggente di Monferrato per conto del figlio Filippo. Nel frattempo nascono Eleonora (1532) e Federico (1535) dalla seconda moglie.
1544: Massimiliano trova sorprendentemente la sconfitta nella battaglia di Ceresole contro i francesi, che occupano quindi il Piemonte sabaudo. E' evidente in questo periodo la nascita di una fazione “filo-milanese” in Napoli, per quanto Massimiliano non esprima mai progetti eversivi contro il nipote. Negli anni successivi Massimiliano inizierà a portarsi appresso il figlio nelle campagne militari per conto di Carlo.
1553: Morte di Carlo II di Savoia. Massimiliano fa occupare Vercelli, con la giustificazione di una possibile aggressione francese alla città. Nomina il figlio Filippo governatore militare della città.
1554: Filippo sposa la cugina prima Isabella Gonzaga, con dispensa papale. Il figlio primogenito maschio della coppia nascerà nel 1560, con il nome di Francesco. Isabella de Medici, ancora solo undicenne, viene promessa sposa a Federico. Si sposeranno nel 1560. Il primo figlio maschio della coppia, Carlo, nascerà nel 1563.
1559: Massimiliano, all'indomani del trattato di Cateau-Cambresis, muore. Filippo II nicchia, ma dopo un lungo tira e molla, concede la carica di vicerè di Napoli a Filippo Asburgo-Sforza. Il trattato sancisce la spartizione dei domini sabaudi tra Francia e Asburgo: Bresse, Savoia, Moriana, Marchesato di Saluzzo ai primi; i domini cisalpini agli Asburgo-Sforza. Emanuele Filiberto, figlio di Carlo II, mantiene la titolarità delle contee di Nizza e Aosta.
1565: Nascita della terzogenita di Filippo, Beatrice, che andrà in sposa a Carlo Emanuele I di Savoia.
1585: Matrimonio tra Francesco e Caterina Michela di Spagna, figlia di Filippo II. Caterina Michela reca in dote al marito il marchesato di Finale e lo Stato dei Presidi.
1590: Morte di Filippo d'Asburgo-Sforza. Gli succede Francesco III d'Asburgo-Sforza, cui era nel frattempo nato il figlio Massimiliano (1587).
1597: Esplode la questione ferrarese. Francesco III appoggia Carlo. In lizza vi sono anche Cesare (che però ha il problema di discendere dalla Dianti, l'amante di Alfonso I. Per quanto sia stato legittimato è un erede adulterino) e il papato stesso, che rivendica Ferrara in quanto feudo pontificio. La minaccia di una guerra con l'impero e con la Spagna, cui Francesco III si appella, fa rapidamente pendere la bilancia in favore di Carlo d'Asburgo-Sforza-Este. Il papa Clemente VIII si tira indietro dopo aver accettato la riconferma dei diritti feudali del papato sulla città di Ferrara, un risarcimento aureo, oltre a tutti i paesi situati sulla riva destra del Reno. Cesare viene insignito del titolo di conte di Modena.
1610: Massimiliano III sposa Maddalena Wittelsbach.
1615: A seguire la crisi dell'interdetto, scoppia in nuovo conflitto tra Venezia e Impero, cui gli Asburgo-Sforza partecipano. I veneziani vengono sconfitti, ma in maniera non decisiva, in alcune schermaglie presso Caravaggio, mentre ottengono diversi successi tattici in Friuli. Nel 1617, per timore di interventi da parte della Porta e per lo spostamento dell'attenzione dell'imperatore verso le notizie poco positive provenienti dalla Boemia, Vienna si chiama fuori. Nonostante Massimiliano III sia propenso a proseguire la contesa con Venezia, ottenendo anche alcuni successi, Francesco III invita il figlio alla calma e stipula un trattato di pace vantaggioso a Milano: Crema verrà ceduta agli Asburgo-Sforza; L'enclave veneziana di Monfalcone verrà ceduta alla contea di Gorizia; in cambio, la repubblica otterrà Pordenone, Gradiscutta, Goricizza, Virco e Campomolle.
1618: Dopo aver generato Isabella (1612) e Caterina (1615), finalmente a Massimiliano nasce l'agognato erede maschio, con il nome di Filippo Carlo.
1618-1620: iniziano i cosiddetti torbidi grigionesi, che scatenano il conflitto inter-religioso prima in Valtellina, poi nella Confederazione delle tre leghe e, infine, porteranno nella guerra dei trent'anni l'intera confederazione elvetica così come l'Italia settentrionale. La prima fase dei torbidi coincide con il cosiddetto “Sacro Macello”, il massacro dei protestanti della Valtellina ad opera di una forza mercenaria, su ordine asburgico.
1621: A seguito del sacro macello, Pompeo Von Planta, nobile della fazione cattolica, riprende possesso del proprio castello; viene però assaltato nella sua dimora e ucciso, dietro indicazione del capo della fazione protestante delle tre leghe, Jorg Jenatsch. In quell'anno muore Francesco III, lasciando come successore l'intemperante Massimiliano III. Quest'ultimo si accorda subito con l'impero per attaccare e occupare la confederazione delle Tre Leghe, in seguito all'omicidio di Von Planta e l'affermazione del partito di Von Planta. Va pur detto che Massimiliano, più che da zelo religioso, fosse animato da interessi espansionistici(approfittare della guerra dei trent'anni per aumentare il prestigio del proprio casato, “inferiore” rispetto alle altre due dinastie asburgiche). Nel contempo, allestisce una forza con cui minacciare l'alta valle del Ticino, in mano elvetica.
1622: l'avvertimento agli svizzeri crea l'effetto contrario a quello sperato da Massimiliano: il timore causato dall'esuberanza bellica del nuovo duca induce i cantoni della dieta di Aarau, convinti da Zurigo e Berna, ad allestire un'armata per liberare i Grigioni; nel contempo, l'abate di Muster chiede e ottiene l'aiuto dei cantoni cattolici di Uri, Svitto e Zugo. Il Tagastzung raggiunge un livello di divisione mai visto prima. La presa di posizione generale della confederazione di non intervenire in qualsivoglia conflitto e non lasciar passare né francesi, né asburgici all'interno del territorio confederale inizia a vacillare.
1623-1624: Ulisse Von Salis ingaggia, con l'aiuto francese, 8mila mercenari per cacciare gli Asburgo dai Grigioni. Grazie anche al sostegno dell'esercito Bernese-Zurighese, gli Asburgo vengono sconfitti. In Valtellina, von Salis nomina Jenatsch come capitano generale.
1625: Massimiliano ottiene l'alleanza con la repubblica delle Degagne e firma un trattato di alleanza segreto con la dieta di Lucerna. Nel contempo, però, invia messi al Tagastzung per chiedere il ritiro delle truppe confederali dalle Tre Leghe, riconoscendo nel contempo il cattolicesimo della confederazione trilegina. Al rifiuto dei buona parte dei delegati protestanti (i delegati protestanti di Glarona e Appenzello si dichiarano favorevoli), Massimiliano mette in atto il suo piano: l'esercito milanese attraversa il confine con la confederazione e si dirige verso il passo del San Gottardo.
1626: Rottura della confederazione: i cantoni cattolici mettono le proprie armate al servizio di Massimiliano e attaccano Berna. Vittoria dell'esercito Asburgo-Sforza. Richelieu fa fretta a Henri de Rohan perché organizzi un esercito che faccia il suo ingresso in Svizzera a portare aiuto ai protestanti.
1627-1629: Battaglie vittoriose, ma poco decisive, tra protestanti svizzeri, supportati dai francesi, e Teodoro Trivulzio (nella nostra TL cardinale), capitano generale delle armate milanesi, supportato dall'esercito della Dieta di Lucerna (i cantoni cattolici). Morte senza eredi di Vincenzo II Gonzaga. Esplode la questione dell'eredità gonzaghesca, ulteriore elemento di attrito tra francesi e asburgici. Il marchesato (non è mai diventato ducato in questa tl) è preteso da Carlo Gonzaga-Nevers, erede di Lodovico, figlio terzogenito di Federico Gonzaga e Margherita Paleologa, che aveva ereditato i possedimenti francesi (derivanti dai d'Alençon) della famiglia. A questa decisione, naturalmente, si oppone Massimiliano III, il quale rivendica per diritto dinastico il titolo del marchesato per sé, in quanto erede della secondogenita di Federico e Margherita, Isabella. Inoltre, si fa forte del fatto che i diritti ai possedimenti dei D'Alençon sarebbero spettati per diritto proprio a Isabella, la cui rinuncia in favore di Lodovico sarebbe stata a tutti gli effetti una mera donazione a titolo personale. Massimiliano, con la maggior parte dell'esercito occupato in Svizzera, chiede il supporto imperiale e l'aiuto di Alfonso d'Asburgo-Sforza-Este, signore di Ferrara, che attacca Suzzara. Nel contempo, Rambaldo di Collalto, al comando di un'armata imperiale, prende Goito. Poco dopo entrambi si riuniscono sotto le mura di Mantova e ne iniziano l'assedio. Berna, attaccata da asburgici, solettesi e friburghesi, è costretta alla resa, mentre Zurigo inizia a trattare con Massimiliano per ottenere la pace.
1630: Carlo Gonzaga dichiara la resa della città; tuttavia i francesi si rifiutano di alzare bandiera bianca. La ragione è la straordinaria calata verso sud delle armate di Gustavo Adolfo di Svezia. Un distaccamento delle sue forze devia verso la Svizzera per portare sostegno alle armate di Henri de Rohan (che in questa tl è rimasto in Svizzera a combattere e non è stato esiliato) e a quelle della dieta di Aarau. La situazione, da favorevole a Massimiliano ad un tratto vira a favore dei protestanti. Berna scaccia la guarnigione asburgica e riprende le ostilità, ed è il turno di Friburgo di essere attaccata.
1631: di fronte all'avanzata svedese, Massimiliano è costretto a valicare il san Gottardo nuovamente, mentre si verifica la temuta unione tra l'esercito del De Rohan e quello di Gustavo Adolfo. Fortunatamente, Ambrogio Spinola, generale genovese al servizio di Massimiliano, riesce a trattenere le forze francesi nel monferrino.
1634: Filippo Carlo viene fatto sposare, in forma privata, con l'ancora dodicenne Vittoria della Rovere, ultima erede dei duchi di Urbino. Il papa Urbano VIII, sperando che la situazione bellica distraesse adeguatamente gli Asburgo-Sforza, pretese la cessione del papato, in quanto feudo papale, al dominio pontificio. Massimiliano naturalmente rifiutò categoricamente e si arrivò quasi ad un conflitto con il pontefice, che tuttavia, all'ultimo si accontentò del riconoscimento d'obbedienza e di un cospicuo censo ricognitivo, oltre alla consegna di metà della famosa collezione d'arte del ducato.
1633-1635: resosi conto dell'intenzione francesi di occupare indefinitamente le Tre Leghe, Jorg Jenatsch si converte al cattolicesimo, attaccando alle spalle, con l'appoggio di tutte le forze grigionesi, le armate di Henri de Rohan. il De Rohan, su ordine di Richelieu, non pone al servizio del re di Svezia le proprie armate per la battaglia contro il generale imperiale Wallenstein a Lutzen, ordinandogli di privilegiare la difesa delle posizioni raggiunte in Svizzera. Al contrario, Ambrogio Spinola riesce a trattenere la forza di invasione francese nella pianura padana presso la fortezza di Asti (in questa Tl è Asti e non Casale a essere il perno delle fortificazioni asburgiche nella piana).
Battaglia di Lutzen. Gustavo Adolfo si scontra con il famoso generale asburgico Wallenstein. Anche Massimiliano, con le sue forze residue riorganizzate, partecipa. La battaglia si conclude con una vittoria pirrica delle armate svedesi, in cui lo stesso Gustavo Adolfo trova la morte. Gli svedesi iniziano una lenta ritirata verso nord.
Sopravvissuto al sanguinoso scontro con una discreta parte delle proprie armate, Massimiliano si prepara ad una nuovo duello contro gli svizzeri. Nel mentre De Rohan si porta verso sud e sconfigge le armate asburgiche presso Cassano, capitanate dal Duca di Lorena (giunto a sostegno).
1636: Massimiliano conquista faticosamente Berna; ormai vecchio, in alcune lettere confessa di essere provato dalle continue battaglie, almeno da dopo la carneficina di Lutzen. Nel contempo, il De Rohan, lasciato senza ordini e senza rinforzi, chiede di incontrarlo per per stabilire una pace.
1637: incontro tra Massimiliano, Jeantsch, il vescovo di Coira, l'abate di Munster, diversi rappresentanti della nobiltà grigionese, De Rohan, i rappresentanti della dieta di Aarau, i rappresentanti dei cantoni cattolici, i ginevrini e i rappresentanti della repubblica vallese delle Degagne, con il vescovo di Sion. Il francese accetta di riconsegnare la Valtellina ai Grigioni, in cambio del permesso di ritirarsi verso ovest (motivo per il quale verrà esiliato dalla corte di Francia e per cui finirà i suoi giorni proprio presso il nemico, ad Aquileia), mentre i rappresentanti dei cantoni protestanti della ex-confederazione accettano la pace in cambio del mantenimento della propria religione e delle proprie consuetudini.
Dal canto suo, nemmeno Massimiliano è in grado di proseguire la lotta. Accetta così il ripristino della confederazione dei tredici cantoni, previa sottomissione della stessa alla sua autorità formale, confermando la libertà di culto ai cantoni protestanti, verso cui ribadisce però il divieto di perseguitare i cattolici all'interno del loro territorio e, per converso, di evitare qualsiasi forma di proselitismo nei cantoni cattolici. Le minoranze protestanti all'interno dei cantoni e dei territori cattolici dovranno essere opportunamente riconosciute da un lettere di Maestà e professare un atto di obbedienza perpetua al duca. Viene ripristinato il Tagastzung, cui vengono inseriti anche:
Tre rappresentanti per la confederazione delle Tre Leghe (due cattolici e uno protestante);
Quattro rappresentanti per i territori del ducato milanese, che fungeranno anche da osservatori del duca stesso;
due rappresentanti per il Vallese;
due rappresentanti (evangelici) per Ginevra;
due rappresentanti per il principato di Piemonte;
un rappresentante per il marchesato di Monferrato;
due rappresentanti per la repubblica di Genova;
due rappresentanti (protestanti) per l'associata (e quindi senza obbligo di obbedienza al duca) Basilea;
Strasburgo, Colmar e Mulhouse, come associate alla confederazione, un rappresentante ciascuno.
(La contea di Gorizia e Aquileia non verrà invece considerata parte della confederazione, soprannominata da questo momento “di Rezia e Lombardia”, per quanto il nome non sarebbe stato ufficializzato che molto più tardi).
1638: pace ufficiale tra la Francia e il ducato di Milano Asburgico, che sancisce il passaggio del Marchesato di Mantova a Massimiliano III, in cambio della città di Pinerolo e dell'alta valle di Susa, oltre che alla conferma del possesso francese del Marchesato di Saluzzo.
1632: nasce Francesco (IV), figlio di Filippo Carlo.
1643: Morte di Massimiliano III, soprannominato “il battagliero”.
Come continuarla?
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E ora, la domanda postaci da Giordano Carassiti:
Davvero appassionante quest'ucronia! Siccome mi piace la storia e mi piace pormi certe domande, vorrei chiedervi cosa sarebbe cambiato in Europa se la Francia avesse mantenuto il controllo sul nord Italia prima, durante e dopo Carlo V.
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Gli risponde per primo Massimiliano Paleari:
Una prolungata occupazione francese dell'Italia Settentrionale, diciamo fino alla Rivoluzione Francese e a Napoleone, avrebbe probabilmente visto la Francia sostituire l'Austria nella veste di "nemico storico" della nazione italiana. Conoscendo la volontà e la capacità assimilatrice dei Francesi comunque non mi stupirei di vedere il Piemonte e la Liguria (almeno fino a Savona) completamente o parzialmente francesizzati. il Risorgimento sarebbe stato quindi antifrancese, magari capeggiato dal Regno delle Due Sicilie. Il mondo germanico sarebbe stato l'alleato naturale del nostro Risorgimento, con tutte le conseguenze psicologiche e geopolitiche del caso proiettate anche nel XX Secolo...
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E Fabio aggiunge:
Unità d'Italia speculare, dal sud verso nord escluso l'estremo nordovest (ma con tutto il nordest perfino un po' oltre i confini odierni), conquistato soltanto nel 1918 dopo la Prima Guerra Mondiale assieme alla Savoia grazie all'aiuto dell'alleato austriaco. Nel nizzardo però la conferenza di pace di Vienna del 1919 decide di creare uno stato occitano e in Italia si sviluppa il mito della vittoria mutilata. Seconda guerra mondiale alleati dei francesi e contro prima austriaci e poi pure occitani, le truppe fasciste occupano Nizza e Klagenfurt, ma poi la guerra viene persa e come compensazione gli austriaci ottengono Tarvisio e metà di Gorizia, ma non riescono a concretizzare le loro pretese su una Trieste già italiana fin da subito (mentre l'Istria e Fiume restano sempre austriache), intanto anche la Savoia viene assegnata all'Occitania. Su pressione degli altri alleati l'Austria si trasforma da impero a stato federale comprendente l'Osterreich vero e proprio, l'Ungheria, e le nazioni dell'ex Jugoslavia; la Germania continua a prosperare per conto suo, gli Stati Uniti loro alleati in guerra contro i francoitaliani (a proposito di "franco...", si potrebbe anche congetturare un coinvolgimento spagnolo, dalla parte perdente) hanno un ruolo simile a quello nella nostra timeline, e pure l'URSS, contro il quale si svolge la guerra fredda come nella storia vera, anche se viste come si sono svolte le cose gli stessi non si sono rivolti troppo in Europa orientale, ma si sono concentrati verso il Medio oriente e la Scandinavia (dei cui Stati si potrebbe valutare la fazione presa, se una, in guerra). Dopo i primi anni '90, nasce l'Unione Europea tra Italia, Francia, Occitania, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, Irlanda, Germania, Federazione Austriaca, Coesione Scandinava (questa creata tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca per scongiurare la minaccia russa, ammettendo la possibilità che parti di questi stati non siano stati occupati dall'Armata Rossa, naturalmente nel caso ci si riferirebbe a quelle sotto il controllo NATO), Belgio, Olanda, Lussemburgo e Grecia.
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Non può mancare il contributo del grande Bhrihskwobhloukstroy:
Mi permetto di proporre altre e differenti conseguenze: sul modello dei territorî acquisiti dalla Monarchia francese dal XVI. secolo in poi e tenendo presente che la Cisalpina - ciò che qui modernisticamente viene chiamato "Nord Italia" - è ancora oggi per genetica e lingue (basilettali) assai più simile alla Francia che all'Italia propriamente detta (la Penisola Italica), mi sembra di gran lunga più probabile che:
1) anzitutto la totalità dei possedimenti francesi rimanga definitivamente alla Corona Francese e quindi alla Francia e in prosieguo di tempo sia pressoché completamente francesizzata (come avvenuto all'Occitania, al complesso franco-provenzale ecc.; la Corsica stessa, che è più simile alla Toscana di quanto lo sia l'Umbria, oggi è perlomeno completamente bilingue e il senso di italianità è ai minimi storici);
2) inoltre che questi possedimenti si estendano ulteriormente (nel corso del tempo) soprattutto verso Sud, ma inevitabilmente anche verso Venezia (che pure presentava tutte le caratteristiche di uno Stato Nazionale, sia pure di dimensioni territoriali relativamente contenute rispetto alla media europea occidentale), sempre con assimilazione praticamente completa;
3) infine che tale stato di fatto non susciterebbe alcuna rivendicazione; è infatti stupefacente come in tutte le nostre discussioni, che pure sono proprio dedicate alla Storia alternativa, non emerga mai alcuna rivendicazione dell'unità 'nazionale' latino-romanza (con o senza Romanìa, non fa differenza), benché ciò che unisce l'Italia attuale sia precisamente l'appartenenza romanza (altro di più preciso non c'è, se non ciò che autoschediasticamente deriva dall'esistenza stessa dello Stato: acroletto, burocrazia, cultura popolare moderna ecc.). (Per intenderci: prendiamo l'Impero Romano d'Occidente, sottraiamo i territorî slavizzati e germanizzati e quelli di persistenza basca, quindi distinguiamo quanto rimane a Oriente - sostanzialmente il rumeno - e tutto il resto a Occidente, dopodichè, in questo residuo, facciamo espandere la neomicronazione 'spagnola' dalla Castiglia e la neomicronazione 'francese' dall'Ile-de-France, lasciamo che la prima si espanda a Sud e poi inglobi la a sua volta espansa Catalogna e la Galizia, arrivando per un certo periodo a controllare anche il Portogallo - una semineomicronazione - mentre la seconda si espande in tutte le direzioni, ma anch'essa prevalentemente verso Sud ed Est, pur senza garantirsi il controllo definitivo di due 'periferie', la Vallonia a Nord/Nord-Est e la Romandìa a Est/Sud-Est, comunque considerate in un certo modo anch'esse "francesi"; a questo punto l'unica area rimasta è di dimensioni ridotte a quelle delle due neomicronazioni espanse ed è l'Italia, inclusa la Retoromània per due terzi, a eccezione dei soli Grigioni non lombardi. Come l'Impero Romano d'Occidente si è politicamente ridotto alla sola 'Italia' di Romolo Augustolo cui è subentrato Odoacre, così la Nazione Latina generica si è ridotta appunto all'Italia moderna, erosa dall'individuazione in negativo della Romanìa - e del Portogallo - e in positivo della Spagna e della Francia con addentellate Vallonia e Romandìa, più l'indipendenza dei Grigioni incluse tre o quattro valli lombarde e la più recente aggiunta del Ticino, abortita invece in Valtellina e Valchiavenna.
L'Italia unita è la Nazione dell'Impero Romano - non ha niente di più specifico - ridottissimo appunto come territorialmente quello di Romolo Augustolo. Eppure nessuno nemmeno pensa che la Transilvania o la Normandia o la Galizia siano 'italiane', benché 'italiano' sia semplicemente un eufemismo di modestia per 'romano-neolatino', giacché l'Italia sarebbe di per sé appunto solo la Penisola, senza né Sicilia né Sardegna e addirittura senza neppure la pur pienamente toscanizzata Corsica...)
Quindi, per riassumere: semel Francogallia, semper Francogallia. Senza dimenticare, poi, che la Cisalpina ha cambiato 'nazionalità' già tre volte nel solo Medioevo: all'inizio sarebbe dovuta essere parte di un 'Grande Galles' (dalla Caledonia al Norico), dopodiché è stata per secoli in bilico se trasformarsi in Germania Cisalpina, poi ha prevalso la sua galloromanità che appunto sarebbe stata destinata a farla confluire nella Grande Francia. Invece è rimasta nella Nazione Latina indifferenziata e quindi, residualmente, un'estensione geopolitica dell'Italia.
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Diamo ora la parola a Perchè No?:,
Quando parliamo della Notte di San Bartolomeo e del suo massacro é abituale considerare che era un crimine premeditato dal re, dal duca d'Angiò (il futuro Enrico III) e ovviamente da Caterina da Medici, forse in preparazione da anni, fin dalla firma della pace di Saint-Germain. Il matrimonio tra Navarra e la regina Margot (Marguerite de Valois) sarebbe stato solo una trappola. Questa visione viene direttamente dalle accuse dei protestanti dopo il massacro pee giustificare la trasmissione della corona dai Valois ai Borboni. Di recente alcuni storici hanno ripreso i dettagli dell’evento per verificare questa affermazione e concludono che:
- Carlo IX e Caterina avevano probabilmente tentato in buona fede una riconciliazione sotto l'autorità reale, Carlo IX ha dimostrato fino al 21 agosto dei segni di rispetto e di amicizia all’ammiraglio di Coligny.
- Il partito protestante non si fidava dall’inizio della buona volontà reale e voleva spingere per una guerra contro la Spagna che il re non voleva. I segni di sfida dalla loro parte erano presentati e ampliati a Carlo IX, provocando la sua preoccupazione.
- Il duca di Guisa e il clero parigino spingevano all’incidente e al confronto ma senza aiuto reale, nelle strade di Parigi il re era criticato per la sua politica di conciliazione.
- L’attentato contro Coligny non è mai stato rivendicato, niente indica chi ha pagato l’assassino, forse i Guisa, forse un altro nemico di corte, i sospetti sono troppo numerosi.
- Dopo l’attentato la paranoia dei protestanti esplode, domandano al re giustizia, difficile da ottenere in quelle circostanze. Alcuni nobili protestanti offendono il re giurando di farsi giustizia da loro, una prerogativa reale che vogliono usurpare.
- Queste dichiarazioni e il fatto che i protestanti si armano attorno alla casa di Coligny fanno temere al re e a Caterina un golpe, forse un attacco diretto contro di lui (ci sono stati due tentativi protestanti per catturare il re nel passato). Questa paura viene amplificata dalle dichiarazioni dei Guisa e in tutte le chiese di Parigi.
- Carlo IX esilia il Guisa ma in segreto lo fa tornare al Louvre per discutere in un consiglio ristretto del rischio di ribellione protestante. Sembra che sia stato il re stesso a prendere la decisione di eliminare i capi protestanti (ad eccezione di Navarra e Condé) e solo loro. Caterina e il duca di Angiò lo appoggiano ma rimane una decisione personale del re. In queste condizioni il motivo religioso diventa secondario e il massacro risponde a una logica di Stato: il potere reale si sente minacciato (a torto) dai protestanti.
- L’eliminazione dei capi protestanti per autorità reale é compiuta come previsto ma nel contesto di tensione religiosa e con l’esempio del re, la popolazione parigina si solleva contro tutti i protestanti anche moderati e inizia unomassacro popolare separato dal massacro politico. In questo momento il motivo religioso diventa più importante. Il re é incapace di riportare l’ordine, ancor più perché i Guisa lasciano fare.
- Dopo il massacro, il re deve assumersene la responsabilità tutta intera, anche quella della parte popolare, per conservare l’immagine di un re forte e non mostrare che si é lasciato intrappolare in questa decisione.
Tutto indica dunque che il massacro non era preparato, é stato deciso in meno di 48 ore dopo l’attentato di Coligny che rendeva inevitabile il confronto. Carlo IX avrebbe potuto mantenere questa pace senza l’attentato e forse senza la pressione ostile dei protestanti per provocare la guerra.
Orbene, cosa avrebbe permesso di impedire la Notte di San Bartolomeo?
- il POD più semplice : non celebrare il matrimonio a Parigi ma in un palazzo reale a Blois o Saint-Germain-en-Laye. Senza la pressione parigina il massacro non ha luogo, forse anche l’attentato non avviene, la pace é preservata ma la Francia forse entra in guerra contro la Spagna poco dopo.
- il POD più logico, ma difficile da controllare: l’attentato non avviene. Se però avviene, sarebbe stato meglio prendere subito l’assassino per interrogarlo. Se Coligny fosse morto sarebbe stato meglio perché Carlo IX avrebbe potuto lanciare una repressione più vasta degli ultra-cattolici, i protestanti passano allora sotto la direzione del Navarra che sostiene il re nelle sue decisioni. La pressione protestante sarebbe meno forte sul potere reale, proteggendo la pace interna e rimandando a più tardi la guerra esterna.
- San Bartolomeo limitata : Carlo IX riduce la lista delle vittime ad ub piccolo gruppo di capi protestanti « falchi ». Questi assassini localizzati sono più discreti e non provocano la febbre omicida della folla.
Quale sarebbe il POD più interessante da sviluppare secondo voi?
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C'è anche la domanda postaci da William Riker:
Caterina de' Medici, moglie del Re di Francia Enrico II di Valois, corse il serio rischio di essere ripudiata dato che, oltre ad essere ben poco avvenente, per dieci ani non riuscì a dare un erede a suo marito. Si dice che non fu allontanata dalla corte solo per i magnifici banchetti che organizzava, secondo la tradizione dei Medici di Firenze, e che secondo alcuni sarebbero alla base della moderna cucina francese. Ma che accade se il suocero Francesco I fa annullare il matrimonio del figlio e cerca un'altra regina più prolifica anche se meno buongustaia? Su chi potrebbe cadere la scelta? E come cambia la storia della Francia, dal momento che in seguito ella fu madre di ben tre re (Francesco II, Carlo IX ed Enrico III)? Davvero la sua scomparsa dalla storia influenzerà l'evoluzione della cucina d'Oltralpe?
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Gli risponde il francese Perchè No?:
È difficile parlare di Caterina de Medici, é un personaggio davvero importante ma che divide incredibilmente gli storici. Nella versione positiva la regina sarebbe riuscita a mantenere un potere centrale forte durante le guerre di religione negoziando con tutti senza pregiudizi e in maniera prammatica. La regina sarebbe stata la vera testa pensante dello stato durante i regni di suoi figli e avrebbe il merito dell'elezione di Enrico III alla corona polacca. Vero è che é considerata all'origine di molte innovazioni alla corte, gastronomia inclusa. Nella versione negativa invece la regina é vista come una belva senza morale, avida di rivincita, crudele e figlia di mercanti (il mercantilismo e la capacità di negoziare non erano giudicate cose positive alla corte francese), all'origine della decadenza della corte Valois (leggasi della sua italianizzazione). Oggi é considerata (a torto) mandante della Notte di San Bartolomeo, anche se ha avuto un ruolo in essa. Mi ricordo di aver letto la reazione di Enrico IV quando visitò la tomba della regina. Avrebbe detto con ironia: "Come sta bene qui!" (intendeva: lontana da lui).
Senza la prima regina Medici tutta la storia francese della metà del XVI secolo dovrebbe cambiare, e non sono sicuro che il regno potrebbe sopravvivere unito alle guerre di religione come ha fatto: la dinastia Valois potrebbe cadere ben prima sia a vantaggio dei Borboni che dei Guisa.
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