un'ucronia del Giappone cristiano

di Perchè No?

I

La scena si svolge a Roma nel 1594. Papa Gregorio XIII accoglie con curiosità un’ambasciata insolita. Non è il solo: Roma intera mormora di eccitazione e tutti fanno valere le loro amicizie per essere presenti alla presentazione degli ambasciatori. Questi sono già famosi, hanno provocato assembramenti di folla a Lisbona, Madrid e Firenze, e ormai sono arrivati alla loro destinazione.

Ormai avanzano allineati verso il trono pontificale, sono quattro uomini o piuttosto quattro ragazzi, appena adolescenti: sono i primi Giapponesi ad essere sbarcati in Europa, ma non solo, sono anche i primi cristiani convertiti e saranno presto anche i primi preti cattolici indigeni del Giappone. Sono la perla e l’orgoglio dei Gesuiti, il frutto di trent'anni di sforzi e l’alba di un Giappone nuovo, cristiano e legato a Roma (e ai Gesuiti). Alessandro Valignano, il loro superiore, ne è convinto, fino a fae tradurre le parole liturgiche e brani dei Vangeli in giapponese, adattare le cerimonie e le tonache ai Giapponesi per integrarsi piu facilmente.

Il primo è il più conosciuto, il giovane Itô Mancio è il capo del gruppo e la sua pietà è gia conosciuta: nato in una famiglia nobile del Giappone, è stato fatto cavaliere da Felipe II di Spagna stesso ! Il pontefice sa anche che è probabilmente la spia del suo maestro, il re di Bungo Otomo Sôrin, ma quale ambasciatore non è un po' spia? Dietro di lui arriva Hara Martinho, l'intellettuale. Secondo i racconti è appassionato di lingue, conosce gia perfettamente il latino a impara velocemente lo spagnolo e l’italiano (nessuno gli ha ancora parlato del greco, ragione per la quale non ha ancora provato a impararlo), è anche il preferito dalle donne che si ricordano con affetto materno il famoso ballo di Firenze dove il povero seminarista, non sapendo dove guardare, aveva invitato a ballare una nobildonna di 80 anni. Il terzo è Nakaura Juliao, il piu serio e pio ragazzo del gruppo, porta sempre un sorriso sottile ma anche la statura di un vero prete, chi lo vede per cinque minuti rimane convinto che il giovanotto è un futuro vescovo. L’ultimo, che sembra quasi pronto a fuggire, è Chijiwa Miguel, di lui non si dice molto, è meno pio di Juliao, meno intelligente di Miguel e meno carismatico di Mancio, ed è tutto.

Gregorio XIII guarda il piccolo gruppo avanzare con un interesse sincero, la visita dei Giapponesi sarà uo titolo di gloria per il suo regno che sarà ricordato dalla storia: il papa che il mondo è venuto incontrare. Voleva saperne di più su di loro, aiutare il loro povero paese a trovare la vera fede e uscire dal loro paganesimo. Però erano anche le creature di questi insopportabili gesuiti e le loro idee eccentriche sulla conversione degli altri popoli, erano difficili da sopportare. Ma da un’altra parte c’era il cardinale Montalto, amico dei Francescani, che faceva pressione su di lui per criticare i Gesuiti e autorizzare i suoi a mandare missionari in queste terre lontane dell’Asia. Non voleva far piacere né all'uno, né all’altro. Se solo ci fossse una maniera per volgere tutto questo a suo vantaggio…

Il papa fu ispirato dallo Spirito Santo.

Più tardi, di sera, il pontefice era seduto accanto al fuoco per ricevere in privato i quattro ragazzi. Era contrario al protocollo e all’agenda, il rappresentante dei Gesuiti ne era stato molto preoccupato ma non importava. I Giapponesi, emozionati al punto da dimenticare il protocollo, si erano prosternati alla moda del loro paese, cosa che non faceva dispiacere a Gregorio XIII.

"Allora, Ditemi, figli miei, cosa volevate ?"

Il giovane Mancio, portavoce del gruppo, si inchina : « Scusatemi, Vostra Santità, ma non capisco la vostra domanda, abbiamo già ricevuto il sommo onore di essere ammessi nella Vostra Presenza. »

« Certo, ma facciamo a meno della cortesia, non siete venuti solo per vedermi e sono curioso. Non è che siete dei trofei degli nostri buoni gesuiti, solo utili per essere mostrati in pubblico? »

« Vostra Santità sarà l’unico a giudicare se la nostra visita merita di interessarsi al nostro povero paese che ha bisogno della vostra Illuminata guida. I nostri bisogni sono numerosi: abbiamo bisogno di preti, di missionari, di libri, abbiamo bisogno del vostro sostegno per i nostri saggi Bateren. »

« Bateren? »

« Voglio dire i saggi padri gesuiti che ci hanno così tanto insegnato e protetto. »

Quello ha una lingua d'argento, dice fra sé e sè il pontefice, ma ancora troppo trasparente. « Certo, certo, mi hanno molto parlato di tutto questo ma la vostra risposta si limita a ciò di cui ha bisogno l’ordine gesuita in Giappone, sarà deciso più tardi. Non avete risposto alla mia domanda; cosa voi tutti volete personalmente attraversando il globo per incontrarmi ? »

La domanda era fuori dalle previsioni dei padri gesuiti, Mancio non sapeva bene cosa rispondere, nel suo paese nessun signore avrebbe chiesto questo e nessun vassallo avrebbe osato chiedere direttamente qualcosa per sé. Ma non erano a casa. Dietro di lui, Juliao, passata la sorpresa, si lascia scappare : « Voglio essere prete ! » Accanto a lui, Martinho riprende : « Mi piacerebbe imparare molto di più, ci sono così tante cose da scoprire qui. ». Miguel dal canto suo poteva solo mormorare qualcosa inudibile con la testa bassa.

Il papa guarda con soddisfazione: « Tutte queste sono delle ambizioni legittime che fanno piacere da parte di così giovani seminaristi. Ma il nostro caro Mancio non ha ancora risposto. »

« Voglio sinceramente lavorare a fare crescere la parola di Dio nel mio paese, che sia ascoltata dai nostri samurai, perché sono sicuro che ci porterebbe infine la pace dopo decenni di guerra... »

« Però?... »

« Non so come fare. Il nostro signore, Otomo Sorin, è battezzato e sincero, ma lo credo animato da ambizioni più materiali. Vuole l’amicizia dei mercanti portoghesi, vuole cannoni e navi, vuole dominare tutta la sua isola e forse anche le altre, potrebbe diventare Shogun se ne avesse l’occasione. Non sono sicuro di cosa sceglierebbe tra la volontà di Dio e il suo interesse. Questo vale anche per gli altri signori kirishitan come gli Arima e Omura. »

« Ma sicuramente i nostri buoni gesuiti sanno cosa devono fare per il bene della loro missione, voi ne siete la prova. »

Mancio lancia uno sguardo indeciso ai suoi compagni. « I padri sono saggi e intelligenti, padre Valignano più di tutti. La sua idea di predicare in giapponese, di portare le vesti del mio paese, di integrarsi e di educare dei futuri preti giapponesi è perfetta, ma… »

« Sì? »

« Perdonatemi le mie parole, ma non sono Giapponesi. Possono avvicinarsi a noi, ma non potranno capirci o gestirci. I nostri signori, i daimyô… non li conoscete come noi. Nessuno deve fidarsi di loro oltre limiti precisi e temporanei. Il Giappone si trova in uno stato di guerra civile permanente da più di un secolo, il tradimento e la sopravvivenza sono ormai delle arti, i più astuti e arditi sono promossi per eliminazione degli altri. Per esempio, Vostra Santità, quando siamo partiti il paese era dominato da un signore chiamato Nobunaga. Era forte, crudele, intelligente e aveva sottomesso tutto in dieci anni. Tutti si aspettavano di vederlo diventare il nuovo maestro del paese, i Gesuiti per primi, ma appena dopo l'inizio del nostro viaggio è stato tradito e circondato e attaccato di notte, due mesi dopo non esisteva più niente del suo potere e ormai il Giappone sembra dover cadere le mani di uno certo Hideyoshi, di nascita contadina. »

« Sic Transit Gloria Mundi. Questo non è nuovo e non preoccupa la Chiesa. »

« Ma i Padri, per convertire la gente, devono trattare con i samurai, e si lasciano spesso prendere nelle lotte politiche, nelle strategie tra clan rivali, appoggiando uno senza sapere fino a quando e in quale interesse finale. Un giorno saranno presi tra due fuochi e saranno eliminati senza pietà. I loro nemici sono gia numerosi e ci vorrà poco tempo prima che qualcuno li veda come dei rivali nella corsa al potere. »

« E tu sai come evitare questo ? »

« Non lo so, sono solo figlio di una casata minore, Gli Itô erano daimyo nel passato, ma siamo decaduti. Ma so che la missione soffrirà in queste condizioni. Abbiamo bisogno di qualcuno capace di capire i daimyô e i samurai, il loro modo di pensare e di agire. Siamo su una via strettissima, senza un Giapponese per pilotare i padri si perderanno in queste paludi che sono il Giappone. »

« E saresti tu questo Giapponese? »

Realizzando ciò che aveva appena detto e vedendo i suoi compagni pal,lidi (eccezione fatta per Miguel che non aveva capito tutto questo latino), Mancio si slancia alle ginocchia del pontefice, faccia contro il suolo. « Perdonatemi Vostra Santità! Sono un pessimo cristiano, il mio peccato è l’orgoglio ereditato dai miei, come i daimyo non posso fare altro che pensare all’elevazione del mio nome per i miei antenati. E non posso neanche prendere la mia vita per pagarne il prezzo. Non sono degno della Vostra presenza, date l’ordine di ritirarmi e andrò a perdermi per sempre nella folla. »

Gregorio XIII si alza per mettere la mano sulla spalla del giovanotto: « Aspetta, aspetta! L’orgoglio è un brutto peccato, è vero. Ma se dovessimo punire tutti i membri della Chiesa che ne soffrono, allora il Vaticano sarebbe vuoto tutto l’anno. Infatti può avere la sua utilità, se usato per la causa di Cristo. Infatti sono felice di vederti riflettere così apertamente, e vedo che l’evangelizzazione del tuo paese ha trovato in te un campione ben più adatto alla missione. I tuoi tormenti hanno una soluzione. Propongo a voi tutti di rimanere a Roma sotto la mia protezione. Sarete preti ma non gesuiti, vedrai che Roma ti insegnerà a salire i gradini della Chiesa fino ad essere in grado di influire sugli eventi. Piuttosto che seguire gli ordini dei Gesuiti, protesti dare tu gli ordini, per il bene del Giappone e del tuo nome. Chissà, forse un giorno io o un mio successore potremmo nominarti vescovo alla testa di un Giappone cristiano. Seguirò con interesse le vostre carriere. »

Il sorriso del Pontefice non era più paterno, ma francamente ben più tentatore, e la pressione della sua mano ben più forte. Mancio, stupefatto, si girò verso i suoi amici. Gli occhi di Martinho brillavano, Juliao fece un’impercettibile inchino della testa e Miguel era perso come sua abitudine. La loro guida gesuita rimaneva con la bocca aperta, non osando protestare contro questo atto di... di pirateria pontificale?

Un'altra volta Mancio si inchina e, la faccia nascosta contro il suolo, risponde: « Mi rimetto nelle vostre mani e al vostro insegnamento, Vostra Santità. »

.

II

Da Goa, i gesuiti non sono felici dell'intraprendenza dei nuovi convertiti. Il loro capo, Alessandro Valignano, provò a volgere la decisione del pontefice a proprio favore; e forse ci sarebbe anche riuscito, se non fosse per la morte di Gregorio XIII, avvenuta poco dopo gli eventi narrati. Il nuovo papa, Sisto V, pur non essendo particolarmente vicino al suo predecessore, non era nemmeno un grande ammiratore dello strapotere gesuita, e così, dopo qualche udienza con gli inviati del Sol Levante, decise di confermare la storica svolta. Con l'attribuzione del valore di testamento all'ultima bolla di Gregorio XIII, Sisto V dimostra di volerne seguire le orme, giungendo addirittura a inviare i neoconvertiti presso la prestigiosa istituzione del collegio di Roma, allo scopo di istruirli definitivamente al dogma cattolico. I giapponesi, dal canto loro, accettano, contando di utilizzare le nuove conoscenze a profitto del cristianesimo.

Per quattro anni Mancio, Juliao, Martinho e Miguel sono sottoposti a una formazione intensiva. Non potevano fallire e, d'altronde, non ne avevano l'intenzione (con la naturale eccezione di Miguel, che, pur con tutti gli sforzi, era il meno adatto all'Europa). Dalle cronache di quest'epoca possiamo desumere l'ammirazione dei membri del collegio cardinalizio per la dedizione dei giapponesi nell'apprendere le lingue (campo di Martinho), la storia (Mancio), la teologia (Juliao) e tante altre materie.

Tuttavia, anche i giapponesi stessi si rivelarono una miniera di conoscenze per i loro corrispettivi occidentali. Fra tutti, Martinho in particolare lavorò con i gesuiti per realizzare il primo vocabolario di giapponese e il futuro dizionario Hara (opera di tutta una vita). Anche Juliao si investì di un compito sapiente, e in particolare della definizione più precisa dei termini religiosi da inserire nel lessico dei missionari, in particolare per evitare le confusioni con il buddhismo, che non erano rare all'epoca. Il risultato di tutto questo lavoro fu il catechismo giapponese, pubblicato per la prima volta nel 1587 e subito inviato nell'arcipelago. A Mancio venne proposta la revisione della storia del Giappone, precedentemente scritta da padre Luis Fonso affinché la correggesse e definisse più chiaramente il significato dei titoli e delle funzioni attribuiti ai grandi del Giappone. In questo momento il ruolo del tennô giapponese venne finalmente chiarito, come discendente di una dea pagana venne stabilito che la conversione del giapponesi non poteva essere portata a termine contando sul suo aiuto. La nuova missione, piuttosto, doveva concentrarsi a convertire i grandi daimyo nella speranza che uno prendesse il controllo di tutto il paese (cosa che, fra l'altro, Mancio riteneva inevitabile).

La sola ombra di questo periodo fu la decisione di Miguel Chijiwa di abbandonare la porpora. Il povero adolescente, il più giovane del gruppo, non riusciva più a sopportare la disciplina e lo sforzo. Questo risvolto era imbarazzante sia per gli altri tre giapponesi che per la Chiesa. Fu deciso di lasciar seguire a Miguel la via che aveva scelto, e che poteva essere rinviato in Giappone alla condizione di rimanere cristiano, cosa che il giovanotto giurò per amore dei suoi fratelli. Il ritorno in Giappone di Miguel fu probabilmente all’origine della decisione di Sisto V di accelerare l'opera di ordinazione dei tre giapponesi. Mancio, Martinho e Juliao furono creati sacerdoti una volta per tutte nel 1588.

Due anni dopo, nel 1590, padre Mancio fu convocato a un'udienza privata con papa Sisto V.

Forse era un caso, forse la provvidenza divina, ma l’ultima udienza di padre Mancio con Sisto V si svolse nella stessa stanza dove era stato inizialmente ricevuto da Gregorio XIII, tanti anni prima. Il giovane prete sapeva bene che questo era l’ultimo incontro con il papa, dato che lo stato declinante della salute di quest'ultimo non era più un mistero per nessuno, e l’uomo stesso sembrava perdere con ogni giorno le sue ultime forze, anche se il suo fine intelletto non si era affatto affievolito col tempo.

« Mio caro Mancio, ho preso delle decisioni riguardanti il futuro dei tuoi fratelli e te stesso. Il mio predecessore ha piantato con voi quattro semi in un terreno fertile. Solo tre di queste sono cresciute, ma con un tale vigore, che può solo trattarsi di una benedizione del cielo. Ho fatto quel che potevo per incoraggiare la fioritura, ma ormai sto arrivando alla fine dei miei giorni. Non mi resta che trapiantarvi nel vaso giusto, in modo tale da farvi crescere ancora e ancora, e lasciare il resto al mio successore. »

Padre Mancio si inchinò con emozione. « Sotto tutti gli aspetti, siete stato come un padre per noi. Ogni giorno, i miei Fratelli e io rivolgiamo preghiere quotidiane per la vostra salute. A dire la verità, devo sorvegliare padre Martinho per impedirgli di farsi monaco quando sarà il momento di portare il vostro lutto. È un'usanza tipica del nostro paese, ma non ha senso qui. »

« Martinho è un bravo figliolo, ma non deve chiudersi in un monastero per me, anche se sospetto che cerchi di trovare il tempo di studiare il greco. » Con uno sorriso, il vecchio papa aggiunse « Dobbiamo fare attenzione a non presentare piu nuove lingue al nostro poliglotto o sarà la sua fine, potrebbe anche intestardirsi a voler imparare l’inglese! Ma insomma, dimmi: cosa pensi della situazione del Giappone? Da quanto dicono i gesuiti, la conversione si è accelerata in questi ultimi anni, con la sempre maggior diffusione dei testi tradotti da padre Martinho e dagli argomenti sviluppati da padre Juliao ad usi dei suoi connazionali. È stata aperta una nuova chiesa a Osaka, e un’altra a Nagoya, dove si riunisce una comunità composta di mercanti e guerrieri, insieme. Pensi che la missione vada nella giusta direzione? »

« Lo penso, vostra Santità. Le nostre conclusioni sull'evoluzione politica del Paese mostrano che il Giappone cadrà nelle mani del signore Hideyoshi tra poco. Egli ha già sottomesso tutti gli altri vassalli degli Oda prima di incontrare in battaglia e sconfiggere i signori dello Shikoku e del Kyushu. Gli manca ormai solo il nord del Giappone. Da quelle parti, solo gli Hôjô si oppongono a lui e non potranno resistere a lungo. Il loro castello di Odawara cadrà, e con ciò i potenti signori del nord, come Date Masamune, faranno anche loro atto di sottomissione. Con lui a capo della nazione, il Giappone sarà in pace e potremo concentrare i nostri sforzi a convertire una sola testa, anziché diecimila. »

« Ma questo Hideyoshi - Taicun è il suo titolo, no? Non è cristiano, rimane ostinatamente pagano. E mi sembra che abbia anche vinto i più potenti signori cristiani, tra cui il tuo clan di origine, gli Otomo di Bungo. Com'è che questo sviluppo potrebbe essere positivo per noi? »

« Il Taikô (signore) Hideyoshi venera la dea Amaterasu, da quanto ne so, ma attorno a lui in molti parecchi potenti signori sono battezzati: Konishi Yukinaga, vicino agli spagnoli, Takayama Ukon, il più zelota fra tutti, e anche Kuroda Kanbei, maestro di strategia dello stesso Taikô. Quando ero ancora un adolescente, pensavo che sarebbe stato facile imporre il potere degli Otomo, fedeli della nostra fede, solo grazie alla forza dei cannoni, ma non era affatto così. Gli Otomo ci sono ancora, ma come semplici vassalli del Taikô sono circondati da nuovi daimyô, insediati specialmente per sorvegliarli. Per fortuna, tra di loro ci sono i Kuroda e anche gli Hosokawa. Hosokawa Tadaoki non è cristiano ma sua moglie Gracia è una fervente convertita. Il problema è altrove. »

« E dove sarebbe? »

Ormai, Mancio non era più il ragazzino che venerava i padri, ma ciononostante era sempre turbato nel momento in cui doveva fare una critica contro di loro. « Mi vergogno a dirlo, ma l’ordine gesuita stesso potrebbe diventare il problema, sua Santità. Come avevo spiegato, i padri, spesso senza accorgersene, si inseriscono nelle lotte e rivalità politiche interne del Giappone. Il Taikô è uno conquistatore nato nella polvere dei campi di battaglia, si è costruito da sé e la sua ambizione si fonda sulla prudenza. I nostri potrebbero tentare di formare un partito degli daimyo cristiani attorno al Taikô per fare pressione su di lui. Quest’ultimo vedrebbe questa mossa come una minaccia e reagirebbe, sterminandoli. I daimyô convertiti, temendo per la loro posizione potrebbero abbandonare la loro fede, ancora recente. Temo anche di vedere i padri appoggiarsi sulla potenza spagnola come dimostrazione di forza, e la reazione sarebbe ancora peggiore. Il Taikô potrà mostrarsi amichevole con noi se saremo inoffensivi, e questa immagine sarà nostra solo se ci attestiamo con prudenza alla sua corte, consapevoli dei pericoli e dei codici dei guerrieri. Però non abbiamo nessuno, e i padri… »

Il pontefice sembrava perfettamente soddisfatto da questo discorso, sorridendo nella sua barba bianca. « Vedi, mio caro, ho la risposta perfetta alle tue preoccupazioni. Leggi questa lettera, è nella tua lingua, ne ho già comandato la traduzione a padre Coelho. »

Padre Mancio prese la lettera con la scrittura in linee verticali, impossibile da capire per tutti salvo tre persone, in questo continente. Leggendo il suo contenuto fu incapace di nascondere la sorpresa e l'agitazione crescente. « Una lettera di… Miguel? È stato ricevuto dal Taikô al suo ritorno quando la campagna del Kyushu si era conclusa. Egli ha fatto il racconto delle nostre… avventure? Il Taikô ne è stato molto impressionato e l’ha elevato al rango di samurai e vassallo della sua casata? Sarà un portaspada al suo servizio, con il compito di tradurre le udienze con gli Spagnoli e con i gesuiti! Ha parlato anche di noi tutti, e il Taikô è particolarmente soddisfatto di poter contare su dei connazionali in Europa e amici del « tennô d'Europa, Sisto ». Ma come è possibile? La mia famiglia è stata ricompensata per le mie azioni e mio fratello ha ricevuto terre di uno valore di 1600 koku… ma questo farebbe di lui unodaimyô! »

Lo shock era troppo forte, il giovane prete riuscì appena a piangere, apprendendo questa notizia. La sua famiglia aveva perso lo statuto di nobili quasi 50 anni fa, a causa delle guerre ma lui, Itô Mancio, per le sue azioni, aveva restaurato il loro onore. È vero infine che Dio è generoso con i suoi servitori.

« Il nostro figlio Miguel si è dimostrato uno strumento di Dio di grande importanza, anche se alla sua maniera. Peccato per il buon padre Coelho, ma da oggi in poi diverrà lui il nostro agente presso il Taicun. Ma non potrà fare tutto da solo, se mi ricordo bene di lui. Possiamo anche desumere da questa lettera che il tuo Hideyoshi, in attesa di illuminazione, è particolarmente interessato ad avere un canale diretto con Roma, e ovviamente con la Spagna. Non possiamo perdere quest'occasione. Perciò, dobbiamo poter contare su di un clero giapponese più esteso, e diretto da un giapponese stesso. A questo scopo, ho preso l’intenzione di nominare il tuo confratello, padre Juliao Nakaura, vescovo di Osaka. Egli però non sarà vescovo in partibus, tornerà nel suo paese, con padre Martinho, che servirà come segretario e traduttore. Avranno il compito di convertire, ordinare e insegnare. »

Padre Mancio riusciva a malapena esprimere la sua eccitazione: « Juliao e Martinho, sì. Accanto a Miguel potranno sviluppare la rete dei nostri amici tra i daimyô vicini al potere. Ma cosa ne sarà di me? Non sarò inviato a Osaka? » Mancio, fra sé, pensò che la sede vescovile avrebbe innalzato ancora di più il suo nome, anche se Juliao era la scelta più ovvia.

« Ma abbi pazienza, giovanotto, non ho ancora finito. Abbiamo anche bisogno anche di una timoniere per pilotare la nave di Cristo in Giappone. Questo sarà il tuo lavoro. Da questo momento sarai un protonotario della santa Sede, avrai dei compiti vari in diplomazia e riceverai una formazione giuridica adatta, ma voglio anche vederti tradurre le notizie dal Giappone per consigliare i miei successori, e così far nascere il Giappone cristiano. »

Sbalordito, a padre Mancio mancò poco per crollare. Era meglio… oh no, era peggio. Come potrebbe mai essere degno, come poteva mai sopravvivere nella curia, lui, che era straniero?

Lo sguardo di Sisto V, da benevolente, si fece serio: « Mancio, figliolo, tienilo bene a mente: hai un piede nella curia romana. Fai attenzione al tuo prossimo passo e potresti iniziare un lungo cammino, credimi in questo. »

Pochi giorni dopo l'incontro, il pontefice si spense nel sonno. E come da indicazioni, i tre compagni si separavano, forse per sempre.

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III

Gli anni seguenti furono difficili per padre Mancio, la morte di papa Sisto V lo lasciava senza protettore allorché suoi piu vicini amici erano tornati in Giappone. I nuovi papi furono pero effimeri, regnando appena pochi mesi l'uno dall'altro. In questo tempo padre Mancio divento un’oscuro e giovane membro della curia occupatissimo a imparare la sua carica e seguire lezioni per la sua formazione giuridica. Fu particolarmente interessato a capire i conflitti tra potenze cristiane e in particolare la rivalità tra Spagna e Francia. Il ruolo degli gesuiti nei conflitti religiosi francesi e il gallicanesimo furono per lui materie a riflessioni.

L’elezione di Clemente VIII fu per lui l’occasione di essere di nuovo ammesso a incontrare il pontefice per spiegare le vicende del Giappone. Come promesso a Sisto V Mancio aveva mantenuto il contatto con il Taikô del Giappone e i principali signori cristiani. Non precisava pero che nelle sue lettere diverse informazioni sull’Europa erano svelate.

Rimaneva anche in contatto con Juliao, ormai vescovo di Osaka in contatto diretto con le élite del paese. Il nuovo vescovo spesso infuriava perché non poteva semplicemente predicare al Taikô, cosa che risulterebbe nella sua sicura conversione, ne era convinto. Mancio lo vietava, appoggiato da Miguel e altri daimyô, il Taikô era troppo fedele al suo paganesimo, sopratutto dopo essere stato elevato al rango di reggente dal tennô stesso. Questo aveva fatto di lui uno nobile dell’antica aristocrazia politeista. Un approccio diretto sarebbe stato disastroso.

La via lunga era necessario, Martinho e Juliao erano dunque sopratutto occupati a creare delle istituzioni cristiane : ospedali, imprimerie, comunità chiuse e distribuzione di cibo ai piu poveri. Il Taikô apprezzava molto queste, specialmente perché non gli costavano niente.

Ma il principale uso dei cristiani fu la guerra. Il Taikô era il maestro del Giappone ma sognava di diventare il maestro dell’Asia. La conquista della Cina dei Ming iniziava con la sottomissione della Corea e nel 1592 fu lanciata un’invasione massiva. In questo conflitto i daimyô cristiani del Kyushu furono messi a contribuzione per prestare le loro basi e numerosi furono in prima linea : Konishi, Kuroda ma anche Itô. Il proprio fratello di padre Mancio si illustrava nella conquista di Seoul, facendo aumentare il suo territorio a 5000 koku di riso. Juliao però rifiutò di intervenire nel conflitto, dicendo chiaramente che non chiederebbe ai mercanti spagnoli di prestare le loro navi di guerra. I Gesuiti non erano d’accordo e il Taikô era furioso ma Juliao, in accordo con Mancio, rifiutava di associare troppo strettamente la Chiesa e la potenza militare spagnola.

Le recriminazioni dei Gesuiti erano arrivate a Roma. Padre Mancio stesso era preoccupato di vedere i suoi amici girare le spalle alla sua vista, rimanendo l’unico giapponese a Roma non era posizione facile. Ma, ancora una volta il papa fu d’accordo con lui. Clemente VIII, lo conosceva ed era favorevole alla sua azione. Le sue decisioni con Juliao furono confermate. Segno di questo favore confermo una decina di ordinazioni di preti giapponesi realizzate da Juliao e il nuovo dizionario ecclesiastico scritto da padre Martinho.

Da questo momento la posizione di padre Mancio fu riaffermata. Fu piu tardi parte nelle trattative di riconciliazione tra il papa e il re di Francia, occasione di formare legami con la Chiesa francese che aiutò molto tramite il marchese di Siorac. Questo fu fatto senza offendere la Spagna a chi poteva semplificare molto le relazioni con i diversi daimyo giapponesi. Si guadagno una fama di conciliatore equilibrato.

L’ufficio della missione in Giappone fu ampliato con una decina di segretari a chi insegno la lingua e la scrittura giapponese, alcuni furono poi inviati in Giappone per servire il clero locale e avere finalmente altri preti europei non gesuiti (i Francescani furono i piu entusiasti in questo). Fu così che la prima crisi della Chiesa in Giappone fu evitata. Rapporti ricevuti dal Taikô mostravano che delle navi spagnole avevano preso in schiavitù degli abitanti delle coste del Kyushu, talvolte gia convertiti. Padre Mancio fu particolarmente scandalizzato, come il Taikô, di vedere il suo popolo ridotto in servitudine. Supplico papa Clemente VIII che pronunciò una condanna chiara e l’interdizione di ricevere nelle Chiese i trafficanti di umani in Giappone.

Questo fu molto bene ricevuto dal Taikô che apprezzo anche di vedere i preti giapponesi condannare l’evento in Chiesa e chiedere l’ubbidienza al potere temporale del Taikô, che era a questo momento molto occupato dalle affari di Corea e dalla sua propria successione. Nel 1597 uno grande terremoto colpì Osaka e la sua area. Juliao ne fu indenno e fu abbastanza energico per mobilizzare il suo clero e la sua comunità nell’aiuto degli altri, sostenendo muri pericolosi, aiutando i feriti, consolando le famiglie degli deceduti. Un’attitudine che era opposta ai templi buddhisti che si erano rinchiusi per proteggere loro e loro tesori contro possibili moti. Di questa maniera, e contro il parere del tennô, il Taikô Hideyoshi conferì al vescovo Juliao il rango di corte di Kuni no Hakase (dottore nazionale) con il titolo si Sôjô (Grande Abbate). Da questo momento fu autorizzato a predicare a Kyoto presso i nobili interessati. Altri daimyo furono interessati a convertirsi.

Ma in 1598 il Taikô mori e il paese fu di nuovo in prede alla guerra.

Il Taikô era morto lasciando un’erede giovane, Hideyori. Non essendo per niente illuso dalla fedeltà degli grandi daimyô nomino uno consiglio di reggenza di 5 uomini nel scopo unico di bilanciare il potere del piu importante tra di loro : Tokugawa Ieyasu. Questa nominazione era stata una buona cosa per la missione : Maeda Toshiie, il presidente di questo consiglio non era cristiano ma suo figlio ed erede, Toshinaga lo era, convertito dal suo generale residente, Takayama Ukon.

Ma il problema era altrove, il regime era in parte diretto da commissari, i bugyô, tra i quali uno certo Ishida Mitsunari. Mitsunari era odiatissimo fino al primo circolo degli vassalli dei Toyotomi per avere accusato diversi daimyô potenti di codardia durante la guerra in Corea (ormai dimenticata come un’imbarazzante follia del Taikô). Ishida, aiutato da Konishi Yukinaga, uno cristiano tentava di imporre uno governo degli funzionari contro i guerrieri. Contro di lui c’erano i Kuroda, gli Hosokawa ma anche i Katô, tutti clani cristiani o filo-cristiani ovviamente sostenuti da Tokugawa. Juliao temeva di vedere la nuova guerra spaccare la discreta fazione cristiana in due. Ancora di piu con gli sforzi di Konishi Yukinaga di convincere i Gesuiti e Spagnoli di appogiarli nella guerra.

La guerra era finalmente scoppiata in 1600, poco dopo la morte di Maeda Toshiie (con lui Toshinaga divenne maestro della provincia di Kaga, uno dei feudi piu vasti, nel quale incoraggio le conversioni e la costruzione di chiese, chiedendo sempre piu preti formati nel collegio Santo-Pietro di Osaka). La battaglia di Sekighara fu il teatro della sconfitta di Ishida Mitsunari. Konishi Yukinaga fu giustiziato dopo avere rifiutato di suicidarsi. Nel 1602, Tokugawa Ieyasu si faceva attribuire il titolo di shogun (che Mancio poteva tradurre a Clemente VIII solo come connestabile).

Ma Ieyasu era ostile ai cristiani, lo era apertamente anche se non voleva costringere, ancora, i potenti daimyô dell’Ovest alla conversione. Tra questi i Kuroda erano stati i piu attivi. Kuroda Kanbee era riuscito con Katô Kiyomasa a unificare praticamente l’isola di Kyushu sotto la guida dei cristiani, solo il feudo di Satsuma nel Sud rimaneva ostile. Hosokawa Tadaoki, tra i piu potenti daimyô, si era convertito per rispettare la memoria della sua defunta moglie, Gracia, uccisa durante l'attacco del suo palazzo dalle truppe Ishida che volevano farne un’ostaggio. Lei era ormai venerata dal piccolo popolo cristiano come una martire e Juliao lasciava fare anche se non gli piaceva. Il Nord con la provincia di Kaga era anche diventata apertamente cristiana e la popolazione cristiana di Osaka cresceva sempre sotto l’ombra del castello dei Toyotomi. Non era l’ora per Ieyasu di stroncare la setta cristiana che si opponeva al buddhismo e alla tradizione.

La causa cristiana, benché rafforzata, sembrava bloccata e in pericolo di fronte al nuovo potere.

Non s'erano piu visti da 14 anni e non c’era piu niente del giovanotto di 20 anni fa, aveva di fronte a lui uno uomo maturo in piena forza, grande e di bell'aspetto, splendente nel suo kimono viola.

“Nakaura-sôjô”

“Itô-dono”

I due vecchi amici non mostravano molto emozioni nel loro primo incontro, a bordo della nave che aveva portato Itô Mancio nel suo paese natale. Prima di tutto non erano soli ma qualcosa si era messo tra di loro. Juliao Nakaura era stato vescovo di Osaka da anni e aveva di fatto avuto la funzione di capo del clero indigeno dal suo arrivo. Aveva avuto una larga autonomia materiale e dottrinale alla quale si era ben abituato, diventando lui stesso uno grande signore dotato di terre concesse dal defunto Taikô. Mancio arrivava da Roma non solo come nuovo vescovo di Bungo (nel Kyushu) ma anche con il titolo di legato apostolico per il Giappone, teoricamente era ormai il superiore di Juliao.

“Mancio”

“Martinho”

Il buon vecchio Martinho portava ormai su di sé un'eterna odore di polvere e di libro. Allorché Juliao governava i cristiani del Giappone, Martinho scriveva, traduceva libri e incontri e riuniva una massa sempre immensa di conoscenze linguistiche. Suo dizionario latino-giapponese era ormai compiuto e copiato in quasi tutti i feudi cristiani. Aveva formato decine di assistenti che formavano ormai uno quasi ordine che Mancio non esitava a chiamare, solo per sé, i Martini. Lui era ben piu sorridente, non si preoccupava molto del mondo fuori dai suoi libri.

"Eccellenza"

“Chijiwa”

Miguel era il piu cambiato. Dopo la morte del Taikô aveva perso il suo signore ed era diventato brievemente uno rônin prima di entrare nel servizio degli Maeda di Kaga accanto a Takayama Ukon. Suoi anni di samurai erano però gia dietro di lui e, visto la sua pancia tonda, ormai definitivamente invisibili. Era sposato con figli e tutti sapevano che faceva negozio di informazioni. Era una cosa preziosa, poteva avere contatti fino tra i vassalli dei Tokugawa e ancora piu lontano.

“Amici miei, il nostro Santo Padre Clemente VIII mi ha fatto tornare in Hi no Moto (altro nome del Giappone) in reazione al pericolo presente. La situazione è confusa vista da Roma e senza il contatto diretto con il Taikô avevo perso la linea per capire meglio le intenzioni del potere. Ormai che Tokugawa-sama è shogun dobbiamo capire se possiamo convertirlo o se no, come cambiare la sua ostilità apparente.”

“Tokugawa è uno pagano superstizioso, rimane fedele alla sua setta buddhista e agli dei politeisti. Per di piu teme la nostra Chiesa perché ne vede un’intrusione nelle relazioni di fedeltà tra uno signore e suoi vassalli. Non crede che uno cristiano sia capace di essere fedele al suo maestro e a Dio senza conflitto. In questo non ha torto ma si sbaglia di credere che la fedeltà a uno uomo puo superare il dovere a Dio stesso.” Disse brutalmente Juliao.

“Ma Tokugawa-sama è anche uno grande studioso del confucianesimo, le sue critiche, benché sbagliate, corrispondono a una riflessione comune tra i samurai piu educati che non siamo mai riuscito a superare. Come non siamo mai a definire la nostra attitudine in confronte alla corte imperiale stessa, fortunatamente per noi la questione non è ancora stata posta.” Aggiungo Martinho.

“C’è qualcosa di più. Qualchi anni fa, nel 1597, una nave spagnola naufragò ma i Namban a bordo (Europei) si erano messi al salvo. Il capitano, ricevuto dal giudice locale, non ha trovato niente di meglio a fare che vantarsi. Ha dipinto la missione solo come la vanguardia di una colonizzazione spagnola come avvenuto altrove nel mondo. La cosa è stata nascosta ma Tokugawa-sama ne ha avuto conoscenza, sviluppando la sua sfiducia. E ovviamente... c’è l’Inglese.” Termino Miguel

“Uno Inglese dicci? Un’eretico? Qui in Giappone!”

“Si, anche lui naufragato da una nave olandese, la Leifde, qualchi anno fa. È stato fatto prigioniero e i Gesuiti, ancora una volta loro, hanno spinto di maniera molto sospetta per farlo impiccare come pirata. Tokugawa ne è stato curioso e l’ha incontrato. La loro discussione è stata lunga, ha imparato molto sulla Spagna, i suoi nemici, i nemici della Chiesa. Ha imparato anche che, con questo William Adams, potrebbe fare costruire le sue proprie navi e liberarsi del bisogno dei mercanti europei. Da questo momento Adams consiglia Tokugawa e lui offre ogni giorno il suo veleno contro i Gesuiti e tutta la Chiesa in Giappone”. Finisce Miguel, aprendo la bottiglia di vino lasciata sul tavolo.

Juliao prese la bottiglia dalle mani di Miguel per chiuderla senza commentare. “Ed ecco la nostra situazione. Tokugawa ha vinto a Sekigahara e finalmente è riuscito a farsi nominare shogun dal tennô ma suo potere non è ancora stabile, Hideyori e la sua madre sono ancora vivi e protetti dal castello di Osaka. Ieyasu teme di vederli appoggiarsi sulla crescente fazione cristiana, che conta ormai potenti daimyô e controlla la maggior parte del Kyushu, senza parlare di alcuni vassalli suoi convertiti, vede in noi uno strumento di sottomissione da parte dei stranieri sotto la finta pretesa di appoggiare la legittimità dei Toyotomi. Vede una congiura che non c’è ma lui conviene cosi per preparare l’ultima guerra.

“Quando avverrà questa guerra?”

“Non prima della maggioranza di Hideyori. Nel frattempo Ieyasu spera eliminare alcuni signori cristiani dell’Ovest, ha gia imposto delle misure di persecuzione nelle sue terre dell’Est. Pensi che a Edo devono porre il piede su delle immagini di Gesù Cristi e sua Santa Madre! Si è anche dimesso se stesso dalla carica di shogun per trasmetterla al figlio, Hidetada, e imporre la sua dinastia anche se doveva morire prima del tempo. La nostra strategia è ormai semplice, cosa teme Ieyasu dobbiamo realizzarlo : allearci con i Toyotomi, convertire Hideyori e preparare i daimyô cristiani alla guerra finale contro l’Est pagano e i Tokugawa.”

Ma mancio non ne era convinto : “E questo ovviamente con l’aiuto spagnolo?”

“Come fare senza? I Tokugawa avranno il vantaggio del numero e della forza. Dobbiamo anche preparare la nostra comunità all’idea di una guerra santa, possiamo contare su alcuni samurai convertiti per addestrare i contadini del Kyushu e formare un’esercito. I daimyô cristiani dovranno formare una Santa Lega e riunire mezzi e armi. Avremo bisogno di cannoni e di polvere che il viceré spagnolo a Manilla è pronto a fornire, ho gia preso contatti. I Gesuiti ci aiuteranno in queste condizioni.”

“Allora è quella la tua proposta? La guerra di religione? Fare entrare i soldati spagnoli nei nostri porti e castelli? Questo assurdo capitano spagnolo che ha troppo parlato non diceva bugie, troppo presto i missionari, gesuiti in particolare, sono stati solo la vanguardia della colonizzazione. Ho visto gli Spagnoli all’opera in Messico e nelle Filippine durante il mio viaggio. Ho visto come hanno tentato di sottomettere altre potenze europee usando la religione. Ho visto cosa le guerre di religione hanno fatto in Francia per 50 anni. Sarà la fine del Giappone. Juliao, hai dimenticato cosa Gregorio XIII voleva fare di noi, dovevamo creare una Chiesa non sottomessa ai Gesuiti ma lavorando per la salvezza del Giappone! Ti sei trasformato tu pure in daimyô in guerra con gli altri ma non credo che i Kuroda, Hosokawa, Maeda e tutti gli altri saranno pronti a seguirti. Sarete sconfitti e i nostri conosceranno solo la persecuzione fino a sparire.”

Juliao era pronto a rispondere con fuoco quando Martinho pone la sua mano sul braccio del vescovo. “Non sono d’accordo con Juliao, sono anch’io convinto che i Kuroda e gli Hosokawa non si ribelleranno contro i Tokugawa. Ma cosa proponi, non è che posso vedere un’altra via per la Chiesa”.

“Il Santo Padre è d’accordo con me, Clemente VIII non sarebbe malcontento di vedere le ambizioni spagnole ridotte anche in Asia se non danneggia la missione. Vi sbagliate assimilando la Chiesa e la potenza spagnola. Possiamo fare senza di loro, e senza guerra, o almeno senza una guerra tra pagani e cristiani, entrambi Giapponesi. Hai ragione Juliao, Tokugawa non puo essere lasciato al governo del Giappone ma almeno è nostro connazionale, non gli Spagnoli e la Chiesa non ha funzione a governare il Giappone. Dobbiamo favorire uno campione, cristiano o no, e mostrare la nostra indipendenza, per questo rimarro lì per pilotare la nostra diplomazia e tu, Juliao, continui a sviluppare la nostra comunità ma senza farne un’esercito, non ne avremo bisogno.”

“Non capisco, non vuoi fare regnare Toyotomi Hideyori?”

“Se possiamo salvarlo allora lo faremo, molti rispettano ancora il suo nome, ma non dobbiamo rimanere troppo legati a lui. Nostri interessi potrebbero esser meglio serviti da altri campioni. Ne ho uno in mente che riunisce le capacità militari e il carisma ai pari di Ieyasu.”

“Chi?”

“Vedrete”.

“Sei il legato, il papa ti ha dato la sua fiducia, faremo come intendi.”

.

IV

Itô Mancio era famoso in Giappone da anni come il Giapponese che era riuscito a diventare uno importante vassallo del tennô di Europa, ascoltato anche dal defunto Taikô. Molti si aspettavano vederlo mettersi alla testa di una fazione cristiana e guidarla contro i Tokugawa, l’Ôgosho (shogun ritirato) Ieyasu lo sperava forse per provocare la confrontazione finale. Non fu il caso, la sua prima visita fu per suo fratello Itô Sukenobu, uno daimyô moderato ma anche lui cristiano (come non si sarebbe convertito con una tale fratello?). Nelle settimane seguenti Mancio fu visto percorrendo Kamigata (la regione di Kyoto) che non aveva mai visitata e essere ricevuto da alcuni daimyô importanti ostili o no ai Tokugawa. Infatti sembrava interessarsi alla cerimonia del tè con il maestro di te del shogunato Furuta Oribe. Uno passatempo inoffensivo per molti e radicato nel buddhismo zen.

I Tokugawa, Yâgyû Munenori per primo e anche Ieyasu, non lo pensavano così e avevano ragione. Oribe era il suocero di Takayama Ukon, il cristiano piu famoso del Giappone ed era, come insegnante della via del tè, vicino a numerosi daimyô importanti (ed era un’amico personale di Hosokawa Tadaoki) perfino tra i vassalli dei Tokugawa. Era uno moderato vassallo dei Tokugawa ma sopratutto pronto a tutto per la sua famiglia e la sua arte come guerriero artista. Mancio voleva sin dall’inizio, su raccomandazione di Takayama, usarlo come alleato. Per fare questo c’era ovviamente la promessa di fare crescere i clani Furuta e Takayama ma Mancio si era anche portato dall’Europa una grande quantità di vasi di tutti i paesi e tutti gli stili ma anche delle opere d’arte. Nel Giappone dell’epoca tale tesoro valeva piu che suo peso in oro, infatti secondo il loro valore artistico uno vaso poteva permettere di comprare uno castello (senza parlare di armi, amici, alleati, simpatizzanti ecc.)... Furuta era quello che fissava i prezzi e aveva ricevuto una grande quantità di regali da Mancio, da discepolo a maestro. In pochi mesi Oribe fu al centro di una rete di contatti incontrandosi via le cerimonie del tè.

L’apparente inattività del legato fu ovviamente criticata dai gesuiti ma a Roma nel 1605 l’elezione di Paolo V aveva portato sul trono di San Pietro uno papa convinto dell’importanza della conversione del Giappone e favorevole al legato nominato dal predecessore. Paolo V confermo tutte le decisioni del legato apostolico, anche se spesso non capiva dove voleva andare. Lo stesso anno fu importante anche per l’incontro, a Osaka, durante una cerimonia del tè tra Itô Mancio e il potente Date Masamune, il dragone del Nord che tutti consideravano come uno ambizioso che mirava all’unificazione del paese. Il contenuto delle loro discussioni non furono mai scoperte e una nuova attività ne fu la conseguenza.

Nel 1606, Date Masamune, sotto il pretesto di legarsi ai Tokugawa accetto il matrimonio di sua figlia Irohahime con il nonno figlio di Ieyasu, Matsudaira Tadateru. L’Ôgosho fu molto contento di questa alleanza ma non sapeva che Irohahime era cristiana e che la notte del matrimonio (affare civile in Giappone) Mancio fu introdotto in segreto per celebrare discretamente nozze piu religiose. Questo matrimonio fu anche l’occasione di entrare in contatto con Okubo Nagayasu, il piu ricco (perché corrotto) degli funzionari degli Tokugawa, responsabile delle miniere d’oro di Sado e molto entusiasta di sviluppare il negozio marittimo con l’Europa.

Durante questi anni Mancio e Juliao furono particolarmente attivi a fondare ospedali, scuole (grazie a loro fondi senza fondo) ma anche a predicare a gruppi di marginali, sopratutto i numerosi ronin (samurai senza maestri) che circolavano liberamente con il ritorno della pace. Erano uno problema per il shogunato e la Chiesa predicava a loro il rispetto dell’autorità di Cesare (Ieyasu) e delle regole imitate dagli testi di cavalleria del Medioevo europeo (in particolare fu chiesto a Martinho e suoi martini di tradurre romanzi di cavalleria insistendo in particolare sulla pietà). La mossa era sospetta agli occhi del shogunato ma sembrava utile alla pace interna.

Fu nel 1607 che Date Masamune invio in segreto uno suo vassallo verso l’Europa, Hasekura Tsunenaga con lettere a rimettere a Paolo V, il messaggero doveva anche fermarsi brevemente in Spagna per incontrare il re Filippo III ma anche in Francia per incontrare Enrico IV. Fu forse una reazione alla lettera di Date Masamune che Paolo V prese una decisione radicale. Per rinforzare la posizione del legato, sempre in pericolo, fu nominato cardinale (presso San Pietro in Montorio), nominazione da ufficializzare al suo ritorno dal Giappone, ancora non determinato. Cardinale Itô era ormai uno principe della Chiesa, titolo che provocò una reazione enorme in Giappone dove i titoli erano importanti. Una delle conseguenze fu che il nuovo cardinale (una volta tradotta l’espressione “principe della Chiesa”) fu ammesso nel palazzo imperiale per incontrare il tennô, anche senza essere autorizzato a predicare. Il suo statuto era ormai troppo alto per essere toccato, in reazione suo fratello fu elevato a uno rango di daimyô di 16.000 koku, uno rango di signore di alto rango. Lo stesso anno Takayama Ukon abandono le armi per essere ordinato, cosa che preparava da anni lasciando le sue terre al figlio. Piu tardi cardinale Itô non esito a nominarlo vescovo di Kanazawa in 1609 (lo stesso anno del ritorno, ancora segreto, di Hasekura dall’Europa).

L'anno seguente fu meno fortunato. L’Ôgosho, e il suo consigliere Adams, erano sempre piu convinti che una congiura cristiana era in corso. L’incidente della Nostra Senhora di Graça fu una circostanza aggravante. Questa nave portoghese aveva provocato una confrontazione con marinai giapponesi del signore cristiano Arima Harunobu a Macao, risultando con molti porti. Il capitano Pessoa era protetto a Macao e fu convinto che lo sarebbe anche a Nagasaki, si sbagliava. Appena arrivato a Nagasaki che la sua nave fu assalita da ufficiali del shogunato per arrestarlo alla richiesta di Harunobu. Una volta respinti i Giapponesi uno vero assedio della nave fu organizzato. Di fronte a una situazione bloccata cardinale Itô fu in misura di inviare messaggeri chiedendo a Pessoa di riportare il suo rappresentante a Nagasaki. Il capitano portoghese, convinto di essere protetto si recò al Namban-ji (nome dato alle chiese cristiane) di Nagasaki dove fu arrestato e condannato. La Chiesa in Giappone aveva dimostrato la sua volontà di obbedire alle leggi del shogunato fino a opporsi agli Iberici, il re di Spagna inviò una lettera di protesta formale a Roma per chiedere il richiamo di Itô, lettera persa poi nelle discussioni della curia.

Lo stesso anno, sembra alla richiesta del cardinale, arrivo per la prima volta una nave mercantile francese nel porto di Nagasaki. Fu ben accolta e fu capace di vendere direttamente al shogunato tutti suoi prodotti, in particolare di lusso. Il capitano Caron che la comandava fu invitato a Edo dove dichiarò essere da una potenza cattolica rivale della Spagna (e dell’Inghilterra). Incuriosito dall’ostilità visibile di William Adams l’Ôgosho continuò la discussione fino a avere uno racconto completo delle vicende di re Enrico IV, in particolare come si era riconciliato con la Chiesa. Il capitano francese lasciò finalmente il Giappone con la promessa del shogunato di accogliere le seguenti navi francesi e di affidare uno posto di negozio nel Kyushu. Un’armatura completa con spada fu spedita a re Enrico IV (che sfortunatamente era gia stato assassinato a questo momento).

L’opera di riconciliazione con il shogunato fu pero fermata in 1612 con l’incidente Okamoto Daihachi. Questo vassallo degli Tokugawa, convertito, fu scoperto colpevole di corruzione attiva. Pretendeva vendere contatti e favori per i suoi correligionari. L’Ôgosho fu molto scandalizzato dall’atto di corruzione ma sopratutto di vedere una rete cristiana estendersi fino alla sua casata senza la sua conoscenza. Okamoto fu condannato al rogo, provocando una riunione di cristiani cantando inni e preghiere (ancora oggi è considerato a torto come uno martiro). Lo shogunato era furioso di vedere uno criminale esaltato come un eroe, era un’insulto alla morale, alla legge e all’ordine. Più tardi l’incendio del castello dell’Ogosho a Sunpu fu considerato come un’atto criminale da parte di estremisti cristiani. Per questa ragione Tokugawa Ieyasu ordino, attraverso suo figlio il shogun Hidetada, di vietare il cristianesimo tra i vassalli del clan e ordinò l’espulsione dei preti di Edo con distruzione delle loro chiese (cardinale Itô autorizzo allora la pratica segreta e il perdono della rinuncia forzata).

L’Ogosho era ormai deciso a passare all’azione, era ormai vecchio, non poteva piu aspettare allorché Toyotomi Hideyori era un’uomo fatto, amico dei cristiani. Sotto pretesto di un’insulto e del rifiuto di disarmare il castello di Osaka, Tokugawa Ieyasu ordinò la mobilitazione generale contro i Toyotomi. Si aspettava (o piuttosto sperava) una reazione dei signori dell’Ovest e i cristiani contro di loro ma i daimyô cristiani furono tra i primi a presentarsi, fino a Date Masamune che appoggia le truppe del giovane Matsudaira Tadateru. L’assedio d’inverno di Osaka fu una campagna complessa ma infine Toyotomi Hideyori fu pronto alla conciliazione, accettando di distruggere una parte delle sue difese e rinviare i 100.000 ronin che aveva preso al suo servizio. Su queste condizioni Ieyasu fu costretto ad accettare (con frustrazione) di fare la pace e tornare nell’Est.

Fu durante questo ritorno che fu informato della guerra in Kyushu. I daimyô dei clani Arima, Hosokawa, Kuroda e Otomo avevano denunciato una congiura da parte del clan Shimazu di Satsuma che avrebbe preso contatto con i Spagnoli per rendersi indipendente e conquistare il Kyushu. La “Lega del Kyushu” che li riuniva aveva dunque invaso le sue terre in nome dello shogunato. Kagoshima presa, gli ultimi Shimazu erano fuggiti verso il regno di Ryûkyû e le loro terre erano state poste sotto guardia in preparazione a una redistribuzione da parte del shogunato. Perplesso l’Ogosho decide di prendere l’occasione per assicurare il controllo del Kyushu dando tutto il feudo di Satsuma a suo figlio Tadateru (che si era ben comportato durante l’assedio). Fu allora autorizzato a prendere il nome di Tokugawa e a entrare nelle casate abilitate a succedere al shogunato (ne c’erano gia tre Gôsanke, diventate da questo momento Gôyonke).

Ma i Toyotomi erano ancora vivi e i cristiani non erano caduti nella trappola di Ieyasu. Non era ancora finito. L’anno seguente Tokugawa Ieyasu dichiarò di nuovo la guerra a Toyotomi Hideyori per avere tradito la sua parola per inviare di nuovo il suo esercito per l’assedio d’estate, stavolta ben deciso a finirne.

La vista dello splendente castello di Osaka circondato dalle fiamme era particolarmente stupenda dalle tende circondando il commando dell’Ogosho. La città bruciata dalla mattina con uno particolare vigore e i clamori, sia dei guerrieri, sia dei cittadini in fuga poteva essere udita da li. Tra i pochi luoghi risparmiati c’era il quartiere cristiano con la sua chiesa alla giapponese e il collegio San Pietro costruito lui in pietra dagli gesuiti. Il cardinale aveva ottenuto almeno questo da parte del shogun Hidetada, anche se non piaceva a suo padre, li, i cristiani di Osaka si erano riuniti, pregando per uno miracolo.

“E pronto a ricevervi, cardinale.”

Kuroda Nagamasa, uno dei generali dell’esercito Tokugawa (e ormai uno criptocristiano) aveva sollevato la tenda per lasciare passa l’uomo in kimono rosso accompagnato da due uomini in kimono nero e uno gesuita che non poteva smettere di tremare. Juliao era rimasto nel collegio per sorvegliare e organizzare i soccorsi, pronto a respingere qualsiasi intrusione samurai (Mancio l’aveva visto i suoi tentativi inesperti di addestrarsi alla lama corta wakizashi ma valeva meglio non parlarne piu).

Mancio si inchinò di maniera rispettosa ma non così bassa da indicare la sua inferiorità, anche questo era stato il risultato di una intensa disputa tra lui e l’Ogosho. Tokugawa Ieyasu, ormai invecchiato, era uno uomo grasso e largo ma sempre con dei muscoli forti per la sua età. Si diceva che continuava l’addestramento alla spada e l’arco e coltivava se stesso nel suo giardino a Sunpu, facendo crescere lui stesso cosa mangiava nel piu puro spirito della modestia guerriera. Era uno uomo di principi e di grande astuzia, in altri tempi, Mancio l’avrebbe ammirato ma era suo nemico, solo definirsi come suo rivale faceva cadere il cardinale nel peccato di orgoglio.

“Fate presto Itô, non ho molto tempo per le vostre discussioni teologiche senza fine.” Era alla sua abitudine freddo con lui, a uno punto tale che si poteva vedere che segnalava il suo malcontento per renderlo chiaro a tutti. Stava finendo di mangiare con accanto a lui suo figlio Tadateru e un po piu lontano il prode Date Masamune, gli altri presenti erano meno importanti. Troppo pochi testimoni al gusto di Mancio.

“Questa udienza è però della piu grande importanza, possiamo finire questa guerra senza senso adesso per il piu grande beneficio di tutti”.

“E come sarebbe possibile? Vedo uno solo esito, il fumo ne è visibile da qui.”

Il cardinale inspiro in fondo, era il momento : “Nakaura-dono, il vescovo di Osaka, mi ha trasmesso un’offerta da parte di Hideyori-sama rinchiuso nel suo castello. Si è convertito alla nostra fede questa mattina con sua madre, Yodo-dono, e con sua moglie, vostra nipotina Senhime. Essendosi convertito non puo piu suicidarsi e intende arrendersi oggi stesso se la sua sicurezza viene garantita. Accetterà le vostre condizioni e intende lui stesso ritirarsi alla corte imperiale dove tennô-heika vuole nominarlo udaijin. Una volta per tutto i Toyotomi entreranno a fare parte della vecchia nobiltà, abbandonando le loro origini guerriere, non avranno piu vassalli ne castelli e loro compiti saranno solo di seguire l’imperatore durante le cerimonie, anche sotto vostro controllo.

Ma non finisce cosi, questa decisione mi permette di presentarvi una petizione. E firmata dagli Maeda, Arima, Omura, Otomo, Furuta, Takayama, Môri, Hosokawa e numerose altre casate di daimyô supplicando l’Ogosho di mettere fine alla guerra per il bene del paese e di cercare una soluzione negoziata in accordo con vostri interessi.”

Date Masamune si avanzò : “Il padre ha ragione Tokugawa, se vedi la petizione vedrai anche la mia firma. Sai bene che non sono cristiano e non temo di combattere ma questa pazzia deve finire. Siamo per la seconda volta davanti a Osaka per nessun'altra ragione che soddisfare il tuo immenso gusto per il controllo. I Toyotomi potevano essere convinti, ti ho anche proposto di farti sposare la madre di Hideyori (sai che ha belli resti?) e unire le vostre casate. Mostrami ancora una volta questa volontà di ferro che hai avuto a Sekigahara, stavolta accettando di fare una pace vittoriosa.”

L’Ogosho prende allora la petizione presentata a lui, l’apre per leggerla. “Oh, c’è anche tuo nome Tadateru, questo si è una sorpresa, non ti avrei creduto cosi imprudente.” Il figlio di Ieyasu, ormai bianchissimo non fu capace di rispondere o presentare suoi argomenti (Masamune aveva pero preso molto tempo a farlo imparare suo testo). “Il resto non è per niente sorprendente. Quale è la minaccia sotto intensa Itô? Dirmi che i barbari sopportarono Hideyori e inviarono le loro navi di guerra? Ma da quanto ho capito non sono piu così entusiasti ad ascoltare le tue parole da quando hai autorizzato l’arrestazione di questo capitano portoghese e sicuramente non avranno il tempo di aiutare Hideyori se prendo la sua testa oggi o domani. O allora la petizione deve mostrarmi che hai perfino riunito la fazione cristiana per sollevarla contro di me. Questo mi preoccuperebbe se non ero pronto a questa guerra da anni, infatti devi capire che Osaka è solo il primo movimento di questa guerra. Tutti i tuoi convertiti non faranno il peso davanti a me, ho piu soldati che tutti loro riuniti. Ah, c’è anche il tuo nome Nagamasa! Allora, dimmi Itô, ormai che ti riveli in pieno, cosa mi impedisce di farti arrestare? Non sono crudele, mi acconterei di sentirti rinunciare alla tua religione davanti a tutti, potrei anche lasciarti vivo a Edo. Eh! Potrei anche trovarti una moglie per riscaldare tuo sangue di prete.”

Era tutto un’affare di convinzione, Date Masamune l’aveva convinto che un’incontro diretto con l’Ogosho poteva avere risultati, che Ieyasu poteva essere convinto, il fatto di vederlo esporre cosi suoi pensieri al posto di punirlo era, insomma, positivo. “Vostra signoria sa, che da dieci anni, ho fatto tutto per separare i cristiani del nostro paese dall’influenza economica e militare della Spagna. La vera Fede non combatterà il vostro potere, dobbiamo rendere a Cesare cosa appartiene a Cesare e sperare che la Provvidenza vi illuminerà. Abbiamo risultati da presentare : le nostre città, Edo inclusa, sono piu sicure e meno povere dall’azione dei nostri ospedali, i ronin si sono spesso arresi alla nostra ragione, deponendo le loro armi. Roma ha anche confermato molte adattazioni in nostri riti per essere accettabili anche dagli samurai, anche delle preghiere per la salute dello shogun.”

Ieyasu non sorrideva a questo : “Proprio, Roma ha confermato, l’autorizzazione proviene da uno sconosciuto dall’altra parte del mondo piuttosto che dal potere legittimo qui in Giappone. Non ho bisogno di preghiere barbariche. Hai usato la tua influenza per sicurezza e migliorare le strade delle città, l’avrei fatto alla mia maniera e infine rimane al mio unico beneficio. Non stiamo per fare una lunga discussione dove potresti convincermi. Rispondi solo alla mia domanda : Chi è l’autorità massima? Il nostro tennô che mi dato la missione di governare o tuo Dio e suo grande prete a Roma?” Il silenzio era completo. “Non rispondi? E gia tutta la risposta che ho bisogno.”

Masamune non aiutava per niente il cardinale, al posto di sostenerlo lo lasciava come unico bersaglio della rabbia crescente dell’Ogosho. Si accontentava di osservare Ieyasu senza nessun espressione e niente si svolgeva come promesso, Ieyasu non era per niente aperto alla negoziazzione. Il cardinale era preso d’angoscia vedendo l’incontro deteriorarsi. “Vostra signoria si allontana dalla nostra discussione. Vi ho presentato una offerta che non puo essere respinta. E garantita da Hideyori-sama che aspetta una risposta al piu presto. Ho anche qui con me Sanada Nobushige, generale delle forze di Osaka, per confermare tutto, al rischio della testa presentandosi davanti a lei.” L’uomo in nero dietro il cardinale si rivelo allora, visibilmente convinto di avere preso la peggiore decisione della sua vità.

Ieyasu balzo allora della sede, occhi ingranditi dalla sorpresa ma prestamente spostandosi dietro Tadateru: “Sei impazzito prete! Porti davanti a me l’uomo che due giorni fa ha condotto un’offensiva contro questo stesso campo! Come ho fatto a non riconoscerlo, era arrivato abbastanza vicino per sparare la sua pistola su di me, mi ha mancato per poco. Ha voluto uccidermi! Soldati! Avete cercato anche quest’uomo?” Le guardie allarmate avevano uscito le loro spade e confermarono che tutti erano stati verificati. L’Ogosho non era pero rassicurato.

“Signore, Sanada-dono ha agito come generale in missione, obbedisce a Hideyori-sama che l’ha incaricato di negoziare la pace, vi prego di ascoltarlo.”

Ieyasu prese la coppa di saké rimasta sul tavolo e la butto alla faccia del cardinale. Il dolore nella faccia di Mancio e il sangue che usciva non gli impediva di sentire l’Ogosho urlare : “No, ne ho finito con voi tutti! Questo supera ogni tradimento possibile, anche dalla parte di Date e di mio figlio, sarete tutti...”

A questo momento la faccia del vecchio signore si stirò di dolore, la mano si alzò verso il petto ma prima di finire il gesto crollò su se stesso, incosciente. Nel panico e disordine seguente il cardinale si stava alzando con precauzione, riguardando l’anziano guerriero in armore, poi la coppa che gli aveva buttato in faccia. Poi alzo il sguardo verso Masamune che dava discretamente una spinta al giovane Tadateru che sembrò allora svegliarsi.

“Fermatevi tutti! E vietato a nessuno di uscire dalla tenda, tutti i presenti devono rimanere attenti. Portate soccorso all’Ogosho, mandate medici, come figlio dell’Ogosho assumo immediatamente il comando dell’esercito. Convocate i generali e principali vassalli, al piu presto ma nel piu grande segreto.”

La voce piu o meno ferma sembrava rassicurare gli uomini presenti. Masamune inchinò la testa : “Signore, lasciatemi aiutare a portare vostro padre, non possiamo lasciare l’esercito cadere nell’anarchia e in queste condizioni temo che sia indispensabile di chiedere una tregua con l’avversario, che ci ha gia proposto condizioni di pace”.

Tadateru confermando la proposta dalla testa, Masamune si avvicinò a Ieyasu dove il Mancio stava togliendo l’armatura del corpo. Il cardinale disse : “E gia inutile, è morto, ma questo lo sapete già, questo sakè...”

“Il migliore sakè di Satsuma, regalo del nostro futuro generalissimo al suo rispettato padre, ma non vedo cosa lei intende. Siete un’uomo di Dio, lei dovrebbe ringraziare la Provvidenza di Dio piuttosto di vedere dapertutto la malvagità dell’uomo. Ma non farmi credere che lei immaginava un’altro esito alla vostra guerra personale contro l’Ogosho? Siete rimasti abbastanza Giapponese per saperlo. Ormai i nostri piani possono andare avanti, garantisco la mia parte, rispettate la vostra e sarà per la piu grande Gloria di Dio.” Masamune si segnò discretamente, con uno mezzo-sorriso.

Il cardinale Itô Mancio rimaneva silenzioso, non poteva rispondere niente.

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V

Le cose erano andate presto dopo la morte di Tokugawa Ieyasu, il nuovo equilibrio del potere non poteva aspettare e chiunque non aveva preso una decisione rapida poteva solo pentirsene. Date Masamune aveva ovviamente ben lavorato. L’esercito a Osaka aveva acclamato prestamente Tokugawa Tadateru come l’eroe che l’aveva salvato dall’anarchia e ricevuto la resa di Toyotomi Hideyori. Quest’ultimo, come promesso, si era ritirato soto la guardia dello tennô nella sua carica, totalmente civile, alla corte. La sua madre, si era ritirata con uno paio di donne convertite e avevano fondato una sorte di communità nel suo castello di Yodo. Lo tennô stesso aveva spedito le sue felicitazioni a Tadateru.

A Edo, la notizia della morte improvvisa dell’Ogosho aveva forse provocato delle interrogazioni da parte dello shogun in titolo. Non era importante, tra i suoi vassalli numerosi erano stati comprati dall’oro degli Date e Okubo. Hidetada era anche preoccupato di vedere suo fratello tornare verso Edo alla testa dell’esercito e con la sua figlia Senhime, chiaramente ostaggia. Ancora una volta fu Furuta Oribe a fare funzione di intermedio nella sua qualità di maestro di té di Hidetada. Prima dell’incontro tra i fratelli era gia stato deciso che Hidetada si ritirebbe a Sunpu come nuovo Ogosho e che Tadateru potrebbe diventare lo terzo shogun degli Tokugawa. A Sunpu Hidetada sarebbe protetto e conserverebbe uno minimo di influenza ma era chiaro per tutti che Date Masamune era il vero potere, fu nominato kanrei (vice-shogun).

Segno di apertura dopo il regno autoritario di Ieyasu, Masamune e Tadateru erano pronti a ripristinare l’antica istituzione del Hyojoshu, il consiglio di governo dell’epoca Kamakura. 13 Daidaimyô (i piu grandi daimyô feudatari) furono convocati a Edo per servire di governo collegiale effettivo presidiato dal kanrei, ne facevano parte : Date, Uesugi, Môri, Hosokawa, Kuroda, Maeda, Ikeda, Matsudaira, Okubo, Arima, Oda, Yamauchi, Otomo e Sanada. Riunevano cosi degli ex fedeli degli Toyotomi, degli vassalli degli Tokugawa, degli cristiani e non cristiani (ma piu cristiani come si scoprirà dopo). Quando il cardinale Itô si preccupo di vedere un’altra casate elevarsi piu tardi tramite il consiglio, Masamune si accontento di dire : “Ormai sono contenti, quando non lo saranno piu sarà troppo tardi e saremo in posto.”

Il Giappone era in pace per uno lungo tempo (di fatto le purghe furono pochissime e discrette). Nel 1616, dopo un’anno, Masamune fu abbastanza sicuro di se per ufficializzare la sua conversione e quella del shogun Tadateru durante una grande cerimonia nella nuova chiesa di San Paolo in Kanda (presso il castello di Edo), ricevendo una nuova volta il battesimo dalle mani di Itô Mancio. Dopo di questo il cardinale fu incoraggiato a tornare a Roma per assistere la nuova ambasciatà ufficiale di Hasekura Tsunenaga (ormai convertito anche lui). Masamune lo rispettava ma voleva essere sicuro che non sarebbe uno rivale nel suo potere e c’erano molte cose che aspettava dall’ambasciatà. Itô poteva lasciarlo, consapevole che la Chiesa in Giappone sarebbe ben difesa con Juliao, che si era di fatto eretto in vescovo-daimyô di Osaka durante la ricostruzione della città.

Il ritorno fu trionfale, da Manillla a Messico e fino a Seviglia, il cardinale degli antipodi e l’ambasciatà giapponese cristiana, furono accolti con i massimi onori. L’ambasciatore Hasekura era ricevuto come rappresentante di una potenza di pieno diritto e non c’erano cosi tanti cardinali a visitare le colonie. In Spagna furono ricevuti dal re, come in Francia dove il giovane Louis XIII si era recato fino a Montpellier per incontrare la processione terrestre del cardinale. Ogni volta degli trattati furono firmati invitando mercanti in Giappone. L’Inghilterra non dava segni di riconoscere il nuovo Giappone ma non c’erano piu segni di vità di William Adams da mesi. L’entrata a Roma fu paragonabile a uno vero trionfo romano, piu che Hasekura era Itô a essere l’eroe del giorno. Racconti della sua confrontazione con l’Ogosho erano gia state diffuse in tutta l’Europa, ovviamente ingrandite dalla propaganda pontificale. A leggerli era la mano di Dio a avere stroncato il re pagano alla richiesta del cardinale, provocando la conversione in massa degli Giapponesi sul posto. Era roba di leggenda, Itô era un’evangelizzatore, uno conquistatore di popoli come la Chiesa non ne aveva piu visti da secoli. Papa Paolo V non poteva non ricompensarlo, affindando la prefettura della firma apostolica alla sua prima udienza.

Dalla sua parte Hasekura ricevo la confirmazione delle conversioni in Giappone e lo riconoscimento ufficiale di Tokugawa Tadateru come “re di Cipango” e Masamune come Difensore della Fede. C’era ovviamente il problema dello statuto del tennô in Giappone ma su consiglio di Itô, il papa fu pronto a ignorarlo, pronto a aspettare una futura conversione. Il cardinale sapeva perfettamente che la questione sarebbe il grosso problemo del futuro del Giappone cristiano a era pronto scomettere che Masamune e suoi successori saranno in misura di sistemare tutto, al loro vantaggio.

Hasekura Tsunenaga aveva poi sorpreso tutti annunciando che farebbe il viaggio di ritorno senza aiuto degli Spagnoli. C’era solo da aspettare uno anno per vedere arrivare a Civitavecchia le navi giapponesi Datemaru, Nihonmaru e Edomaru. Tre navi costruite dagli Giapponesi stessi con marinai giapponesi presi tra i vassali degli Arima sotto il commando di Miguel Chijiwa. Erano state costruite con l’aiuto dell’Inglese William Adams che fu molto grato di essere autorizzato a partecipare al viaggio verso l’Europa con una sostenziale ricompensa in oro. L’ambasciatore spagnolo a Roma fu particolarmente vessato dall’annuncio e da questo momento la Spagna fu ben meno cordiale con il nuovo Giappone.

Le navi arrivarono nel 1618 a Roma, ornate sulle le loro vele dal blasone Tokugawa (Edomaru), il blasone Date (Datemaru) e dal manji (anche conosciuto come swastika o “croce nipponica” che divento poi il simbolo della Chiesa giapponese). Dopo il departo dell’ambasciatà giapponese il cardinale Itô si ritroveva di nuovo solo (eccezione fatta della sua gente giapponese che aveva portato con lui) e le sue nuove responsabilità.

Negli anni seguenti il cardinale Itô era tornato a essere uno cardinale tra gli altri nella curia romana, con nuovi impegni ma sempre alla testa dello “Ufficio del Cipango” che gestiva la corrispondenza con Juliao Nakaura, il resto del clero giapponese e ovviamente la diarchia Date-Tokugawa. Come previsto Masamune aveva stabilito il suo potere sul shogunato, di fatto Tadateru era ormai ridotto alla semplice rappresentazione ma la tendenza generale era di approfittare della pace tornata. Il ritorno glorioso dell’ambasciatà era uno grande colpo per il nuovo potere, riconosciuto dalle potenze straniere di maniera uguale (o si fa per dire) con tesori e regali largamente ridistribuiti a tutti i daimyô. Le nave mercantili francesi erano tornate, portando vino, tessuti di lusso e altri prodotti. Masamune aveva presto concesso ai Francesi uno loro fondacco a Hakata con privileggi uguali al fondacco portoghese di Nagasaki. Nello stesso tempo alla missione cristiana in Giappone fu concesso una libertà totale di predicazione nel paese ad eccezione di Kyôto. Ogni feudi fu in dovere di costruire una chiesa per la communità locale accanto ad uno ospedale. Il paese contava ormai tre collegi maggiori : Osaka (sotto al guardia di Juliao Nakaura), Nagasaki (con Martinho come direttore) e Edo affidata ai Gesuiti del padre Ferreira. Il progresso delle conversioni era del tutto positivo, essere cristiano era ormai il segno del successo sociale e della fedeltà al regime.

Nel 1621, alla morte di Paolo V fu eletto Gregorio XV, il cardinale Itô aveva votato per lui con buona ragione. Per ricompensare i sforzi degli Giapponesi e di Itô stesso fu canonizzato François-Xavier, che aveva introdotto il cristianesimo in Giappone solo 80 anni prima. Da questo momento fu il santo padrone del Giappone allorché la conversione dell’arcipelago diventava uno potente strumento di propaganda per Roma. Il cattolicesimo aveva fatto la prova dell’universalità del suo messaggio convertendo rapidamente e di maniera indipendente uno popolo non europeo.

Il cardinale non poteva sperare di piu. La sua missione era ormai finita.

Poteva essere solo la volontà di Dio.

Appena il giorno prima Itô Mancio aveva ricevuto una lettera personale da Date Masamune portata da una nave ufficiale giapponese. Alla testa di questa nuova missione aveva avuto la sorpresa di trovare Toyotomi Hideyori. Non aveva avuto ancora il tempo di incontrarlo (il contrario sarebbe stato sorprendente, rinchiuso come era nel conclavo) ma poteva capire quando era di fronte a una manipolazione di Masamune. Dragone? Era piuttosto una vecchia volpe cieca di uno occhio. Anche rinchiuso alla corte Hideyori aveva numerosi partiggiani, nostalgici del splendore dell’era Toyotomi. Anche pronto a obbedire in tutto al nuovo potere, non poteva smettere di essere una minaccia. Era cristiano, era principe, era la scelta ovvia per una missione che coinvolgeva la corte imperiale e Masamune sapeva perfettamente che Itô lo capirebbe subito.

Allorché era aiutato a vestirsi poteva prendere il tempo di riflettere. Sapeva gia che la missione doveva informare Roma che la figlia piu giovane di Date Masamune, Muu-hime, era stata data come sposa al giovane imperatore Go-Mizunoo, non come concubina ma come imperatrice. Il colpo era grosso, non era mai successo dai tempi di Taira no Kiyomori, 5 secoli prima, di vedere l’imperatore sposare una figlia di samurai. Tutti potevano capire chiaramente cosa potrebbe succedere : in caso di nascità di uno figlio maschio, Masamune aspetterà qualchi anni prima di farlo salire sul trono e cosi arrivare a controllare pienamente il trono, forse anche per le generazioni seguenti. La lettera era anche chiara sul fatto che Muu-hime era stata convertita dalla sorella e che suoi futuri figli saranno cristiani dalla nascità. Hideyori, per conto suo dovrà rimanere a Roma come ambasciatore ufficiale fino a una data indeterminata, sotto inteso che Itô dovrà fornire tutto il necessario (palazzo, domestici, cavalli ecc.) anche se pagato dall’oro giapponese.

Peccato per Masamune, e Hideyori, era ben troppo occupato per gestire tutto questo, Gregorio XIV era deceduto poco prima e il conclavo (il suo secondo) era diventato il limite del suo universo. Il conclavo era uno modello ridotto della situazione diplomatica europea con degli cardinali vicini agli interessi a diverse potenze, Francia, Spagna, Impero e il il centro di tutto era di trovare l’uomo che potrebbe soddisfare tutti, cioé non troppo di una parte o dall’altra. Durante il conclavo precedente Itô Mancio era rimasto affascinato da questo sistema di elezione, sconosciuto in Giappone. Accordarsi su uno sovrano, a Masamune sarebbe mancato il fiatto a questa idea anche se Itô lo immaginava bene navigare nelle trattative tra piccoli gruppi faccendo campagna per uno o l’altro (o chissà come infine Masamune sarebbe stato dalla parte del vincitore, o vinctore lui stesso). Sempre considerato come uno straniero Itô era stato di fatto escluso di questi giochi, anche se aveva delle buone relazioni con i Francesi e accetabili con i Spagnoli.

Itô poteva adesso riposarsi un po, si faceva vecchio, e il momento di solitudine e di silenzio dopo essere stato vestito era benvenuto. Il precedente pontificato era stato molto approfittabile per la sua causa. Aveva potuto promuovere suo progetto di creare uno collegio giapponese a Roma per accogliere giovani seminaristi ma anche degli figli di daimyô o artisti per fare conoscere la civiltà europea e in particolare le sue scienze e la sua medicina. Si ispirava agli sforzi degli tennô per integrare la cultura cinese alla cultura giapponese mille anni prima. Se era stato fatto, poteva essere fatto di nuovo, malgrado la distanza. Sapeva che poteva contare su Martinho e la sua legione di traduttori, alcuni di loro erano gia capaci di creare degli haiku o anche degli renga in latino o anche in spagnolo! Martinho stesso aveva iniziato suo nuovo progetto di traduzione generale della Bibbia, un’opera che non potrà vedere compiuta, lo sapeva bene. Il lavoro a fare durante il prossimo pontificato era semplicemente gigantesco.

Itô ormai si avanzava, era gia in ritardo, perso nei suoi pensieri e ricordandosi di tutto cio che aveva visto e fatto finora. Era l’ultima occasione prima di essere costretto a rimanere nel presente per mille piccoli problemi. Gia, il primo era stato il problema del nome. Aveva pensato ai suoi mentori Alessandro Valignano ma anche Gregorio XIII o anche Sisto V ma mancava dell’impatto e del simbolo che sapeva necessitare. Insomma, la sua scelta non aveva molto sorpreso, molti dovevano aspettarsi a qualcosa del genere. Itô si avanzo fuori.

“Annuntio vobis gaudium magnum : habemus papam. Eminentissimum ac reverendissimum dominum, dominum Mancium, Sanctae Romanae Ecclesiae cardinalem Ito, qui sibi nomen imposuit Thomas primi. »

papa San Tommaso I del Giappone (Itô Mancio)

Papa San Tommaso I del Giappone (Itô Mancio)

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VI

Il regno di Tommaso I non fu rivoluzionario come alcuni avrebbero potuto temere a Roma, il nuovo papa asiatico aveva fatto una lunga carriera nella Curia e sapeva come trattarla. La sua politica fu di fare rispettare il piu possibile le decisioni del concilio di Trento e di essere neutrale ma pragmatico nelle dispute tra dinastie europee. Azzardo della storia fu durante suo regno che la basilica San Pietro fu finita e inaugurata (e ornata da una bellissima statua di Tommaso I da Bernini). Nel 1633 suo regno ha visto anche il processo di Galileo Galilei, senza avere la mano sul processo stesso il pontefice aveva delle simpatie per l’astronomo a chi, infine, permette di allontanarsi dall’Europa e unirsi agli Gesuiti del nuovo osservatorio shogunale di Osaka. Tommaso I sperava cosi incoraggiare altri a vedere il Giappone come un’opportunità per lavorare piu liberamente e insegnare, come fu il caso con Athanasio Kircher.

Il suo regno è anche considerato come l’inizio del corrente artistico del giapponismo fondato sulla semplicità e opposto al gusto barocco. Papa Tommaso I aveva, di fatto, organizzato le sue camere private alla moda del suo paese con uno suolo di tatami (che furono poi molto alla moda in Italia). Questo corrente fu incoraggiato dalla pubblicazione di poemi haiku di Tommaso I (scritto allorché era ancora cardinale Itô) sotto il titolo Mancio Cardinalis Poemata Ito. Dal punto di vista dell'architettura il suo gusto di semplicità fu all’origine del baldacchino di San Pietro con le sue linee pure e ancora oggi considerato come molto moderno. Il palazzo Itô che aveva fatto costruire, in grande parte in legno e di stile giapponese con suo giardino fu il primo palazzo giapponesizzante in Europa (da un’altro lato il papa rinforzo le leggi per proteggere il patrimonio storico della città, in particolare i monumenti romani che il pontefice apprezza molto per il valore di memento del corso dei secoli). Aiutato dall’ambasciatore Toyotomi, provò anche ad adattare la cerimonia del tè in un’ambito europeo e cristiano, insistendo sul carattere umile e filosofico di questa pratica. Molti tra i diplomati presenti a Roma capirono rapidamente l’interesse di queste riunioni ultraprivate in piccole camere isolate, la cerimonia divenne presto un’elemento della diplomazia europea.

Ma ovviamente il grande affare del suo regno fu l’evangelizzazione dell’Asia e l’organizzazione della Chiesa in Giappone. L’arcipelago fu diviso in nuovi diocesi affidati a degli vescovi giapponesi (o al massimo gesuiti insediati nel paese da anni) sotto autorità del vescovo di Osaka (piuttosto del vescovo di Edo, il papa non voleva avere il capo locale della Chiesa nell’ombra degli Date). Dopo la morte di Martinho il papa approvò la regola del nuovo ordine martiniano centrato sul compito di traduzione, prima tra latino e giapponese ma poi anche verso altre lingue attraverso il mondo per aiutare le diverse missioni. Ancora oggi i Martiniani sono la principale casa editrice di dizionari.

Ovviamente il patto non era dimenticato, la Chiesa poteva evangelizzare e costruire il Giappone cristiano ma doveva prima sostenere e rimanere leale al suo alleato, Masamune “Constantino” Date (era suo nome di battesimo). Preti e monaci erano agenti del nuovo potere degli Date e, contro il parere di Tommaso I, numerosi preti e dunque anche vescovi erano membri della casta samurai. Presto la carriera ecclesiastica fu capita da molti come una carriera riservata ai guerrieri e una maniera di ottenere influenza e onori. Per dimostrare l’importanza del culto Masamune ordinò la costruzione del Tengoku-ji, uno tempio gigantesco, simile al Tôdai-ji di Nara e accogliendo una grande statua di bronzo di Cristo meditando (la somiglianza con la posizione del Buddha essendo totalmente voluta).

Nel 1625 papa Tommaso I consento a attribuire a Date Masamune il titolo onorifico di “re di Cipango” (Nippon Koku’ô) che aveva gia assunto Ashikaga Yoshimitsu due secoli prima. Dal punto di vista di Masamune questo titolo doveva permettere di trattare a parità con i sovrani europei ma anche con la Corea. Aveva dei trattati di negozi a concludere, sopratutto per ufficializzare la Compagnie Maritime du Japon con la Francia (il negozio francese stava rapidamente crescendo per diventare uno rivale degli Portoghesi stessi). Ovviamente, non c’era nessun rischio di vedere questo titolo ridurre il potere dello shogun Tadateru... eccezione fatta che era proprio cosa succedeva. Altro vantaggio, al contrario del shogun, Masamune non doveva sua funzione dal tennô, solo da uno lontanissimo prete. L’equilibrio era pero mantenuto, Masamune essendo abbastanza intelligente per mostrare tutti i segni di rispetto al shogun Tadateru, senza abandonnare niente del suo potere.

Questo equilibrio duro fino alla morte di Masamune. Il vecchio dragone del Nord era da anni l’ultimo generale del Sengoku Jidai ancora vivo, testimone vivente di un’epoca eroica. Benché ancora forte non poteva tornare giovane e da alcuni anni le sue preghiere al Cristo erano diventate sempre piu sincere, almeno per la speranza di misericordia nell’altro mondo. Fu nel 1633, allorché osservava degli esercizi militari, che fu preso da un’infarto (fu piu tardi seppellito con la sua armatura e spada nel suo mausoleo di Sendai). La sua morte lasciava alla testa del clano suo erede Date Tadamune, un’uomo maturo, ben addestrato dal padre ma che non aveva il suo prestigio né il titolo reggio a fare validare da Roma.

Come alla morte di Nobunaga, Hideyoshi e Ieyasu, la morte del fondatore del regime permetteva a molti di sperare che il loro turno era arrivato. Erano molti a pensarlo ma nessuno con la forza e l’ardia dei fratelli Tokugawa. I figli del defunto shogun Hidetada erano stati protetti dal loro zio Tadateru. Quest’ultimo non aveva figli e sperava di trasmettere il titolo al secondogenito Tadanaga che assomigliava così tanto al cugino Hideyori. Il primogenito Iemitsu era pero l’anima tra i due. Odiava il shogun e ovviamente i Date per avere confiscato il potere dalle loro mani, nella sua mente era il shogun legittimo. La morte del vecchio Masamune era l’occasione, la sorveglianza era rilasciata in queste condizioni e furono capaci di prendere voce con i lealisti Tokugawa e alcuni alleati pronti a sostenere.

Nel 1634, allorché era in Kyoto nel palazzo Nijô, il shogun Tadateru fu assassinato dagli due fratelli. Avevano colpito insieme e proclamarono insieme che il nuovo shogun Iemitsu chiamava la mobilitazione del clano Tokugawa. Il loro secondo passo fu di chiedere all’imperatore ritirato Go-Mizunoo di deporre la sua figlia, l’imperatrice Meisho (figlia di Muu-hime e dunque colpevole di essere Date) e porre uno vero imperatore al sangue puro e alla fede tradizionale sul trono, denunciando i Date come nemici della corte. L’ex imperatore in questa situazione rimango silenzioso, chiedendo tempo per riflettere e lasciando il tempo all’imperatrice Meishô il tempo di fuggire verso Osaka dove fu accolta dall’ormai anziano Juliao Nakaura nel castello dove aveva insediato il vescovato. Fu presto assediato.

Nel Nord del paese, l’annuncio dell’assassino fu poco seguito, solo i Uesugi di Yonezawa furono abbastanza pazzi per alzare la bandiera della ribellione. Il castello di Edo era rimasto sotto controllo di Tadamune e tra l’altro i membri maggiori del consiglio erano a maggior parte pronti a seguire i Date. Nell’Ovest solo gli Ikeda e Matsudaira facevano parte della ribellione. Le forze del clano Tokugawa erano pero importanti anche da solo e tra di loro pochi si lasciarono corrompere da Tadamune.

Poteva solo essere risolto dalla guerra. Allorché Date Tadamune riceveva da Roma la notizia della trasmissione del titolo regio in suo favore, stava muovendosi verso l’Ovest, nella stessa maniera di Ieyasu a Sekigahara 30 anni prima. E proprio la battaglia decisiva fu risolta non lontano da Sekigahara, presso Hikone dove il clano Ii, vassallo Tokugawa, aveva la sua sede. La battaglia di Hikone fu un’affare duro. Dalla loro parte i Date combattevano sotto bandiere cristiane con immagini religiose affidate dai preti allorché i Tokugawa portavano bandiere buddhiste con calligrafie di sutra. Alla fine della giornata le immagini del Buddha Amida erano a terra, abbandonate dalle truppe disperse dei Tokugawa allorché cavalieri Date e Maeda stavano cacciando i superstiti. Tokugawa Tadanaga era stato ucciso in battaglia. Iemitsu era riuscito a fuggire ma fu denunciato uno mese dopo, fatto prigioniero e decapitato, la sua testa ornando le rive della riviera Kamo a Kyoto, come gli altri criminali.

Date Tadamune, re del Giappone e vincitore (la benedizione suprema) entro a Osaka per liberare la sua cugina imperiale e riportarla a Kyoto dove fu accolta dal suo padre Go-Mizunoo, che non aveva mai avuto dubbi sulla vittoria del figlio del Dragone. Nelle settimane seguenti, dopo una riorganizzazione degli feudi, Date Tadamune proclamò che il clan Tokugawa era decaduto dei suoi feudi e titoli. Il titolo shogunale, inutile, era lasciato senza titolare al profitto del re del Giappone, Date Tadamune e suoi figli dopo di lui, con approvazione dell’imperatrice Meisho.

Papa Tommaso I fu informato di tutto questo mesi dopo e celebrò un Te Deum in San Pietro per l’occasione.

Il ragazzo aveva appena 15 o 16 anni ed era bello. Una pelle bianca, grandi occhi e capelli scuri riuniti nel chonmage giapponese. Si poteva capire che il giovanotto era riuscito a provocare disordini e dimostrazioni di fede a oltranza. Il Giappone aveva una tradizione di vedere questi giovani esaltati come dei messaggeri del cielo, puri e angelici. Juliao (come faceva a essere in una cosi buona salute alla sua età?) aveva fatto bene a spedirlo a Roma dove non poteva provocare una ribellione armata.

Il ragazzo si era avanzato fino a prosternarsi alla giapponese sul suolo. Dopo anni in Europa questa attitudine lui sembrava imbarazzante. C’era uno bisogno molto urgente a sistemare queste reazioni, non erano molto ben viste in Europa. Tommaso I, che era seduto presso il fuoco (sulla stessa sede di Gregorio XIII, un’eternità fa) lo riguardo un momento, doveva prendere la parola per primo, anche se era gia molto stanco.

“Figlio mio, alzati, dovrai perdere l’abitudine di salutare cosi all’eccezione di me stesso. Dimmi come ti chiami.”

“Santo Padre, mi chiamo Shirô e non ho uno nome di famiglia, essendo di nascita troppo bassa, ma nel seminario mi chiamavano Amakusa, dal mio paese nel Kyushu.”

“Mi ricordo bene della penisola di Amakusa, terra dura, sotto il governo degli Hosokawa se mi ricordo bene?”

“Si, Santo Padre, di uno degli loro vassalli. Siamo poveri ma non dimentichiamo di essere stati tra i primi a riconoscere la parola di Dio ai tempi degli signori pagani, prima degli eccellenti Hosokawa.”

Il pontefice lasciò insediarsi uno piccolo silenzio per significare che stavano per entrare veramente nel cuore della discussione. Servitori (tutti Giapponesi come il papa aveva richiesto dalla sua elezione, creando una vera comunità asiatica a Roma), portarono il té.

“Sai perché sei stato mandato da me, a Roma?”

“La sua eccellenza Nakaura-sama mi ha detto che a Roma potrei proseguire per diventare prete, che il Giappone era troppo piccolo per me, ma non ho capito cosa intendeva.”

“Intendeva che sei stato uno problema che ha risolto, alla sua abitudine, passandolo a me. Vedo che non capisci ma non è cosi difficile : sei stato arrestato con altri allorché stavi per incendiare il Rokuon-ji e suo padiglione d’oro!”

“Ma, Santo Padre, è uno tempio pagano dedicato al falso profeta Hotoke! (dal nome giapponese del Buddha) Ci sono ancora troppi che continuano a venerarlo e il padiglione, con il fascino dell’oro, li inganna ancora.”

“E stato costruito dal shogun Yoshimitsu piu di due secoli prima, mio figlio, è uno tesoro testimone della nostra storia, non puoi bruciarlo, vedrai che anche cui a Roma ci sono molti monumenti di un’epoca quando anche gli Europei non conoscevano la parola di Cristo, non sono pero stati distrutti. Ma non è tutto, semplice seminarista stavi predicando ai piu poveri della capitale, eccitando la folla contro i nobili della corte, chiamando a una purificazione di Kyoto. Sai cosa sarebbe stato il risultato di tale idea?”

“Santo Padre, non sono l’unico a dirlo, molti a Kyoto dicono che i nobili non dovrebbero potere rimanere pagani senza essere toccati. Se erano come noi dovrebbero obbedire agli ufficiali della sua Maestà Tadamune. Dovrebbero essere convocati in chiesa per recitare il credo e porre il piede su un’immagine pagana, confermando la loro fede davanti a tutti.”

“Ho gia condannato questa pratica degli fumi-ê. Sei giovane, non hai mai conosciuto altro che uno Giappone dove la Chiesa di è radicata. Ho visto il Giappone pagano, ho visto come abbiamo guadagnato i cuori e salvato le anime e posso dirti, non era con il bastone e la fiamma. Chiedo sempre alla sua maestà Tadamune di imitare suo padre e di essere tollerante, che il paese si convertirà con il tempo senza essere costretto. Constantino Masamune era abbastanza saggio e onesto per riconoscerlo.”

Il ragazzo non sembrava del tutto convinto anche se le parole del pontefice potevano solo essere prese in considerazione. Le sue opinioni erano molto comuni tra i piu giovani, nati cristiani in uno paese cristiano. I Gesuiti non mancavano di allarmarsi dall'aumento delle violenze religiose ma loro stesso non erano piu cosi tanto presenti in Giappone, avendo orientato i loro sforzi missionari verso la Cina. “La sua Maestà mi ha fatto l’onore di incontrarlo prima di essere mandato a Nagasaki dove aspettava la mia nave. Mi ha detto che aveva sperato di conservarmi con lui, che aveva bisogno di miei occhi puri per vedere cosa non era giusto. Mi sembra che anche lui non ama molto la corte imperiale. L’anno scorso la santa imperatrice ha abdicato in favore del suo cugino che non è neanche cristiano! Come possiamo avere uno sovrano pagano? Alcuni dicono che se l’imperatrice non ha avuto figli per succedere è segno che Dio vuole estinguere la sua stirpe e che dovremo smettere di avere uno tennô che si pretende discendente di uno demonio.”

“La successione imperiale non funziona cosi. Ma sono convinto che mio figlio Tadamune ti avrebbe usato molto bene nel suo scopo, vedo meglio perché Juliao ti ha inviato. E sempre stato piu duro di me in materia di fede ma non gli piace la manipolazione. Del destino della casa imperiale del Giappone solo Dio sarà giudice, non il re, che ha ben troppo a guadagnare. E sempre uno guerriero, anche cristiano, ha il gusto della dominazione e una nuova guerra civile non lui farebbe paura, se pensa che puo vincerla.”

“Ma Santo Padre, e le profezie? Sentiamo parole dicendo che l’avvento di uno sovrano giusto e pio in Giappone sarà l’inizio della conversione di tutto il continente. Già in Cina il trono empio degli Ming sta crollando sotto l'attacco delle orde barbariche di Manciuria. Non puo essere un’azzardo, è uno segno. I Ming saranno sconfitti dagli Manciù e i Manciù dai nostri samurai protetti da Dio e dopo di questo sua Maestà potrebbe diventare l’imperatore cristiano dell’Asia.”

Tommaso I fece una smorfia e ordinò dalla mano di portare via il tè, ormai freddo. “E si dice questo nelle strade di Osaka e Kyoto? Sono solo fantasie, se c’erano tali profezie sarei il primo a saperlo. E per il crollo del Ming solo uno giovanotto come te potrebbe crederlo. La Cina non puo essere sconfitta cosi facilmente, anche le truppe coalizzate dell’Europa non potrebbero sconfiggere i Ming. Sono solo fantasie, ho gia udito le stesse idee all’epoca della guerra di Corea voluta da Toyotomi Hideyoshi. Dovrai smettere di credere a delle idee cosi assurde se vuoi rimanere a Roma.” Poi a voce bassa, per se stesso : “E dunque sarebbe questo ? La pace secondo Date? Non era per niente nel nostro accordo, Masamune, mi hai ingannato.”

Vedendo il pontefice silenzioso con una faccia severa e chiusa il giovane Shirô fu convinto di avere oltrepassato i limiti e si inchinò di nuovo a terra. “Santo Padre, perdonatemi! Sono ignorante e ho troppo ascoltato le parole che vantavano il mio orgoglio. Voglio servirvi, voglio imparere e sapere, voglio scoprire Roma!"

Tommaso I fece uno sorriso paterno : “E scoprirai Roma, abbiamo posto per te nel collegio giapponese. Almeno sei conscio del tuo peccato di orgoglio, potremo sistemarlo. Forse perderai un po 'del fuoco che piaceva cosi tanto alle folle di Kyoto, ma guadagnerai conoscenze, saggezza e ispirazione rimanendo con noi. Vedi mio figlio, sono vecchio... non protestare. Vecchio e stanco, Dio presto mi farà misericordia di richiamarmi a lui. Ho fatto molto ma dopo decine di anni sul soglio di San Pietro mi sorprendo a cercare il poco di senso che rimane alla mia esistenza. Ormai voglio essere sicuro che altri potranno proseguire la nostra missione, coltivare il futuro come mi aveva detto il Santo Padre Sisto V. Sarà la volontà di Dio ma è anche la mia responsabilità di assicurarmi di te e degli altri."

" Assicurarvi di cosa, Santo Padre?”

“Di farti fare il primo passo, il resto del cammino lo farai tu, chissà fino a dove potrà portarti, credimi su questo punto. Abbiamo finito, vai a ritrovare il collegio, posso consigliarti di iniziare subito il tuo lavoro e, prima di tutto, di leggere.”

Il giovane Amakusa Shirô non incontro mai più il papa, che morì solo due mesi dopo, pianto da tutti.

Perchè No?

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Generalissimus ha risposto traducendo per noi questa ucronia:

E se il Giappone diventasse uno stato crociato?

Le Crociate furono proclamate nel 1095 come sforzo per aiutare l’Impero Bizantino in declino e reclamare il territorio del Vicino Oriente nel nome della Cristianità.
La chiamata all’azione si diffuse più di quanto previsto, e piuttosto che radunare alcuni rinforzi per i Bizantini arruolò diversi eserciti Cristiani indipendenti che reclamarono quelle terre per loro stessi.
Nel 1098 vennero creati i primi regni crociati o Stati Crociati ad Edessa ed Antiochia da parte dei cavalieri Baldovino di Boulogne e Boemondo I d’Altavilla.
Seguirono i regni crociati di Gerusalemme e Tripoli, che si consolidarono alquanto sotto il Re Baldovino I di Gerusalemme, che però morì prima che potesse rendere sicuro il regno dalle minacce confinanti, e nonostante la Chiesa proclamò ulteriori crociate, i regni crociati, nel corso di circa due secoli, deperirono e scomparvero, venendo consumati dalla più grande presenza Islamica ad occidente e ad oriente.
Ma se la storia delle Crociate non si fermasse qui? All’epoca della caduta degli Stati Crociati un enorme regno mongolo si estendeva dall’Asia orientale all’Europa orientale e all’Anatolia… Ehi… Possiamo farci qualcosa! E se in una TL alternativa e, siamo franchi, assolutamente fantasiosa, durante gli ultimi decenni degli Stati Crociati, la loro popolazione non venisse uccisa dalle forze Islamiche o lasciata fuggire in Europa, ma venisse invece presa prigioniera dai Mongoli e insediata sull’estremo confine orientale dell’impero… Per qualche motivo? Se vogliamo giustificare questo in qualche modo i Mongoli, come dalla loro politica di tolleranza religiosa, avevano una notevole presenza Cristiana in Estremo Oriente, una alla quale mancavano le infrastrutture e i mezzi per svilupparsi in qualcosa di più importante.
Kublai Khan pensava che incentivando il sostegno ai Cristiani e guadagnandosi il loro favore all’interno del khanato fosse imperativo per conquistare le terre Cristiane d’Europa, e chiese addirittura al papa che mandasse un centinaio di uomini in Estremo Oriente ad insegnare la religione e la scienza europee, anche se questo non avvenne mai.
Potremmo anche suggerire che i Mongoli, pensando che una popolazione europea nel Levante possa costituire una quinta colonna che gli Europei del continente potrebbero continuare a rifornire e sostenere, decidano semplicemente che è meglio averla il più lontano possibile.
La brezza del Mediterraneo ha una cattiva influenza sugli Europei, perciò forse la brezza del Pacifico sarà diversa.
Colpo di scena: non lo sarà.
Il Giappone all’epoca stava attraversando l’Era Kamakura, un periodo di grandi sconvolgimenti politici e sociali che vide il potere passare dall’autorità imperiale nella capitale all’autorità decentralizzata dello Shōgun e dei signori militari suoi sottoposti.
Questo era l’inizio dell’epoca feudale del Giappone, e un po’ come i signori e i cavalieri dell’Europa il Giappone vide l’ascesa dei suoi daimyō e samurai.
Il Giappone stava anche subendo una trasformazione religiosa con quella che si può meglio paragonare ad una leggera Riforma, vista la nascita di nuove scuole del Buddhismo e la loro importanza fra le classi più alte, con sforzi per diffondere la fede tra le classi più basse, che era più probabile praticassero lo Shintoismo e la religione popolare, anche se a questo punto con caratteristiche Buddhiste.
All’epoca i Giapponesi erano sopravvissuti a due invasioni mongole, tentativi fatti da Kublai Khan.
Anche se si pensa che la prima invasione fu semplicemente una ricognizione o una missione di razzia, sembra che la seconda invasione dovesse creare un insediamento mongolo permanente all’interno del Giappone, ma una forte tempesta spazzò via la marina mongola e la costrinse a ritirarsi.
Furono considerati dei piani per una terza invasione, ma questa non si manifestò mai, stavolta però le cose vanno in maniera diversa.
I crociati alla ricerca di migliori condizioni e le decine di migliaia di prigionieri fatti sulla costa del Levante si offrono come avanguardia per una terza invasione del Giappone in cambio del diritto di governare l’isola in maniera semiautonoma in qualità di vassalli del khan.
Avendo scelto di reclutare i prigionieri nel suo precedente tentativo di invasione e riconoscendo l’opportunità di ottenere un piede d’appoggio mentre il Giappone è ancora diviso internamente, Kublai Khan autorizza la proposta dei crociati e gli fornisce forze aggiuntive dalla Corea e dalla Cina prima di impegnare un gran numero di soldati mongoli, una forza di spedizione che nella nostra TL venne indirizzata in tentativi di invasione della Birmania, del Vietnam e dell’Indonesia, e quindi i crociati partono per crearsi una nuova terra promessa dove il loro popolo potrà essere di nuovo libero, sconfiggendo i Giapponesi in varie intense battaglie.
Nel sud dell’isola giapponese di Honshū e nelle isole a sud di essa viene creato un punto d’appoggio mongolo, posto sotto la diretta autorità di un re crociato che chiamerà il suo regno Nuova Gerusalemme.
Dovendo imparare i costumi delle popolazioni giapponesi sulle quali presiedono per dominarle meglio e per fare meglio proseliti fra di esse, i crociati si adatteranno rapidamente agli usi giapponesi e formeranno alleanze con i signori locali.
I crociati fonderanno chiese, scuole e centri di cura alla maniera dei cavalieri Ospitalieri per dare una mano di sostegno ai civili giapponesi e portarli alla fede con mezzi pacifici.
Altri crociati si metteranno a diffondere la fede con la forza, muovendo battaglia contro i signori della guerra e garantendo la libertà a quelli disposti a convertirai e ad unirsi ai loro ranghi.
Nel nostro mondo la Cristianità vide notevoli successi in Asia: all’epoca sembra che il missionario Giovanni da Montecorvino abbia convertito circa 6000 individui nell’arco di solo alcuni anni, e se andiamo avanti veloce scopriamo che quando le potenze coloniali introdussero il Cristianesimo questa fede si diffuse così rapidamente che i governi giapponese e cinese furono costretti a prendere misure attive per sopprimerla.
Vale anche la pena notare che le più grandi ribellioni della storia sia giapponese che cinese furono ribellioni religiose guidate da convertiti al Cristianesimo.
Senza dei governi centralizzati disposti a prendere una posizione attiva contro il Cristianesimo, a questo punto i crociati vedranno molto successo nello stabilire il Cristianesimo come una forza importante e alla fine dominante all’interno del Giappone.
Le tecniche militari e la tecnologia avanzata che hanno portato con loro dall’Europa, il sostegno dei Mongoli e l’efficacia con la quale si diffonderanno in tutte le isole giapponesi, permetteranno presto ai crociati di unire gli stati in guerra del Giappone sotto il loro dominio centralizzato.
I Mongoli, impressionati dal successo dei loro vassalli, manderanno più soldati e risorse per aiutare i crociati e solidificare il loro controllo del Giappone.
Con l’aiuto dei nuovi sudditi giapponesi i crociati costruiranno un potente regno e stabiliranno il Cristianesimo come religione dominante, infondendo tracce della cultura europea nella più ampia cultura giapponese.
Il controllo mongolo della Via della Seta permetterà ai crociati di facilitare una forma di piccoli commerci e comunicazioni con l’Europa, e quando le notizie di questa isolata colonia europea in Estremo Oriente circoleranno in Europa, si intensificheranno le richieste si una spedizione attraverso l’Atlantico per ricongiungersi con i crociati.
Dato che la Spagna non si sarà ancora unificata in un singolo stato, sarà la Francia a prendere il timone dell’esplorazione atlantica, affermando che i crociati del Giappone sono sudditi legittimi del regno in base alla loro precedente relazione con gli Stati Crociati.
Kublai Khan, però, morirà solo qualche anno dopo la riuscita conquista del Giappone, e inizierà un graduale declino del più ampio impero mongolo durante l’altrimenti pacifica Pax Mongolica.
La tolleranza religiosa mongola ha concesso ai crociati l’opportunità perfetta per diffondere la loro fede oltre il Giappone fino in Corea e nella Cina costiera, senza affrontare ripercussioni da parte della leadership imperiale.
L’eventuale scoppio della Peste Nera è una specie di jolly per lo scenario.
È incerto se la peste sia mai arrivata sulle coste dell’Asia orientale, dato che nonostante l’affermazione che la peste abbia avuto origine in Cina, studi recenti suggeriscono più un punto d’origine centroasiatico.
Non sembra che ci sia alcuna registrazione di un’epidemia simile alla Peste Nera nella Cina del periodo, il che suggerirebbe logicamente che la peste si sia diffusa solo verso ovest dall’Asia Centrale, e perciò in questa TL non impatterà sul Giappone.
Può darsi che le maggiori richieste di commercio occidentale da parte dei crociati porterà ad un maggiore rischio di espansione verso est della peste, ma anche così potrebbe semplicemente non essere così diffusa come lo fu in occidente, dove cadaveri infettati dalla peste vennero di fatto utilizzati come armi dai Mongoli contro gli eserciti occidentali.
Se la peste raggiungerà il Giappone questa quasi sicuramente spazzerà via la maggior parte delle popolazioni crociate, che saranno concentrate in grandi insediamenti e città suscettibili alla diffusione della peste.
Comunque sia, l’impronta della cultura occidentale e della Cristianità rimarrà sul Giappone, in maniera simile all’impronta della cultura Normanna sull’Inghilterra Anglosassone.
Se la peste non raggiungerà il Giappone, i crociati saranno tra le poche popolazioni europee rimaste non colpite dalla peste, e anche se continueranno a rimanere una minoranza etnica all’interno del Giappone, la loro popolazione continuerà a crescere costantemente, e gli sforzi per diffondere la Cristianità in Asia orientale continueranno.
Il dominio in ascesa della Cristianità probabilmente innescherà la resistenza delle popolazioni locali, ma di nuovo, col successo visto dal Cristianesimo nell’800, è ragionevole presumere che alla fine sarebbe diventato una forza importante nell’Asia orientale, che col tempo probabilmente arriverà allo scontro con i Musulmani dell’Asia centrale.

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Tuttavia Perchè No? la smonta facilmente:

Sull'idea di base, i Mongoli praticavano davvero lo spostamento di popolazioni, e per l'invasione del Giappone hanno proprio usato i soldati dei Song meridionali appena sconfitti con l'idea di insediarli come coloni in Giappone. Ma ovviamente non c'è mai stato uno spostamento cosi lontano, dal Medio Oriente all'Estremo Oriente.

Poi sul capitolo del Giappone non c'erano ancora dei daimyô, i capi di famiglie samurai avevano le loro terre sparse, ma non erano ancora delle signorie autonome. L'imperatore e la nobiltà di corte erano rimasti ancora importanti e socialmente potenti, e loro non avrebbero mai riconosciuto questi invasori di un'altra fede, per la semplice ragione che questa fede avrebbe distrutto la base della loro legittimità (i kami). Anche se vittoriosa, la dinastia imperiale si sarebbe ritirata altrove per guidare la resistenza (come nel periodo successivo della Corte del Nord e del Sud, appena una generazione dopo).

E infine non credo che il cavaliere europeo avrebbe potuto avere la meglio sul samurai di Kamakura, e questo per tre ragioni: la qualità delle armi (si, la spada europea non valeva la spada giapponese, che non è ancora esattamente uno katana); i samurai erano addestrati all'arco lungo, anche montati, e i cavalieri europei non avrebbero potuto fare lo stesso; sono due culture di cavalieri nobili con un codice morale, il duello e gli scontri di piccole dimensioni erano la regola. Ciò avrebbe avvantaggiato i samurai, che sono proprio stati messi in difficoltà contro i Mongoli (o piuttosto i Cinesi e i Coreani), perché questi ultimi combattevano come un'armata unita e organizzata. In breve credo che su questo punto ritroviamo quella vecchia idea secondo cui in caso di uno scontro tra Europei e un nemico non-europeo, ne risulterebbe per forza la vittoria dell'uomo bianco.

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Per farmi sapere che ne pensate, scrivetemi a questo indirizzo.


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