La storia di Jalil

di Falecius e Roberta Amato


Galileo, perseguitato dall'Inquisizione, decide di trasferirsi in un paese più tollerante come le Province Unite. In questo caso non sarà costretto ad abiurare, ma lo sviluppo della scienza moderna non cambierà poi molto, oppure la Repubblica polacca, E se invece scegli l'Impero Ottomano? Difficile dire quale risonanza avranno le sue idee nell'Impero turco, ma di sicuro non troveranno un'opposizione religiosa basata sul Testo Sacro, dato che il Corano non parla di fissità della terra e l'aristotelismo non è culturalmente dominante. Tuttavia lo sviluppo delle scienze naturali nel complesso della Turchia di allora è già minore di quanto avviene nell'Europa coeva, e solo pochi intellettuali sono preparati a recepire le innovazioni galileane. Probabilmente la Porta lo incoraggerà, mentre gruppi tradizionalisti legati agli ordini sufi (in particolare la potente bektashiyya, di cui fanno parte i giannizzeri) potrebbe opporsi alla diffusione del copernicanesimo. È possibile che un'accoglienza relativamente più ampia delle sue idee si abbia in altri paesi musulmani come la Persia o l'Impero Moghul (il persiano ed in misura minore il turco sono lingue di cultura comuni ai tre imperi musulmani ovest-asiatici del Seicento). In India c0è da aspettersi una reazione anti-galileiana sotto Aurangzib; al contrario le sue idee potrebbero essere sponsorizzate dai Koprulu in Turchia. Nel complesso sarà una perdita per lo sviluppo scientifico occidentale e un guadagno per quello dei paesi musulmani, ma un avanzamento totale più lento...

1619: Galilei ha appena pubblicato, senza firmarlo, un Discorso delle Comete, dove combatte l'adesione al sistema tychonico (1). Negli anni 1617-1619, Galilei è coinvolto in una polemica col padre gesuita Orazio Grassi, professore di matematica del Collegio Romano e protégé di Bellarmino. Galilei capisce che, vivi ancora Bellarmino e papa Borghese, e coi Gesuiti, protetti dal papa, contro, avrà a Roma una vita molto difficile.

Seguendo il consiglio dell' amico Giovan Francesco Sagredo, che già dai tempi della solenne ammonizione del 1616 lo consigliava di raggiungerlo a Venezia, Galilei nel luglio del 1619, il giorno 15, parte alla volta della Serenissima. Vi arriva 6 giorni dopo, il 21 luglio, con l'aiuto del cardinale Francesco Maria Bourbon del Monte, suo antico estimatore dai tempi di Padova e rivale dei Gesuiti in concistoro. Si ferma a casa del Sagredo; ad agosto, visita le fortificazioni della città di Palmanova, città di cui Sagredo è governatore. Studia un po' di ingegneria militare. Stende i primi appunti di quello che diverrà Il Saggiatore. Il 18 settembre parte per Istanbul in nave. Vi giunge il 2 ottobre. Ha una lettera con sé del Sagredo, già legato in Siria, destinata al Sultano Osman II, che lo accoglie benevolmente. Non ha nemmeno particolari difficoltà linguistiche: gli viene affiancato un dragomanno, e col Sultano comunica in italiano. Il Sidereus Nuntius è tradotto in turco entro il novembre del 1621. Dal 1621 al 1624, G. compie anche studi di ottica e balistica, e fornirà cannocchiali e appoggio di tecnica militare al Sultano. Osman è deposto nel 1622 dalla rivolta dei giannizzeri (marzo). Galilei accetta l'invito di Abbas I, Shah Safavide di Persia, col quale non avrebbe nemmeno la preoccupazione di dover servire un esercito in lotta contro la Cristianità.

Galilei ha due possibilità: o va via mare da Istanbul a Poti, poi via terra da Poti a Tiflis e da Tiflis a Tabriz, o prende la corriera dell' epoca: raggiunta via mare Trebisonda, si aggrega ad una carovana di armeni e raggiunge Jolfa. In entrambi i casi non arriverebbe prima della tarda primavera del 1622. A Jolfa viene preso in consegna da Imam-Quli Khan, figlio di Allahverdi Khan, ghulam (servo) di Abbas I.

Galilei non parla persiano: viene inizialmente affiancato dal medico militare Hakim Mohammad che parla latino, poi da Pietro Della Valle, il padre dell' orientalismo, che si trova a Esfahan proprio in quegli anni. Addirittura, Abbas intima al della Valle di rinviare la sua partenza per l' India,  in modo da tradurre in persiano Il Saggiatore, che circolerà in persiano dalla fine del 1624. In Persia, G. prosegue i suoi studi di ottica e balistica, impara il farsi, ha modo di studiare l'ingegneria idraulica locale, collabora alla costruzione di Bandar-e Abbas. Fa conoscenza col più importante filosofo sciita dell'epoca, Molla Sadra Shirazi, e ne fa un discepolo. Galileo si trattiene in Persia oltre la partenza per l' Italia di Della Valle (1626) e oltre la morte di Abbas (1629) . In questi tre anni, scrive gli appunti per il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.

Nel 1632 ha sistemato in italiano la stesura del Dialogo. Nel 1633 G., trattato con crescente insofferenza dal clero sciita e ormai inutile al successore di Abbas, Shah Safi, accetta la chiamata di un principe indiano, Dara Shikoh, figlio primogenito dell'imperatore Mughal Shah Jahan. Dara si è appena sposato con Nadira Begam e, sebbene giovanissimo, è stato appena nominato ad una carica importante della città di Lahore. Il 13 febbraio del 1633, Galilei parte per l' India. Arriva a Lahore il 27 aprile del 1633. In India G. trova un ambiente particolarmente congeniale: il giovane principe è appassionato di misticismo, filosofia, arti grafiche, musica....avere a corte uno che ha insegnato ad Esfahan è prestigiosissimo. Inoltre, il fisico italiano conosce la filosofia franca, gli può risolvere i problemi idrici a Lahore e fornirgli un nuovo sistema astronomico.

Galilei, padrone ormai del persiano, insegna a Lahore e traduce il suo dialogo in farsi. La scienza musulmana è corpuscolarista, opera una sintesi tra aristotelismo e platonismo, e si ispira a Democrito e ad Epicuro.

Galilei si trova bene, e si può dedicare ad esperimenti sull'atomismo. Poi, oltre a far scavare canali e a occuparsi di filosofia, non abbandona i consueti studi sull'ingegneria militare ispirandosi alle fortificazioni di Palmanova per fornire suggerimenti sul Forte Rosso di Delhi, ora costruzione, e di balistica. Addestra un piccolo corpo di genieri. Cose che giungono all' orecchio del Sultano Alessandro di Aceh e ad Agung di Mataram, tramite “studenti fuorisede” malesi, in realtà pii pellegrini.

Ivari sultani d'Indonesia sono in lotta tra loro ma entrambi sitrovano a fronteggiare la VOC olandese. Pensano di trarre vantaggio dalle tecniche balistiche perfezionate da Galilei. Alessandro invia Fansuri come messo in India. Non invia una legazione, perché sarebbe troppo costoso. Vorrebbe utilizzare i cannoni contro Bantam o forse Mataram (meno probabilmente, contro gli olandesi). Non ci riesce perché muore prima di Galilei, il 27 dicembre del 1636.

L'influenza di Galilei ha lambito solo l' Indonesia, ma cambiato la storia dell' India. Infatti, grazie alla tecnica militare di Galilei, Dara Shikoh NON verrà sconfitto a Samugarh e sbaraglierà l'esercito di Aurangzeb. NON sarà assassinato nel 1659, anzi: regnerà fino alla fine del secolo, riuscendo ad unificare l'India, mettendo pace tra Sikh, Hindu, Cristiani, Musulmani. La matematica indiana, ironicamente, verrà aggiornata tramite i libri del gesuita padre Mersenne, che Dara Shikoh si farà fornire dai Gesuiti di Goa.

Galileo/Jalil morirà nel 1642, onorato e venerato maestro della dinastia Moghul, e sepolto in un mausoleo a Shahdara, il villaggio presso Lahore dove ha sede la sua scuola, chiamata, dal nome come cui è conosciuto in lingua persiana, Jaliliyya.

Il primogenito di Dara nasce nel 1632 (Umar?). Nel 1651 c’è una guerra tra Persiani e dinastia Mughal, in cui Dara ha il comando delle truppe Mughal, e con l'artiglieria più forte, vince e conserva il possesso di Qandahar. Le conseguenze sarebbero non solo un impero Mughal più forte, ma un Afghanistan pacificato: niente razzie afghane, niente Nadir Shah, niente dinastia Durrani a Kabul. In sostanza, l’Afghanistan resta una periferia dell’India, e la Persia ne risulta indebolita.

1658, 30 maggio: Aurangzeb viene sconfitto a Samugarh. E’ messo a morte da Dara, assieme al fratello ribelle Murad.

1659-89: Epoca di trattativa con Shivaji , maharaja dei Maratha. Dara ne fa uno dei suoi più fidi militari. Vi è, di fatto, uno stato autonomo al sud-ovest dell’ India. Pacificazione del Deccan. Comunque Dara, usando un misto di forza, abilità, e diplomazia e soprattutto, una tassazione inferiore ad un terzo del raccolto, riesce in 40 anni a conquistare l'intero Deccan e la regione peninsulare cioè tutte le attuali India e Pakistan. Non esiste un esercito superiore al suo in tutta l'India specialmente grazie alla capacità del suo genio militare e della sua artiglieria; probabilmente conquista anche il Nepal e riesce a mantenere senza problemi il controllo di tutto l'Afghanistan fino allo Hindukush.

A livello religioso la sua politica è tollerante: favorisce la diffusione dell' Islam ma soprattutto attraverso confraternite sufi, di una delle quali fa parte. Shivaji , che non è stupido - anzi , è il suo miglio generale- fa creare un altro collegio jalili a Poona, e altrettanto fa suo ( di Dara) fratello Shuja governatore del Bengala; questi si espande verso est conquista Koch, Tripura e, nel 1666, Arakan. Grazie alle artiglierie, Shuja è in grado di distruggere le poderose fortificazioni di Mrohaung, capitale fortificata dello Arakan mentre nella nostra linea, Aurangzeb ha dovuto accontentarsi del nord del paese, a maggioranza musulmana. Dara è incuriosito dai bonzi buddhisti arakanesi e ne fa chiamare a corte; però è probabile che l'Arakan stesso si islamizzi in fretta, anche più di quanto sia accaduto nella nostra linea.

Quando sale al trono Dara il suo problema è che Shuja si è già proclamato imperatore, ma i due sono alleati contro Aurangzeb; Shuja rinuncia alla sua rivendicazione al trono del pavone (altra voce di spesa pazzesca del loro padre) in cambio però ottiene la semi-autonomia del bengala e la garanzia del suo governo su quella regione oltre ad alcuni degli studenti di Shahdara per creare un istituto analogo a Murshidabad: quindi, in realtà, Dara unifica l' India ma deve riconoscere delle autonomie semi-feudali al fratello, ai maratha, e naturalmente ai rajput che le avevano già. Ora è da vedere se Shuja si ribelli - ma non gli conviene: rischia di perdere tutto e sa che Dara starà ai patti, o se invece provi a conquistare la Birmania. all'epoca la Birmania aveva problemi a impedire le scorrerie del Manipur. Il Manipur è uno staterello di colline al confine tra Birmania ed India - oggi fa parte dell'india, naturalmente- piccolo e poco importante, ed i suoi successi davano la misura di quanto lo stato birmano era in difficoltà: governato da re incapaci, debole e travagliato da un conflitto latente tra birmani e mon.

Inoltre Shuja ha artiglierie, moschetti e genieri, i birmani al massimo hanno qualche arma da fuoco vecchia comprata dai portoghesi e fortificazioni di legno, però giocano in casa e potrebbero avere l'appoggio di qualche paese europeo. Insomma sulla carta dovrebbe essere per Shuja una passeggiata militare dal Bengala alla capitale birmana Ava; però più che altro la strada è molta e tutta in territorio nemico e poi oltre la Birmania c'è la Cina che considera Ava un proprio vassallo, anche se con argomenti quantomeno bizzarri.

Nella realtà, i bengalesi conquistano il nord di Arakan nel 1666, mala guerra tra Arakan ed i Mughal fu una diretta conseguenza della sconfitta di Shuja e della sua fuga proprio in Arakan.

Lo Arakan al tempo era dedito ad attività piratesche contro l'India, appaltate in parte a pirati di origine franca (specialmente portoghesi) in modo non dissimile da Algeri nel Mediterraneo. Il re Sandathudamma era corrotto, avido, venale e crudele: insomma, Shuja ci avrebbe litigato comunque; solo che con le artiglierie Jalili si prende tutto il regno ponendo fine ad un problema per tutta la navigazione locale. Dato che gli olandesi commerciano con Arakan questa mossa ha conseguenze a Batavia , ma probabilmente la VOC capisce da che parte tira il vento e fa come nella nostra linea aiutando i Mughal; ne in cambio ottiene la conferma dei suoi diritti commerciali e la sopravvivenza dello stabilimento olandese di Mrohaung.

Le opere di Galilei sono, in Italia, date alle fiamme, tranne a Venezia, dove continua fino al 1626 ad essere stampato il Sidereus. Sagredo muore nel 1620. F.M. Bourbon del Monte è processato dall' Inquisizione, ma non esistono prove concrete a suo carico: il processo è sospeso nel 1623 con la salita al trono pontificio del Barberini, filo francese come lui. Pietro della Valle ne ha ben due di opere di Galilei: il Saggiatore e il Sidereus, ma si guarda bene dal farle circolare. Quando torna in Italia nel 1627 il clima è pesante. Mentre in India fiorisce il jalilismo dopo il 1633 in Europa l'Inquisizione blocca tutto. Qualche iniziativa individuale rimane limitata:in Francia il clima è più aperto. I monaci caldei traducono l’ edizione turca del Sidereus, e quella persiana del Dialogo e del Sidereus, ma difficilemente questi testi circolerebbero in Europa prima del 1670. E dal 1638, sulla sede patriarcale di Baghdad, valgono diritti di giuspatronato francesi.

La traduzione delle opere di Galilei dal persiano inizia davvero nel 1670, ad opera dei Gesuiti di Goa e dell’ Abbé Carré, in viaggio per l’ India fino al 1674, dei mercanti inglesi della John Company. Il governatore di Fort William, William Hedges, le diffonde in Inghilterra. Dal malese, tradurranno gli olandesi della VOC.

Leibnitz inventa il calcolo; Newton lo perfeziona in seguito ma elabora i Principia più tardi, verso il 1700. Bacone colloca la Nuova Atlantide in India e non in America.

Visto l'atomismo di Galileo, la teoria corpuscolare di Huygens è eretica per i cattolici. Tra gli scienziati che hanno accesso alle opere di Galileo tramite i Gesuiti, Mersenne pubblica qualche elemento della meccanica galileiana, però lo fa a suo nome, senza nominarlo per evitare complicazioni. Torricelli non combina molto, e anche il lavoro di Pascal sulla pressione non è compiuto seguendo criteri sperimentali.

In definitiva, le conoscenze europee procedono a traino del lavoro che fanno in India, anziché il contrario: nel senso che in Europa si resta al metodo baconiano - più rozzo, più pragmatico -, mentre in India si sviluppa un metodo sperimentale compiuto.

La corte Mughal, però, è avida di novità, e quindi chiede ai Gesuiti a Goa di fornire testi europei. Diciamo che se i Principia escono nel 1700 in Europa, potrebbero arrivare in India verso il 1715.

Falecius e Roberta Amato

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(1) Mi è venuto in mente dando un' occhiata alla mia tesi: Sono del 1619 le tabulae Novae iuxta Tychonis rationes elaboratae, di cui Francesco Valesio ha inciso il frontespizio. [Nota di Roberta].

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Diamo ora la parola Lord Wilmore:

A Leonardo ridono dietro anche i polli per il suo fallimento nella realizzazione della "Battaglia di Anghiari", e così, dietro invito di Enrico VII Tudor, egli decide di trasferirsi in Inghilterra. Qui, curioso com'è, si mette ad osservare strane impronte tridattili ritrovate nella roccia, ai suoi tempi considerate impronte del corvo liberato da Noè alla fine del diluvio universale, e ritrova un dente fossile in un blocco di arenaria della Tilgate Forest, riconoscendo che è tipico di un erbivoro, ma anche che è troppo antico per poterlo attribuire a qualunque mammifero. Nonostante non si conosca ancora alcun rettile erbivoro, Leonardo sostiene proprio che si tratti del dente di un rettile, da lui battezzato Dinosauro ("lucertola terribile"). La storia della paleontologia comincia con grandissimo anticipo, ed oltre che con la rivoluzione copernicana la Chiesa nel '500 dovrà vedersela anche con una teoria evoluzionistica avanzata con grande anticipo da Girolamo Fracastoro. Qui sotto vedete, grazie all'Intelligenza Artificiale, nell'ordine:

> dinosauri disegnati (con molta fantasia, per i canoni moderni) da Leonardo da Vinci nel Codice Atlantico;
> dinosauri riprodotti (con altrettanta fantasia) su un trattato seicentesco di Francesco Redi;
> dinosauri riprodotti (in maniera un po' più realistica) nell'"Encyclopédie" di D'Alembert e Diderot.

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E ora, la domanda postaci da Andrea Mascitti:

Vi volevo chiedere, se con la tecnologia dell'epoca (anche dal punto di vista dei costi), sarebbe stato possibile far sorgere il canale di Suez nel Rinascimento (per esempio ad opera dei Veneziani o degli ottomani), o anche in epoca romana. Se si come sarebbe potuta cambiare la storia in entrambi i casi?

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Gli replica Basileus TFT:

Tecnicamente era possibile, ma si sarebbe insabbiato in relativamente poco tempo, rendendo il tutto inutile. Magari se Leonardo riesce ad applicare una pompa meccanica o qualcosa di simile si può fare in epoca ottomana o di fatto è inutile.

La sua apertura sotto dominio ottomano comunque sarebbe poco utile, gli europei dovrebbero comunque trovare una via alternativa per le Indie similmente a quanto accadeva nei Dardanelli, agli Ottomani non penso sarebbe cambiato molto visto che la loro politica era rivolta principalmente al Mediterraneo.

L'unica sarebbe agevolare il passaggio di navi europee guadagnandoci sopra coi dazi, in questo modo le nazioni tagliate fuori dalla corsa all'Atlantico sarebbero notevolmente avvantaggiate nel commercio ad est, Venezia e Genova in primis. Andando un po' a larghe braccia si potrebbero evitare le guerre turco-veneziane per Cipro e Creta, colonie venete in India e sud est asiatico, Ottomani con più finanziamenti a causa dei dazi che potrebbero sfruttare nell'invasione dell'Austria, magari con Venezia che prende una fettina. Improbabile ma possibile.

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Anche MAS dice la sua in proposito:

Non sarebbe cambiata, perchè il canale fu realizzato (con andamento diverso da quello attuale, dai faraoni e fu usato, con alterne vicende, sino al 700 d.C. Secondo le Storie del greco Erodoto, intorno al 600 a.C. il faraone Nekao II intraprese lavori di scavo, senza però terminarli. Il canale fu terminato dal re Dario I, il conquistatore persiano dell'antico Egitto. Dario commemorò la sua opera su diverse steli di granito disposte sulle rive del Nilo, fra cui quella di Kabret, a 200 km da Pie. L'iscrizione di Dario dice:

« Il re Dario ha detto: io sono persiano. Oltre alla Persia, ho conquistato l'Egitto. Ordinai di scavare questo canale dal fiume chiamato Nilo che scorre in Egitto al mare che inizia in Persia. Quando questo canale fu scavato come io avevo ordinato, navi sono andate dall'Egitto fino alla Persia, come io avevo voluto. »

Il canale fu restaurato dal faraone ellenistico Tolomeo II nel 250 a.C. Nel 30 a.C., come ci racconta Plutarco nella Vita di Marco Antonio, la regina Cleopatra d'Egitto aveva tentato di far passare quello che restava della sua imponente flotta, dopo la battaglia di Azio, attraverso il canale di Suez, per avere accesso al Mar Rosso: tuttavia non vi riuscì; il canale era ormai insabbiato. La regina tentò allora di far trasportare le sue navi, cariche del tesoro d'Egitto, su dei tronchi, ma a causa delle ostilità incontrate da parte di alcune tribù, che diedero fuoco alle prime navi, dovette desistere anche da questo ambizioso progetto. Il canale divenne completamente inutilizzabile in epoca imperiale (Plinio il Vecchio ne descrive i tentativi di costruzione, ma pare non essere a conoscenza del fatto che fosse stato in funzione). Nel corso dei successivi 1000 anni fu più volte modificato, distrutto e ricostruito, fino al definitivo abbandono del progetto di costruzione nell'VIII secolo sotto il califfo abbaside al-Mansur.

Già nel 1504 alcuni mercanti veneziani proposero ai sultani mamelucchi regnanti in Egitto di collegare il Mar Rosso con il Mediterraneo tagliando l'istmo di Suez. E di questa possibilità si parlò, in ambiente ottomano, per tutto il corso del Cinquecento, in particolar modo nel 1568 con il gran visir Mehmed Pascià.

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Lasciamo spazio al contributo di aNoNimo:

Sono Leonardo, chi mi assume?

Una lettera che assomiglia a un moderno curriculum, con tanto di presentazione scandita in punti: Leonardo da Vinci la indirizzò nel 1482, quando aveva trent'anni, a Ludovico il Moro. Colui che nei suoi scritti definì anni dopo la guerra "pazzia bestialissima" si propone al duca come ingegnere militare, e solo a margine si dichiara anche artista. Il testo, contenuto nel Codice Atlantico, ci rammenta come un po' in tutti i tempi la ricerca di un lavoro degno sia stata tutt'altro che semplice, perfino per un genio universale come Leonardo!

« Avendo, Signor mio Illustrissimo, constatato a sufficienza che quanti affermano di essere inventori di strumenti bellici in realtà non hanno creato niente di nuovo, vi rivelerò i miei segreti, pronto a mettere in pratica con efficacia tutto ciò che elencherò qui in breve (e anche molto di più, a seconda delle esigenze).

1) So creare ponti, robusti ma leggerissimi, adatti sia all'attacco che alla fuga, e altri resistenti al fuoco e ai colpi. E so come bruciare e distruggere i ponti nemici.

2) Posso realizzare infinite macchine e scale da assedio, e drenare l'acqua dai fossati.

3) Sempre in caso di assedio, conosco il modo di mandare in rovina qualsiasi rocca o fortezza, anche quelle inespugnabili con comuni bombarde.

4) Posso realizzare bombarde di facile uso e trasporto, capaci di lanciare proiettili che simulino tempesta e fumo, provocando grande confusione, spavento e danno tra i nemici.

5) So progettare navi capaci di resistere a qualsiasi attacco.

6) So come scavare silenziosamente percorsi sotterranei, anche in presenza di fossati o fiumi.

7) Sono in grado di realizzare carri coperti, sicuri e inattaccabili, che potranno sfondare le linee nemiche aprendo vie sicure alle fanterie.

8) Posso costruire bombarde, mortai e catapulte di nuova concezione e bellissima fattura.

9) Dove le bombarde non bastino, saprò ideare briccole, mangani, trabucchi e altre macchine belliche di mirabile efficacia, più evolute di quelle d'uso comune. A seconda delle circostanze, insomma, posso realizzare infiniti nuovi dispositivi di offesa e difesa.

10) In tempo di pace, credo di poter competere con chiunque altro nell'architettura, nella costruzione di edifici pubblici e privati, nella canalizzazione delle acque. Allo stesso modo, sono in grado di soddisfare qualsiasi richiesta nella scultura in marmo, terracotta o bronzo, e nella pittura. Potrei realizzare un monumento equestre in bronzo che sia gloria immortale ed eterno onore del Signor vostro padre e dell'inclita casata Sforza. E se a qualcuno sembrasse che fra le citate opere ve ne siano di irrealizzabili, sono prontissimo a farne esperimento nel luogo che piacerà a Vostra Eccellenza, cui umilmente e quanto più posso mi raccomando. »

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E ora, la nuova ucronia romantica di Tommaso Mazzoni:

Il Cavaliere e la Regina

1575, Amsterdam, Paesi Bassi

Don Juan lesse e rilesse la lettera del fratellastro; "Riportare in seno alla chiesa di Roma gli eretici olandesi. Il mio regale fratello mi vuol far versare altro sangue cristiano, mentre in Terrasanta il Santo Sepolcro geme sotto l'oppressione del Turco." ridusse la lettera in mille pezzi e la bruciò, poi usci dal palazzo in cui risiedeva e si diresse al mercato generale, con una nutrita scorta; passeggiando fra le bancarelle, il governatore Spagnolo dei Paesi Bassi cercava di schiarirsi le idee, e, ad un certo punto, si imbatté nella bottega di un pittore inglese; fra i quadri esposti ne vide uno, raffigurante la donna piu bella che Juan avesse mai visto. "Chi è costei?" L'inglese sospirò; "tanto bella quanto sfortunata ella è, il suo nome è Maria, di Scozia Regina, che ora langue prigionera in Inghilterra, fra le mure di Fotheringay!"
"Saresti tu capace di recapitare a lei una mia lettera, ed un mio ritratto? Ti ricompenserei lautamente!"

Il pittore annuì e dando prova di maestria, rapidamente preparò gli schizzi per un ritratto di Don Juan "sarà pronto in poche settimane, mio signore!" Gli disse. "va bene, appena finito partirai per l'Inghilterra."

Nel giro di undici anni e mezzo, il nostro pittore consegnò quarantotto lettere alla regina, e quarantotto a Don Juan; Ma sul finire del 1586, l'ultima lettera consegnata fu:

"Mio amore, è molto probabile che questa sarà l'ultima lettera che ti spedirò; mia cugina Elisabetta, malconsigliata, crede che io voglia insidiarle il trono; sono sicuro che presto, decreterà la mia morte! Addio, mio amato; sei stata la mia grande consolazione su questa terra; mi auguro di rivederti, un giorno, in cielo; Eternamente tua, Maria R.!"
non aveva ancora finito di leggere la lettera, che gia don Juan ordinava al suo attendente di spedire lettere a varie compagnie mercenarie e all'Imperatore in persona; poi, si imbarcò sulla nave piu veloce, e, arrivato in Spagna, lasciò morti tre cavalli per arrivare in poco tempo a Madrid, dove interruppe una sessione del consiglio della Corona, con grande cruccio del Re prudente. Rimasti soli, Juan mostrò a Filippo la lettera. "Ho bisogno di uomini e fondi!" Gli disse senza giri di parole. "Concedetemeli, ed io riuscirò dove Farnese ha fallito!" Filippo lo guardò "Forse ma non lo faresti certo per noi, né per la Spagna!" Juan annuì " Ma la Spagna e l'Inghilterra sarebbero amiche per sempre, se Maria sedesse sul trono di Sant'Edoardo, con me al suo fianco!"
Filippo squadrò il fratellastro e per una volta, in vita sua, ignorò prudenza e ragion di stato "E sia! Vada, prepari un'armata, e salvi la sua amata!" Con l'assenso di Filippo, convincere l'Imperatore non fu difficile, e all'inizio del 1587 poteva salpare con una massiccia flotta e un grande esercito; sperando di arrivare in tempo.

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8 Febbraio 1587

"...Per questo, Mary Stuart è condannata a Morte per Decapitazione!"

La sentenza, inaudita nella storia, sembrò non turbarla; ella la conosceva, ormai, a memoria; si diresse verso il patibolo, dove le sue dame di compagnia, Elisabeth e Jane, la aiutarono a spogliarsi; indossava un sottabito rosso; voleva morire con il colore dei martiri addosso.
Il Boia la guardò, e disse, costernato "perdonatemi, Maestà, per quello che sto per fare!"
Mary gli sorrise, e disse "vi perdono di cuore, perché presto mi libererete dalle mie angustie!"
Ella si distese sul ceppo, e disse "In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum" ovvero, "nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito."
Ma quando l'ascia del boia si alzò, un rombo di tuono scosse le fondamenta del castello; Un colpo di cannone aveva sfondato il portone, e uomini in armi stavano entrando , portavano con se l'insegna di un'Aquila a due teste; Amyas Paulet, il carceriere di Mary, prese le armi, e contro di lui si stagliò un uomo alto, e bello, con un armatura ornata con un'aquila bicefala d'Oro; Paulet e il misterioso straniero incrociarono le lame, una, dieci, cento volte, alla fine, l'ardore e la giovinezza ebbero la meglio sull'esperienza. Un colpo netto, e la testa di Paulet fu separata dal busto.
L'uomo si avvicinò, e si tolse l'elmo; aiutò la Regina a rialzarsi e disse "Sono 12 anni che aspetto questo momento, amore mio!"
E la baciò sulle labbra. "Oh, mio Juan!" Ella rispose, prima di baciarlo a sua volta.
"Andiamo, mia adorata! Celebreremo le nostre nozze nella capitale del tuo Regno!" le disse, prendendola in braccio, e conducendola fuori, dove un vasto esercito li attendeva.
Un mese esatto dopo, il nuovo Arcivescovo di Canterbury, un cattolico, celebrava il matrimonio della Regina Maria II d'Inghilterra con il Re-Consorte Giovanni II d'Asburgo.

Passarono due anni, e Re Giovanni e la Regina Maria erano molto felicI; solo una cosa angustiava Maria, che era ancora giovane, non aver dato un erede a suo marito; ma ecco, un giorno, Maria trovò il marito svenuto nalla cappella privata; qui, Giovanni le rivelò d'aver avuto un'apparizione della Madonna che gli diceva che avrebbe avuto discendenza, e, in cambio, avrebbe dovuto innalzare la Croce di san Giorgio sulle mura di Gerusalemme; Nonostante le proteste di Maria, Giovanni organizzò la Decima Crociata; una nuova invincibile armada riconquistò Cipro, e di li attaccò la Terra Santa, e la Grecia; La promessa della Madonna fu mantenuta, giacché, nove mesi dopo la partenza di Giovanni, nacque Mary, Principessa di Galles.
Per tre anni, Don Giovanni combattè contro i Turchi, e anche presso di loro si fece la fama di soldato valoroso e di sovrano tollerante; Come Goffredo di Buglione non si fece incoronare Re, ma Difensore del Santo Sepolcro. L'Intervento anglo-Spagnolo, che agli Spagnoli permise la riconquista di Algeri e la presa di Tunisi si concluse con la liberazione dell'Attica, condominio Anglo-Spagnolo; intanto, l'Impero liberava dai Turchi l'Ungheria.
Ma il trionfo, sancito dal trattato di Atene, nel 1594, si tinse del nero del lutto, perché Re Giovanni fece appena in tempo ad abbarcciare per la prima volta la figlia Maria, prima di morire, fra le braccia della moglie "voglio morire, amor mio, perso nell'infinito dei tuoi occhi; di li certo, il signore m'aprirà la porta del cielo!"

Con il cuore spezzato, ma con un'amata figlia da crescere Maria regnò con saggezza; Filippo II, intanto, seppur rispettando il lutto della cognata, proponeva, velatamente e discretamente, alleanze matrimoniali sempre respinte con ferma cortesia dalla vedova.

Il tempo passò, Filippo II mori, e gli successe Filippo III; costui era cresciuto nel mito del leggendario Zio Juan, vincitore dei Turchi e riscattatore dell'Ingilterra alla vera fede: un giorno, si recò in visita dalla zia; una visita dai risvolti inaspettati.

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Palazzo di Whitehall, Londra, 12 Maggio 1604

Il ballo in onore di Sua Maestà Re Filippo III di Spagna, in visita da sua zia, la Regina Maria II, per quanto sfarzoso, era stato piuttosto noioso, fino a quel momento; il giovane monarca aveva ancora il pensiero della cugina di quarto grado la cui mano aveva rifiutato, con sommo fastidio dell'Imperatore Rodolfo II. Lui rimaneva testardamente celibe. Poi, la musica si arrestò, e un vallettò annunciò: "Sua Altezza Serenissima, la Principessa di Galles, Mary d'Asburgo-Stuart."
Era la visione più bella che Fillippo avesse mai avuto; identica alla madre, da giovane, con lunghi capelli biondi; Filippo pensava fosse malata, invece, eccola qui, in piena salute, di fronte a lui.
Filippo si alzò e si diresse verso la cugina; Filippo era un bell'uomo, e la ragazza non fu insensibile al suo fascino. I due danzarono tutta la notte, sotto gli occhi attenti della Regina.
Il giorno dopo, in udienza privata con sua maestà, Filippo si fece coraggio: "Vostra maestà, sono innamorato!" Confessò candidamente il giovane monarca.
La Regina sorrise "lo avevamo compreso. Siete fortunato, vostra grazia, nostra figlia sembra ricambiare!"
Il giovane sentì una grande gioia salirgli nel cuore "ci vorrà un po' di tempo per ottenere la dispensa papale, ma penso che non ci saranno ostacoli!"
L'anno dopo, l'8 Agosto del 1605, nel giorno del suo 16 compleanno, la Principessa di Galles Maria convolava a nozze con il Re di Spagna Filippo III, nell'Abbazia di Westminster.

Ma la felicità della figlia non poté sanare del tutto il cuore della regina, che sempre si struggeva per l'amato Giovanni. Cosi, con grande dolore tutti i suoi sudditi il 18 di Marzo del 1607, esattamente tredici anni dopo Giovanni II Cuor di Leone, moriva Maria II la Buona; la figlia Maria III, le successe sul trono d'Inghilterra; Filippo III era Re Regnante nella Corona di Spagna e Re Consorte in Inghilterra e Irlanda; viceversa, Maria III era Regina Regnante in Inghilterra e Irlanda, Regina Consorte nella corona di Spagna; la coppia regale viaggiava spesso fra Londra e Madrid; da Maria e Filippo, nel 1608 nacque Giovanni, Principe delle Asturie e di Galles.

Tuttavia, i più astiosi esponenti della nobiltà protestante tramarono contro Maria III, allo scopo di mettere Giacomo VI di Scozia sul trono.

Dopo aver stretto alleanza con il Re di Francia e il Sultano Ottomano, Giacomo VI invase l'Inghilterra, approfittando dell'assenza della sorella, nel 1610; ma qui dovette fare i conti con un popolo inglese che amava Maria, e che, sotto la guida del capitano Guy Fawkes diede vita ad una feroce resistenza all'occupazione; Nel 1611, Guy Fawkes riusci a far saltare in aria Westminster, uccidendo i cospiratori protestanti e togliendo a Giacomo ogni appoggio; Giacomo VI dovette tornarsene in Scozia e Maria tornò in Inghilterra, dove giunse appena in tempo per vedere spegnersi il suo valoroso campione, rimasto ferito nell'attentato. "Mia regina, in questo momento, in cui mi appresto a rendere l'anima a Dio, posso confessare che della colpa di avervi amato, io non mi pentirò mai!" Queste furono le ultime parole del Robin Hood del XVII secolo.

Tornata saldamente sul trono Maria si diede da fare per sanare le ferite dell'odio; generò a Filippo III un gran numero di figli e figlie, tutti sani e forti, fra cui Anna e Maria Anna (più giovani che in HL ma con eguali matrimoni).

Nel 1621, ahimé, la coppia fu divisa dalla morte di Filippo; Giovanni, III per la linea di successione castigliana, divenne Re, sotto la reggenza della Madre, che nominò un gruppo di fidati nobili spagnoli per assisterla; Maria III era una donna sensibile ed intelligente; seppe conquistare i cuori si della nobiltà che della gente comune spagnola, ed ebbe fama di una donna avveduta, equilibrata, pia e generosa; per sua volontà, suo figlio il Re fu educato sul campo, e imparò a conoscere sia il mondo della nobiltà sia quello della strada; dai suoi precettori Giovanni apprese molte cose e, con il permesso della madre, si recò in Francia a 14 anni, nel 1622, dove divenne amico del cognato Luigi XIII, piu vecchio di lui di soli otto anni, e similmente orfano di padre in tenera età; qui sviluppò un rapporto di rivalità ed amicizia con il Cardinale Richelieu, che, come Luigi, vedeva come un maestro; diversamente daLuigi, tuttavia, come capo di un paese su cui la francia aveva mire espansionistiche, Giovanni III si sentiva anche in competizione con il cardinale;
In Francia, Giovanni si fece conoscere per l'abilità con la spada, e per il profondo senso dell giustizia; piu volte, infatti, afftontò in duello Guillaime de Rocheford, il Capitano delle Guardie personali del cardinale Richelieu; in uno di questi duelli, Re Giovanni cavò perfino un occhio all'arrogante Rocheford. Fu durante questa visita, che si innamorò perdutamente di Elisabetta, sorella di Luigi XIII.

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Palazzo del Louvre, 1623

"Insisto nel dire che è troppo pericoloso, vostra maestà!" Disse il Conte di Olivares, suo onnipresente angelo custode "Ne prendo atto, Gaspar!" rispose il giovane re di Spagna; "ma la mia visita in Francia finirà presto, e questa sarà l'unica ocasione che avrò per ballare con Elisabetta." Il conte sospirò "In un ballo che si terrà nella villa privata del Cardinale Richelieu, al quale, lo sapete, farebbe alquanto comodo che vostra sorella Anna restasse figlia unica, visto e considerato che vostra sorella non ha mai rinunciato ai suoi diritti sul trono di Spagna, per volontà dei vostri genitori" Olivares parlava di genitori, in realtà intendeva "per volontà di vostra madre" . Re Giovanni III sospirò "si, ne sono consapevole; ma non temo affatto per la mia vita; mio fratello Hermann sta benissimo. E Richelieu sa che dalla mia morte non avrebbe che da rimetterci; e il Cardinale non è certo un pazzo." Olivares sospirò e tacque.

Richelieu non era pazzo, in effetti, ma nel suo gruppo dicollaboratori c'era una donna inglese, che all'insaputa del Cardinale, era sul libro paga di qualcuna altro; il suo nome era Milady de Winters.

Al ballo, il giovane Re di Spagna, nonché Principe di Galles riusci a togliersi la soddisfazione di danzare tutta la notte con la sorella del re; tuttavia, ad un certo punto, successe qualcosa di strano; l'Olivares diede una spinta al suo re, facendogli cadere di mano i due bicchieri di vino che il sovrano voleva usare per brindare con la donna che amava; se gli sguardi avessero potuto uccidere il duca di Olivares sarebbe morto sul colpo; invece, visse abbastanza a lungo, perché, con un sussurro, potesse dire "Perdonatemi, sire, ma la cameriera ha messo qualcosa nei bicchieri."

Detto questo, l'Olivares raccolse i suddetti e annusò "Veleno!"

A quel punto, Giovanni vide la cameriera tentare di dileguarsi e urlò "Fermate quella donna!" le guardie del Cardinale e le guardie del corpo di Giovanni serrarono le porte e Richelieu allora riconobbe la donna "Milady, siete forse impazzita? Cercare di assassinare una principessa del sangue, e il Re di Spagna?"

Milady sogghignò " mi dispiace, vostra eminenza, ma c'é qualcuno che paga meglio di voi." La malefica assassina inglese gettò a terra una fialetta, e una nube di fumo avvolse la stanza.

Si sentirono due grida e un rumore di vetri infranti; quando il fumo si diradò i presenti videro giacere al suolo, con due piccoli dardi nei colli, il Duca di Olivares e la Principessa Elisabetta; nessuno dei due era morto, con sommo sollievo del giovane Re Giovanni e di Richelieu, ma come presto scoprirono, nessuno dei due era vivo; il veleno usato era un veleno molto particolare, era chiamata Misericordia dell' Imperatore, e faceva cadere la vittima in un sonno dal quale, senza l'antidoto, non si sarebbe più risvegliata.

La sostanza doveva il suo nome al fatto che era una delle molte scoperte fatta a suo tempo dall'Imperatore Rodolfo II, controverso imperatore morto undici anni prima, considerato uno dei più grandi alchimisti del suo tempo (NdA, licenza narrativa)

Purtroppo, pochi conoscevano il segreto di quel terribile veleno. Mentre la corte di Francia e Re Giovanni si struggevano d'angoscia, ecco che la provvidenza mandò loro in aiuto l'ambasciatore Austriaco in Francia, conte Karel Chotek von Chotkov und Vojnín, nobile Boemo; costui aveva conosciuto in gioventù l'Imperatore Rodolfo, e consigliò a Giovanni: "vostra maestà i segreti del vostro lontano cugino sono certamente conservati a Praga; è li che dovete andare a cercarli!"

Il Re Giovanni partì quel giorno stesso per la Boemia, determinato a salvare la vita della sua amata; intanto, ad Edimburgo un'affascinante donna brindava con il suo mandante "tutto come nei vostri piani, vostra maestà!"

"Siete stata all'altezza della vostra fama, Milady; qui c'é la seconda parte di quanto vi era stato promesso! Finite il lavoro, e sarete la donna piu ricca del regno!" Rispose Giacomo VI, brindando con lei.

"Sarà un piacere!"

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Palazzo Reale, Praga, 1623

Nel 1618 una violenta guerra di religione e di successione si era scatenata in Boemia, a causa della cosiddetta defenestrazione di Praga; in questa Timeline, la Spagna non poté esimersi da intervenire contro gli Ottomani, che minacciavano i territori conquistati a suo tempo da Giovanni II e da Filippo II, i nonni di Giovanni III. Proprio in questo conflitto si era ammalato ed era morto Filippo III. Come conseguenza dell'intervento dell'Unione Iberica, la Guerra Boema era finita molto prima, e quindi, da alleato, Giovanni III ebbe pochi problemi a raggiungere la città di Praga; qui, incontrò suo cugino l'Imperatore Ferdinando II.

"Cugino, per quanto la vostra visita ci onori riteniamo che quanto da voi fatto sia stato decisamente imprudente; comprendo il nobile sentimento che vi muove, ma voi siete un Re, non potete rischiare imprudentemente la vostra vita!" Lo rimproverò bonariamente il piu anziano Ferdinando, che Giovanni sovrastava di almeno venti centimetri.

"Vostra Maestà, amo il mio paese, ma rinuncerei a mille corone e a mille vite pur di salvare Elisabetta, e l'amico che si è sacrificato per me!" Rispose Giovanni.

'Imperatore scosse la testa ma sorrise "come decano degli Asburgo e come imperatore non posso approvare; come cugino e come essere umano, tuttavia, comprendo il vostro sentimento, e cercherò di aiutarvi; L'Imperatore Rodolfo II aveva il suo Laboratorio in questo castello; tuttavia, l'ingresso era noto a lui solo, e ad alcuni fidi collaboratori, che gelosamente ne serbano il segreto, un gruppo di monaci che serve in un piccolo convento in città; andate da loro, e chiedete aiuto; sono sicuro che l'Imperatore non ve l'avrebbe negato, e nemmeno loro lo faranno."

Giovanni III si congedò in fretta dall'imperatore, e raggiunse con una piccola scorta il monastero.

Qui, l'abate Karel accettò di incontrarlo, a condizione che fosse solo; l'anziano abate aveva una folta barba bianca, era un uomo rotondo, probabilmente sui settanta anni, ma sembrava in perfetta salute.

Si fece raccontare dal giovane re la storia. "Figliolo, io vi condurrò dove volete andare" gli disse, "ma voglio la vostra parola che dimenticherete tutto quello che vi dirò di dimenticare!"

Egli annui, e il vecchio, dopo cena, lo condusse nella cripta del convento, dove c'era la statua di San Venceslao; la statua aveva il classico scudo con l'aquila e le tre gocce di sangue; L'abate premette tre volte le tre gocce, prima quella centrale, poi, insieme le altre due. La statua girò su se stessa svelando una botola, che i due discesero.

Non notarono che, poco prima che la botola fosse automaticamente richiusa dalla statua, qualcosa, o qualcuno, li aveva seguiti.

Proseguirono il loro cammino sotto le strade di Praga, giungendo, infine, presso l'uscita. Tirando una leva, una botola si apri, e i due uscirono, dietro ad una tenda che occultava la nicchia dove risiedeva una seconda statua uguale a quella del convento.

"Siamo nella Cripta Reale!" spiegò l'anziano abate. Abbastanza rapidamente i due raggiunsero la tomba di Rodolfo II, dove l'abate inserì un medaglione, rappresentante un cerchio alchemico con l'Aquila Imperiale e un Leone, all'interno di una cavità del sarcofago di pietra; una porta segreta si apri, consentendo al Re dell'Unione Iberica, nonché Principe di Galles, di entrare, insieme all'Abate, e assieme a lui incamminarsdi per un lungo tunnel.

Ancora una volta, non si accorsero dell'ombra, o erano ombre, che li seguivano.

Finalmente, giunsero in un vasto laboratorio sotterranero, illuminato da un ingegnoso sistema ad accensione concatenata di bracieri.

"Ecco, vostra maestà, questo è il laboratorio segreto dell'Imperatore Rodolfo II, ove sono nascosti i suoi segreti." disse il vecchio.

Prima che il giovane Re potesse chiedere spiegazioni al riguardo, ci fu il rumore di una pistola che viene caricata. Con un sorriso beffardo Milady usci dalle ombre, una pistola puntata contro Giovanni III.

"Milady!" disse freddo Giovanni. "Esatto, vostra maestà" rispose gioviale l'assassina. "Vi ringrazio, non solo vi siete liberato da solo delle vostre guardie del corpo, ma mi avete anche portato in un luogo che da sempre sogno di visitare; e non solo" aggiunse "mi avete portato il padrone di casa in persona!" Milady fece un inchino beffardo al monaco e disse "non è forse vero, Imperatore Rodolfo?"

Giovanni fu stupito dalla notizia, ma poi, iniziò a notare i tratti degli Asburgo nascosti sotto la folta barba bianca.

"Peccato che non avrete il tempo per chiedergli nulla, Giovanni! Voi morirete qui, e il mondo cadrà, per questo, in preda al caos!"

Ciò detto, puntò la pistola al Re.

Milady sparò ma il colpo mancò Giovanni ferendo gravemente l'Abate, che aveva spinto via il giovane re.

"No, vecchio pazzo!" gridò Milady; estratto un pugnale cerco di colpire il re, ma un uomo fece irruzione nella stanza costringendo Milady alla fuga.

Era un giovane moschettiere di Francia di nome Olivier Athos de la Fére, che sembrava conoscere molto bene Milady. "Athos, sono felice di vedervi" disse il re, quando il moschettiere lo aiutò a cercare di tamponare la ferita dell'abate.

"Ringraziate il Cardinale Richelieu; è stato lui ad ordinarmi di seguirvi e di tenervi al sicuro; conosco bene quella vipera dal volto d'angelo!" disse lo stoico moschettiere.

"Giovanni!" Disse stancamente l'abate, morente "ascoltatemi bene!"

"In questo diario ci sono tutti i segreti dame scoperti, in questi undici - coff - anni."

"L'antidotto alla Misericordia dell'Imperatore, che Dio mi perdoni per averla mai scoperta, è in quell'ampolla verde,-coff- sullo scaffale di sinistra. Leggete -coff- il mio diario con attenzione e usate con prudenza i miei segreti-coff- per il mondo, io sono gia morto da undici anni; che continui ad essere così"
detto questo, Rodolfo II, undici anni dopo la sua morte ufficiale spirò davvero fra le braccia di Giovanni III.

Dal Diario di Rodolfo II, Praga, 07 Febbraio 1611

"Ormai la faccenda non può essere rimandata; Mattia e Massimilaino sono convinti che io sia un pazzo, e non si fermeranno fino alla nostra deposizione; non posso semplicemente dargliela vinta e ritirarmi per dedicarmi ai miei studi, però; qualche nobile zelante mi farebbe assassinare perché non minacci la posizione dei nostri fratelli. Quindi, non ho scelta; devo morire"

Dal Diario di Rodolfo II, Praga, 20 Marzo 1611

"Ci siamo, oggi abbiamo ufficialmente rinunciato ai nostri troni; Mattia è convinto che le sue cospirazioni ci abbiano colto di sorpresa, l'ingenuo; in realtà, tutto sta andando come volevamo.

Dal Diario di Rodolfo II, Praga, 10 Dicembre 1611

"Come immaginavo i medici non si sono accorti di nulla; le sostanze che abbiamo assunto ci hanno permesso di simulare perfettamente i sintomi della malattia; per tutto il mondo, la nostra salute si sta rapidamente deteriorando."

Dal Diario di Rodolfo II, Praga, 19 Gennaio 1612

"Stanotte berrò l'Elisir della Morte Vivente, ed inizierò la mia nuova vita, libero dalla schiavitù del rango e del mio nome; vedrò se è il caso di confidare il mio segreto a Ferdinando, il figlio di Massimiliano; il ragazzo sembra degno di fiducia."

"Evidentemente, lo aveva fatto" commentò Athos, "o non saremmo qui a leggere, altrimenti."

Giovanni annuì. "Rodolfo era davvero un genio; se quello che è elencato qui funziona, potrebbe cambiare il mondo." Poi aggiunse: "Athos, ho la vostra parola che questi segreti resteranno fra di noi?" "Ce l'avete, sire, a patto che essi non siano mai usati contro la Francia!" Rispose il moschettiere, e Giovanni acconsenti.

Giovanni ed Athos tornarono rapidamente in Francia, dove per prima cosa usarono l'antidoto sul Conte di Olivares; questo perché la regina madre Maria de'Medici insistette che l'antidoto fosse testato, prima di usarlo su sua figlia.

L'antidoto, sull'Olivares funzionò perfettamente e il conte si svegliò dal suo lungo sonno. Ma quando andarono a somministrarlo a Elisabetta, ahimé ebbero una sgradita sorpresa; la principessa era scomparsa, i suoi camerieri personali erano stati drogati, e sul suo cuscino stava un biglietto scritto in rosso "Se volete riavere la vostra amata, dovrete venire a riprendervela in Scozia! Venite da solo, o non si sveglierà mai piu!"

"Milady!!!" Fu l'urlo di Giovanni che esplose nella notte Parigina.

Ma, mentre si preparava ad andare a riprendere la propria amata, Giovanni ricevette una notizia assolutamente sconvolgente; l'Impero Ottomano, la Scozia e la Danimarca avevano invaso i domini della Corona Spagnola, di quella Inglese, della Polonia e dell'Impero.

Era la guerra.

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1623, Canale della Manica

Il Duca di Olivares sarebbe dovuto rimanere a letto a riprendersi, ma aveva insistito per seguire il suo Re.

"Se vostra maestà insiste in questa follia, allora è mio dovere venire con voi e fare del mio meglio perché sopravviviate. Ma confermo che si tratta di una follia. Dovreste essere a guidare i vostri eserciti."

"A guidare il mio esercito ci sono uomini capaci, duca. Sir Oliver Cromwell guida le truppe alla difesa di Londra e il Duca di Savoia comanda l'esercito unito Franco-Imperial-Spagnolo contro gli Ottomani in Italia. E mio fratello riporterà la pace in Portogallo, e se poi i portoghesi vorranno lui come Re, così sia." disse Giovanni sul cassero della nave che lo stava riportando in Inghilterra.

"Ricordate quanto dettovi dall'Imperatore, vostra maestà," gli disse il distinto uomo d'arme francese che aveva chiesto e ottenuto il permesso di seguirlo per poter salvare la sua principessa.

"Le secondogeniture si fanno per aumentare i territori, non per dividere quelli che si hanno!" gli fece eco un aitante giovane dal forte accento tedesco, Filippo di Lippe.

"Ma sentiteli, non fanno mezzo secolo in due e cercano di insegnare agli altri la saggezza", rise bonariamente il terzo uomo, di gran lunga il più vecchio della compagnia, un nobile lombardo dalla reputazione alquanto famigerata, che tuttavia era stato raccomandato dal Papa Leone XII in persona.

Si dice che un tempo fosse stato un vero demonio, soprannominato il Conte del Sagrato, per aver ucciso un uomo sul sagrato di una chiesa, ma che poi si fosse convertito, dopo un incontro con il pontefice stesso, allora arcivescovo di Milano.

Francesco Bernardo Visconti di Brignano sorrise, tracannando poi del vino da una borraccia, e aggiunse: "Credetemi, vostra maestà, nella vita contano solo tre cose: la grazia di Dio, l'amore e la famiglia".

"Aggiungerei il buon vino e il buon cibo.", interloquì un corpulento giovanotto italiano che sovrastava tutti per altezza e peso.

"Alessandro dal Borro, ma possibile che pensiate sempre a mangiare? Mi ricordate un cadetto dei moschettieri" disse Athos divertito.

"Non è corretto, messer Athos, io non penso solo a mangiare: penso anche al vino alle donne e alle armi!"

Giovanni sorrise e sospirò. Quella variegata compagnia era la sua sola speranza di salvare Elisabetta dalle grinfie di Milady e Giacomo VI. Loro e la giovane spia che li stava aspettando aulla costa scozzese. "Sto arrivando, Elisabetta, non temere", sussurrò come in una preghiera, mentre il vento gonfiava le vele verso nord-est.

[continua]

Tommaso Mazzoni

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