Bandiera della Valacchia
.
Secondo una leggenda diffusa nei secoli passati, il popolo lituano sarebbe disceso dagli antichi romani. Non ci sono elementi storici e scientifici a sostegno di tale tesi, ma al contrario si pensa che tale tesi sia nata solo perché l'aristocrazia lituana ammirava profondamente la cultura italiana e intendeva "nobilitare" le proprie origini rispetto a quelle polacca e russa. Ma se i lituani avessero avuto davvero radici romane?
Ia
ipotesi:
Mettiamo il caso che durante un periodo di espansione imperiale in Europa
centrale (al tempo delle guerre marcomanniche, ad esempio) qualche legione fosse
riuscita ad avventurarsi nel bacino della Vistola e a stabilire contatti con le
popolazioni baltiche. Alcuni mercanti romani avrebbero potuto stabilirsi in quei
paesi e in seguito, dopo che le crisi romane avevano costretto l'Impero ad
arretrare il suo limes, i loro discendenti avrebbero potuto continuare a
latinizzare la popolazione locale in modo indipendente da Roma. I lituani, un
po' come i romeni, sarebbero rimasti un'isola di latina (almeno parzialmente
tale) in mezzo ai popoli circostanti.
Nel periodo di grande espansione dello stato lituano (XIII-XVI secolo) i suoi
condottieri avrebbero combattuto ispirandosi ai grandi generali romani e magari
si sarebbero fatti promotori di un progetto di restaurazione dell'Impero Romano.
Uno Jagellone di nome Cesare o Augusto, accumulato nelle sue mani un notevole
gruppo di regni (Polonia, Boemia, Ungheria...) avrebbe potuto contestare la
legittimità del titolo imperiale "occidentale"?
IIa
ipotesi:
Mettiamo che i latini e gli altri italici appartenenti allo stesso ceppo
fossero originari dell'area baltica. Gli studiosi del XVIII e XIX secolo,
basandosi sull'archeologia e sulla linguistica, potrebbero aver scoperto che con
alta probabilità i latini non erano altro che lituani, e che le apparenti
differenze tra le due popolazioni sono spiegabili semplicemente col fatto che
quelli giunti nell'attuale Italia avevano arricchito la loro cultura grazie al
contatto con altri popoli come etruschi, greci e punici. Come sarebbero cambiati
i rapporti tra l'Italia e i paesi dell'Europa orientale sapendo di questo
ancestrale legame con i lituani?
IIIa
ipotesi
Variante delle precedenti, con gli eventi del 1918-1921 che vanno
diversamente, determinando una situazione in cui la Lituania indipendente non
esiste perché è stata annessa alla Polonia oppure alla repubblica sovietica "lituano-bielorussa".
E se una buona metà dei lituani, per sfuggire alla prospettiva dell'oppressione
e dell'etnocidio, avesse deciso di fuggire e rifugiarsi in Italia? Che impatto
avrebbe potuto avere l'arrivo di centinaia di migliaia di lituani in anni così
delicati per la storia italiana? E, superata questa fase, quali "italiani
famosi" di origini lituane avremmo potuto conoscere?
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Gli replica Dario Carcano:
Procedo con quello che
secondo me è lo scenario più conservativo, ma anche secondo me più probabile,
per avere una Lituania "romana" (ossia di lingua romanza e di religione
cattolica).
Un gruppo di monaci cattolici provenienti dall'Italia nel V secolo sbarca in
quella che oggi è la Lituania, sperando che convertire le popolazioni del
Baltico sia più semplice che convertire le popolazioni germaniche; nonostante le
difficoltà iniziali, la predicazione dei monaci attecchisce, e le tribù lituane
iniziano una dopo l'altra a convertirsi alla nuova fede.
Una conversione dei baltici in un epoca così precoce avrebbe un importante
effetto sul piano linguistico: storicamente le lingue baltiche sono diventate
lingue scritte molto tardi, le prime attestazioni scritte risalgono al XIV
secolo; una conversione dei lituani al cattolicesimo nel V secolo vorrebbe dire
che il lituano, trovandosi di fronte una lingua non solo scritta, ma anche molto
più prestigiosa perché associata alla nuova fede cristiana, sarebbe spazzato via
assieme al paganesimo.
Ciò vorrebbe dire che la diffusione di una lingua romanza del Baltico
coinciderebbe con la diffusione della religione cattolica romana: dove i baltici
si convertono, le lingue baltiche spariscono e sono sostituite dal latino, dove
invece resistono i culti pagani resiste anche la lingua baltica.
Immaginando che il cattolicesimo, e quindi anche il latino, si diffondano grosso
modo entro i confini della moderna Lituania, cosa cambierebbe?
Innanzitutto è probabile che non si parlerebbe di Lituania, che è un termine
della lingua baltica, ma piuttosto di Valacchia Baltica o Settentrionale, perché
gli slavi userebbero il termine "vlach" per riferirsi anche ai baltici
convertiti al cattolicesimo e latinizzati, oltre che ai rumeni e alle altre
popolazioni romanze dei Balcani.
Un effetto più importante sarebbe che probabilmente non ci saranno le Crociate
del Nord contro i baltici pagani: se la guerra contro i pagani sarà condotta
dalla Valacchia Baltica (come del resto è probabile), la cristianizzazione del
Baltico avverrà con secoli di anticipo, e non ci sarà bisogno che nel Baltico
arrivino i cavalieri portaspada e - soprattutto - i teutonici. Quindi niente
Deutschordenstaat (e niente Prussia, con tutte le conseguenze che ne derivano
sulla storia della Germania) e niente battaglia del lago ghiacciato tra
Aleksandr Nevskij e i cavalieri teutonici (e quindi anche la storia della Russia
potrebbe essere diversa).
In terzo luogo, probabilmente la Valacchia Baltica oggi sarebbe molto più grande
della Lituania, perché potrebbe includere Prussia Orientale, Lituania, Lettonia
ed Estonia, riunite in un unico stato di lingua romanza e religione cattolica.
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Alessio riprende il filo del discorso:
Non avevo considerato la questione dell'Ordine Teutonico. A questo punto i cavalieri teutonici potrebbero dedicarsi a nuovi tentativi di crociate nel Levante oppure partecipare alla Reconquista spagnola. Nel primo caso, il loro ruolo storico potrebbe risultare ridimensionato (magari solo un effimero prolungamento dell'esistenza del Regno di Gerusalemme prima del definitivo trionfo musulmano). Nel secondo, potrebbero contribuire a velocizzare la liquidazione dei mori e chissà, magari l'Ordine potrebbe avere anche un ruolo nella scoperta dell'America e nella colonizzazione del Nuovo Mondo.
Per quanto riguarda la storia della Germania, non saprei dire molto sulle dinamiche storiche da rivedere alla luce di una maggiore debolezza degli Hohenzollern, forse però potremmo considerare che la Svezia e la Polonia-Valacchia avrebbero avuto più chances di restare tra le potenze europee principali. A proposito, mi spingo anche ad azzardare che i valacchi, a differenza dei cavalieri teutonici, la battaglia del lago ghiacciato l'avrebbero magari vinta, determinando la conquista di Novgorod e maggiori prospettive di penetrazione in area russa. Non penso che i valacchi avrebbero conquistato Mosca e formato quindi una grande Russia "latina", ma forse le parti più settentrionali (Carelia, Novgorod) e occidentali (Bielorussia) sarebbero state parte del regno valacco prima e valacco-polacco poi.
Provando a tirare le somme, senza il Regno di Prussia e con una Russia meno estesa e forte (tra l'altro è possibile che i russi non avrebbero avuto accesso al Baltico e non avrebbero costruito Pietrogrado/Leningrado/San Pietroburgo) possiamo pensare che le spartizioni della Polonia-Valacchia non ci sarebbero state. Resta comunque da valutare l'impatto che la Polonia-Valacchia avrebbe potuto avere sulle grandi guerre combattute come la Guerra dei Trent'Anni, la Guerra di Successione Spagnola e quella Austriaca.
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E Dario replica:
Personalmente penso che l'Ordine Teutonico, senza le Crociate del Nord e l'Ordenstaat, avrebbe visto uno sviluppo simile a quello degli ospitalieri, e quindi sarebbe rimasto attivo in Terrasanta, per poi impiantarsi su qualche isola del Mediterraneo Orientale sarà poi espugnata dagli ottomani.
Invece sulla Germania, senza la Prussia non si formerà mai un polo brandeburghese-protestante capace di strappare la guida delle nazioni tedesche al polo austriaco-cattolico guidato dagli Asburgo. Quindi l'Austria e gli Asburgo manterranno il loro ruolo egemone in Germania, e gli stati tedeschi protestanti guarderanno alla Svezia quando avranno bisogno di protezione; tuttavia la Svezia dovrà fare i conti anche con la Polonia-Valacchia, che sarà molto più forte della Polonia-Lituania della nostra TL. Di conseguenza, viene da sé che gli Asburgo e la Polonia-Valacchia in questa TL svilupperanno una forte alleanza in funzione anti-svedese, alleanza che magari - dopo molti matrimoni tra le case regnanti di Polonia e Austria - potrebbe portare un Asburgo sul trono polacco-valacco, unendo sotto un'unica corona Sacro Romano Impero, Polonia e Valacchia.
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Invece William Riker propone:
IVa
ipotesi
C'è Druso al posto di Tiberio sul trono imperiale, la disfatta di
Teutoburgo viene evitata oppure si sfrutta meglio la vittoria di Idistaviso,
prosegue l'espansione romana verso il cuore dell'Europa, la Britannia e i Parti
vengono totalmente ignorati, e si arriva ad una Provincia Romana di Suebia lungo
il Mar Suebico (il Mar Baltico). I Romani controllano il commercio dell'ambra,
la esportano in Estremo Oriente, evitano il collasso economico e l'Impero
sopravvive. I Lituani (Suebi, a questo punto) sono completamente romanizzati e
poi cattolicizzati, e rappresenteranno il bastione contro le invasioni
dell'Impero Romano (Seconda Repubblica Romana dal 1789 d.C./2542 aUc, Secondo
Impero Romano dal 1804 d.C./2557 aUc, Terza Repubblica Romana dal 1815 d.C./2568
aUc, Terzo Impero Romano dal 1852 d.C./2605 aUc, Quarta Repubblica Romana dal 1871 d.C./2624 aUc ad oggi) da parte di Unni, Mongoli e Russi (forse la Rus assorbirà la Pars
Orientis e sposterà la capitale a Costantinopoli/Kostantingrad).
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Ed ecco il dotto parere in merito di Bhrghowidhon:
Questa ucronia ha già quattro versioni (“ipotesi”), tutte e quattro diverse dalle almeno quattro varianti della Leggenda dei Palemonidi (o Polemonidi) da cui trae spunto (a seconda dell’epoca e della provenienza: cinquecento famiglie nobili romane con Polemone II. del Ponto al tempo di Nerone nel I. sec. d.C. o da Aquileia al tempo di Attila nel V. sec. d.C., altrimenti nel X. sec., dalla Repubblica di Venezia o dai Colonna). Fra la prima e la seconda variante si collocano la I. (al tempo delle Guerre Marcomanniche, fine del II. sec. d.C.) e la IV. ipotesi (al tempo delle Guerre Germaniche della prima metà del I. sec. d.C.).
La seconda ipotesi è forse troppo remota: se teniamo conto che la differenziazioen fra Celti e Liguri da un lato e Venetici, Italici e Latini dall’altro è avvenuta nelle sedi storiche, l’ipotetica popolazione baltica da cui avrebbero avuto origine i Latini risulterebbe più diversa che i Celti da questi ultimi, per cui in pratica la differenza sarebbe quasi come quella attuale fra Neolatini e Lituani, dunque l’ucronia sarebbe pressoché indistinguibile dalla Storia reale (e in effetti è stato davvero ipotizzato uno speciale rapporto fra Balti e Latino-Italici). In modo complementare, è probabile che i Piceni Settentrionali (quelli delle Stele di Novilara) fossero Balti Orientali (particolarmente prossimi ai Lituani), eppure non ne è rimasta alcuna differenza (anche a causa del ripopolamento dell’area in epoca repubblicana) rispetto a tutti i Neolatini circostanti.
La terza ipotesi è la più distante di tutte e ha poco in comune con le altre, dato che il Punto di Divergenza si colloca nel 1918 o poco dopo e quindi investe solo il XX. secolo (dopodiché, a un secolo di distanza e senza una continuità di distinzione linguistica – in quanto poco verosimile – o almeno religiosa, l’elemento lituano in Italia risulterebbe con ogni verosimiglianza del tutto riassorbito, a parte forse circa una metà dei cognomi); presumibilmente, potrebbe comportare un maggior sostegno elettorale a partiti e idee di orientamento antirusso e/o antisovietico...
La quarta ipotesi, di fatto, annulla sia i Lituani come lingua (così come la prima ipotesi, che in pratica pone una sorta di Romanìa sul Baltica) sia la differenza rispetto ad altre parti della Romània, sfociando o nella persistenza di un Impero Romano (d’Occidente?) – eventualmente senza la facciata atlantica, che senza i Federati germanici secederebbe dall’Impero ricostituendosi in Repubbliche celtiche o vasconiche – oppure in varie Nazioni neolatine fra le quali la “Svevia” non sarebbe più romana di quanto lo siano state nella Storia reale la Spagna o la Francia.
Nella prima ipotesi, come espressamente indicato, la Lituania rappresenterebbe un caso simile alla Romanìa (e quindi implicherebbe sei secoli di città latinofone sul Baltico come quelle sul Basso Danubio, oltre a un Regno Romano-“Barbarico” come i Bulgari del Danubio per portare a compimento la Romanizzazione), ma paradossalmente non sembra alterare le genealogie reali, per esempio degli Jagielloni, che quindi riproporrebbero le vicende dinastiche della Storia reale (con tutte le relative varianti). Casomai, potrebbe essere più pronunciata la tendenza a una (ri)unificazione col resto dell’Impero (quindi anzitutto col Sacro Romano Impero).
La Leggenda dei Palemonidi/Polemonidi, invece, in quanto parte da sole cinquecento famiglie, si vincola a uno dei due esiti, fra la Storia reale così com’è (per la quale in effetti è stata pensata) – dato che, quanto più antica fosse la migrazione, tanto maggiore sarebbe l’assimilazione presso la maggioranza locale lituana – e un modello “ashkenazitico” nel quale gli Immigrati mantengono la propria lingua e molte tradizioni, ma al prezzo di non influire sul resto della Storia e della Cultura dei Lituani.
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La palla torna all'ideatore di questa ucronia:
Ho provato a immaginare una
successione dei sovrani di Valacchia un po' sul modello degli Imperatori Romani
di Britannia.
Ho scelto come nome "Valacchia" seguendo il suggerimento di
Dario, anche se non ne sono così
sicuro perché in questo scenario, a causa dell'espansione precoce della
Valacchia gli slavi occidentali ne vengono assimilati, quindi lingue come il
polacco ed il ceco si perdono nel nulla. A proposito, che cosa è la Valacchia
che esce fuori da questa storia? Un paese che parte dall'area dell'attuale
Lituania e che si estende a una buona parte dell'Europa Nordorientale. Si
espande prima di tutto verso ovest e verso sud (perché i suoi sovrani si sentono
romani e vogliono chiudere lo spazio che li separa dall'Impero) ma poi
inevitabilmente anche verso nord e verso est come la Polonia-Lituania storica.
Poiché la storia di questo paese comincia molto presto (VII secolo) la presenza
della Valacchia e le sue strategie politiche turbano fortemente il corso degli
eventi. Ve lo dico subito, questa non è una ucronia pensata per essere logica e
realistica (parte da troppo lontano, tocca troppe variabili) ed ne ho anzi
approfittato per introdurre un gran numero di spunti che potrebbero magari
diventare ucronie nuove e diverse. In questa ucronia leggerete infatti di paesi
che assumono confini o impostazioni istituzionali diverse rispetto a quelle
consuete, leggerete di alcune dinastie che hanno un ruolo più o meno importante,
che si estinguono precocemente oppure sopravvivono inaspettatamente. Ecco, ci
tengo a premettere che non si è trattato di scelte calcolate per ottenere uno
specifico scenario finale (poi come vedrete l'ucronia non arriva neppure a oggi,
si ferma con la fine della monarchia) ho solo lasciato spazio alla fantasia e
cercato, dove possibile, di introdurre elementi originali. Spero che lo troviate
interessante, buona lettura!
Lista
dei sovrani di Valacchia
da San Gedimino a oggi
Duchi dei Valacchi (semileggendari)
Gedimino I Il Santo (636-660), figlio
di un capo della tribù dei nadruviani, ciò che sappiamo su di lui è in buona
parte leggendario.
Secondo le antiche cronache, giunse presso la corte di Samo per portare ambra in
dono dalla sua terra. Vedendo un uomo imprigionato e maltrattato, decise di
acquistarlo come schiavo per salvargli la vita. Si trattava di San Gallo, un
monaco cristiano che era stato catturato alcuni mesi prima, quando era al
seguito delle truppe del re d'Austrasia, Dagoberto. Secondo la leggenda, Gallo
inizialmente rifiutò l'aiuto del giovane, affermando che avrebbe preferito il
martirio anche per espiare la sua colpa, quella di aver tradito il suo maestro
(San Colombano) pur di restare alla corte del re franco. Gedimino però gli
rispose che evidentemente il suo Signore voleva diversamente e Gallo capì allora
che lo scopo della sua vita era in realtà seguire quel giovane nella sua lontana
terra portando la buona novella.
Quando Gedimino tornò tra la sua gente, apprese che suo padre era morto, e che
lo aveva designato come successore. Gedimino iniziò quindi a governare la sua
gente favorendo l'attività missionaria di Gallo, che fondò la prima comunità
cristiana della Valacchia.
Pietro
I Il Savio (660-700), ricevette questo nome perché suo padre, San
Gedimino I, voleva che il figlio si distinguesse in mezzo ai principi delle
tribù vicine, e che fosse chiara la sua adesione alla nuova religione cristiana,
senza alcuna devozione verso gli antenati e le divinità tradizionali.
Anche su questo personaggio le conoscenze sono frammentarie, e gli storici in
particolare sono perplessi per la lunga durata del suo regno, quarant'anni.
Pietro secondo le cronache fu un governante pio e pacifico. Continuò l'opera di
suo padre stabilendo il calendario dei cristiani e inviando dei messi in
occidente per comprendere i costumi dei popoli romani.
Flavio I Il Conquistatore (700-733), figlio di Pietro I, da adolescente visitò Ravenna e Roma, innamorandosi delle storie sulle vite di Augusto e Costantino. Succeduto al padre, si trovò a fronteggiare la ribellione di un cugino rimasto fedele agli antichi dèi. Dopo averlo sconfitto, penetrò nella foresta sacra distruggendo l'albero presso cui molti sciamani locali compivano i loro rituali. Così facendo scatenò un aspro conflitto con tutti i popoli circostanti. Dopo anni di combattimenti sconfisse tutti i nemici affermando la superiorità del Signore dei cristiani e provocando un'ondata di adesioni al cristianesimo.
Duchi dei Valacchi (storicamente
accertati)
Costantino I Il Romano (733-750),
figlio di Flavio I, è il primo sovrano sul quale abbiamo notizie certe. Dopo le
vittorie del padre si trovò a governare su ben dodici tribù e dall'alto della
sua nuova autorità, stabilì rapporti ufficiali con il Papa a Roma e l'Imperatore
a Costantinopoli. Sposò una nobile romana, Severa, e una delle loro figlie fu
data in sposa ad Astolfo, Re dei Longobardi.
Flavio II L'Evangelizzatore (750-762), figlio di Costantino I, trascorse tutta la durata del suo regno combattendo contro gli avari e gli slavi. Riuscì a convincere il re dei longobardi, dopo molte insistenze, a rimandare i suoi progetti contro i bizantini ed il Papa per lottare insieme contro il nemico comune. In seguito alle campagne condotte dai due sovrani, i valacchi cominciarono a sottomettere e cristianizzare i popoli slavi dei masovi e dei polani, mentre i longobardi estesero il ducato del Friuli verso nord e verso est, cancellando la Carantania.
Pietro II Il Martello (762-799), figlio di Flavio II, continuò le lotte di suo padre rinnovando l'alleanza con i longobardi, nel frattempo guidati dal nuovo re Desiderio e anzi allargando il patto a Carlo il Grande, Re dei Franchi. Nelle loro campagne coordinate, le popolazioni pagane furono sconfitte su tutti i fronti. Il longobardo Desiderio sconfisse Porga, capo dei croati, e riunì la Dalmazia al regno italico, come al tempo di Teodorico. Carlo sconfisse a più riprese i sassoni e impose loro la conversione al cristianesimo. Pietro da parte sua iniziò la sottomissione e la conversione di obodriti, veleti e sorabi. Morì avvelenato, probabilmente da suo fratello Secondo.
Secondo Il Crudele (777-799), fratello di Pietro II, salì al trono dopo averlo fatto probabilmente avvelenare. Dopo la sconfitta degli avari e la sottomissione dei popoli slavi ad essi precedentemente assoggettati, franchi, valacchi e longobardi avevano raggiunto un confine comune, ed era quindi inevitabile che due re si sarebbero alleati contro il terzo. Pietro aveva scelto, anche dietro consiglio del Papa, di allearsi con il franco Carlo contro il longobardo Adelchi, Secondo era invece a capo di una fazione che voleva fare la scelta contraria. Carlo fece comunque un tentativo di oltrepassare le Alpi, ma fu respinto dalle forze congiunte di Adelchi e Secondo.
Costantino II Il Costruttore (808-833), figlio di Secondo, fu un duca giusto e pacifico. Volendo espiare il peccato compiuto da suo padre, decise di dare nome "Petropoli" alla sua nuova capitale, che cominciò a costruire sul Mar Baltico, in una posizione molto felice per la navigazione. Dal punto di vista delle alleanze, egli si impegnò a far riavvicinare franchi e longobardi. Fece sposare suo figlio Pietro con Iltrude, figlia dell'erede al trono franco Lotario.
Pietro III Il Giustiziere (833-853), figlio di Costantino II, continuò la sua opera di costruzione della capitale. Avendo sposato Iltrude, figlia di Lotario, Pietro partecipò alla guerra di quest'ultimo contro i ribelli Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, aiutandolo a sconfiggerli. Ludovico il Germanico, ridimensionato e privato di molte terre, cercò in seguito di mettersi a capo degli slavi di Boemia, assassinando il capo locale Hostivit. Pietro colse l'occasione per intervenire, lo sconfisse e si fece eleggere sovrano dai boemi con la stratagemma di non poter altrimenti condannare a morte Ludovico.
Granduchi dei Valacchi
Michele I
Il Duca Grande (853-883), figlio di Pietro III e Imiltrude, completò la
sottomissione della Moravia. Fatte battezzare le figlie dell'ultimo duca dei
moravi, Rzepka e Biagota (mutò i loro nomi in "Maria" e "Benedetta") le inviò
come spose al Re dei Franchi, Ugo I, e Basilio I, Imperatore a Costantinopoli.
Le vittorie ottenute e l'amicizia con i due potenti sovrani gli consentirono di
fregiarsi del titolo di "Granduca".
Costantino III Il Saggio (883-898), figlio di Michele I, intervenne come paciere dopo l'ennesima guerra tra franchi e longobardi. Il problema tra i due regni era che l'ampliamento dei confini del regno longobardo e il rafforzamento del controllo regio sui suoi ducati, suscitavano allarme nel Papa, che non voleva sentirsi ospitato sul territorio di alcun re. Costantino riuscì a trovare la soluzione disegnando i confini dello Stato Pontificio in modo da comprendere il Lazio e l'importante regione della Tuscia, ma nessun territorio al di là degli Appennini, in modo da non dividere il regno longobardo in due metà separate.
Flavio
III Il Disarcionato (898-911), figlio di Costantino III, per tutto il suo
regno fu impegnato contro le scorrerie dei pirati vichinghi e dei cavalieri
ungari.
I vichinghi in particolare, sconfissero la sua flotta e dopo averla assediata
conquistarono la capitale. Per tutti gli anni in cui fu occupata dai vichinghi
la città si chiamò "Kungsberg". Flavio rifiutò l'idea di rassegnarsi alla
perdita e di costruire una nuova capitale, e lottò incessantemente per
riprendere la città agli invasori. Morì, purtroppo, senza riuscire nell'intento.
Carlo I Lo Sfortunato (911-939), figlio minore di Flavio III, la sua ascesa al trono non era prevista, ma la morte dei fratelli maggiori lo costrinse ad abbracciare l'arduo compito. Nella lotta contro i vichinghi non fu fortunato, e i domini vichinghi vicino a Kungsberg si ampliarono. Non potendo allearsi con il regno dei franchi, che era in subbuglio (il legittimo sovrano, Carlo II, era stato detronizzato e il regno di era diviso in due metà dove erano stati eletti dai nobili due re diversi) provò ad allearsi con il principe di Kyiv, Igor. L'alleanza fu tuttavia improduttiva.
Costantino IV Il Disperso (939-941), figlio di Carlo I, ricostruì la flotta e tentò di contrattaccare, portando la guerra nelle terre dei vichinghi. Dopo essere sbarcato su una grande isola (gli storici ipotizzano Gotland, ma gli svedesi dichiarano che non ci siano prove che ciò sia realmente accaduto) ed averla messa a sacco, fu travolto da una tempesta sulla via del ritorno e scomparve in mare, alimentando svariate leggende.
Michele II Il Combattente (941-980), fratello di Costantino IV, contribuì alla sconfitta definitiva degli ungari insieme ai re franchi Ugo II e Ottone I (rispettivamente re dei franchi occidentali ed orientali) e al Re d'Italia Pandolfo. In seguito Michele assediò Kungsberg, ma non riuscì ad espugnarla a causa del sostegno congiunto di danesi e svedesi. Nonostante la distruzione della fortezza danese di Jomsborg (non ancora localizzata con esattezza, forse sull'isola di Rugen), il dominio scandinavo rimase saldo.
Flavio IV Il Protettore (980-1003), figlio di Michele II, attaccò l'Ungheria sconfiggendo il suo sovrano, Geza, e ottenendo che il ducato di Nitra diventasse vassallo del Granducato di Valacchia. Successivamente, poiché Geza era stato indebolito dalla guerra, il suo rivale pagano Koppany riuscì a salire al trono, al posto dell'erede legittimo, suo figlio Stefano. Lo spietato Koppany eliminò tutti i possibili rivali ma due nipoti di Geza erano a Nitra e Flavio assicurò la loro protezione.
Pietro IV Il Buono (1003-1047), figlio di Flavio IV, continuò a interessarsi dell'Ungheria. Dopo la morte di Koppany, il potere era passato a Samuele, del clan degli Aba, che si vantava di discendere direttamente da Attila. Il Re di Germania, Enrico III il Nero e il Re d'Italia, Guaimario IV si accordarono per sostenere contro di lui un veneziano, Pietro Orseolo, lontano discendente di Geza. In un primo tempo, la fortuna arrise alla coalizione degli invasori, ma il nuovo sovrano da loro imposto si rivelò alquanto incapace, con il risultato che gli ungheresi si ribellarono al suo potere. Pietro IV a questo punto lasciò ad Andrea di Nitra, suo vassallo, il permesso di tornare nel suo paese per mettersi a capo della ribellione contro Pietro. Una volta diventato Re d'Ungheria, Andrea fu riconoscente a Pietro e gli concesse di annettere definitivamente il principato di Nitra alla Valacchia.
Gedimino II Il Fortunato (1047-1081), figlio di Pietro IV, dovette fronteggiare l'ira dei sovrani d'Italia e di Germania, che non avevano affatto gradito l'avvento di Andrea I come Re d'Ungheria. I due re riunirono i loro eserciti nel ducato d'Austria, e intrapresero una spedizione punitiva all'interno della Valacchia. Gedimino per alcuni mesi evitò scontri diretti, e rafforzò il suo esercito con cavalieri dall'Ungheria e dalla Rus. Per sua fortuna, le basi del Regno d'Italia erano più fragili del previsto: l'ambizioso normanno Roberto il Guiscardo, al servizio di Guaimario, lo tradì e lo depose, proclamandosi Re al suo posto. Nella confusione che seguì, Roberto affrontò lo stesso Enrico III infliggendogli una severa sconfitta e a quel punto rientrò in Italia per consolidare il suo potere.
Re dei Valacchi
Flavio V
Il Crociato (1081-1099), figlio di Gedimino II, colse l'occasione della
grande rivolta sassone, che mise fine al regno di Enrico IV facendo ascendere al
trono Rodolfo I, per stringere un'alleanza con la nuova dinastia. In seguito,
Flavio V fu il primo sovrano a rispondere all'appello del Papa per partecipare
alla crociata, e partì insieme ai propri cavalieri. In cambio, ottenne dal
Pontefice il riconoscimento del titolo regio. In Terrasanta, il re trovò la
morte anche se non gloriosamente, durante una battaglia, ma a causa del morso di
un serpente velenoso.
Costantino V Il Pio (1099-1113), figlio di Flavio V, condusse una vigorosa campagna militare contro i peceneghi e altri predoni nomadi che imperversavano ai confini del regno. Dopo la campagna, fondò i cavalieri dell'Ordine di S. Gedimino, una congregazione di monaci guerrieri con la missione di diffondere il cristianesimo presso i popoli ancora pagani e anche di contribuire alle crociate in Terrasanta.
Michele III Il Liberatore (1113-1134), figlio di Costantino V, l'obiettivo del suo regno fu la riconquista di Kungsberg/Petropoli. Approfittando delle tensioni dinastiche presenti sia in Svezia sia in Danimarca, Michele strinse d'assedio la città per ben tre anni, finché i vichinghi stremati scelsero di uscire dalle mura e cercare una morte onorevole in battaglia. Michele, entrato in città dopo averli sconfitti la fece battezzare e benedire come Petropoli e dispose che fosse ricostruita completamente, non lasciando nessuna traccia del passaggio dei vichinghi.
Pietro V Il Gaudente (1134-1155), figlio di Michele III, partecipò alla seconda crociata con risultati controversi. Egli infatti non era fisicamente prestante, e neppure particolarmente versato nell'arte militare. Partecipò comunque alla crociata per mantenere buoni rapporti con il Papato e per non dimostrarsi debole rispetto agli altri sovrani del tempo. Durante il suo soggiorno a Gerusalemme divenne protettore di Brancaleone da Norcia, cavaliere italiano scacciato dai suoi perché considerato vile ed incapace, e che invece al comando di Pietro compì numerose imprese cavalleresche.
Gedimino III Il Popolano (1155-1182), figlio di Pietro V nato a Gerusalemme, scampò all'epidemia infantile che fece morire i suoi fratelli maggiori nati prima della crociata e rimasti nella madrepatria. Dopo il rientro in Valacchia, suo padre il re lo fece educare lontano dai fasti della corte. Michele, infatti, proprio per i suoi vizi, era convinto di dover educare il figlio diversamente da lui. Gedimino, infatti fu un sovrano sensibile ed attento ai bisogni dei suoi sudditi, in particolare del nascente ceto mercantile.
Flavio VI Il Valoroso (1182-1222), figlio di Gedimino III, fu un sovrano combattente. Partecipò alla terza crociata insieme al Re d'Inghilterra, Riccardo Cuor di Leone, al Re di Francia, Filippo II, al Re di Germania, Enrico il Leone. Avrebbe dovuto partecipare alla crociata anche il Re d'Italia, Guglielmo II, ma la morte lo aveva colto proprio durante i preparativi, nonostante la giovane età. Dopo pochi mesi, la spedizione militare fu rovinata dagli intrighi: inglesi e francesi non riuscivano a mascherare la loro rivalità, mentre Enrico VIII il Leone, rimasto vedovo, meditava di liberare e sposare Costanza d'Altavilla, erede potenziale al trono italiano, che era stata momentaneamente estromessa ed imprigionata da Tancredi di Lecce.
Costantino VI Il Magnifico (1222-1254), figlio di Flavio VI, appoggiò le ambizioni di Guelfo, figlio di Enrico VII il Leone e di Costanza d'Altavilla, per ottenere la corona d'Italia. Guelfo peraltro si rivelò un sovrano illuminato, tanto da essere soprannominato "stupor mundi" grazie a lui i commerci tra l'Italia e la Valacchia fiorirono particolarmente. In particolare prese il nome di "Via Aurea" quella che univa Petropoli, sul Baltico e Venezia, sull'Adriatico (anche se Venezia non era parte del Regno d'Italia ne era strettamente legata).
Pietro VI Il Difensore (1254-1270), figlio di Costantino VI, appoggiò Corrado, figlio di Guelfo d'Italia contro il tentativo di usurpazione del trono a opera di Carlo d'Angiò, fratello minore del Re di Francia. Corrado attendeva il suo nemico nei dintorni di Asti, per scontrarsi con lui dopo il passaggio delle Alpi. Carlo d'Angiò, con una manovra astuta, attraversò invece il mare approdando in territorio pontificio, e da lì intendeva attaccare e sconfiggere le truppe che Corrado aveva lasciato in riserva al sud, e poi risalire la penisola per la battaglia decisiva. Corrado, non appena saputo dello sbarco nemico si spostò verso sud e alla fine i due eserciti si scontrarono nei pressi di Tagliacozzo. Corrado vinse e Carlo fu costretto a rinunciare al suo sogno. Nella battaglia, peraltro, Carlo perse il suo giovane figlio, che portava lo stesso nome.
Costantino VII L'Innominabile (1270-1302), fratello di Pietro VI, fu un
crudele tiranno, al punto che dopo di lui nessuno più avrebbe voluto portare
quel nome.
Si sospetta che sia stato lui a tentare di far rapire Agnese di Brienne, per
impedire il matrimonio con il Re d'Italia Corrado I e ricomporre la storica
frattura tra guelfi e normanni. Si sospetta anche che fu lui a far assassinare
Guglielmo di Brunswick, figlio minore del Re di Germania Alberto I, che
intendeva presentarsi come candidato al trono ungherese. Oltre a questi fatti
clamorosi, fece eliminare numerosi nobili e plebei sospettati di cospirare
contro di lui o semplicemente di ostacolare i suoi progetti.,
Gedimino IV L'Architetto (1302-1316), figlio di Costantino VII, si dedicò soprattutto ad accrescere la prosperità e la bellezza del suo regno, destinando le risorse all'ampliamento ed all'abbellimento di Petropoli. Durante il suo regno fu iniziata, grazie al contributo di architetti francesi, la costruzione della cattedrale gotica (non la più antica costruita in città, ma la più antica arrivata indenne fino ai giorni nostri). Dante Alighieri, poeta della corte italiana di Pavia, nominò Gedimino nella Divina Commedia, collocandolo nel suo Paradiso mentre ovviamente a suo padre aveva riservato un posto nell'Inferno.
Michele IV L'Assediato (1316-1331), figlio di Gedimino IV, affrontò in guerra Uz Bek, Khan dell'Orda d'Oro, che dopo aver sottomesso i vari stati russi non disdegnava tentativi di sottomettere altri stati posti ancora più a occidente. Michele decise di giocare d'anticipo, e strinse un'alleanza segreta sia con Michele di Tver, nobile russo ostile ai mongoli, sia con l'Ilkhanato, lo stato mongolo persiano appena attaccato da Uz Bek. Il mongolo arrivò con il suo esercito ad assediare Petropoli, ma la solidità delle mura e le rivolte russe aizzate da Michele di Tver lo scoraggiarono dal portare l'assedio fino in fondo.
Filippo I Il Riformatore (1331-1344), fratello di Michele IV, subentrò a Michele poiché quest'ultimo, morto relativamente giovane, non aveva avuto figli maschi in grado di succedergli. Filippo promosse varie riforme: tra le altre cose creò un'anagrafe civile e un sistema catastale simile a quelli moderni. Per quanto riguarda l'agricoltura, promosse la creazione di canali di irrigazione e fece ripulire il corso dei fiumi per evitare le alluvioni. Soprattutto, creò il Senato, concedendo ai nobili di partecipare alle sue decisioni in cambio della rinuncia a certi privilegi personali e fiscali che risalivano ai tempi antichi, e che Filippo considerava anacronistici.
Pietro VII L'Infausto (1344-1352), figlio di Filippo I, fu il sovrano che regnò sulla Valacchia durante la grande epidemia di peste. Anche per questo motivo, dopo di lui nessuno volle più regnare con il nome di "Pietro" considerato infausto nonostante ci fossero stati, prima di Pietro VII, sovrani famosi e associati a memorie di gloria e prosperità.
Flavio VII Il Pio (1352-1377), figlio di Pietro VII, si ammalò di peste ma, diversamente da suo padre, riuscì a guarire dal morbo. Fu un sovrano molto devoto, si diceva che non toccasse mai sua moglie per timore dell'impurità (di fatto non ebbe figli né dalla regina, né da altre donne) ma soprattutto disposto a devolvere ingenti beni del regno a enti religiosi. Da questo derivò un diffuso malcontento verso i religiosi, che preparò peraltro la strada alla predicazione di Giovanni Iusso. I nobili, temendo una rivolta popolare, deposero Flavio e misero al suo posto il fratello Augusto, valente cavaliere.
Augusto I Il Vittorioso (1377-1389), fratello di Flavio VII, salì al trono dopo la rimozione incruenta di quest'ultimo (si trasferì a vivere in un monastero, senza esservi particolarmente forzato). Augusto diede in sposa sua figlia Flavia a Giovanni I, il nuovo Re d'Italia e Aragona (figlio di Pietro IV d'Aragona e di Eleonora d'Italia). Dopo aver stretto l'alleanza con Giovanni e con la Serbia, in funzione anti-turca, il sovrano valacco partecipò alla celebre battaglia della Piana dei Merli, nella quale italiani e serbi schiantarono l'esercito del sultano turco Murad arrestando l'avanzata turca. Rimasto gravemente ferito in battaglia, subì invano l'amputazione di un braccio nel tentativo di salvargli la vita.
Enrico
I Il Cadetto (1389-1400), cugino di Augusto I, salì al trono dopo la
morte di quest'ultimo. Inizialmente, i nobili avevano chiesto a Flavio VII, che
era ancora vivo, di abbandonare la vita contemplativa per tornare a regnare. Il
rifiuto di quest'ultimo aprì le porte a Enrico, che aveva già avuto importanti
incarichi civili e militari sotto suo cugino.
Enrico diede in sposa sua figlia Costanza a Luigi d'Ungheria (nato Luigi di
Valois, fratello minore del Re di Francia) che fu scelto dai nobili ungheresi
come nuovo sovrano, dopo l'estinzione della dinastia precedente. La coppia gli
diede due nipoti, di cui un maschio destinato a regnare sull'Ungheria con il
nome di Stefano VI.
Michele V Il Nero (1400-1443), figlio di Enrico I, dovette vedersela con Giovanni Iusso. Il predicatore attaccava Michele accusandolo di aver avuto per nutrice una strega chiamata Biruté. Si era diffusa infatti la leggenda che nel nord del regno, in mezzo alla foresta, ci fosse un villaggio volontariamente risparmiato dalla cristianizzazione, e che da tale villaggio i regnanti facessero venire streghe ed astrologi dei quali servirsi. -Michele non voleva fare del predicatore un martire, ma infine lasciò che fosse condotto a Roma, dove lo processarono per le sue idee e, trovatolo eretico, lo condannarono a morte. Michele dopo questo episodio regnò ancora a lungo e fu un sovrano equilibrato e magnanimo.
Gedimino V Il Rosso (1443-1467), figlio di Michele V, partecipò con il
cugino Stefano VI d'Ungheria alla sfortunata battaglia di Varna, nella quale gli
eserciti cristiani furono inaspettatamente battuti dai turchi. Il suo nomignolo
"il rosso" deriva dal fatto che fu visto, dopo la battaglia, completamente
sporco di sangue.
Gedimino diede in sposa sua figlia Elisabetta al Re d'Italia Giovanni II, della
dinastia di Lorena (nel 1412, alla morte di Re Martino, era stato scelto come
suo successore Luigi, zio di Giovanni).
Nel frattempo il Re del Portogallo, Alfonso V, sposava la giovanissima Isabella
di Castiglia, determinando l'unione tra i due regni.
Enrico
II Il Paladino (1467-1490), figlio di Gedimino V, intervenne in Italia
dopo la breve guerra civile nella quale trovarono la morte Nicola I e il suo
cugino rivale, Riccardo di Vaudemont. Enrico riuscì, con la sua presenza, a
garantire a sua sorella Elisabetta (madre di Nicola e moglie del suo
predecessore Giovanni), di continuare a regnare fino alla morte, evitando di
dare subito inizio a una nuova guerra civile per la successione.
In seguito, Enrico riuscì a far fidanzare suo figlio Filippo con Maria, l'ultima
delle figlie di Alfonso V del Portogallo e Isabella di Castiglia, i fondatori
del Regno d'Iberia. Il matrimonio dei due giovani principi fu celebrato subito
dopo il matrimonio della sorella maggiore di Maria, Giovanna, con il nobile
pontificio Pietro di Firenze, figlio del celebre Lorenzo il Magnifico.
Filippo
II L'Emigrato (1490-1535) figlio di Enrico II e di Maria d'Iberia, si
trasferì per alcuni anni con la moglie in Iberia per fungere da reggente al
nipote Carlo, dopo la tragedia della regina pazza (Giovanna I, che non era mai
riuscita a superare la morte del marito, un giorno aveva assassinato il figlio
più giovane, Ferdinando, e si era suicidata). In seguito, dovette vedersela con
l'inizio della riforma protestante e con il sacco di Roma voluto dal Re di
Germania, Enrico XI, contro l'intransigente Papa Bonifacio X.
Filippo aderì al fronte cattolico che costrinse Enrico ad abbandonare l'Italia
favorendo il ritorno del Papa a Roma. Morì pochi anni dopo, per un incidente
durante una battuta di caccia.
Michele VI Il Perdente (1535-1555), fratello di Filippo II, appoggiò il Re d'Ungheria Stefano VII contro i turchi ottomani. Il sovrano, che dopo la battaglia di Mohacs era stato preso prigioniero fino alla firma di un trattato che sanciva la sottomissione del suo paese al sultano, aveva poi rinnegato l'accordo e ripreso la lotta. Dopo la definitiva sconfitta dell'Ungheria, gli ottomani condussero una puntata offensiva verso nord, invadendo anche il territorio della Germania e devastando le città di Vienna e Salisburgo. Michele tentò invano di fermare gli invasori, ma si rivelò militarmente poco capace e fu umiliato in battaglia dai turchi.
Augusto
II Il Cattolico (1557-1566) , figlio di Michele VI, appoggiò il nuovo
sovrano tedesco cattolico, Ottone VIII, in guerra con i suoi cugini protestanti
(Guerra del Cuore Crociato, denominata così perché quello era il simbolo dei
protestanti che seguivano le idee di Lutero).
Alla fine del suo regno Augusto fu impegnato anche a combattere contro la Russia
di Ivan il Terribile, alla ricerca di uno sbocco al mare. Augusto, forte del
sostegno di danesi e svedesi, convinse l'invasore a ritirarsi.
Enrico III Il Beneamato (1566-1587), figlio di Augusto II, vide il suo regno iniziare sotto cattivi auspici. Alcuni magnati, forse corrotti dal Ivan il Terribile, sobillarono il Senato e invece di acclamare subito l'erede al trono Enrico come Re, scrissero un documento secondo cui stabilirono che il Senato avrebbe eletto fra più candidati quello più degno di regnare, indipendentemente dal legame di sangue col defunto monarca. Enrico reagì con nervi saldi e scaltrezza: invece che tentare di forzare i senatori come avrebbe fatto un tiranno, si presentò nella piazza principale della capitale, in mezzo ai sudditi plebei, e lasciò che fossero loro a salutarlo come Re. A questo punto i magnati ebbero paura a contraddire il popolo e, adducendo la mancanza di altri candidati, tornarono sui loro passi riconoscendo Enrico come legittimo sovrano. Negli anni successivi, le principali famiglie nobili, temendo di essere cadute in disgrazia, fecero del loro meglio per assicurarsi la benevolenza del sovrano. Nel frattempo Ivan il Terribile, che aveva cercato di approfittare di una eventuale crisi interna valacca per attaccare di nuovo, fu sconfitto a più riprese e frustrato nelle sue velleità di conquista.
Augusto
III Testa di Ferro (1587–1600), figlio di Enrico III, fu coinvolto nella
cosiddetta Lunga Guerra, al fianco di ungheresi ed italiani contro l'Impero
Ottomano. La Convenzione Venezia, firmata da Michele con il Re d'Italia, stabilì
un'alleanza perpetua tra i due regni per la lotta contro i turchi. La campagna
militare contro i turchi fu in effetti un successo: l'esercito ottomano fu
sconfitto a più riprese e i confini si spostarono a favore del mondo cristiano
per centinaia di km.
Augusto fu anche il terzo sovrano valacco a confrontarsi con Ivan il Terribile e
anche lui riuscì a sconfiggerlo.
Michele VII L'Ungherese (1600–1635), figlio di Augusto III, fu occupato a gestire il problema dell'Ungheria. Dopo la morte dell'ancora giovane e privo di eredi Andrea V, i nobili ungheresi avevano scelto Sigismondo Bathory che però fu assassinato su istigazione del sultano turco. La nobiltà ungherese reagì dichiarando precipitosamente guerra ai turchi, senza attendere i propri alleati. Il risultato fu una rapida vittoria turca. Con la nobiltà ungherese quasi sterminata in battaglia, gli ottomani cancellarono il Regno d'Ungheria e le sue istituzioni, dividendo il paese in province, e confiscando i maggiori latifondi. La Convenzione di Praga, che sostituì la precedente alleanza tra Valacchia, Ungheria e Italia, stabilì che Italia e Valacchia avrebbero considerato il corso del Danubio come loro confine quando avrebbero sconfitto i turchi e annesso ai loro regni i territori già appartenenti a quello d'Ungheria.
Filippo
III Il Mercante (1635–1654), figlio di Michele VII, sotto il suo regno si
conclusero le aspre lotte che avevano sconvolto l'Europa a causa della riforma
protestante. La Francia aveva definitivamente scelto la fede riformata, che
fruttava ai suoi sovrani il supporto delle ricche città mercantili della
Svizzera e dell'Olanda, mentre anche in Germania l'ultimo portabandiera del
cattolicesimo nella famiglia reale, Guglielmo di Hartburg, si era arreso al
protestante Augusto il Giovane. In Italia, dove dopo Elisabetta si erano
succeduti sovrani elettivi, nessuna dinastia riuscì a prevalere.
Filippo, nonostante la differente fede, promosse la nascita della Compagnia
Baltica delle Indie insieme ai sovrani di Danimarca e Svezia, per condurre
commerci oceanici senza soccombere all'aggressività delle compagnie dei paesi
più forti come l'Inghilterra, la Francia e l'Iberia.
Enrico
IV Il Severo (1654-1670), figlio di Filippo III, lottò aspramente contro
la Russia. Tutto iniziò con una rivolta nell'estrema regione orientale del
paese. Lì vivevano soprattutto contadini ortodossi, ma i latifondisti per cui
lavoravano erano nobili valacchi cattolici. La frustrazione per lo sfruttamento
si sommò all'intolleranza confessionale, e i contadini si diedero spontaneamente
alla violenza contro i loro signori. I governatori locali non riuscirono a
ristabilire la calma e di questo approfittò lo Zar dei russi, che si accordò con
i capi della rivolta garantendo loro protezione.
Enrico IV scese quindi in guerra con la Russia e dopo una lunga campagna riuscì
a sconfiggere i ribelli, al costo però di immensi massacri.
Gedimino VI Il Dacico (1670-1695), figlio di Enrico IV, fu impegnato
nella grande guerra contro i turchi. Ancora una volta italiani e valacchi
riuscirono a combattere bene assieme, e furono ottenuti grandi successi, dei
quali tuttavia Re Gedimino non poté vedere i frutti, anche se, al momento della
sua morte, la vittoria della coalizione cristiana contro i turchi era già
assolutamente certa.
La guerra fu molto importante per la tradizione militare valacca: i più antichi
reggimenti permanenti dell'esercito risalgono al regno di Gedimino VI e la loro
tradizione e simbologia discende da quella guerra.
Filippo
IV Il Magnanimo (1695-1740), figlio di Gedimino VI. Sotto il suo
lunghissimo regno si verificò la Guerra di Successione Britannica, tra Giorgio
Ludovico di Hannover e Filippo di Francia. La guerra oltre che per stabilire
quale paese vicino avrebbe avuto un rapporto privilegiato con la Gran Bretagna,
fu anche l'occasione per riaccendere rivendicazioni reciproche sui territori
della Valle del Reno. Filippo riuscì a convincere i sovrani di Danimarca e
Svezia, suoi soci nei commerci coloniali, a restare neutrali. Un analogo accordo
fu siglato con la Spagna, anche perché il suo sovrano Carlo II, che aveva
sposato come seconda moglie una delle figlie di Filippo ed aveva avuto da lei il
sospirato erede, teneva in grande considerazione il parere del suocero. La
guerra si concluse con un accordo salomonico: Giorgio divenne Re di Gran
Bretagna, mentre Filippo, molto gradito ai nobili italiani, si convertì al
cattolicesimo, sposò una giovane nobile italiana (Elisabetta Farnese) e fu
eletto Re d'Italia.
La pace nella parte orientale del continente fu invece turbata a causa del
rivoluzionario Zar Pietro. Dopo un viaggio in Europa occidentale, Pietro si era
convinto della superiorità di quella società e cultura rispetto alla sua. Aveva
deciso pertanto di aderire alla riforma protestante, stravolgendo il suo paese.
Fu così che le guerre di religione, spente in occidente, si riaccesero in
oriente. Filippo concesse asilo al figlio dello Zar per salvargli la vita.
Augusto IV Il Filelleno (1740-1755), figlio di Filippo IV, fu a sua volta coinvolto dalla guerra dinastica e religiosa russa. Dopo l'eliminazione del fratellastro Pietro dalla linea ereditaria, il potere fu conteso dalle due sorelle Anna ed Elisabetta. Anna aveva seguito la scelta religiosa di suo padre, diventando protestante e sposando un nobile appartenente a un ramo cadetto della dinastia reale tedesca; Elisabetta era invece tornata all'ortodossia, aveva sposato un ufficiale russo, e si faceva portabandiera della fazione politica nazionalista. Filippo appoggiò Elisabetta, ma comunque nessuna delle due riuscì a prevalere, ma nel frattempo la divisione religiosa del paese si trasformò in divisione territoriale: al nord aveva prevalso la riforma protestante, al sud era rimasta prevalente l'ortodossia. Si formarono infine due stati: a nord, regnavano Anna e suo figlio Ivan, che avevano mantenuto il controllo di Mosca e si consideravano i legittimi sovrani; a sud Elisabetta, che aveva scelto come sua capitale Kiev e che fece della sua parte di Russia il bastione dell'ortodossia.
Filippo
V L'Illuminato (1755-1782), figlio di Augusto IV, riformò l'esercito
(creando reggimenti d'elite come quelli di granatieri, cacciatori e ussari) si
adoperò per fortificare maggiormente i confini orientali, e si interessò persino
delle uniformi e delle marce da parata. Questa passione lo accomunava al suo
amico Pietro di Russia, che dopo la morte di Elisabetta fu chiamato dal
Patriarca di tutte le Russie a raggiungerlo a Kiev per salvare il paese dai
protestanti del nord che intendevano annetterlo. Mentre preparava la campagna,
tuttavia, Pietro fu assassinato dall'amante della sua intrigante moglie
Caterina. Sfumò così la possibilità di un pretendente al trono che intervenisse
nella guerra russa.
La rivolta ortodossa continuò allora sotto la guida del cosacco Pugachev, che
fondò la Repubblica d'Ucraina e diede filo da torcere ai generali di Mosca fino
a che Ivan VI non decise di rinunciare alla riconquista di Kiev ed alla
conversione del sud.
Colpito dalla nascita di una repubblica, nonché dalle letture dei saggi
illuministi, Filippo agì per riformare il Senato. Egli ridusse il numero dei
nobili, prima membri esclusivi dell'assemblea, a solo un quarto dei membri,
mentre un quarto stabilì che fosse formato da ecclesiastici, un quarto da
giudici, funzionari e professori delle università, un ultimo quarto da
rappresentanti delle città, quindi borghesi membri delle corporazioni mercantili
e artigianali.
Enrico V Il Giusto (1782-1795), figlio di Filippo V, rimaneggiò le riforme istituzionali già intraprese dal padre. Sua iniziativa fu la formazione del Consiglio Generale, assemblea composta di rappresentanti borghesi diversi da quelli presenti in Senato, poiché scelti come rappresentanti dei loro territori, e non delle corporazioni. Al Consiglio Generale furono affidati molti dei compiti precedentemente affidati al Senato, che tuttavia continuò a funzionare. Tra le altre riforme, Enrico decise di adottare il Sistema Metrico Decimale, di creare una banca centrale e di abolire la pena di morte. Decisiva fu, per queste riforme, la sua visita a Versailles, ospite di Luigi XVI e di sua moglie Augusta di Brunswick. Alla corte francese, infatti, Enrico vide i segni di una decadenza e di una corruzione che aumentò in Enrico il desiderio di organizzare il suo regno secondo ordine ed efficienza.
Gedimino VII L'Afflitto (1795-1811), figlio di Filippo V, fu coinvolto nelle guerre napoleoniche e fu probabilmente il primo sovrano valacco a soffrire di depressione. Durante il suo regno, il militare Napoleone Buonaparte, al servizio del Re d'Italia, dapprima si coprì di gloria in una campagna militare contro l'Iberia (gli iberici avevano sempre rivendicato l'Aragona, unita alla corona d'Italia sin dal XIV secolo) e successivamente si ribellò al suo sovrano. Dopo averlo deposto, tornò in Iberia, che riteneva migliore come base di partenza per cercare di costruirsi un impero. "Un novello Cesare è apparso nel Mondo" disse Gedimino VII nel commentare l'avvenimento. Buonaparte vari interventi internazionali fino a che una poderosa coalizione giunse a occupare per alcuni anni l'Iberia e il meridione d'Italia, dove i buonapartisti condussero una durissima guerriglia.
Augusto
V Il Conciliante (1811-1828), figlio di Filippo V, partecipò al Congresso
di Francoforte, dove i sovrani europei si consultarono su come fare fronte alla
fuga di Buonaparte nel Nuovo Mondo e sulle insurrezioni da lui provocate in
tutte le Americhe. Fu deciso di inviare un corpo di spedizione nelle Americhe
per cercare di sconfiggere l'Impero Americano di Napoleone I e dei suoi
successori (Agostino I e Simone I). L'esito delle spedizioni fu tuttavia
disastroso e la Valacchia decise di sfilarsi dalla coalizione e normalizzare i
rapporti con gli stati del nuovo ordine americano.
Nel frattempo il filosofo tedesco Fichte, osservando le sconfitte degli eserciti
francesi e tedeschi contro i buonapartisti, si era convinto che la divisione del
regno che fu di Carlo il Grande aveva causato solo miserie, e aveva scritto
nella sua opera più nota (Discorsi alla nazione tedesca e gallesca) della
necessità di riunire Francia Occidentalis e Francia Orientalis. In Francia e
Germania queste idee avevano avuto vasta eco.
Filippo
VI Il Moderno (1828-1850), figlio di Augusto V, fu il primo sovrano
valacco a patrocinare la costruzione di ferrovie. Oltre alla linea che
fiancheggiava l'antica via commerciale tra il Baltico e le Alpi, Francesco fece
iniziare la costruzione diretta verso i Carpazi ed il basso corso del Danubio,
dove si trovava il Principato della Piccola Valacchia. Si trattava di uno stato
ancora indipendente, ma Francesco puntava decisamente ad integrarlo nel regno
valacco.
Nel frattempo, tra Spagna e Italia ci fu il matrimonio dinastico tra Isabella
d'Italia e Carlo III d'Iberia. I liberali, oppositori di Isabella e soprattutto
dell'unione con l'Iberia, tentarono di impadronirsi del potere. Tra le loro
file, divenne popolare Giuseppe Garibaldi, che aveva combattuto per anni nelle
guerre americane. La Valacchia si schierò a favore della pace, cercando di
mediare tra le istituzioni del paese amico e i ribelli e momentaneamente la
guerra ebbe termine.
Enrico
VI Il Liberale (1850-1877), figlio di Filippo VI, fu il sovrano sotto il
quale la Valacchia iniziò la sua Rivoluzione Industriale. Furono completate le
principali tratte ferroviarie e la disponibilità di carbone consentì la nascita
di fabbriche di acciaio. Il progresso portò con sé anche dei problemi, ad
esempio la sempre maggiore consapevolezza dei lavoratori delle condizioni di
sfruttamento e la richiesta di maggiori diritti politici. Sotto il regno di
Enrico fu emanata la prima Costituzione scritta ed ampliato il diritto di voto
(pur senza concedere il suffragio universale richiesto da molti).
Nel frattempo, l'Italia si separò definitivamente dall'Iberia e dall'Aragona
proprio sotto la guida del ribelle Garibaldi. La nuova Repubblica Italiana
scelse come capitale Roma, occupando anche lo Stato Pontificio e mettendo fine
alla sua millenaria esistenza. Enrico VI, pur essendo contrario alla
soppressione dello Stato Pontificio, non poté far nulla per interferire con gli
eventi italiani, visto che nel frattempo al confine occidentale valacco, era
nato il potente Impero della nazione tedesca e gallesca. L'ultimo Re di Germania
non era sposato ed era privo di eredi, quindi Bismarck agevolò un colpo di stato
incruento per consegnare la corona di Germania a suo cugino Carlo, già re di
Francia. Il nuovo regno scelse come capitale Strasburgo.
Augusto VI L'Orgoglioso (1877-1896), figlio di Enrico VI, si trovò a far fronte a una situazione europea completamente mutata. Il nuovo impero franco-tedesco rivendicava una posizione di potenza nel mondo e al Congresso di Strasburgo si preoccupò soprattutto di assicurarsi grandi parti dell'Africa. Ciò aumentò la tensione con la Gran Bretagna, nonostante i relativi sovrani fossero imparentati tra loro. La Valacchia si astenne dal partecipare alla corsa alle colonie, ma inevitabilmente partecipò a quella agli armamenti, considerando la potenza crescente dei suoi confinanti. Augusto volle che il suo esercito si dotasse di armamenti come le mitragliatrici, e fece costruire una moderna classe di navi con scafo in acciaio, propulsione a vapore e cannoni di tipo moderno. I cantieri navali di Petropoli cominciarono anche a costruire i primi rudimentali sommergibili del paese.
Filippo
VII Il Pacifico (1896-1921), figlio di Augusto VI. La prima sfida del suo
regno fu certamente la rivoluzione nella vicina Russia: nel 1905, in seguito
alla sconfitta contro il Giappone, lo Zar Alessio III fu costretto ad abdicare
per evitare che il paese andasse completamente fuori controllo. Al suo posto fu
chiamato a Mosca il principe Nicola, discendente di quel Pietro che non era
riuscito a contrastare il cugino Ivan VI. Nicola, considerando le modalità che
lo condussero sul trono e la sua scarsa esperienza come statista, compì rapidi
passi verso una democrazia parlamentare, in modo da ridurre al minimo le sue
responsabilità politiche. Ad ogni modo, poiché Nicola era nato e cresciuto in
Valacchia, i rapporti tra i due paesi, tradizionalmente difficili, arrivarono a
una distensione.
Il regno di Filippo VII coincise soprattutto però con la Grande Guerra,
scoppiata per i contrasti tra britannici e franco-tedeschi sull'Africa. La
Valacchia rimase neutrale e durante il conflitto si arricchì producendo beni di
consumo per i paesi belligeranti. Il conflitto si concluse a favore della Gran
Bretagna, che ottenne il sostegno dell'Italia, dell'Impero Americano e del
Giappone. L'Impero Franco-Tedesco fu travolto dalla Rivoluzione, trasformandosi
in Unione Sovietica (il termine russo "soviet" fu introdotto dal russo Lenin,
affermatosi ben presto a capo dei rivoluzionari per il suo carisma).
Enrico VII Il Tiranno (1921-1947), figlio di Filippo VII, cominciò a regnare durante il periodo della grave crisi economica seguita alla guerra e alla famigerata epidemia di influenza spagnola. Il governo della Valacchia, vantava molti crediti verso quella che era diventata Unione Sovietica, e la politica valacca si divise ben presto tra coloro che volevano cooperare con il nuovo regime e coloro che intendevano combatterlo. Ben presto furono i secondi a prevalere, soprattutto dopo che l'influenza politica sovietica stimolò guerre civili in Iberia, Italia, Grecia, che portarono alla nascita delle democrazie popolari. Enrico commise il grave errore di affidarsi al generale Antonescu, che sospese la Costituzione ed iniziò una repressione violenta. Il nuovo dittatore del paese non perseguitò solo i socialisti, ma anche minoranze come gli ungheresi (che rivendicavano quantomeno l'autogoverno locale e l'uso della loro lingua) i rom e gli ebrei. Dopo l'assassinio di Antonescu, il re, ormai consapevole di quanto fosse sbagliata la strada intrapresa, riprese il controllo del paese e ripristinò la Costituzione. A quel punto abdicò, lasciando a suo figlio Augusto, non compromesso con il passato regime, di risollevare le sorti della monarchia.
Augusto VII Il Cittadino (1947-1948), figlio di Enrico VII, divenne re poco prima delle elezioni generali che sancirono il trionfo del Fronte Popolare. Il nuovo governo a guida socialista lo costrinse a ratificare l'adesione alla CAEM (Conseil d'Assistance Économique Mutuelle) e al Patto di Roma, le organizzazioni che legavano tra loro le nazioni socialiste rispettivamente per i rapporti economici e quelli militari. Nonostante l'adesione acritica alle scelte del governo, Augusto non riuscì a salvare la monarchia. Un referendum stabilì infatti che il popolo desiderava passare a un regime di tipo repubblicano, e il governo si sentì autorizzato a decretare l'esilio per la famiglia reale, non prima di averne preventivamente confiscato tutti i beni. Augusto si rassegnò pertanto a lasciare il paese.
.
Bhrghowidhon commenta:
Inferisco che il Punto di
Divergenza sia la Variante I. nella sua pura formulazione originaria.
Le ucronie sono descrizioni abbastanza accurate delle convinzioni dei loro
Autori sulla (Filosofia o anche Teologia della) Storia; però alcuni particolari
mi sfuggono:
- chi è il Carlo di cui si
parla durante il regno di Flavio III.;
- se il marito di Costanza d’Altavilla sia Enrico VIII. o VII.;
- se il Filippo di cui si parla durante il regno di Augusto IV. sia Filippo IV.
o Filippo V.
Gli sceneggiatori dell’"Armata Brancaleone" credevano all’etimologia popolare del nome Brancaleone e quindi non si sono resi conto che a Norcia non era concepibile...
.
Anche feder dice la sua:
A me i lavori di Alessio piacciono proprio perché, essendo immaginifici, riescono indubitamente a evadere i cliché del genere, risultando piacevoli alla lettura. Lo scrittore ha anche disseminato nel testo una serie di piccoli riferimenti popolari, che non mancano di fare sorridere.
Recensita a grandi termini l'opera, vorrei permettermi di svolgere una piccola riflessione. Nel lavoro di Alessio, non assistiamo mai alla c.d. 'convergenza imperiale' di almeno due dei tre regni europei, su cui si fondava l'equilibrio economico, militare e sociale del tempo (Lombardia, Baviera, Francia - Italia, Germania, Francia). La mancanza di un imperatore in Occidente è sicuramente funzionale allo svolgimento dell'ucronia (resta sotteso come l'instaurazione di un regime 'romanista' in Valacchia non sarebbe stata possibile, se quel ruolo fosse già stato ricoperto da un altro, grande sovrano), ma avrebbe avuto enormi ripercussioni non soltanto sulla composizione geopolitica del Continente (analisi questa, svolta egregiamente dal nostro amico), ma anche sulla cultura e sul sentire comune degli europei.
Per esempio: a un certo punto l'autore menziona Dante (Alighieri?), quale (sommo?) poeta italiano. Non ci resta che dedurne l'equivalente esistenza di una Commedia in questa linea temporale. Ma senza la presenza di un imperatore (romano) a governare congiuntamente su Germania e Italia (e in prospettiva l'intero mondo cristiano), il messaggio politico dell'opera dantesca sarebbe completamente diverso. Addio all'ideale dell'universalismo monarchico, così stoltamente perseguito da tanti sovrani. Al suo posto, lo scenario cui assistiamo qui, incarnato da tanti re il cui dominio non estende la portata regionale, sembra anticipare il sistema acefalo-multipolare moderno così come delineato, già in epoca medievale, prima alla corte di Ludovico il Bavaro, poi nelle parole di Giorgio di Poděbrady, e infine affermatosi con la fine della guerra dei trent'anni. In questo senso diventa peculiare notare come l'ordine delle nazioni, saldamente stabilito nel corso dei secoli dell'ucronia tramite diversi interventi chirurgici, volti a prevenire l'unione di diversi regni (Germania-Italia, Francia-Italia, Iberia-Italia), venga infine improvvisamente stravolto dal sorgere di un nuovo impero, la c.d. Unione Sovietica (qui consiglio decisamente di cercare un altro nome; il russo stona), che repentinamente provvede a correggere l'indirizzo politico storico del Continente, disponendone l'unificazione.
Cos'altro aggiungere? Bravo, hai i miei complimenti. Sarei curioso di leggere un prosieguo, se volessi scriverlo.
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Ed ecco la puntuale replica di Alessio:
Per prima cosa, grazie a tutti. Io a dire il vero sono sempre un po' preoccupato dalle ucronie che partono da lontano, quindi i vostri complimenti mi sollevano dal dubbio di aver fatto un pasticcio. Procedo a rispondere alle domande ed alle osservazioni di ciascuno di voi.
Per Tommaso: lo ammetto, ti ho fatto un bello scherzetto! C'è però una logica: se ci fai caso, tutti i sovrani menzionati in questa lista non arrivano mai oltre al VII. Non so perché ho scelto proprio questo numero, ma ho pensato che ripetere sette volte ciascun nome fosse il massimo. Quindi, quando tutti sono arrivati al settimo, mi sono fermato. Certo, l'ultimo sovrano poteva durare mezzo secolo invece che un anno: tuttavia, non essendoci in questo scenario la Seconda Guerra Mondiale ed avendo lasciato in sospesa la questione del Nuovo Mondo (l'ho sempre menzionato come Impero Americano, per lasciare intendere che l'esperienza napoleonica avesse attecchito pienamente oltreoceano). Diciamo che la seconda metà del XX secolo i nodi sarebbero dovuti arrivare al pettine, e sarei dovuto andare a guardare al mondo intero e non solo all'Europa, come fatto per tutta l'ucronia.
Per Bhrghowidhon:
1) "Carlo" era. Nello scrivere l'ucronia a volte ho modificato il nome dei vari sovrani, e in questo caso devo essermi dimenticato di sostituire a quel "Carlo" il Re Flavio III. Per il resto, spero si capisca, tramite il riferimento a "Kungsberg" che la capitale costruita dai primi sovrani valacchi è l'attuale Kaliningrad. Mi sembrava una posizione ideale, per molti secoli quasi perfettamente baricentrica rispetto al paese.
2) Il marito di Costanza d'Altavilla è Enrico il Leone (con i numeri potrebbero esserci incomprensioni perché Enrico IV anni prima è stato battuto da Rodolfo di Sassonia e non ha mai trasmesso la corona di Germania a suo figlio). La mia idea era determinare due diverse dinastie da Enrico il Leone, una tedesca, dalle sue mogli precedenti, e una italiana, da Costanza. E infatti Costanza avrà un figlio che ha lo stesso profilo storico di Federico II. Chiaramente si tratta di una dinastia completamente inventata, e per questo ho cercato prima possibile di riagganciarla a una dinastia storica, in modo dare un minimo ancoraggio storico ai passaggi dinastici.
3) Non so se ho capito bene la domanda. Se ti riferisci a quello che ho indicato come "Filippo di Francia" è certamente quello che conosciamo come Filippo V di Spagna. In questo caso, poiché la Francia è protestante, i Borbone hanno chance di ambire al trono inglese analogamente ai Guelfi. Solo che a seguito della guerra (sui cui esiti militari glisso) si trova un accordo per cui Filippo si converte al cattolicesimo e (come in HL) sposa una nobile italiana, venendo poi scelto dai nobili italiani come sovrano. I Borbone sono quindi sul trono tanto in Francia quanto in Italia, ma le due dinastie devono però restare separate visto che uno dei due paesi è cattolico, l'altro è protestante.
Per feder: sull'unione tra Francia e Germania vorrei approfondire, perché in effetti l'accelerazione sull'integrazione tra paesi, dopo secoli di relativo pluralismo ed equilibrio, merita certamente delle spiegazioni. Uno degli interventi che hai definito chirurgici è stato quello che ha portato, in Germania, all'affermazione della dinastia Guelfa. La scelta dei guelfi non è stata per una questione di simpatia, bensì per assicurare una continuità dinastica paragonabile a quella dei Capetingi in Francia (in HL la vittoria dei Ghibellini non ha prodotto altrettanta stabilità). Tuttavia, il ramo principale dei Guelfi si estingue nel 1884, determinando una situazione in cui avrebbe dovuto esserci o un Re "britannico" oppure l'avvento di una nuova dinastia. In questo scenario si infila l'idea perorata (in questa TL) dal filosofo Fichte. In un mondo in cui non ha senso inventare il nazionalismo tedesco (perché la Germania esiste come stato unitario da secoli e secoli) ho messo nelle mani di Fichte il concetto di "Nazione tedesca e gallesca" ispirato non all'unione di Germania e Italia del nord (che in questa TL non sono mai state unite) ma di Germania e Francia (che invece sono state unite nel Regno dei Franchi prima della sua divisione) che sono accomunate dal fatto di essere nazioni protestanti e probabilmente da una maggiore vicinanza. Non sfugga un particolare: in questa TL Lotario sconfigge Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, quindi in questo mondo non è esistita la Lotaringia. Certamente Francia e Germania hanno lottato per secoli sui confini, ma il loro legame è stato molto più diretto perché probabilmente stati "cuscinetto" come i Paesi Bassi e la Borgogna non sono esistiti. Ecco perché l'idea di riunire le antiche Francia Occidentalis ed Orientalis non dovrebbe essere così strana.
Dal punto di vista geopolitico, l'unificazione di Francia e Germania viene a essere una mossa antibritannica, ed è per questo che tutto il periodo successivo è tutto all'insegna del braccio di ferro tra il nuovo gigante franco-tedesco e i britannici. La Grande Guerra è un confronto frontale tra queste due potenze, visto che in questo scenario:
- L'Austria-Ungheria non
esiste;
- La Russia è meno importante (ricacciata più a est dalla presenza della
Valacchia e priva di sbocco sul Mar Nero perché l'Ucraina è indipendente);
- La Valacchia è (per scelta dell'autore) un paese che preferisce stare fuori
dalla mischia.
Dopo la Grande Guerra si passa alla Rivoluzione. In questo caso non può coinvolgere la Russia (sia perché la Russia non ha partecipato alla guerra, sia perché già nel 1905 ha conosciuto la sua rivoluzione, di indirizzo liberale) ma può coinvolgere la Francia-Germania sconfitta nella guerra. Il fatto che la Rivoluzione irrompa sul Reno rende ancora più semplice il "contagio" dell'Iberia e dell'Italia, e quindi rispetto alla storia reale si crea uno scenario piuttosto diverso: il "blocco socialista" si trova in Europa Occidentale (Gran Bretagna a parte, almeno al punto in cui la storia si è fermata), mentre i paesi orientali (Russia e Ucraina) non sono coinvolti. La Guerra Fredda quindi sarebbe geograficamente a parti invertite. In effetti, questo strano blocco socialista sembra poter rivestire un ruolo simile a quello dell'Unione Europea, ma non ho ancora studiato bene la questione.
.
In seguito, Alessio ha avuto un'altra idea:
La Croazia Bianca
Un altro tema che mi intriga è quello della Croazia Bianca. Sull'origine del popolo croato le ipotesi sono numerose ed esiste una copiosa letteratura, tuttavia una delle ipotesi tradizionali è che i croati provenissero da un territorio ancestrale chiamato in alcune fonti antiche "Croazia Bianca" (esistono teorie simili riguardanti i serbi, ma l'esistenza di una "Serbia Bianca" sembra essere appesa a un numero più ridotto di fonti e non sembra aver trovato finora adeguato supporto da dati antropologici ed archeologici). La Croazia Bianca è stata collocata in varie posizioni nell'ambito dell'Europa Nordorientale, ma diciamo che la maggior parte degli studiosi ha ipotizzato che fosse compresa tra le attuali Polonia sudorientale, Slovacchia e Ucraina occidentale.
A parte l'interesse in termini storici e antropologici, il tema è anche di interesse ucronico perché se la migrazione dei croati non fosse mai avvenuta, ciò avrebbe potuto determinare vari cambiamenti nella storia europea nel corso dell'ultimo millennio. Non so se riuscirò a scrivere un'ucronia completa sul tema, sarebbe bello, ma intanto ho provato a immaginare la Croazia ed altri paesi europei contemporanei che potrebbero avere confini diversi:
Poiché i croati non hanno mai
lasciato i loro territori d'origine, il loro stato confina con l'Ucraina.
Probabilmente la Croazia ha fatto parte dell'URSS, prendendo il posto della
Moldavia (che in questa TL non esiste).
La capitale della Croazia è Lavov (dovrebbe essere la traduzione croata di
Lviv).
L’Ucraina “scivola” verso sud incrociando un altro tema che a me sembra
interessante: una Unione Sovietica maggiormente protesa verso il Danubio.
La Romania ha avuto evidentemente una genesi diversa, tanto che comprende tutta
la riva orientale del medio Danubio. In ogni caso, la capitale Bucarest attesta
che il cuore pulsante del paese è ugualmente la Valacchia.
L’Ungheria, infine comprende Pannonia e Illirico. La capitale non può essere
Budapest, anzi è possibile che, essendo il corso del Danubio corrispondente al
confine con la Romania, è possibile che esistano ancora una Buda ungherese e una
città romena in sostituzione di Pest. La capitale ungherese in questa TL è Pecs,
città piuttosto centrale rispetto alla nuova geometria del paese.
Che ne pensate?
.
Gli risponde Paolo Maltagliati:
Vanno sistemate un po' di
cose perché una configurazione del genere funzioni.
Il problema principale è l'Ungheria, o meglio gli ungari. La Levedia, penultima
tappa della migrazione magiara, si colloca proprio nella zona della Croazia
Bianca. Ed i magiari sono una evidente buona ragione per cui i croati si
sposterebbero.
L'ipotesi più verosimile è che la Croazia (Bianca) si chiami Ungheria, ma sia un
paese slavo (un po' come la Bulgaria: i bulgari erano un popolo turcico,
slavizzatosi in loco, il farto che glu ungari abbiano mantenuto la lingua
uralica è una concomitanza di fattori estremamente fortunata, le possibilità che
questo accadesse erano bassissime).
A proposito dei Bulgari, essi sono la ragione per cui la Romania è quella che è.
Il primissimo khanato bulgaro possedeva e terre attualmente rumene e la lingua
amministrativa civile di prestigio che scelse fu il latino, lingua dei centri
urbani rimasti, mentre le campagne erano slavizzate. Poi arrivarono prima i
peceneghi e poi i magiari e i bulgari persero la sponda sinistra del Danubio, si
cristianizzarono e dunque slavizzarono e il resto lo sai già. Ora, una
configurazione terriroriale del genere indicherebbe che il khanato bulgaro quei
territori non li perse mai, se non per processi lenti e comunque più recenti...
per cui il processo di conversione e evoluzione linguistica andrebbe nel segno
di una Danubia interamente slava, con la romanità orientale e balcanica a finire
come quella britannica o nordafricana, ossia relitti semisconosciuti ai più.
Anche a prescindere da quanto detto prima, gli ungheresi, ad ogni modo,
difficilmente si sarebbero stanziati sulle montagne, da popolo tipicamente delle
steppe, quindi un numero altissimo di mutamenti storici,non completamente
impossibili, ma estremamente complessi da tracciare e incastrare tra di loro.
L'ipotesi che ritengo più probabile per la zona viola è un paese slavo con forte
minoranze germaniche o viceversa. Germaniche non perché lì ci abitassero i
gepidi, sia chiaro, ma nel contesto della rigermanizzazione portata avanti a
partire dall'impero carolingio dello spartiacque alpino, che qui, con un
contesto regionale meno organizzato(in pratica i croati a fare da tappo, ben
vegliati da bizantini, moravi e poi ungheresi) sarebbe aperta a una situazione
simile a quella slovena.
Ultima cosa: se la Croazia bianca avrebbe avuto/mantenuto, stando dove l'hai
messa, una lingua slava occidentale o non si sarebbe fatta assimilare dalle
lingue slave orirbtali. Per farlo la condizione fondamentale è capire da chi
avrebbe ricevuto il cristisnesimo, se da Roma o da Costantinopoli.
E aggiungerei un'ultima cosa. Anche la storia dell'Ucraina va un po'
ripensata(ma andrebbe rivista secondo i vari meccanismi che si evolvono, qui
tutti da riformulare), perché salta chiaramente all'occhio che non esisterebbe
alcun principato di Galizia-Volinia. A meno di pensare che clan croati della
zona circostante siano in grado di fondare un omologo.
Quindi, riassumendo, il modo migliore per mantenere la tua configurazione
territoriale è... cambiare un po' i nomi (paradossale ma vero):
Viola: 'Erzegovina' (variante
meridionale dello sloveno?)
Arancio: 'Danubia' (lingue slave occidentali, simili allo slovacco)
Rosso: 'Ungheria' (lingua slava occidentale affine al polacco)
Azzurro: 'Ucraina' (di cui la 'Croazia' è estensivamente la regione occidentale)
Ma perché trovi dubitabile la Serbia Bianca? Le fonti esistono, seppur poche, ed esiste persino, ad oggi, il popolo dei Sorabi (vero che non è affatto detto che i Serbi siano discendenti dai Sorabi migrati verso sud, ma non è nemmeno scartabile).
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Ecco la replica di Alessio:
Ti ringrazio, le mie conoscenze non mi permettevano di tracciare un quadro così complessivo della situazione. In particolare, avevo un po’ bypassato la genesi medievale delle varie popolazioni pensando direttamente ai regni moderni. Avevo quindi pensato non tanto all’’insediamento dei magiari sui rilievi dinarici, quanto all’’assimilazione della cultura magiara da parte di popolazioni di origine diversa (Latina, slava, germanica) comprese politicamente all’interno del regno ungherese (cosa che sarebbe avvenuta contestualmente alla riconquista contro gli ottomani, quindi in epoca relativamente recente).
Immaginavo che la Romania rappresentasse un punto debole, ma da una parte temevo di premiare eccessivamente l’Ungheria (come a sottintendere che l’esistenza dei croati sarebbe stato L’impedimento storico a una “grande Ungheria”) dall’altro sono stato incuriosito dalla possibilità di uno “scambio di ruoli” tra Valacchia e Serbia nella politica del XIX e XX secolo (nota infatti che in un contesto del genere la Bosnia sarebbe stata culturalmente ungherese, non ci sarebbero stati particolari motivi di frizione tra la Serbia e un Impero Austroungarico) mentre la Valacchia avrebbe potuto rappresentare l’elemento destabilizzante dell’area. Questi sono, chiaramente, tutti spunti disordinati che possono incastrarsi tra loro in una visione organica, oppure finire per svilupparsi in ucronie diverse.
Cercando una via di sintesi e di semplificazione, potremmo basare l’esistenza della Croazia in zona Galizia su una precoce sconfitta e scomparsa dei magiari? Molti popoli nomadi (cazari, peceneghi, cumani…) sono in effetti scomparsi, nel senso che dopo una o più sconfitte si sono dispersi e dopo l’unione politica hanno perso la loro identità specifica.
Certo, mi rendo conto che si tratterebbe di un PoD dalle conseguenze molto ampie. Immaginare una precoce sconfitta dei magiari ad opera dei croati comporterebbe:
- la mancata nascita del
Regno d’Ungheria;
- diverse dinamiche politiche nel mondo post-carolingio (ci sono sovrani che
hanno visto terminare la loro carriera perché sconfitti dai magiari oppure hanno
l’hanno vista decollare grazie a una vittoria contro di loro);
- una economia migliore grazie ai mancati saccheggi.
Il tema è interessante, e continuerò a lavorarci su.
.
Paolo ha qualcosa da aggiungere:
Un piccolo appunto: i Cumani (in cui probabilmente erano riassorbiti i Peceneghi stessi) non furono certo meteore, visto che fino al XIII secolo erano il popolo più potente del bassopiano sarmatico. Le lotte dei galiziani, della Rus di Kiev e dei polacchi contro di loro si protrassero per tutto il XII secolo e oltre. Per non parlare del fatto che ci furono battaglioni di mercenari cumani praticamente dietro a ogni trono a est della linea Stettino-Trieste, bizantini compresi. Quello che rese il loro forte peso nell'evoluzione storica europea praticamente dimenticato è dovuto alla leggendarietà di chi li sconfisse e assimilò, vale a dire l'orda mongola.
Senza magiari poi, possiamo sin da subito dire che la Pannonia sarà slava. Da sempre sostengo che il declino moravo è da attribuirsi anche a questioni interne e per il rapporto difficile con l'impero, è però chiaro che il crollo finale di Svatopluk secondo è da attribuirsi agli ungari. Senza questi ultimi, perciò, il regno di Moravia arriverà a controllare tutta la piana, lottando con l'impero per il controllo della marca pannonica e per cercare di riconquistare la Boemia.
Diciamo che è molto probabile che con gli Ottoni l'impero la spunti e il regno di Moravia, la Marca di Pannonia e la marca Transistriana (mio nome di fantasia per indicare la pianura tra Danubio e Tibisco) sarebbero stati inglobati nell'impero MA almeno il primo e la terza sotto governanti locali. Sarebbe divertente come questi tre potenti regioni periferiche influiranno sulla successiva storia imperiale. La Marca Orientale sarà meno determinante nella storia imperiale, sostituita in tale ruolo dalla ancor più orientale Pannonia? Questa evoluzione chiaramente porterà a vicende molto intricate per l'evoluzione della Schinesghia, poi Polonia Gniezniana. (L'impero degli Ottoni non era poi questo schiacciasassi, ma chiaramente Lechfeld spinge a pensare che l'interesse per la sicurezza - ed eventualnente espansione - dei confini orientali fosse per loro primario).
Alternativa molto meno probabile sarà che il regno di Moravia riesca a mantenere la propria indipendenza anche formale dall'impero (con annesso ripetersi di qualche flirt religioso con Costantinopoli). Se supererà più o meno indenne la pressione espansiva ottoniana, sarà la Schinesghia/Polonia il nemico mortale. Vincerà Sviatopluk o Boleslaw?
Intanto, a prescindere da quale dei due scenari, resta chiaro che i Bulgari resteranno i dominatori dei Balcani, uno stato estesissimo, che avrà come confine che scotta i Carpazi, contesi tra i Croati/Crobazi, i Moravi, i Polacchi e appunto i Bulgari che per questo motivo si riempiranno di castelli. Non escluso che i primi principati valacchi non nascano in Oltenia, ma proprio sulle montagne, terre di confine tra opposti imperi bisognose di colonizzazione militare (principati feudali un po' latini, un po' germanici un po' slavi (orientali come occidentali/balcanici).
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Ispirato da questa discussione, anche Lord Wilmore ha voluto dare il suo contributo: i Cumani eterni!
Repubblica di Cumania
Nome
ufficiale: Repubblica di Cumania / Kumanija Džumchurieti
Capitale: Kuluşvar (Kolozsvár/Cluj, 324.576 ab. al
2024)
Altre Città: Arad, Hızlısu (Beszterce/Bistrița),
Borosug (Brassó/Brașov),
Deva,
Harika Banyo (Nagybánya/Baia Mare), Tamışvar (Temesvár/Timișoara), Zilah
Forma di Governo: Repubblica parlamentare
Nascita: 1250 (i Sette Clan Cumani diventano
stanziali e danno vita alla Cumania europea)
Presidente: Namık Kemal Zeybek (KDF, Kumano
Djemokratik Firkyasy, Partito Democratico Cumano), in carica dal 30 giugno 2021
Presidente del Consiglio dei Ministri: Gültekin
Uysal (KLF, Kumano Lejborist Firkyasy, Partito
Laburista Cumano), in carica dal 15 maggio 2021
Confini: Ucraina a nord; Romania a est e a sud;
Serbia a sudovest; Ungheria a nordovest
Suddivisioni amministrative: 22 contee, 695 comuni
Superficie: 100.391 km2
Abitanti: 9.727.000 ab. nel 2024
Densità: 97 abitanti per km2
Fecondità: 1,5 (2024)
Etnie: Cumani (86%), Ungheresi (8%), Rumeni (4%),
altri (2%)
Lingua ufficiale: cumano (lingua altaica
appartenente al gruppo delle lingue turche), usati l'ungherese e il
rumeno
Religioni: Cattolici (76%), Musulmani (9%),
Ortodossi (5%), altre e non religiosi (10%)
Festa nazionale: 31 ottobre (indipendenza
dall'Ungheria), 13 novembre (fine della Repubblica Popolare Cumana e
proclamazione della Terza Repubblica)
Ingresso nell'ONU: 24 ottobre 1945
Ingresso nella NATO: 12 marzo 1999
Ingresso nell'UE: 1° maggio 2004
Moneta: Euro (dal 1° gennaio 2020), in precedenza
Corona Cumana (Kuman Tadzhy; ultimo tasso di conversione: 1 € = 386,99 KT)
PIL: 178.364 milioni di € (2024)
PIL pro capite: 18.337 €/ab.
Tasso di crescita: 0.30% (2024)
Speranza di vita: 75,6 anni (72,0 maschi, 79,3
femmine)
Consumo energetico: 0,22 kWh/ab. anno
Inno nazionale: "Kumanlarnyn Vatany" ("La Patria
dei Cumani")
Prefisso telefonico: +365
Targa automobilistica: KU
TLD: .ku
Economia: la
Cumania è ricca di risorse minerarie come ferro, piombo, lignite, manganese,
oro, rame, sale, gas naturale e zolfo. Dopo il collasso del Blocco Sovietico e
l'indipendenza dalla Romania, la Cumania è rimasta con una base industriale
obsoleta e un paniere di capacità industriali inadatto ai suoi bisogni. I
governi succedutisi negli ultimi 35 anni hanno però intraprese un programma
comprensivo di stabilizzazione macroeconomica e di riforma strutturale, che ha
portato i suoi frutti. Oggi sono in funzione stabilimenti industriali chimici,
acciaierie, industrie tessili e per la trasformazione del legname.
Il 30% della popolazione però lavora ancora nel comparto dell'agricoltura: la
meccanizzazione è relativamente povera, con una stima di un trattore ogni 54
ettari. Le maggiori produzioni agricole cumane sono legate alla vite, al
girasole e alla soia.
In grande sviluppo è l'industria turistica. Nell'immaginario collettivo la
Cumania è ritratta spesso come una terra arretrata, disseminata di piccoli
villaggi medievali terrorizzati da vampiri dimoranti in castelli gotici, per via
dell'ambientazione di "Dracula" in Cumania, fatta da Bram Stoker nel 1897. Si
tratta di uno stereotipo duro a morire, ma che i Cumani hanno saputo sfruttare
incoraggiando tour turistici "horror" e incoraggiando le maggiori industrie
cinematografiche del mondo a girare film horror sul loro territorio.
Sport: la Nazionale di Calcio della Cumania si è qualificata al Campionato Mondiale del 2018 in Russia e al Campionato Europeo del 2016 in Francia e del 2024 iin Germania, ma in tutti e tre i casi è stata eliminata nella fase a gironi. La Nazionale di Pallacanestro della Cumania invece ha partecipato a sei Campionati Europei, conquistando il quarto posto nel 2011. Nel motociclismo si è distinto il cumanoToprak Razgatlıoğlu, campione del mondo Superbike nel 2021.
Cronologia essenziale:
500: gli storici cinesi parlano di una tribù chiamata 渾 (Hún) stanziata a nord
del fiume Tuul
800: i Cumani migrano verso ovest, sottomettono i Kipčak e a poco a poco si
mescolano con loro, dando vita a un unico popolo. Sospinti dai Cumani, gli
Ungari migrano nel bacino del Danubio, approfittando del fatto che Carlo Magno
ha di fatto distrutto il Khanato degli Avari (dal termine cumano "On-ugor",
"dieci tribù", deriverebbe il nome degli Ungari)
950: in conseguenza del crollo del khanato dei Cazari e del declino dei Beçenek
(chiamati Peceneghi nelle cronache bizantine), nelle steppe a nord del Mar Nero e del Mar Caspio si forma una vasta
confederazione Cumano-Kipčaki estesa dal Dnestr ai Monti Altai, che assorbe
al suo interno Cazari e Peceneghi
955: Ottone I sconfigge gli Ungari nella storica Battaglia di Lechfeld e pone
fine alle loro devastanti scorrerie
1000: la notte di Natale Santo Stefano I viene incoronato primo Re d'Ungheria
1055: primo scontro tra la Rus' e i Cumani, che marciano verso la città di
Perejaslavl, ma il Gran Principe di Kiev Vsevolod I Jaroslavič giunge a un
accordo con loro, e i Cumani si ritirano
1061: il khan cumano Sokal ci riprova e devasta l'attuale Ucraina del nord,
dando inizio a un conflitto tra Russi e Cumani durato 175 anni
1068: nella battaglia del fiume Alta i Cumani sconfiggono gli eserciti dei tre
figli di Jaroslav il Saggio, il Gran Principe Izjaslav I, il principe Svjatoslav
di Černihiv e il principe Vsevolod di Perejaslavl
1075: lo scrittore e viaggiatore cumano Mehmud Qeshqeri, nativo di Kashgar e
convertito all'Islam, pubblica la prima opera in lingua Cumana, il "Dîvânü
Lugati't-Kuman" ("Libro della lingua cumana"), un vero e proprio dizionario
cumano-arabo, composto dopo lunghi anni di viaggio. L’opera, oltre a una
fondamentale introduzione sulla storia e sui costumi dei Cumani, comprende più
di 9000 parole scritte in lingua Cumana. Il suo manoscritto più antico risale al
1266, e oggi è conservato nella Kumana Millij Kitaphanjesi (Biblioteca Nazionale
Cumana) di Kuluşvar
1091: il Basileus Bizantino Alessio I Comneno, alleato con i Cumani guidati da
Tugorkan, sconfigge i Peceneghi nella Battaglia di Levounion
1092: i Cumani guidati da Kopulch invadono il Regno di Ungheria, giungendo fino
ai fiumi Tibisco e Timiș, ma subiscono il contrattacco vittorioso di Re Ladislao I
1093: il Gran Principe Vladimir II Monomaco infligge ai Cumani una prima
sconfitta e li costringe a ritirarsi dal suo Principato
1099: i Cumani sconfiggono in battaglia il Re d'Ungheria Kalman il Dotto,
impossessandosi del tesoro reale
1107: il khan cumano Boniak, dopo aver ripetutamente invaso la Rus', viene
sbaragliato nella battaglia di Lubny
1120: il khan cumano Ayepa sconfigge i Bulgari del Volga, ma poco dopo muore
avvelenato
1135: attacco frontale dei Cumani contro il Regno di Polonia, respinto a fatica
1155: il principe russo Gleb Jur’jevič espugna Kiev con l'aiuto di un'armata
cumana guidata dal khan Chemgura
1183: i Russi sgominano un grande esercito cumano e catturano il loro khan
Kobiak, i suoi figli e altri uomini di corte
1184: battaglia del fiume Kayala tra Igor Svjatoslavič, sovrano del Principato
di Novgorod-Seversk, ed il khan cumano Konček, che termina senza vincitori né
vinti. Questo scontro è di ispirazione per il "Canto della schiera di Igor'",
una delle prime opere della letteratura russa
1185: i Cumani sono determinanti nella rivolta guidata dai fratelli Asen e
Pietro di Tărnovo, che porta alla vittoria su Bisanzio e alla restaurazione
dell'indipendenza della Bulgaria
1205: nella battaglia di Adrianopoli, 14.000 cavalieri leggeri cumani
contribuiscono alla schiacciante vittoria dello Zar bulgaro Kalojan contro le
truppe del neonato Impero Latino d'Oriente
1223: primo attacco dei Mongoli di Gengis Khan contro i Cumani del khan Köten, che sono
rovinosamente sconfitti
1238: attacco frontale dei Mongoli contro la Confederazione Cumano-Kipcaki, che
viene rapidamente assoggettata e cessa di esistere, sparendo dalla storia.
Alcuni clan Cumani diventano sudditi dei conquistatori, ai quali si mescolano,
dando vita all'Orda d'Oro o Khanato di Kipčak; altri fuggono verso occidente e superano i Carpazi
1242: il re ungherese Béla IV offre ospitalità a sette clan Cumani nella parte
orientale del suo regno, in cambio dell'aiuto militare contro gli invasori
mongoli: Toqsoba ("nove tribù"), Borcsol ("figli del pepe"), Csertan ("picca"),
Olás ("unione"), Kór ~ Kól ("pochi"), Iloncsuk ("piccolo serpente") e Koncsog
("pantaloni di pelle"). Il khan cumano Köten cade in battaglia contro
i Mongoli, ma salva l'Ungheria dalla completa devastazione
1250: dopo il ritiro dei Mongoli, i Sette Clan Cumani hanno il permesso di stanziarsi
definitivamente nell'Ungheria orientale, a patto che giurino fedeltà al re
d'Ungheria, abbandonino lo stile di vita nomade e si convertano al cattolicesimo
1270: Elisabetta, figlia del khan cumano Seyhan, sposa Re Stefano V e diventa
regina d'Ungheria; tra il 1272 e il 1277 svolge le funzioni di reggente a nome
del figlio minorenne Ladislao IV. Quest'ultimo assume per primo il titolo di Re
di Ungheria e di Cumania, che sarà usato fino al 1918
1278: 16.000 guerrieri Cumani sono schierati nella battaglia di Marchfeld, in
cui si scontrano Rodolfo d'Asburgo e Ottocaro II di Boemia
1300: viene composto il "Codex Cumanicus", un ricco dizionario latino-cumano
1320: Giovanni Emre, primo grande poeta in lingua cumana, pubblica un
"Canzoniere" che gli vale il titolo di "Petrarca cumano". La
lingua cumana sopravvive così fino al presente, anche se con forti influssi
ungheresi e slavi
1387: Sigismondo di Lussemburgo viene eletto Re d'Ungheria e Cumania dopo
l'estinzione della dinastia angioina
1447: János Hunyadi tenta di conquistare la Valacchia capitanando un esercito di
Cumani, ma viene respinto dal voivoda Vlad III, la cui leggendaria crudeltà (in
realtà esagerata dalla propaganda ungherese e cumana) ispirerà la figura del
Conte Dracula
1458-1490: Mattia Corvino detto il Giusto, della casata degli Hunyadi e con
sangue cumano nelle vene, porta il Regno di Ungheria e Cumania al suo apogeo.
Tenta anche di farsi eleggere Sacro Romano Imperatore, ma gli viene preferito
Massimiliano d'Asburgo
1526: nonostante il valore dei guerrieri Cumani, il 29 agosto il Re Luigi II
Jagellone di Ungheria e Cumania viene rovinosamente sconfitto dal Sultano
ottomano Solimano I il Magnifico nella Battaglia di Mohács, in cui perde la
vita. Nasce il Principato di Cumania, tributario della Sublime Porta e affidato
a principi Cumani, mentre l'Ungheria viene spartita tra gli Asburgo e gli
Ottomani. I Cumani sono benvisti dagli Ottomani, essendo di etnia e di lingua
turca; solo una parte di essi però si converte all'Islam
1683: la quinta guerra austro-turca vede nascere contro gli Ottomani la Lega
Santa tra il re di Polonia Giovanni III Sobieski, l'imperatore Leopoldo I
d'Asburgo e la Repubblica di Venezia
1686: il 2 settembre le truppe imperiali conquistano la fortezza di Buda
1687: il 12 agosto è il giorno della seconda battaglia di Mohács, nella quale
l'esercito imperiale, guidato dal duca Carlo V di Lorena, infligge ai Turchi una
devastante sconfitta. L'Ungheria e la Croazia passano interamente sotto il
controllo asburgico e la Cumania rientra a far parte del Regno d'Ungheria come
Principato autonomo. Gli Asburgo mettono così le mani sulle fertili regioni
agricole dell'Ungheria e sui giacimenti minerari della Cumania
1697: con la decisiva battaglia di Zenta, vinta dagli imperiali guidati da
Eugenio di Savoia, i Turchi sono cacciati definitivamente dall'Ungheria e dalla
Cumania
1699: la pace di Carlowitz pone fine a oltre centocinquant'anni di vassallaggio
della Cumania agli Ottomani. Viene portata avanti un'ampia opera di
ricattolicizzazione del popolo Cumano, molti dei convertiti all'Islam emigrano
in Turchia
1848: fallisce il tentativo di Lajos Kossuth di rendere indipendenti l'Ungheria
e la Cumania dall'Austria
1859: volontari Cumani combattono agli ordini di Giuseppe Garibaldi durante la
Seconda Guerra d'Indipendenza Italiana
1867: dopo la sconfitta di Sadowa, l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe
d'Asburgo è costretto al Compromesso (Ausgleich) con cui l'Ungheria diventa uno
stato autonomo nell'ambito della Duplice Monarchia Austro-Ungarica. Proteste dei
Cumani che avrebbero voluto un'analoga autonomia
1889: nasce il Movimento dei Giovani Cumani (Jaš Kumanlar), guidato da Mithat
Şükrü Bleda ed ispirato alla Giovine Italia di Mazzini, che propugna la nascita
di uno stato Cumano indipendente
1897: l'irlandese Bram Stoker ambienta in Cumania il suo capolavoro horror
"Dracula", nonostante il nome del protagonista sia rumeno
1914: scoppia la Prima Guerra Mondiale e i Cumani sono costretti a combattere
per gli Imperi Centrali
1918: il 31 ottobre i Cumani proclamano l'indipendenza dall'Austria-Ungheria e
la nascita della Repubblica di Cumania (Kumanija Džumchurieti)
1919: i Cumani respingono le truppe del comunista ungherese Béla Kun che aveva
tentato di instaurare una repubblica sovietica ungherese e di riconquistare
Cumania e Slovacchia
1920: il 4 giugno il Trattato del Trianon ufficializza l'indipendenza dellla
Cumania dall'Ungheria. Proteste della Romania, che aveva mire sul territorio
cumano
1929: la Grande Depressione provoca una grande crisi economica e sociale che
mette in difficoltà la giovane Repubblica Cumana e causa l'instaurazione di un
regime di destra a partito unico, sul modello di quasi tutti i paesi dell'Europa
centro-orientale
1936: alle Olimpiadi di Berlino, Yaşar Erkan vince la prima medaglia d'oro
olimpica per la Cumania nella lotta, pesi piuma
1940: il 30 agosto il reggente del Regno d'Ungheria, generale Miklós Horthy,
divenuto ormai un pupazzo nelle mani di Hitler, occupa con la forza la Cumania,
che viene riannessa all'Ungheria, tranne la contea di Tamışvar che è assegnata
alla Romania. I Cumani sono costretti a combattere accanto alle forze dell'Asse,
ma nel paese nasce una fiera Resistenza contro gli occupanti ungheresi e nazisti
1945: i Sovietici liberano la Cumania dagli Ungheresi ma, anzichè restaurarne
l'indipendenza, ne fanno un loro satellite. Il 6 aprile viene fondata la
Repubblica Popolare Cumana (KCD, Kumana Chalky Džumchurieti), in cui l'unico partito
legale è il Partito Comunista Cumano (KKF, Kumano Kommunistlar Firkyasy), e il cui
primo leader è Zeki Baştımar
1955: il 14 maggio la Cumania aderisce al Patto di Varsavia
1960: il poeta cumano Nazim Hikmet è insignito del Premio Nobel per la
Letteratura
1968: il leader cumano Ismail Bilen prova ad introdurre riforme di tipo
democratico e a liberalizzare la stampa e i partiti politici non comunisti, ma
la cosiddetta "Primavera Cumana" ("Kumana Pružinasy") è stroncata dall'irruzione a
Kuluşvar dei carri armati del Patto di Varsavia. Bilen è silurato e sostituito
dal conservatore Haydar Kutlu, fedele alleato di Mosca
1989: dopo la caduta del muro di Berlino i Cumani protestano in piazza contro la
dittatura comunista, l'anziano leader Haydar Kutlu manda i soldati in piazza a
reprimere la rivolta ma essi solidarizzano con la popolazione. Kutlu è costretto
a dimettersi e ad andare in esilio a Mosca, Altan Öymen (uno dei leader della
Primavera Cumana) è proclamato Presidente della Repubblica e subito scioglie il
partito comunista ed indice libere elezioni. Nasce la Terza Repubblica Cumana
1990: prima, storica visita di Papa Giovanni Paolo II in Cumania
1994: la Cumania entra a far parte del CERN, l'Organizzazione Europea per la
Ricerca Nucleare
1995: la Cumania presenta domanda di adesione all'Unione Europea e alla
NATO
1999: il 12 marzo la Cumania aderisce a pieno titolo alla NATO
2000: vengono festeggiati in pompa magna i 750 anni dalla nascita della moderna
Nazione Cumana europea
2001: i Cumani partecipano all'Operazione Enduring Freedom per abbattere il
regime afgano dei Talebani dopo i fatti dell'11 settembre
2004: il 1° maggio la Cumania diventa membro a pieno titolo dell'Unione Europea
2016: Maria Meral Akşener, del Partito Liberale Cumano (KLF, Kumano
Libjeral Firkyasy), vince le elezioni ed è la prima Presidente del Consiglio Donna della
storia della Cumania
2018: l'illiberale e filorusso leader ungherese Viktor Orbán dichiara che la
Cumania è parte della Nazione Ungherese e dovrebbe tornare a farne parte. "Venga
a prenderla, se ne ha il coraggio", gli risponde a muso duro la premier Maria Meral Akşener
2020: il 1° gennaio la Cumania abbandona la Corona e adotta l'Euro. La pandemia
da SARS-CoV-2 colpisce duramente il paese, danneggiandone l'economia
2021: sull'onda del malcontento popolare dovuto alla cattiva gestione della
pandemia da SARS-CoV-2, Gültekin Uysal del Partito Laburista Cumano (KLF, Kumano
Lejborist Firkyasy) vince le elezioni ed è il nuovo Presidente del Consiglio,
fortemente europeista ed atlantista
2022: volontari Cumani vanno a combattere in Ucraina dopo l'invasione russa di
quel paese
2023: l'autoritario ed islamista leader turco Recep Tayyip Erdoğan definisce i
Cumani dei "Turchi traditori" perchè hanno abbracciato la fede cattolica. Il
Presidente cumano Namık Kemal Zeybek replica: "Non accettiamo lezioni
di religione da un
integralista fanatico." Rottura delle relazioni diplomatiche tra Turchia e
Cumania, tuttora interrotte
2024: visita pastorale di Papa Francesco in Cumania. Il 1° luglio la Cumania
assume per la prima volta la Presidenza di turno dell'Unione Europea
Lord Wilmore
.
Diamo ora la parola a Paolo Maltagliati?
Mi chiedevo: come arrivare ad una maggior sopravvivenza dei popoli romanzi balcanici (esistono ancora ma sono pochissimi)? Ovviamente più si torna indietro nel tempo, maggiori e più dirompenti gli effetti.
Se ci accontentiamo di una
maggior fortuna sino all'epoca contemporanea e eventualmente formazione di stati
nazionali da esse correlate delle lingue romanze dei Balcani attualmente
esistenti o scomparse nel recente passato, il nodo è l'impero ottomano. Credo si
sappia che la Tessaglia e la Macedonia avevano una forte percentuale di
popolazione romanza, tanto che la Tessaglia Valacca esistette come stato
indipendente tra la crisi dell'impero serbo e l'invasione di quelle regioni da
parte degli ottomani (quindi sostanzialmente nel XIV secolo). Ancora sino al
XVIII secolo gli arumeni godevano di una certa vitalità, forti della prosperità
di Moscopoli. Poi però si ribellarono ai turchi. Al contrario di altri popoli
dell'impero ottomano che ci avevano provato, però, il fatto che condividessero
praticamente tutto il loro areale con altri, portò ad una forte dispersione in
territori in cui i centri urbani di riferimento erano caposaldi di altre etnie,
tanto da condurli ad una forte assimilazione (a volte proprio imposta dai nuovi
stati nazionali della regione, che erano fortemente nazionalistici). Molti
arumeni fuggirono alla grecizzazione o alla slavizzazione scappando in Romania,
ma è chiaro che l'unica differenza è che invece di essere assimilati da lingue
non romanze, finirono per lasciarsi assimilare da una lingua romanza.
Dunque l'ucronia minima impone almeno la sopravvivenza di Moscopoli come centro
propulsivo della cultura Arumena, anzi, meglio ancora se diventa un centro
principale della regione, eclissando Skopjie e Ocrida. Una buona garanzia di
preservazione culturale è la formazione di un patriarcato autocefalo degli
arumeni (o meglio, 'dei Valacchi')e un conseguente precoce riconoscimento (anche
autopercepito) di una loro identità distinta dai 'romani' (cioè i rumeni) a nord
del Danubio. Una eventuale ulteriore garanzia di diversità (anche se pericolosa)
sarebbe una identificazione dei Valacchi con Roma anziché con Costantinopoli.
L'altra via sarebbe una precoce conversione all'Islam, ma questo sarebbe letale
per loro nel XIX secolo, a parità di crollo dell'impero ottomano, quindi meglio
di no.
Possiamo provare a partire
dal turbolentissimo inizio del XIV secolo:
Gualtieri di Brienne, dopo aver usurpato il trono di Atene ai De la Roche, deve
sconfiggere gli esuli ateniesi, rifugiatisi a Neopatria e comandati da Antonio
delle Fiandre (che a sua volta, sta cercando di usurpare il trono di Tessaglia a
Giovanni II Doukas), sognando di impadronirsi anche della Tessaglia dei Doukas e
dell'Epiro degli Orsini. Ingaggia la gran compagnia catalana, ma si rende conto
troppo tardi di aver aperto il vaso di Pandora.
POD: La decisiva battaglia di Orcomeno/Cefisso del
1311, che cambia per sempre la storia della guerra medioevale, in questa
timeline non è così decisiva. Il fiore della nobiltà francogreca non viente
spazzato via, i Brienne mantengono (comunque a malapena e con gravi perdite) il
ducato di Tebe e i Catalani, decimati, in mancanza di meglio fuggono in
Tessaglia. qui vengono 'ingaggiati' da Giovanni II Doukas come forza militare
per avere ragione dei magnati grecovalacchi del nord del paese (o meglio,
costringono un intimorito Giovanni ad ingaggiarli).
In questo modo, sebbene in pratica ostaggio dei catalani, la Tessaglia
sopravvive come regno indipendente per un cinquantennio, fino alla conquista
serba. Giovanni II non muore senza eredi e la sua dinastia continua. La
dittatura aragonese comunque funziona relativamente bene nella gestione del
territorio. I vicari della compagnia si uniscono prima o dopo con le figlie dei
signori locali, compresi molti greco-valacchi. La storia della Frankokratia in
questa timeline è più monotona della nostra timeline, con meno colpi di mano e
colpi di scena. Ad Atene restano i Brienne-De la Roche, in Epiro i Doukas-Orsini
(poi Tocco) e in Tessaglia i Doukas, poi Doukas-Fadrique (poi Gabrielopolu). Ma
- al di là delle dinastie regnanti - il fatto che la nobiltà francogreca rimanga
più o meno la stessa senza continui massacri, influisce sulla cristallizzazione
di uno statu quo anche a livello religioso. Alcune comunità si rassegnano prima
o più di altre alla comunione con Roma, come appunto i Valacchi.
Dopo lo sgretolamento dell'impero serbo, il ducato Tessalo di Valacchia viene ristabilito da parte di Giovanni V Doukas(-Fadrique), ma ha vita breve, dato che dopo la grande battaglia del Kosovo Polje del 1389, l'impero ottomano fa piazza pulita degli staterelli balcanici uno dopo l'altro. La Tessaglia valacca oppone una accanita resistenza, ma è chiaro che la disparità di forze è troppo ampia. L'aristocrazia locale valacco-catalana non viene decimata troppo, comunque, al di là dei nomi più in vista. Alcuni si convertono all'islam per proseguire le proprie carriere nell'amministrazione, altri si convertono all'attività borghese-mercantile. Neopatria rimane un vivace centro di commerci, assieme a Triccala.
Dominio ottomano. La
conseguenza della divergenza con la HL è che il millet 'romano' (assieme al
millet ebraico, costantinopolitano e armeno) si crea subito e buona parte dei
valacchi a sud del Danubio è afferente a quest'ultimo.
Durante l'epoca ottomana l'areale dei valacchi meridionali si afferma in un'area
che va dal Golfo Maliaco a sud al lago di Ocrida a nord, lungo le alture del
Pindo. La principale città Arumena del Nord è Moscopoli, del centro è
Tricca(la), del sud è Ypati (la vecchia Neopatria).
'800: crisi dell'impero ottomano. Inizialmente i valacchi aderiscono entusiastici ai movimenti indipendentistici greci, per poi prendere strade divergenti quando si rendono conto che il grande stato balcanico neobizantino che hanno in mente i greci ha poco spazio per i non-greci. molti emigrati valacchi creano movimenti irredentistici con sede perlopiù a Parigi. Il secondo impero francese si pone come protettore del millet cattolico, quindi indirettamente anche dei valacchi. allo scoppio della crisi bulgara, al congresso di Berlino la ridefinizione dei confini balcanici divenne un gioco di interessi tra le grandi potenze. La Grecia era caldamente sostenuta dal Regno Unito (in HL gli inglesi erano piuttosto freddi verso un ingrandimento della Grecia, sperando di ridurre al minimo le perdite territoriali dell'impero ottomano) quale contraltare alla creazione di un grande stato bulgaro filo-russo. Ambigua anche era la prospettiva di un ingrandimento della Serbia , anche se a ben vedere anche i serbi non vedevano con favore la Bulgaria proposta dai russi. Motivo per il quale la proposta francese di un protettorato turco di 'Arumenia' da Ocrida a Tricca sotto la tutela congiunta delle potenze europee (leggasi francese) come stato autonomo cuscinetto in concomitanza con un avanzamento dei confini greci verso nord lungo le coste fu accolta. Questo però voleva dire che la costa Adriatica dell'impero ottomano rischiava di essere isolata dal resto dello stato, oltre al fatto che l'Austria non si sentiva particolarmente tutelata dal fatto di avere un altro stato sotto protezione francese ai suoi confini, dopo gli eventi del risorgimento italiano. Motivo per il quale venne creato il protettorato austriaco sull'albania. I greci non furono particolarmente contenti, frustrati nei loro sogni di Megali Idea; in realtà nemmeno gli arumeni e gli albanesi, molti dei quali si trovavano comunque sotto il dominio greco; i serbi si sentirono frustrati nelle loro ambizioni di accesso al Mediterraneo e nel mancato raggiungimento di un accordo sulla Macedonia e del grande porto di Salonicco (che ancora rimaneva ai turchi, non essendo né greca, né bulgara, né serba).
1908: indipendenza dell'Arumenia e annessione formale della Bosnia e dell'Albania all'impero austro-ungarico.
1912: guerra di Macedonia: l'Arumenia viene attaccata contemporaneamente da Grecia, Serbia e Bulgaria, che se la spartiscono. Poi la Bulgaria viene aggredita da Serbia e Grecia (e Impero ottomano che spera di recuperare il terreno perduto)
1914 - 1918: prima guerra mondiale: la Bulgaria e l'impero ottomano si schierano con gli imperi centrali; la Grecia con l'intesa. Vittoria greca, ma Costantinopoli viene assegnata come mandato internazionale alle potenze vincitrici (in pratica, agli anglo-francesi). Ostilità greca a questo trattato; protettorato italiano temporaneo sull'Albania.
1925 - 1939: fascismo greco
1939-1945: la Grecia si schiera con l'Asse. Sconfitta dell'Asse e indipendenza di Arumenia e Albania. Istanbul è ufficialmente turca (come Smirne), ma resta una città molto cosmopolita. L'Arumenia dopo la guerra mondiale diventa una dittatura militare di destra pesantemente presidiata da forze Nato come contraltare ai vicini paesi comunisti. Molti rumeni (per via della vicinanza etnolinguistica) in fuga dal regime di Ceausescu scappano in Arumenia. Storie drammatiche di albanesi che vengono uccisi sia dai soldati albanesi per impedirgli di fuggire dal regime di Hoxha, sia dai soldati arumeni per impedire loro di entrare.
1968: rivoluzione socialista repressa nel sangue.
anni '70: lenta transizione in Arumenia ad un regime democratico
1989: crollo del muro di Berlino, crollo del regime comunista anche in Albania.
La conseguenza più importante di questa timeline è che le lingue romanze dei balcani meridionali hanno uno stato di riferimento che porta al mantenimento (anche e purtroppo in chiave nazionalistica, ma è piuttosto inevitabile) di una cultura romanza balcanica viva e vegeta. In realtà questo ha l'effetto indiretto anche di una relativa attenzione maggiore alla preservazione anche di alcune lingue romanze dei balcani poste più a nord come l'istrorumeno e il morlacco (sulle quali si può immaginare un secondo pod a parte).
Questa ovviamente è la divergenza MINIMA. Se volete invece i balcani interamente romanzi ci posso pensare, ma il pod è al khanato bulgaro e all'arrivo degli ungari.
Altro pod interessante sarebbe la sopravvivenza del Dalmatico il mantenimento della Dalmazia come centro propulsore di una cultura romanza autonoma nei balcani (anche questo meriterebbe un pod a parte rispetto a quello qui sopra sviluppato).
Un grosso punto ambiguo della mia narrazione è che il PODè piuttosto forte a livello indiretto sì, ma generale. Un esito diverso della battaglia di Orcomeno significa un ritardo potenziale massimo di un cinquantennio nell'evoluzione dell'arte della guerra in tutto il Levante e forse in tutta l'Europa meridionale. Le compagnie mercenarie iberiche e italiane sarebbero per più tempo ancorate all'idea di una forte cavalleria pesante e le innovazioni svizzere sarebbero ancora più 'innovative' e quindi potenzialmente più devastanti nelle loro penetrazioni in Italia nel XV secolo.
Bandiera della Nazione Arumena (da questo sito)
.
Marco Pici rincara la dose:
E come si deve fare perchè i Balcani in toto si considerino Romanzi, come i Rumeni?
.
Paolo non si sottrae alla sfida:
Diciamo che l'unica 'vera'
soluzione per avverare completamente il tuo desiderio sarebbe un pod molto
indietro nel tempo, ossia la conclusione con successo delle campagne danubiane
di Maurizio contro gli Avari, il che, per conseguenza, cancellerebbe in toto gli
slavi come noi li intendiamo (ovviamente eliminando anche la distinzione tra i
proto balti e i proto slavi). La pannonia sarebbe contesa da Longobardi e
Gepidi, mentre i balcani veri e propri verrebbero progressivamente
'istrorumenizzati'. Ci sarebbero molte sacche illiriche o illiricheggianti e
rimarrebbe a lungo in uso il Besso nelle attuali serbia e bosnia. Naturalmente
la via Egnatia sarebbe più o meno il discrimine tra la romanzosfera e
l'ellenosfera.
Chiameremmo l'agglomerato di popoli nel bassopiano ponto-baltico come 'anti' o
'severi' e sarebbero una evoluzione dei daco-misi con forte influenze iraniche
(dai sarmati) e germaniche orientali (dai goti). La parte settentrionale
verrebbe probabilmente norrenizzata, l'ovest germanizzato e l'est, nel corso del
tempo, verrebbe probabilmente turchizzato dai peceneghi e dai cumani. Ma sto
generalizzando molto a spanne senza analizzare nel dettaglio, per cui potrei
sbagliarmi.
Proverò invece a sviluppare,
per un risultato meno alienante (ma con, comunque, risultato molto stranianti),
un pod un po' più recente, che 'salva' in parte gli slavi, ma che ne riduce
fortemente l'esistenza come gruppo etnolinguistico a sud del Danubio.
il pod si situa tra l'866 e l'870, anni in cui papa Niccolò I accetta, anziché
rifiutare, la richiesta di Boris di Bulgaria di elevare Formoso a patriarca di
Bulgaria. Questo porta Boris a rivolgersi definitivamente a Roma per
l'evangelizzazione del suo popolo. Nel regno Bulgaro ovviamente vi era ancora il
quadrilinguismo: l'elite bulgara parlava ancora il bulgaro, lingua turca; la
popolazione era sostanzialmente slava o slavizzata, specie a sud del Danubio.
Nei loro territori a nord del Danubio i bulgari avevano scelto come lingua
veicolare di prestigio il latino locale, mentre nella parte meridionale la
situazione era più fluida (anche perché i bulgari stessi erano meno presenti).
La scelta di Roma anziché Costantinopoli avrebbe ridotto le possibilità di usare come lingua ecclesiastica lo slavonico metodiano, che nella nostra TL ebbe peraltro l'effetto di 'slavizzare' i bulgari e amalgamarli con le popolazioni conquistate. La perdita, da parte dell'impero bulgaro, dei territori a nord del Danubio a vantaggio di altri popoli (segnatamente gli ungheresi, i quali scelsero Roma), fece il resto, facendo perdere le zone più latine e completando la slavizzazione dei bulgari.
Ora, appunto, poniamo che
Boris alla fine opti per Roma, con grande smacco per Costantinopoli. La lingua
veicolare per la conversione o la riconversione sarebbe inevitabilmente il
latino danubiano, che lentamente penetrerebbe anche a sud del fiume, ma
rimarrebbe molto influenzata dagli idiomi locali (sia quelli slavi, sia quelli
preslavi). A nord-ovest dell'impero rimarrebbero due knezati slavi, Serbia e
Croazia, ma se il secondo potrebbe cadere sempre più nell'orbita franca o in
quella morava, il primo sarebbe più o meno inevitabilmente sempre più tributario
dei bulgari. a nord ci sarebbe il grande regno slavo di Moravia (che comunque ha
al suo interno ancora un ducato latino di pannonia intorno al lago Pelso, ossia
il nostro Balaton). Ma il problema principale sono i conflitti a sud con
l'impero bizantino, che porterebbero inevitabilmente, come in HL, alla
'chiamata' dei magiari.
Anche alla luce delle precedenti modifiche alla timeline, una vittoria ungherese
vanificherebbe l'intento iniziale dell'ucronia (non c'è stato abbastanza tempo
perché il latino danubiano si imponga come lingua veicolare dell'impero bulgaro
anche a sud del danubio e lungo il suo corso verso ovest), per cui dobbiamo
postulare che Arpad perda contro Simeone e che i magiari rimangano nel
territorio tra il Bug e il Dnepr. Tendenzialmente la chiameremo Levedia e si
slavizzerà. ai nostri fini, la sconfitta o la vittoria dei magiari contro i
peceneghi è piuttosto irrilevante. Nel primo caso, i magiari scompariranno dalla
storia, nel secondo probabilmente li conosceremmo tanto quanto conosciamo i
cumani o i cazari (ovvero che avranno il loro periodo di gloria, ma poi verranno
assorbiti da altri e li conosceranno solo gli appassionati di storia, senza
'sfondare' nella storia generalista e divulgativa dei manuali scolastici) a meno
di supporre che rimangano indipendenti contro i Rus' prima e non si facciano poi
travolgere da tutti i diluvi di popoli della zona poi (non molto probabile). E
la Pannonia? E' una regione che non è padrona del proprio destino. Molto dipende
da quanto ci metterà l'impero bulgaro a spaccarsi in diverse parti, quanto
intensi saranno gli scontri con la Moravia e quanto ci metterà quest'ultima a
disgregarsi e quanto forte sarà il drang nach osten germanico.
Volando di fantasia, immaginiamo delle tendenze generali: Il ducato pannonico diventa parte del SRI e col tempo si germanizza. L'Alfold diventerà un regno indipendente, slavo, chiamato Tiselia. Moravia Tiselia Boemia e Polonia saranno quattro regni con guerre, paci, unioni dinastiche in un giro infinito e potrebbero avere un grande futuro come unico grande regno.
L'impero bulgaro lo vedo destinato a spaccarsi, verosimilmente in tre grandi tronconi: la Bulgaria vera e propria (la nostra Valacchia), la Valacchia (la nostra Bulgaria) e la Transilvania.
Sarà divertente vedere il XVI
secolo come culmine della lotteria dinastica in cui Polonia, Moravia, Boemia,
Tiselia, Transilvania, Bulgaria e Valacchia unirsi in un unico grande impero che
rivendicherà anche la corona bizantina con la seconda Roma oppressa dal giogo
dei turchi.
Chiaro che in questo contesto, l'unico paese destinato a rimanere slavo nei
balcani è la Serbia, che proprio in virtù di questo potrebbe essere il caposaldo
del bogomilismo come fattore identitario aggiuntivo. I croati e gli sloveni non
so se rimarranno slavi, ma in un contesto del genere, più che latinizzarsi
presumo si germanizzeranno lentamente nella parte montuosa settentrionale e
rimarranno latini (dalmatici) sulla linea costiera (con molte repubbliche
marinare dalmatiche come Zara, Ragusa, Spalato, Traù...). Ah, e ovviamente, in
questa TL anche la Tessaglia rimarrebbe prevalentemente arumena e ci sarebbero
molte isole linguistiche romanze anche nel Peloponneso e in Tracia.
.
Per finire, William Riker ci ha posto questa domanda:
Sogno di un'ucronia di mezza estate. Quali modifiche ucroniche occorre apportare alla nostra Timeline, affinché oggi la Polonia sia un paese a stragrande maggioranza ortodossa, con una chiesa minoritaria uniate tornata in comunione con Roma in seguito all'unione di Brest, e solo esigue minoranze cattoliche di rito latino? E quali conseguenze porterà nei secoli questa circostanza?
Icona del
Patriarca di Cracovia San Stanislao Paolo II Magno, al secolo Karol Józef
Wojtyła (1920-2005), in carica dal 13 gennaio 1964 al 2 aprile 2005 (creata con
openart.ai)
.
Gli ha risposto feder:
Basta che la russificazione intentata dagli zar vada a buon fine, no? Ergo, Nicola II e i suoi discendenti devono mantenere il trono.
.
Ma Tommaso Mazzoni ha obiettato:
Troppo recente e già fallita ai tempi di Nicola II. Devi farli diventare Ortodossi da prima.
.
Ed ecco il dotto parere in merito di Bhrghowidhon:
La via più realistica sarebbe che la Missione Cirillo-Metodiana in Grande Moravia rimanesse più legata al Patriarcato di Costantinopoli che a Roma; di qui la Chiesa Boema e, con Dubravka e Miecislao I., polacca, dopodiché Boleslao l’Intrepido erediterebbe anche sul piano confessionale l’operato di Vladimiro il Santo. Ne conseguirebbe che Ladislao II. si convertirebbe all’Ortodossia; però il ruolo di Edvige d’Angiò si complicherebbe.
.
Che ne dite? Per scriverci il vostro parere, cliccate qui.