di Toxon
POD: Teodoro II (1855-1868) avrebbe forse potuto essere uno dei più grandi imperatori d'Etiopia. Passato dal ruolo di brigante a quello di imperatore, fu il primo ad impegnarsi seriamente a modernizzare il suo paese e a imporre il potere centrale su quello dell'aristocrazia. Tuttavia i suoi ripetuti appelli all'Inghilterra e agli altri paesi europei e cristiani perchè lo aiutassero caddero nel vuoto, e le sue crudeli repressioni delle rivolte feudali innestarono un circolo vizioso di violenza, fino a condurre il suo regno alla tragica fine che ebbe. Ma che succede se la Gran Bretagna risponde positivamente agli appelli del negus?
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C'erano molte difficoltà oggettive al raggiungimento di un'intesa tra Teodoro II e l'Inghilterra. Per la mentalità vittoriana, l'Etiopia dell'epoca era certamente un regno di barbari schiavisti; quanto all'appello alla “solidarietà cristiana” contro un “nemico comune musulmano”, esso non fece breccia in un paese ormai lontano da questa mentalità e che, oltretutto, aveva nell'Egitto un'ottima base economica e commerciale.
Supponiamo però che Teodoro II riesca ad abolire, almeno ufficialmente, la schiavitù, e che, nel frattempo, ci siano degli screzi tra Inghilterra ed Egitto (magari questo si lascia irretire troppo da avances francesi o russe). Poniamo inoltre che le lettere ufficiali che l'imperatore aveva spedito alla regina Vittoria –lettere in cui pregava di poter disporre della “luce” della cultura britannica contro le “tenebre” della superstizione e dell'ignoranza del suo paese - vengano pubblicate dalla stampa, e che l'insieme di tutti questi fattori porti a una mobilitazione dell'opinione pubblica a favore dell'Etiopia (“perché il leone britannico corre al grido di chi lo chiama in aiuto!”). Il governo inglese comincia a inviare in Africa tecnici e soldi, e Teodoro si dà da fare per servirsene per rafforzare la sua posizione interna. Molte delle terre della Chiesa vengono espropriate e cedute ai membri del suo esercito, vengono istituiti un moderno codice penale e civile, viene creata una valuta autonoma, il birr (fino ad allora in Africa Orientale si usavano i talleri di Maria Teresa), si impiantano alcune fabbriche usando il tesoro imperiale e perfino l'alfabeto fidel viene razionalizzato. Infine, nel 1868, un'armata imperiale organizzata in modo moderno (o quasi) sconfigge gli ultimi ras ribelli presso Magdala, e il fatto che tutto stia andando per il verso giusto impedisce che l'imperatore impazzisca e compia le stragi che insanguinarono i suoi ultimi anni di vita nella nostra Timeline.
Teodoro II, a questo punto, è libero di darsi al difficile compito di modernizzare il suo paese (il sogno di liberare Gerusalemme viene rinviato sine die). Una delle prncipali difficoltà che deve affrontare è collegare il suo regno montuoso e isolato con il mondo esterno. Per questo una buona strategia è quella di farsi dare Massaua dall'Inghilterra, la quale può ottenerla con relativa facilità, con mezzi diplomatici o militari. Per l'imperatore questa città può essere quello che fu San Pietroburgo per Pietro il Grande: una finestra sul mondo, libera da influenze dell'aristocrazia o del clero. Presto l'imperatore vi stabilirà adirittura la capitale, e si dedicherà soprattutto allo sviluppo della zona immediatamente circostante. Ovviamente però egli non può permettersi di perdere il controllo degli altopiani, ed è per questo che, per tutta la sua vita, Teodoro si dedicherà instancabilmente a creare una fitta rete di strade e infrastrutture che favoriscano la comunicazione. Il suo sogno è quello di portare la ferrovia nel cuore dell'acrocoro; alla sua morte, nel 1893, i binari arrivano però soltanto fino ad Adigrat.
Il secondo grande problema che l'imperatore affronta, anche se non si può essere sicuri di quanto egli lo percepisse coscientemente, è la mancanza di una vera e propria borghesia etiopica, o anche semplicemente di una classe di funzionari colti e laici legati direttamente a lui. Per risolvere il problema egli innanzitutto spinge le energie dei ras e della Chiesa verso la conquista e la conversione del sud del paese: alla sua morte l'impero d'Etiopia arriverà fino al lago Turkana e alla costa somala (grossomodo i confini di quello che nella nostra Timeline fu l'A.O.I.). Inoltre egli cerca di creare ex novo una classe media con le nazionalizzazioni di cui si è già detto e con la creazione di alcune scuole secondarie e tecniche espressamente dirette agli individui particolarmente brillanti dei ceti bassi; riuscirà se non altro nel suo intento di creare una burocrazia efficiente e fedele a lui solo. Tuttavia il mezzo più efficace per procurarsi una “borghesia” si rivela alla lunga l'incoraggiamento dell'immigrazione di commercianti, tecnici e avventurieri stranieri: greci, armeni, indiani, cinesi e perfino italiani. Nel 1893 gli stranieri rappresentano quasi il 20% della popolazione di Massaua.
Nel 1893, quando il figlio Maconnen ereditò l'impero (Menelik rimane ras dello Scioa) si trovò un mano un paese povero, sottosviluppato, ma con alcuni punti forti, una situazione interna abbastanza pacifica e, soprattutto, un potente protettore internazionale nella figura del Regno Unito. Lui e i suoi successori proseguirono l'opera di Teodoro II (ormai detto “il Grande”) grossomodo coi suoi stessi metodi, raggiungendo anche risultati degni di nota. Nel 1921, dopo molti esitazioni, fu concessa una prima costituzione, che, pur concedendo il diritto di voto a tutti gli etiopici istruiti, conservava all'imperatore il diritto di veto su tutte le leggi. Per quella data ormai nei principali centri urbani si era creata una sorta di borghesia e di classe operaia, e tre università (Massaua, Gondar e Macallè) sfornavano una discreta quantità di persone colte, sensibili anche alle idee più radicali (la fondazione del partito comunista etiopico risale al 1935). L'Etiopia parteciperà ad entrambe le guerre mondiali tra le file degli Alleati, inviando sul fronte alcuni battaglioni e ricevendone in cambio buoni compensi territoriali (Chisimaio, Somalia Britannica e Gibuti). Nel complesso per l'Etiopia, così come per molti altri paesi extraeuropei, le guerre mondiali sono un buon affare che aumentano improvvisamente la domanda di viveri e materie prime. Nel 1945 viene finalmente completata la ferrovia transetiopica, che va da Massaua a Mogadiscio attraversando l'acrocoro. E' l'apogeo dell'impero.
Dopo quella data però cominciano a manifestarsi i primi seri problemi interni. Il Corno d'Africa è infatti un coacervo di popoli, e, con l'inizio dell'era della decolonizzazione, qualche idea indipendentista arriva anche qua. A questo si sommano le rivendicazioni degli studenti, del nuovo proletariato urbano e perfino dei ceti più alti: tutti sono insoddisfatti dell'assolutismo e delle poche riforme fatte per limitarlo. In pratica, si rischia una lunga serie di guerre civili e una disintegrazione dell'impero.
Tutto dipende da qualcosa che gli ucronisti non possono in alcun modo prevedere: l'intelligenza di chi si trova in quel momento al governo. Se sul trono siede una persona con spiccato senso politico, può forse evitare il peggio e traghettare il paese verso un federalismo democratico, in cui il negus ha compiti solo rappresentativi. L'unica etnia la cui secessione è inevitabile è quella somala: i Somali sono lontani dal centro dell'impero, bellicosi e relativamente omogenei nella loro distribuzione. Concedergli subito l'indipendenza (magari sotto un principe della casa reale etiopica) è forse il modo migliore per evitare che il “contagio rivoluzionario” si sparga.
Se tutto va bene l'Etiopia è oggi uno dei paesi più ricchi dell'Africa subsahariana: la povertà affligge ancora gran parte della popolazione, ma le grandi carestie sono ormai ricordo di secoli lontani, e pian piano si comincia a parlare del paese come di una prossima “tigre africana”, protagonista insieme a Sudafrica e Nigeria dello sviluppo economico africano nel XXI secolo.
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E da noi?
Ovviamente a nessuno passa manco per l'anticamera del cervello di andare a colonizzare un paese formalmente alleato della Gran Bretagna, e De Pretis e Crispi colonizzano la Libia con 20/30 anni di anticipo. Se questo non basta, possono comprare qualche isoletta a qualche altro impero coloniale, o magari impegnarsi di più nella repressione della rivolta dei Boxer e sperare di riceverne vantaggi più consistenti. Senza Adua, inoltre, Crispi non cade e, superata la crisi di fine secolo (con lui al posto di Pelloux) si alterna al governo con Giolitti. La prima guerra mondiale e l'avvento del fascismo vanno “normalmente”, ma nel 1936 Mussolini non ha nessun paese da attaccare. Forse, senza “inique sanzioni” e relativi aiuti hitleriani, l'azione congiunta di Francia, Inghilterra e Ciano riesce a far rimanere il Duce nel blocco alleato (in fondo, nel '34 era stato un grande nemico di Hitler). Nel 1939 quindi l'Italia dichiara guerra alla Germania... e viene rapidamente invasa dalla Wehrmacht, mentre re e governo si rifugiano a Tripoli. La Resistenza (con partecipazione fascista!) inizia subito, e nel '45 l'Italia, come potenza vincitrice, ottiene un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell'O.N.U. La situazione interna è però molto instabile, in quanto gli oppositori del regime, riemersi durante la lotta contro i Nazisti, si rifiutano di tornare nella clandestinità. Mussolini, nei suoi ultimi anni di governo, riesce più o meno a controllare la situazione. Ma dopo la sua morte (1955) il suo successore Italo Balbo e il re Umberto II devono reintrodurre la democrazia. Per il fascismo quindi fine “morbida” alla spagnola. Come principali partiti emergono Dc e Pci, ma i missini conservano un ruolo importante e, come in Spagna, per un bel po' c'è un'amnesia generale per tutto quello che riguarda il regime.
Ah, e non dimentichiamoci che senza A.O.I. la biografia di molte persone cambia. Così Bruno Lauzi nasce a Bengasi, e Hugo Pratt da ragazzo vive a Tripoli (si tratterebbe peraltro della Tripoli sede del governo italiano in esilio). Forse (e sottolineo il forse) al posto delle “Etiopiche” avremmo le “Libiche”? Misteri dell'ucronia...
L'imperatore Teodoro il Grande (da H. Rassam, Narrative of British Mission to Theodore, 1869)
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Abbiamo anche un'altra ucronia etiopica, stavolta di Lord Wilmore:
Il 10 marzo 1889 l'imperatore abissino Giovanni IV, colui che nella Battaglia di Gura del 1876 aveva annientato gli Egiziani e posto fine alle loro ambizioni sull'Etiopia, confinandoli sulla costa, morì nella Battaglia di Metemma contro le truppe del Mahdi, e la sua testa venne esibita ad Omdurman, infilzata su di un'alabarda. Egli aveva nominato proprio erede il figlio Ras Mengesha Giovanni, ma il Tigrai gli si ribellò nominando Negus il re dello Scioa Sahle Mariàm, che prese il nome di Menelik II. Il governo italiano si felicitò con Menelik II, da sempre sostenuto con armi e denaro, e si presentò all'incasso con la cambiale del Trattato di Uccialli. Menelik II lo firmò il 2 maggio 1889, ma presto denunciò differenze tra il testo italiano e quello amarico, e dimostrò che, se aveva usato l'Italia per meglio realizzare le sue ambizioni, non aveva nessunissima intenzione di rinunciare alla propria libertà di manovra, diventando di fatto un protettorato italiano. Il dissidio che si aperse condusse infine al disastro di Adua. Ma che accade se Giovanni IV non muore, o il figlio Giovanni V riesce a succedergli? Come cambiano i rapporti tra Italia ed Abissinia, e l'intera politica coloniale italiana?
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Questa è la risposta di Massimiliano Paleari:
Come già suggeriva Toxon, senza il Trattato di Uccialli (e conseguentemente senza le relative beghe interpretative dovute alla discrepanza tra il testo italiano e quello abissino) l'Italia non riesce a trovare una "buona scusa" per attaccare l'Etiopia. Il nostro Paese conseguentemente non affronta le umiliazioni di Dogali e di Adua... con tutto il contorno di di discredito internazionale, di scontri in Italia, di "voglia di rivincita fuori tempo massimo" (la campagna d'Etiopia del 1935/36). L'Italia si accontenta di una modesta presenza in Eritrea e poi anche in Somalia. Il "Nazionalismo" non attecchisce come nella nostra timeline. Non attacchiamo nel 1911/12 nemmeno l'Impero Ottomano. Quindi niente campagna di Libia. Ci concentriamo invece sullo sviluppo economico e sociale interno, specie del sud, dove vengono investite le ingenti risorse sperperate nelle campagne africane della nostra timeline. Giolitti riesce a imporre al Paese la neutralità durante il Primo Conflitto Mondiale. Il dopoguerra così vede un Paese più ordinato e tranquillo (niente Biennio Rosso, e poi niente Fascismo...)
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Lord Wilmore torna alla carica:
In effetti un paese occupato da altri per secoli, che si mette ad occupare subito altri paesi del Terzo Mondo, mi è sempre suonato strano! Tieni conto poi del fatto che, senza guerra di Libia, non scoppiano neanche le guerre balcaniche, che furono prologo alla WWI, e quindi anche la Prima Guerra Mondiale potrebbe essere rimandata. A meno che la Francia non si cucchi lei la Libia, innescando gli eventi che portarono al disastro del '14-'18. Senza l'Italia in guerra, l'Austria-Ungheria sarà meno impelagata e la Russia potrebbe crollare prima, ma sul fronte occidentale la guerra potrebbe durare uno o due anni di più...
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Anche Rivoluzionario Liberale vuole dire la sua:
Ad Adua, dopo la batosta inflitta agli italiani, gli etiopi continuano a marciare fino alla liberazione di tutta l'Eritrea. Per gli italiani è una debacle pazzesca, con non solo 2000 (come nella HL) prigionieri, ma molti di più e l'occupazione di tutti i porti eritrei. Naturalmente in patria lo scalpore è grandissimo, e non solo costa la testa a Crispi, ma si rischia la rivolta. Socialisti, radicali, marxisti, anarchici scendono in piazza e fanno attentati. e il re Umberto I viene assassinato qualche anno prima. A questo punto scoppia una guerra civile, da una parte l'esercito regolare che appoggia i Savoia, dall'altra i rivoluzionari socialisti, radicali e anarchici... come finirà ?
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Ma Lord Wilmore gli risponde:
Re Umberto assassinato qualche anno prima? Sai che non mi convince? Più probabile che la Nazione si stringa attorno alla monarchia sabauda, come sempre è accaduto nei momenti peggiori della sua storia. E' successo anche dopo il 25 luglio '43, solo che poi il Re Soldato e il Re di Maggio hanno rovinato tutto fuggendo a Brindisi. Se però Umberto I viene visto come il punto di riferimento della Nazione, può evitare i fatti di Milano del '98 e restare sul trono più a lungo. A questo punto Giolitti va al potere e punta subito sul piano B: la Libia. Ma allora anche le Guerre Balcaniche scoppiano prima, la Turchia è espulsa dall'Europa, la Russia si sente giocata dall'Austria e la Grande Guerra scoppia prima. Ma, senza l'Entiente Cordiale, il Regno Unito resta neutrale, l'Italia scende in campo con i suoi naturali alleati (Giolitti sosteneva la Triplice Alleanza) e la Francia potrebbe vedersela brutta. A meno che non intervengano gli USA, ovviamente.
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Paolo Maltagliati obietta:
1) Ma gli etiopi ce l'hanno la voglia e la forza di buttare a mare completamente gli italiani?
2) Tendenzialmente penso anche io che possa essere più un'occasione per stringersi alla monarchia che non il contrario
3) Per gli statunitensi non avrebbe avuto granché senso intervenire in una guerra siffatta. Anche perché non c'è nemmeno il pretesto della guerra sottomarina illimitata tedesca, molto probabilmente...
4) Le guerre balcaniche negli anni ‘90 dell'ottocento? A questo punto ci sarebbe anche il pretesto russo di fermare i massacri hamidiani e annettersi l'Armenia.
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Il Rivoluzionario insiste:
Il problema è che, dopo una tale sconfitta in Etiopia, non so se si ha il coraggio di fare la guerra agli ottomani...
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Ma Lord Wilmore non è da meno:
Io credo invece che la volontà di revanche sia fortissima: l'Italia è stata l'unica tra le potenze coloniali ad essere ributtata a mare, il suo prestigio internazionale è sotto zero, di lei ridono anche i polli. E' necessario riscattarsi, altrimenti qualcuno al sud può dire: "meglio quando c'erano i Borboni!" E cosa di meglio che prendersela con la vacca grassa senza corna, cioè con la Turchia? Poi gli italiani scoprono che i libici, se devono avere un padrone, preferiscono averlo musulmano come loro, e scoppia la rivolta dei Senussiti, ma gli italiani hanno imparato la lezione nel Corno d'Africa, e stavolta non si fanno cogliere impreparati.
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Questo è il parere in proposito di Alessio Mammarella:
Una battaglia come quella di
Adua (15.000 soldati europei contro 100.000 guerrieri locali) non può che avere
un esito catastrofico per una delle due parti. Se gli europei riescono a
sfruttare il loro vantaggio tecnologico, allora faranno strage dei guerrieri
locali. Se invece non ci riescono (per vari motivi: scarsa conoscenza del
territorio, inesperienza nelle guerre coloniali, razzismo ed ottuso senso di
superiorità rispetto al nemico) allora finisce come è finita. Quindi se ad Adua
avessero vinto gli italiani, sarebbe stata una stata una così grossa strage da
costringere Menelik a trattare. Una trattativa in cui gli italiani non avrebbero
certo preteso la Luna, considerando che l'esigua entità del contingente militare
poteva aver consentito di vincere una battaglia, ma non avrebbe consentito di
controllare un territorio tanto vasto. (Tanto più che i locali avrebbero potuto
continuare la lotta sotto forma di guerriglia). Penso quindi che in caso di
vittoria italiana ci sarebbe stato un ampliamento della colonia di Eritrea alla
regione abissina del Tigrè, mentre il resto del paese sarebbe rimasto
semplicemente un protettorato. Ovviamente questa pace di compromesso avrebbe
lasciato spazio a futuri tentativi etiopi di rivincita e quindi ci sarebbero
state altre guerre, distraendo i governi italiani dal desiderio di procurarsi
altre colonie altrove (Libia).
Secondo un'opinione diffusa che la guerra di Libia fu decisa in modo piuttosto
estemporaneo per un mix di ragioni sociali e nazionalistiche, ma in realtà la
diplomazia aveva lavorato per propiziare l'operazione libica per circa un
decennio e quindi proprio come rimedio alla battuta d'arresto subita nel Corno
d'Africa. Con il successo di Adua non sarebbe servito battere quella strada:
l'Italia sarebbe stata invece fiduciosa dei suoi mezzi e convinta di non aver
bisogno di ottenere il placet di tutte le potenze (comprese quelle ufficialmente
avversarie) per portare avanti i propri interessi.
Le condizioni sarebbero state propizie per mettere di nuovo Italia e Abissinia
in rotta di collisione. Da una parte, in una Italia più sicura dei propri mezzi
i nazionalisti avrebbero ben presto richiesto di stabilire un controllo più
diretto sull'Etiopia. Dall'altro, è possibile che francesi e britannici, senza
il tatto di una politica italiana volte a "tenerle buone", avrebbe magari
favorito l'insorgere di una fazione abissina revanscista e ostile rispetto
all'ormai debole imperatore Menelik. Mi spingo allora ad immaginare una nuova
guerra italo-abissina intorno al 1911-12. Se quella guerra avesse preso il posto
della campagna di Libia, non ci sarebbero state le guerre balcaniche e
probabilmente non si sarebbero accumulate le tensioni che hanno poi condotto,
nel 1914, all'attentato di Sarajevo e alla I Guerra Mondiale.
Certo, bisogna considerare che l'Impero Ottomano era comunque in crisi e che, se
l'Italia non si fosse interessata alla Libia, qualcun altro lo avrebbe fatto...
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Enrica S. invece ha avuto un'altra idea: il Daesh in anticipo!
Nel 1884 il sudanese Muhammad Ahmad ibn al-Sayyid si autoassegnò il titolo di Mahdi ("Ben Guidato") e diede inizio a una rivolta contro l'occupazione anglo-egiziana. Ne fece le spese Gordon Pascià, la cui testa finì in cima a una picca durante l'assedio di Khartum. Il Ben Guidato morì prematuramente il 22 giugno 1885, e la ribellione mahdista sarà stroncata solo nel 1898, rimanendo sostanzialmente circoscritta al Sudan. Ma supponiamo che egli osi di più, si proclami Califfo e si metta in testa di convertire all'Islam il mondo intero, per amore o per forza. Vi ricorda qualcuno, vero? Supponiamo che egli cominci a spedire in giro i suoi emissari, convincendo i musulmani di tutta la Umma a ribellarsi contro i Turchi Ottomani, contro gli Sciiti Persiani, contro la Francia, contro il Regno Unito e contro l'Italia. Nelle città europee a fare rumore non sono gli ordigni degli anarchici, ma le cinture esplosive dei kamikaze, primitive ma efficaci. A Nizza poi, la sera del 14 luglio 1889, un algerino guida una carrozza a cavalli lungo la Promenade des Anglais, travolgendo decine di persone intente ad osservare i fuochi artificiali in occasione del Centenario della Rivoluzione Francese. Come reagisce il mondo alla minaccia del Mahdi e dei suoi Mujaeddin?
La bandiera mahdista
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Ecco la replica di Enrico Pellerito:
Dato il periodo storico, la presenza musulmana nelle terre degli "infedeli" è ridotta, forse limitata ai principali porti del Mediterraneo. Berlino, Londra, Parigi e Roma corrono pochi rischi ma sono invece le comunità europee in Africa e in Asia ad essere nel mirino. Considerando come le potenze europee si sono comportate nei confronti dei popoli ritenuti selvaggi e barbari, con ben poche voci garantiste che si leverebbero contro le misure adottate... temo si possa rischiare un vero e proprio genocidio.
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Fabio Roman aggiunge:
D'altronde siamo ancora prima del 1914 e la guerra è vista come un concetto "romantico"; parimenti se alle industrie europee interessa fare business con il conflitto (per quanto impari) l'ingerenza nella politica può essere forte (la FIAT fu fortemente interventista nel 1915 perché vedeva tanto profitto nelle operazioni belliche), ancora di più di quella odierna dove almeno si gioca perlomeno in parte a carte scoperte (all'epoca invece era piuttosto facile convincere la popolazione senza informazioni con ideali che non erano di certo il motivo del supporto a monte). Il pretesto per un'imposizione coloniale molto più forte e repressiva nei confronti delle popolazioni locali è servito su un piatto d'argento.
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Anche Federico Sangalli dice la sua:
Concordo. Massicci pogrom contro i musulmani, il generale Horatio Kirtchener reprime i madhisti come fece con i boeri cioè fucilazioni sommarie, villaggi bruciati e campi di concentramento. L'Impero Ottomano collassa e il Congresso di Berlino ne decreta la spartizione. Gli Al-Saud si proclamano Califfi(da "Protettori dei Luoghi Santi" non ci corre molto). La Persia invece fa affari d'oro poiché è l'unica potenza stabile per poter vendere il suo petrolio. Nonostante i numerosi sforzi e la retorica da crociata le nazioni europee non riusciranno a schiacciare la resistenza islamica poiché finiscono per finanziarli per contrastare altre potenze ("Ops che caso, delle mitragliatrici tedesche in mano ai madhisti", "Ma che coincidenza! Cannoni francesi in possesso di Boko Haram in Kamerun"). L'Inghilterra s'impegna molto e non può nè schiacciare i boeri nè fare il Grande Gioco: la Russia conquista l'Afghanistan ma Londra finanzia i mujhaddin in Asia Centrale e questa lunga guerra porterà ad un collasso zarista anticipato. Paradossalmente rispetto alla "nostra" Guerra al Terrorismo gli USA non sarebbero neppure stati sfiorati in quanto privi di colonie e sarebbero rimasti nel loro splendido isolazionismo. Presi di mira sarebbero sopratutto Francia, Inghilterra, Russia, Spagna, Italia e Impero Ottomano. Le guerre indebolirebbero non poco le nazioni europee e creerebbe una certa ostilità ad ogni avventura coloniale. Forse i Boxer riescono a liberare la Cina dagli Occidentali. La Russia subirebbe una rivoluzione già nel 1905 e diventerebbe un'instabile repubblica. La Prima Guerra Mondiale(Francesco Ferdinando è ucciso da un mujaheddin bosniaco, Vienna pretende un attacco ai covi terroristici nelle colonie francesi e scoppia la guerra)vedrebbe i musulmani, armati dalla Germania, insorgere e scacciare gli anglo-francesi, unificandoli in un immenso Califfato. In Europa la Germania vincerebbe la guerra e creerebbe il suo Impero Mitteleuropeo e Cristiano in contrapposizione all'Impero Islamico. Hitler, Mussolini, Franco, Mosley, Salazar, Horty, Antonescu, Metaxas, Dollfuss, Pilsudsky e Maurras sarebbero tutti islamofobi e, considerando la miopia della restante classe politica europea, è probabile una Seconda Guerra Mondiale con i connotati di una Crociata che termina con il lancio di due atomiche su La Mecca e Medina è un genocidio, da entrambe le parti, con decine di milioni di morti. Senza occidentali intanto il Giappone ha potuto fagocitare la Cina senza Pearl Harbour e ora si avvia rapidamente a diventare la nuova superpotenza mondiale e domatrice tra due contendenti ormai stremati e distrutti.
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Fabio Roman approva:
Bella l'anticipazione dell'invasione russa di Kabul, con conseguente finanziamento della guerriglia da parte occidentale in funzione anti-Mosca, che poi si rivolge contro e crea problemi agli stessi finanziatori, così come accadde in HL coi Talebani negli anni '80 prima e nel 2001 poi. Mi chiedo solo fino a che punto gli americani se ne starebbero fermi a guardare di fronte ad un Giappone con delle palesi intenzioni imperiali che difficilmente, pur con tutta la sfera di coprosperità orientale ad ovest dell'arcipelago, trascurerebbero il Pacifico.
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Tommaso Mazzoni invece è di diverso avviso:
La rivoluzione nel 1905 in Russia c'é stata, non era a maggioranza antimonarchica, non vedo perché dovrebbe esserlo in questo caso. stavolta ha successo, quindi la repressione violenta non avviene, perché i Cosacchi son tutti in Afghanistan; indi per cui, il risultato più consono è che la Russia diventi una monarchia costituzionale con lo Zar che perde molti poteri ma resta capo di stato (che era lo scopo della rivoluzione del 1905 nella nostra Timeline).
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Riprende la parola Federico Sangalli:
Beh, diciamo che se la Rivoluzione Russa del 1905 non era antimonarchica all'inizio, lo è diventata quando i cosacchi hanno aperto il fuoco contro una folla di donne e bambini che marciavano pacificamente mostrando immagini dello Zar e guidati da un Prete, Padre Gapon, facendo un bagno di sangue.
Gli USA non resterebbero a guardare ma cosa possono fare. Stretti come sono tra un'Europa crociata e fascistoide, un'africa jihadista (immagino bene la diffusione di alcune frange estremiste di rastafarianesimo che propugnano il razzismo contro i bianchi) e un'Asia imperiale, e male abituati all'interventismo dal loro isolazionismo dilagante. Temo piuttosto quando i lupi solitari di Malcolm X inizieranno a colpire. La mia idea è che molti assassini e criminali di guerra nazifascisti potrebbero facilmente riciclarsi per applicare i loro sanguinari "servigi" sui musulmani e neri. Il Califfato verrebbe instaurato soltanto durante o dopo la Prima Guerra Mondiale, quando le potenze europee sono ormai troppo deboli per opporsi.
Temo invece che gli USA finanzieranno senza fondo i mujhaddin indonesiani contro l'Impero Giapponese onde incrinare la Sfera di Co-Prosperità del Pacifico...
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Pavel Tonkov rincara la dose:
Allora le Pantere Nere, per vendicare i massacri di Neri e Islamici, l'11 settembre 1971 fanno schiantare degli aerei contro l'Empire State Building, il Pentagono e la Casa Bianca oltre a compiere un attentato a Wall Street...
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Federico ritorna alla carica:
Immaginiamo Harlem come sinonimo di Cecenia. Immaginiamo elicotteri in stile "Apocalypse Now" che sganciano bombe incendiarie sui caseggiati di mattoni di Brooklin, di Chicago e di Los Angeles. Immaginiamo campi di detenzione in Nevada e in Arizona per i neri ove essi vengono rinchiusi e seviziati. Immaginiamo la luce vivida delle esplosioni nucleari riflettersi sulle acque del Giordano, sul Bosforo e tra i Monti della Persia. E immaginiamo per rappresaglia attentati sanguinosi, brigate di assassini vestiti di nero guidati da Malcolm X che compiono atti di terrore, decapitando gente a Broadway e facendosi esplodere al Madison Square Garden, con decine di migliaia di morti. E immaginiamo stati- quei pochi stati sopravvissuti in questa tempesta-trasformati ormai in stati di polizia, dittature militari con spiccate tendenze genocide, profondamente razziste, con lo stato di emergenza in vigore e le libertà civili sospese e tutto il potere politico, economico e sociale nelle mani di militari, polizia e servizi segreti, ove le Forze Armate sarebbero venerate come unici difensori della Civiltà e i diritti politici concessi soltanto a coloro che servono fedelmente nell'esercito. Un mondo ove Andreotti sarebbe visto come un eccezionale progressista solo per essere un civile e al cui confronto Erdogan e Saddam Hussein sembrano dei dilettanti. E il tutto condito da una guerra senza fine che dura ormai da più di duecento anni, in una spirale di guerre, stermini, persecuzioni, pestilenze e massacri senza fine.
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Tommaso Mazzoni sorride:
Wow! Al tuo confronto, Orwell è un dilettante, Federico!
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Ma Pavel non ha voglia di scherzare:
La cosa interessante è che con Hitler, Mussolini, Horthy, Franco, Maurras, Metaxas, Quisling, Degrelle, Pavelić, Tiso ed Antonescu islamofobi non c'è la Shoah, ma temo che sia solo un'illusione perché verrà semplicemente rimandata...
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*Bhrg'hówidhHô(n-) tuttavia cala il colpo da maestro:
Solo che, quando nel 2001 (o magari anche prima, visto lo sviluppo della Genetica ai fini dello studio delle Razze) si scopriranno gli Aplogruppi del DNA autosomico e in particolare del Cromosoma Y, che Hitler (come Napoleone) aveva di origine negro-africana, al contrario di tutti gli altri Europei e Asiatici Occidentali, si porrà un dilemma tremendo: quale Razza è superiore? Quella del Führer o quella degli Ariani e di tutti gli altri?
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Diamo adesso la parola ad Alessio Mammarella:
Il flop di Luigi Filippo in Algeria
L'Algeria nel 1830 subì l'invasione da parte dei francesi che dopo 17 anni di guerra (praticamente alla vigilia delle insurrezioni liberali del famoso 1848) riuscirono ad avere ragione di ogni resistenza, facendo del paese una loro colonia (decisamente centrale nell'ambito dell'impero coloniale francese). Ma se quella lunga e faticosa campagna di conquista fosse andata male? Se a un certo punto le truppe francesi avessero dovuto abbandonare il paese? Ho pensato a due ordini di conseguenze:
- sull'evoluzione dell'impero
coloniale francese, che sarebbe stata probabilmente diversa (ma la riflessione
riguarderebbe di più la seconda metà, anzi l'ultimo quarto, del secolo XIX);
- sulla politica interna francese e quindi quella europea.
Comincerei proprio dal
secondo punto. La campagna d'Algeria certamente rafforzò i militari e in
generale quella componente della società francese nostalgica del bonapartismo e
favorevole a una forte politica internazionale. Magari è una esagerazione
pensare che un esito sfavorevole della campagna d'Algeria avrebbe determinato
condizioni politiche ostili all'ascesa di Luigi Napoleone/Napoleone III, ma
l'ipotesi che la sua ascesa non sarebbe riuscita (e quindi la Seconda Repubblica
sarebbe rimasta in piedi) potrebbe essere l'elemento caratteristico, il piatto
forte di questa riflessione ucronica.
In assenza di un Napoleone III intenzionato a mostrare la sua forza di
imperatore erede dello zio forse non ci sarebbe stata la Guerra di Crimea, e le
divergenze tra russi e turchi sarebbero state composte diplomaticamente.
Dovremmo poi vedere la questione italiana. In assenza di Napoleone III ci sarebbe stata la guerra del 1859? La Repubblica sarebbe stata certamente meno militarista, e quindi anche se avesse avuto un governo sensibile alla causa italiana avrebbe cercato di agire in altri modi, più politicamente che militarmente. Il Regno di Sardegna avrebbe potuto/dovuto trovare un alleato diverso per assecondare le sue intenzioni di ottenere una rivincita sull'Austria rispetto al 1848.
Se presumiamo che la strategia di Bismarck fosse volta comunque a sconfiggere l'Austria, indipendente dalle avventure di Napoleone III, potremmo pensare che gli avvenimenti in Germania avrebbero luogo ugualmente, e che quindi la Prussia sconfigga l'Austria nel 1866. In questo frangente il Regno di Sardegna potrebbe essersi alleato con la Prussia per ottenere il Lombardo-Veneto, e aver approfittato della sconfitta austriaca per annettere anche l'Emilia-Romagna e la Toscana.
La spedizione di mille potrebbe aver avuto luogo? Forse si, e secondo l'intenzione iniziale di Garibaldi, quella di raggiungere Roma. Una Francia repubblicana infatti avrebbe potuto non essere ostile alla fine del potere temporale della Chiesa. Proprio per i favore francese verso un'impresa di Garibaldi, nonché per l'alleanza del Regno di Sardegna con la Prussia, il progetto di Garibaldi avrebbe potuto però essere anche indipendente, concorrente rispetto a quello di Cavour e Vittorio Emanuele II. E in questo caso saremmo di fronte a uno scenario inusuale: da una parte le truppe sabaude, che dopo aver combattuto in Lombardia e Veneto procedono verso sud, per annettere i vari stati dell'Italia centrale; dall'altra parte Garibaldi e i suoi volontari, che sbarcati in Sicilia avanzano verso nord. Che sarebbe successo, i due contingenti si sarebbero incontrati o scontrati? Garibaldi, avrebbe potuto non essere favorevole all'opzione monarchica, e preferire invece una repubblica sul modello francese. Molto sarebbe dipeso dalla tempistica: se l'impresa di Garibaldi fosse iniziata mentre le truppe sabaude stavano ancora combattendo contro gli austriaci, probabilmente non ci sarebbe stato tempo di impedire a Garibaldi di risalire la penisola fino almeno a Roma, con il risultato che si sarebbero formati forse due stati rivali, un Regno d'Italia a nord e una Repubblica Italiana al sud. Se invece la spedizione di Garibaldi fosse arrivata dopo, allora forse le truppe sabaude sarebbero riuscite a scendere maggiormente verso sud, magari arrivando a occupare Roma per prime. Possiamo addirittura pensare che Vittorio Emanuele II si sarebbe alleato con Francesco II, considerando utile condividere la penisola con un altro sovrano invece che con una repubblica giacobina? In quel caso forse i garibaldini sarebbero riusciti a costruire uno stato repubblicano solo in Sicilia. Possiamo infine pensare che in ogni caso Garibaldi avrebbe perso e che quindi l'Italia si sarebbe ritrovata sotto Vittorio Emanuele II e con gli stessi confini della home line dopo il 1870 (senza la cessione di Nizza e Savoia, in ogni caso). [questa credo che sarà una parte molto saporita da approfondire]
C'è poi da considerare la
questione 1870. Se la Francia fosse stata repubblicana, così come avrebbe
evitato la Guerra di Crimea e quella Franco-Asburgica avrebbe evitato anche
quella Franco-Prussiana. Lo stesso Bismarck forse non avrebbe cercato lo scontro
più di tanto, anche se forse qualcosa avrebbe cercato di inventarsi per
trasformare la Confederazione Germanica del Nord in qualcosa di più. Io credo in
ogni caso che i confini in quella parte di Europa sarebbero rimasti piuttosto
stabilmente quelli del 1867. In uno scenario del genere:
- sarebbe nata ugualmente la Triplice Alleanza?
- la Francia avrebbe riprovato prima o poi a conquistare l'Algeria?
- quanto sarebbe stato diverso rispetto alla HL l'impero coloniale francese?
- l'Italia (o le Italie) che posizione avrebbero avuto in Europa e nel
Mediterraneo?
[Riassumo sinteticamente i
punti iniziali:
- la conquista dell'Algeria va male, intaccando la popolarità dei militari;
- la Seconda Repubblica francese sopravvive;
- niente guerra di Crimea;
- Cavour si appoggia alla Prussia nel 1866;
- la Francia, ostile ai Borbone e al potere temporale, appoggia la Spedizione
dei Mille in concorrenza con il Regno di Sardegna (che è alleato della Prussia);
- niente guerra franco-prussiana]
.
E ora, la nuova geniale idea di William Riker:
L'Impero di Kanem-Bornu eterno
Nome
ufficiale: Impero di Kanem-Bornu (Kanuri: Kanem-Borno Cídí; Hausa: Daular Kanem-Borno; Arabo:
إمبراطورية كانيم بورنو, 'iimbraturiat Kanim Bwrnu)
Capitale: N'Djamena (1.605.696 ab. al 2012)
Altre Città: Abéché, Aozou, Biltine, Bongor, Doba,
Kélo, Léré, Mongo, Moundou, Ngazargamu, Njimi, Pala, Sarh
Forma di Governo: Monarchia Costituzionale
Monarca: Ibrahim VI Sayfawa, dal 1995
Presidente del Consiglio dei Ministri: Kashim
Ibrahim Shettima, dal 2015
Fondazione: circa 700 d.C.
Superficie: 776.996 km2
Abitanti: 12.412.107 abitanti al 2012
Densità: 16 abitanti per km2
Lingua: Kanuri, Hausa, Arabo, lingue tribali
Religione: Islam Sunnita, minoranze cristiane e animiste
Moneta: Dínàr ("Soldo" in lingua Kanuri); 1 euro =
656 Dínàr al 1 gennaio 2019
Economia: agricoltura, allevamento estensivo,
attività minerarie
PIL pro capite: 1201 $ (al 2012)
Prefisso telefonico: +235
Targa automobilistica: KB
Tld: .kb
Storia:
Il territorio dell'odierno Kanem-Bornu
include alcuni dei siti archeologici più importanti dell'Africa, che
testimoniano la presenza umana fin da tempi antichissimi. Nel 1996 è stata
riportata alla luce una mascella di 3 milioni di anni fa attribuita alla nuova
specie Australopithecus bahrelghazali, e nel 2002 è stato ritrovato a Borkou un
teschio di ominide di oltre 7 milioni di anni fa, classificato col nome
scientifico di Sahelanthropus kanemensis, considerato uno dei primi antenati
diretti del genere Homo.
Presso Ennedi sono stati ritrovati esempi di arte rupestre databili al settimo
millennio a.C., che potrebbero rappresentare i più antichi artefatti neolitici
della zona del Sahara. Circa 6000 anni fa i vasti altipiani del Kanem
settentrionale erano verdi pascoli che davano da vivere a cacciatori, a pastori
e a una ricca fauna. Intorno al 4000 a.C. il Sahara iniziò a inghiottire questa
regione e i suoi fiumi, costringendo le popolazioni a migrare verso sud e verso
est: si ritiene che la civiltà neolitica sviluppatasi nell'odierno Kanem-Bornu
sia in seguito emigrata nella Valle del Nilo in seguito alla progressiva
desertificazione del Sahara, dando vita alla grande civiltà egiziana.
Ben poco è rimasto del fiorente passato neolitico del Kanem-Bornu, a parte le
splendide pitture rupestri che si possono vedere nel massiccio dell'Aïr. Alla
fine del I millennio a.C., le popolazioni della regione avevano appreso le
tecniche di lavorazione dei metalli e sviluppato complesse organizzazioni
sociali e svariate forme di commercio.
Tra il 76 e l'86 d.C., sotto gli imperatori Tito e Domiziano, due spedizioni
militari romane, una guidata da Settimio Flacco, l'altra da Giulio Materno, con
l'intento di penetrare nel favoloso regno dei Pigmei, raggiunsero il "Paese dei
rinoceronti", come lo descrive il cartografo Claudio Tolomeo. Dopo quattro mesi
di cammino in direzione sud rispetto al massiccio del Tibesti essi arrivarono
fino ad una contrada misteriosa battezzata Agisymba dove si stendeva il "Lago
degli ippopotami", presumibilmente il lago Ciad.
L'impero di Kanem si
costituì da una coalizione di regni Kanuri, principalmente di etnia Tebu, sulla sponda
settentrionale del Lago Ciad, al centro delle vie commerciali che univano
l'Africa sub-sahariana al Medio Oriente; il sovrano aveva il titolo di Mai
(sovrano). La principale fonte storiografica sulla
storia dell'impero di Kanem-Bornu e del popolo Kanuri è costituita dal Diwan ("Cronache Reali"), scoperto nel
1850 dall'archeologo tedesco Heinrich Barth.
Nel 1075 d.C. la prima dinastia pagana
dei Duguwa fu sostituita, in seguito alla penetrazione dell'Islam nella regione,
dalla dinastia Sayfawa, che diede il via al
periodo di maggior splendore dell'impero. L'espansione massima ebbe luogo sotto
il regno del Mai Dunama Dibbalemi della dinastia Sayfawa, che
regnò dal 1221 al 1259. Questi fu il primo Mai a convertirsi all'Islam e iniziò
una politica aggressiva verso le tribù confinanti, iniziando così un lungo
periodo di conquiste. Dopo avere consolidato i propri territori intorno al Lago
Ciad, attaccò a nord il Fezzan (Libia) e ad ovest gli Stati Hausa (Nigeria).
Questa espansione aveva lo scopo di proteggere le vie di comunicazione con il
nord. In
cambio di tessuti, sale, minerali e schiavi, i Kanuri ricevevano rame, armi e cavalli.
All'apice del loro potere i Kanuri controllavano una vasta area dell'Africa
settentrionale attraverso la quale dovevano passare tutti i commerci rivolti al
Nordafrica. Gradualmente il nomadismo lasciò posto alla creazione di centri
urbani stabili, come Njimi, splendida capitale dell'impero.
La notizia dell'esistenza del regno di Kanem fu tramandata già nel Medio Evo dai
primi viaggiatori arabi, e nel 1564 si trova nominato nell'atlante Giacomo
Gastaldi.
In seguito alla morte di Dunama Dibbalemi, rivalità interne iniziarono a
minacciare seriamente la stabilità dell'impero. Di conseguenza all'inizio
del XV secolo la dinastia Sefuwa si ritirò momentaneamente nel regno
di Bornu, situato ad ovest del Lago Ciad, abbandonando i territori del Sahara in
via di progressiva desertificazione. Nel XVI secolo, tuttavia, il regno
riacquistò la propria potenza. Sfruttando nel modo migliore il collasso
dell'Impero Songhai, il Mai Ali Gaji (1497-1515) pose fine
alle divisioni interne, il suo esercito riconquistò la vecchia capitale Njima
alla dinastia ribelle Bulala, si espanse nuovamente verso nord e fondò la nuova
capitale Ngazargamu.
I Kanuri aumentarono il proprio potere sotto il regno del Mai Idris Alooma
(1575-1610) ristabilendo la propria autorità nell'area del Fezzan e nelle terre
Hausa grazie a un esercito armato di moschetti acquistati dagli Ottomani. Idris
Alawma era un fervente musulmano, credeva di dovere diffondere l'Islam in Africa
e lanciò numerose "guerre sante" per convertire gli "infedeli". Pose inoltre le
basi politiche ed amministrative di un impero che sembrava destinato a
declinare, e che invece grazie a lui poté giungere fino al presente. Il nuovo
regno prese il nome di Impero di Kanem e Bornu.
L'Impero si indebolì dopo il 1840 a causa della minaccia data dal crescente
potere dell'Impero Fulani, ad ovest, ma all'arrivo delle potenze colonizzatrici
europee il Mai Ali IV Dalatumi (1846-1866) si alleò con gli inglesi, che avevano
occupato la costa della Nigeria, e grazie alle loro armi i Fulani furono
sconfitti definitivamente ed inclusi nella Nigeria Britannica. Il nuovo Mai Umar
(1866-1892) conquistò il Regno Wadai e respinse, sempre grazie alle forniture di
armi inglesi, il tentativo di Parigi di conquistare l'Impero e includerlo nell'Africa Equatoriale Francese.
Intanto in Africa si affacciavano gli Italiani: preceduti nel Corno d'Africa dai
Francesi che avevano conquistato Eritrea, Gibuti e Somalia, dopo una breve
guerra con la Turchia nel 1884 conquistarono la Tripolitania e la Cirenaica,
togliendole alla Turchia in piena decadenza, quindi si spinsero a sud, verso il
Fezzan. Il governo di Roma puntava a ridurre l'Impero di Kanem-Bornu a suo
protettorato, creando un vasto impero coloniale al centro del Sahara, e parve
riuscirci con il Trattato di Aozou, con cui l'Impero affidava all'Italia il
controllo della sua politica estera. Ma in realtà il testo in italiano e quello
in lingua Kanuri erano diversi. Ibrahim V (1892-1919), figlio di Umar, se ne
rese conto e rigettò il trattato, attaccando una guarnigione italiana nel Fezzan
libico e sterminandola. Il Presidente del Consiglio Italiano Francesco Crispi
mandò un possente esercito guidato dal generale Oreste Barattieri a sottomettere
militarmente il Kanem-Bornu, ma le truppe italiane furono fiaccate dal caldo
torrido del deserto e il 1 marzo 1896 subirono una storica disfatta nella
Battaglia di Djourab. Crispi fu costretto a dimettersi, e Aozou fu riconquistata
dai Kanuri insieme a una larga fetta di Fezzan. Finiva il sogno delle potenze
europee di mettere le mani sul Kanem-Bornu, trionfatore su eserciti molto meglio
organizzati ma impreparati ad affrontare il clima sahariano. Furono invece
pacificamente delimitati i confini con il Sudan britannico.
Il 29 maggio 1900 la capitale fu trasferita a N'Djamena, sul fiume Chari. Il
paese restò neutrale durante la Prima Guerra Mondiale, e ad Ibrahim V succedette
il figlio Dunama X. Nel 1928 la costruzione di una strada adatta alle automobili
permise di ampliare molto i commerci con le vicine colonie britanniche.
Nel 1935 Benito Mussolini decise di vendicare la sconfitta di Djourab e, dopo
aver provocato ad arte un incidente di frontiera, invase in forze il Kanem-Bornu.
Il dittatore fascista non esitò a far uso di gas asfissianti contro un popolo
ancora fondamentalmente arretrato e il 5 maggio 1936 venne conquistata la
capitale N'Djamena, ribattezzata Littoria d'Africa; il Mai Dunama X fuggì nella
Nigeria britannica. Il Re d'Italia Vittorio Emanuele II fu incoronato così
Imperatore e venne creata la colonia dell'Africa Centrale Italiana (ACI).
Tuttavia la Società delle Nazioni condannò l'invasione e impose sanzioni
(peraltro poco efficaci) all'Italia Fascista, che in tal modo si avvicinò alla
Germania Nazista, finendo strangolata da quell'abbraccio.
Entrata in guerra a fianco di Hitler, l'Italia perse rapidamente il Kanem-Bornu,
occupato dai britannici provenienti dal Sudan e dalla Nigeria, e Dunama X fu
rimesso sul trono; la capitale N'Djamena riprese il suo antico nome. In seguito
l'Italia perse anche la Libia, spartita tra Francia (Tripolitania e Fezzan) e
Regno Unito (Cirenaica). Il 13 agosto 1960 queste tre colonie furono riunite
nella Repubblica di Libia, che però divenne preda di eterne lotte fra le tribù
fino alla presa del potere di Muʿammar al-Gheddafi nel 1969. Questi rivendicò
metà del territorio del Kanem-Bornu come suo.
Nel 1945 il Kanem-Bornu fu tra i paesi fondatori delle Nazioni Unite, e a Dunama
X succedette il figlio Mohammed IX che abolì la monarchia assoluta e avviò la
nascita di una monarchia parlamentare. Nel 1952, in seguito alle prime libere
elezioni per il Parlamento nazionale, Ngarta Tombalbaye del Partito Progressista
del Kanem-Bornu divenne il primo Presidente del Consiglio dei Ministri. L’elite
politico-burocratica del nuovo regime democratico proveniva però dalle zone
meridionali con popolazioni nere e cristiane, ed iniziò così una forte
contrapposizione con le popolazioni del nord arabe e musulmane, nomadi ed
incapaci di sottostare a qualsiasi ordinamento ed autorità statale moderna.
Nel 1965 si arrivò allo scoppio di una vera e propria ribellione, partita dal
Fronte di Liberazione del Kanem, che mirava a separare questo paese dal Bornu;
il FLK ebbe l'appoggio della Libia e del Sudan. A ciò si aggiunse nel 1967 un
complotto per rovesciare la monarchia e instaurare la repubblica; l’autore, il
Ministro Silas Selingar, fu giustiziato.
Nel 1968 Tombalbaye, rieletto Primo Ministro, al fine di riconciliare le
popolazioni settentrionali e meridionali, promulgò misure di distensione sia
economica che politica concedendo un'amnistia, ma nel 1971 si registrò un nuovo
tentativo di colpo di stato, perpetrato dal Fronte di Liberazione del Kanem con
l’aiuto della Libia, con la quale furono rotti i rapporti diplomatici.
Nel novembre 1972 il nuovo Primo Ministro Milarew Odingar, con l'appoggio del
nuovo Mai Ali V, ruppe le relazioni con Israele e si accostò ai paesi arabi,
ripristinando rapporti amichevoli anche con la Libia. Il nord restava però in
preda all'anarchia tribale. Intanto si deterioravano i rapporti con il Regno
Unito, ristabilitisi l’anno dopo e sanciti da una visita a Parigi di Odingar.
Questi firmò con Londra un nuovo patto di assistenza militare, ma nell’aprile
1976 fu assassinato e il generale Mohammed Malloum assunse il potere, poi
confermato dalle elezioni. Egli instaurò un regime autoritario che però a poco a
poco restaurò le libertà democratiche, prima fra tutte quella religiosa. Intanto
la Libia aveva occupato Aozou e buona parte del Kanem, e tra le due nazioni
scoppiò una feroce guerra che passò alla storia come "la Guerra del Sahara". Il
Kanem-Bornu ebbe l'appoggio (e le armi) di Regno Unito e Stati Uniti d'America,
la Libia quello dell'Unione Sovietica. Nel 1986, dopo quasi dieci anni di
guerra, intervenne in Ciad una forza di pace dell’ONU ed i militari libici
furono costretti a lasciare il paese. Il nuovo Primo Ministro Hissène Habré
ristabilì nel 1988 i rapporti con la Libia.
Nel luglio 1995 fu eletto Primo Ministro il colonnello ʾIdrīs Daybī ʾItnū, capo
del Movimento Patriottico di Salvezza, appoggiato dagli Stati Uniti d'America,
mentre al Mai Ali V succedette il figlio Ibrahim VI, tuttora sul trono; erede al
trono è suo figlio Dunama XI.
Intanto cresceva nell'Impero l'interesse per il calcio: la Nazionale del Kanem-Bornu non ha finora mai preso parte alla fase finale di un Mondiale,
ma ha preso parte due volte alla fase finale della Coppa d'Africa, nel 2012 e
nel 2019. Divenne famoso l'attaccante Japhet N'Doram,
che dal 1991 al 1997 vestì per 137 volte la maglia del club francese del Nantes,
realizzando 73 gol. Sorprendente il cammino della Nazionale del Kanem-Bornu
nella Coppa delle Nazioni Africane 2019 in Egitto: nel gruppo B pareggiò 2-2 con
la Guinea, batté 1-0 il Burundi e soprattutto sconfisse 2-0 la forte Nigeria,
vincendo così il suo girone; negli ottavi di finale superò 4-2 ai calci di
rigore la Repubblica Democratica del Congo, e solo ai quarti l'avventura del Kanem-Bornu
ebbe termine, sconfitto 3-0 dalla Tunisia. Per la squadra dell'Impero
si trattò comunque di un risultato di grande prestigio.
Gli anni Duemila hanno visto migliorare le condizioni economiche e sanitarie del
paese, che però resta ancora uno dei più poveri dell'Africa. L'Impero ha accolto
generosamente molti profughi del conflitto nel vicino Darfur, e in coincidenza
con la fioritura delle Primavere Arabe ha conosciuto una serie di manifestazioni
di piazza contro il governo di ʾIdrīs Daybī ʾItnū, giudicato autoritario. In seguito allo
scoppio della Guerra Civile in Libia e all'assassinio di Muʿammar al-Gheddafi il
20 ottobre 2011,
molti libici sono fuggiti nel confinante Kanem-Bornu. Un progetto elaborato in
questi anni prevede la
deviazione del fiume Ubangi nel Chari, al fine di aumentare la portata di quest'ultimo
e di conseguenza aumentare la capacità del lago Ciad al fine di rendere più
umida la regione attorno ad esso, visto che dal 1962 al 2014 esso ha perso il 90
% della sua superficie.
Nel 2002 l'estremista islamico Ustaz Mohammed Yusuf fondò nella città di Maiduguri l'organizzazione estremista islamica denominata "Gruppo della Gente
della Sunna per la propaganda religiosa e per il Jihād" (in arabo: جماعة أهل
السنة للدعوة والجهاد,
Jamāʿat ʾAhl ʾal-Sunnah li-l-daʿwah wa ʾl-Jihād), ma nel Bornu
veniva chiamata Boko Haram, che in lingua Hausa significa "l'educazione
occidentale è peccato". Il gruppo iniziò una dura opposizione armata ai costumi
occidentali, intesi come corruttori dell'Islam, e si propose di instaurare la shari'a, la legge islamica, in tutto il Kanem-Bornu, perseguitando duramente i
cristiani e i seguaci delle religioni tradizionali. Il Gran Muftì di N'Djamena
condannò subito tale interpretazione come « contraria al vero spirito dell'Islam
», ma il movimento ebbe fortuna soprattutto tra le classi sociali meno istruite
e più disagiate, e cominciò una nuova guerriglia contro il governo centrale. Il
Primo Ministro ʾIdrīs Daybī ʾItnū usò contro Boko Haram il pugno di ferro, facendo
ricorso anche ad esecuzioni sommarie, inasprendo la situazione nel
sudest. Nell'aprile 2014 Boko Haram rapì 276 ragazze in una scuola di Chibok,
nel Bornu; cinquanta di esse riuscirono a scappare, ma le rimanenti non furono
rilasciate e Boko Haram annunciò che intendeva venderle come schiave. L'evento
portò Boko Haram all'attenzione dei media globali, anche grazie ai discorsi
tenuti sul tema dalla first lady degli Stati Uniti d'America Michelle Obama. Il
7 marzo 2015 Abubakar Shekau, leader di Boko Haram, annunciò l'adesione del suo
movimento allo Stato Islamico (Daesh) e proclamò la nascita di un Califfato
integralista nel Bornu, estendendo le attività terroristiche ai vicini Camerun,
Nigeria e Burkina Faso; gli Stati Uniti risposero inviando un contingente
militare in supporto dei militari di N'Djamena, e gran parte dei territori
controllati da Boko Haram vennero riconquistati dal governo centrale del Kanem-Bornu. Successive scissioni indebolirono il movimento, che però si fece
ancora più brutale ed iniziò addirittura una campagna di attentati suicidi
utilizzando dei bambini. L'11 gennaio 2015 Boko Haram imbottì di esplosivo
due bambine, provocando tre morti e decine di feriti al mercato della cittadina
di Potiskum, ma a tutt'oggi la sua guerriglia sembra aver perso lo slancio
iniziale.
Nel 2015 ʾIdrīs Daybī ʾItnū, dopo vent'anni al governo, è stato sconfitto da
Kashim Ibrahim Shettima, che si è proposto come obiettivo principale di consolidare la
democrazia nel suo paese, di porre fine alla lotta armata delle tribù del Nord e
di sollevare la maggioranza della popolazione dalla condizione di povertà in cui
versa. La guerriglia di Boko Haram nel Sudest continua tuttora, ma egli è riuscito finalmente a conseguire la pacificazione interna almeno nel Nord del
paese, ed ha avuto successo anche nel mediare una tregua tra i signori della guerra che la facevano da padrone
in Libia, in particolare tra il governo di Tripoli sostenuto dall'ONU, dagli USA
e dall'Unione Europea, guidato da Fāyez Mustafā al-Sarrāj, e l'uomo forte della
Cirenaica, il generale Khalifa Belqasim Haftar, sostenuto da Egitto e Russia; in tal modo le
violenze in Libia si sono attenuate notevolmente. Per questi successi l'11 ottobre 2019
Kashim Ibrahim Shettima è
stato insignito del Premio Nobel
per la Pace. L'ufficio del primo ministro ha fatto sapere che « il Kanem-Bornu è
fiero in quanto nazione » dell'assegnazione del premio e ha sottolineato che la
decisione è « una testimonianza degli ideali di unità, cooperazione e
coesistenza reciproca che il Primo Ministro ha costantemente sostenuto », perchè
« la pace, il perdono e la riconciliazione sono sempre state componenti chiave
della sua amministrazione ». Quanto a Kashim, si è detto « onorato e felice » e
ha commentato: « È un premio assegnato a tutta l'Africa ». E, aggiungiamo, è una
speranza per l'intera regione.
Ahmad |
1791-1808 |
Umar |
1866-1892 |
Dunama IX (1) |
1808-1811 |
Ibrahim V |
1892-1919 |
Mohammed VIII |
1811-1814 |
Dunama X |
1919-1945 |
Dunama IX (2) |
1814-1817 |
Mohammed IX |
1945-1972 |
Ibrahim IV |
1817-1846 |
Ali V |
1972-1995 |
Ali IV |
1846-1866 |
Ibrahim VI |
1995-in carica |
I Mai del Kanem-Bornu dal 1800 ad oggi
.
Questo è il geniale commento di *Bhrg'hówidhHô(n-):
Non mi maledire se ne approfitto per una boutade. Se l'Impero rimane stabile anche con i Successori del Mai ʾIdrīs ʾibn ᶜAlī ʾibn ʾIdrīs ʾAlawmah, il commercio degli schiavi con l'Impero Ottomano rimarrà bensì fiorente, ma quest'ultimo non potrà condurre le stesse guerre della Storia reale nei territorî del Kanem-Bornu, neppure contro il Principe di Logone-Birni il cui figlio Abr(ah)am, nato intorno al 1698, è stato portato schiavo a Costantinopoli e di lì è finito adottato da Pietro il Grande col nome di Ibragim Abrám Petrovič (poi soprannominato Gannibál ‘Annibale’ durante il periodo di soggiorno in Francia e divenuto un famoso generale russo). Dal momento che si narra che sia stato proprio questo generale russo negro-africano a convincere Suvorov a intraprendere la carriera militare, in questa ucronia ne risulterebbero alterate non solo le Guerre Russo-Turche (ce ne sarebbe stata una in più nel 1778 e avrebbe avuto un esito diverso quella del 1787-1792) – molto meno le Spartizioni della Polonia (giacché, se è vero che il Feldmaresciallo ha dato un contributo decisivo alla repressione della Sollevazione di Kościuszko, d'altro lato ha liberato la massima parte dei prigionieri catturati in battaglia) – ma soprattutto la Guerra della Seconda Coalizione. Non si arriverebbe alla Battaglia di Novi del 15. agosto 1799 e alla conseguente uccisione di Joubert, che perciò rimarrebbe il principale candidato al posto di B[u]onaparte, ripartito dall'Egitto il 23. agosto) a fornire il sostegno all'Abate Sieyès per il Colpo di Stato del 18. Brumaio (9. novembre).
Nel frattempo, nonostante la sconfitta nella Seconda Battaglia di Zurigo (25.-26. settembre) e il fallimento della Campagna d'Olanda (19. novembre), Paolo I. sarebbe rimasto nella Seconda Coalizione, se non altro a sostegno dell'Austria (che, senza le vittorie del Generalissimo Suvorov nella Campagna d'Italia, non avrebbe provocato lo sdegno dello Car’ [Zar] annettendo gli Stati di Terra Ferma del Re di Sardegna). Con Napoleone in Egitto nel giorno che storicamente è stato della Battaglia di Marengo (14. giugno 1800) e della morte di Kléber, a medio termine gli Austro-Russi avanzerebbero in Lombardia e Liguria, proseguendo oltre le Alpi Occidentali.
Durante una campagna vittoriosa, Paolo I. non si potrebbe ritirare dalla Coalizione, che potrebbe arrivare a Parigi più o meno nei giorni del suo assassinio (la notte fra l'11. e il 12. marzo = 23.-24. marzo 1801). L'opposizione giacobina, guidata da Masséna e Brune contro Sieyès, verrebbe repressa prima attraverso Joubert, poi dagli stessi Coalizzati, per cui alla fine Sieyès avrebbe davvero le forze per realizzare la propria idea di sostituire il Direttorio nientemeno che con l'altro Generalissimo, Arciduca Carlo Ludovico di Austria-Teschen.
Senza Talleyrand, Castlereagh, Nesselrode e Metternich, la pace con la Francia sarebbe stata verosimilmente secondo le linee del progetto britannico di spartizione di William Playfair (22.9.1759-11.2.1823; matematico statistico e monarchico scozzese, l'inventore del diagramma a torta), «Thoughts on the Present State of French Politics, and the Necessity and Policy of Diminishing France, for Her Internal Peace, and to Secure the Tranquillity of Europe», London, J. Stockdale, 1793 (http://i.imgur.com/X3Q3LdX.jpg), in questo caso con la porzione sabauda ‘girata’ all'Austriaca Lombardia.
Alla morte di Carlo-Luigi I. (30. aprile 1847), il ventinovenne figlio Alberto, d'accordo con Metternich, procederebbe alla Spartizione della Svizzera (storicamente tentata con Luigi-Filippo e in precedenza desiderata da Carlo Alberto). Non ci sarebbero Guerre Austro-Sarde (che in questa ucronia sarebbero, nel caso, letteralmente tali, essendo i Savoia Re della sola Sardegna strettamente intesa come isola) a Guerra di Crimea non coinvolgerebbe la Francia né di conseguenza l'Austria e Buol avrebbe tutto il modo di realizzare il progetto di Grande Austria di Schwarzenberg ancora con una Prussia favorevole durante il regno di Federico Guglielmo IV.
Siamo in una particolare ucronia per cui Rodolfo non muore (se storicamente è stato ucciso dai Servizi Segreti francesi, come l'Arcicasa è sempre stata convinta), ma Francesco Ferdinando rischia di essere ugualmente ucciso a Sarajevo. Federico I. di Francia interviene a sostegno di Francesco Giuseppe e poi di Rodolfo, fino a una pace omologa di Brest-Litovsk (/ Brest-Litowsk / Brześć Litewski /Brześć nad Bugiem / Beras’ce / Brestas / Lietuvos Brasta) e poi a una purtroppo verosimile Seconda Grande Guerra Austro-Russa con Carlo VIII./I., che porterebbe il confine della Grande Austria agli Urali (la Francia, pur territorialmente ridotta in Europa, avrebbe comunque il proprio vasto Impero Coloniale forse accresciuto dell'Egitto e della Siria e farebbe parte dell'Unione Mitteleuropea comprendente anche almeno l'Impero Ottomano).
Tutto questo era per arrivare a identificare i Paesi confinanti con l'Impero Kanem-Bornu: su tre lati l'Impero Coloniale Francese (a Ovest l'Africa Occidentale Francese, a Sud l'Africa Equatoriale Francese, a Est il Sūdān, francese come l'Egitto), a Sud-Ovest la Nigeria britannica e il Kamerun del Reich, a Nord il Fizzān (al'epoca compreso nella wilāyah ottomana di Tripoli d'Occidente) e la Ṭarīqa della Sanūsiyyah.
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Dal canto suo Liutprand ha contribuito con questo articolo:
Il segreto del Kanem-Bornu
Terzo Classificato (ex aequo) al Concorso Nazionale di Narrativa Storica Inedita: "Sulle tracce dei Templari: storie e misteri d'Italia"
Proprio nel cuore dell’Africa, il Ciad non è certamente un paese aperto ai turisti. Io ci sono stato, anni fa, per motivi connessi al mio lavoro.
La capitale N’Djamena era stata in gran parte distrutta da una lunga guerra civile. La città aveva un museo, un tempo ricco, che però era stato depredato di ogni oggetto dotato di valore venale. Così, tra altri cimeli, era esposto lo scheletro completo d’un elefante... tranne le zanne, segate alla radice e finite sul mercato nero dell’avorio.
In una veranda coperta, a lato dell’ingresso, si vedevano due catafratti, con cotte di maglia metallica, simili a quelle portate dai guerrieri d’ambo le parti durante le Crociate. Secondo la tradizione, i guerrieri musulmani del potente imperatore del Kanem erano andati a combattere in Terra Santa, al fianco dei saraceni, e poi erano ritornati qui, con il bottino strappato ai nassara (i cristiani). Di quel bottino, però, non v’era più traccia.
Nel vicino Bornu, le guardie dei sultani montano ancor oggi a cavallo con elmi, corazze e maglie di ferro. È usanza diffusa, durante le feste annuali, vedere catafratti a cavallo che celebrano “fantasie” in armi, con costumi che ricordano i fasti feudali del nostro Medioevo.
La curiosità mi spinse a svolgere una mia ricerca personale, nel solco della tradizione di quelle armature. Attraversai in auto il letto – ormai quasi disseccato – del lago Ciad, sino a Maiduguri, una città di contrabbandieri, al di là dell’invisibile frontiera nigeriana. Qui si commercia di tutto e quasi tutto si può trovare, purché si sia disponibili a pagarne il giusto prezzo.
Cominciai a chiedere, con prudenza, come si potessero acquisire reperti antichi. Conobbi un collezionista olandese, Van Broek, “insabbiato” da decenni nella regione, che viveva d’ignoti traffici. I suoi fornitori battevano i villaggi, con frequenza regolare, alla ricerca di pezzi antichi della storia e dell’arte delle popolazioni locali. La sua casa non aveva nulla da invidiare al più fornito dei musei d’arte africana. Pezzi veramente unici, che nessun altro possedeva, e tutti autentici, senza possibilità di dubbio.
Tra gli scrigni di legno delle donne dei villaggi, dalla forma di statuette di cavalieri con cassetti segreti nella pancia, che mi ricordavano il cavallo di Troia, scoprii una spada a lama diritta, dall’elsa a forma di croce: un oggetto decisamente fuori luogo, in quelle contrade. Era un primo indizio. Chiesi a Van Broek di poterla esaminare con cura. Alla base della lama damascata, mi si rivelarono alcuni caratteri in alfabeto latino, insieme ad una piccola croce patente: “NND + PMT”.
"Non Nobis, Domine… Pauperes Milites Templi…" Era mai possibile, o si trattava di un abbaglio indotto dal mio entusiasmo? Come avrei potuto ricucire il filo spezzato di quella storia, a quasi ottocento anni dalla caduta della fortezza d’Acri? Van Broek era stupito più di me. Si offrì di accompagnarmi in perlustrazione, nella zona da cui doveva provenire il reperto.
Partimmo con un uomo locale, di sua fiducia, un Kirdi dell’altopiano, che svolgeva funzioni di guida, interprete e guardia del corpo. Di notte, quando cercavamo il riposo all’interno del nostro mezzo di trasporto, attrezzato come un camper, Muuse (“Mosé”, era questo il nome del Kirdi) camminava intorno, guardingo, in ampi giri, armato con arco, frecce, e con uno di quegli incredibili coltelli da lancio a tre lame, che ho visto soltanto in quella regione.
Furono lunghe le trattative per ottenere la fiducia degli abitanti locali, abituati da secoli a resistere alle razzie di predoni d’ogni tipo. Finalmente, in un villaggio sperduto, raccolsi le testimonianze di tradizioni che mi sembravano molto interessanti. Dopo lunghe trattative, il capovillaggio si convinse a mostrarmi in segreto il suo tesoro: parti d’armature molto antiche, un elmo, parti di scudi, cotte di maglia. La tradizione locale li presentava come cimeli, strappati ai guerrieri cristiani durante le Crociate e portati sin qui in epoca molto lontana.
Mi sembrava che ciò potesse avere un certo fondamento. In quella zona, le case sono tutte costruite d’argilla cruda, con un’antica tecnica che le rende simili a grandi formicai, o meglio a grandi ogive, tutte d’un pezzo, plasmate come vasi rovesciati, simili a missili schierati sulle loro rampe di lancio, dalla superficie decorata con rilievi a sbalzo. Una sorta di replica in terra cruda degli slanci verticali dell’architettura gotica. Forme che richiamano alla memoria il medioevo, ma soprattutto l’architettura visionaria dell’architetto catalano Antoni Gaudi. Una coppa. Una splendida coppa di smeraldo, brillante nel sole d’Africa.
Che vogliate credere o no, il tesoro è custodito in un remoto villaggio della regione settentrionale del Camerun. Sotto una di quelle cuspidi di terra, ne sono sicuro, è rimasta custodita da secoli la coppa meravigliosa. Non è difesa da mura robuste, né da forzieri con combinazioni misteriose. È solo nascosta agli occhi di chi non sa vedere. Non saprei dire se sia stato un sogno, ma ricordo che una notte, in quel villaggio, qualcosa turbò il mio sonno.
Aprii gli occhi e vidi sopra di me il vibrare di un’intensa luminosità verde. I rumori notturni della savana erano sovrastati dal brusio di un’incessante litania. Un gruppo di figure umane, bianche e barbute, coperte d’ampi mantelli, si stava allontanando in processione verso la boscaglia. Un intenso raggio di luce verde emanava dalle mani di quello che sembrava il capo, o comunque il più anziano di loro, e si diffondeva verso il cielo. Il corteo dei bianchi fantasmi svanì nel nulla, tra le ombre della boscaglia africana, ma so che quando sarà il momento, e soltanto allora, la magica coppa si rivelerà a tutti.
Per farmi sapere che ne pensate, scrivetemi a questo indirizzo.
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Aggiungiamo le proposte di MorteBianca:
1)
Liberia tutti
La Liberia venne originariamente creata allo scopo di riportare alla loro patria
"genetica" tutti gli afroamericani e gli ex schiavi, una sorta di soluzione
alternativa al ben più spinoso problema di integrarli e offrire loro diritti.
Moltissimi afroamericani vennero mandati a colonizzare la nuova nazione, nata
sotto la protezione americana, anche se gli Stati Uniti (come ex colonia) si
rifiutarono di partecipare ad attività colonialiste, rendendo la nuova nazione
libera e autonoma. Di fatto solo una parte minoritaria degli afroamericani prese
le navi, ed oggi si prevede che un terzo della popolazione e passa è destinata,
nel prossimo futuro, ad essere demograficamente di colore. Ma che succede se il
piano originario viene applicato e gli afroamericani vengono tutti deportati,
magari forzosamente, fino in africa?
Due conseguenze immediate: niente afroamericani in America (niente Jazz e Blues,
quindi niente Rock e niente Rap, niente Obama), e tutte quelle menti saranno ora
in Liberia (nazione ben più popolata e ricca, anche di menti brillanti). Gli
Stati Uniti restano una nazione prevalentemente bianca, con una (leggera, ma più
"considerata") minaccia "ispanofona" che sarà il focus principale di gruppi come
il KKK e di Donald Trump. Niente scambio di voti tra Democratici e Repubblicani
sulla questione razziale, dato che la questione razziale non esisterà. Niente
segregazionismo, il Sud post-guerra civile sarà più povero ma con meno crimini
razziali.
2)
Super Liberia
Gli Stati Uniti mantengono solidi legami con la Liberia, molti afroamericani
hanno contatti, attività, familiari e amici negli USA. Le due nazioni di
conseguenza restano solide alleate e gli USA decidono di essere
"Anticolonialisti MA", sostenendo la Liberia con tutte le loro armi e finanze e
formando un protettorato difensivo. Nessuno tocca la Liberia, le cui coste sono
al sicuro dalla pirateria grazie alla flotta a stelle e strisce, garantendola
come porto franco ricco e prospero. La Liberia è libera di espandersi a
discapito dei paesi vicini (dichiarando guerra per prima) con il forte supporto
e addestramento americano. Durante le due guerre mondiali si espande divorando
le zone occupate dall'Asse, e in particolare nella seconda a discapito delle
colonie francesi. Durante la guerra fredda viene usata come nazione proxy
anti-comunista per finanziare regimi fascisti in tutta l'Africa e attaccare le
nazioni rivoluzionarie e servire interessi commerciali. Nel 2018 la Liberia è
una nazione gigantesca, che ricopre tutta la costa occidentale americana (che da
noi è una serie di staterelli), ricca e potente, solida alleata americana,
principale protagonista del movimento del Panafricanesimo insieme a Libia,
Etiopia e Sud Africa. La Liberia viene però ridicolizzata da queste ultime, in
quanto nazione "bastardizzata" che imita la cultura bianca, americana ed europea
e che di fatto è una "America Africana".
3)
Socialia
L'URSS riesce in un'impresa persino più umiliante dello strappare Cuba, nel
cortile di casa americano, all'orbita capitalista: riesce a fare la rivoluzione
letteralmente in Liberia, la quasi-colonia dove la linfa americana stessa (e i
suoi capitali) sono confluiti, quasi come l'avesse fatta direttamente negli USA.
Socialia cambia bandiera (una stella gialla in campo rosso, modello uguale a
quella attuale) e subito si allinea con Egitto e Libia, verrà visitata da Che
Guevara. Gli Stati Uniti resistono per ben otto secondi alla tentazione di
finanziare milizie estremiste, poi cedono e gettano la nazione in una sanguinosa
guerra civile. Socialia potrebbe sopravvivere per effetto Cuba-Corea-Vietnam
alla Guerra Fredda (quel principio ideato da Valerio Nicoletti secondi cui più
gli USA sprecano armi e risorse nel distruggere qualcosa, più questo si fa
coriaceo e testardo, motivo per cui l'URSS è crollata ma Cuba sta ancora là),
diventando però una nazione che Bush proclamerà parte dell'Asse del Male, e se
come la Corea e la Siria e la Libia sarà preda di una pseudo-dinastia monarchica
non reggerà la primavera araba. La folle privatizzazione che segue, la guerra
civile e magari l'ISIS (che potrebbe usarla come gateway per gli USA) renderanno
Socialia estremamente povera.
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Subito *Bhrg'hówidhHô(n-) risponde:
Se la Liberia annette tutta la costa occidentale africana, la Francia potrebbe (a ragione) preferire l'Asse...
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E Federico Sangalli gli tiene dietro:
1) gli ispanici sono il problema secondario, perché ben prima di loro e per tutto il periodo 1860-1990 il KKK se la prenderà principalmente con due gruppi, Cattolici ed Ebrei, i primi perché considerati dei lacchè papisti (invece seguire una miriade di settucole protestanti estremiste è stato un grande affare, vero?) ubriaconi (da che pulpito vien la predica) criminali (pregiudizio contro irlandesi ed italoamericani) sudditi di una nazione straniera (oltre a non essere vero, e gli anglicani del Sud invece?) e persino, udite udite, socialisti (la parte della giustizia sociale è sempre stata gentilmente rimossa dagli edificanti sermoni metodisti e delle altre grandi confessioni protestanti bianche americane), i secondi in perfetto accordo dei più biechi pregiudizi antisemiti. Forse Kennedy potrebbe essere ucciso da un sicario del Klan ma questo porterebbe solo ad una pesante reazione contro di esso e alla sua soppressione, anche perché generalmente cattolici ed ebrei sono sempre riusciti a confondersi meglio nelle comunità bianche. Tutti considererebbero tale razzismo morto e sepolto almeno fino a Donald Trump che si lancerà in pesanti attacchi contro Papa Francesco per le sue posizioni "rosse" mentre il rapporto con la ricca e potente cabala di lobbisti pro-Israele probabilmente non avrà gli stessi problemi. Avremo grandi perdite per la cultura mondiale ma avremo ancora Obama (figlio di una studentessa del Kansas e di uno studente kenyota dell'Università delle Hawaii) anche se le sue possibilità di diventare Presidente sarebbero pari a quelle che avrebbe un nero di diventare Presidente della Repubblica Italiana. In compenso il voto prima femminile (Hillary Clinton 44esimo Presidente nel 2008) e poi ispanico (Julian Castro 46esimo Presidente nel 2016) sarebbe maggiormente incoraggiato.
2) immagino che la Liberia rileverebbe le colonie francesi dopo l'instaurazione della Francia di Vichy, ereditandole a fine conflitto.
3) secondo me gli USA resisterebbero quattro secondi, otto sono troppi. Se Socialia si collega ai tentativi panafricani di unire alcune nazioni dell'area (Federazione del Mali, Federazione dell'Africa Occidentale, Federazione della Guinea-Ghana e via dicendo) potrebbe formare un vasto stato esteso da Dakar a Lagos. Penso che Thomas Sankara sarebbe un candidato naturale alla Presidenza di questo paese e potrebbe non essere assassinato ed essere ancora in vita come amatissimo leader stile Castro. Charles Taylor non avrebbe mai causato tutti i lutti che causò in HL ma sarebbe arrestato in flagranza di reato mentre con diamanti rubati da mercenari sudafricani cerca di reclutare bambini soldato per rovesciare Sankara in una versione africana della Baia dei Porci, con grande imbarazzo americano visto che ufficialmente dovrebbe trovarsi nelle loro prigioni per traffico di armi, droga ed esseri umani (prigione dalla quale è uscito come in HL grazie alla CIA in cambio del progettato golpe in Liberia). Il Biafra sarebbe una libera repubblica socialista mentre il Nord della Nigeria sarebbe ormai in mano al Califfato di Boko Haram. Proprio per questo Sankara è recentemente ritornato molto in auge tra le cancellerie occidentali che chiedono il suo aiuto per contrastare il terrorismo nel Sahel e bloccare i flussi di profughi e armi attraverso il Sahara.
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Ed ora, una proposta di Ded17, che ex abrupto ci scrive:
Come apparirebbe l'Africa oggi se i confini non fossero stati dati dai colonizzatori, ma fossero determinati dalle tribù e popoli d'origine? Magari potrebbero esserci piccole repubbliche capaci di entrare ed essere protagoniste del mondo economico. Di conseguenza tutta la storia cambia (la guerra in Africa del Terzo Reich forse inesistente, quindi meno sprechi per la Germania...)
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William Riker gli risponde:
Questa mappa potrebbe cominciare a dartene un'idea. In pratica il POD da individuare è l'eliminazione pressoché totale del colonialismo europeo in Africa. Come riuscire ad ottenerlo? "10, 100, 1000 Adua", come direbbero oggi certi no global? Ho provato anch'io a costruire una possibile mappa dell'Africa senza colonialismo di sorta, eccezion fatta per il Volkwanderung arabo del primo millennio:
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Questo è il commento di Paolo Maltagliati:
Molto interessante! Anche se non avrei disegnato la stessa cartina (ogni testa un'idea, come si dice...), ho apprezzato molto la sistemazione del golfo di Guinea. Solo, una cosa mi è poco chiara: la coesistenza di uno stato Hausa (confederale?) con il califfato di Sokoto. Visto in particolare che quest'ultimo è uno stato ghazi, il suo destino è quello di vincere (non solo e non tanto contro gli Hausa, ma pure contro Kanem e Songhai) oppure (e la vedo probabile) di essere sconfitto e annientato... Ah, ho notato che i Fungi si sono islamizzati anche in questa Timeline.
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Anche Falecius dice la sua:
Tanto per cominciare non è che l'Africa fosse l'Arcadia prima che arrivassero i colonizzatori cattivi (e sapete benissimo che non ho nessun tipo di simpatia verso l'imperialismo coloniale!). Ancora nell'Ottocento i Bantu migravano verso sud, e in Sudan c'erano le grandi manovre seguite alle campagne militari di Dan Fodio, mentre sulla costa orientale c'era la presenza dell'Oman. Voglio dire che i confini pre-coloniali erano tutt'altro che stabili. Quel che si può dire a loro favore è che comunque obbedivano a logiche politiche, economiche e militari interne (trascurando il ruolo fondamentale della tratta nel consolidare stati come quelli yoruba).
E poi, possiamo anche immaginare un numero di Adua sufficienti a tenere gli Europei alla larga dalle foreste e dalle savane subsahariane infestate dalla mosca tse-tse (in effetti anche solo far morire Leopoldo del Belgio avrebbe rallentato notevolmente la spartizione, sebbene non basti ad impedirla), ma che dire dell'Africa "bianca"? Pensate davvero che un qualsiasi complesso di circostanze avrebbe potuto tenere gli Europei lontani da Algeria, Tunisia ed Egitto una volta avviata la colonizzazione dell'Asia e dell'Oceania e la Rivoluzione Industriale?
Naturalmente si può pensare ad un POD per cui l'Europa non colonizza nessuna parte del resto del mondo, ma allora cambiano MOLTE cose...
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Manfredi aggiunge:
Senza colonialismo europeo in Africa, difficilmente ci sarà tensione a livello coloniale, il mercato europeo sarà molto meno sviluppato, e difficilmente la storia del primo '900, o anche del tardo '800, sarà anche solo lontanamente riconoscibile!!
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Ecco la risposta di Falecius a stretto giro di posta:
Dipende. Potresti simmetrizzare l'Africa con la Cina o col Medio Oriente... ma in ogni caso avresti grossi cambiamenti più a lungo termine...
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Riprende la parola Paolo Maltagliati:
Immaginate una Timeline in
cui degli alieni arrivano nel 500 a.C. in Europa/Vicino oriente, la colonizzano
tracciando dei confini col righello, ma allo stesso tempo inculcando ideologie
fortemente nazionaliste e razziste nella popolazione, per trasmissione
culturale. Poi, dopo un centinaio d'anni (con più che occasionali brutalità)
gran parte di loro se ne vanno, con le loro astronavi. Lasciandoci però le loro
armi avanzate, che nel frattempo gli uomini hanno imparato ad utilizzare (non a
produrre, se non alcuni pezzi di ricambio di fortuna). Aggiungiamoci alcune
particolari aree in cui popolazioni aliene decidono di rimanere, come casta
superiore.
È quello che più o meno è successo in Africa, in cui civiltà tecnologicamente
più avanzate si sono inserite con le loro armi e le loro ideologie in un luogo
in cui il processo di formazione degli stati (a livello concettuale, prima che
spaziale)e i processi etnogenetici stessi erano ancora fluidi.
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William Riker aggiunge:
Che le culture africane non avessero niente da invidiare a quella classica greco-romana e poi europea lo dimostra il seguente racconto, tratto direttamente dalle tradizioni della Valle del Niger, che può stare alla pari con l'Iliade e l'Orlando Furioso.
Il bambino che sradicò un baobab e divenne imperatore
Siamo in Africa Occidentale, nel XIII secolo, più o meno all'epoca di Francesco d'Assisi e di Federico II di Svevia. Naré Maghann Konaté, re dei Mandinka, popolo della vallata del Niger, si sente profetizzare da una strega che, se sposerà una donna bruttissima, da lui nascerà un figlio potentissimo. Nonostante sia già sposato con la bellissima Sassouma Berté, da cui ha avuto un figlio altrettanto bello, Dankaran Toumani Keita, accetta così di sposare una donna bruttissima dell'etnia Do, Sogolon, che in lingua locale significa "la donna bufalo" per la sua bruttezza. Da questa ha un figlio, altrettanto brutto, che chiama Sundiata Keita, incapace di camminare e di parlare. La prima moglie lo convince a scacciare Sogolon e suo figlio Sundiata, e a nominare erede Dankaran Toumani. Sogolon, che ha avuto altri due figli (di cui una con la vocazione di maga) e ne ha adottato un quarto dalla terza moglie di Naré Maghann Konaté, Namandjé, va in esilio nel vicino regno Mena, dove morirà qualche anno dopo.
Quando re Naré Maghann Konaté muore, gli succede il figlio di primo letto Dankaran Toumani Keita, bellissimo ma politicamente e militarmente inetto. Ma ecco che Soumaoro Kante, crudele re dei Sosso e conquistatore dell'intera vallata del Niger, attacca il regno Mandinka: Dankaran Toumani pensa bene di fuggire a gambe levate, abbandonando il regno a sé stesso. Allora i sacerdoti dei Mandinka si ricordano della profezia fatta a Naré Maghann Konaté, e decidono di inviare ambasciatori a Mena per richiamare Sundiata. Quest'ultimo, a dispetto della malformazione alla nascita, si è fatto intanto un giovane forte e invincibile in battaglia: la leggenda racconta che, appena ha imparato a camminare, ha sradicato un baobab dalla piazza centrale di Mena e lo ha trapiantato davanti alla capanna di sua madre. Egli accetta l'invito di tornare presso i Mandinka per difenderli da Soumaoro Kante, ma il re di Mena non vuole privarsi di lui e vuole dargli in sposa sua figlia. Durante la notte, sempre secondo la leggenda, il re è destato dal fantasma furioso di un bufalo: è Sogolon, che non vuole che suo figlio sia privato del proprio destino di gloria. Così Sundiata Keita torna presso i Mandinka e si oppone a Soumaoro grazie all'aiuto della sorella, divenuta una potente maga, e di un guerriero di proporzioni gigantesche, incontrato durante l'avventuroso ritorno in patria.
Lo stregone Soumaoro tuttavia usa la magia in battaglia, impedendo a Sundiata di prevalere: in particolare, nessun tipo di freccia, anche trafiggendolo, riesce ad ucciderlo. Allora la sorella di Sundiata, che è maga pure lei, si presenta con un carro di ossa animali alla residenza fortificata di Soumaoro, protetta da un branco di iene affamate, e si fa portare dal re-stregone, che nella sua sala del trono tiene le teste di dodici re uccisi. Soumaoro resta stregato dalla sua bellezza, la vuole in sposa e tenta di farla ubriacare, ma ella è una maga e ad ubriacarsi è Soumaoro che, prima di stramazzare al suolo, le rivela scioccamente il suo segreto: può essere ucciso solo da una freccia fatta con uno sperone di gallo. Le iene impediscono a chiunque di uscire, ma la maga rovescia il carro di ossa, le iene si accaniscono a divorarle ed ella si defila, rivelando al fratello quanto ha scoperto. Quando Soumaoro si desta non ricorda di aver rivelato il proprio prezioso segreto, ma le teste dei dodici nemici riprendono vita e gli predicono la morte per mano di Sundiata. Per cercare di stornare da sé questo destino il re dei Sosso ingaggia subito battaglia con i Mandinka, ma vede Sundiata puntare su di lui una freccia fatta con uno sperone di gallo. Tenta una fuga disperata, ma è bloccato dal nero uccello della sconfitta, inviato dalla sorella di Sundiata. Appena la freccia lo coglie, il suo corpo si dissolve in sabbia e, dove cadono i suoi bracciali, nasce una pianta mostruosa. Sundiata ha vinto: si proclama Mansa, "Re dei Re", e fonda l'Impero del Mali. I dodici nemici uccisi da Soumaoro sono riportati in vita da sua sorella e diventano i suoi dodici vassalli, i feudatari dei dodici reami in cui divide il suo impero: Djebeda, Tabon, Negueboria, Kankigne, Togom, Sili, Krina, Koulikoro, Diaghan, Kita, Ka-Ba e Wagadou.
Anni dopo, Sundiata Keita scomparirà attraversando il fiume Sankarini, ed al suo posto riemergerà un ippopotamo (secondo alcuni in lingua locale Mali significa proprio "ippopotamo").
Tutta quest'epopea viene narrata nel poema epico Mandinka « Son-Jara », il primo capolavoro della letteratura africana, prima tramandato oralmente e più tardi messo per iscritto in caratteri arabi. Spero che vi sia piaciuto e non vi abbia annoiato, carissimi. In caso contrario, mille scuse.
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Diamo ora la parola a Perchè No?:
Non è esattamente un POD, ma vorrei parlarvi (e probabilmente feder avrà la sua da dire) dell'idea di risorgimenti africani.
Non sono sicuro che era la giusta denominazione, mi spiego meglio. Al momento delle decolonizzazioni non sorgono nuovi Stati seguendo le frontiere definite dagli Europei. Al loro posto, poco dopo le indipendenze, si formano degli Stati su altre basi sui quali ho diverse proposte:
- Stati che corrispondono
alle divisioni etniche pre-europee (ovvero degli Stati-nazione).
- Stati che, anche se di nuova creazione, fondano la loro legittimità su una
continuità con uno Stato o impero pre-europeo. Molti Stati attuali hanno un nome
storico ma con il quale c'entrano poco come Ghana o Mali: in questa idea iIl
Ghana e il Mali corrispondono al loro territorio tradizionale e si presentano
nella continuità storica con questi imperi. Per esempio il Dahomey conquistato
dai Francesi potrebbe risorgere e fondare la sua identità politica sulla
monarchia pre-europea e sulla sua lotta anti-francese.
- Stati che si uniscono su una base linguistica.
Il risultato sarebbe di avere degli Stati africani più stabili e/o potenze regionali meno legate al ricordo della colonizzazione (detto in un'altra maniera, niente "Françafrique" per le ex-colonie francofone). Quale mappa dell'Africa potrebbe nascere da questo scenario?
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feder, interpellato, subito gli risponde:
Ti propongo le mie idee in ordine di (ir)realismo, quindi dal probabile all'improbabile:
1. Regno del Marocco: be', non c'è molto da dire. Esiste e, mi spiace per i Saharawi, ma de facto ha questi confini. È una potenza conservatrice, forse la più reazionaria del continente africano, e al contempo la più collaborativa con gli ex colonizzatori.
2. Califfato d'Egitto: invece di lavorare costantemente per destabilizzare la monarchia, gli inglesi decidono di appoggiarsi alla dinastia di Muhammad Alì, riconoscendo a quest'ultima anche la (legittima) pretesa sul Sudan. Con la concessione di uno statuto, l'Egitto conosce uno sviluppo prorompente, seppure sempre sotto l'attenta egida di re Farouk prima e di suo figlio Fuad dopo, che si preoccupano di investire gli ingenti proventi delle proprie piantagioni di cotone nel Paese in modo da evitare uno sbocco rivoluzionario (il modello è quello prussiano). Ad oggi, lo Stato è coinvolto nella longeva guerra fredda del Medio Oriente, contro Turchia (NATO), Iran (duodecimano) e Sauditi (wahabiti).
3. Repubblica Federale Popolare d'Etiopia: niente Derg, la rivoluzione attua la (proposta) federalizzazione del Paese fra le varie etnie che governano a turno da Addis Abeba. Lo Stato non è dunque molto democratico (quasi nessuno in quest'Africa lo è), ma perlomeno mantiene la propria stabilità.
4. Unione del Sud Africa: nel 1914, a seguito della rivolta boera, i britannici, spaventati anche dal timore che gli afrikaaner uniscano le forze con i tedeschi della Namibia, decidono per la linea dura, bandendo per legge la costituzione di nuovi partiti nazionalisti boeri. Temendo la forza di una colonia compatta, gli inglesi ripartiscono il territorio, appoggiandosi sui piccoli monarchi. La parcellizzazione termina con la riforma dell'Unione su base locale, quasi comunale. Questo evita l'apartheid (lo slogan diventerà: one race, many colours) e al contempo consente il mantenimento della Namibia da parte dell'Unione, che resta a far parte del Commonwealth.
5. Repubblica Democratica Somala: Barre, temendo la forza di un'Etiopia che non è dominata dal Derg (e quindi non è preda di una situazione di costante guerra civile) non attacca direttamente, ma piuttosto gioca una partita di influenza indiretta sugli Stati direttamente prospicienti al suo. Lo stesso approccio è, invero, coronato da successo nei confronti di Gibuti, e imitato dai vicini nei confronti della Federazione.
6. Federazione dello Zimbabwe: le autorità coloniali non bandiscono il nazionalismo africano, conducendo a una situazione di pacifica convivenza democratica. Con il tempo, questi prendono il controllo dell'unione, conducendola ad avere il più alto indice di sviluppo umano del continente.
7. Confederazione del Mali: la mia preferita, chiaramente, ed effettivamente esistita fra Mali e Senegal a cavallo del periodo fine anni '50/inizio anni '60. Storicamente molte nazioni furono interessate a rientrate nel progetto, indi per cui se questo non è sabotato dai francesi e non si fonda sul predominio di una nazione sulle altre, ma resta un'unione molto lasca, magari a vari livelli di integrazione (stile Unione Europea), potrebbe ben funzionare.
8. Federazione delle Repubbliche Arabe: a dispetto del nome, sussiste nel solo Maghreb. Dal momento che qui Nasser non è al potere, il testimone del panarabismo passa di diritto al colonnello Gheddafi, che costruisce una federazione di ispirazione socialista. Arricchitasi con il petrolio, con la morte del suo dominus e padre fondatore la federazione si aprirà a un processo di normalizzazione e democratizzazione, in accordo con la modernità.
9. Federazione dell'Africa Orientale: dunque, questa è stata proposta al giorno d'oggi con la medesima estensione, però io voglio rendere le cose un po' più complicate. Se volessimo essere idealisti, ad esempio, potremmo sperare in un Lumumba non assassinato, che, abbandonato il disegno panafricanista, si fa pacifico promotore di una confederazione, sfruttando le grandi ricchezze del Congo. Ai congolesi riuscirebbe perciò il grande progetto fallito dai francesi, dai tedeschi e dai portoghesi: quello di costruire un impero... che va da mare a mare!
10. Corona Kanemi: ricalcata sulle prospettive dell'amministrazione coloniale, potrebbe farsene promotrice la dinastia Kanemi del Bornu, nel tentativo di guadagnare uno sbocco al mare. È decisamente una prospettiva debole, però.
Invece secondo me l'Impero Ashanti e il Sultanato di Zanzibar non hanno chances di risorgere a nuova vita, perché l'uno era una costruzione tribale e l'altro una elité schiavista, entrambi incapaci di competere con gli Stati moderni. Mancano tutti gli elementi che possono fungere da catalizzatore per la costruzione di una civiltà: né un'omogeneità o un'egemonia culturale, né una possibile supremazia bellica o economica da parte di un gruppo dominante. Il colonialismo ha semplicemente cancellato quelle forme di produzione (e in parte, quei popoli) senza lasciarne traccia.
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Ed ecco come Generalissimus ha tradotto per noi le seguenti ucronie:
E se l'Africa non fosse mai stata colonizzata?
L'Africa ha avuto una storia
complessa e turbolenta negli ultimi due secoli.
Dalle invasioni degli Arabi alla colonizzazione finale del 90% del suo
territorio da parte degli Europei, l'Africa è rimasta in uno stato pietoso, con
continue notizie di guerre, genocidi e sconvolgimenti politici nelle nuove
nazioni del continente.
Molti danno la colpa alle potenze europee che trasformarono l'Africa in una
propria colonia.
Questo mi fa pensare: e se la Spartizione dell'Africa non avvenisse mai? Ma cosa
fu la Spartizione dell'Africa? Fu la rapida colonizzazione e divisione dei
territori africani da parte delle potenze europee.
E se questa corsa alla colonizzazione non ci fosse mai stata? Come sarebbe il
continente? Beh, prima di poter parlare di questo dobbiamo imparare un po' di
storia: cosa ha causato la Spartizione dell'Africa? Per la maggior parte del 19°
secolo le potenze europee si espansero in tutto il globo, ma prima del 1870
l'Africa era rimasta per la maggior parte non colonizzata dall'Europa, fatta
eccezione per i Francesi in Algeria, le sparse città commerciali portoghesi, e
gli Inglesi e gli Olandesi nel sud.
Questa situazione cambiò con Leopoldo "ho infangato il buon nome delle cialde"
II, che si annetté il Congo come sua proprietà personale, nemmeno come
territorio belga, ma come suo territorio personale! Così facendo Leopoldo fece
andare fuori di testa gli altri imperi europei, che iniziarono ad agguantare
territori per ottenerne le risorse e superare i rivali.
Per evitare conflitti la Germania invitò le potenze globali a Berlino per
discutere del futuro dell'Africa e gli imperi si accordarono su come spartirsene
la terra prendendosi il 90% di essa.
Semplificando al massimo, dopo decenni di colonialismo europeo e due guerre
mondiali nacquero dei movimenti nazionalisti e gli Africani ottennero lentamente
l'indipendenza.
Ma i confini loro lasciati erano goffi e strani, visto che erano stati tracciati
senza preoccuparsi della demografia dei nativi: popoli simili vennero divisi e
popoli che erano troppo diversi si ritrovarono nella stessa nazione, è un po'
come se Inghilterra e Francia venissero unite in un solo paese.
Iniziarono le lotte e i governi caddero, la maggior parte dell'Africa non aveva
l'istruzione, le infrastrutture o l'identità nazionale adatte alle nazioni in
stile europeo e cadde nel caos.
Perciò, e se la Spartizione dell'Africa non ci fosse mai? Non importa quanto sia
improbabile, gli Europei avrebbero certamente conquistato l'Africa a discapito
di tutto, ma diciamo che per qualche motivo non si ritagliano pezzi di
continente come fecero nella nostra TL.
Questo è quello che andrò ad esplorare.
In questa TL alternativa gli Europei posseggono ancora territori in Africa, ma
non molto, solo il 10%, soprattutto intorno alla costa.
In questa TL alternativa gli Europei semplicemente non invadono le zone centrali
dell'Africa e non se le spartiscono tra loro, continuano il mutuo commercio con
le tribù e i regni africani che ci fu nella nostra TL.
Il commercio con gli Africani portava risorse come avorio, oro e altri beni
dalle zone centrali del continente ai porti commerciali della costa posseduti
dall'Europa.
Ora, è molto improbabile che questa situazione duri con la crescita delle
ambizioni imperiali e il miglioramento della tecnologia europei, il dominio
diretto diventerebbe preferibile alle relazioni commerciali, ma per amore dello
scenario diciamo che questo equilibrio rimane.
Ora, la vera domanda da farsi è: come sarebbe la vita nell'Africa subsahariana
in questa TL alternativa? Sarebbe un paradiso utopico libero dalla violenza
incitata dall'Europa? O sarebbe un luogo arretrato e non civilizzato che non
riesce mai a migliorare? La risposta non è così bianca o nera (gioco di parole
sottinteso), ma se avete aperto questo video chiedendovi se l'Africa sarebbe
come l'Europa e l'Asia la risposta è... No! Anche con abbastanza scambi
commerciali e di idee la maggior parte dei popoli dell'Africa subsahariana non
sarebbero abbastanza tecnologicamente avanzati per competere con l'Europa e
l'Asia orientale.
In questa TL alternativa se gli Europei investissero più in commerci con i
nativi africani invece di conquistarli potrebbero causare indirettamente il
diffondersi di nuovi imperi africani.
Perché? Perché è già avvenuto nella nostra TL con un altro popolo tribale.
Nel Nordamerica coloniale le tribù native e i coloni europei avevano una
relazione benefica basata sul commercio di pellicce: i nativi catturavano gli
animali e ne vendevano le pellicce alle potenze coloniali, gli Europei in cambio
donavano numerosi beni come le armi.
Alcune tribù iniziarono a finire le pellicce da commerciare e l'unico modo per
ottenere più pellicce era prendersi più terra.
Questo diede il via ad una guerra orribile e brutale: gli Inglesi e gli Olandesi
si allearono e armarono gli Irochesi contro i Francesi e le tribù loro alleate.
Gli Irochesi si espansero rapidamente, catturando territorio dalle tribù vicine
e perfino spopolando intere regioni dalle tribù locali.
In questa TL alternativa potrebbe accadere lo stesso se gli Europei
commerciassero con i popoli subsahariani invece di conquistarli.
I regni nativi avrebbero bisogno di espandersi per stare al passo con la
domanda.
Gli Europei darebbero le armi ai loro re e tribù preferite (come fecero nella
nostra TL in America), Francesi, Inglesi e Tedeschi influenzerebbero
indirettamente i leader attraverso il commercio e le forniture di armi.
Questo ha dei pro e dei contro: il lato positivo è che grandi civiltà si
diffonderebbero rapidamente in tutta l'Africa.
Durante la storia umana diverse civiltà sono nate attraverso la guerra e la
conquista, la stessa cosa accadrebbe in Africa, solo più velocemente.
I nuovi regni cercheranno di ottenere terre nella parte centrale dell'Africa, i
territori e la cultura verrebbero divise e influenzate dagli Africani invece di
essere conquistate dagli Europei come nella nostra TL.
Il lato negativo è la violenza di massa stessa.
L'Europa darebbe armi moderne ai re nativi, abbiamo visto avvenire questa
terribile violenza con gli Africani che catturavano altri Africani per il
commercio degli schiavi e in America con i nativi, in un'Africa dotata di
equipaggiamenti moderni questa violenza avverrebbe su scala più grande.
Ora parliamo dell'Africa su scala globale: anche se i regni facessero conquiste
in tutto il continente l'Africa subsahariana rimarrebbe molto tribale, con
entità politiche molto piccole al centro del continente, una rarità in un mondo
fatto di stati-nazione.
In questa TL alternativa l'Etiopia rimarrebbe un impero importante, mentre le
varie città-stato somale commercerebbero con gli Arabi e gli Europei.
In Sudafrica Inglesi e Olandesi già controllavano gran parte della regione,
perciò immagino che ci sarebbe comunque un sistema simile all'apartheid.
La storia del mondo intero cambierebbe, dato che la Spartizione dell'Africa creò
un nuovo imperialismo in Europa, deviando le risorse per le colonie in Asia
verso l'Africa.
Questo imperialismo fu uno dei fattori che portò alla Prima Guerra Mondiale,
perciò l'assenza della Spartizione dell'Africa avrebbe effetti sulla storia di
tutto il 20° secolo.
In questa TL alternativa le relazioni dell'Africa col mondo sarebbero complesse
e strane: sovvenzionati dal commercio europeo i regni sulla costa si farebbero
la guerra l'uno con l'altro, in Africa centrale ci sarebbe a malapena un'entità
politica, l'ordine verrebbe mantenuto dai vari villaggi, che rimarrebbero
sottosviluppati.
In questa TL alternativa in Africa subsahariana ci sarebbero opere d'arte e
cultura, ma tecnologicamente ed economicamente rimarrebbe sempre indietro,
soggetta alle potenze straniere, siano esse europee o arabe, ma anche se il
continente sarebbe influenzato verrebbe sviluppato dagli Africani, non plasmato
dagli Europei.
Il secolo scorso, fatto di orrenda violenza, genocidi, atrocità sponsorizzate
dagli stati e carestie non ci sarebbe, ma questo non significa che le cose
sarebbero felici: gli umani sono per natura brutali e la vita tribale è ancora
estremamente dura, la violenza etnica e l'odio religioso ci sarebbero comunque.
Gran parte del continente sarebbe sottosviluppato, l'aspettativa di vita sarebbe
ancora più bassa rispetto al resto del mondo, le malattie ucciderebbero molte
persone e la mortalità infantile sarebbe ancora alta, gli aiuti delle nazioni
più prospere ci sarebbero comunque in questa TL alternativa.
Se l'Africa sarà migliore o meno in questa TL alternativa lo lascio alle vostre
opinioni, molta della violenza non ci sarebbe, ma i problemi della bassa
istruzione, del sottosviluppo e delle malattie ci sarebbero comunque.
.
E se gli Afroamericani avessero colonizzato la Liberia?
Liberia! La sua storia inizia
come piccola colonia sulla Costa del Pepe, in Africa, quando Jehudi Ashmun
comprò piccoli appezzamenti di terra dalle tribù della regione con l’ambizione
di creare un impero americano.
Ashmun utilizzò tattiche violente e intimidatorie e le sue capacità negoziali
per assicurarsi Capo Mesurado in cambio di beni europei.
Ashmun e la American Colonization Society volevano creare questa colonia
americana per facilitare la formazione di un territorio abolizionista per gli
Afroamericani che altrimenti non sarebbero stati liberi negli Stati Uniti, ma
soggetti a limitazioni sociali, politiche e legali all’interno degli stati e
delle comunità.
La colonia divenne una risorsa importante del Movimento Back-to-Africa ed
un’opportunità per modellare una civiltà basata sulla libertà senza timori di
discriminazione e persecuzione, cosa che venne accolta con una buona dose
d’entusiasmo da molti all’interno della cerchia degli abolizionisti e con
critiche da altri che invece spingevano per l’inclusione all’interno delle
società europea e americana invece che per lo sviluppo di una indipendente.
Gli sforzi per trasformare la Liberia in un’America africana partirono, ma come
con la colonizzazione dell’America, così i coloni vennero aggrediti dalle tribù
locali e incontrarono tutte le difficoltà derivate dal creare una nuova nazione
e una civiltà da terre non sfruttate.
I decenni successivi videro il governo americano indirettamente coinvolto nello
sviluppo della Liberia, offrendo la cittadinanza a coloro che erano stati
liberati dalle navi negriere illegali catturate dagli Stati Uniti e offrendo
alla colonia sicurezza dalle minacce confinanti.
Negli anni ’40 dell’800 la Liberia divenne uno stato completamente indipendente
con Joseph Jenkins Roberts come suo primo presidente, ottenendo presto il
riconoscimento internazionale del Regno Unito e di altri stati importanti, dalla
Francia alla Baviera, anche se gli Stati Uniti non la riconobbero come
indipendente fino a metà anni ’50 dell’800, quando nuove richieste vennero fatte
dagli ora emancipati Afroamericani di tornare in Africa per aiutare lo sviluppo
della Liberia in una nazione di prima classe.
Fin dall’inizio si era formata una specie di struttura di classe all’interno
della popolazione liberiana, soprattutto tra gli Afroamericani, o
Americo-Liberiani, come sarebbero poi divenuto noti, e ovviamente le tribù
africane native.
Gli Americo-Liberiani di solito erano ben istruiti, educati e Cristiani, le
tribù native… Non esattamente.
Cavolo, probabilmente facevano parte delle stesse identiche tribù che avevano
venduto gli antenati degli Americo-Liberiani nella Tratta degli Schiavi
africani! Furono fatti dei tentativi per civilizzare e convertire i tribali, ma
ebbero poco successo e furono accolti con molta aggressività, e questo portò le
due classi a separarsi, con i pochi nativi rimasti in Liberia che finirono in
fondo alle classi gerarchiche, ma i tentativi di coloro che volevano integrarli
continuarono durante la presidenza di Roberts.
Durante questo periodo supervisionò l’espansione della Liberia e l’acquisizione
di nuove terre attraverso l’acquisto e le conquiste, sviluppando allo stesso
tempo buone relazioni con le nazioni europee e mantenendo stretti legami con gli
Stati Uniti.
Vennero costruiti scuole e ospedali, così come l’Università della Liberia, della
quale Roberts fu uno dei fondatori e nella quale insegnò come professore di
diritto internazionale.
In seguito avrebbe servito come maggior generale dell’esercito liberiano prima
di ritornare in carica quasi due decenni dopo.
Sfortunatamente per Roberts e per la Liberia, si ammalò e morì proprio quando la
nazione aveva più bisogno della sua guida.
La Liberia aveva grandi ambizioni di espandersi oltre i suoi piccoli confini e
diventare gli Stati Uniti d’Africa, ma senza la visione di Roberts e un solido
piano da attuare, la produzione industriale liberiana colò a picco e le
relazioni con l’Impero Tedesco inasprirono i legami con Inghilterra e Francia,
che gestivano colonie che confinavano con la Liberia e fecero sforzi consapevoli
per contenere la crescita liberiana.
Dato che l’emancipazione americana non riuscì a provocare il boom della
popolazione di cui la Liberia aveva disperatamente bisogno per alimentare la
produzione di più beni, la Liberia si vide costretta a dare ricorso alla
semplice estrazione ed esportazione della sua risorsa primaria, la gomma
naturale.
La nazione era sull’orlo di una grande industrializzazione, che avrebbe potuto
renderla un attore sulla scena internazionale, ma non riuscì ad arrivarci a
causa di una mancanza di leadership, dell’incapacità di attrarre altri cittadini
dagli Stati Uniti e della cattiva gestione delle politiche internazionali.
Nel 1920 la Società delle Nazioni scoprì che le condizioni della Liberia erano
diventate così disagiate che si era risolta ad imporre il lavoro forzato alle
tribù africane native della regione.
Le cose in generale rimasero miserevoli per la Liberia, perché sembrava che
tutto il mondo si fosse dimenticato di essa, perfino la nazione che l’aveva
generata, gli Stati Uniti, e nulla migliorò fino a quando non divenne necessario
farlo negli anni ’40.
Gli Stati Uniti finalmente investirono pesantemente nella modernizzazione della
nazione costruendo tutte le infrastrutture necessarie perché la Liberia
diventasse di nuovo prospera, dando nuova vita alla sua economia fallita.
Gli anni ’50 avrebbero visto la Liberia ascendere di nuovo sulla scena mondiale,
facendosi campionessa, nell’era dei diritti civili, dell’ideale del
Panafricanismo, che avrebbe ricevuto eco negli Stati Uniti da gruppi come la
Nation of Islam e i precedenti movimenti pacifisti dell’Etiopia, con i secondi
che sostennero il rimpatrio in Liberia per il rafforzamento dello stato
liberiano.
La Liberia avrebbe avuto un ruolo importante nello sviluppo dell’unità africana
e nella promozione dell’indipendenza dalle potenze europee, ma le cose sarebbero
arrivate al punto d’ebollizione a fine anni ’70.
Le tensioni tra gli Americo-Liberiani e le popolazioni indigene stavano
fermentando, gli Americo-Liberiani erano una classe d’élite ricca e ben
istruita, le popolazioni indigene… Di nuovo non tanto.
Nonostante le riforme liberali e i tentativi del nuovo presidente, William R.
Tolbert Jr., di far entrare in parlamento più membri della maggioranza nativa,
egli divenne da una parte molto impopolare e percepito come un leader corrotto e
nepotista dalla popolazione indigena, e fu accusato di “aver lasciato entrare i
contadini in cucina” dagli Americo-Liberiani.
Tolbert pose dei limiti al numero di mandati, diversamente dai suoi
predecessori, che spesso servivano vita natural durante, stabilì di nuovo il
sistema bipartitico dopo che la Liberia convisse per secoli con un dominio
monopartitico e iniziò un processo per costruire nuove case per la classe
indigena impoverita, ma alla fine Tolbert e il suo governo vennero rovesciati da
un colpo di stato violento che diede il via ad un periodo di lotte intestine tra
i numerosi gruppi indigeni e a persecuzioni di massa degli Americo-Liberiani che
sarebbero continuate fino ai primi anni 2000, trasformando la nazione in
un’ombra di quello che potenzialmente avrebbe potuto essere.
Ma se tutto questo cambiasse? L’opportunità per migliorare il percorso della
Liberia si è presentata alcune volte, ma inizieremo le cose alla metà del XX
secolo, e nello specifico esploreremo quella che è nota come Greater Liberia
Bill, una legge proposta dal Governatore del Mississippi Theodore G. Bilbo, che,
in cambio del rimpatrio obbligatorio degli Afroamericani verso la Liberia,
avrebbe pagato i danni della schiavitù a spese del governo federale americano.
All’epoca ottenne il sostegno dei Panafricanisti e dell’avvocato nero Marcus
Garvey, così come di alcuni all’interno del Congresso che credevano che potesse
ridurre la disoccupazione derivata dalla Depressione liberando posti di lavoro
negli Stati Uniti e stimolando allo stesso tempo le imprese e lo sviluppo della
Liberia.
Ovviamente finì oggetto di controversie da parte di quelli che speculavano fosse
un piano per espellere la diaspora africana dall’America, ma Garvey e Bilbo
spiegarono che era nei migliori interessi degli Americani neri perché creassero
una società e un governo tutti loro, liberi dalla discriminazione e
dall’intolleranza delle Americhe.
Questa controversia, assieme alla mancanza di sostegno, fecero sprofondare la
legge nell’oscurità, ma solo un decennio dopo, durante il picco dell’era dei
diritti civili, lo stesso argomento tornò in voga nel mezzo delle opinioni del
campione dell’integrazione Martin Luther King e delle richieste di separazione
totale avanzate da Malcolm X.
Per questa TL suggeriremo che la legge ottenga abbastanza popolarità da lasciare
l’argomento in un punto morto ma ancora presente negli occhi del pubblico per
tutti gli anni ’40, arrivando così nell’era dei diritti civili, lo stesso
periodo di tempo che vide la continua crescita e sviluppo della Liberia in un
paese sempre più attraente col potenziale per crescere e costruire.
L’epoca di Bilbo e Garvey sarà anche passata, ma la Greater Liberia Bill
sopravvivrà ad essi, ottenendo parecchio sostegno da parte degli
Americo-Liberiani, che vorranno accrescere il loro numero e creare finalmente lo
stato sostenibile nel quale speravano.
La legge otterrà anche ampio sostegno da parte dei separatisti come Malcolm X e
il Governatore George Wallace.
Il Governatore George Wallace annuncerà la sua candidatura a presidente e
correrà contro Lyndon B. Johnson nelle primarie Democratiche come fece nella
nostra TL.
Ancora una volta sarà una questione di separazione (Wallace) e integrazione (Johnson),
e questo suggerirà che Wallace riuscirà a utilizzare la popolarità e le
controversie causate dalla Greater Liberia Bill per ottenere più attenzione e il
sostegno di alcuni elettori neri che altrimenti non voterebbero per lui,
trasformando allo stesso tempo Johnson quello che sta cercando di tenere a terra
la Liberia e che sta impedendo agli Afroamericani di avere una propria casa
libera dall’intolleranza americana.
Forse non sarà importante, ma sarà un’altra crepa nella campagna di Johnson, e
basterà ad assicurarsi le primarie, a battere facilmente Barry Goldwater col
favore del sud, ottenere l’incarico di presidente, promuovere il Greater Liberia
Bill e dare il via alla più grande migrazione mai vista dalla Liberia.
Ovviamente molti se ne andranno liberamente, felici di ottenere il loro assegno
di risarcimento, e inizieranno la vita nella loro nuova patria, dove verranno
anche aiutati a trovare un lavoro e il governo liberiano gli fornirà la
residenza e una nuova abitazione, ma certamente non tutti saranno così disposti
ad abbandonare le case e le terre che hanno acquisito negli Stati Uniti,
portando alla creazione di enclavi ostili e gruppi militanti di afroamericani in
piccole sacche del sudest, determinati a rimanere in possesso delle loro terre
con ogni mezzo necessario pur trovandosi gradualmente isolati e da soli.
La Liberia invece prospererà, dato che arriveranno molti cittadini qualificati
per sopperire ai molti bisogni e funzioni dello stato.
Durante questo periodo il Presidente William Tubman svilupperà una politica
della porta aperta con gli Stati Uniti per attirare le imprese estere in Liberia
e stimolare l’economia, il che significa che gran parte dei migranti riusciranno
semplicemente a portare oltreoceano il loro lavoro.
Verranno costruite strade e ferrovie e verrà creato un porto franco per
incoraggiare un maggior commercio col resto del mondo, portando l’economia
liberiana ad un boom che la farà entrare in una nuova era di prosperità mai
vista nella nostra TL, il tutto mentre i paesi vicini inizieranno a separarsi
violentemente e cadranno nel caos.
La Liberia e le Nazioni Unite penseranno di poter fare da esempio, ma diventerà
gradualmente chiaro che i nuovi regimi africani indipendenti preferiranno
l’URSS, perciò la pazienza dell’occidente terminerà.
Nel frattempo le ambizioni espansioniste del Presidente Tubman inizieranno a
farsi sentire.
Guinea e Sierra Leone saranno mature per essere raccolte, entrambe hanno da poco
ottenuto l’indipendenza e stanno affrontando conflitti interni che le faranno
apparentemente scivolare verso il Comunismo.
La stabilizzazione e il contenimento verranno utilizzate per giustificare
l’invasione e l’occupazione di queste terre da parte della Liberia.
In questa TL gli Stati Uniti non si fanno coinvolgere dal Vietnam, ma si
ritirano poco dopo che Wallace aveva affermato in precedenza che se non avrebbe
vinto il conflitto in Vietnam entro il suo primo anno in carica avrebbe ritirato
immediatamente tutte le truppe americane, chiedendo inoltre che gli alleati
europei e asiatici paghino la loro giusta parte per l’International Defence and
Aid Fund, asserendo che l’America rimarrà sulla difensiva per proteggere sé
stessa, invece di andare all’offensiva, conservando truppe che pensa sarebbero
state sprecate in conflitti che non assicurerebbero gli interessi americani.
La Liberia, dopo aver reso sicure la Sierra Leone e la Guinea, ora ha accesso a
ricchi giacimenti di diamanti, metalli rari e pesce che serviranno a rinforzare
l’economia e a fornire più risorse sia per l’esportazione che per l’industria,
diventando la prima concorrente della Costa d’Avorio e cementando la sua
posizione come potenza mondiale.
Dopo oltre un secolo la nazione raggiungerà finalmente la posizione tanto
agognata, e assieme ai vicini stati Panafricanisti getterà le fondamenta
dell’Organizzazione dell’Unità Africana, che presto diventerà l’Unione Africana.
.
Questo è il pare in proposito di Paolo Maltagliati:
È dal 1960 che si aspetta l'emancipazione dei popoli africani. Stiamo ancora aspettando.
Vi pongo in merito dubbi che suoneranno mostruosamente razzisti, e me ne scuso, ma vi assicuro che il mio intento è scevro da qualsiasi tentativo di dimostrare la superiorità di qualcuno su altri:
1) Senza il colonialismo (e il suo portato schiavistico, diretto e indotto) - lasciando fare all'etnogenesi il suo corso - avremmo avuto un numero complessivo di morti maggiore o minore (per guerre, fame, arretratezza e quel che volete)?
Dopotutto per arrivare a un periodo di pace di ben 73 anni, interrotto solo da 'piccoli' (anche questo piccoli è mostruoso e irrispettoso, lo so, ma se teniamo un conto aridamente statistico non posso che chiamarli così) conflitti in Europa ci sono voluti 1500anni e oltre di conflitti dal crollo dell'impero romano d'occidente alla fine della seconda guerra mondiale (378, 409, 476, 480, mettete pure la data che volete, non è questo il punto ora), di cui alcuni con un livello di devastazione agghiacciante.
2) la terribile spartizione del congresso di Berlino, se da un lato ha messo come sudditi di una stessa unità politica popoli diversi tra loro, può aver artificialmente bloccato una situazione di guerra endemica?
Ciò può essere stato, nel male, paradossalmente un bene?
Nel senso: stante la pervasività di certe invenzioni, i fucili e i cannoni sarebbero finiti alla fine lo stesso nelle mani di sovrani africani...
In altre parole, senza alcuna cornice, fallita e colonialisticamente imposta dall'alto quanto volete, gli stati africani eventualmente sorti 'dal basso', nel loro nascere, crescere, espandersi, avrebbero fatto nel tempo più o meno morti?
3) se gli stati europei avessero speso uomini e mezzi per conquistare e spartirsi l'Africa prima (diciamo, per quanto impropriamente, che sto simmetrizzando con il Sud America), con annessi massacri e violenze probabili e intuibili, a lungo termine sarebbe stato meglio o peggio per una conta complessiva dei morti nel continente africano?
.
Anche *Bhrg'hówidhHô(n-) dice la sua:
Che questioni epocali...
1) Il paragone con l'Europa non lascia dubbi: almeno finora e senza altri cambiamenti nel Resto del Mondo, il numero complessivo di morti sarebbe stato complessivamente maggiore, perché la situazione attuale (da questo punto di vista la paggiore in tutta la Storia dell'Africa) sarebbe cominciata prima.
2) La terribile spartizione del Congresso di Berlino ha evitato che si arrivasse a una pressoché sicura situazione di guerra endemica e questo è stato, nel male, paradossalmente un bene. Gli Stati Africani sorti ‘dal basso’ avrebbero fatto nel tempo più morti, perché di certo le Potenze Extraafricane li avrebbero manovrati come e peggio che durante la Guerra Fredda e dopo.
3) Se gli Stati Europei si fossero spartiti l'Africa prima, a lungo termine sarebbe stato meglio per una conta complessiva dei morti nel Continente Africano, forse non tanto perché avrebbero evitato massacri precoloniali storici, ma soprattutto perché da un lato il Mondo colonizzabile si sarebbe esaurito prima (non simmetrizzo del tutto con le Americhe, perché postulo che il Colonialismo in America sarebbe stato uguale) e quindi si sarebbe arrivati prima alla resa dei conti fra Superpotenze, a vantaggio di quelle europee (ritengo infatti che uno dei massimi mali della Storia, almeno dal punto di vista attuale, sia stata l'Indipendenza degli Stati Uniti d'America), per cui, a seconda di quanto fosse l'anticipo, la Superpotenza vincitrice sarebbe stata – in ordine cronologico progressivo – la Spagna, la Francia o la Gran Bretagna (con variabile partecipazione dell'Impero Ottomano), che di conseguenza avrebbe unificato il Mondo e con ciò anche l'Europa, dall'altro l'Unificazione del Mondo o perlomeno dell'Europa avrebbe diminuito il numero totale di guerre e quindi di morti, anche in Africa.
Il miglior risultato si otterrebbe con un anticipo di tre secoli del Congresso di Berlino, per cui tutta l'Africa risulterebbe di fatto spartita fra Unione Iberica e Impero Ottomano e ciò potrebbe forse davvero contenere lo Schiavismo (sia perché l'Unione Iberica conterrebbe un'altrimenti colossale espansione ottomana – e con ciò del Mercato degli Schiavi – in Africa, sia perché con più risorse e meno nemici l'Unione Iberica potrebbe perdurare e quindi evitare lo Schiavismo portoghese).
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MorteBianca ha voluto avanzare la sua proposta in merito:
Per motivazioni etiche (forte opposizione culturale, degli intellettuali e rivolte della popolazione in stile Vietnam con secoli e secoli d'anticipo), per motivazioni storiche (gli occidentali subiscono pesanti perdite nella guerriglia africana che li "traumatizzano"), per motivazioni culturali (gli africani riscoprono una cultura unita e fanno blocco comune contro gli invasori dando loro filo da torcere), per motivazioni di convenienza (la borghesia spinge per una diversa tipologia di penetrazione, che vedremo fra poco), per motivazioni varie (una grande pestilenza in Africa spinge gli europei ad evitare il più possibile il contatto) o combinazioni delle precedenti ripetute storicamente, gli Europei non colonizzano l'Africa se non in forme limitatissime (Capo di Buona Speranza, colonie portoghesi nell'Africa Occidentale, il Nord Africa). Un possibile modello di penetrazione alternativa lo abbiamo visto con gli indigeni americani: l'Inghilterra e la Francia preferirono farsi vendere pellicce, dando in cambio armi avanzate ai nativi. In questa timeline ciò avviene anche in Africa: in cambio di pellicce, carne, avorio, minerali, frutta di vario tipo gli europei danno (alle tribù che gliene procurano) armi avanzate, polvere da sparo, denaro. L'Inghilterra però si ingegna ancora di più, dando loro l'Oppio e l'Alcol, generando dipendenza e quindi un mercato di obbedienti guerriglieri pronti a fare di tutto per la prossima consegna. Questa rete di servizi si estende, sempre più tribù vengono coinvolte e sempre più nell'entroterra. Le varie tribù iniziano ad entrare in guerra fra loro per le risorse, e di conseguenza le nazioni che le spalleggiano iniziano ad addestrarle, a mandare ingegneri per costruire infrastrutture belliche e non. Le tribù che lavorano per una certa potenza europea attaccano quelle della potenza avversaria in cambio di varie ricompense. Ben presto le varie Tribù che lavorano per la stessa potenza europea si confederalizzano. Ambasciatori e diplomati vengono mandati ad aiutare le neonate piccole nazioni a fornirsi di una legge di base per il vivere civile. Gli africani vedono gli europei meno come invasori e più come educatori, non comprendendo il sottile sfruttamento che c'è dietro. Ci sono ancora delle lotte fra fazioni all'interno dello stesso gruppo, ed è proprio in questo contesto che le potenze europee si impongono come arbitri per le lotte intestine fra le loro nazioni "sottoposte".
Le tribù arrivano al punto da andare attivamente in cerca di schiavi da vendere alle potenze coloniali, e di scatenare importanti guerre per questo fine. Per avvicinarli di più a loro gli europei iniziano ad "occidentalizzare" le elite delle nazioni tribali: forniscono loro vestiti, profumi, oggetti d'antiquariato. Portano loro la religione cristiana, insegnano alle loro donne l'eleganza e la moda, agli uomini i codici d'onore virili. Affidano ai più potenti titoli nobiliari altisonanti e porzioni di capitale nelle nuove infrastrutture e negli affari che si svolgono.
I nobili tribali iniziano a volersi distinguere attivamente dalla massa a loro sottoposta, mostrandosi come più vicini ai Bianchi e più simili a loro, e di contro chiedendo attivamente consiglio agli europei su come tenere mansueti e sottoposti i loro sudditi. Gli europei addestrano forze di polizia, servizi segreti, milizie ben armate, sempre più infrastrutture vengono costruite al fine di migliorare la sicurezza del "Boss" locale o per gli affari delle potenze non-coloniali. Le nazioni sottoposte alle potenze europee a loro volta si distinguono da quelle ancora "incivili".
Persino gli abitanti comuni iniziano ad assumere le caratteristiche occidentali. E' un processo graduale che parte dalle classi intermedie (la borghesia africana, nel suo tentativo di elevarsi all'aristocrazia e la classe dominante, ne imita i modi occidentali) si occidentalizzano e, con il loro emergere man mano che il capitalismo penetra in africa, aumentano anche le loro pressioni per maggiori libertà. Il popolino inizia ad assumere modi di dire occidentali, modi di fare, a "scimmiottarne" i comportamenti, a vestirsi come loro (anche modificando la propria moda tradizionale per adattarla ad uno stile simile a quello occidentale, con risultati curiosi), ad andare in Chiesa o fondando culti sincretici.
Le nazioni europee si ritrovano, man mano che quelle africane si espandono (sia quelle tradizionali sia quelle create ad hoc) e si spartiscono l'entroterra, a chiedersi cosa fare per le continue richieste di liberalismo da parte della nascente borghesia africana, che rischia effettivamente di favorire un giorno una rivoluzione indipendentista (visto che i trattati commerciali sono fortemente sbilanciati e sconvenienti per loro). Alcune nazioni come il Belgio e l'Italia rispondono duramente, favorendo vere e proprie dittature o monarchie assolute o teocrazie fondamentaliste e reprimendo ogni opposizione, preoccupandosi solo di finanziare l'esercito ed i servizi segreti.
Altre, come gli Stati Uniti, cercano invece di favorire una nazione nel suo sviluppo, nel far nascere una forte borghesia autonoma, una classe media convincente, nel fornire tutte le strutture sociali ed economiche per rendere le colonie autosufficienti e dagli standard di vita migliori possibile e continuando a finanziare tutto questo fino a quando viene mantenuta la sottomissione economica. Altre come l'Inghilterra cercano una via di mezzo, favorendo una borghesia minima solo per contrastare l'aristocrazia locale che trovano scomoda, premiando i fedeli e reprimendo i rivali in affari, creando una enorme rete di aziende africane a loro collegate, nullificando di fatto ogni tentativo di reale economia locale ed autoctona indipendente. Ma è ancora una volta la geopolitica a favorire indirettamente fenomeni anti-coloniali. Alcune nazioni più "buone" e che trattano le proprie nazioni sottoposte con benevolenza ed autonomia decidono (tramite queste) di finanziare movimenti d'opposizione, liberali, anti-coloniali e nel futuro anche socialisti contro le nazioni sottoposte più repressive di potenze europee rivali. L'Inghilterra finanzia attivamente l'indipendentismo algerino, l'Impero Ottomano finanzia il Socialismo Etiope, l'Italia finanzia il Partito Liberale Kenyota e così via. In questo modo scoppiano ancora una volta guerre di vario tipo, ma scoppiano anche rivoluzioni che finiscono per sfuggire alle potenze coloniali. I movimenti anti-coloniali che le varie nazioni europee hanno finanziato sono ora troppo potenti e si ritorcono contro di loro. Numerose nazioni ottengono grandi autonomie, cambi di leadership, maggiori liberalità, diritti per i loro abitanti e lavoratori.
Il culmine di questa disastrosa situazione si raggiunge con Mutumbu, detto il Napoleone d'Africa. Una delle colonie sfugge dal controllo europeo e cade sotto una giunta rivoluzionaria che proclama la totale indipendenza da ogni influenza ed ingerenza europea, nazionalizzando ogni proprietà straniera e decidendo che ogni trattato sarà rinegoziato alla pari, pena l'isolamento totale. Mutumbu prende il potere ed inizia anche a finanziare, supportare ed addestrare le milizie indipendentiste nelle nazioni vicine, per poi invadere le altre nazioni per esportare l'autononismo formando repubbliche sorelle africane. Mutumbu comprende però la superiorità europea e, a differenza di altri leader indipendentisti, non rifiuta la tecnologia moderna, la cultura europea in toto, le loro tattiche militari ed il loro ragionamento politico, comprendendo anzi che molti dei loro modi, pur crudeli e non leali, sono necessari per vincere una guerra ed organizzare uno stato duraturo. Anche lui inizia a reprimere nel sangue le rivolte, anche lui forma un esercito moderno e ben addestrato, anche lui si apre ad una costituzione liberale (una delle cose paradossalmente meno accettate dai movimenti indipendentisti, spesso tradizionalisti). Si autoproclama Imperatore in un modo molto "occidentale" ed adotta una dialettica ed una propaganda che ricorda i grandi leader del passato, sottomette le varie repubbliche sorelle e le tratta, di fatto, come colonie. Questo causa una forte opposizione alla sua reggenza. Le potenze europee comprendono che c'è un modo per cavalcare l'autononismo ma togliendo agli africani la cosa più pericolosa, ossia l'unità, ed usandolo contro di loro: il Nazionalismo.
La propaganda occidentale inizia a diffondere l'idea che le nazioni africane debbano essere autonome, dagli occidentali....e da Mutumbu. E da tutti i loro vicini. Viene incoraggiata l'identità nazionale, la chiusura, governi conservatori ed autocrati. In questo modo una buona parte di conservatori e liberali si conglomerano in Partiti Nazionalisti. Gli Occidentali sono pronti a concedere maggiori autonomie, presentando grandi "vittorie" per questi partiti nazionalisti, la cui prima vera vittoria è appunto la sconfitta di Mutumbu ed il suo Esilio.
Le varie nazioni cadono in una spirale di dittature forti e nazionaliste, scoppiano numerose guerre, le nazioni occidentali per il momento lasciano fare (favorendo le proprie nazioni sottoposte) finché i loro affari non vengono intaccati. Ma anche questa bomba gli scoppia in faccia.
Alcune di queste dittature causano guerre e massacri atroci, che iniziano a mobilitare le coscienze anche in madrepatria contro questi massacri e questo sfruttamento causato dall'indifferenza degli europei.
Altre di queste dittature diventano così nazionaliste da voler tagliare tutti i ponti con i loro supporter e diventare indipendenti al 100 %. Infine un numero non indifferente di queste dittature crollano dopo rivoluzioni repubblicane, liberali e socialiste (soprattutto socialiste). Ovviamente l'Unione Sovietica, nel supportare le nazioni socialiste, ha finito a sua volta per reprimere i movimenti autonomisti e causare guerre d'espansione.
Oggi l'Africa è come il Sud America: un continente spartito fra nazioni moderne con uno standard di vita abbastanza alto. Per il resto però assomiglia all'Africa di oggi: piena di nazioni dittatoriali, instabili, guerre e rivoluzioni. La cultura africana è stata glorificata, ma in modo sincretico.
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E Tommaso gli ha risposto:
Mmm, risponderei con una versione meno pessimista di questo sviluppo, in cui le nazioni Africane si sviluppano al pari di quelle europee, e oggi sono in gran parte democratiche. Le nazioni più prospere e democratiche sarebbero l'Impero Etiope, l'Impero Zulu, il Regno Unito d'Egitto e Sudan, il Regno di Libia, il Regno di Tunisia, la Repubblica Algerina, il Regno del Marocco, l'Impero Ashanti, il Regno di Botswana, la Confederazione Congolese e l'Impero di Mutapa.
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C'è posto per questa idea di Basileus TFT:
Gli Azebo Galla sono un'etnia etiopica che ha sempre mostrato insofferenza verso il dominio degli Amara. nel 1936 approfittarono della guerra con l'Italia per schierarsi con gli italiani,combattendo tenacemente e venendo ricompensati con la creazione del "Paese dei Galla", una provincia speciale che fu annessa all'Eritrea italiana dove i Galla godettero di una certa autonomia. Lo spirito indipendentista dei Galla si manifestò anche durante la seconda guerra mondiale,dove combatterono strenuamente a fianco degli italiani per impedire il ritorno del Negus. Furono attivi fino al 1943, quando i comandanti italiani che guidavano la resistenza, compreso il fatto che le truppe di soccorso promesse da Mussolini (che sarebbero giunte da Suez) non sarebbero mai arrivate, abbandonarono la resistenza lasciando i Galla al loro destino,facendoli inglobare dal rinato Impero d'Etiopia.
Ma se invece gli italiani mantengono uno stretto rapporto con i Galla e patteggiano con gli inglesi creando un Dominio Azebo-Galla in Eritrea e nella terra dei Galla? Come cambia la storia del Corno d'Africa? Come si sviluppa il nuovo stato africano con la mescolanza di elementi galla, eritrei ed italiani?
Legenda della cartina: marrone = Etiopia; rosa = Inghilterra; blu = Francia; rosso = stato italo-galla.
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Paolo Maltagliati in proposito ha commentato:
La campagna d'Etiopia È STATA
un fallimento anche nella HL. Checché se ne pensi, il lavoro preparatorio fu
notevole sia sul piano militare, sia su quello diplomatico. E fallirono
entrambi: il primo perché si comprese ben presto che conquistare davvero
l'Etiopia avrebbe implicato domare ogni singolo ras. Una cosa che avrebbe
esaurito l'esercito in una campagna asimmetrica lunghissima e logorante. Geniale
fu Badoglio (se non è stata un'idea dello stesso Duce, o di qualcun altro, poi
semplicemente applicata) a salvare l'immagine della conquista con la marcia
della ferrea volontà su Addis Abeba. Ma deporre il Negus Negesti non significava
aver conquistato l'Etiopia. All'alba della battaglia di Cheren la resistenza
diciamo 'partigiana' etiope non era ancora stata spezzata, anche se il duca
degli Abruzzi stava finalmente ottenendo dei risultati smettendola di colpire
pesantemente il clero copto e smettendola di favorire la penetrazione islamica
(c'era la speranza che ciò spezzasse la volontà di resistere dell'Altipiano).
Siul secondo punto, quello diplomatico, fu un fallimento perché il piano
Hoare-Laval venne rivelato e sbugiardato sui giornali. Fallimento che come ben
sappiamo condannò l'italia fascista all'isolamento internazionale che poi sfociò
nell'unione di comodo con l'altra nazione paria d'Europa, ossia la Germania
nazista(che, qual somma ironia, era la principale fornitrice di artiglieria agli
etiopi).
Il fine della guerra d'Etiopia era un successo che desse lustro e prestigio a
Mussolini e all'Italia come grande potenza.
Ottenne esattamente il contrario, oltre che, in campo economico, anche un netto
e sostanziale impoverimento, tra sanzioni e autarchia.
Per non parlare dell'abbondanza di soldi buttati per ampliare il numero di
divisioni del REI, cosa che si capì si sarebbe ritorta malamente contro alla sua
efficienza militare già in Spagna.
Quindi sì, la campagna d'Etiopia ha - e malamente anche - fallito il 75% dei
suoi obiettivi. Ogni altra opzione paradossalmente potrebbe allungare la
longevità del regime fascista, più che diminuirla.
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Chiudiamo per ora con questa ulteriore proposta di William Riker:
A proposito di colonialismi alternativi in Africa, non tutti lo sanno, ma la Danimarca partecipò alla prima fase della colonizzazione di quel continente, stabilendo alcuni forti lungo la Costa d'Oro, nell'odierno Ghana: Fort Frederiksborg (oggi Kpompo), Fort Christiansborg, Fort Prinsensten (costruito nel 1784), Fort Augustaborg (nel 1787), Fort Friedensborg e Fort Kongensten. Le rovine di alcuni di questi forti esistono tuttora, lungo la costa occidentale dell'Africa; purtroppo essi furono usati principalmente per la tratta degli schiavi, alla quale i danesi non si sottrassero di certo. L'impero Ashanti sconfisse e sloggiò i danesi nel 1807, e nel 1850 Copenaghen vendette tutti i suoi diritti coloniali all'Inghilterra. Ma come cambia la colonizzazione dell'Africa se anche la Danimarca partecipa attivamente alla spartizione della torta, ed ancor oggi in alcuni moderni stati africani la lingua ufficiale è il danese?
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