Il Regno Federale di Jugoslavia
Bandiera del Regno Federale di Jugoslavia
.
Capitale: Mostar
Altre Città: Belgrado, Sarajevo, Lubjana, Trieste/Trist,
Skopje, Prishtina, Pazin/Pisino, Banja Luka, Podgorica, Novi Sad, Klagenfurt am
Wörthersee / Klognfuat / Celovec .
Forma di Governo: Monarchia Parlamentare con
successione a preferenza maschile.
Monarca: Re Alessandro II Karadjeogevic.
Cancelliere Federale: Petar Kaiser (SPK) (Carinzia)
(Lega dei Socialdemocratici Jugoslavi) dal 2015, anche Ministro degli Esteri .
Altri membri del Consiglio dei Primi Ministri: il
Ministro degli Interni Oliver Spasovski (SDSM) (Macedonia) (LSJ) , il Ministro
della Giustizia Duško Marković (DPSCG) (Montenegro) (LSJ) , Il Ministro della
Difesa Petar Đokić (SP) (Kraina Bosniaca) (LSJ) , Il Ministro dell' Economia e
dello Sviluppo Economico Nenad Čanak (LSV) (Voivodina) (LSJ), il Ministro dei
Trasporti e delle Infrastrutture Albin Kurti (V) (Kosovo) (LSJ),il Ministro
della Pubblica Istruzione Fabrizio Radin (IDS) (Istria)(LSJ) il Ministro della
Cultura e dello Spettacolo Ljubo Bešlić (UAPH) (Unione Agraria e Popolare
Jugoslava) (Erzegovina), Il Ministro della Salute Ana Brnabić (SNS) (Serbia) (UAPJ)
, Il Ministro dell'Ambiente e delle Risorse Agricole Andrej Plenković (HDZ)
(Croazia) (UAPJ), il Ministro delle Politiche Comunitarie Janez Janša (SDP)
(Slovenia) (UAPJ), il Ministro dello Sport e delle Politiche Sociali Šefik
Džaferović (SDA) (Bosnia) (UAPJ) e il Ministro del Turismo e delle
Telecomunicazioni Roberto Dipiazza (FVG) (Venezia-Giulia)(UAPJ)
Fondazione: 1929, dopo la convenzione di Mostar e
la nomina di Stjepan Radić, scampato ad un attentato l'anno prima, a Cancelliere
Federale.
Superficie: 266.018 km2
Abitanti: 23.394.180 abitanti
Densità: 87,94 abitanti per km2
Lingue: Serbo, Croato, Italiano, Friulano, Istriano,
Triestino, Bosniaco, Tedesco, Austro-Bavarese, Bulgaro, Ungherese,
Rumeno, Macedone, Albanese.
Religione: Cristiana Ortodossa, Cristiana Cattolica
e Musulmana. La libertà religiosa è assicurata dalla costituzione.
Moneta: Euro (con la faccia del Re Alessandro II ).
Economia: In Jugoslavia convivono grande città
industriali e comunità rurali nell'interno.
Inno nazionale: Hej, Slaveni
Prefisso telefonico: +38
Targa automobilistica: YU
Tld: .yu
Cultura: Il vero miracolo della Jugoslavia è essere riuscita a far convivere pacificamente ormai da quasi un secolo popoli che per secoli si sono odiati; specialmente negli ultimi decenni questo ha prodotto una società cosmopolita unica nel suo genere, dove splendide chiese, sia cattoliche che ortodosse sono affiancate da altrettanto splendide Moschee, specialmente nella capitale, Mostar. La Jugoslavia è tuttora fra le maggiori produttrice di film in Europa. Belgrado è soprannominata l'Hollywood dei Balcani. Negli ultimi decenni grandi passi avanti sono stati fatti sotto il profilo dei diritti civili ma molto deve essere ancora fatto.
Politica e istituzioni: Il Regno Federale di Jugoslavia è una federazione di 13 reami uniti nell'economia, nella difesa e nella politica estera, con degli standard comuni su sanità, infrastrutture, sicurezza e ambiente. I 13 Reami sono: Bosnia, Istria, Serbia, Carinzia, Croazia, Kraina Bosniaca, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Slovenia, Venezia Giulia, Voivodina e il Regno d'Erzegovina, sede della Capitale Federale Mostar. Ogni reame ha il proprio parlamento ed elegge il proprio Primo Ministro. Il Consiglio dei Primi Ministri costituisce il Governo Federale. Il Parlamento Federale vota la fiducia ad uno dei Ministri, che il Re poi nomina Cancelliere. Ogni decisione del CPM è presa a maggioranza. Quando votano per il Parlamento del proprio reame i cittadini Jugoslavi designano anche i rappresentanti al Parlamento Federale. Il voto locale avviene con voto proporzionale con doppia preferenza di genere; accanto, può esprimere doppia preferenza di genere per i candidati della stessa lista per il Parlamento Federale. Non è possibile il voto disgiunto. In caso, il voto alla lista locale è considerato valido, senza preferenze, e di conseguenza il voto va anche alla lista federale collegata. Il Parlamento Federale può sfiduciare il Cancelliere, che assegna le deleghe del Governo Federale e decide l'ordine del giorno. Solo i parlamenti locali possono sfiduciare i singoli Primi Ministri. La Giustizia si articola in tribunali Civili, Penali, Amministrativi e Tributari; Ogni Regno possiede quattro Alte Corti; La Suprema Corte di Giustizia Federale è l'organo di vertice del potere giudiziario, e il suo presidente è il Re; Il Re nomina tutti i Primi Ministri dopo il voto di fiducia dei Parlamenti, è il Capo dell'esercito e ha il diritto di Veto, superabile con voto dei 2/3 del parlamento; Il Re ha l'ultima parola sui trattati e le dichiarazioni di guerra, può dichiarare lo stato d'emergenza per sei mesi, che deve essere approvato dal parlamento entro 30 giorni; durante lo stato d'emergenza può emettere decreti aventi valore di legge perché ratificati entro 60 giorni dal parlamento federale. Il Re può anche emettere perdoni, amnistie ed indulti, creare titoli nobiliari onorifici ed ereditari e determinare la legge di successione al proprio trono. Il Parlamento Federale è composto da 468 Deputati (36 per ogni stato membro)
Forze Armate: Ogni Reame dispone di una propria Guardia Nazionale che include una piccola flotta (fluviale o costiera) e una piccola aviazione, mentre a livello federale abbiamo quattro forze armate, Esercito Reale Federale Jugoslavo, Flotta Reale Federale Jugoslava, Aviazione Reale Federale Jugoslava e la Gendarmeria Reale Federale Jugoslava, che svolge compiti di intelligence e di polizia giudiziaria, di Guardia Forestale e di Guardia di Finanza.
Inno del Regno Federale Jugoslavo
Storia:
La storia del Regno Federale di Jugoslavia comincia con il fallito attentato ai
danni del Primo Ministro Stjepan Radić nel 1929, che, sopravvissuto, convince Re
Alessandro I a convocare una grande Conferenza Costituente a Mostar alla quale
partecipano anche moderati delle varie correnti nazionaliste e del partito
socialista. I lavori durano quasi un anno, ma la nuova costituzione suddivide la
Jugoslavia in 7 reami federati, compreso l'Erzegovina, Regno della capitale, che
è posta nella multiculturale Mostar.
Stjepan Radić, ora Primo Ministro di Croazia è confermato Cancelliere Federale
dopo l'elezione che vede i partiti della UAPJ, la coalizione di partiti Agrari e
Popolari Jugoslavi conquistare la maggioranza in Croazia, Slovenia, Mostar,
Bosnia e Montenegro; In Serbia e in Macedonia vincono i partiti
Socialdemocratici della Lega dei Socialdemocratici Jugoslavi. Radić tiene per se
il Dicastero degli Interni, affidando a Anton Korošec (Slovenia) il ministero
della Difesa, a Vladimir Ćorović (Erzegovina) l'Istruzione, a Memhed Spaho
(Bosnia, che ha fondato il Partito Agrario Islamico Bosniaco oggi SDA)
l'Economia, a Sekula Drljević (Montenegro) la Giustizia, a Filip Filipović
(Serbia) gli Esteri e a Dimitar Vlahov (Macedonia) le Infrastrutture e i
Trasporti. Nel quinquennio 1930-1935 la Jugoslavia provvide a rafforzare le
infrastrutture, riducendo il divario fra o vari reami, e introducendo numerose
garanzie per le minoranze; ne consegui una notevole crescita economica; in
politica estera, crescevano le tensioni con l'Italia, che portarono il governo
federale Jugoslavo ad intessere relazioni con Cecoslovacchia, Romania, Albania e
Grecia. Le elezioni del 1935 videro i partiti dell' UAPJ confermati ovunque
fuorchè in Montenegro, dove la vittoria arride ai Socialisti locali guidati da
Nikola Kovačević che sostituì Ćorović all'Istruzione, mentre alla Giustizia andò
lo stesso Ćorović al posto di Drljević. Il quinquennio 1935-1940 vide l'acuirsi
delle tensioni fra Jugoslavia ed Italia, culminate nella crisi del 1939 quando
il tentativo di occupazione dell'Albania causò una netta reazione della
Jugoslavia che fece fallire l'operazione; la stessa Jugoslavia minacciò di
intervenire in armi contro l'Unione Sovietica in caso di invasione della
Bessarabia; Perfino la Germania, poco desiderosa di aprire un fronte meridionale
è costretta a lasciare Bucarest in pace nonostante l'insistenza dell'Ungheria;
in questa timeline, con l'appoggio della Jugoslavia la Romania ha conservato un
regime democratico e parlamentare, a differenza di Bulgaria e Ungheria. La
Jugoslavia aveva ordinato la mobilitazione generale dopo Monaco, e, anche se nel
1940 le elezioni provocano una piccola rivoluzione: i partiti dell'LSJ
conquistano a sorpresa la Maggioranza grazie alla vittoria Socialdemocratica in
Slovenia dove il professor Josip Vidimar diventa Primo ministro;il crescente
pericolo di un'invasione italiana e la passata simpatia per il fascismo mostrata
da Korošec furono essenziali per questa vittoria; Re Alessandro I, dopo una
lunga consultazione con Filipović accetta di nominare lo stesso Cancelliere; Il
nuovo Consiglio dei Primi Ministri vede Filipović conservare la delega agli
Esteri, con Vidmar alla Difesa, Kovačević alla Giustizia e Vlahov agli Interni;
Spaho restò all'Economia, Radić passò alle Infrastrutture e ai Trasporti e
Ćorović tornò all'Istruzione. Nel 1941 l'Italia invade la Jugoslavia. L'esercito
Jugoslavo guidato dal Generale Dušan Simović respinge l'assalto raffazzonato
degli Italiani e anzi, invade la Venezia Giulia; Ma l'intervento di Tedeschi ed
Ungheresi costringe l'esercito Jugoslavo sulla difensiva; nonostante l'appoggio
di Greci, Rumeni ed Albanesi, che dichiarano guerra all'Asse l'intervento della
Bulgaria causa un netto arretramento del Fronte; ma dalla Grecia, rinforzi
britannici permettono agli Jugoslavi e ai loro alleati di resistere; Intanto nei
territori occupati dall'asse si scatena la lotta partigiana che si organizza nel
Fronte Patriottico di Liberazione Jugoslava; il Principe ereditario Petar, che
ha solo 18 anni, sfugge alla guardia personale e prende personalmente la guida
delle operazioni partigiani; miracolosamente sfugge ad una serie di attentati,
alcuni opera dei Nazionalisti filofascisti altri dei Comunisti che sperano di
poter rovesciare la Monarchia. Gia nel 1944 l'insurrezione generale dei
Partigiani Jugoslavi, guidati dal Principe Petar permette la liberazione del
territorio nazionale; la Bulgaria, isolata dagli alleati si arrende, mentre gli
Jugoslavi invadono la Venezia Giulia e la Carinzia; a parte qualche episodio,
severamente condannato dal governo di Mostar, il trattamento riservato ai civili
è inappuntabile; Nel 1945, appena finita la guerra, si tengono i referendum in
Carinzia e Venezia Giulia; entrambe le regioni votano per entrare come Reami
autonomi in Jugoslavia; tuttavia, l'Istria vota per diventare autonoma da ogni
altro Reame Federato, e questo obbliga il governo di Mostar a creare un quarto
nuovo Reame, che viene costituito in Voivodina ed è sostanzialmente affidato
agli Esuli Ungheresi, che fuggono dall'Ungheria ormai sotto controllo sovietico.
La Cecoslovacchia e l'Austria diventano stati neutrali, la Finlandia diventa uno
stato Socialista come la Polonia e la Germania Est e l'Unione Sovietica annette
la regione di Odessa, ma in questa TL le truppe sovietiche non hanno mai
occupato la Romania che resta una Monarchia neutrale; a Est l'Urss annette il
Turkestan Orientale, la Mongolia Esterna e la Manciuria, mentre il resto della
Cina è diviso in due, il Tibet diventa indipendente e la Corea diventa uno stato
unitario Socialista.
Le nuove elezioni consegnano la seguente fotografia: degli Undici Reami, 6
(Croazia, Istria, Slovenia, Bosnia, Montenegro e Carinzia) sono vinte dai
Socialdemocratici mentre gli altri 5 ( Erzegovina, Serbia, Macedonia, Venezia
Giulia e Voivodina) sono vinti dagli Agrari/Popolari. Il Socialdemocratico
Croato Josif Broz è nominato Cancelliere Federale e assume la delega agli
Esteri; l'Istriano Vittorio Vidali diventa Ministro degli Interni; lo Sloveno
Vidmar resta alla Difesa, il Bosniaco Vojislav Kecmanović alla Sanità, Kovačević
resta alla Giustizia, Hans Piesch della Carinzia va all'Economia; all'UAPJ vanno
il ministero dell'Istruzione con Vladimir Ćorović, le Infrastrutture con il
Serbo Dušan Simović, alle Risorse Naturali, il Macedone Ivan Gavrilov alle
Politiche Agricole, il Giuliano Engelbert Besednjak alle Politiche Sociali e
Dušan Popović della Voyvodina ai Lavori Pubblici.
Il nuovo governo gestisce la ricostruzione e sponsorizza l'ingresso della
Jugoslavia nell'ONU dove ottiene un seggio permanente al posto della Cina,
divisa in due. Il quinquennio 1945-1950 vede il Regno impegnato nella
ricostruzione, e membro fondatore della Cec; Una nota lieta l'ha portata il
matrimonio del Principe Ereditario Petar con Alexandra di Grecia e Danimarca nel
1944, dopo la liberazione di Mostar; Costei nel Giugno del 1945 dà alla luce
l'unico figlio della coppia, il principe Alexander. Nel 1950 la maggioranza
della LSJ si rafforza con la vittoria in Macedonia e la nomina di Lazar
Koliševski a nuovo Primo Ministro di Macedonia e Ministro dell'Agricoltura.
Mappa del Regno Federale Jugoslavo
Il Quinquennio 1950-1955 vede
la costruzione di un moderno stato sociale con il potenziamento dell'istruzione
pubblica e della sanità; nel 1955 le elezioni confermarono lo status quo.
Nel 1956 si rischia la guerra fra Jugoslavia e Unione Sovietica a causa della
feroce repressione sovietica della Rivoluzione Ungherese da parte dell'Armata
Rossa; la mediazione raggiunta salva la vita a Imre Nagy che dall'ambasciata
Jugoslava viene portato in salvo in Jugoslavia.
Nel 1958 muore a 70 anni Re Alessandro I, Padre degli Jugoslavi, gli succede il
figlio Pietro I di Jugoslavia.
Nel 1960 il Montenegro passa all'opposizione, con l'elezione del Principe
Michael Petrović-Njegoš a Primo Ministro; Lo storico ritorno della famiglia
reale Montenegrina in una posizione di potere non si traduce in nessun tentativo
di indipendenza del Montenegro. Il Principe diventa Ministro dell'Agricultura
con Koliševski spostato alla Giustizia.
Il quinquennio 1960-1965 vede Dragoljub Mihailović subentrare a Simović alla
guida della Serbia vista la salute ormai compromessa, e una crescente
insoddisfazione per il regime fiscale in Slovenia; proprio la Slovenia nel 1965
causa la fine della maggioranza dell'LSJ; Ljubo Sirc dell'UAPJ diventa Ministro
dell'Economia, Veselin Misita, dell'Erzegovina, diventa Ministro degli Interni
(aveva sostituito l'anziano Ćorović alla Cultura e come Primo Ministro
d'Erzegovina, Mihailović diventa Cancelliere Federale e Ministro della Difesa,
Petrović-Njegoš va alla Giustizia, Dušan Popović va agli Esteri e Engelbert
Besednjak all'Istruzione e ai Beni Culturali; Kecmanović resta alla sanità, Broz
va alle Infrastrutture e ai Trasporti, Koliševski torna all'Agricoltura, Vidali
va ai Lavori Pubblici e Ferdinand Wedening, che ha sostituito Piesch, passa alle
Politiche Sociali. Nel quinquennio 1965-1970 si consuma il tentativo di Golpe
detto dei Colonnelli in Grecia; Ma Re Costantino II, consigliato dalla Regina
Alessandra di Jugoslavia, si oppone al golpe e lo fa fallire. Nel 1968, quando
la Primavera di Helsinki è soffocata nel sangue dai carrarmati del Patto di
Varsavia, la Jugoslavia propone sanzioni contro l'Unione Sovietica ma il veto
dell'URSS le blocca . Nel 1969 è approvata la riforma costituzionale che crea, a
partire dal 1970, due nuovi reami, la Kranjia Bosniaca per i Bosniaci Ortodossi
e Cattolici e il Kosovo per gli Albanesi. Nel 1970 a causa delle divisioni
interne al Partito Popolare-Nazionale Serbo, l'UAPJ perde la maggioranza in
Serbia ma mantiene il controllo del governo con la vittoria in Montenegro e, a
sorpresa, in Kosovo, dove una minoranza favorevole all'unione con l'Albania
impedisce ai Laburisti Kosovari di vincere le elezioni. Ljubo Sirc diventa
Cancelliere Federale e mantiene il Ministero dell'Economia; Dragoslav Marković,
nuovo Primo Ministro Serbo, diventa ministro della Previdenza Sociale, alla
Difesa va l'ex Socialista Montenegrino Milovan Đilas, viene creato il ministero
del Turismo e dei Beni Culturali per il Popolare Kosovaro Idriz Gjilani e quello
delle Telecomunicazioni e lo Sport per il Socialista dell'Herzegovina Vladimir
Dedijer. Il quinquennio 1970-1975 comincia con una nota triste, la morte di Re
Pietro I; gli succede il figlio Alessandro II; dopodichè il quinquennio vede una
certa espansione economica nonostante la questione petrolifera del 1973 dove la
mediazione Jugoslava fù decisiva. Intanto nel 1972 il Re sposa Dona Maria da
Glória of Orléans-Bragança. Nel 1975 la maggioranza di centro-destra cresce con
il ritorno al governo in Serbia dei Popolari-Conservatori di Aleksandar Ranković
che diventa Ministro della Difesa con Đilas spostato alla Previdenza Sociale,
Ranković però non otterrà la maggioranza per diventare Cancelliere Federale,
ruolo per il quale è confermato il più moderato Sirc con il voto decisivo
dell'opposizione. Questo causa nella maggioranza una serie di conflitti che
rendono il quinquennio 1975-1980 molto difficile,l'economia ne risente e la
disuguaglianza sociale cresce. Nel 1980, con la gioia della nascita del
sospirato erede, Petar, cambia tutto, in ben 11 Regni su 13 vincono i
Socialisti. Solo la Serbia, dove a Ranković è succeduto il pupillo Slobodan
Milošević che diventa Ministro dell'Agricoltura e la Venezia-Giulia, dove primo
Ministro e Ministro delle Politiche Sociali diventa Franco Richetti restano all'UAPJ.
Lazar Koliševski, Primo Ministro Macedone, diventa Cancelliere Federale e
Ministro della Giustizia, Il Croato Ivo Perišin diventa Ministro dell'Economia,
l'Istriana Ema Derossi-Bjelajac diventa Ministro degli Esteri e prima donna in
ambo le cariche, il Voivodinese Radovan Vlajkovic diventa Ministro degli
Interni, il Kosovaro Ali Shukriu diventa Ministro della Pubblica Istruzione, il
Montenegrino Radivoje Brajović diventa Ministro dell'Ambiente e delle Risorse
Naturali, l'Erzegoviniano Ante Marković diventa Ministro dei Trasporti e delle
Infrastrutture, il Bosniaco Milanko Renovica diventa Ministro della Cultura e
del Turismo, lo Sloveno Janko Smole va al Lavoro e alle Politiche Industriali,
il Carinziano Hans Sima va allo Sport e la Kanjio-Bosniaca Rada Vranješević,
primo premier donna per il suo reame, diventa il primo Ministro delle Politiche
Sociali.
Il Quinquennio 1980-1985 è allietato, come detto dalla nascita dell'erede e di
due fratelli gemelli, Philip e Alexander. Ma al termine,la Regina Maria de
Gloria scandalizza il regno chiedendo il divorzio; la pressione sociale del
ruolo è stata troppa. Re Alessandro riceve la simpatia generale e la popolarità
della monarchia aumenta. Intanto, il governo più di sinistra della storia
Jugoslava si lancia in una seria di ardite riforme: Divorzio breve, unioni
civili, Wellfare "dalla culla alla tomba", riforma meritocratica nell'università
e nella pubblica amministrazione, leggi anticorruzione severe e lotta senza
quartiere alla criminalità organizzata. Tutto questo, nel 1985 causerà la
sconfitta Socialista in Carinzia, in Slovenia e in Croazia dove vincono
rispettivamente Leopold Wagner, ex-socialdemocratico, nominato Ministro dello
Sport; l'ex-Cancelliere ed ex ministro dell'Economia Ljubo Sirc che a sorpresa,
è nominato nuovamente Ministro dell'Economia e Stjepan Mesić diventa Ministro
delle Infrastrutture e dei Trasporti e Ante Marković diventa Ministro del Lavoro
e delle Politiche Industriale.
Il Quinquennio 1985-1990 vede l'ascesa di Gorbachev in Russia cher porterà al
disfacimento del Sistema Sovietico; il crollo del Muro di Berlino e di quello di
Pechino, nel 1989 e la caduta dell'URSS cementeranno questo status. A livello
nazionale il Governo Socialdemocratico si prepara ad ospitare il Mondiale del
1990, mentre prosegue sulla via delle riforme sociali; Intanto, inizia il
fenomeno delle apparizioni della Madonna Regina della Pace a Medjugorje; dopo
attente valutazioni il Vescovo di Mostar proclama il Constat de
Supernaturalitate per il primo mese di apparizioni, e Medjugorje diventa un
santuario riconosciuto come Lourdes e Fatima. Le apparizioni continuano a
tuttoggi.
La Jugoslavia vince il mondiale del 1990 in finale contro l'Italia. Le elezioni
confermano lo status quo, ma il il quinquennio 1990-1995 vede la tassazione
crescere cosa che porta l'UAPJ a tornare maggioranza nel 1995 conquistando la
maggioranza in Kranja Bosniaca con Nikola Poplašen nuovo ministro degli Interni
ed Erzegovina con Mate Boban, nuovo Ministro degli Esteri; Slobodan Milošević
diventa Ministro della Difesa e Cancelliere Federale, Franco Richetti diventa
Ministro della Giustizia, Sirc resta all'Economia, Mesić va al Lavoro e alle
Politiche Industriali e Wagner va alla Pubblica Istruzione. Renovica resta alla
Cultura e al Turismo, Ema Derossi-Bjielajac passa allo sport, mentre gli altri
socialisti restano al loro posto. il quinquennio 1995-2000 è caratterizzato da
un continuo scontro fra il Cancelliere e il Re che non approva la politica
estera euroscettica e quella interna centralista del nazionalista Serbo;
tuttavia la politica fiscale nel medio periodo è espansiva e l'UAPJ conquista la
Bosnia con Alija Izetbegović che diventa ministro della Difesa, mentre Mate
Boban va alla cultura e al Turismo e Milošević prende gli Esteri; Nel
Quinquennio 2000-2005 Milosevic vorrebbe appoggiare gli Stati Uniti in Iraq ma
il Re pone il veto; Milošević allora decide di puntare sulla carta repubblicana;
e mal gliene incoglie nel 2005 il Referendum vede la Monarchia vincere con il
93%; Milošević si ritira dalla politica la Serbia passa al campo
Socialdemocratico con Zoran Đinđić che diventa il Nuovo Cancelliere Federale e
Ministro degli Esteri, e così fa la Slovenia con Borut Pahor che diventa
Ministro dell'Economia; il quinquennio 2005-2010 vede il governo impegnato a
rimediare alle politiche sciagurate di Milošević; La Jugoslavia entra nell'Euro.
Nel 2010 tutto resta immutato e il governo Đinđić continua le sue politiche ma
anche a causa della crisi iniziata nel 2008 il quinquennio 2010-2015 è un
quinquennio difficile; le elezioni del 2015 sparigliano le carte; La Lega dei
Socialdemocartici Yogoslavi conserva la maggioranza ma con equilibri molto
diversi:Petar Kaiser (SPK) (Carinzia) (Lega dei Socialdemocratici Jugoslavi) ,
anche Ministro degli Esteri diventa Cancelliere Federale . Gli altri membri del
Consiglio dei Primi Ministri sono: il Ministro degli Interni Oliver Spasovski (SDSM)
(Macedonia) (LSJ) , il Ministro della Giustizia Duško Marković (DPSCG)
(Montenegro) (LSJ) , Il Ministro della Difesa Petar Đokić (SP) (Kraina Bosniaca)
(LSJ) , Il Ministro dell' Economia e dello Sviluppo Economico Nenad Čanak (LSV)
(Voivodina) (LSJ), il Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Albin Kurti
(V) (Kosovo) (LSJ),il Ministro della Pubblica Istruzione Fabrizio Radin (IDS)
(Istria)(LSJ) il Ministro della Cultura e dello Spettacolo Ljubo Bešlić (UAPH)
(Unione Agraria e Popolare Jugoslava) (Erzegovina), Il Ministro della Salute Ana
Brnabić (SNS) (Serbia) (UAPJ) , Il Ministro dell'Ambiente e delle Risorse
Agricole Andrej Plenković (HDZ) (Croazia) (UAPJ), il Ministro delle Politiche
Comunitarie Janez Janša (SDP) (Slovenia) (UAPJ), il Ministro dello Sport e delle
Politiche Sociali Šefik Džaferović (SDA) (Bosnia) (UAPJ) e il Ministro del
Turismo e delle Telecomunicazioni Roberto Dipiazza (FVG) (Venezia-Giulia)(UAPJ);
Il quinquennio che si avvia alla fine ha visto la ripresa economica e l'impegno
Internazionale della Jugoslavia per il clima e la sostenibilità, e il contrasto
a Putin e al suo neo-Imperialismo; Durante l'emergenza per il Covid-19 il
sovrano si è mostrato alla televisione mecessitando visibilmente di un taglio, e
perciò mostrando la propria vicinanza ai suoi sudditi.
Mostar, la capitale del Regno Federale di Jugoslavia
.
Sempre Tommaso ha iniziato per noi anche un'ucronia bulgara:
PoD: Il colpo di stato contro Stamboliyski in Bulgaria non riesce.
1923
Dopo il fallito colpo di stato il primo ministro Aleksandar Stamboliyski, con l'appoggio dello Zar Boris III provvede a purgare i vertici delle forze armate; Lo Zveno è costretto a trasformarsi in un vero partito.
1924
Dopo aver fallito la strada del colpo di stato, l'ex-Zveno, ora ribattezzato Partito Nazionalista Bulgaro, capitalizza sull'insoddisfazione della classe dirigente. e riesce a vincere regolari elezioni ma deve allearsi proprio con il Partito Agrario; Kimon Georgiev diventa primo ministro,
Stamboliyski ministro degli Esteri.
Inizia il riarmo, ma non si crea nessun regime autoritario;
Di fatto, in Bulgaria si crea un sistema in cui il partito di Centro è un alleato indispensabile sia per la destra che la Sinistra.
1925
L'incidente di Petrich è risolto senza il ricorso alla violenza. La Bulgaria firma con la grecia un accordo di mutua difesa contro eventuali aggressioni (nella mente dei Greco-Bulgari, Turchia, Unione Sovietica e, per i Greci, l'Italia).
1926
Restaurata la democrazia in Grecia, grazie alla mediazione Bulgara.
1927
Trattato Bulgaro-Yugoslavo, con il quale la Bulgaria si impegna a interrompere i finanziamenti al VRNO in Macedonia, in cambio del rispetto della minoranza bulgara in Macedonia. Sancito anche un patto di mutua difesa.
1928
Nuova costituzione, federale e democratica, in Jugoslavia.
1929
Trattato di mutua difesa con la Romania, in chiave Anti-Ungherese e Anti-Sovietica.
Georgiev è rieletto, ma il Partito Agrario cresce.
Ripristinata la costituzione in Romania.
1930
Nasce la Piccola Alleanza fra Bulgaria, Grecia, Romania e Jugoslavia.
1932
La Cecoslovacchia aderisce alla Piccola Alleanza.
1934
Stamboliyski torna Primo Ministro, sostenuto dai Socialisti, cambia politiche sociali, ma non quella estera.
1938
La Piccola Alleanza è pronta alla Guerra se Hitler molesterà la Cecoslovacchia; L'Ungheria entra nell' Asse.
1939
Hitler oltre alla Polonia invade la Cecoslovacchia, insieme all'Ungheria, la Piccola Alleanza dichiara guerra all'Asse.
L'Ungheria è in grave difficoltà e chiama in aiuto la Germania che facilmente invade la Yugoslavia; tuttavia, Romania, Grecia e Bulgaria oppongono un inaspettata resistenza.
1940
Il Re Vittorio Emanuele III si rifiuta di acconsentire l'entrata in Guerra contro suo genero lo Zar Boris III, e Mussolini, notando la grande fatica fatta dalla Germania nei Balcani, lo usa come scusa, e resta neutrale.
1941
Nonostante i Balcani diano ancora filo da torcere Hitler invade l'URSS.
1942
Inizia la faticosa riconquista dei Balcani.
1943
l'Italia entra in guerra a fianco degli Alleati.
1945
L'Urss non può accampare diritti sui Balcani, anche se la Slovacchia diventa uno stato Comunista, come la Totalità della Germania e la Finlandia.
E poi?
.
Diamo ora la parola a Inuyasha Han'yō:
Eccovi un POD dove la
Jugoslavia non vede mai la luce. Le nazioni dell’Intesa, in primis gli USA di
Wilson, impediscono alla Serbia di espandersi verso nord, dove si formano i
nuovi stati di Slovenia, Croazia e (forse) Bosnia, più il Montenegro, che in
questo scenario non viene annesso da Belgrado. Ho un dubbio: in questo scenario
la Dalmazia verrebbe assegnata all’Italia? storicamente quel territorio era tra
quelli promessi nel Patto di Londra del 1915, ma ci fu negata perché Wilson tra
i suoi 14 punti aveva incluso la fine della diplomazia segreta. Cosa che molto
probabilmente accadrà anche in questa TL.
La Serbia ha il dente avvelenato con le potenze occidentali che le negano i
frutti della vittoria. Sorge il mito in stile italico della vittoria mutilata.
Negli anni ’20 e 30 le nazioni balcaniche si fascistizzano (Pavelic in Zagabria,
Nedic a Belgrado ecc.) e, nella primavera del ’41, si schierano spontaneamente
con l’Asse, permettendo il transito sul loro territorio delle truppe tedesche,
che vanno a soccorrere gli italiani in difficoltà in Grecia. Niente campagna di
Jugoslavia (che qui non esiste).
Dando per scontato che la guerra finisca come in HL, in questa TL l’Italia, pur
sconfitta, mantiene l’Istria e non subisce il dramma delle foibe. Le nazioni
balcaniche, tranne la Grecia, finiscono nell’orbita sovietica. L’Albania ottiene
il Kosovo dalla Serbia sconfitta. In questa TL avremo un Patto di Varsavia
affacciato sull’Adriatico, e l’Albania, accerchiata da satelliti di Mosca, non
lo abbandonerà. Vedremo navi e sottomarini sovietici a spasso per tutto il
Mediterraneo, con basi navali in Croazia e Montenegro. L’Italia, incuneata tra
NATO e PDV, avrà un ruolo strategico assai più cruciale. Negli anni ’90,
mancando la Jugoslavia, non avremmo la sopra citata guerra civile. Le nazioni
dei Balcani aderiranno tutte all’alleanza atlantica.
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William Riker tuttavia obietta:
Sai che non mi convince? A parte il fatto che l'Italia non otterrebbe mai la Dalmazia (Francia e UK hanno fatto le splendide promettendo territori non loro), fu la Francia a premere per creare una grande Jugoslavia da contrapporre all'Italia nell'Adriatico; perchè Clemenceau dovrebbe cedere a Wilson su questo punto? Non è impossibile, neh, solo la cosa va motivata meglio. Quanto alla WWII, dubito comunque che l'Italia terrebbe l'Istria, o almeno tutta fino al displuviale alpino. Si terrebbero dei referendum, piuttosto: Capodistria, Parenzo, Rovigno, Pola, Abbazia e forse anche Fiume opeterebbero per l'Italia, ma tutto il resto sarebbe aggregato agli stati balcanici, Zara inclusa (Duino è a maggioranza slovena, ma forse sarebbe scambiata con alcune città italofone dell'interno per mantenere la continuità terrioriale). Credo che Slovenia e Croazia finirebbero nella NATO, mentre Bosnia, Serbia e Montenegro nel Patto di Varsavia; la Macedonia spartita tra Albania, Grecia e Bulgaria (se Stalin non insiste per lasciarla tutta alla Serbia). Alla caduta del comunismo si potrebbe ripetere anche in questa TL il dramma della guerra civile in Bosnia-Erzegovina, per evitarla servirebbe una sua spartizione già nel 1945. Slovenia e Croazia forse membri fondatori della CEE, oppure entrano nel 1973.
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Prende la parola Alessio Mammarella:
Una prima bozza con le mie
idee su questo tema. Alla fine della I Guerra Mondiale i rappresentanti sloveni
e croati rifiutano di partecipare alla costruzione di uno stato comune con i
serbi e al tempo stesso i montenegrini diffidano dell'aspirazione serba a
inglobare il loro piccolo stato. Le potenze decidono allora di deviare le
ambizioni del Regno di Serbia in direzioni diverse: solo una parte della Bosnia
popolata da serbi e del Banato ungherese per quanto riguarda i territori
settentrionali, ma in compenso anche la metà settentrionale dell'Albania, in
modo da ottenere uno sbocco sul mare alternativo rispetto al Montenegro, e
rettifiche di confine con la Bulgaria nella regione macedone.
Ciò che resta della flotta austro-ungarica viene attribuito quasi interamente
alla nascente marina serba e viene sottoscritto l'impegno, da parte di francesi
e britannici, a collaborare per la modernizzazione e l'ampliamento del porto di
Durazzo (compresa nel territorio concesso alla Serbia).
Poiché le concessioni alla Serbia sono lesive degli interessi italiani (che a
tal proposito avevano favorito, prima della guerra, il riconoscimento di uno
stato albanese e contrastato i tentativi serbi di occupare almeno in parte il
territorio dell'Albania), viene accettata la richiesta di un protettorato
italiano sulla regione di Valona.
L'assetto dei territori popolati da croati e sloveni è oggetto di vivaci discussioni, in particolare si discute se debbano sorgere due stati separati oppure uno comune. Gli sloveni propongono la nascita di uno stato di Illiria, che dovrebbe comprendere, secondo le idee del geografo ottocentesco Kozler, anche la Carinzia abitata da tedeschi e soprattutto le regioni rivendicate dagli italiani come terre irredente. Tali idee sono però osteggiate dai rappresentanti delle potenze dell'Intesa, visto che erano idee popolari nella fazione asburgica più militarista. Il timore che uno stato sloveno indipendente potrebbe essere animato dal nazionalismo e in continua tensione con i vicini induce a preferire l'idea di uno stato comune esteso dalla Carniola all'Erzegovina, nel quale la componente preponderante sarebbe quella croata.
Il territorio dell'Illiria
Nel dopoguerra, lo stato di
sloveni e croati vive al suo interno tensioni etniche. I croati tentano di
uniformare la cultura del nuovo stato, favorendo l'uso della loro lingua. Tra
gli sloveni si diffonde il mito della "triplice oppressione" (da parte degli
italiani in Venezia Giulia, degli austriaci in Carinzia e dei croati in
Carniola) e l'opposizione degli sloveni, anche clandestina e violenta, spinge lo
stato verso una involuzione autoritaria. Si forma il movimento degli Ustascia,
ispirato al fascismo italiano. Quando gli ustascia prendono il potere, il loro
leader Pavelic si incontra con Mussolini. I due dittatori, accomunati dalla
lotta contro il terrorismo irredentista sloveno, appianano i contrasti
italo-croati sulla Dalmazia. Viene decisa la costruzione di una grande base
navale a Spalato per le marine di tutti e due i paesi e la Croazia lascia
formalmente la "Piccola Intesa" (alleanza di nazioni balcaniche proposta dalla
Francia in funzione anti-ungherese) per allearsi con l'Italia e l'Ungheria. Tra
i tre paesi viene stipulato anche un accordo militare segreto che prevede
l'intervento di croati ed italiani in Ungheria (Piano Pannonia) in caso di
aggressione sovietica a quest'ultima.
L'azione uniformatrice della dittatura croata si svolge anche in Bosnia, dove a
essere repressi sono i bosniacchi di religione musulmana. Il regime croato vieta
l'utilizzo degli abiti tradizionali islamici. In seguito alla cooperazione tra
Italia e Croazia, viene incoraggiata l'emigrazione dei bosniacchi verso le
colonie italiane di religione musulmana, la Libia, l'Eritrea e la Somalia.
Mussolini, forse a causa della sua amante bosniaca, favorisce la scalata sociale
e gli affari dei nuovi immigrati, cercando di usarli per propagandare la propria
simpatia verso i musulmani.
Nel Regno di Serbia, le tensioni etniche oppongono i serbi e gli albanesi. L'esercito e la polizia serba sono apparentemente al di sopra delle parti, ma le milizie paramilitari dei cetnici compiono impunemente massacri di albanesi. La politica italiana è ambigua, perché da una parte la Serbia è considerata uno stato rivale nell'Adriatico e quindi si considera ovvio sostenere la lotta albanese, ma dall'altra ci sono alcuni estremisti fascisti che vorrebbero agire come i cetnici per estirpare l'identità albanese anche nella parte meridionale del paese controllata dall'Italia. Alla fine Mussolini accontenta i più estremisti solo nella forma, dichiarando l'annessione del Protettorato di Valona e ribattezzandolo "Regno d'Epiro" A ciò non fa però seguito alcun cambiamento di atteggiamento verso gli albanesi, anzi il territorio controllato dagli italiani è l'unico dove gli albanesi possono vivere secondo i loro costumi e vi affluiscono profughi provenienti sia dal nord oppresso dai serbi sia dalla Ciamuria, regione sotto controllo greco dove pure vengono perseguitati.
Allo scoppio della II Guerra Mondiale, il governo serbo, preoccupato dal fatto di essere circondato da stati potenzialmente ostili (Italia, Croazia, Ungheria e Bulgaria sono tutte alleate tra loro e con la potente Germania guidata da Hitler) cerca un contatto con l'Unione Sovietica per riuscire a ottenerne la protezione. Le condizioni poste da Stalin per un accordo sono però severe: il paese dovrebbe diventare una repubblica, e il governo dovrebbe essere affidato al partito comunista serbo, che è piuttosto piccolo e privo di esponenti particolarmente carismatici. Deluso, il Re di Serbia decide di contattare la Germania ed offrirsi di collaborare con i disegni di Hitler pur di evitare un'invasione da parte dei paesi circostanti. Hitler promette che "neppure un soldato serbo sarà ucciso" e sceglie il generale Nedic come nuovo capo del governo serbo.
La bandiera di Illiria
Mussolini ordina l'invasione della Grecia ma il risultato dell'operazione, improvvisata e condotta in una stagione non favorevole, è un disastro. In seguito la Grecia viene comunque invasa con l'aiuto di rinforzi tedeschi giunti attraverso la Serbia. Il fallimento in Grecia compromette il prestigio di Mussolini, che fino alla vigilia della guerra era riuscito, da abile oratore demagogico, a vendersi come un grande leader internazionale. Per questa ragione fallisce anche il suo progetto di trasformare la vicina Croazia in un regno, da affidare a un esponente di Casa Savoia. I croati ormai considerano l'Italia un paese debole, e non vedono ragione per una operazione istituzionale del genere. Al contrario, i croati si legano in modo più stretto alla Germania.
Nonostante la promessa di Hitler di non aggredire la Serbia, il paese viene comunque sottoposto all'occupazione militare dei tedeschi, che si muovono sul suo territorio a piacimento, e deve anche partecipare a conferenze nelle quali i paesi confinanti ridiscutono la legittimità dei confini. Alla fine la Serbia deve rinunciare alle annessioni successive alla I Guerra Mondiale, a beneficio dell'Ungheria, della Bulgaria e della Croazia, che riunisce sotto la sua sovranità l'intera Bosnia. L'Italia da parte sua estende il suo controllo all'Albania settentrionale. L'umiliazione patita spinge i serbi a ribellarsi, ma questa volta a prendere le armi non sono i cetnici, che scelgono di avallare la linea collaborazionista della monarchia, ma i comunisti.
Sul finire della guerra, il regime degli ustascia viene sopraffatto dai partigiani dell'abile leader comunista Tito. Purtroppo, nelle file dei comunisti di Tito sono presenti anche molti nazionalisti sloveni. Tito li ha assoldati perché costoro erano già da tempo oppositori degli ustascia, tuttavia il loro fanatismo li rende protagonisti di drammatici eccidi di italiani nelle regioni dove le due etnie si trovano a convivere. Indipendentemente da tali fatti, che successivamente resteranno coperti da una coltre di silenzio a causa del sopraggiungere della Guerra Fredda, i confini tracciati nel 1919 non vengono rimessi in discussione visto che tanto l'Italia quanto la Croazia hanno combattuto dalla parte di Hitler.
Nonostante le richieste insistenti di Winston Churchill, l'esercito partigiano di Tito non riesce ad estendere la propria azione verso la Serbia prima dell'arrivo delle truppe sovietiche a Belgrado. Nel dopoguerra quindi la Serbia si trasforma in uno stato stalinista ortodosso, mentre la Croazia di Tito mantiene una posizione neutrale tra i blocchi e una linea di sviluppo economico originale rispetto agli altri stati socialisti. Dal punto di vista territoriale, i trattati stipulati durante la guerra sotto le istruzioni di Hitler sono considerati nulli e pertanto la Serbia recupera il controllo della Vojvodina dall'Ungheria, della Macedonia dalla Bulgaria e dell'Albania settentrionale dall'Italia. Il Montenegro resta indipendente sotto la protezione delle potenze occidentali. L'Albania (sempre ridotta alla sua parte meridionale) riconquista la piena indipendenza ma si ritrova sotto un severo regime stalinista. Quando, dopo la morte di Stalin, l'Unione Sovietica e gli altri paesi suoi alleati introducono delle riforme, l'Albania si ribella considerandoli traditori del socialismo. La ribellione albanese viene repressa con un intervento militare del Patto di Varsavia. Il piccolo paese balcanico trascorre il resto della Guerra Fredda con un governo filosovietico.
Dopo la morte di Tito il suo
erede, Tudjman adotta una linea politica maggiormente accentratrice riaccendendo
le tensioni con gli sloveni. Il fattore che più di ogni altro alimenta le
tensioni è la decisione di Tudjman di mettere fine alla politica della negazione
sui fatti del 1945 ai confini con l'Italia. Tito aveva sempre coperto le
atrocità dei suoi partigiani sloveni e dei loro complici italiani (alcuni
partigiani italiani, considerando i nazionalisti sloveni come "compagni" avevano
preferito fraintendere come "azioni antifasciste" dei crudeli episodi di pulizia
etnica e vi avevano talvolta partecipato). Tudjman, incontrando il Presidente
italiano Cossiga, gli assicura che le autorità croate apriranno gli archivi e
processeranno coloro che risultano responsabili di crimini, se ancora in vita.
Le tensioni alimentate da Tudjman conducono alla dichiarazione di indipendenza
della Slovenia, che Tudjman accetta, nella convinzione che una separazione
pacifica aiuterà la Croazia a non avere i problemi di dissidenza violenta avuti
in passato ed a dimostrarsi abbastanza democratica da essere ammessa nella
Comunità Europea.
In Serbia, alla fine della
Guerra Fredda il regime si trova a un bivio. Da una parte, una fazione che
vorrebbe un veloce avvicinamento all'occidente, e propone addirittura di
ripristinare la monarchia scegliendo come sovrano il Re del Montenegro, in modo
da unirsi con un paese che è già occidentale (il Montenegro progetta di entrare
nella Comunità Europea nel 1995). L'altra fazione più populista, è quella
guidata da Milosevic. Anche questa seconda fazione propugna l'unione con il
Montenegro, ma come federazione nella quale i serbi dovrebbero essere
naturalmente egemoni.
Milosevic prevale e successivamente le tensioni tra Serbia e Montenegro sfociano
in un breve intervento militare della NATO, che viene giustificato con la
necessità di prevenire un'invasione armata serba ai danni del paese vicino.
Dopo i bombardamenti NATO su Belgrado e la caduta di Milosevic, vari territori del sud della Serbia le minoranze insorgono. Albanesi e slavi macedoni reclamano l'indipendenza e l'istituzione di un nuovo stato libero dal dispotismo serbo. Come capitale del nuovo stato viene scelta Skopje, città dove le due etnie ribelli al dominio serbo sono praticamente paritarie. Sul nome del nuovo stato ci sono varie tesi, ma alla fine si decide di scartare sia il nome Kosovo sia il nome Macedonia, perché ambedue i termini sembrano idonei a indicare solo una parte del territorio. Viene infine scelto il più generico nome Dardania, molto gradito in particolare alla popolazione di etnia albanese.
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C'è anche l'ucronia albanese di Federico Sangalli:
Avni Rustemi non viene assassinato nel 1924 ed è Zogu a lasciarci le penne al suo posto. In HL la crisi postbellica si tradusse in Albania in una lunga lotta tra le forze di sinistra basate sul ceto contadino e i latifondisti conservatori di Ahmed Zogu. Nel 1922 Zogu si impone come Primo Ministro e la lotta tra le due fazioni subì un escalation: nel 1923 Zogu rimase ferito in un tentativo di assassinio, nel 1924 ne subì un altro. Lo stesso anno gli zogisti risposero assassinando Rustemi, giovanissimo (28 anni) esponente di punta dell'opposizione, molto popolare per aver personalmente assassinato un generale ottomano che opprimeva gli albanesi durante la Grande Guerra. Il suo omicidio scatenò una rivolta (Rivoluzione di Giugno), che cacciò Zogu e portó Noli al potere. Zogu però ottenne l'appoggio degli iugoslavi, arruolò un esercito di mercenari tra gli esuli russi bianchi e marciò su Tirana, riuscendo a riprendersi il potere, per poi proclamarsi Re.
Ma se Zogu viene assassinato nel 1923/1924? Gli zogisti sono sconfitti e dispersi, mentre Noli, Rustemi, Luigi Gurakuqi, Bajran Curri e Suleajman Delvina portano l'opposizione al potere. Rustemi diventa Primo Ministro al posto di Noli, al quale invece è poi offerto il meno impegnativo incarico di Presidente. L'Albania si modernizza coltivando in alleanza con l'Inghilterra per tenere a bada le mire greche, italiane e iugoslave. Nel 1938, subito dopo Monaco, Mussolini invade il paese davanti alle resistenze di Tirana alle sue mire: Rustemi e Noli fuggono a Londra dove formano un Governo in Esilio come già fatto dal Negus d'Etiopia. Ali Këlcyra, amico di giovinezza di Rustemi, fonda il Balli Kombëtar (Fronte Nazionale) che guida la resistenza. Alla fine della guerra Rustemi torna a Tirana da eroe dopo un'insurrezione generale: Hoxha si oppone con forza, ma rifiuta l'aiuto di Tito, condizionato all'annessione dell'Albania come repubblica iugoslava, ed è dunque impossibilitato materialmente a insorgere. Se lo fa farà la fine dei comunisti greci. Dopo la rottura tra Tito e Stalin Tirana cade nelle retrovie della Guerra Fredda e rimane piuttosto tranquilla. L'Albania entra nella NATO e poi nel 1975 nella CEE (la Grecia avrebbe dovuto entrare allora, come deciso nel 1961, ma poi il golpe congelò tutto). Nel 1998 l'Albania, col suo esercito piccolo ma addestrato ed armato in mezzo secolo di appartenenza NATO, si oppone a muso duro alla pulizia etnica di Milosevic in Kossovo: il dittatore serbo attacca le forze albanesi accusandole di spalleggiare i guerriglieri kossovari. Tirana invoca l'Articolo 5 e scatena l'ira atlantica su Belgrado, anche se Milosevic viene rovesciato prima di un'invasione vera e propria. Dopo il ritiro serbo Kossovo e Macedonia Occidentale votano per aderire all'Albania, attirati dai ricchi e progrediti fratelli di Tirana che sono stati per decenni metro di paragone oltre Cortina.
Presidenti dell'Albania:
1 Theofan Noli 1925-1950 Indipendente/Partito Popolare
2 Avni Rustemi 1950-1960 Fronte Nazionale
3 Abaz Kupi 1960-1970 Fronte Nazionale
4 Hasan Dosti 1970-1980 Fronte Nazionale
5 Rexhep Krasniqi 1980-1990 Fronte Nazionale
6 Aleksander Meksi 1990-2000 Fronte Nazionale
7 Sali Berisha 2000-2010 Fronte Nazionale
8 Fatos Nano 2010-2020 Partito Socialista
9 Arta Ade 2020-... Partito Socialista
Primi
Ministri dell'Albania:
Avni Rustemi 1924-1950 Patria/Fronte Nazionale
Hasan Dosti 1950-1970 Fronte Nazionale
Rexhep Krasniqi 1970-1980 Fronte Nazionale
Victor Dosti 1980-1996 Fronte Nazionale
Sali Berisha 1996-2000 Fronte Nazionale
Fatmir Mediu 2000-2011 Fronte Nazionale
Edi Rama 2011-... Partito Socialista
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Generalissimus ha invece tradotto per noi questa ucronia:
E se la Russia fosse diventata Fascista?
Oggi ci chiederemo: e se la
Russia diventasse Fascista? Di fatto la Russia era in bilico fra due esiti
importanti nel mezzo della Guerra Civile Russa: da una parte c’erano i Rossi, i
Bolscevichi, spalleggiati da alcuni gruppi di sinistra che provavano simpatie
per loro, dall’altra c’era l’Armata Bianca sotto il comando unificato del
Comandante Supremo Ammiraglio Aleksandr Kolčak, un monarchico nazionalista russo
con vedute xenofobe sull’occidente e in generale su tutto quello che non fosse
slavo.
Kolčak non era un politico, né un uomo socievole, egli stesso si descriveva come
a disagio nell’avere a che fare con le persone, Kolčak era semplicemente un
ammiraglio della marina e poco più, cosa che lo rendeva una pessima scelta per
la posizione di Comandante Supremo dell’Armata Bianca.
Il nazionalismo russo e le scarse capacità di comunicazione di Kolčak gli
costarono ogni possibile alleato a portata di mano, dalle Legioni Cecoslovacche
alla Finlandia, dall’Inghilterra agli Stati Uniti, e persino i suoi colleghi
generali dell’Armata Bianca, solo che Kolčak non era un generale.
Ancora una volta, Kolčak non era un combattente di terra, era un ammiraglio
della marina, e perciò delegava le sue tattiche ai generali suoi sottoposti, che
dovevano tentare di tradurre i suoi ordini in tattiche terrestri.
Tutto quello che Kolčak aveva
dalla sua parte era una determinazione incrollabile a servire e salvare la
Russia dalla minaccia Rossa.
Tutto quello che pensava e faceva era rivolto alla Russia, e anche se egli
stesso si considerava inadatto alla posizione, era una posizione che aveva
assunto sapendo che non c’erano alternative migliori, e con la speranza che i
suoi sforzi sarebbero bastati a rivendicare la madrepatria.
Sfortunatamente Kolčak venne tradito dalle Legioni Cecoslovacche, che avevano
occupato una sezione della Ferrovia Transiberiana.
Gli promisero un passaggio sicuro per unirsi agli alleati inglesi, ma invece lo
consegnarono all’Armata Rossa, che lo giustiziò prontamente in seguito ad un
processo spettacolo.
Senza Kolčak l’Armata Bianca, che con lui era perlomeno vagamente collegata, si
separò in numerosi segmenti che vennero rapidamente distrutti dalle forze di
Lenin e Trockij, portando la Russia sotto la bandiera rossa per diversi decenni
a venire.
Ma se tutto questo cambiasse? E se Kolčak fosse semplicemente un migliore
negoziatore, qualcuno che riuscisse ad attrarre le risorse che ha a
disposizione, e non uno che allontani preziosi alleati necessari, così come una
voce che possa unire in maniera più coesa le fazioni dell’Armata Bianca in una
forza con un solo obiettivo? La reputazione di Kolčak di sciovinista russo
potrebbe ancora perseguitarlo, ma per questo scenario, oltre alle sue abilità
diplomatiche migliori, non ché come loro sottoprodotto, faremo sì che quando
assumerà la posizione di Comandante Supremo della Russia, Kolčak pronuncerà un
discorso travolgente ed entusiasmante, uno nel quale riconoscerà la sua mancanza
di esperienza come generale e dove rammenterà che è un uomo poco piacevole, ma
nel quale rievocherà alle fazioni dell’Armata Bianca e ai suoi alleati nel mondo
cosa c’è in gioco e perché ha assunto questa posizione che non è adatta a lui ma
che nessuno era meglio qualificato a occupare.
Sono in bilico il cuore e il futuro della Russia, una nazione che ama e per la
quale farà l’impossibile per proteggerla a qualsiasi costo dai Comunisti e da
coloro che vogliono mandare in disgrazia il corpo della nazione e derubare il
suo popolo.
Una forza che non si fermerà alla Russia e abbatterà nazione dopo nazione.
“Proteggete la Madre Russia! Proteggete la madrepatria!” Una frase che toccherà
i cuori degli uomini di tutta Europa perché prestino le loro braccia a questo
sforzo e pongano fine una volta per tutte alla guerra.
Kolčak era più che disposto a far marciare le sue truppe in dure condizioni e
poteva facilmente infervorare lo spirito combattivo in loro tramite il semplice
esempio, non aspettandosi dalle sue truppe nulla di più di quello che si
aspettava da sé stesso, e lui era pronto a fare assolutamente qualsiasi cosa per
la Russia, una spavalderia che sicuramente lo renderebbe una forza con cui fare
i conti, soprattutto una volta che avrebbe collegato l’Armata Bianca in una
forza unitaria e che si sarà guadagnato il sostegno di Polacchi, Finlandesi e
Cecoslovacchi e le risorse fornite da Stati Uniti e Gran Bretagna.
Arrivato l’inverno russo, Kolčak ordinò un’inaspettata offensiva da est e ovest
per convergere sulle roccaforti Comuniste.
Storicamente questa fu l’avanzata più grande di Kolčak contro i Bolscevichi, ma
questa avanzata scomparve assieme alla neve.
In questa TL alternativa le cose cambiano, alla fine di Dicembre del 1918, solo
un anno dopo il suo inizio, la guerra arriverà ad una fine.
Kolčak verrà celebrato come il salvatore della Russia, guadagnandosi il suo
seggio di Comandante Supremo, mentre i Comunisti scapperanno il più lontano
possibile.
Molti verranno catturati nelle retate dell’Armata Bianca, e gli verrà concesso
lo stesso trattamento che hanno riservato ai loro prigionieri.
Kolčak, dopo degli incontri con l’Inghilterra e la Francia, e dopo aver
riconosciuto la sovranità di Polonia, Finlandia e Cecoslovacchia, si concentrerà
sul ripulire la Russia dai resti Bolscevichi per creare una nazione russa per il
popolo russo.
Al suo fianco otterrà influenza il monarchico Barone von Ungern-Sternberg, che
sradicherà di persona i rimanenti guerriglieri Comunisti e diventerà il generale
a capo dell’esercito russo.
Kolčak darà il via ad un periodo di risveglio nazionale, ed espellerà le
istituzioni occidentali che penserà stiano inquinando le menti dei giovani russi
con ideali Comunisti.
Limiterà anche il commercio con le nazioni occidentali, inclusi gli alleati Gran
Bretagna, Francia e Stati Uniti, facendo eccezione solo per le importazioni di
armi, risorse naturali e cibo, una cosa che ostacolerà lo sviluppo della Russia
in molti campi eccetto quello militare, ma aiuterà a mantenere un’identità russa
libera dall’influenza occidentale.
Inizieranno dei progetti di industrializzazione, ma il loro progresso sarà molto
più lento rispetto alla nostra TL, non raggiungendo quello che ottennero i
Sovietici per ancora un altro decennio, ma i miglioramenti nella produzione dei
raccolti e nella coltivazione della terra impediranno le carestie che afflissero
la Russia sotto il dominio sovietico, il che significa anche niente
collettivizzazione dei raccolti, niente rivolte contadine e niente Holodomor.
Questo significa che l’Ucraina avrà una popolazione più grande, e quindi ci sarà
più nazionalismo ucraino, il che potrebbe portare a lunghe scaramucce tra Kolčak
e l’Ucraina, o forse ad una situazione che potrebbe essere risolta
automaticamente concedendo maggiore autonomia all’Ucraina per evitare un
conflitto non necessario, ma questo è uno scenario ottimistico e l’esercito di
Kolčak potrebbe benissimo utilizzare ogni mezzo necessario per tenere in riga
gli Ucraini, anche se questo vorrà dire occupazione continua della regione e
maggiori sforzi di russificazione in tutto il nuovo stato russo.
I sopravvissuti del vecchio fronte Rosso emigreranno nella Germania postbellica,
cercando l’opportunità di unirsi alla Lega di Spartaco, un fronte Comunista
guidato da Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg.
Questa crescita numerica contribuirà ad una Rivolta Spartachista più grande che
conquisterà per breve tempo Berlino alla maniera della Comune di Parigi, ma che
verrà comunque schiacciata dal governo e dei Corpi Franchi anticomunisti.
La rivolta toglierà la vita ai leader del partito Liebknecht e Luxemburg, ma al
loro posto ascenderà l’emigrato Trockij.
A Trockij l’atmosfera della Repubblica di Weimar evocava ricordi della Russia
post-rivoluzionaria, e questo lo rassicurerà che il suolo tedesco è pronto per
la conversione totale al Comunismo, ma la sinistra politica in Germania stava
già tenendo la porta aperta per questo, e non ci sarà bisogno di sfondarla con
una rivoluzione violenta, saranno necessarie solo manovre politiche e appelli
sociali.
Trockij perciò rinominerà semplicemente Partito Comunista di Germania la Lega di
Spartaco, una cosa che nella nostra TL Rosa Luxemburg aveva essenzialmente già
fatto, spostando il partito in una direzione più Trockista e iniziando a
riallacciare i legami col Partito Socialdemocratico di Germania al governo.
Trockij ambirà a far arrivare al potere più membri della sua fazione per far sì
che la Germania svolti completamente verso il Comunismo palmo a palmo e giorno
per giorno.
Nell’Estremo Oriente Russo esistono ancora sacche di insorti Comunisti e città
completamente occupate da esse.
In precedenza a queste dava la caccia il Generale von Ungern-Sternberg, ma
adesso la sua attenzione è concentrata ad ovest, dove c’è più bisogno di lui e
dove rimane la massa della popolazione russa.
Questo significa condizioni in stile sovietico per le povere anime accerchiate
dai resti Bolscevichi.
Tra queste c’è un giovane uomo che vive nella città occupata dai Sovietici di
Blagoveščensk: all’epoca solo 14enne, Konstantin Rodzaeveskij è rimasto fuori
dal caldo abbraccio del restaurato Impero Russo.
Venendo a sapere quante persone sono fuggite ad occidente e sentitisi
abbandonati dalla leadership russa, lui e la sua famiglia si sono rifugiati tra
i Comunisti, sopportando il loro trattamento fino all’età di 18 anni, quando
fuggirà in Manciuria per studiare nella città di Harbin, e sarà nella facoltà di
legge di quella università che si imbatterà nel gruppo antibolscevico
dell’Organizzazione Fascista Panrussa.
Tornando in Germania, troviamo una nazione che sta subendo tranquillamente la
trasformazione in uno stato sovietico.
Il cittadino medio va avanti inconsapevole di questo mentre la tensione sale
gradualmente, ma ogni azione scatena una reazione, perciò dalla clandestinità
emergerà il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori come movimento per
contrastare la crescente presenza Comunista nel governo, che potrebbe prendere
il potere molto presto.
Questi due schieramenti faranno cambiare le opinioni della cittadinanza tedesca,
ed entro l’inizio degli anni ’30 si divideranno la nazione tra l’est Nazista e
il nordovest Comunista, che, quando arriverà il giorno, si rifiuterà di
riconoscere l’autorità di Hitler come cancelliere e minaccerà la secessione,
cosa che porterà ad una piccola rivolta che ancora una volta espellerà i
Comunisti e li caccerà in Belgio e Francia, dove alla fine troveranno le
condizioni necessarie per creare un’unione Comunista sulla scia della rivolta
dei lavoratori del 1936.
Trockij, collaborando col leader della maggioranza Léon Blum, finalmente vedrà
realizzate le sua ambizioni Comuniste dopo essere stato cacciato da due paesi.
Ovviamente la Germania segue la sua tipica traiettoria della nostra TL, ma dopo
aver annesso l’Austria e occupato la Cecoslovacchia, Hitler sarà costretto ad
affrontare solo l’Inghilterra per le sue azioni, dato che la Francia Comunista
non sarà esattamente in buoni rapporti con l’Inghilterra.
In questa TL, invece del semplice appeasement che gli è stato concesso nella
nostra TL, Hitler usa la Francia diventata Comunista come merce di scambio per
stabilire delle relazioni più strette con il Regno Unito, così che possano
penalizzare insieme il governo Blum in Francia.
In cambio prometterà di non intraprendere ulteriori azioni militari, ma avrà
ancora come obiettivo la vecchia città di Danzica, ora occupata dalla Polonia.
Come nella nostra TL ci saranno dei negoziati per quel territorio e offerte di
acquisto da parte del governo tedesco, ma la Polonia li rifiuterà.
Kolčak, essendo l’antioccidentale che è, probabilmente non sosterrà Hitler e
un’invasione congiunta della Polonia, il che vuol dire che per adesso non ci
sarà nessuna invasione della Polonia, dato che l’invasione congiunta fu un mezzo
sia per impedire lo scontro che per costringere la Gran Bretagna a dichiarare
guerra a entrambi, non solo alla Germania, anche se questo non accadde.
Alla fine la Germania non invade la Polonia e blocca i negoziati per Danzica,
alzando la tensione fra entrambi i paesi.
La Germania forse aspetterà che la Polonia sferri il primo pugno, così che
Hitler possa giustificare la conquista di territorio polacco senza essere
accusato di aggressione.
Tornando ad est, Kolčak ha fatto bene nel migliorare la vita nella Russia
occidentale, anche se al costo di peggiori relazioni internazionali per via
delle sue vedute xenofobe e del rifiuto di piegarsi ai desideri delle potenze
straniere, soprattutto l’Inghilterra.
Ciononostante, Kolčak riuscirà ad ottenere la tanto necessaria
industrializzazione, creando così nuovi posti di lavoro.
Sarà anche testimone di un aumento nella produzione dei raccolti e del
ripristino di un senso di orgoglio nazionale e di comunità tra le popolazioni
regionali russe, anche se lo stesso non si può dire di coloro che si trovano
nell’Estremo Oriente, che nelle città occupate dai Sovietici sopporteranno
carestie e condizioni di lavoro ancora peggiori di quelle viste nella nostra TL.
A questo punto torniamo ancora una volta a Konstantin Rodzaeveskij, che adesso
ha creato il Partito Fascista Russo assorbendo la vecchia Organizzazione
Fascista Panrussa e reclutando circa 30.000 uomini nel suo quartier generale e
nel Manciukuò occupato dai Giapponesi.
Rodzaeveskij svilupperà una forte alleanza con i leader giapponesi, e tramite
essi terrà incontri con Adolf Hitler e Benito Mussolini.
Il Giappone manifesterà l’interesse nell’aiutare lo sviluppo di uno stato russo
Fascista alleato nella Manciuria Esterna, mentre Hitler penserà che Rodzaeveskij
potrebbe essere utile come rimpiazzo dell’attuale regime di Kolčak.
Alla fine del 1939 Rodzaeveskij mobiliterà una forza di 1000 soldati perché
siano alla testa di un’offensiva nell’Oblast’ dell’Amur occupato dai Sovietici.
Quest’offensiva sarà seguita da un assalto totale del suo esercito di 50.000
uomini per occupare la parte più sudorientale della Russia.
Il piano di Hitler sarà sostituire Kolčak con Rodzaeveskij e bloccare la Polonia
in una situazione di vulnerabilità per costringerla a cedere ogni territorio che
la Germania desidera senza il bisogno di dichiarare guerra.
Ufficialmente la Germania è in pace, e questo contribuirà significativamente a
far sì che Rodzaeveskij ottenga il potere.
Saranno il Giappone e le forze Fasciste russe a dichiarare ufficialmente guerra
a Kolčak, dando il via a quella che per la Germania sarà una guerra per procura
ma per la Russia un’altra guerra civile.
Per quanto possa essere diventata prospera la Russia, sarà molto arretrata dal
punto di vista industriale, e forse non avrà le risorse necessarie per
combattere una guerra di queste dimensioni.
Fortunatamente, gli investimenti di Kolčak nella ricerca militare e
l’addestramento di von Ungern-Sternberg renderanno l’Armata Bianca russa una
forza molto capace.
La Russia affronterà anche il rovescio di essersi estraniata qualsiasi alleato
degno di nota sul quale fare affidamento, mentre anche un’instabile e aggressiva
popolazione ucraina serberà rancore contro Kolčak.
Anche se questa TL ha evitato la Seconda Guerra Mondiale, il periodo nella quale
è avvenuta vedrà comunque scoppiare alcune guerra scollegate fra di loro.
La comune francese, che ha occupato una regione della Spagna Comunista in
seguito alla Guerra Civile Spagnola, si ritroverà adesso in guerra sia con
l’Italia che con la Spagna nella Guerra Fascio-Comunista.
La Russia sarà bloccata sia nella Seconda Guerra Civile Russa che nella Seconda
Guerra Russo-Giapponese.
I Giapponesi bombarderanno comunque Pearl Harbour, il che vorrà dire l’inizio
della Guerra Nippo-Americana, ma senza la guerra in Europa per la quale produrre
armi, l’industria statunitense, anche se comunque rivitalizzata dopo Pearl
Harbour, non avrà lo slancio iniziale, e mancherà l’intelligence britannica, che
divenne necessaria a causa della guerra in Europa.
Gli Stati Uniti svilupperanno anche la bomba atomica, ma ad un ritmo più lento,
il che vuol dire che dovranno ricorrere all’Operazione Downfall, ovvero la lenta
ed estenuante campagna per occupare completamente le isole giapponesi.
.
Chiudiamo per ora con la pensata di Alessio Mammarella:
Il Regno d'Irlanda
Nome
completo: Regno d'Irlanda
Nome ufficiale: (GA) Riocht na hÉireann (EN)
Kingdom of Ireland
Lingue: irlandese (ufficiale) inglese (ufficiale)
scozzese dell'Ulster (tutelata a livello regionale)
Capitale: Dublino
Forma di governo: Monarchia parlamentare
Sovrano: Edward II (dinastia Kennedy)
Taoiseach (Capo del Governo): Micheál Martin (Bròd)
Indipendenza: 6 dicembre 1922 dal Regno Unito
Ingresso nell'ONU: 14 dicembre 1955
Ingresso nell'UE: 1º gennaio 1973
Superficie: 84.116 km²
Popolazione: 6.614.033
Nome degli abitanti: Irlandesi
Inno nazionale: Ireland's call
Fuso orario: UTC+0 (in estate UTC+1)
Valuta: Euro
Codici ISO: IE, IRL
Prefisso telefonico/TLD: +353/.ie
Sigla autom.: IRL
Il Regno d'Irlanda (inglese
Kingdom of Ireland; irlandese Riocht na hÉireann) è un Paese membro dell'Unione
europea, costituito dall'omonima isola, la seconda per estensione delle Isole
Britanniche, con una popolazione di poco più di 6,5 milioni di abitanti.
Istituzionalmente il paese è una monarchia parlamentare, e la sua capitale è la
città di Dublino, sede di Governo, Parlamento, residenza del sovrano e organi
giudiziari. La città di Belfast ospita le istituzioni del Ducato dell'Ulster,
già noto come Irlanda del Nord, che in base al Trattato di Riunificazione del
2009 ha il diritto di conservare per un massimo di 50 anni (fino al 2059) le
medesime autonomie istituzionali di cui vigenti quando faceva parte del Regno
Unito.
L'Irlanda come stato nazionale è frutto di un processo iniziato al termine della
guerra d'indipendenza irlandese (1922) con la nascita dello Stato Libero
d'Irlanda, proseguito con la trasformazione (1949) in una Repubblica Irlandese
priva di qualsiasi legame con la corona britannica, poi con il ripristino della
monarchia sotto la nuova dinastia Kennedy (1982) e infine con la riunificazione
con l'Irlanda del Nord (2009) che era rimasta fino ad allora parte del Regno
Unito.
A lungo paese di povero e di emigrazione, dagli anni '90 in poi l'Irlanda ha
conosciuto una fase di grande sviluppo economico, tanto da essere soprannominata
"tigre celtica". Il livello di sviluppo raggiunto, anche in termini di libertà
di stampa, sistema d'istruzione, libertà politica e democrazia è stato un
elemento importante per persuadere la popolazione dell'Irlanda del Nord della
convenienza di una riunificazione.
L'Irlanda è membro delle organizzazioni per la cooperazione e lo sviluppo
economico, del commercio e delle Nazioni Unite. Fa parte dell'Unione Europea sin
dal 1973.
Storia: dalle origini alla conquista inglese
Tra il V e il IV secolo a.C in Irlanda si insediarono i gaeli, una
popolazione di origine celtica. Visitata probabilmente già dai navigatori greci
e chiamata dai romani Hibernia, certamente l'isola ebbe contatti diplomatici e
commerciali con l'Impero, che tuttavia non ne intraprese mai la conquista, forse
considerando poco interessanti le risorse locali. Dopo il 400 ebbe inizio
l'opera di evangelizzazione del paese a cura dei primi missionari cristiani, tra
cui il monaco Patrizio, poi patrono dell'isola. Durante il Medioevo l'isola
divenne un importante centro per il monachesimo cristiano e numerosi missionari
irlandesi furono protagonisti dell'evangelizzazione nella isole vicine come sul
continente.
Le incursioni vichinghe solo interrotte dalla temporanea ed effimera
unificazione dell'isola sotto Brian Boru, furono il preludio all'arrivo dei
normanni. Già nel 1171 un sovrano inglese, Enrico II, conquistò buona parte
dell'isola e si proclamò "Signore d'Irlanda" trasformando il paese in uno stato
feudale normanno. La Signoria d'Irlanda ebbe comunque ben poca attenzione dai
sovrani britannici successivi, che non si curarono di completare la conquista
dell'isola né di accentrare la gestione del potere, lasciandola nelle mani di
una nobiltà normanna, in buoni rapporti con i clan locali e portata ad
assimilare la cultura originaria del paese. Nel 1541 tuttavia il sovrano inglese
Enrico VIII si proclamò Re d'Irlanda dando inizio a un periodo di dominazione
inglese più diretta e inevitabilmente più oppressiva.
Storia: il regno "britannico" d'Irlanda
Gli irlandesi furono coinvolti nelle lotte interne del regno
d'Inghilterra e pagarono cara la scelta di restare cattolici e l'adesione al
movimento giacobita. A quelle drammatiche lotte si deve la profonda
idiosincrasia delle classe dirigente inglese per gli irlandesi, l'adozione di
leggi vessatorie e l'installazione di coloni protestanti nella regione
dell'Ulster. Nel XIX secolo la sofferenza del paese raggiunse il livello
massimo: il Regno d'Irlanda fu ufficialmente unito alla corona britannica,
restringendo ulteriormente gli spazi di libertà per gli irlandesi, e una grande
carestia diede inizio alla massiccia emigrazione negli Stati Uniti e in molti
altri paesi.
Dopo tante sofferenze, iniziò il moderno movimento di emancipazione, volto
dapprima a ottenere l'autogoverno (Home Rule) e successivamente l'indipendenza.
Dopo la Grande Guerra, lo storico partito irlandese Sinn Fein proclamò
l'indipendenza del paese e la repressione britannica condusse alla guerra
d'indipendenza irlandese: il 6 dicembre 1922 nasceva finalmente lo Stato Libero
d'Irlanda (gaelico: Saorstát Éireann, inglese: Irish Free State). Il nuovo Stato
avrebbe dovuto coprire in teoria l'intera isola, ma le due parti concordarono
che l'Irlanda del Nord (già diventata nel frattempo un'entità autonoma) potesse
scegliere se rimanere sotto il Regno Unito, e così avvenne.
Lo Stato Libero aveva istituzioni proprie, ma il suo status internazionale era
ancora quello di dominion dell'Impero britannico. Troppo poco per una parte
degli indipendentisti, guidati da Éamon de Valera, che cercarono, fallendo, di
opporsi in armi agli accordi. La nuova Costituzione del 1937, la Bunreacht na
hÉireann, sostituì la denominazione di Irish Free State con quella di Éire/Ireland
e la natura di dominion della corona britannica con quella di stato
indipendente. Sebbene questa struttura costituzionale dello Stato prevedesse un
presidente invece che un re, il monarca britannico rimase ancora per qualche
anno Capo dello Stato, fino al Republic of Ireland Act entrato in vigore il 18
aprile 1949, che dichiarò l'Éire fuori dal Commonwealth e permise l'elezione del
suo primo Presidente.
Storia: la Repubblica d'Irlanda
L'Irlanda indipendente aderì alle Nazioni Unite nel 1955 e alla CEE
(ora Unione europea) nel 1973. I governi irlandesi lavorarono per una pacifica
riunificazione dell'isola e cooperavano con la Gran Bretagna per dissipare i
violenti conflitti fra i gruppi paramilitari nell'Irlanda del Nord, conosciuti
come i Troubles. Anche la prestigiosa famiglia americana dei Kennedy si adoperò
a titolo privato per favorire iniziative di pace, soprattutto dopo che Ted
Kennedy, temendo di subire la stessa sorte dei fratelli John F. e Robert, decise
di lasciare gli Stati Uniti e trasferirsi in Irlanda (1970). Diversi partiti
irlandesi cercarono di convincerlo a candidarsi ma Kennedy dichiarò sempre di
sentirsi troppo innamorato del paese per schierarsi con un qualsiasi partito
contro gli altri.
Le elezioni politiche del 1981 ebbero un esito inconcludente e neppure quelle
successive, all'inizio del 1982, furono risolutive. Nei giorni in cui i partiti
politici discutevano di un eventuale ricorso a ulteriori elezioni, il Presidente
Patrick Hillery morì in un tragico incidente stradale. Rimasti improvvisamente
privi di un arbitro, e incapaci di disegnarne uno nuovo in modo concorde, i
partiti sembravano avviati a deliberare nuove elezioni presidenziali e in
seguito nuove elezioni parlamentari. Tuttavia l'esasperazione popolare per una
politica bloccata e inconcludente nel corso di una dura crisi economica sfociò
in manifestazioni popolari ampie e violente.
In quei giorni l'Irlanda indipendente appariva più caotica e sofferente della
problematica Irlanda del Nord e Margareth Thatcher, primo ministro britannico,
si lasciò andare a una dichiarazione sprezzante sul paese ("Deprived of the
guidance of an authoritative monarch, the quarrelsome and inconclusive Irish are
proving the reasons for their underdevelopment"). Dopo questa umiliazione i due
principali politici irlandesi, Fianna Fail e Fine Gael, svoltarono verso una
inedita coesione e pur di riuscire a coinvolgere Ted Kennedy nelle istituzioni,
decisero di proporgli di diventare non Presidente per qualche anno, bensì
sovrano del paese per sempre.
Formato un governo di coalizione, i due partiti diedero inizio immediatamente a
un progetto di riforma della costituzione in senso monarchico, che contemplava
anche una revisione della bandiera. La procedura fu incredibilmente rapida,
tanto che Edward I veniva incoronato come Re d'Irlanda il 6 dicembre 1982 in
occasione del sessantesimo anniversario dalla nascita dello Stato Libero
d'Irlanda.
Storia: il nuovo Regno d'Irlanda e la riunificazione
La stabilità politica dovuta all'alleanza tra Fianna Fail e Fine Gael
unita a una serie di fortunate riforme, consentirono uno sviluppo economico
particolarmente brillante, che fruttò al paese il nomignolo di tigre celtica. La
monarchia Kennedy divenne molto popolare, in patria e all'estero e il matrimonio
dell'erede al trono, il principe Edward, con la principessa Stefania di Monaco
stabilì un record come evento mondano più seguito dai media per molti anni.
Nella seconda metà degli anni '90, complice anche la fine della Guerra Fredda,
l'IRA e altri gruppi terroristici conobbero una fase di declino e ciò rese
possibile un accordo di pace per l'Irlanda del Nord, conosciuto come Good Friday
Agreement o Accordo di Belfast.
Negli anni successivi, Edoardo I continuò con tenacia a insistere nella
riconciliazione tra unionisti e nazionalisti, convinto che fosse possibile
spingersi ancora più avanti. Ormai punto di riferimento per tutti gli irlandesi,
indipendentemente dalla loro origine etnica e confessione religiosa, era già
gravemente malato nel 2008, quando incontrò a Belfast il presidente degli Stati
Uniti, Barack Obama, e Carlo, Principe di Galles per imprimere una svolta al
processo di riunificazione. Sfortunatamente, non fece in tempo a vedere
realizzato il frutto dei suoi sforzi: morì l'anno successivo, alla vigilia del
referendum che sancì il via libera alla riunificazione, con elevati consensi
anche in aree dell'Ulster di salda tradizione unionista.
Il Trattato di Riunificazione, stipulato pochi mesi dopo, prevedeva il
trasferimento dell'Irlanda del Nord sotto la sovranità irlandese, con il
subentro delle istituzioni irlandesi in tutti i poteri, le funzioni e le
responsabilità prima esercitate da quelle del Regno Unito. L'Irlanda del Nord,
venne ribattezzata come "Ducato dell'Ulster" ma ottenne il diritto di
conservare, per 50 anni, le forme di organizzazione istituzionali esistenti. Nel
2012 il principe Patrick, fratello di Re Edoardo II, sposò a Belfast Zara
Phillips, nipote di Elisabetta II. In occasione del matrimonio, Edward II
conferì ai coniugi il titolo di Duca e Duchessa di Ulster.
Istituzioni
L'Irlanda è una monarchia parlamentare dal 1982. Il primo sovrano,
Edward I, è stato scelto direttamente dal Parlamento. Alla sua morte, la corona
sarebbe spettata alla figlia primogenita Kara, che ha tuttavia rinunciato
volontariamente alla corona in favore del fratello, salito poi al trono come
Edward II. Il sovrano (Ri na hlÉireann) rappresenta l'unità nazionale ed è
tenuto a vigilare sulla conservazione della memoria storica e sul rispetto delle
tradizioni popolari degli irlandesi di ogni origine, lingua e confessione.
Come Capo dello Stato, nomina i senatori e indìce le elezioni per il Dàil, la
camera bassa del Parlamento, e i referendum. Nomina il Taoiseach, capo del
Governo, normalmente il leader del partito che ha ottenuto il maggior numero di
seggi nelle elezioni politiche. Il Governo (Án Rialtas) presieduto dal Taoiseach,
è costituzionalmente limitato a 15 membri. Il Parlamento bicamerale, detto
Oireachtas, è formato dal Senato, Seanad Éireann, e dalla Camera dei
Rappresentanti, Dáil Éireann.
Il Senato è quella tra le due camere che ha subito le maggiori modifiche nel
passaggio dall'ordinamento repubblicano a quello monarchico e poi con l'ultima
revisione costituzionale. I suoi 64 membri sono nominati dal sovrano in numero
di due per ciascuna delle contee tradizionali, indipendentemente dalla
corrispondenza delle medesime con le circoscrizioni di governo locale. I
requisiti per la nomina a senatore sono piuttosto ristretti ed attengono a
titoli di studio, età ed esperienza al servizio dello Stato.
Il Dàil o Camera è invece eletto a suffragio universale e sono eleggibili tutti
coloro che hanno raggiunto la maggiore età. I seggi attualmente previsti sono
256, e vengono attribuiti con un tipico sistema elettorale, il voto singolo
trasferibile ideato da Hare, che associa la scelta ordinale dei candidati a
un'alta proporzionalità. Gli irlandesi apprezzano molto questo sistema
elettorale: ne è la prova il fallimento di due referendum per modificarlo.
Inoltre i critici del plurality inglese lo propongono spesso come alternativa
più rispondente al sistema partitico del Regno Unito.
Il processo di formazione delle leggi è gestito dalla Camera, che è
autosufficiente dall'iniziativa all'approvazione finale, salvo che per le leggi
di rango costituzionale e per altri casi particolari indicati nella
costituzione, per i quali è necessaria la consultazione del Senato. La Camera
gestisce in esclusiva il rapporto fiduciario con il Governo, la cui eventuale
rimozione è disciplinata dal meccanismo della sfiducia costruttiva. Il Senato
provvede alla nomina di vari funzionari pubblici indipendenti dal Governo,
esamina le richieste di grazia presentate al sovrano e può disporre inchieste su
materie di pubblico interesse con poteri equivalenti a quelli dell'autorità
giudiziaria.
Il territorio del Regno è diviso in distretti. Nella maggior parte dei casi, i
distretti coincidono con le contee tradizionali, le limitate differenze in
termini di circoscrizione territoriale dipendono essenzialmente dal cambiamento
di distribuzione della popolazione dovuto alla moderna urbanizzazione. I
distretti sono a loro volta divisi in municipalità. Tanto i distretti quanto le
municipalità sono dotati di assemblee democraticamente elette.
Il Ducato dell'Ulster, nuovo nome dell'entità precedentemente nota come Irlanda
del Nord, dispone di istituzioni proprie, con organizzazione, funzioni e
procedure che fino al 2059 non possono essere modificate senza il consenso di
queste ultime, secondo un protocollo procedurale allegato alla costituzione
irlandese.
Bandiera e altri simboli nazionali
La bandiera del Regno d'Irlanda è basata sul tricolore della
preesistente Repubblica d'Irlanda, con l'aggiunta dello stemma della dinastia
Kennedy nella zona centrale bianca e di tre parole iscritte sotto lo stemma. Per
quanto riguarda i colori, essi rappresentano la popolazione irlandese gaelica e
cattolica (verde) e quella anglosassone e protestante (arancio), mentre il
bianco simboleggia la pace e l'unione tra le due. Lo stemma della famiglia
Kennedy è quello che fu donato a John F. Kennedy dall'allora Repubblica
d'Irlanda e si richiama all'effettivo lignaggio della famiglia, discendente di
uno dei fratelli dell'eroe medievale Brian Boru.
Le tre parole hanno una doppia chiave di interpretazione. A livello linguistico,
esse sono una in gaelico irlandese, una in latino e una in inglese. Da questo
punto di vista, corrispondono esattamente ai tre colori della bandiera. Per
quanto attiene al significato, fanno riferimento a quelli che dovrebbero essere
i riferimenti ideali della società e delle istituzioni irlandesi: orgoglio, pace
e prosperità.
Altri simboli dell'Irlanda sono l'arpa, che viene utilizzata come simbolo di
numerose istituzioni statali, e il trifoglio irlandese.
L'inno nazionale dell'Irlanda indipendente è stato per molti anni Amhrán na
bhFiann (la canzone del soldato). Poiché l'intenzione delle moderne istituzioni
irlandesi è quella di cercare quanto più possibile il riconoscimento e
l'inclusione degli unionisti nella comunità nazionale, si è deciso di
accantonare un inno che richiama la guerra d'indipendenza.
Come nuovo inno è stata scelta la canzone Ireland's Call, già ampiamente nota
perché usata in occasione delle partite della nazionale di rugby e di altre che
già rappresentavano tutta l'isola quando l'Irlanda del Nord era ancora parte del
Regno Unito.
La festa nazionale dell'Irlanda cade il 17 marzo (Festa di S. Patrizio),
tuttavia in tempi recenti si è pensato di stabilire anche una data laica, in
aggiunta a una data che è fondamentalmente cristiana. E' stato in particolare il
Green Party a sollevare la questione.
Partiti politici
Il sistema politico irlandese, molto frammentato in epoca
repubblicana, è andato consolidandosi con l'affermazione di due partiti
maggiori. Attualmente ci sono 5 partiti rappresentati nel Dàil, e 4 di essi
hanno anche eletto dei rappresentanti al Parlamento Europeo.
Bròd (orgoglio) è un partito di centrodestra, che deriva dall'unione degli
storici partiti Fianna Fail (nazionalista/conservatore) e Fine Gael
(centrista/liberale). Il partito è profondamente inserito nelle istituzioni
irlandesi, vi appartenevano i principali autori della costituzione irlandese del
1982 e della sua revisione del 2009. La proposta politica di Bròd si basa sul
liberismo economico, abbinato a una politica estera europeista e moderatamente
atlantica, pur nel rispetto della neutralità del paese. Sulle questioni sociali
il partito tende a lasciare ai propri membri libertà di coscienza, poiché in
quei casi tendono ad emergere le differenze di sensibilità delle due famiglie
politiche originarie.
Together è un partito di tendenza socialdemocratica che deriva dalla
trasformazione subita dallo Sinn Fein, partito nazionalista intransigente, dopo
l'avvenuta riunificazione. Negli anni Together si è fuso con altri partiti di
sinistra, in particolare il partito laburista, gravemente indebolito dalla
scelta del suo occasionale alleato Fine Gael di unirsi al Fianna Fail e con
l'affermarsi del "pensiero unico" liberista. Together, nonostante il notevole
peso elettorale, non è mai riuscito a battere il Bròd a livello nazionale e
gestisce esclusivamente amministrazioni di livello locale. Del partito
originario, lo Sinn Fein, Together conserva tendenze populiste, terzomondiste ed
euroscettiche.
Il Green Party è un partito in crescita e molto amato dalle fasce più giovani
della popolazione. E' stato negli ultimi anni ago della bilancia tra i partiti
maggiori, e attualmente i verdi partecipano al governo in coalizione con il Bròd.
I verdi si descrivono come alternativa di sinistra maggiormente moderna ed
europeista rispetto a Together.
L'Ulster Party è un raggruppamento comprendente gli unionisti protestanti che
nell'Assemblea dell'Ulster appartengono a formazioni diverse. Malgrado l'intento
di formare un fronte compatto a livello nazionale, in varie occasioni gli
esponenti dell'UP hanno votato in modo disgiunto, schierandosi con la
maggioranza o l'opposizione.
Saoirse Nàisiùnta, formazione di estrema destra cattolica, ha una visione
conservatrice in ambito sociale e restrittiva in materia di immigrazione. Si
tratta di un partito decisamente marginale, che in modo discontinuo riesce ad
eleggere una minima rappresentanza a livello nazionale e che generalmente non
riesce ad accedere al Parlamento Europeo.
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Se volete farci sapere che ne pensate, scriveteci a questo indirizzo.