FantaPangea!

In questo sito di solito uno lancia un'idea per una nuova ucronia o per un'utopia, ma a volte succede che l'idea abortisca sul nascere per i più svariati motivi. Ecco un esempio di discussione che è passata attraverso questo meccanismo, ma poi è stata recuperata in una nuova ucronia. Il progetto è stato lanciato dal Marziano in questi termini:

"(...) Per ora mi limito a lanciare uno spunto, dello stesso tipo di quello dell'Ucropa di Tony, e cioè utopico nel senso di Fanta-Geografico. E SE LA PANGEA NON SI FOSSE MAI DIVISA?
Se la Pangea avesse "perso" solo qualche isoletta, ma, in definitiva, il grosso delle  terre emerse fosse rimasto contiguo? Magari anche con mari interni, ma senza grossi oceani. Come sarebbe stata la storia del mondo, senza la necessità di grandi navigazioni e/o di significative scoperte geografiche?
Che ve ne sembra?"

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Ed ecco la risposta di William Riker:

Interessante. Però, ahimé ahimé, la Pangea NON poteva NON dividersi. Vedi, io sono insegnante di fisica e la fisica, su questo pianeta, può spiegare (quasi) tutto. Supponiamo dunque che la subduzione degli oceani porti questi ultimi a chiudersi e a costruire un unico supercontinente. E' successo così attorno a 350 milioni di anni fa, quando si chiusero l'oceano Reico (che divideva Laurenzia e Gondwana) e l'oceano Giapeto (che divideva Laurenzia e Sinorussia) con la nascita degli Urali e degli Appalachi, e si formò la Pangea.

Anzitutto però la Pangea NON era un unico supercontinente, cioè una distesa di terre asciutte che si estendeva per ventimila Km da un capo all'altro della Terra. I continenti precedenti non avevano coste che combaciavano perfettamente, e così all'interno della Pangea restarono isolati dei "pezzi" di oceano, mentre alcune terre sprofondavano, e così buona parte della Pangea era coperta da mari poco profondi, costituiti da crosta continentale (rocce granitiche) ricoperte dal mare (l'oceano invece ha un fondale basaltico), detti "mari epicontinentali". Oggi il Mar Rosso è uno di questi mari epicontinentali e separa in maniera efficace l'Africa dall'Asia, impedendo loro di saldarsi (tant'è vero che Mosè dovette ricorrere alla celebre "raccomandazione" dall'Alto per riuscire a varcarlo) :-))

Perciò la Pangea era comunque attraversata da mari talvolta larghi come il Mediterraneo occidentale. Per esempio a quei tempi l'Italia era una serie di atolli corallini simili alle attuali Maldive, che si aprivano nel mare Tetide, grande golfo tra Gondwana e Laurasia che si chiuse nell'era Cenozoica, ed oggi l'unica porzione che ne sopravvive era il Mediterraneo.

Ma torniamo alla tua questione. Quando tutti i continenti si riuniscono per effetto della subduzione, facendo nascere tra l'altro catene montuose altissime, succede che essi fanno da "velo" al mantello terrestre, che come si sa è molto caldo e allo stato fluido. Le rocce granitiche hanno una conducibilità termica assai più bassa di quelle basaltiche, cioè sono migliori isolanti. Quindi il mantello sotto il supercontinente si riscalda, la temperatura aumenta e con essa la pressione del magma fluido, che risale per il principio di Archimede e quindi erompe in superficie, producendo l'aprirsi di una rift valley. Il magma che emerge, unitamente ai moti convettivi nel mantello terrestre, "strappa" lateralmente le porzioni di supercontinente, e così esso torna a frantumarsi. Inevitabilmente.

Così il primo supercontinente, Ur, si frantumò tre miliardi di anni fa dando poi vita a Kenorland 2400 milioni di anni fa, che si ruppe di nuovo per il processo sopra descritto e diede vita a Columbia; questo si spaccò 1600 milioni di anni fa, ma l'estroversione delle masse continentali diede vita a Rodinia (dal russo Rodit = generare). Un miliardo di anni fa anch'esso si disgregò e dopo molte vicissitudini produsse la Pannotia (= tutto a sud), circa 500 milioni di anni fa. I suoi pezzi poi si ricomposero e diedero vita alla Pangea, che infine 150 milioni di anni fa si ruppe definitivamente. Ora i continenti si stanno allontanando tra di loro ma si prevede che per introversione tornino ad unirsi tra 250 milioni di anni, dando vita ad un nuovo supercontinente detto Pangea Ultima.

Come vedi la tua ucronia, purtroppo, non ha base scientifica.

Però la si potrebbe riformulare. Che sarebbe accaduto se l'uomo si fosse evoluto non oggi, ma 200 milioni di anni fa, al tempo della Pangea, o tra 250 milioni di anni, al tempo della Pangea Ultima? Come ti ho detto non si tratterebbe comunque di masse continentali continue, ma certo per l'uomo è più facile varcare il Mediterraneo che non l'Atlantico o addirittura il Pacifico (se si fa la tara all'avventura del Kontiki). Prevedo dunque un'espansione più rapida dell'uomo sul pianeta e la possibilità di costituire degli imperi non solo continentali ma addirittura mondiali.

Io ho provato anzitutto a "ricostruire" il nostro mondo "antropizzato" (lo studioso Paul Crutzen, premio Nobel per la chimica nel 1995, ha parlato addirittura di una nuova era geologica chiamata Antropocene) come se l'uomo si fosse sviluppato esattamente 200 milioni di anni fa, il che implica esattamente la nascita della vita della Terra con 200 milioni di anni di anticipo o, se preferite, di un eone Criptozoico più breve di 200 milioni di anni (l'eone Criptozoico è l'epoca lunghissima durante la quale la vita restò "nascosta" negli oceani a livello unicellulare). Di per sé questo "abbreviamento" non pone grossi problemi biologici. Ecco il risultato:

Il "nostro" mondo trasportato 200 milioni di anni fa

Si osserva come le Alpi, i Carpazi, l'Himalaya, le Montagne Rocciose, le Ande siano totalmente assenti, perchè si sarebbero sollevate solo 140 milioni di anni dopo con l'Orogenesi Alpina. Sono invece montagne altissime gli Urali (il monte Jamantan, oggi alto solo 1640 metri, toccava allora i 10.800 m!), gli Appalachi appena sollevatisi, il Mato Grosso (oggi una bassa distesa di Altopiani) e le colline del sud dell'Australia, che io ho ribattezzato con il nome di "Montagne della Follia", il che al mio amico Filobeche farà molto piacere, giacchè sono riprese dal titolo di un romanzo di Lovecraft. Di conseguenza gli Urali separano l'Europa dall'Asia, gli Appalachi l'Europa dal Nordamerica (ma qui il toponimo America non esiste, perchè Amerigo Vespucci non aveva nulla da scoprire), il Mato Grosso il Sudamerica (ma anche questo toponimo qui non esiste) dall'Africa, e i Monti della Follia isolano l'Australia dal resto della Pangea: in assenza di mari, qui i subcontinenti (e futuri continenti) sono separati da montagne altissime. Inoltre l'Antartide, come l'Artide, non esiste, poichè a quei tempi l'asse terrestre non puntava verso l'Orsa (Arktos), ed anzi questa costellazione non si era neppure ancora formata. Perciò il subcontinente più australe l'ho battezzato Notia.

Come si vede ho disegnato tre mari interni cui ho dato i nomi di eroi mitologici, e sulle cui coste si sviluppano le prime civiltà. Ci sono poi tre toponimi tolkieniani per soddisfare l'amica Eowyn: la penisola più settentrionale è chiamata Angband perchè gli uomini di questa linea temporale vi porranno la dimora di Morgoth, cioè Lucifero; il grande deserto che occupa buona parte del Gondwana è chiamato di Harad come quello a sud del regno di Gondor nel "Signore degli Anelli"; e l'isola più occidentale nell'oceano Pantalassa non poteva che chiamarsi Numenor.

Siberia e Canada dovrebbero avere un clima assai rigido, ma i monti Urali e Appalachi proteggono l'Europa, il Texas, il Messico e il Nordafrica, rendendoli le sedi ideali per le prime civiltà. Allora è possibile immaginare che i primati si sviluppino nelle praterie sulle rive del mare interno chiamato Mare Fetonte, e che il forte calore del sole nella zona centrale della Pangea porti all'evoluzione della Stirpe Nera (non l'ho chiamata razza nera perchè, quando chiesero ad Einstein a che razza apparteneva, lui rispose alla razza umana...). In seguito si evolvono la Stirpe Bianca, che colonizza le aree temperate e la "non-America", e la Stirpe Gialla, che abita le zone più settentrionali e dà origine anche al popolo Inuit. In Australia, isolata non dal mare ma dai Monti della Follia, si sviluppa la razza australoide, qui chiamata Stirpe Bruna. Inoltre, siccome l'Antartide (opps, volevo dire la Notia) non è isolata, viene anch'essa colonizzata e dà vita ad una Stirpe Australe fondamentalmente simile a quella Inuit per convergenza evolutiva.

Ho addirittura provato ad ipotizzare una distribuzione delle più importanti città del "nostro" mondo in questa linea temporale alternativa:

Le "nostre" città trasportate 200 milioni di anni fa

Si potrebbe passare molto tempo a discuterci su, ma lo farò quando avrò meno impegni di lavoro.

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Questo invece è il parere di Rivoluzionario Liberale:

L'umanità si è sviluppata in un momento a caso della lunghissima storia geologica della terra, quindi poteva svilupparsi benissimo 100-200 milioni di anni fa, o 300 milioni di anni nel futuro: considerando che in 4 miliardi di anni sono esistiti almeno 5 o 6 supercontinenti, era ben possibile che gli uomini vivessero su uno di essi. Quali le differenze rispetto alla nostra Timeline?

Lasciamo stare personaggi come Napoleone o Mussolini che in questo scenario non hanno senso e andiamo ai grandi imperi: le migrazioni avvengono come nella HL, nascono gli imperi romano, persiano, maurya e cinese come nella HL, certo non si chiameranno cosi ma ipotizzo grandi imperi sedentari e popoli nomadi come germani, celti, sarmati, arabi, berberi, tartari, mongoli, eccetera.

In pratica tutto come nella HL, eccetto l'esistenza di America e Oceania come li conosciamo, i "continenti isolati"; quindi fino ad un certo punto dell'evoluzione rimane tutto come nella HL, cioè un equilibrio tra grandi imperi e civiltà nomadi. Poi...

Non esistendo continenti "deboli", cioe con popolazioni che non si sono mai confrontate non solo con le armi dei vecchi continenti ma nemmeno con i loro virus perchè i contatti sporadici: diplomatici/commerciali/politici tra vecchio e nuovo mondo ci sono stati fin dall'antichità, ad esempio carovane che uniscono l'impero romano a quello cinese o mesoamericano.

I barbari celti che non accettano di sottomettersi a Roma continuano una vita nomade o attaccano l'impero mesoamericano o si sottomettono a loro; cioè l'esistenza di tutti i continenti è conosciuta fin dall'antichità, ma ciò non significa che viaggiare sia facile: Roma si confronta con i popoli mesoamericani, che a loro volta si confrontano con la cina degli Han o dei Tang o con il Giappone.

Ritengo che un impero raggiunga una massa critica sopra la quale non si espande più a meno che non sia fornito di ulteriore tecnologia (come i britannici nel '700 e nell'800). Ad esempio l'impero romano non si è espanso più dall'epoca di Traiano, ma non perché non ne aveva la forza o lo spazio a disposizione in cui espandersi: c'erano l'Arabia, la Germania, la Scandinavia, l'Africa Nera, l'Europa dell'est, ma ad un certo punto non si espande più, per ragioni logistiche e altre; quindi ipotizzo un mondo non molto diverso dal nostro, ma conla conoscenza di tutti i continenti fin dall'inizio.

Quali le divergenze? Verso il 1500-1600 si hanno tecnologie più potenti, o almeno una "Europa" prevale e crea gli imperi coloniali, gli stati nazionali europei cominciano la conquista del mondo ma con delle differenze, i locali soo già stati in contatto per secoli con gli europei un po' come i mediorientali o i nordafricani quindi, hanno anche loro le tecnologie e gli anticorpi.

Appare difficile una conquista come quella di Pizarro o Cortez, perché gli Inca e gli Aztechi avranno cavalli, ruota, scudi e corazze in metallo, forse non armi da fuoco ma avranno gli anticorpi, probabile che molta della cultura europea sia già stata assorbita anche pacificamente; quindi ipotizzo la conquista dell'America simile alla conquista dell'India o dell'Africa e le popolazioni amerinde sopravvivono con lingua e religione proprie.

Altro fatto: non esisteranno continenti deserti come Australia e Nord America, in quanto le migrazioni di nomadi avranno colmato i vuoti, un po' come le molecole di gas in una serie di vasi comunicanti.

Ad esempio i conquistadores raggiungono il Messico via terra, sanno già dov'è il Messico, è un po' come la Persia: un paese lontano ma raggiungibile, il Messico (l'impero azteco) è già cristianizzato da almeno 2 o 3 secoli dai missionari, ma sempre indipendente e fiero delle tradizioni. Gli Aztechi hanno già armi in ferro, cavalli, archi più evoluti, balestre, ruota, e non vengono sterminati dalle epidemie (le hanno già avute secoli prima).

Possibile esistenza di stati cuscinetto tra l'impero spagnolo e l'impero azteco, creati da popolazione celtiche, berbere, Maya, Toltechi ecc... anzi, possibile esistenza di meticci da secoli.

Conquista più difficile del previsto, la Spagna deve impiegare più truppe. Se l'impero azteco cede diventa colonia, ma mantiene la propria lingua (o lingue) madri, un po' come l'India: non sono estinte l'hindi e l'urdu. Tre secoli dopo conquistano l'indipendenza.

La Gran Bretagna con la rivoluzione industriale si erge a potenza mondiale, conquista il suo impero coloniale ma saranno paesi come l'India che manterranno la lingua madre. Quindi ipotizzo che in America gli amerindi rimarranno la maggioranza, anche perchè i nativi hanno già tutte le tecnologie per difendersi ma vengono comunque battuti. L'inglese potrebbe diventare lingua franca, ma quelli che la parlano come lingua madre non sono più di 200 milioni.

Non esistono continenti solo anglofoni (Australia, Nord America) o ispanofoni (Centro, Sud America) come nella HL. Lo spagnolo e l'inglese potrebbero affermarsi come il francese in Africa, cioè come una lingua franca delle ex-colonie.

Avremo molti più Marco Polo che Cristoforo Colombo: la marina (che esisterà) avrà un ruolo minore, la maggior parte delle guerre sarà via terra. Possibili delle Nuove Zelande, cioè terre molto isolate con popolazione primitiva, magari scoperte a tardo '800, ed a questo punto rischiano di fare una brutta fine!!!!

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Diamo ora la parola a Generalissimus, che ha tradotto per noi questo sito:

I continenti non hanno sempre avuto l'aspetto attuale, o almeno si spera che questo per voi non sia una novità.
Durante la sua lunga vita la Terra ha fuso insieme le sue masse di terra, infatti oltre 300 milioni di anni fa tutti i continenti erano fusi in un unico supercontinente chiamato Pangea, circondato da un unico superoceano chiamato Pantalassa.
Per oltre 100 milioni di anni la Terra ebbe un solo continente e un solo oceano, fino a quando il primo non si separò formando alla fine i continenti che vediamo oggi.
Boooo! E se in una TL alternativa la Pangea esistesse ancora? Se i continenti semplicemente non si separassero mai gli umani nascerebbero e si diffonderebbero nel mondo? Come ne verrebbe influenzata la civiltà? Prima di rispondere a queste domande, dobbiamo discutere di alcuni fatti.
Queste sono tutte teorie.
Se la Pangea fosse ancora in giro, l'ipotesi più probabile è che gli umani non esisterebbero.
L'evoluzione è un processo di cause ed effetti influenzato dall'ambiente e dalla geografia, il più semplice cambiamento climatico può modificare le caratteristiche di una specie, costringendola ad adattarsi o estinguersi.
Senza un fattore Africa che permetta l'ascesa delle scimmie, gli antenati dell'Homo Sapiens avrebbero intrapreso un percorso molto differente.
Detto questo, possiamo comunque mettere gli umani sulla Pangea per amor di teoria, d'altronde senza di noi sarebbe noiosa.
Gli umani sono pieni di risorse, riuscirebbero a diffondersi sulla Pangea e a conquistarla, ma geograficamente, come sarebbe il pianeta? Le caratteristiche specifiche della Pangea sono un mistero per noi, possiamo solo dare uno sguardo di base a quella che era la sua forma e fare delle ipotesi partendo da lì.
Diversamente da oggi, dove la maggior parte delle terre emerse è a nord dell'emisfero settentrionale, la maggior parte della Pangea si troverebbe a sud dell'Equatore.
Lunghe catene montuose sorgerebbero al centro della Pangea, dove si unirebbero i continenti, e sarebbero simili all'Himalaya, creata dalla spinta dell'India contro l'Asia.
A causa di queste montagne, si formerebbero deserti aridi per via della mancanza di precipitazioni.
Si teorizza che megamonsoni nascerebbero dagli oceani e porterebbero la pioggia alle regioni equatoriali.
Queste andrebbero a dare sostentamento alle vaste foreste pluviali che sorgerebbero all'Equatore, che passerebbe sulle attuali America del Nord ed Europa occidentale.
Fatto divertente! Un sacco di quel carbone utilizzato dall'Inghilterra per entrare nell'era industriale e presente nelle miniere del West Virginia proviene dalle lussureggianti foreste tropicali di milioni di anni fa.
Urrà! Scienza! Ritornando a quello che stavamo dicendo, la civiltà umana si concentrerebbe sulle coste, proprio come nella nostra TL.
La cosa non è affatto sorprendente.
Tribù e popoli nomadi abiterebbero le terre meno ospitali.
Anche se tutta l'umanità condividesse un unico continente, questo non significherebbe che sarebbe più connessa, se si formassero grandi deserti o foreste pluviali al centro della Pangea porrebbero grandi limiti alle comunicazioni nello stesso modo degli oceani, e vediamo riprova di ciò con l'Africa.
L'Africa subsahariana è connessa all'Asia, così come con l'Europa, ma ha avuto ben poche comunicazioni con esse.
Ci furono pochissimi commerci, senza contare l'Africa orientale e il Madagascar.
Parti dell'Africa subsahariana erano isolate come le Americhe, ed è per questo che tribù come gli Zulu usavano ancora le lance contro le mitragliatrici inglesi.
Tutto questo accadde per via delle barriere naturali del Deserto del Sahara e della giungla del Congo.
Entrambe le regioni erano molto difficili da attraversare prima della Rivoluzione Industriale, e crearono una spaccatura nelle comunicazioni tra le civiltà dell'Asia orientale e dell'Europa con l'Africa subsahariana.
Il punto è che potremmo comunque vedere gli stessi effetti nella Pangea, i deserti dividerebbero l'est dall'ovest, mentre le foreste pluviali equatoriali dividerebbero il nord dal sud.
Gli attuali popoli nordamericani ed eurasiatici potrebbero sviluppare una cultura indipendente dai popoli sudamericani, australiani e africani.
Ma queste sono tutte teorie, non c'è un modo preciso al 100% per dire cosa sarebbe successo, queste erano solo le mie opinioni sull'argomento.
La Pangea in realtà è un mistero, ma è sempre divertente esplorare nuove possibilità e geografie.

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Fabio Roman gli replica:

In effetti la prima cosa che si potrebbe pensare è che, a livello militare, si svilupperebbero più gli eserciti e meno le marine, ma in realtà se l'interno è inospitale, potrebbe convenire comunque attaccare e difendersi via mare; una simulazione con qualche RTS può provare a rendere meglio l'idea.

Penso anche alla guerra del Pacifico 1879-1884 tra Cile e Perù dove, nonostante un confine in comune (all'inizio c'era la Bolivia di mezzo che era alleata dei peruviani, poi però si ritirò dal conflitto), la prima cosa che i due contendenti cercarono, fu la superiorità nell'oceano.

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Molto interessante è anche l'analoga proposta di Paolo Maltagliati:

Come qualcuno di voi forse saprà, anche se quella dei dinosauri è la più famosa, non è stata la più catastrofica delle estinzioni di massa. Il più spaventoso uno-due che la storia del nostro pianeta ricordi è stata l'estinzione di fine permiano, tremenda, a cui poi si aggiunse neanche un centinaio di anni dopo, quella di fine triassico (ebbene sì, i dinosauri hanno fatto la stessa cosa dei mammiferi, sono diventati il gruppo dominante sul pianeta dopo un'Estinzione di Massa).

Veniamo però al punto. Chi era il gruppo più di successo prima di questa tempesta perfetta biologica? Beh, i nostri lontani parenti, i rettili-mammifero. Spazzata via la maggior parte, si sono ridotti di dimensioni e hanno vissuto all'ombra dei grandi rettili, evolvendosi nei mammalia.

Ora, poniamo che gli eventi del permiano e del triassico non vi siano, o, perlomeno, siano di portata minore. Si può ipotizzare che i mammiferi si evolvano comunque nello stesso lasso di tempo, forse anche un po' di più, con i primi Theria (Marsupiali e Placentati) nel giurassico medio. Però la radiazione delle specie avviene subito, anche se forse più lentamente della nostra Timeline. Il clima decisamente più caldo favorirà probabilmente dimensioni più imponenti per i mammiferi, anche se comunque non paragonabili ai dinosauri più grandi. Forse intorno ai 75-70 milioni di anni fa potrebbero comparire nelle pianure del continente nordamericano orientale, o in Antartide, esseri paragonabili ai primati superiori, da cui emergerà un genere homo. Se supponiamo un andamento simile a quello avuto dalla nostra specie, intorno ai 66 milioni di anni fa si evolverà una specie in grado di forgiare la storia (speriamo di arrivare a creare qualcosa di vagamente simile a quello che si vede nel film Armageddon per tempo, non so se capite quel che intendo). Come e dove si si svilupperanno le prime civiltà nel mondo del tardo Cretacico? Azzardo che secondo me probabilmente vi saranno molte più talassocrazie...

Quando parlo di overcast evolutivo, io intendo semplicemente il fatto che l’evoluzione non segue affatto un processo lineare. E non parlo solo a livello di singole specie, ma a livello di interi generi ed ordini. Già da tempo, si è cominciato a guardare alle estinzioni di massa con un occhio decisamente diverso rispetto al passato. Si è cominciato a parlare (e non solo per le big five, ovvero i cinque grandi eventi cataclismatici della storia dell’evoluzione) di tali fenomeni come ‘pompe evolutive’.

È quando le nicchie evolutive si svuotano di colpo, che madre natura si mette a sperimentare, creando una varietà di forme nuov per colmare i buchi. I nuovi ordini nascono, di solito, entro un range temporale relativamente ridotto entro l’evento. I restanti milioni di anni, l’evoluzione scala di marcia, e perlopiù si potano rami già esistenti e si perfezionano forme già esistenti.

Insomma, l’evoluzione si affossa a replicare sempre forme più o meno simili. L’evoluzione dei dinosauri è oggetto di dibattito, anche feroce, da parte di due scuole di pensiero.

La tesi classica, che parlava di una radiazione competitiva (nel senso che erano forme vincenti rispetto ai terapsidi prima e agli arcosauri poi) è infatti messa in discussione in misura sempre maggiore dalla tesi della radiazione opportunistica. Nel senso che la grande varietà di forme dei dinosauri si è sviluppata, appunto, per colmare i buchi lasciati dall’uno due più catastrofico della storia della vita sulla terra, che ha fatto il vuoto delle specie allora dominanti.

La più grande estinzione di massa che la storia ricordi, la Permiano-Triassico ha cancellato più del 90% degli animali, sia sulla terra, sia in acqua. Tra quelle forme di vita, come si è detto, c’erano i terapsidi e parte dei cinodonti. I cinodonti che, per inciso, sono i diretti antenati dei mammiferi.

Per tutto il Triassico, che a bambini si insegna (erroneamente) che è la prima delle tre ere dei dinosauri, i dinosauri erano un’esigua minoranza. Certo, facevano parte del grande gruppo dei diapsidi che aveva soppiantato i sinapsidi. Ma certo, se qualcuno avesse voluto spendere i suoi due centesimi su quale sarebbe stata la specie dominante delle ere future, senza dubbio avrebbe detto che sarebbe stata dei coccodrilli (per inciso, è molto molto probabile che anche alcuni coccodrilliformi abbiano sviluppato la postura bipede parallelamente ai dinosauri). Anche i cinodonti avevano resistito piuttosto bene.

Ma l’estinzione del Triassico-Giurassico fu il colpo del K.O che lasciò il mondo (terrestre, quantomeno) quasi ai soli dinosauri.

65 milioni di anni fa i mammiferi fecero la stessa cosa che i dinosauri fecero cento milioni di anni prima. Si radiarono in modo rapidissimo per il vuoto lasciato in quasi tutte le nicchie ecologiche. Una volta raggiunto un alto grado di specializzazione delle forme, l’evoluzione rallentò il passo (seppur segnato da un numero di microestinzioni molto più ampio rispetto alle precedenti ere, dato che i mammiferi sono molto, ma molto più sensibili alle variazioni climatiche).

Tornando a quanto dicevo all’inizio, il postulato di questa ucronia è negare ben due fenomeni di estinzioni di massa, quindi togliere non uno, ma due enormi ‘pompe evolutive’.

E’ per questo che la mia ipotizzata data di evoluzione di una possibile specie bipede senziente possibilmente ominide è così ‘tarda’.

I terapsidi si sarebbero affossati in forme sempre più sofisticate, ma comunque relativamente simili, che ad occhio superficiale sembrerebbero comunque lucertoloni quadrupedi? Non ne ho idea, ma, quantomeno, se con enorme, colossale dose di ottimismo, ipotizzassimo uno sviluppo di ordini mammiferi paragonabili ad i nostri, di tempo ce ne vorrebbe, e iosa, anche senza contare la radicale diversità climatica e della disposizione tettonica nel periodo 150-65 MAF rispetto a quello 65-0 MAF...

Rimane comunque un lucky guess, una supposizione assolutamente empirica non verificabile naturalmente, perché stiamo parlando di cose talmente lontane nel tempo e talmente sconosciute (quanto specie conosciamo della fauna del cretaceo, per dire? Si e no il 10 %, e sono molto ottimista) da sfuggire ad una possibilità di quantificazione discreta...

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Iacopo Maffi fa notare:

Interessante. Potremmo immaginarlo così: l'estinzione Permiano-Triassico avviene, ma ad emergerne come dominanti non sono i rettili ma i cinodonti. Oppure, avviene quella del Triassico-Giurassico ma ad emergere vincenti non sono i dinosauri ma ancora i cinodonti. Non sarebbe praticabile come via?

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E Paolo fantastica:

Pensiamoci... Allora, potremmo immaginare che, di chiunque sia la colpa (mari anossici, impatto meteorico o trappi siberiano. O tutte e tre insieme...) l'estinzione P-T sia meno devastante. Può anche bastare che sia devastante solo quanto quella che ha estinto i dinosauri. Sopravvivono in numero maggiore i cinodonti e magari anche i gorgonopsidi. Poniamo anche che la postura laterale scompaia in un numero maggiore di forme, rendendo indipendente la respirazione dalla locomozione in un numero maggiore di sinapsidi rispetto ai diapsidi. In questo modo, la variazione delle concentrazioni di ossigeno, che è stata un fattore scatenante dell'estinzione T-J è "superata" da un numero molto maggiore di specie sinapsidi.

Dal Giurassico in poi potrebbe esserci competizione per il cibo tra dinosauri e sinapsidi mammaliformi. I dinosauri si trovano a dover competere con prede più piccole,a molto più rapide (a sangue caldo e a metabolismo certamente più elevato), Quindi non prevedo T-Rex e grandi sauropodi... La microestinzione di 90 Maf dovrebbe far fuori praticamente la maggior parte dei dinosauri a sangue freddo rimasti.

Quindi intorno ai 100 milioni di fa con un po' di ottimismo potremmo essere "pronti", con uno scenario del genere, di "riduzione della letalità" di due estinzioni di massa e non la loro cancellazione.

Certo, scordatevi che gli ominidi vadano per mare troppo presto... Non ce li vedo i mammiferi insediare troppo presto il regno dei mosasauri. Però sarebbe divertente vedere le prime tribù umane cavalcare dei dinosauri bipedi, come in Star Wars...

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E la possibilità contraria, cioè un pianeta... insulare? È la proposta di Homer:

Sul nostro pianeta le terre emerse sono molte di meno, per un innalzamento del livello dei mari o per qualche strano fenomeno idrogeologico, tutte le zone del pianeta sotto i 100 m sul livello del mare sono ampiamente sommerse. Quali le ripercussioni sulla nascita delle civiltà? Allego la mappa: scusatemi per la sua inaccuratezza, in quanto non ho avuto il tempo di fare una scala altimetrica... (cliccateci sopra per ingrandirla) Avremo molte potenze marinare come Regno Unito e Giappone, e le guerre saranno soprattutto via mare. Nell'alimentazione il pesce avrà una incidenza maggiore. Avremo una Waterloo veramente "Water"loo, con la flotta prussiana e inglese con sconfiggono quella napoleonica. E che dire dello scandalo "Water"gate?

(cliccate per ingrandire)

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Rivoluzionario Liberale avanza una proposta alternativa:

La superficie della terra è più montuosa e le pianure sono più esigue. A questo punto le civiltà agricole si concentrano su terrazzamenti, e le esigue pianure saranno contese nel corso di guerre interminabili. Avremmo tanti Giapponi, tante Coree, tante Italie, tante Svizzere, tanti Caucasi. Non esisteranno paesi come la Francia, gli USA o la Russia con enormi distese pianeggianti. Nel XX secolo si svilupperà molto l'idroelettrico come fonte di energia elettrica primaria. Nel complesso la popolazione sarà minore, nel 2000 saremo si e no due miliardi, con i fondivalle densamente abitati stile Giappone o Italia, ma lo sviluppo tecnologico non sarà minore. Gli sport invernali supereranno quelli estivi come popolarità. Le vette principali arriveranno anche ai 15 Km, impossibile raggiungerli senza bombole anche per gli alpinisti più esperti...

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Ma c'è un'altra possibilità ancora, proposta da Edoardo Secco. Essa ruota intorno alla cartina sottostante, disegnata da Vlad Gerasimov, un artista digitale appassionato di computer grafica; per andare al suo sito personale, cliccate qui.

Come tutti abbiamo imparato a scuola, il 70% della superficie terrestre è ricoperto dall'acqua, e solo il 30% è terra solida. Che cosa sarebbe successo se tutto fosse stato invertito? Se cioè ogni terra fosse una distesa d'acqua e viceversa? La mappa di Gerasimov risponde a questa domanda ed è fantastica in almeno tre accezioni di questa parola: è fantasiosa, incoerente e meravigliosa. L'interno della Cina è attraversato trasversalmente da una balena gettante, una barca a vela fende le onde dell'oceano brasiliano, un banco di pesci attraversa gli specchi d'acqua della Siberia, grandi città dominano gli angoli raramente frequentati dalla gente in questo universo…

Gli oceani in questo mondo invertito sono il grande oceano asiatico (il più grande del mondo), l'oceano africano, l'oceano brasiliano, l'oceano unito e l'oceano antartico. Questi sono punteggiati da isole che nel nostro mondo sono laghi.

L'Isola del Baikal è certamente un posto montagnoso, proprio come nel nostro mondo è il più profondo e più voluminoso lago di acqua dolce del pianeta, contenente il 20 % al mondo delle acque dolci superficiali.

Ad ovest di questo oceano ampio, vicino alla massa di terra mediterranea, si trova l'Isola Caspica, ad est della quale c'è la piccola (e se l'inversione è simmetrica, in via di veloce affondamento) isola dell'Aral.

Un'isola simile, non specificata nella cartina, sorge al centro dell'oceano africano; deve essere l'isola Vittoria.

Altre simili masse di terra sono le Grandi Isole Americane, che sostituiscono i Grandi Laghi: forse intenzionalmente, in questa cartina assomigliano ad un delfino che si esibisce in un salto!

Il 70 % della superficie del pianeta ora è calpestabile, arabile, mappabile:

Le Gulfstream Mountains formano la spina dorsale del continente Atlantico (su cui si trova la Torre Eiffel vicino alle coste dell'oceano africano).

Il Regno Atlantico del Sud è contrassegnato da giraffe che galoppano vicino alla costa dell'oceano brasiliano, ad un cactus e da un sole che brilla, segno di clima torrido. Un centro abitato assai importante è Città Sant'Elena, vicino all'isola del nostro mondo che costituisce la dipendenza britannica di Sant'Elena.

Lo stretto che separa l'oceano brasiliano da quello antartico è dominato da Drake City.

Sulle coste occidentali dell'oceano del brasiliano si stende il Regno del Pacifico del Sud.

A Nord, sulla costa orientale, c'è la penisola del Messico (occupa il nostro golfo del Messico).

La città di Bermuda sembra costituire una entità separata rispetto agli Stati del Nord Atlantico.

La città del Labrador si trova fra l'Oceano Unito ed il Mare di Groenlandia (che dovrebbero essere congelati).

La Terra Celtica si stende appena al sud del lago inglese.

Certamente il Regno Mediterraneo è un protagonista chiave di questo mondo, trovandosi tra lo sbocco occidentale del Grande Oceano Asiatico e l'Oceano Africano, con un ponte di terra che si estende verso il Regno Indiano.

Le greggi di pecore e i mulini a vento dominano le ampie distese di terra intorno al Mare Australiano.

Il regno delle Filippine domina l'Estremo Oriente, punteggiato dai laghi del Giappone, dal lago di Taiwan e dai laghi filippini.

Per concludere, sulla sponda settentrionale del Grande Oceano Asiatico si trovano la Terra Artica ed il Regno Siberiano Orientale.

Ciò comporta un'idrografia meno ricca. Rischiamo di trovarci di fronte al pianeta Tatooine di Star Wars: un mondo per lo più desertico, in cui la vita è difficile e in mano a bande tribali. Come si svilupperanno le civiltà umane su questo pianeta con molte terre e pochi mari?

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Così commenta il grande Bhrghowidhon:

Affascinatissimo da tutte e quattro queste ultime ucronie; per la prima e la terza "basterebbe" aumentare o diminuire la quantità globale di acqua (dici poco! Comunque è un punto preciso di divergenza e questo è ottimo), l'aumento delle catene montuose sembrerebbe invece implicare modifiche nella velocità dei movimenti convettivi, apparentemente un cambiamento ancora più epocale...

Aggiungerei che entrambi gli scenarî con diversa quantità d'acqua e il conseguente ritardo dell'agricoltura porterebbero a una maggiore conservazione delle situazioni preistoriche e questa sarebbe una magnifica occasione per la mia amata ucronia irenistica, nella quale non succede mai niente di male.

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Rivoluzionario Liberale torna alla carica:

Io partirei invece dall'assioma che la terra utilizzata dalle civiltà è un'esigua percentuale, quindi un mondo con terre abitabili molto minori non impedirebbe lo sviluppo di una civiltà come la nostra. Se andiamo indietro di 6000 anni, ai primordi dell'agricoltura, scopriamo che le civiltà agricole si sviluppano su valle del Nilo, Mesopotamia, Indo e fiumi cinesi, non in tutta la Cina ma nei fondo valli, tutta quest'area è un'esigua percentuale sulle terre emerse del mondo. Quindi anche un mondo più montuoso o più arido o più insulare non darebbe problemi di sviluppo di una civiltà perché basta che l'1 % della terra sia sostenibile.

Nel mio schema invece il punto di divergenza è la civiltà industriale o almeno coloniale, dove la terra inizia a scarseggiar,e un po' come il Giappone dell'epoca moderna, ma anche i paesi europei dopo Colombo. Quindi in un caso avremo tante Svizzera, Caucasi, Tibet e Bolivie, in un altro tanti Giapponi, Inghilterre, Olande e Indonesie, in un altro ancora tante Mongolie.

Potrei aggiungere un altro scenario: un mondo più caldo. In questo mondo le calotte glaciali non si formano e la neve è quasi un fenomeno raro d'alta quota, cui le scuole portano gli alunni in gita a vederlo. Con una situazione simile il clima in cui nascono le civiltà è solo quello delle calotte temperate. Quindi ci sarebbe un'Europa sulle coste aride, una fascia tropicale abitata da popolazione simili ai Tuareg e una fascia equatoriale inabitabile.

Per millenni si ignora l'esistenza di un'altro continente abitabile. È molto probabile che l'Antartide sia abitabillissimo ma spopolato. Le potenze "Europee", in realtà sviluppatesi sulle coste settentrionali della Siberia, del Canada, dell'Alaska, Groenlandia (in questo caso il nome è veritiero!) e della Lapponia, dopo essersi combattute per il controllo dell'Oceano Artico iniziano le esplorazioni delle terre aride e degli oceani torridi. Con tutto questo calore i cicloni sono all'ordine del giorno. L'Isola di Baffin è la Gran Bretagna del nostro scenario. Il Fiume Ob è il Nilo, troveremo le piramidi lungo il suo corso.

L'Europa è abitata dai Tuareg, che ben conoscono le strade del deserto europeo e raccontano del mare torrido, il Mediterraneo. Nel tardo '700 un Cook (o dovremmo dire Cooked?) arriva in Antartide e la colonizza, gli inglesi del tempo fondano un'Australia virtuale... E poi?

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Al che Bhrghowidhon gli replica:

Per avere un Mondo più caldo bisognerebbe avere un'orbita più vicina al Sole (ma in tal caso potremmo anche aspettarci una composizione e dimensioni differenti dello stesso Pianeta Terra) oppure un Sole più grande.

Comunque, di sicuro con la liberazione delle masse d'acqua congelate ai Poli aumenterebbe il livello dei mari e, con un clima più caldo, anche la quantità delle precipitazioni. Lo scenario si presenta tutto sommato piuttosto allettante, anche se forse arrivare al disgelo totale antartico comporterebbe un'idrografia veramente diversa. Comunque la perdita di terre emerse (in questo scenario sommerse) sarebbe compensata da un forte estensione nelle masse continentali attualmente in condizione di permafrost. Certo molte attuali isole sparirebbero; ci sarebbero d'altronde nuove isole attualmente parti integranti dei Continenti.

L'unico dubbio storico riguarda la cronologia: mi chiedo seriamente se i fenomeni antropologicamente più vistosi - la differenziazione etnica, la spartizione territoriale, lo sviluppo di tecnologie specifiche - non siano troppo sovrastrutturali, ossia così sensibili a ogni cambiamento da finire probabilmente in una cronologia e in una distribuzione geografica molto diverse da quelle che conosciamo. Io ritengo che la risposta sia positiva, dunque la Storia e la Geografia più probabili in questo scenario sarebbero considerevolmente alterate. Addirittura, la selezione naturale della specie umana moderna potrebbe essere forse diversa.

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Anche MattoMatteo vuol dire la sua:

Su Deviantart ho trovato un'immagine analoga a quella di di Vlad Gerasimov, ma in stile più realistico (cliccare su di essa per ingrandirla). L'opera è di *Mygrapefruit:

C'è poi un'altra idea che mi è venuta in mente: Marte e Venere (intendo i pianeti) sono messi l'uno al posto dell'altro, ovviamente fin dalla loro formazione! Che accade?

Riguardo a Marte: trovandosi ora ad una distanza dal Sole pari a meno della metà di quella precedente, sarebbe molto più caldo; l'acqua e l'anidride carbonica presenti nel terreno evaporerebbero, formando un'atmosfera più spessa e densa (circa il 20 % di quella terrestre, contro lo 0,7 % di quella attuale), capace di trattenere meglio il caldo e generare un più efficente effetto serra; ma la gravità superficiale, pari ad appena il 40% di quella di Venere, non riuscirebbe a trattenere i gas più caldi, col risultato che si otterrebbe una situazione di equilibrio dell'atmosfera ad una temperatura media di circa 30-40° C, molto inferiore ai 464° C di Venere. In sostanza, se Marte si trovasse al posto di Venere, potrebbe sviluppare un suo ecosistema, seppur primitivo e limitato; inoltre la sua distanza dalla Terra, nel punto di massimo avvicinamento, sarebbe la metà della distanza Terra-Venere, rendendo Marte l'obiettivo ideale per le prime missioni di esplorazione e colonizzazione.

Riguardo a Venere: trovandosi ora ad una distanza dal Sole pari a più del doppio di quella attuale, sarebbe più freddo; trovandosi così lontano, non si svilupperà il ciclo vizioso di effetto serra che ha portato l'atmosfera venusiana alla situazione attuale; pur disponendo comunque di un'atmosfera più densa di quella terrestre (solo 2-3 volte, contro le oltre 90 volte attuali), capace quindi di un notevole effetto serra, la poca luce solare (meno del 40 % di quella che arriva alla Terra) permetterebbe lo sviluppo di una temperatura media di appena 0-10° C, comunque ben superiore ai - 63° C di Marte. D'altro canto la gravità superficiale (poco meno del 91% di quella terrestre), unita alla notevole massa d'aqua libera (non evaporata a causa dell'eccessivo effetto serra), consentirebbe a Venere di sviluppare un suo ecosistema, seppur primitivo e limitato; la combinazione di gravità simile a quella terreste e acqua libera, renderebbe Venere il secondo candidato ideale per esplorazione e colonizzazione da parte del genere umano.

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Sempre lo stesso autore aggiunge:

Ispirato da un fumetto Bonelli, vi propongo queste due ucronie:

1) la Terra ruota su se stessa in un anno, in senso antiorario, quindi presenta al sole sempre la stessa faccia; un lato è perennemente illuminato, l'altro è perennemente in ombra.

2) la Terra ruota su se stessa in un anno, in senso orario, quindi, anche se esiste la normale alternanza giorno-notte, un giorno dura un anno.

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Ma Afullo obietta:

La prima idea mi intriga molto, ma ho il sospetto che in una Terra del genere la vita sia impossibile. Il gradiente termico infatti produrrebbe un emisfero desertico e arido, uno congelato e fortissimi venti dall'uno all'altro. Si rischia anche la perdita dell'atmosfera.

Nel secondo caso, che tra l'altro si verifica se la Terra è ferma rispetto al proprio asse e presenta soltanto il moto di rivoluzione (se ruota su se stessa in un anno in senso orario, combinando con la rivoluzione fanno due rotazioni, per cui il giorno durerebbe sei mesi), credo che ci sarebbero comunque dei problemi. Consideriamo i punti sul 45° parallelo nord: in quello nel quale è il solstizio d'estate a mezzogiorno e il solstizio d'inverno a mezzanotte, l'altezza del sole sull'orizzonte varierebbe annualmente da -68,5° a 68,5° circa, mentre in quello nel quale è il solstizio d'inverno a mezzogiorno e il solstizio d'estate a mezzanotte, la variazione sarebbe molto più contenuta (più difficile da calcolare esattamente, visto che quei due punti non credo che coincidano con massimo e minimo globali, volendo posso provare a fare qualche calcolo più preciso).

Nel primo caso inoltre (osservando qualitativamente concavità e convessità) il sole dovrebbe rimanere per più di due mesi consecutivi sopra 45° di altezza, portando a temperature molto alte d'estate. Il secondo caso invece non dovrebbe essere troppo dissimile dalla situazione corrente polare, in cui la variazione è effettivamente annuale (e sinusoidale) tra -23,5° e 23,5°, e le temperature rimarrebbero probabilmente sotto lo zero per tutto l'anno.

Dunque, specie quando è estate nel primo e inverno nel secondo, ci sarebbero anche in questo caso forti venti con tutte le varie conseguenze, e specularmente nell'emisfero sud nel periodo opposto.

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E il vulcanico MattoMatteo aggiunge:

Leggendo la descrizione dei romanzi della serie "Cronache del ghiaccio e del fuoco", sono rimasto colpito dall'idea delle stagioni che durano anni, e così ho cominciato a pensare... Che succederebbe, se la Terra ruotasse più lentamente, e un "giorno lungo" durasse 3-4 "giorni normali"? In questa situazione l'anno durerebbe solo un centinaio di "giorni lunghi"... e a quel punto mi è tornato in mente il mio progetto del sistema duodecimale!

Se un anno durasse 144 (12 al quadrato, o 100 in base 12) "giorni lunghi", ognuno di essi durerebbe poco più di 2,5 "giorni normali" (poco meno di 61 ore)... la cosa buffa è che, in questo caso, un mese lunare (29,53 "giorni normali"), durerebbe poco più di 11,64 (cioè poco meno di 12) "giorni lunghi"... una coincidenza davvero incredibile, no? Proviamo a portare le "coincidenze" un po' più in la, facendo si che un mese lunare duri poco più di 12 "giorni lunghi"; in tale situazione, un "giorno lungo" dura poco meno di 59 ore (2,455... "giorni normali"), mentre un anno durerebbe quasi esattamente 148,75 "giorni lunghi"; 148,75 corrisponde a 144 più 5 "giorni lunghi" (4 un anno ogni 4). In questa situazione non sarebbe improponibile la divisione dell'anno in 12 mesi di uguale lunghezza, con 4 giorni a parte come separazione tra le stagioni, più 1 giorno a parte come separazione tra gli anni.

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Lo stesso autore ha poi aggiunto:

Teia è il nome del planetoide che, nella nostra Timeline, avrebbe colpito la Terra permettendo la formazione della Luna. Immaginiamo invece che Teia colpisca solo di striscio la Terra, perdendo parte della sua massa e della sua energia cinetica, ed entrando in orbita attorno al nostro pianeta.

Avendo una massa pari a circa 1/12 di quella della Terra, contro l'1/81 della Luna, esercita una forza di marea molto maggiore, rallentando maggiormente la rotazione del nostro pianeta (che già di suo è più lenta del normale, essendo stata accelerata in modo minore dall'urto con Teia come nella nostra Timeline).

I risultati di tutti questi fattori sono:

1) La massa della Terra è leggermente minore di quella attuale (95 %);
2) Attualmente la Terra impiega quasi 61 ore per ruotare su se stessa, per cui l'anno è diviso in poco più di 144 giorni;
3) Ruotando più lentamente, lo schiacciamento polare è appena 1/1.900 (7,5 km) invece di 1/300 (42 km);
4) Teia si è allontana di più dalla Terra rispetto alla Luna (circa 2,6 volte), per cui impiega circa 1/3 di anno per girare attorno al pianeta;
5) Nonostante la maggiore distanza, grazie alla massa in più Teia esercita una forza di marea pressoché identica a quella della Luna;
6) Pur avendo un diametro apparente pari solo al 70% di quelli della Luna, Teia ha un albedo pari a 2,5 volte quello del nostro satellite, risultando complessivamente più luminosa di quasi il 30%.

In questo modo ho potuto finalmente fare un anno di 144 (12 x 12) giorni, invece di uno di 148 ed uno sputo... inoltre, ognuna delle 4 fasi di Teia è lunga esattamente 12 giorni; quindi un'eventuale specie intelligente troverebbe naturale usare la base 12 come sistema di numerazione, avendo così tanti 12 sotto al naso.

Proseguendo sulla stessa falsariga, possiamo ipotizzare un giorno diviso in 12 ore, ognuna divisa in 144 minuti, ognuno diviso in 144 "secondi" (ognuno dei quali corrisponderebbe a circa 0,88 secondi della nostra Timeline); un anno, quindi, sarebbe composto quasi esattamente da 12^7 "secondi".

Per quanto riguarda le lunghezze, se applichiamo lo stesso trucco usato originariamente per calcolare il metro (distanza polo-equatore = 10 alla 7 m), ma usando la base 12, otteniamo un "piede" di 27,4 cm (distanza polo-equatore = 12 alla 7 "piedi").

Con queste unità di misura, la velocità della luce è quasi esattamente pari a 2,25 per 12 alla 8 "piedi/secondo", mentre un anno-luce corrisponde all'incirca a 2,25 per 12 alla 15 "piedi".

Ora, se volete dirmi che sono un pazzo... potete veramente farlo a ragion veduta!

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Enrica S. ha un'altra idea:

E se le forze mareali spingessero Teia su un'orbita stabile all'interno di quella di Mercurio? L'immaginario pianeta Vulcano, ipotizzato da Urbain Leverrier per spiegare la precessione del perielio di Mercurio, esiste davvero (in realtà tale fenomeno si spiega con la relatività generale di Einstein e con la curvatura dello spazio-tempo). Temo però che sarà incandescente: la superficie potrebbe trovarsi sopra i 1085°C, punto di fusione del rame. Se si rivelasse ricca di metalli preziosi per la nostra industria elettronica, Teia/Vulcano potrebbe essere meta di una corsa allo spazio tra Obama, Putin, Xi Jinping e Shinzo Abe, una vera propria sfida alla ricerca della tecnologia migliore per estrarre i metalli preziosi (europio e disprosio, mica oro e argento) da quell'inferno di lava... che ne dite?

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MattoMatteo invece propone:

Teia non poteva inserirsi in un'orbita stabile tra Marte e la Terra, per via delle influenze gravitazionali e delle risonanze orbitali, le stesse che posizionano i pianeti a determinate distanze. E se invece Teia impattasse non con la Terra ma con Marte, di fatto raddoppiandone la massa (arrivando ad un 20-25 % di quella della Terra)? analizziamone più in dettagli gli effetti.

La Terra non avrà una luna che ne regoli il clima, quindi è probabile che non ci sarà vita più complessa di batteri e alghe unicellulari... e anche se si sviluppassero organismi pluricellulari, difficilmente riuscirebbero a colonizzare la terraferma.

D'altro canto Marte, grazie alla maggiore massa e gravità potrà trattenere più a lungo la sua atmosfera ed idrosfera; inoltre la maggior quantità di ferro nel nucleo permetterà lo sviluppo di un campo magnetico più forte, che contribuirà ad evitare che il vento solare strappi al pianeta la sua atmosfera, contribuendo ulteriormente ad evitarne la prematura dispersione.

La presenza di un grande satellite, seppur più piccolo, in confronto al suo pianeta, della nostra Luna (circa 1/150-200 della massa di Marte) contribuirà allo sviluppo di vita sul "pianeta rosso"; comunque, vista la ridotta massa e la distanza dal sole, probabilmente Marte avrà una flora e fauna ancora più ridotte di quelle della Terra.

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C'è da segnalare un'altra idea del prolifico MattoMatteo:

Vedendo questa cartina sul sito "Time for Maps", e ricordando come si sono formati i pianeti ai primordi del sistema solare, mi è venuta in mente questa ucronia: a causa dell'attrazione gravitazionale dei pianeti gassosi (in particolare Giove e Saturno), i 4 pianeti interni (Mercurio, Venere, Terra e Marte) finiscono per fondersi in un'unico corpo.

Questo nuovo pianeta, detto Gea dai suoi abitanti, ha una massa doppia di quella della Terra, un raggio ed una gravità del 26 % superiore (raggio 8.000 km invece di 6.373, circonferenza 50.000 km invece di 40.000), e una superficie superiore del 60 % (804 milioni di km quadrati, invece di 510).

La sua luna, Selene, sarà anch'essa più grande, e a causa della maggiore massa e gravità reciproca, si sarà allontanata di meno, sembrando ancora più grande e luminosa; con una massa doppia e una distanza di soli 303.000 km (invece dei 384.400 della Luna), Selene compie una rivoluzione attorno a Gea in appena 16 giorni, esercita una forza di marea 3,2 volte superiore (che però, grazie alla superiore gravità di Gea, crea maree solo 2,5 volte più ampie), ha un diametro apparente pari a 1,6 volte quello della Luna, e una superficie e luminosità quasi 2,5 volte superiori a quelli della Luna.

La maggiore massa di Gea ha fatto si, inoltre, che la sua rotazione sia stata rallentata meno, da Selene; Gea ha un anno di 400 giorni (pari alla durata che aveva l'anno sulla Terra 400 milioni di anni fa); anche se la velocità di rotazione di Selene è maggiore di quella della Terra, la maggiore massa (e quindi gravità) fa si che lo schiacciamento polare sia inferiore (18 km contro 21, pari ad 1/430 contro 1/300). Distanza ed eccentricità orbitali, ed inclinazione assiale, invece, sono invariati.

Visto che Gea, nella sua "crescita", ha svuotato tutto lo spazio prima degli asteroidi, l'astrologia e l'astronomia si svilupperanno più tardi e più lentamente: gli unici corpi celesti importanti saranno il Sole e Selene, mentre Giove e Saturno saranno considerati solo "stelle erranti", e verranno identificati come pianeti solo in epoca moderna.

(cliccare per ingrandire)

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A questo discorso è correlata anche la proposta di Mattia:

Per qualche motivo, il luogo di origine degli australopiteci non è il continente africano, ma quello americano. La Rift Valley di questa linea temporale è il gigantesco cratere formatosi nello Yucatan in seguito all' impatto con un asteroide, che forse causò la scomparsa dei dinosauri. Quindi, gli Homo Sapiens nasceranno anch'essi in America Centrale, ovviamente con caratteristiche diverse da quelli da noi nati in Africa. Dal Messico colonizzano tutto il continente americano, spazzando la concorrenza di una razza assimilabile ai Neanderthal in quanto contemporanea, ma per il resto diversa da loro, causa ambiente differente. Dall' America, alcuni di loro passano in Asia dando vita a civiltà di cacciatori e raccoglitori nelle steppe, ed a civiltà più evolute in Estremo Oriente ed in Indocina, tra cui millenni dopo si distingueranno forse gli analoghi di Aztechi ed Inca.

Alcuni gruppi umani invece riescono a raggiungere la Terra del Fuoco e sbarcare in Antartide, dove danno vita a piccoli villaggi sulle coste. Col tempo le società si fanno più complesse: il ruolo del nostro Medio Oriente-Egitto è svolto dal Venezuela e territori vicini, mentre il Mediterraneo di questa timeline sarà il Mar dei Caraibi. I Cretesi, o almeno qualcosa a loro somigliante, saranno gli abitanti dell' odierna Cuba, i quali influenzeranno la cultura minoica con sede in Florida, la quale sarà poi spazzata via dai popoli guerrieri provenienti dalle pianure dell' Ovest... Forse la scoperta dell' America (ovvero quella di Asia, Europa ed Africa) avverrà di nuovo attraverso lo stretto di Bering, qui controllato dagli analoghi dei Vichinghi, che potrebbero scoprirla anche prima di Erik il Rosso...

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Gli replica puntualmente Renato Balduzzi:

A proposito della tua ucronia, come fanno gli antenati dell'uomo a raggiungere il Nordamerica? A questo proposito io proporrei cinque scenari possibili:

Primo scenario: un gruppo di scimmie sudamericane, circa 6 milioni di anni fa, inizia una evoluzione biologica che le porterà a privilegiare la vita terrestre. Col tempo, scompare la coda prensile e l'andatura si fa sempre più eretta. Inizialmente gli "americopitechi" si evolvono nelle pianure dell'Argentina settentrionale, ma colonizzano in breve tempo buona parte del continente sudamericano. Una volta scoperto il fuoco e affinate le tecniche di caccia, gli "uomini" risalgono dall'istmo di Panama e colonizzano il Nordamerica. Nell'estremo nord si sviluppa una specie particolarmente tozza e specializzata ai climi rigidi, che dopo essere stata dominante si estingue con l'arrivo dell' "uomo" moderno. Sarà proprio l' "uomo" moderno a diffondersi per primo nel Vecchio Mondo, attraversando lo stretto di Bering e diffondendosi prima in Asia, poi in Africa ed Europa, causando tra le altre cose l'estinzione della megafauna eurasiatica e africana, non preparata all'arrivo di un cacciatore così efficente.

Secondo scenario: il Sivapithecus, noto anche come Ramapithecus, era una scimmia asiatica vissuta dai 12 agli 8 milioni di anni fa in Asia orientale. Molti paleontologi ritennero, a torto, che potesse trattarsi di un antenato dell'uomo moderno, tanto i resti ritrovati erano simili a quelli umani. Nella nostra ipotesi, una popolazione di Sivapithecus si specializza alla vita nei climi freddi e si diffonde nell'Asia settentrionale e, successivamente, in Nordamerica. Dopo essersi evoluta per sopravvivere nelle praterie dell'America nordoccidentale, una specie darà origine all'Homo americanus e si diffonderà sia in Sudamerica che nel Vecchio Mondo.

Terzo scenario: l'origine dell'uomo americano è ancora più antica. Similmente a quanto accaduto in Sudamerica, alcune scimmie, trasportate su alberi alla deriva, dall'Asia raggiungono le coste occidentali delle Americhe e lì si diffondono differenziandosi in numerose specie, tra cui alcune bipedi, soppiantate in breve tempo da una sola tra esse, la più intelligente.

Quarto scenario: gli Australopitechi non rimangono in Africa a lungo, ma si diffondono quasi in tutto il mondo, raggiungendo anche il continente americano. Nel Golfo del Messico si originerà la specie umana moderna, che a sua volta colonizzerà il mondo intero.

Quinto scenario: l'Homo erectus, che colonizzò buona parte dell'Africa, dell'Asia e dell'Europa, si espande anche in America, dove si differenzia in numerose specie e dà origine all'Homo sapiens sapiens in America centrale.

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La Pangea mappata da Massimo Pietrobon con i confini geopolitici moderni!

La Pangea mappata da Massimo Pietrobon con i confini geopolitici moderni!
(per vedere una versione più ampia della mappa suddetta, cliccate qui)

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E ora, l'idea di MattoMatteo: il mondo disco!

Citazione da Terry Pratchett, ma non si tratta di un mondo piatto.
Partiamo da una Terra con un unico continente (le isole non ci interessano, al momento), di forma pressochè circolare ma con i bordi molto frastagliati.
A seconda della superficie totale, e dell'ampiezza delle coste, avremo un continente con una larghezza di 140-160 gradi.

Opzione 1: il centro del continente si trova al polo (diciamo quello nord, ma non cambia molto).
Le parti più meridionali del continente arriveranno a 10-20 gradi a nord dell'equatore (solo una piccola parte delle isole si troverebbe nell'emisfero australe).
Le zone all'altezza del tropico sarebbero abbastanza vicine al mare da risentire del suo influsso, quindi ci sarebbero pochi deserti.
Circa 1/10 del continente si troverebbe sotto i ghiacci perenni, ma da essi partirebbero miriadi di fiumi diretti a sud.

Opzione 2: il centro del continente si trova sull'equatore.
Le estrremità nord e sud del contiente si troverebbero ad appena 10-20 gradi dai poli, quindi ben all'interno dei circoli polari (che sono a 23,5 gradi dai poli); questo farebbe si che entrambe le calotte polari si trovino, almeno in piccola parte (ad occhio da 20 al 40 %) sulla terraferma.
Sia il centro del continente che le zone sui tropici sarebbero desertiche (la prima perchè troppo distante dal mare, le seconde per via delle correnti d'aria); quindi ci sarebbe un'unico super-deserto, con una forma simile ad un 8 o ad una clessidra.
Le coste orientali del continente sarebbero molto più calde di quelle occidentali, a causa della corrente equatoriale, ma sarebbero anche molto più soggette ad uragani. Le coste occidentali sarebbero molto più pescose, grazie alle sostanze nutritive del fondo portate a galla dalle correnti polari, e con un clima simile a quello mediterraneo.

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C'è spazio per un'altra geniale proposta dello stesso autore: la Terra con due Lune!

Secondo gli scienziati, la Luna si sarebbe formata così: poco dopo che la sua crosta si era raffreddata, la Terra venne colpita da un corpo celeste vagante delle dimensioni di Marte (circa 1/10 della massa della Terra); questo urto le trasmise un notevole movimento angolare, al punto che essa ruotava in appena 5 ore (anno di 1.700-1.800 giorni); venne inoltre espulsa la materia che diede origine a due lune, una più grande, l’altra più piccola (circa il 2-5% della massa dell’altra); esse si trovavano ad appena il 7-10% della distanza attuale, per cui la Luna maggiore appariva 10-14 volte più larga, 100-200 volte più luminosa, esercitava una forza di marea 100-200 maggiore, e girava intorno alla Terra (assieme alla sua “sorellina”) in 14-22 ore.

Col passare del tempo, avvennero due fatti a modificare la situazione; il primo fu che la Luna più piccola andò ad urtare contro quella più grande, ma l’urto avvenne a velocità così basse che la prima si “spalmò” sulla seconda, coprendo metà della sua superficie (quella che poi diventerà la faccia nascosta) con una seconda “crosta”, spessa in media 20-50 km; il secondo fu che, a causa dell’attrito delle maree, la velocità di rotazione della Terra diminuì e la distanza della Luna aumentò (così come il suo tempo di rivoluzione).

Ipotizziamo, però, che il corpo vagante che colpì la Terra fosse più piccolo; la giornata iniziale della Terra è all’incirca di 18 ore (anno di 500 giorni), e il materiale espulso ha formato 2 lune più piccole di quella attuale (massa pari a 4% e 2% della Luna, diametro pari a 1.200 e 950 km); le due lune non si urtano, ma trovano una situazione di stabilità, piazzandosi ognuna in uno dei “punti di Lagrange” stabili dell’altra (in pratica la Terra e le sue lune si trovano ai vertici di un triangolo equilatero); visto che le due lune hanno una massa minore, le maree che provocano sono meno intense (anche se più lunghe), quindi il rallentamento della rotazione della Terra e l’allontanamento delle lune avvengono molto più lentamente.

65 milioni di anni fa un asteroide in rotta di collisione con la Terra colpisce, invece del pianeta, la luna più grande, provocandole una profonda intaccatura lungo l’equatore (un canyon lungo quasi 1.000 km, largo 10, e profondo 100); questa ora gira su se stessa in poco meno di 13 giorni (quasi esattamente 31 rotazioni l’anno), a differenza dell’altra che presenta sempre la stessa faccia al pianeta; i detriti che cadono sulla Terra provocano dei disastri, ma molto più limitati di quelli di un impatto diretto, e i dinosauri sopravvivono; per adattarsi alle mutate condizioni climatiche, però, devo evolversi; per necessitare di meno cibo diminuiscono di dimensioni, ma in compenso sviluppano un sistema di termoregolazione per sopravvivere al freddo; così come alcuni dinosauri si erano evoluti in uccelli, milioni di anni prima, ora alcuni dinosauri si evolvono in una sorta di “neo-mammiferi”, soppiantando completamente i para-mammiferi esistenti prima; invece di trasformare le scaglie in piume, la loro epidermide produce al loro posto dei peli, meno efficienti delle penne come isolante termico, ma più semplici e facili da sviluppare; quindi uccelli e mammiferi devono ancora oggi fare i conti con i loro cugini dinosauri, seppur su scala ridotta.

Attualmente la Terra ha un anno di 400 giorni (giorno di circa 22 ore), le lune si trovano a 100.000 km dal pianeta (circa 1/4 della distanza della Luna) e compiono un giro in appena 4 giorni; la luna più grande ha un diametro apparente di circa il 40% in più della Luna, e una luminosità quasi doppia; la luna più piccola ha un diametro apparente di circa il 10% in più della Luna, e una luminosità di quasi il 25% in più; le maree hanno un andamento molto peculiare, seguendo un ciclo 0-1-2-0 sei volte ogni 4 giorni; 0 rappresenta il livello della bassa marea, 1 è pari ad 1/3 dell’alta marea (della vera Terra), 2 è pari a 2/3 dell’alta marea.

A causa della differente forza di marea, anche la tettonica si sviluppa in modo leggermente diverso, con meno placche, ma più grandi e lente; è anche possibile che ci sia meno attività vulcanica e meno terremoti; la morfologia dei continenti, quindi, è questa:

Visto che i vari continenti sono più lontani gli uni dagli altri, le migrazioni di animali dall’uno all’altro sono molto più difficili; in questo modo ogni continente ha potuto sviluppare specie, sia animali che vegetali, diverse ed uniche; potrebbero comprendere addirittura vari ceppi di ominidi, discesi da diversi animali.

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Mappa del Pianeta Mongo: un'altra Pangea ucronica! (click per ingrandire)

Mappa del Pianeta Mongo: un'altra Pangea ucronica! (click per ingrandire)

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C'è anche la proposta di Andrea Li Castri:

I due continenti di Gondwana e di Laurasia non si spaccano per formare gli attuali continenti, ma anzi sopravvivono fino ad oggi. Come cambia la geografia della Terra?

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Così gli risponde Davide Alberici:

VEGETAZIONE: estendendosi "orizzontalmente" è più facile che la vegetazione si acclimati. Anche se tutte le zone aride dell'entroterra sono una grossa incognita. 
FAUNA: certo da una parte la maggior estensione di territorio dovrebbe favorire "l'Effetto Lazzaro", cioè gli animali di certe specie invece di estinguersi se ne stano un po' lontani dall'uomo e poi ritornano "resuscitando". Però tutte quelle aree desertiche non promettono niente di buono. 
UMANITÀ: è difficile dire se gli uomini svilupperanno agricoltura e domesticazione prima che la desertificazione spazzi via le specie papabili per dare il via allo sviluppo dell'agricoltura.
ZONE PIÙ OSPITALI: il canale tra Africa e Sud America dovrebbe essere propizio ai commerci. Non ci sono i mega temporali ma c'è una buona umidità comunque. Non so come sarebbero le correnti nel mare a nord di Laurasia ma è chiuso non dovrebbe presentare troppi fenomeni ostili sarebbe freddo ma relativamente navigabile. Anche i mari del sud sarebbero facilmente navigabili. 
POLITICA: le civiltà sedentarie avrebbero il problema di terre sterminate e incognite che potenzialmente potrebbero eruttare ogni sorta di gruppo umano; anche civilizzato. Ad es. l'abbassamento di faglia di acqua fossile di un gruppo di oasi potrebbe mettere in movimento verso le coste pure una civiltà scafata. 
ARTI BELLICHE: la logistica, in particolare approvvigionare d'acqua gli eserciti sarebbe molto più avanzata che sulla Terra; forse anche la matematica, l'astrologia o la cartografia visto che sbagliare l'orientamento o la previsione della durata di un viaggio o dei rifornimenti è una condanna a morte.

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Chiudiamo per ora con quanto ci ha scritto Lord Wilmore:

La Pangea cui abbiamo dedicato questa pagina di ucronie è esistita nel lontano passato geologico della Terra, ma non tutti sanno che anche nel futuro lontano i continenti potrebbero tornare ad unirsi tra di loro. In questa pagina del sito DeviantArt ho trovato una proposta di SaltySteve per una possibile "Pangea Proxima", nata 250 o 300 milioni di anni nel futuro. Secondo voi, può essere una previsione corretta?

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