Gioacchino Murat primo Re dell'Italia Unita

di Camus Vanz


“Dall’Alpi allo stretto di Sicilia odasi un grido solo: L’indipendenza d’Italia”. Il 30 marzo 1815, a Rimini, ci fu il primo programma di rivendicazione dell’indipendenza, dell’unità e libertà nazionale racchiuso nel famoso documento del re-generale Giochino Murat noto come il “Proclama di Rimini”. Il proclama colpì positivamente Alessandro Manzoni che compose una canzone dal titolo omonimo: “Proclama di Rimini, 1815”, che al verso 34 recita: “liberi non sarem se non siam uni: / ai men forti di noi gregge dispetto, / fin che non sorga un uom che ci raduni”. L'opera rimase incompiuta in seguito all'esito negativo della campagna militare di Gioacchino Murat. Il “Proclama di Rimini”, su sollecitazione e incoraggiamento da parte di uomini come Vincenzo Cuoco e Giuseppe Zurlo, lanciava un appello a tutti gli italiani, affinché, sotto la bandiera di Gioacchino Murat, si realizzasse il sogno dell’unità d’Italia. Sul tema dell'indipendenza italiana, Murat fu diviso tra il legame con Napoleone e la voglia di conservare il trono, e questo ebbe gravi risvolti anche sul terreno politico, vanificando così il progetto di creare un'Italia libera e indipendente. E se Murat invece fosse riuscito a portare a termine la propria impresa?

Gioacchino Murat Re d'Italia

Gioacchino Murat Re d'Italia

PRIMA FASE DELLA GUERRA D'INDIPENDENZA

15 marzo 1815: Murat dichiara guerra all'Austria cinque giorni prima dell'entrata di Napoleone a Parigi, riuscendo a mettere insieme un esercito forte di 82.000 uomini, inclusi 7.000 cavalieri e 90 cannoni, lasciando in patria un contingente che avrebbe dovuto provvedere alla difesa del regno in caso di attacco dalla Sicilia. Gli austriaci rinforzano le proprie truppe in Lombardia, un esercito forte di 120.000 uomini, che inizialmente era stato mobilitato per attaccare Napoleone in Francia, posto sotto il comando di Heinrich Johann Bellegarde. Successivamente lo Stato Maggiore austriaco, assegna parte delle truppe dell'Italia settentrionale sotto il comando di Johann Maria Philipp Frimont, per contrastare l'avanzata di Murat. A tale scopo, Frimont stabilisce il proprio quartier generale a Piacenza per sbarrare la strada per Milano al Re di Napoli. Poco prima dell'inizio della guerra. Murat invia le sue due divisioni della Guardia nello Stato Pontificio. Papa Pio VII si rifugia a Genova, mentre con il resto dell'esercito Murat pone il proprio quartier generale ad Ancona e avanza verso Bologna.

19 marzo 1815: Gioachino Murat è acclamato re d’Italia e con circa 40 mila soldati incomincia l’impresa di liberazione dell’Italia dagli invasori. Oltre al suo proclama Gioachino scrive un bando indirizzato ai soldati: “d’Onore e di Fedeltà … per le libertà, per l’indipendenza della patria, pel trionfo dé principi liberali messi in bando dà vostri nemici …”.

30 marzo 1815: Murat giunge a Rimini. Viene emesso il “Proclama di Rimini”, col quale incita tutti gli Italiani a sollevarsi contro i dominatori stranieri e a combattere per la causa dell'Italia Unita.

Nel frattempo gli austriaci al comando del generale Federico Bianchi, vengono sconfitti in uno scontro nei pressi di Cesena e si ritirano verso Modena, schierandosi sulla difensiva dietro il fiume Panaro.

3 aprile 1815: Murat avanza verso Bologna conquistandola, per poi ingaggiare e sconfiggere nella battaglia del Panaro l'esercito di Federico Bianchi respingendolo fino a Borgoforte mentre la divisione comandata dal generale Michele Carrascosa su ordine di Murat occupa Modena, Carpi e Reggio Emilia. L'esercito Napoletano inizia l'assedio di Ferrara, che viene occupata dopo un lungo ed estenuante assedio, e solo dopo aver cacciato gli austriaci.

8 aprile 1815: Le due divisioni della guardia che Murat aveva inviato nello Stato pontificio riescono a penetrare indisturbate in Toscana, occupando Firenze, la capitale del Granducato, costringendo il granduca Ferdinando III di Toscana a fuggire a Pisa. Laval Nugent von Westmeath, generale della guarnigione austriaca di Firenze si ritira a Pistoia, installandosi in posizione difensiva, in attesa di rinforzi in arrivo da nord, fermando l'avanzata napoletana. Lo stesso 8 aprile Murat attraversa il Pò a Occhiobello, nei pressi di Ferrara, per entrare in territorio austriaco.

8-9 aprile 1815: Battaglia di Occhiobello. Primo attacco dei Napoletani che effettuano la carica di un intero reggimento di dragoni, che con astuzia ed efficacia rompono il piccolo sbarramento dell'artiglieria austriaca al comando di Jhoan Freiher von Mohr. La battaglia si conclude con la vittoria dei Napoletani. Il giorno successivo un contingente di 20.000 uomini composto in gran parte da reduci e veterani delle guerre napoleoniche si unisce all'esercito napoletano. Sul finire del 9 aprile gli austriaci ripiegano su di una posizione difensiva, in attesa della controffensiva napoletana. Il Regno Unito, che nel frattempo aveva inviato una flotta di cannoniere nel mar Adriatico, dichiara guerra al Regno di Napoli. Gli austriaci al comando di Laval Nugent von Westmeath vengono sbaragliati dai continui attacchi dei Napoletani sull'Appenino ligure, che risalgono in direzione di Modena.

12 aprile 1815: Dopo tre lunghi giorni di combattimenti e dopo aver subito 1500 perdite, gli austriaci sono nuovamente sconfitti nella battaglia Mantova e sono costretti a ritirarsi a Piacenza. Vengono, in seguito, occupate dall'esercito Napoletano la città di Parma e Cremona dove incontrano una fiacca resistenza da parte delle truppe austriache. Nel contempo, Murat ordina un attacco per liberare la città di Brescia assediata dalle truppe austriache dopo che questa era insorta.

14 aprile 1815: Il gen. Carrascosa, libera Brescia. Alcuni reparti austriaci al comando di Federico Bianchi, acquartierati a Legnano e Rovigo, si ritirano inspiegabilmente verso Verona dove sono raggiunti da resto delle truppe evacuate da Brescia, poco prima della liberazione della città.

17 aprile 1815: La battaglia di Piacenza segnerà il punto di svolta della campagna militare murattinana. Prima dell'inizio della battaglia, Murat incrementa il contingente napoletano fino a 9.000 uomini, per lo più tra i volontari proveniente da tutta Italia pronti a morire per la causa dell'Unità e dell'Indipendenza della Nazione Italiana. Frimont, invece, riceve l'ordine di tornare in Lombardia e preparare le truppe austriache per l'invasione della Francia: a combattere Muarat così, rimasero così solo due corpi austriaci per un totale di 25.000 uomini. Nella battaglia di Piacenza, Murat riesce con una sequenza impressionante di manovre e rapide schermaglie a basa intensità, ad accerchiare Neipperg, il quale ordina alle sue truppe di ripiegare su Milano per organizzare un estremo tentativo di difendere la città dai napoletani. Le divisioni comandate da Carrascosa occupano le città di Pavia, Vigevano, Lodi e Melegnano sbaragliando la la fiacca resistenza opposta dalle guarnigioni austriache dalle truppe di Frimont. Murat, decide allora, di attaccare Milano e sconfiggere Neipperg, prima che potessero giungere nuovi rinforzi inviati da Frimont, cercando poi affrontare quest'ultimo e sconfiggerlo definitivamente.

20 aprile 1815: Murat conquista Milano. Murat, che fino a quel momento aveva ricevuto uno scarso sostegno dalle popolazioni italiane, viene accolto oltre che da una folla entusiasta di milanesi. Ugo Foscolo gli conferirà l'appellativo di “Padre della Patria” e “Imperatorum Romanorum”, Imperatore di tutti i Romani. Frimont ordina la ritirata generale delle sue truppe dalla Lombardia e pone il nuovo quartier generale a Verona per organizzare la difensiva contro l'esercito Napoletano. A Milano, Murat adotta come bandiera , non più quella del Regno di Napoli ma il Tricolore Italiano, verde, rosso e bianco con al centro lo stemma del Regno di Napoli (1808 – 1815): uno scudo che rappresenta lo stemma del nuovo stato in un vessillo a sfondo azzurro circondato da una cornice rettangolare a scacchi rossi e bianchi. Lo stemma unisce al fascio e all'aquila, simboli dell'Impero francese, il cavallo nero su sfondo dorato come emblema di Napoli, e il triscele per rappresentare la Sicilia. La corona all'apice dello stemma rappresenta il titolo regale del Murat ottenuto secondo una costituzione, lo statuto di Baiona, mentre lo sfondo per la prima volta riprende i colori dello stemma degli Altavilla, primi sovrani di Sicilia.

Bandiera del Regno d'Italia (1815)

Bandiera del Regno d'Italia (1815)

21 aprile 1815: Frimont ordina il dispiegamento delle sue truppe lungo il fiume Adige a difesa dei possibili passaggi e allo scopo di bloccare la marcia del “Re di Napoli” in Veneto. La sera stessa del 21 aprile Murat invia il gen. Carrascosa e Pepe a Pastregno con due contingenti di 60.000 uomini ciascuno, più altri 20.000 volontari accorsi da tutte le regioni d'Italia per combattere gli austriaci.

26 aprile 1815: I successi di Muarat inducono i Ducati Parma, Modena, Granducato di Toscana, Stato Pontificio, liberatesi dai rispettivi sovrani, a chiedere l'annessione al Regno di Napoli. A Napoli, il governo provvisorio ratifica la fusione con gli Stati dell'Italia centrale. Il Regno di Sardegna rimane neutrale.

10 maggio 1815: L'esercito Napoletano, varcato l'Adige, entra a Verona e prosegue verso Vicenza. Nuove armate raccogliticce sono battute e respinte oltre l'Adige. Capitolazione dell'armata di Neipperg che verrà fatto prigioniero dai Napoletani dopo la battaglia.

22 maggio 1815: Offensiva dell'esercito Napoletano. Dopo accaniti combattimenti le truppe guidate dal gen. Guglielmo Pepe, riescono ad accerchiare e sconfiggere gli Austriaci nella battaglia di Vicenza. La battaglia in cui muoiono molti ufficiali austriaci, contribuì far scendere il morale dell'esercito Austriaco, che si ritira scompaginato.

24 maggio 1815: Murat e Carrascosa avanzano da Verona su Rovigo, e si dirigono su Padova, dove Murat ottiene un'altra vittoria sugli austriaci. Subito dopo le armate Napoletane si ricongiungono a Montecchio Maggiore nei pressi di Treviso.

31 maggio 1815: I Napoletani, battono gli austriaci nella battaglia di Mira, cui partecipano anche volontari accorsi dal Piemonte. Al termine della battaglia l'esercito Napoletano si impadronisce della città, mentre l'esercito Austriaco si sgretola. Frimont è fatto prigioniero dai soldati napoletani.

3 giugno 1815: Murat alla testa dell'esercito Napoletano marcia su Venezia. Gli inglesi inviano una flotta al largo della Sicilia.

4 giugno 1815: Murat entra trionfalmente a Venezia. Il popolo accoglie con entusiasmo il liberatore. Intanto la scarsa popolarità della guerra in Austria, la preoccupazione che l'Italia si avvii all'Unità, inducono l'imperatore Austriaco Ferdinando II, a porre fine alla guerra col Trattato di Mirano.

7 giugno 1815: Firma del TRATTATO DI MIRANO, stipulato il 20 maggio a Mirano, tra l'esercito austriaco, sconfitto nella battaglia di Padova e quello Napoletano di Gioacchino Murat, Re di Napoli. Il trattato pone fine alla dominazione austriaca sul Lombardo-Veneto (il Veneto fino al fiume Livenza), che l'Imperatore Francesco I d'Asburgo consegna a Murat. La convenzione, è sottoscritta per i Napoletani da Pietro Colletta, plenipotenziario del gen. in capo Michele Carrascosa. Per gli Austriaci, il trattato è firmato da Adam Neiperg, plenipotenziario del generale in capo Federico Bianchi e da Lord Burghrsh, ministro plenipotenziario di Sua maestà Britannica presso la corte di Toscana.

11 giugno 1815: Con votazione unanime, il Parlamento Napoletano, proclama GIOACCHINO NAPOLEONE MURAT “Re d'Italia”. Napoli è la capitale del Regno di Italia. A Napoli il governo provvisorio annuncia l'elaborazione di una costituzione che concili, “libertà e autorità”.
Il regno d'Italia viene suddiviso in 7 grandi regioni: Transpadania, Veneto, Etruria, Sabinia, Napolitania, Lucania, Calabria.

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L'Italia al momento dell'Unità, è un paese essenzialmente agricolo, caratterizzato dalla presenza di residui feudali (la mezzadria diffusa nell'Italia centrale, il latifondo nel Meridione). L'industria è ancora debole ed è accettata in Lombardia; il sistema fabbrica e poco diffuso: la produzione artigianale continua ad avere rilevante importanza.
Al momento dell'Unità Murat, si trova ad affrontare molti gravi problemi: dall'Unificazione legislativa, amministrativa e doganale (superamento dei particolarismi e separatismi), alla formazione di un esercito Nazionale, alla creazione delle infrastrutture (rete stradale e ferroviaria), all'approntamento di un efficiente sistema scolastico. Le spese militari e quelle del nuovo stato unitario gravano sul bilancio statale (deficit) e portano a un eccessiva pressione fiscale, che grava soprattutto sui ceti meno abbietti.
Viene adottata l'organizzazione centralizzata dello Stato, imperniata sui Governatori di nomina governativa a capo delle 7 regioni; limitata autonomia ai Comuni: rappresentanza politica censitaria (elettori il 5% della popolazione).

Settembre 1815: Tutta l'attenzione politica e rivolta alla cosiddetta, “Questione Romana”. Reazione del Pontefice Papa PIO VII. SILLABO: condanna dell'Unità d'Italia, del liberalismo, del laicismo, del cattolicesimo liberale, della supremazia dello Stato sulla Chiesa.

Febbraio 1816: Il gen. Guglielmo Pepe con un corpo di volontari, fidando nel tacito consenso di Murat, inizia da Messina una spedizione per liberare tutta la Sicilia “Trinacria, terra d'Italia”. Viene però fermato dalla flotta Anglo-Borbonica.

16 febbraio 1816: Il governo italiano impone alla flotta Italiana un'azione generale nel Tirreno per cacciare la flotta Inglese.

3 marzo 1816: Battaglia navale al largo di Messina (“Battaglia di Messina”) e sconfitta della flotta navale Inglese, dovuta alla crisi di comando, alla scarsa coesione dell'esercito, e ai contrasti tra i Comandanti Inglesi e i Borboni.

24 marzo 1816: Armistizio di Milazzo, stipulato tra il comandante della flotta inglese e l'Ammiraglio della Marina Italiana. I Borboni sono costretti a evacuare tutta la Sicilia. In Inghilterra le polemiche sul disastroso andamento della guerra provocano delusione e malcontento. Gli inglesi per cercare di risolvere con la forza la situazione consegnano la Sicilia e le Isole Eolie al Regno d'Italia in cambio del loro predominio su Malta, Pantelleria e il Mar Mediterraneo.

25 marzo 1816: Il governo italiano sancisce l'annessione della Sicilia al Regno d'Italia, con il nome di “Trinacria”. Ferdinando IV è costretto a fuggire dall'Isola, prima in Sardegna poi a Madrid, su di un mercantile spagnolo, dopo che la flotta italiana, aveva bloccato il porto di Palermo e distrutto le cannoniere borboniche li presenti.

30 marzo 1816: In Sardegna, cresce il malcontento della masse popolari contro Vittorio Emanuele I di Savoia. I comitati popolari chiedono formalmente l'intervento militare italiano e l'annessione al Regno d'Italia.

6 aprile 1816: L'intenzione di occupare la Sardegna da parte dell'esercito italiano, comunicato alle altre potenze, non provoca reazione in Europa, nonostante le forti proteste del governo Sabaudo e di Casa Savoia.

Giugno 1816: Scoppiano delle ribellioni in ogni città della Corsica sottoposte a pesanti tributi. Le milizie cittadine corse sono battute dai Francesi, nella battaglia di Saint-Florent. Nello stesso mese si costituisce il “Partito della Corsica Italiana”. Il sentimento dell'indipendenza Corsa è tenuto vivo da associazioni e comitati cittadini filo-italiani.

Luglio 1816: Si costituisce il “Movimenti degli Italici Corsi” che si batte per salvaguardare l'appartenenza “Italiana” della Corsica. Scoppia la guerra civile tra i Patrioti filo-Italiani e e le truppe di occupazione francese con l'intervento delle truppe italiane che conquistano Portovecchio e il 14 luglio occupano Ajaccio. Per iniziativa di Gioacchino Muarat, “Re d'Italia”, un'assemblea di patrioti corsi proclama l'annessione della Corsica al Regno d'Italia. La Francia ritira tutte le truppe presenti nell'isola.

Settembre 1816: La “Guerra Civile Corsa” ha richiesto gravi sacrifici e entrambi i belligeranti (oltre 20.000 morti falciati soprattutto da epidemie negli ospedali e nei campi di prigionia francesi). Al momento dell'annessione la Corsica è completamente dissestata. La ricostruzione dell'isola diventa il compito principale degli anni che seguono.

1816 – 1821: A luglio del 1816, viene convocato il primo Parlamento Italiano eletto, presieduto da Vincenzo Cuoco: il 70% dei seggi è liberal-monarchico, il 24% democratico e il rimanente 9% indipendente. La costituzione che nasce tra settembre e gennaio è una Costituzione Laica e Liberale; Monarchia rappresentativa ereditaria secondo la legge salica (il Re nomina il Primo Ministro e l'esecutivo); Sistema Bicamerale: Senato vitalizio di nomina regia; Camera dei Deputati elettiva su base censitaria; La religione cattolica è religione di Stato.
Il governo provvisorio presieduto da un comitato di salute pubblica cade e Murat affida l'incarico di formare un nuovo governo a Pellegrino Rossi. Il gabinetto presieduto da Pellegrino Rossi, si applica per rendere più efficiente l'intero apparato burocratico, riorganizzare la giustizia, trasformando i giudici in funzionari. L'istruzione diventa obbligatoria e si articola in scuole inferiori, medie e superiori, controllate e regolamentate dallo stato. L'accento è posto soprattutto sulle materie umanistiche (letteratura italiana, latino, greco), in misura minore alla matematiche e le scienze applicate.
Nel Novembre del 1815 entra in vigore il “Concordato”, che subordina il clero allo Stato e stabilisce la confisca dei beni ecclesiasti e la chiusura di scuole religiose e dei seminari. Grazie ha un provvedimento del governo Rossi si attenua l'inflazione con la fondazione del “Banco d'Italia”. Ripresa del commercio e dell'industria dovuta ai dazi protezionistici, costruzione di strade, ferrovie e commesse statali per l'esercito. La carriera statale è aperta a tutti i cittadini. Creazione di una nuova nobiltà dotata di maggioraschi e insignita di antichi titoli. Entra in vigore il “CODICE MURATTIANO” che codifica le leggi, garantendo la libertà personale, la proprietà privata, la parità di diritti, i matrimoni civili e il divorzio. 
Sotto Muarat, l'Italia si avvia a diventare una grande potenza economica e militare. L'Italia acquista maggiore peso politico e commerciale, con la stipula dei trattati commerciali con le altre potenze europee. Viene introdotto il servizio militare obbligatorio e riorganizzato l'esercito sul modello francese e prussiano; l'istruzione diventa obbligatoria. La moneta del Regno d'Italia e la LIRA. Viene abolito l'ultimo residuo di ordinamento feudale: i grandi latifondisti sono sostituiti dai distretti amministrativi; istituzione delle pensioni statali per indennizzare i veterani e reduci di guerra. La popolazione è in continuo aumento. Trattati di amicizia con Francia, Inghilterra, Russia, Impero Ottomano.

- Cultura
La cultura si fa portavoce, soprattutto dell'aspirazione unitaria. Napoli, diventa il centro di un intensa attività culturale, affluiscono i maggiori rappresentanti della vita intellettuale italiana, continuando il processo iniziato durante il rinnovamento settecentesco. Gli scrittori italiani partecipano attivamente anche alla vita politica, in vari posti di responsabilità civile e militare, spesso alternando l'intellettuale con l'azione politica.

- Politica 
In parlamento si formano le correnti politiche: conservatrice, federalista, costituzionale unitarista. Pur concordando, nell'aspirare all'unità nazionale, i RADICALI (generalmente piccolo borghesi, artigiani) tendono a una Repubblica Democratica, mentre la borghesia cittadina e l'intellettualità liberale, si limitano a riforme moderate e costituzionali. Vengono nominati ministri liberali. Il parlamento abolisce la censura e realizza le prime riforme. Dal 1821 nelle varie regioni d'Italia si rafforza il movimento democratico che ha come scopo la revisione della Costituzione: ne deriva un acuto contrasto tra Liberali, che sono a favore della monarchia Costituzionale, e i Radicali e Democratici, che vogliono l'abolizione della Monarchia e l'instaurazione di una Repubblica Democratica.

- Economia & Industria
Organizzazione per lo sviluppo delle industrie minerarie, siderurgiche e meccaniche. Nascono le grandi banche; migliora l'agricoltura. Incremento delle attività commerciali attraverso la formazioni dei capitali finanziari (istituti bancari e di credito) e lo sviluppo della grande industria. Sviluppo dell'industria e delle ferrovie italiane. Lo sviluppo della cooperazione agricola rurale incrementa l'esportazione di prodotti agricoli.

- Urbanistica
Inizio di nuovi programmi edilizi di lavori pubblici (ferrovie, strade, canali, porti). Tra il 1816 e il 1825 trasformazione urbanistica di Napoli: circa 60.000 nuove costruzioni, alloggi case popolari, palazzi. Proclamazione della libertà di sciopero e l'affrancamento dei contadini dalla servitù feudale. Nuove provvidenze sociali per i lavoratori e i meno abbietti ( casse mutue, alloggi, biblioteche popolari), le ore di lavoro sono ridotte a otto e viene sancito per la prima volta il diritto di sciopero e associazione. Servizio militare obbligatorio.

SECONDA FASE DELLA GUERRA D'INDIPENDENZA

Marzo 1821: In Piemonte i patrioti lombardi, con a capo Santorre di Santarosa, contano sull'appoggio di Murat per espellere Vittorio Emanuele I e dichiarare l'annessione di tutta la Savoia al Regno d'Italia. Vittorio Emanuele e il figlio Carlo Felice, fiduciosi dell'intervento francese, tentano una sporadica resistenza contro le milizie popolari guidate da Santorre di Santarosa e Ciro Menotti.

15 marzo 1821: Falliscono i tentativi di Vittorio Emanuele I di conciliarsi la simpatia della popolazione per evitare il sorgere di un conflitto. Il pericolo di guerra imminente preoccupa Luigi XVIII che ordina la mobilitazione dell'esercito Francese al confine con la Savoia. Contro Murat, il Regno Sabaudo stringe un'alleanza con la Francia in vista di una soluzione militare per sedare le ribellioni. Invitato da Vittorio Emanuele I, Luigi XVIII invia truppe francesi da impiegare contro l'Italia.

16 marzo 1821: Vittorio Emanuele I e Luigi XVIII, sottoscrivono un trattato che obbliga la Francia a inviare un contingente di 15.000 uomini, in caso di attacco da parte italiana. Nello stesso periodo, in Europa, incomincia ad accendersi un grande entusiasmo per la causa italiana, ma nessun governo si dimostra disposto a dare un contributo concreto.

26 marzo 1821: L'esercito francese, su espressa richiesta di Vittorio Emanuele, giunge a Torino, e subito intraprende una sistematica repressione degli insorti. Migliaia di patrioti piemontesi filoitaliani per fuggire alle rappresaglie riparano all'estero. A Torino con l'aiuto dell'esercito francese è restaurato il regime assoluto: processi e condanne.

29 aprile 1821: Scontri tra i volontari italiani guidati da Confalonieri e i soldati franco-piemontesi ad Asti e Alessandria.

2 maggio 1821: Le truppe italiane entrano in Piemonte, avanzando verso Torino. L'esercito franco-piemontese viene sconfitto nella battaglia di Chivasso ad opera del gen. Guglielmo Pepe, a cui hanno partecipato, volontari appartenenti alla aristocrazia Piemontese.

3 maggio 1821: L'avanzata degli italiani verso Torino, stimola il sentimento patriottico e nazionale italiano. Falliscono i tentativi francesi di respingere gli italiani.

13 maggio 1821: Conquista di Asti e Alessandria. Le esigue truppe franco-piemontesi sono sopraffatte dalla superiorità delle truppe italiane del gen. Guglielmo Pepe. L'esercito Piemontese deve ripiegare sotto l'incalzare delle truppe italiane, dopo aver subito gravi perdite.

14 maggio 1821: La campagna dell'Italia contro il Piemonte termina con la presa di Torino, per giungere alla Pace di Sestrierre: cessione della Savoia, Piemonte, Nizza che vengono annesse al Regno d'Italia. Vittorio Emanuele I abdica, rinunciando per sempre al Regno e fugge a Parigi.

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29 maggio 1821: Trattato di Nizza, che contribuisce alla distensione tra le varie potenze Europee. Viene firmato il seguente accordo: PATTO DI SICUREZZA, (Francia, Inghilterra, Italia, Impero Austro-Ungarico), per la regolazione pacifica di tutte le controversie, con l'impegno della dell'Austria a non attuare con la forza rettifiche del confine sud occidentale; la Francia a garantire l'inviolabilità del confine sud-orientale e la smilitarizzazione dell'Occitania orientale.
Alla fine del conflitto si rafforza la coscienza nazionale italiana, ma rimangono per lo più insoluti i problemi delle minoranze nazionali e le questioni di confine. L'Italia persegue sempre più una politica dettata da interessi nazionali, per affermare la sua egemonia su tutta l'area del Mediterraneo.

Camus Vanz

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Ed ecco una possibile continuazione scritta dall'amico Stefano Giaccaglia:

1821-1836: Periodo relativamente tranquillo in cui l’Italia si dedica allo sviluppo interno. Riforme per favorire l’industrializzazione, che favoriscono la nascita dei triangoli industriali tra Milano, Torino e Genova e tra Venezia, Padova e Bologna, ma anche la nascita del quadrilatero industriale tra Napoli, Reggio Calabria Taranto e Bari. I Porti di Genova, Gioia Tauro, Taranto, Ancona e Venezia diventano i più sviluppati del mediterraneo. Decuplicano anche i chilometri di reti ferroviarie. Iniziano anche i lavori per i trafori sulle alpi. Importanti riforme anche nell’esercito, con maggiore risalto dato al merito e incentivi per quelli che dopo la leva intendono rimanere e far carriera nelle forze armate. Potenziamento della marina da guerra con la realizzazione di molte navi e cannoniere legate agli ultimi ritrovati della tecnica in ambito militare. Razionalizzazione e miglioramento dei reparti dell’esercito. In particolare con regio decreto n°1953 del 18 giugno 1836, viene creato su idea del gen. La Marmora la specialità di fanteria dei bersaglieri per l’esplorazione e l’assalto, e viene promossa a forza armata, con compiti di polizia e polizia militare, l’arma dei carabinieri, nella quale si convogliano tutti i corpi di gendarmeria e similari presenti nel regio esercito.

21 febbraio 1837: All’età di 70 anni, si spegne nella notte per un attacco di cuore il re soldato, il padre della patria, nonché il fautore dell’unità. Profondo cordoglio in tutto il paese per la morte del primo re d’Italia. Secondo la costituzione, il 20 marzo 1837, equinozio di primavera,viene incoronato nel duomo di Napoli il figlio primogenito di Murat e Carolina Bonaparte, Napoleone Achille Murat.

1837-1838: Francia, Inghilterra e impero Asburgico ritengono il nuovo sovrano un debole, e sono convinti che l’Italia unita si reggeva solo su carisma del grande re soldato e sulla sua figura, quindi cestinando il trattato di Nizza del 1821 e, forti dell’accordo segreto di Marsiglia, che impegna le tre nazioni ad entrare in guerra se attaccate dall’Italia, iniziano molte campagne per trascinarla in guerra e, successivamente, per smembrarla facendo ritornare la situazione antecedente all’unità. A riprova di ciò, in tutto il territorio italiano, nel primo biennio di regno del secondo re d’Italia, vengono arrestati qualcosa come 200 anarchici insurrezionalisti che poi si dimostrano essere collegati se non finanziati direttamente dalle tre potenze sopracitate. Contemporaneamente sia Austria che Francia mobilitano le loro truppe al confine, effettuando continue esercitazioni volte a provocare gli italiani per trascinarli in una guerra. Però il nuovo re non è stupido come tutti credono, ma si dimostra alquanto assennato. Di carattere mite e gioviale, ma anche risoluto, cresce a Napoli con idee piuttosto liberali. Raggiunta la maggiore età, prima di intraprendere la carriera militare, viaggia per tutte le capitali europee ed americane come rappresentante del regno d’Italia. Si innamora particolarmente degli Usa, dove conosce Catherine Daingerfield Willis, che sposerà nel 1826. Nel 1824 entra nell’esercito. Dimostra subito la stessa capacità tattica del padre e fa rapidamente carriera. Nel 1828 raggiunge il comando di uno squadrone dei dragoni di Firenze e nel 1832 raggiunge il comando della 3° divisione di cavalleria “Lupi di toscana”. Divenuto re e imbeccato dall’eccellente servizio segreto del regno, capisce subito le manovre tentate dalle potenze confinanti, e agisce di conseguenza: con il regio decreto n°2051 del 16 giugno 1837, vengono create 4 divisioni alpine, divisioni formate da personale reclutato tra le valli su base volontaria, quindi con forte senso di corpo e con ferrea volontà nel difendere le proprie case. Inoltre sono addestrate duramente per combattere nelle condizioni più dure possibili: si tratta a tutti gli effetti del primo esempio di truppe da montagna. Inoltre sfrutta i suoi contatti con gli americani per stipulare accordi commerciali e di amicizia. Sfrutta le sue tendenze liberali dando mandato ad un pool di giuristi, letterati e politici di proporre una modifica della costituzione per adeguarla a modello di quella americana, che ritiene la migliore esistente.

2 novembre 1838: le continue intromissioni per rovesciare e smembrare il regno culminano nella così detta “rivolta dei morti”: la notte la flotta inglese sbarca tra Marsala e Mazara del Vallo un migliaio di filo borbonici che dovrebbero istigare alla rivolta la Sicilia, ma la popolazione non partecipa alla rivolta e anzi, prende le armi contro i rivoltosi e aiuta i carabinieri e il corpo delle guardie di pubblica sicurezza ad arrestarli. Questo atto da parte degli inglesi, provoca la rottura dei rapporti diplomatici tra l’Italia e l’Inghilterra.

10 gennaio 1839: entra in vigore la nuova costituzione, che introduce tra le altre cose un senato non più di nomina regia ma di nomina a base regionale, la dichiarazione dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge ed infine, ma non meno importante, l’introduzione del suffragio universale maschile valido per tutti i cittadini. Di fatto l’Italia diventa uno degli stati più liberali d’Europa non che del mondo, e i salotti culturali di Roma, Napoli e Firenze divengono i punti di ritrovo di tutti i liberali europei.

1839-1847: continua l’opera di industrializzazione del paese, che progressivamente sta diventando una delle prime potenze mondiali. Inel 1842, con il completamento del traforo del Frejus, la rete ferroviaria italiana diventa la prima d’Europa per estensione. Continua anche la scolarizzazione della penisola, con l’innalzamento della scuola dell’obbligo fino alla terza media e con il tasso di analfabetismo che cala progressivamente. Continuazione del potenziamento dell’esercito e della marina, che ormai contende alla Mediterranean Fleet il controllo del mediterraneo.

15 aprile 1847: improvvisa quanto inaspettata morte del secondo re d’Italia Napoleone Achille Murat. Secondo la costituzione, diventa regina la figlia secondogenita di Gioacchino, Letizia Murat, dato che Napoleone Achille non ha lasciato eredi. Rispettando la consuetudine inaugurata dal fratello dopo i funerali del padre, la regina viene incoronata nel duomo di Napoli dopo un mese dai funerali, quindi il 15 maggio 1847.

TERZA FASE DELLA GUERRA D’INDIPENDENZA

1848: la primavera dei popoli, che colpisce tutta l’Europa, passa marginalmente in Italia, che anzi, da salotto liberale d’Europa, finanzia segretamente i liberali austriaci, francesi ed inglesi che chiedono riforme e libertà. Nell’impero Asburgico la rivolta accende gli animi propagandosi in Boemia e in Ungheria, ed infine anche nell’Austria. Il 13 marzo gli studenti di Vienna insorgono chiedendo un governo più liberale.

18 aprile - 23 maggio 1848: Sentendo le notizie che arrivano dalla capitale, la protesta monta in tutte le regioni a maggioranza italiana, fomentate anche dagli esuli riparati in Italia: Trento, Trieste, Belluno, Aquileia, Udine, Fiume, Zara, Spalato, Ragusa e tante altre cacciano le rispettive guarnigioni e si dichiarano libere città italiane chiedendo l’annessione al regno d’Italia. Il governo subito si affretta a riconoscere la libertà di queste città si dichiara pronto all’annessione, intimando al governo asburgico di non intervenire contro le città ribelli. Nel frattempo mobilita l’esercito e la marina in previsione della più che probabile guerra.

27 maggio 1848: sotto il comando del maresciallo Radetzky, l’armata austriaca del Friuli cinge d’assedio Trento, Belluno e Udine.

28 maggio 1848: il governo italiano dichiara guerra all’impero Asburgico e passa i confini. Gli italiani attaccano con due divisioni alpine, quattro divisioni di fanteria e due di cavalleria, mentre dal mare usano la flotta dell’adriatico, che comprende anche due battaglioni di “fanti da mar”, la fanteria da sbarco creato per ricalcare il famoso reparto della marina veneziana.

30 maggio 1848: la flotta dell’adriatico si raduna davanti a Cattaro e comincia la risalita verso nord, rimando bene in vista dalla costa. La vista della flotta italiana che viene a portare appoggio fa esplodere gli animi in tutta la bassa Dalmazia: dovunque spuntano tricolori e si bruciano i simboli asburgici.

1 giugno 1848: primo scontro tra italiani e austriaci: l’armata alpina raggiunge Trento e rompe l’assedio costringendo gli austriaci a ritirasi verso Belluno. Intanto la flotta continua a risalire verso nord e in serata arriva nella baia di Ragusa tra il giubilo della cittadinanza.

5 giugno 1848: la seconda armata raggiunge Belluno e libera anch’essa dall’assedio. Gli austriaci si ritirano intorno ad Udine. Il maresciallo Radetzky richiede rinforzi per rimpiazzare le forze perse nei primi due scontri. Nel frattempo la flotta italiana arriva a Spalato.

6 giugno 1848: il Regno Unito, preoccupato dalla nuova potenza ostile che sta nascendo nel mezzo del Mediterraneo, rompe gli indugi e dichiara guerra all’Italia. La Francia, sconquassata dalle rivolte interne, non interviene.

8 giugno 1848: le due armate italiane si incontrano a una ventina di chilometri da Udine. La flotta intanto raggiunge Zara senza trovare traccia della flotta nemica.

9 - 10 giugno 1848: battaglia di Udine, dove gli italiani, con un capolavoro tattico, riescono ad accerchiare l’armata austriaca infliggendogli perdite spaventose. Ora senza la protezione dell’esercito, gli italiani hanno via libera fino ad Innsbruck e Bolzano, senza che nessuno possa opporsi. Lo stesso maresciallo Radetzky viene catturato mentre cercava di scappare. Intanto le altre tre flotte italiane (quella del Tirreno settentrionale, quella del tirreno meridionale e quella ionica) si muovono per cercare la Mediterranean Fleet.

12 giugno 1848: battaglia dell’isola di Unie: la flotta austriaca compare al largo dell’isola e viene affrontata e distrutta da quella italiana. Gli italiani catturano cinque navi e ne affondano otto, non perdendone nessuna. Dopo un giorno di riposo, l’esercito italiano si rimette in marcia procedendo verso nord.

13 giugno 1848: l’Adriatico è a tutti gli effetti un lago italiano, quindi vede un via vai di trasporti italiani che sbarcano truppe in Dalmazia e Istria, mentre la flotta dell’adriatico si ritira verso Ancona per riorganizzarsi e prendere parte alla caccia della flotta inglese.

15 giugno 1848: firma dell’armistizio di Trento tra Austria e Italia.

17 giugno 1848: la flotta dello ionio blocca l’isola di Malta e inizia il cannoneggiamento di La Valletta.

20 giugno 1848: battaglia di Biserta: la flotta inglese viene individuata e seguita a distanza fino al punto di raduno, al largo della città tunisina. Qui due flotte italiane, quella del tirreno settentrionale e quella del tirreno meridionale, l’attaccano e riescono ad averne la meglio, catturando sette navi e distruggendone una quindicina, a fronte della perdita di sole due navi.

21 giugno 1848: le navi reduci dalla battaglia che non hanno subito danni significativi si muovono verso Gibilterra, mentre le navi danneggiate scortano i velieri catturati in Sicilia.

25 giugno 1848: la flotta reduce dalla battaglia raggiunge i porti di Trapani e Palermo, tra la gioia degli abitanti delle città. La notizia della clamorosa vittoria si diffonde subito in tutta Italia.

30 giugno 1848: la flotta dell’Adriatico si ricongiunge a quella dello Ionio completando l’accerchiamento di malta, di Pantelleria, e delle isole Pelagie.

5 luglio 1848: arriva a Gibilterra la flotta reduce dalla battaglia di Biserta, e subito blocca l’importante avamposto inglese.

7 luglio 1848: inizia l’invasione di Malta: tutti i fanti da mar delle due flotte riunite sbarcano nello stagno di Malleggia, conquistano agevolmente tutta la zona nord dell’isola, mentre dalla Sicilia provengono due divisioni di fanteria.

8 luglio 1848: prosegue l’avanzata delle truppe italiane sull’isola. La squadra navale che assedia Gibilterra si deve ritirare per la comparsa all’orizzonte di una imponente flotta britannica, inviata in soccorso agli assediati. Vengono lasciate solo delle piccole e veloci navi che sorvegliano a distanza i movimenti degli inglesi.

11 luglio 1848: tutta l’isola di Malta è quasi completamente sotto il controllo italiano, ad eccezione di La Valletta, che comunque è sotto assedio.

14 luglio 1848: la regina di Spagna si rende disponibile per mediare una conferenza di pace.

15 luglio 1848: le guarnigioni di Pantelleria e delle isole Pelagie si arrendono alla flotta italiana. Intanto la situazione di La Valletta, bombardata sia dal mare che da terra, si fa disperata e tra i difensori si registrano molte defezioni.

20 luglio 1848: la flotta che assediava Gibilterra arriva a Cagliari e dà l’allarme.

25 luglio 1848: per evitare che l’arrivo degli inglesi dia morale ai difensori e costringa la flotta ad allontanarsi, gli italiani lanciano l’assalto finale a La Valletta, che stremata da più di un mese di assedi e cannoneggiamenti, non riesce a resistere più di qualche ora. Con la conquista della città, si completa la conquista della strategica isola al centro del mediterraneo.

27 luglio 1848: Battaglia di Pantelleria: un’imponente flotta italiana, formata dall’unione delle migliori navi di tutte e quattro le flotte italiane intercetta al largo dell’isola di Pantelleria un’altrettanto imponente flotta inglese. La sanguinosissima battaglia che segue si protrae dal mattino per tutto il giorno con fasi alterne, sino a che, verso le cinque di pomeriggio, l’ammiraglia inglese, la Hms Havanna, viene abbordata dai fanti da mar che riescono a catturare l’ammiraglio Sir George Martin, comandante in capo della flotta. Il bilancio a fine giornata vede alte perdite su ambo i lati, rispettivamente 4 navi affondate per gli italiani e 7 affondate e 5 catturate per gli inglesi, che sono anche costretti a ritirarsi verso Gibilterra.

31 luglio 1848: firma dell’armistizio di Palermo con l’ammiraglio Martin.

10 agosto 1848: inizio del congresso di Barcellona.

30 agosto 1848: firma del trattato di Barcellona alla presenza di Isabella II di Spagna, di Letizia Murat regina d’Italia, di Ferdinando I d’Austria e della regina Vittoria, dove si rettifica il nuovo ordine del mediterraneo: L’Austria cede all’Italia il Trentino, il Friuli Venezia Giulia, l’Istria e la Dalmazia, mentre l’Inghilterra cede le Pelegee, Pantelleria e Malta. Festeggiamenti in tutto il regno per la grande vittoria ottenuta. Ora il processo di unificazione dell’Italia viene considerato compiuto. Per i posteri la data del 30 agosto diviene la festa dell’indipendenza, dato che in questa data è stata raggiunta la completa indipendenza di tutta l’Italia.

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Così gli risponde Camus Vanz:

Ti ringrazio, sono contento tu abbia apprezzato i miei lavori. Ho letto la tua Ucronia e devo dire che l'ho trovata molto interessante. Hai fatto davvero un ottimo lavoro. Solo su alcuni punti non posso trovarmi d'accordo, la narrazione sistematica dei fatti da te esposti, interpretati criticamente e considerati nella loro reciproca connessione mi hanno lasciato un po' l'amaro in bocca per quello che io considero essere una sensazione di incompiuto.

Secondo me i moti del '48 in Europa da soli non sarebbero bastati a provocare una crisi nell'impero austriaco tale da poter permettere la completa e definitiva unità dell'Italia.

Io mi immagino invece un intervento dell'Italia nel 1821 a favore dell'indipendenza greca. Le prime rivoluzioni si verificarono nel 1820 - 1821 in quei paesi dove la Restaurazione era stata più intensa ed il malcontento era più forte. La Grecia combatteva contro i Turchi e le varie rivoluzioni guidate da militari, studenti e borghesi fallirono. Immaginiamo che Russia, Francia, Inghilterra e anche l'Italia di Murat intervengano in favore dei patrioti greci nella Guerra d'Indipendenza Greca. Ovviamente francesi, inglesi e russi intervengono per motivi puramente economici e commerciali. Non bisogna dimenticare che il Mediterraneo ed il Mar Nero erano ritornati importanti per il commercio e indebolendo gli Ottomani per i paesi citati sopra sarebbe stato più facile commerciare con l'Oriente.

Andiamo avanti: da una parte Francia, Inghilterra, Russia e Italia che fiancheggiano il nascente Stato Greco, e dall'altra l’Austria, che vede nell’impero Ottomano un elemento determinante per l’equilibrio europeo.

Con la pace di Adrianopoli nel 1829 si riconosce l’indipendenza della Grecia. Nasce così un nuovo Stato al quale le grandi potenze impongono un governo di tipo monarchico-assolutista, dopo la scomparsa di Giovanni Capodistria (è bene ricordare questo personaggio, la Grecia si era data fin dal 1827 un ordinamento politico repubblicano), che come ben saprai anche tu, in realtà fu assassinato, nel 1831, perché la sua politica filo russa non piaceva assolutamente a Francesi e Inglesi. Questo episodio offrirà il pretesto alle potenze vincitrici per imporre un monarca fantoccio: Ottone principe di Baviera.

Da qui comincia il lento e inesorabile declino del grande e potente impero ottomano e la fine della Santa Alleanza, con conseguente riavvicinamento dell'Italia di Murat con Francia e Inghilterra.

Nessuno lo dice, ma Giovanni Capodistria non era Albanese come qualcuno vuol farci credere, ma Italiano. Giovanni Capodistria nacque a Corfù da una famiglia della nobiltà corfiota (a quel tempo parte della Serenissima) ed era il sesto figlio del Conte Antonio Maria Capodistria e di Diamantina Gonemi. Quindi perché non ipotizzare un Intervento dell'Italia a favore dell'indipendenza greca il quale per smarcarsi dall'influenza Inglese cerca l'appoggio e il sostegno dell'Italia, magari anche rinunciando all'indipendenza greca ma propendendo più per l'annessione della Grecia (Peloponneso e Dodecaneso) all' Regno d'Italia (Grecia quindi Ellade).

Per quanto riguarda la questione connessa al completamento dell'unità d'Italia credo si sarebbe potuta ottenere solo nel 1866 grazie ad una alleanza con la Prussia di Bismarck. La Prussia, in quel preciso momento storico aspirava a diventare la principale e unica potenza del mondo germanico se non dell'intera Europa. Ritengo quindi più plausibile che l'italia ottenga Veneto, Trentino Istria e Dalmazia nel 1866 e non nel 1848.

E poi la Guerra di Crimea. Si potrebbe pensare a un Italia forte militarmente che partecipa alla guerra contro la Russia zarista a fianco di Francia e Inghilterra.

L'obiettivo di Achille Napoleone (figlio di Murat, succeduto al padre) e quello di imporre il predominio sul tutto mediterraneo. Si può facilmente immaginare che ciò avvenga al Congresso di Parigi, dove i rappresentanti delle potenze europee si riuniscono per le trattative di pace (1856), ottenendo come contropartita il protettorato sull'isola di Creta, Tripolitania e Cirenaica. Mentre con la guerra Franco-Prussiana del 1870 un'Italia alleata ancora della Prussia potrebbe ottenere dalla Francia sconfitta il controllo della Tunisia e dell'Algeria Orientale. Insomma, ci sarebbe tanto da dire. Comunque anch'io avevo pensato ad Achille Napoleone Murat come successore... ma questa è un'altra storia, e al momento ci sto lavorando.

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E Stefano Giaccaglia aggiunge:

Invece io ho optato per un'altra valutazione delle priorità:

- la crisi greca inizialmente l'ho valutata, ma alla fine mi sono risposto che l'Italia era appena uscita da una guerra con molteplici acquisizioni territoriali, quindi ho pensato che un diretto coinvolgimento possa essere troppo anche per l'esercito italiano di questa timeline. Quindi ho ritenuto più conveniente un invio di volontari (Garibaldi nelle fasi avanzate del conflitto???), magari qualche consigliere militare, ma nulla di più, visto la spietata opposizione che l'Italia riceve da parte internazionale e visto anche la necessità di rimoderanre e unire il paese. Detto ciò, preciso però che non sono esperto della guerra d'indipendenza greca, quindi non vorrei dire castroneria, ma a parer mio l'unione tra Italia e Grecia non penso che sia fattibile, in quanto se i Greci fanno di tutto per ottenere l'indipendenza, non si mettono di certo sotto un nuovo padrone, per quanto più vicino culturalmente al precedente.

- Invece, per quanto riguarda il 1848, sono convinto che non sia così improbabile una repentina avanzata ai danni austriaci: nella timeline reale gli austriaci sono in effettiva difficoltà all'inizio del conflitto e, se re tentenna fosse stato meno indeciso, il Piemonte con il suo esiguo esercito, avrebbe davvero strappato una sorprendente vittoria agli austriaci. Nella Timeline ipotizzata da me, l'esercito e la marina italiani sono letteralmente una spanna sopra (scusa per l'espressione, ma da noi si dice così e non trovo parole migliori per descrivere ciò che voglio dire) a quelli piemontesi sia per addestramento che per numero di uomini, senza contare poi i corpi di volontari (ancora Garibaldi che scappa fuori!?). Inoltre grazie alle politiche liberali adottate, l'italia ha il vantaggio di non risentire della primavera dei popoli, essendo diventata lei stessa la paladina degli oppressi (in questo senso forse un maggiore intervento in Grecia potrebbe essere più logico, in corrispondenza del ruolo che si vuole ritagliare).

- L'intervento in Crimea non l'ho neanche considerato, dato che viene meno la motivazione per il quale il Piemonte partecipò al conflitto. In ogni caso, se l'intervento c'è, ipotizzo che il corpo di spedizione sia un'armata pari se non superiore a quelle di Francia e Inghilterra, che porta ad ottenere importanti aquisizioni territoriali (Dodecaneso e Creta in cambio dell'intervento? Tripolitania e Cirenaica non credo che riescano a strapparle).

- L'avventura coloniale la immagino spalmata in tutta la seconda metà del 1800, e non concentrata al termine: così vedo la conquista della Tripolitania e della Cirenaica (mancate acquisizioni della guerra di Crimea) già all'inizio degli anni sessanta, magari sfruttando come casus belli, gli atti pirateschi verso le navi commerciali italiane (finanziati di fatto dalla corona britannica in una nuova edizione delle guerre di corsa seicentesche), completata poi dalla presa di Algeria e Tunisia dopo la guerra Franco-Prussiana. Contemporaneamente vedo la penetrazione in Etiopia e Somalia già intorno al 1870, magari con l'allargamento verso il Sudan e l'Egitto, in contrapposizione con la rivale storica: l'Inghilterra.

Insomma: il futuro alternativo è bello perchè non è scritto e ognuno lo vede in maniera diversa, e io ho cercato di spiegare la mia visione, aggiungendo anche alcune delle tue idee. Detto ciò mi auguro di continuare presto la discussione.

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Diamo ora la parola al nostro Bhrihskwobhloukstroy:

Un'ucronia su Murat è stata enunciata da Napoleone a Sant'Elena, quando rimpiangeva di non averlo utilizzato a Waterloo, ma non riguardarebbe tanto (né solo) l'Italia; per restare sul tema, credo che l'ucronia con più effetto sia un completo cambio di schieramento, che permetta all'Austria di annettere non solo tutto il Regno Napoleonico d'Italia (risolvendo poi in Casa i problemi di Terzogenitura per Modena-Reggio), ma anche il Piemonte e magari la Liguria (nonostante la Gran Bretagna, che tanto poi l'ha sacrificata lo stesso); la complicità nella spartizione dello Stato Pontificio costringerebbe Metternich a salvare Murat al Congresso di Vienna. In pratica: Napoli, Lazio e Umbria a Murat, il resto all'Austria. Fatta la spartizione, si avrebbe la rotazione dei nomi: «Regno d'Italia» passerebbe a designare il Regno di Murat, mentre quello napoleonico più Piemonte, Liguria, eventualmente Parma-Piacenza, Lucca e la Toscana sarebbe il Regno Lombardo-Veneto (o semplicemente Regno di Lombardia; l'aggiunta di «Veneto» doveva giustificare l'inclusione dei territorî ex-veneziani delle Provincie Illiriche).

Certo la sopravvivenza di un Re Napoleonico sarebbe stata malvista e temuta, ma in fondo altrettanto è avvenuto in Svezia senza il minimo screzio; il cambiamento di fronte – se efficace – sarebbe stato la garanzia di lealtà (almeno finché permanessero gli stessi rapporti di forza).

Nel prosieguo del secolo sicuramente i Savoia sarebbero stati più ostili all'Austria, i Borboni di Sicilia avrebbero avuto un motivo di risentimento contro l'Austria e soprattutto contro Murat, per cui Murat sarebbe forse rimasto più fedele all'Austria che storicamente i Savoia. Carlo Alberto rivoluzionario e Murat reazionario... Del Papa non si sarebbero interessate né la Russia né la Prussia né il Regno Unito e la Francia avrebbe dovuto attendere molto prima di diventare di nuovo minacciosa verso i suoi Avversarî. Alla lunga i rapporti in Italia si sarebbero deteriorati, ma la diversa distribuzione geostrategica rispetto alla Storia vera avrebbe posto l'Austria in posizione di invincibilità.

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Gli replica Findarato Anàrion:

In questa cornice immagino un Ausgleich italiano come quello ungherese e ad esso contemporaneo, e quindi non vi sarebbe mai stato un Impero Austro-Ungarico, bensì l'Impero Austro-Ungaro-Lombardo* o, perché no, l'Impero Austro-Ungaro-Italiano. Eventualità questa che forse avrebbe potuto favorire la nascita dei Vereinigte Staaten von Großösterreich entro il 1914...?

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E Bhrihskwobhloukstroy riprende il filo del discorso:

Dall'Ucronia passiamo alla Storia: il rapporto fra Impero d'Austria e Regno Lombardo-Veneto era già come quello all'interno della Duplice Monarchia; per una coincidenza storica, è terminato l'anno prima che quest'ultima cominciasse, così come il Sacro Romano Impero è terminato prima che nascesse il Lombardo-Veneto, per cui espressioni come «Regio-Cesareo» o «Imperial-Regio» (in tedesco »Kaiser- und Königlich«) sono state usate in tre (o quattro) accezioni:

1) fino al 1800, in Lombardia, per indicare che il Re (d'Italia) era l'Imperatore (Sacro Romano), nonché a sua volta Re di Germania;
2) fino al 1804 per indicare, in Germania, il fatto che l'Imperatore era anche Re (di Spagna, d'Ungheria, di Boemia; si noti che l'impiego in riferimento all'Ungheria – valido fino al 1804 – è identico a quello successivo al 1867);
3) dal 1815 al 1866 per indicare – dovunque – che l'Imperatore d'Austria era anche, fuori dall'Impero, re del Lombardo-Veneto;
4) dal 1867 al 1918 per indicare – sempre dovunque – che l'Imperatore d'Austria era Re d'Ungheria.

L'espressione storicamente usata per “Triplice Monarchia” è stata »Tripelmonarchie« e serviva nel 1916-1918 per designare il progetto di Austria-Ungheria-Polonia (dove quest'ultima sarebbe stata costituita dalla Galizia-Lodomiria più la Polonia del Congresso, ex-Russa). Ogni forma di Ausgleich si avvicina, ma al contempo esclude, gli Stati Uniti della Grande Austria, perché ogni Territorio che ottiene un Ausgleich si oppone a essere declassato a Stato Unito di una (nuovamente egemone) “Grande Austria”.

Per il nome «Italia», se viene impiegato da Murat non potrà essere utilizzato per il Regno Lombardo(-Veneto); questo sarebbe diplomaticamente difficile. È chiaro che fino a quel momento «Regno d'Italia» indicava quello napoleonico, ma allora o Murat rinuncia a chiamare «Italia» il proprio Regno o «Italia» viene sostituito da «Lombardia« nella parte asburgica.

È notevole che non sia rimasta nella memoria collettiva la denominazione unitaria per il complesso asburgico (Secondo- e Terzogeniture escluse): l'Inno del Lombardo-Veneto (sulla musica di “Deutschland, Deutschland”) lo definiva «Austriaco Regno» (la metrica avrebbe permesso anche l'ordine delle parole «Regno Austriaco», quindi l'anteposizione dell'etnico – alla tedesca – era voluta, come nella precedente denominazione settecentesca di «Austriaca Lombardia») e anche le proposte di riforma del 1849 includevano nel «freies Österreich» Tedeschi, Ungheresi, Dalmati (!), Slavi, Lombardi e Croati (!) (i Romeni sono evidentemente inclusi negli Ungheresi come Regno d'Ungheria e i Croati sono separati dagli altri Slavi in quanto Regno di Croazia – entro il Regno d'Ungheria – mentre Lombardi e Dalmati rappresentano le parti di Austria non incluse nell'Austria Tedesca o Slava; il tutto comunque fa parte del Großdeutschland, che qui coincide territorialmente con la Großösterreichisiche Lösung “Soluzione Grande-Austriaca”, ma guai a chiamarlo “Grande Austria“, che è invece solo l'insieme dei Territorî Asburgici, sempre senza Secondo- e Terzogeniture! Praticamente »Großdeutschland« = Detuschland + »Großösterreich«, compreso il Lombardo-Veneto, che non è Germania ma ‘solo’ Grande Germania in quanto Grande Austria).

In breve, con «Austriaco Regno» (o, cursoriamente, «Austria») si intendeva l'Impero Austriaco (»Kaisertum Österreich«) e il Regno Lombardo-Veneto, mentre l'Austria come la intendiamo oggi era chiamata «Austria Alpina» (dopo il 1867, con «Impero d'Austria» si intendeva la sola Cisleithania, mentre il complesso dell'ex-Impero Austriaco »Kaisertum Österreich« ha preso appunto il nome di Monarchia Austro-Ungarica »Österreichisch-Ungarische Monarchie«, dove »Monarchie« è l'iperonimo di «Impero» e «Regno», come già era »Reich«, quattro anni dopo divenuto prerogativa del Secondo Reich o »Preußisch-Deutsches Reich«; fra parentesi, due Sentenze della Corte Costituzionale Tedesca hanno ribadito che ancora oggi la Repubblica Federale Tedesca non è uno Stato Successore del Deutsches Reich, bensì coincide col Deutsches Reich, che dunque esiste tuttora).

Se dunque partiamo da un Austriaco Regno (lo chiamo così per evitare equivoci) costituito da una Duplice Monarchia – «Impero d'Austria» (nel senso di »Kaisertum Österreich«) più Regno Lombardo-Veneto – con quest'ultimo esteso dalle Alpi Occidentali alle Marche (lascio in sospeso le Secondo- e Terzogenitur, compreso l'eventuale Regno Asburgico di Genova/Liguria, che si sarebbe chiamato «Regno Genovese»), si sarebbe allora arrivati ugualmente al Compromesso del 1867?

Anzitutto, le posizioni delle Grandi Potenze sulla Questione Italiana:

1) Russia: sistemazione del Congresso di Vienna;
2) Regno Unito: sistemazione del Congresso di Vienna, altrimenti Unificazione Sabauda;
3) Austria: sistemazione del Congresso di Vienna, altrimenti Unificazione Asburgica;
4) Francia: sistemazione del Congresso di Vienna, altrimenti Unificazione Borbonica (da Napoleone III: Lega delle Tre Italie, nella Triplice Alleanza Spagna-Francia-Italia; per gli Ultralegittimisti diventa progressivamente accettabile l’alternativa dell’Unificazione Asburgica);
5) Prussia: sistemazione del Congresso di Vienna (con Federico Guglielmo IV: Restaurazione del Sacro Romano Impero), altrimenti Unificazione Asburgica solo se compensata dall’Unificazione kleindeutsch a guida prussiana della Germania (in caso contrario, Unificazione Sabauda);
6) Spagna: sistemazione del Congresso di Vienna, altrimenti Unificazione Borbonica (per i Carlisti diventa progressivamente accettabile l’alternativa dell’Unificazione Asburgica).

Come si vede, l’Unificazione Asburgica e l’Unificazione Borbonica (ma anche la Lega delle Tre Italie) non sarebbero state geopoliticamente possibili dopo il Congresso di Vienna. Una Quadripartizione fra Lombardia Asburgica, Italia Murat(t)iana, Sicilia Borbonica e Sardegna Sabauda avrebbe l’opposizione di Spagna, Francia e Russia, ma potrebbe forse riuscire accettabile – oltre che ovviamente all’Austria – al Regno Unito e condizionatamente, entro certi limiti, alla Prussia. In assenza di margini di manovra con Spagna e Francia (in quest’ultimo caso il prezzo sarebbe da pagare in Germania e quindi farebbe perdere l’appoggio prussiano), per sbloccare la situazione bisognerebbe comprare l’assenso russo, a un prezzo che non potrebbe essere minore dell’abbandono dell’Impero Ottomano all’espansione russa (inaccettabile per il Regno Unito, per cui dovrebbe partire da un accordo segreto e forse arrivare alla rinuncia preventiva alla Bosnia da parte austriaca; un compenso potrebbe consistere – oltre al mantenimento delle mire sulla cattolica Hercegovina – nell’espansione verso Sud-Est lungo la costa adriatica prima che venga annessa al Montenegro – non ancora del tutto indipendente – fino alle regioni cattoliche dell’attuale Albania, mentre il resto diventerebbe lo sbocco – ormai non più adriatico, ma ionio – della Serbia o della Bulgaria, direttamente confinante con la Grecia russa).

Con i Borboni solo in Sicilia non ci sarebbe l’Indipendentismo Siciliano e casomai l’Imperialismo Sabaudo potrebbe cominciare ad appuntarsi proprio sulla Sicilia prima che sul recupero dei Dominî sul Continente, qui più difficile se non impossibile (avrebbe l’opposizione della stessa Francia, che, a differenza del XVII secolo, non sarebbe circondata dagli Asburgo a Nord, Est e Sud, bensì avrebbe vicini differenziati fra Borboni di Spagna, Savoia in Sardegna, Asburgo in Piemonte, Svizzera oltre il Giura, Germania oltre il Reno e Paesi Bassi a Nord; non avrebbe senso eliminare gli Asburgo dal Piemonte per rafforzare i Savoia e circondare la Corsica, per quanto quest’ultima importasse solo ai Bonaparte).

Murat e la sua Dinastia, prevedibilmente sempre più imparentata con gli Asburgo (e non con i naturali nemici Borboni), sarebbero stati costretti ad appoggiarsi all’Austria contro i tentativi di Restaurazione Borbonica appoggiati da Spagna e Francia (e per evitare di essere stritolato da una tenaglia asburgo-borbonica); al massimo potrebbe tentare una Spartizione della Sicilia con i Savoia. Nel 1848 non si verificherebbe dunque alcuna Guerra fra Stati a Sud delle Alpi e le eventuali Rivoluzioni verrebbero represse come in Germania (nemmeno come in Ungheria). Napoleone III (identico alla Storia vera, perché l’ucronia non influenza la Francia) avrebbe già la Savoia e Nizza (l’espansione asburgica causata dal Punto di Divergenza dovrebbe essere così tempestiva da giungere in un momento in cui le Potenze erano ancora dell’idea di lasciare alla Francia i cosiddetti “Confini Naturali” almeno a Sud-Est; sul Reno non sarebbe stato possibile senza opposizione degli Stati Tedeschi); potrebbe pensare a un accordo con Murat per spartire l’Austriaca Lombardia e le Secondo- e Terzogeniture Asburgiche, ma questo sarebbe incompatibile con le pressioni per una Restaurazione Pontificia, che oltre a tagliare a metà (se includesse le Marche) qualsiasi eventuale espansione dei Murat toglierebbe loro importanti territorî già acquisiti da più di trent’anni (attuali Lazio – in ogni caso – e Umbria). Una seria alternativa dato che i “Confini Naturali” sulle Alpi erano ormai raggiunti e quindi da quel punto di vista urgeva di più la Questione Renana, contro la Prussia anziché contro l’Austria) potrebbe invece essere di puntare all’assorbimento di Sardegna e Sicilia (quest’ultima magari spartita con l’Italia dei Murat) sia per la rinnovata centralità della Corsica sia soprattutto in vista di un collegamento con l’Algeria e in prospettiva un Protettorato sulla Tunisia; come massimo compromesso, un omologo ucronico dell’Accordo di Compiègne potrebbe prevedere la spartizione della Sicilia fra Savoia e Murat e la nascita di una Quadruplice Alleanza ‘Latina’ fra Spagna, Francia, Sardegna e Italia (dei Murat). In questa ucronia l’Austria mantiene una rigorosa Neutralità durante la Guerra di Crimea (per le condizioni precedentemente considerate), non ottiene alcunché ma non perde l’appoggio russo. Il momento cruciale arriva nel 1866, se è ugualmente probabile una Guerra Austro-Prussiana. Con l’Austria impegnata nel conflitto, Napoleone III può dare via libera ai Savoia (qui senza appoggio britannico, che non avrebbe interesse alla fine dell’Indipendenza Siciliana) e ai Murat per la spartizione della Sicilia e avvicinarsi, senza doppi giochi sabaudi, a realizzare la Triplice Alleanza Latina. Ammessa la sconfitta austriaca (con l’appoggio russo potrebbe non essere scontata) e la rinuncia prussiana all’annessione dell’Austria (altrimenti, qualsiasi divergenza su uno solo di questi due punti porterebbe a scenarî sfavorevoli a un Ausgleich), possiamo conservare il Compromesso del 1867 e arrivare a una sorta di Triplice Monarchia (in realtà almeno Quadruplice), ma così articolata:

1) Cisleithania e Transleithania costituiscono la Monarchia Austro-Ungarica (esattamente come nella Storia reale);
2) la Monarchia Austro-Ungarica e il Regno Lombardo-Veneto (dal 1848 anche il Regno Genovese, esso pure in Unione Personale) costituiscono (come prima e, con «Impero d’Austria» al posto di «Monarchia Austro-Ungarica», come nella Storia reale fino al 1866, ovviamente senza Genova) l’Austriaco Regno;
3) l’Austriaco Regno e le altre Secondo- e Terzogeniture formano una sorta di omologo ucronico della Confederazione Italica proposta nella Storia fra il 1848 e il 1859, ma, se il Regno d’Italia dei Murat non vi aderisce (in quanto è combattuto fra le proposte napoleoniche e questa, con propensione per le prime perché in questa non ha possibilità di espandersi), non si può evidentemente chiamare «Italica», bensì «Sacro Romano Impero» (che non includesse più Roma era ormai accettato dal 1177);
4) l’Austriaco Regno continua a presiedere la Confederazione Germanica (finché ne rimane qualche residuo) e propone che le tre Confederazioni (Germanica, Svizzera e “Italica” ossia Sacro Romano Impero) siano unite da una Triplice Alleanza (ma la Svizzera preferisce mantenere la Neutralità a causa delle possibili ritorsioni di Napoleone III e la Confederazione Germanica confluirà in gran parte nel Secondo Reich).

Una volta che venisse meno qualsiasi possibilità di realizzare il quarto punto (per il dilemma fra Fedeltà Nibelungica con la Prussia contro la Francia – onde salvare il proprio prestigio in Germania – e la convenienza geopolitica di salvare la Francia – in questo caso senza lo storico divieto da parte russa – nel 1870), il Sacro Romano Impero si trasforma sul modello del Secondo Reich nel 1871 (non ci sarebbero motivi di opposizione da parte interna). Per amor di semplicità, lascerei immutata la vicenda di Amedeo I di Savoia in Spagna: non ci sarebbero obiezioni contro un’Unione Dinastica Ispano-Sabauda (il Regno di Sardegna, per quanto ampliato con metà della Sicilia, è comunque molto più piccolo del Regno d’Italia nel 1870), ma il Regno Unito non perdona a Vittorio Emanuele III l’eliminazione della Sicilia, quindi favorisce l’opposizione ad Amedeo I (senza più Napoleone III, sia i Savoia sia i Murat si ritrovano isolati diplomaticamente).

In Europa Sud-Orientale, le conseguenze positive per l’Austria derivanti dalla Neutralità osservata durante la Guerra di Crimea arrivano nel 1878-1880, con l’annessione del Litorale Adriatico fino alla foce del Mati e l’occupazione (dal 1908 annessione) della Hercegovina. La Francia instaura il Protettorato sulla Tunisia e sia i Savoia sia i Murat entrano nella Quadruplice Alleanza con gli Imperi Centrali. L’Irredentismo Italiano – che in questa ucronia si chiama «Veneto» – in Venezia Giulia e Dalmazia è tutto interno all’Austriaco Regno (le richieste della Maggioranza degli Irredentisti sono semplicemente di passare dalla Cisleithania al Lombardo-Veneto) e l’Imperialismo dei Savoia e dei Murat si appunta verso l’Impero Ottomano, con possibile spartizione di Tripolitania e Cirenaica da un lato e Dodecaneso dall’altro (come nella Storia vera, la Russia non è riuscita a conseguire il Protettorato sulla Grecia – in questa ucronia non se ne dànno gli estremi – ed entro il 1913 si ritrova invischiata nella rivalità fra Serbia e Bulgaria. L’Eritrea è austriaca (genovese: Rubattino), la Somalia probabilmente è tutta britannica e quindi l’Abissinia diventa un obiettivo piuttosto inglese che italiano (men che meno sabaudo). Se nasce l’Albania, non ha Scutari (che è austriaca).

Nel 1914 Sarajevo è già serba e nessuno attenta alla vita di Francesco Ferdinando, che il 21. novembre 1916 porta all’aggiunta di una quinta Monarchia in Unione Personale (anche se Modena-Reggio-Massa appartenevano già al Reich). Con Francesco Ferdinando vivo, è meno probabile l’ingresso dell’Austria in un conflitto europeo (meno ancora in uno balcanico) e quindi anche la Germania non lo può rischiare. Dato che un’Alleanza Franco-Russa è comunque molto verosimile e che non ci sono motivi per impedire la Cordiale Intesa fra Regno Unito e Francia, gli Imperi Centrali possono controbilanciare solo con un avvicinamento all’Impero Ottomano, che scontenta gli Alleati ‘minori’ nella Quadruplice (ormai Sestuplice con la Romania e la Bulgaria o la Serbia; la Bulgaria se in Serbia c’è il Colpo di Stato contro gli Obrenović), ma propizia l’attivazione dell’Unione Mitteleuropea con inclusione dell’Impero Ottomano, che compensa le delusioni colonialistiche – anzi porta alla continuità territoriale con l’Eritrea – e per altro verso irrita la Triplice Intesa (per quel che può importare, Hitler e Mussolini sarebbero ‘connazionali’, beninteso con riferimento alla Cittadinanza, non alla Nazionalità; la nascita dell’Unione Mitteleuropea risolve definitvamente sia la Questione Italiana sia la Questione Siciliana). È possibile che nasca ugualmente la Società delle Nazioni, forse in grado di continuare fino a oggi (ovviamente senza un omologo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite); prima o poi il Regno d’Italia avrebbe raggiunto un Concordato con la Santa Sede.

L’appuntamento successivo è per la Crisi del 1929; come già visto in altre ucronie, il periodo più pericoloso per un conflitto mondiale è nel quindicennio fra la Grande Recessione e la realizzazione dell’Arma Atomica. Ognuno dei cinque Blocchi più o meno ‘europei’ (Russia, Mitteleuropa, Francia, Impero Britannico, Stati Uniti) ha abbastanza risorse di territorio e popolazione per superare la crisi (si noti che il Sionismo trova realizzazione, come nei progetti originarî, in alveo ‘tedesco’, ossia nella Palestina come parte dell’Impero Ottomano nell’Unione Mitteleuropea). Tutte le aree di frizione internazionale in Europa e Africa nella Storia vera dal 1936 al 1939 non costituiscono motivo di crisi in questa ucronia (la Finlandia, il Baltico e la Bessarabia sono russi, la Polonia è ancora spartita, Boemia e Moravia sono austriache, Germania e Austria sono unite nel Mitteleuropa, l’Albania è nell’Unione Mitteleuropea, l’Etiopia gravita sull’Impero Britannico). Il Punto di Divergenza da cui siamo partiti non arriva a influenzare l’Estemo Oriente, quindi è possibile un conflitto in Cina e perfino nel Pacifico, nel peggiore dei casi fino all’impiego dell’Atomica. I Paesi Scandinavi, Olanda, Belgio, Lussemburgo e Svizzera sono rimasti rigorosamente neutrali; Spagna, Portogallo e Grecia (entro i confini del 1914) proseguono nelle proprie vicende senza coinvolgimento in questioni del resto d’Europa.

Negli Anni Cinquanta-Settanta, l’unica Potenza favorevole alla Decolonizzazione sarebbero gli Stati Uniti; è possibile che gli Imperi Coloniali rimangano tali e quali oppure che si trasformino in Commonwealths, comunque per quanto riguarda le conseguenze del Punto di Divergenza di quest’ucronia si tratterebbe delle Colonie Tedesche, della Libia e dell’Eritrea (l’Impero Ottomano sopravvive all’introduzione di Riforme Istituzionali grazie al contesto unificante dell’Unione Mitteleuropea, che sdrammatizza i progetti secessionistici convogliandoli in direzione federalistica). Senza Seconda Guerra Mondiale e senza Guerra Fredda, l’idea di Unione Europea non si diffonde; senza Decolonizzazione, non ci sono gli estremi per una Crisi del Petrolio.

Al giorno d’oggi l’Europa sarebbe articolata in quattro Blocchi e nove Stati Neutrali. I Neutrali sarebbero, come già visto, Svezia Norvegia Danimarca Olanda Belgio Lussemburgo Svizzera Spagna Portogallo; i quattro Blocchi l’Impero Britannico (ancora con l’Irlanda), la Terza Repubblica Francese, l’Unione Mitteleuropea e l’Unione Ortodossa. Quest’ultima sarebbe il Blocco Russo, con Grecia, Serbia e Montenegro (Serbia e Montenegro eventualmente uniti in qualche forma confederativa, senza sbocchi al mare – eterno motivo di contrasto con l’Austria – e quindi spinti di necessità alla simbiosi con la Grecia); l’Unione Mitteleuropea comprenderebbe gli Imperi Centrali (Germania e Sacro Romano Impero), i Regni di Sardegna, Italia, Albania, Romania, Bulgaria e l’Impero Ottomano. Probabilmente, ognuno dei quattro Blocchi sarebbe dotato di Armi Nucleari.

Per quanto riguarda l’Immigrazione, in ogni Blocco prevarrebbero le Nazionalità interne, quindi per esempio nel Lombardo-Veneto (che avrebbe una popolazioni minore di quella attuale nei corrispondenti territorî) e in Italia Romeni e Albanesi (in Italia anche Tripolini e Cirenei), in Francia Maḡribini e d’altro lato in generale Negro-Africani, nel Regno Unito Sūdānesi e Negro-Africani oltre a Indiani e Malesi ecc.). L’uso politico di ideologie antimusulmane sarebbe caratteristico della Russia; l’Unione Mitteleuropea (che comprende il Califfo dei Credenti) sarebbe la più favorevole all’’Islām, mentre il Panarabismo sarebbe un’arma a doppio taglio per tutti i Blocchi (paradossalmente, meno per la Russia, invece antimusulmana) a eccezione degli Stati Uniti, che potrebbero essere l’unica Potenza contempraneamente arabofila e favorevole all’’Islām (ma anticaliffale). La più grave Questione Nazionale (come altrove osservato, resa irresolubile dal Congresso di Vienna, che in questa ucronia resta – pur con le modifiche relative all’Italia – fondante per tutta la Storia successiva) è quella Polacca: la Polonia etnico-linguistica risulterebbe una delle poche Nazioni tagliate in due parti pressoché uguali da un confine fra Blocchi, che curiosamente separerebbe due attualmente opposte Maggioranze elettorali (di Sinistra nella porzione mitteleuropea, di Destra in quella russa), così come in Ucraina si troverebbero i Nazionalisti in Mitteleuropa (Austria) e i Russofili in Russia.

L’Immigrazione Italiana nel Lombardo-Veneto sarebbe molto minore – benché pur sempre la più consistente – di quella Meridionale nel Norditalia della Storia effettiva, perciò le Periferie di Milano, Torino, Brescia ecc. sarebbero assai più plurilingui, come a Vienna (Cechi, Slovacchi, Polacchi, Ruteni, Croati, Sloveni, Ungheresi, Romeni accanto a Italiani e Sardi, compresi i Siciliani di entrambi Regni, visto che in questa ucronia, anziché esserci un Regno delle Due Sicilie, la Sicilia finisce spartita fra due Regni esterni).

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Vi è poi l'idea di MorteBianca:

E se invece a Murat fosse data la Spagna? Nel Sud d'Italia viene invece designato re Bernadotte! Poi però tradisce la causa, instaurando nel Sud d'Italia una nuova dinastia, favorevole al Risorgimento...

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Gli risponde Tommaso Mazzoni:

Bella idea, ma per garantire il proseguimento dell'avventura di Bernadotte a Napoli devono necessariamente succedere una di queste due cose: O una strage di Borboni, che spinga Ferdinando ad adottarlo, oppure che Eugenio abbia un po' di fortuna in più e riesca a mantenere il Regno Italico, di fatto impedendo tentativi di riconquista del sud della penisola. Il Murat in Spagna avrebbe i problemi avuti coi Sanfedisti, però potrebbe riuscire a prendere la guida dei moti del '21 e farsi eleggere Re degli Spagnoli. E in Svezia chi ci va?

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Anche Generalissimus dice la sua:

In Svezia di sicuro non possono rimanere gli Holstein-Gottorp, a meno che il Principe Carlo Augusto si salvi dal colpo apoplettico che lo uccise. Probabilmente gli Svedesi eleggeranno Re un altro generale famoso, perchè avevano paura di futuri scontri con la Russia. Berthier? Davout? Ney? MacDonald? Oudinot?

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E aNoNimo aggiunge:

Ney o McDonald vorrebbero dire fedeltà a Napoleone, mentre i Bernadotte a Napoli la sicurezza della loro corona anche senza fine dei Borbone, come premio per il"tradimento" a Napoleone. Magari anzi separare Napoli dalla Sicilia darebbe a Londra una scusa per incamerare quest'ultima, come Dominion ante litteram o protettorato sui generis.

Tuttavia estremizziamo l'idea: e se tutti i protetti di Napoleone fanno i Bernadotte? Questi a Napoli, Eugenio a Milano, Murat in Spagna, chi volete in Svezia, dopo la Russia passano alla Coalizione. Napoleone finisce dritto a Sant'Elena senza passar per la Toscana. Al Congresso che si fa?

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Ma Paolo Maltagliati è pessimista:

Paradossalmente, credo che al Congresso si possa tollerare al massimo un'eccezione. Per cui se tutti fanno i Bernadotte, nessuno ottiene un regno. Piuttosto, doratissime pensioni.

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MorteBianca torna alla carica:

Avete pensato che al posto di Bernadotte in Svezia potrebbe esserci Murat? Governerà fino al crollo dell'Impero Napoleonico, per poi come da programma assisterlo. Questo causa il crollo della Svezia, che però non gode dell'indipendenza, ma ne approfitta magari la Russia; in assenza del re e del generale repubblicano la nazione viene invasa dando all'Impero russo grandi infrastrutture.

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E aNoNimo gli risponde:

Possedere il porto di Göteborg certo schifo ai russi non avrebbe fatto. Già che c'erano potevano tirare dritto fino a Narvik, conquistando un porto libero dai ghiacci tutto l'anno e aperto sull'oceano Atlantico. No, un momento, Narvik ancora non era stata fondata. Però la Corrente del Golfo c'era, un fiordo libero tutto l'anno andava bene per fondarvi Alexandrograd/Alexandroburg.

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E Paolo riprende:

Non per divagare, ma una Russia con Narvik/Alessandrogrado (il resto della Norvegia se lo tiene la Danimarca, immagino) e Göteborg cambia decisamente la linea temporale dell'ottocento. Va bene, l'obiettivo Costantinopolitano rimane, ma la corsa al Mediterraneo potrebbe essere percepita come leggermente meno pressante. Forse.

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aNoNimo gli contesta:

Non vedo motivi perché la Danimarca si tenga la Norvegia, è stata "infame" nella HL, non può che esserlo in questa situazione. Quanto alla corsa al Mediterraneo, sono d'accordo, però a Pietrogrado andrebbero rivisti gli obiettivi strategici...

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Paolo scuote la testa:

Non so, ho dei dubbi sulla concessione alla Russia ANCHE della Norvegia. OK, è vero, la Danimarca ha fatto l’infame. Ma a questo punto, piuttosto che cederla tutta agli zar, Austria, Prussia ed Inghilterra potrebbero elevarla a regno indipendente con un centinaio d’anni d’anticipo... A chi la corona? La sparo, a Ernesto Augusto di Hannover... ma i candidati potrebbero essere diversi.

Nome comunista per Aleksandergrad? Berjagrad?

Ecco intanto la bandiera del Regno Unito di Svezia e Norvegia:

E Generalissimus fa notare:

Se si chiamerà Berjagrad, cambierà comunque nome dopo l'epurazione di Berja...

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Bhrghowidhon invece chiosa:

Posso permettermi di ricordare che i Romanov-Holstein-Gottorp erano ufficialmente "Eredi di Norvegia"? Ciò Da quando Karl Peter Ulrich, figlio del Duca Karl Friedrich di Holstein-Gottorp (che tra i titoli aveva quello di "Erede di Norvegia") e dell'Imperatrice Anna Petrovna, è diventato Car' (Zar) col nome di Pietro III. (5 gennaio 1762): il famoso "ultimo vero Romanov".

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aNoNimo rincara la dose:

La cosa si fa interessantissima: al Congresso i Romanov sostituiscono la Danimarca nel governo norvegese e incamerano anche qualche pista lappone per arrivarci meglio. Alexanderburg diventa il porto occidentale principale russo, collegato in breve a San Pietroburgo con una ferrovia, e permette agli zar sogni coloniali (un Camerun russo?).

In Danimarca e Svezia scoppia una fobia russa che neppure a Berlino nel '45. Dopo la cacciata di Murat o chi per lui gli svedesi eleggono il Re d'Inghilterra o quello di Prussia.

Nel primo caso nasce il Vichinghismo, il sogno di riunire i popoli della diaspora vichinga (normanni d'Inghilterra e di Francia, svedesi, danesi, finlandesi e norvegesi), ideologia che rende impossibile un'alleanza anglo-russa e forse sostituirà la Grande Guerra con il Grande Gioco.

Nel secondo nasce il Pangotismo che invece è l'irredentismo dei Goti (Grande Germania, Scandinavia, forse Longobardia o Spagna) e che anticiperebbe di qualche decennio una fresca replica del Drag nach Osten.

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MorteBianca a questo punto rilancia:

Torniamo al nocciolo del discorso. Se Murat si insedia stabilmente in Spagna, quest'ultima, gestita meglio, potrebbe stabilizzarsi con la nuova dinastia (del resto ne ha avute parecchie differenti negli ultimi secoli), mentre i realisti fonderebbero il Nuevo Estado nel Nuovo Mondo, che poi si spaccherà in due fra nazioni repubblicane e nazioni monarchiche. Queste ultime si restringeranno fino al Messico, che da Vicereame diventa l'unico e solo Regno di Nuova Spagna, e che magari dopo sarà annesso dagli USA o si spaccherà in molti frammenti...

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Tommaso Mazzoni dice la sua:

Se i Borbone di Spagna vanno in Nuova Spagna, è probabile che l'Impero Neo-spagnolo resti unito fino alla Guerra Carlista; dopodichè, si divide, Il Sud-America e le Filippine a Isabella, con la creazione dell'Impero di Grande Colombia, che avrebbe un destino simile alla nostra Spagna; Mentre Carlo si terrebbe il Messico, con Portorico e Cuba, e verrebbe deposto da Iturbide dopo la quasi inevitabile perdita del ricco Nord; Iturbide e la Monarchia godrebbero di maggiore popolarità interna, e riuscirebbero a stabilizzare il dominio sulla nazione; Non escludo almeno tre guerre contro gli americani. (la prima, a favore dell'Unione, per riottenere il Texas, durante la guerra Civile americana), la seconda, per Cuba, la terza, per l'eventuale appoggio degli States ad un colpo di stato di Huerta nel 1913 (ovviamente, con golpe fallito, e Madeiro sopravvissuto). Possibile anche un paio di guerre contro l'Impero Colombiano, per il controllo di Panama. Con l'estinzione dei Borbone-Messico nel 1936, il Trono del Serpente Piumato passa o ad un Ramo cadetto dei Borbone-Colombia, o ai Borbone Parma.

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