Vita di Dante Alighieri
1265
Il 20 maggio, sotto il segno dei Gemelli, nasce a Firenze
Durante degli Alighieri, più noto come Dante Alighieri, figlio di Alighiero di
Bellincione e di Bella degli Abati. Appartiene a una famiglia dell'antica
nobiltà fiorentina (il suo trisnonno Cacciaguida degli Elisei ha partecipato
alla Seconda Crociata) che ha raggiunto una certa agiatezza economica grazie
alle attività commerciali: suo padre è cambiavalute e, occasionalmente,
usuraio. Sarà battezzato il 27 marzo 1266.
1266
Il 26 febbraio il Re di Sicilia Manfredi di Svevia, figlio naturale
dell'imperatore Federico II di Svevia e di Bianca Lancia, è sconfitto e ucciso
nella Battaglia di Benevento da Carlo d'Angiò, fratello del Re di Francia San
Luigi IX, che viene incoronato da Papa Clemente IV nuovo Re dell'Italia
meridionale. In seguito le sue spoglie, inizialmente sepolte sotto un mucchio di
pietre (essendo morto scomunicato), vengono dissepolte e disperse dal vescovo di
Cosenza Bartolomeo Pignatelli. Nel III canto del "Purgatorio", Dante
rimprovererà duramente al Pignatelli questo atto sacrilego, prendendo Manfredi a
modello dell'empio che, pur essendosi convertito solo in extremis, a dispetto
delle rabbiose maledizioni dei vivi ottiene la salvezza grazie all'immensità
della bontà divina, la quale « ha sì gran braccia, / che prende ciò che si
rivolge a lei. » (Purg. III, 122-123)
1268
Il 23 agosto Corradino di Svevia, nipote dell'imperatore Federico II, viene
sconfitto da Carlo I d'Angiò nella Battaglia di Tagliacozzo; tradito da Giovanni
Frangipane, è consegnato a Carlo d'Angiò che il 29 ottobre lo fa decapitare a
Napoli sulla pubblica piazza. Tramonto definitivo della dominazione Sveva
sull'Italia, si afferma la dinastia angioina.
1270
Il 25 agosto il Re di Francia Luigi IX muore di scorbuto presso Tunisi durante
l'Ottava Crociata, che così fallisce sul nascere (Carlo I d'Angiò decide il
ritiro immediato delle forze crociate dall'Africa). Gli succede il figlio
Filippo III l'Ardito.
1274
Dante incontra per la prima volta Beatrice Portinari, figlia del
ricco banchiere Folco Portinari, il grande amore della sua vita.
Il 7 marzo si spegne nell'Abbazia di Fossanova San Tommaso d'Aquino, detto
"Doctor Angelicus" e considerato il più grande teologo cattolico di tutti i
tempi. Dante avvalorerà la tesi secondo cui sarebbe stato avvelenato per ordine
di Carlo I d'Angiò.
Il 15 luglio muore anche San Bonaventura da Bagnoregio, chiamato "Doctor
Seraphicus" e "il secondo fondatore dell'Ordine Francescano", che
insieme a San Tommaso sarà tra i
personaggi del "Paradiso".
1280
Il quindicenne Dante diventa discepolo di Brunetto Latini, uno dei
maggiori intellettuali toscani del Duecento, che per
lui sarà un secondo padre.
1282
Il 30 marzo, Lunedì dell'Angelo, scoppia a Palermo la rivolta dei Vespri
Siciliani contro il Re di Napoli Carlo I d'Angiò, che porta a un vero e proprio
massacro dei francesi. Per individuare i francesi che si camuffano fra i
popolani, i ribelli siciliani mostrano loro dei ceci (« cìciri » in siciliano) e
chiedono loro di pronunciarne il nome; quelli che sono traditi dal loro accento
francese e pronunciano « sciscirì » vengono immediatamente ammazzati. La corona di Sicilia è offerta a Pietro III d'Aragona,
genero del defunto Manfredi di Svevia. Dante rievocherà l'episodio nel canto
VIII del Paradiso, pronunciando un giudizio durissimo sul governo angioino della
Sicilia: « ...se mala segnoria, che sempre accora / li popoli suggetti, non
avesse / mosso Palermo a gridar: "Mora, mora!" » (Par. VIII, 73-75)
1283
Il secondo incontro con Beatrice ispira il giovane Dante, che compone
per lei il suo
primo sonetto.
1284
Il 6 agosto la Battaglia della Meloria vede una netta vittoria della flotta
genovese su quella di Pisa, e segna l'inizio del tramonto di questa repubblica
marinara.
1285
Il ventenne Dante studia all'Università di Bologna insieme al suo
grande amico Forese Donati.
Il 5 ottobre muore il Re di Francia Filippo III l'Ardito e gli succede il figlio
diciassettenne Filippo IV, detto il Bello.
1287
All'età di 22 anni Dante corona il suo sogno d'amore, sposa la ventenne Beatrice e soggiorna con
lei a Parigi, dove frequenta le lezioni all'Università della Sorbona. Si
innamora della letteratura provenzale, in particolare di Arnaut Daniel, da lui
definito « miglior fabbro del parlar materno », ed impara la Lingua d'Oc.
1289
L'11 giugno Dante prende parte insieme a Corso Donati e a Cecco
Angiolieri alla battaglia di Campaldino,
che vede i Guelfi di Firenze trionfare sui Ghibellini di Arezzo. Il sommo poeta
ricorderà l’episodio all'inizio del XXII canto dell’Inferno: « Io vidi già
cavalier muover campo, / e cominciare stormo e far lor mostra, / e talvolta
partir per loro scampo... » (Inf. XXII, 1-3) Arezzo viene occupata dai fiorentini, nonostante
l'eroica difesa della città operata da Ippolita degli Azzi.
1290
L'8 giugno
Beatrice, l'amatissima moglie di Dante e sua prima fonte di ispirazione, muore
di parto. Disperato, Dante vive un periodo di crisi spirituale e di vita
licenziosa che in seguito ricorderà come "la Selva Oscura".
I giovani Dante e Beatrice sposi su una vetrata di Santa Maria del Fiore
1291
I fratelli genovesi Ugolino e Vadino Vivaldi partono da Genova con due navi e
300 uomini di equipaggio nel tentativo di circumnavigare l'Africa e aprire una
nuova via commerciale verso le terre delle spezie, ma si perdono le loro tracce
e di loro non si saprà più nulla.
1292
Dante compone la "Vita Nuova" dedicata all'amore della sua vita,
Beatrice. In essa afferma di essere uscito dal periodo di crisi grazie all'amata
che gli è apparsa in sogno e grazie allo studio della scienza, della filosofia e
della teologia.
1293
Pellegrinaggio di Dante a Santiago de Compostela per espiare la vita
dissipata che ha condotto dopo la morte di Beatrice. Al suo ritorno sposa in
seconde nozze Gemma Donati, cugina di Corso e di Forese Donati. Da lei avrà
quattro figli: Jacopo, Pietro, Antonia e Giovanni.
1294
Carlo Martello d'Angiò, figlio ventiquattrenne di Carlo II di Napoli e di Maria
Arpad, erede al trono di Napoli, incontra a Firenze i suoi genitori che
rientrano dalla Francia. Per accoglierlo con tutti gli onori dovuti al suo
rango, il Comune di Firenze gli manda incontro una delegazione della quale fa
parte anche Dante Alighieri. Il Sommo Poeta e il giovane principe angioino si
conoscono di persona e si apprezzano vicendevolmente, anche per il fatto di
condividere gli stessi gusti letterari.
Il 9 dicembre Brunetto Latini muore a 75 anni ed è sepolto nella chiesa di Santa
Maria Maggiore di Firenze.
Il 24 dicembre viene eletto Papa Benedetto Caetani con il nome di Bonifacio VIII, dopo la
rinuncia al papato di Celestino V. Al primo scrutinio di questo Conclave la
maggioranza dei voti è andata al Cardinale Matteo Rosso Orsini, che però ha
rifiutato l'elezione, per spianare la strada al suo amico Cardinal Caetani.
Siccome Bonifacio VIII sarà il responsabile dell'esilio di Dante, questi metterà
Matteo Rosso Orsini nell'Antinferno tra gli ignavi, chiamandolo « colui che fece
per viltade il gran rifiuto » (dell'elezione papale), anche se non farà
esplicitamente il suo nome per non inimicarsi la potente famiglia cui
appartiene.
1295
Giano della Bella promulga gli Ordinamenti di Giustizia di Firenze.
1296
Il 27 luglio muore Forese Donati, amico fraterno di Dante e poeta egli stesso.
Dante affermerà nei canti XXIII e XXIV del "Purgatorio"
di aver incontrato la sua anima nella cornice dei golosi, in un celebre brano tutto giocato sul filo dei
ricordi e dell'amicizia.
L'8 settembre viene posta la prima pietra della Cattedrale di Santa Maria del
Fiore a Firenze.
1297
Dante si iscrive alla Corporazione degli Speziali (cioè dei farmacisti) in modo
da collaborare attivamente alla vita politica del Comune di Firenze e
partecipare ai Consigli della Repubblica. Aderisce alla fazione dei Guelfi
Bianchi.
1299
Un bambino di due anni, tale Antonio di Baldinaccio dei Cavicciuli, cade in
bacile del fonte battesimale del Battistero di San Giovanni e vi rimane
intrappolato, rischiando seriamente di morire annegato. Dante è presente alla
scena e, fra tutti i presenti, è l'unico ad avere la prontezza di spirito
di intervenire per salvarlo, ma per poter tirare fuori il bambino sano e salvo è
costretto a spaccare un pezzo di marmo del fonte battesimale. Questo argomento
sarà sfruttato contro di lui dai suoi avversari Guelfi Neri, ma egli se ne
discolperà nel canto XIX dell'"Inferno".
Il turco Osman fonda il Sultanato Ottomano e sogna di conquistare
Costantinopoli.
1300
Nell'anno del Primo Giubileo indetto da Papa Bonifacio VIII il poeta partecipa a
un'ambasceria presso San Gimignano e quindi si reca in pellegrinaggio a Roma.
Dal 15 giugno al 15 agosto è Priore di Firenze. In settembre le relazioni tra
Bonifacio VIII e il governo dei Guelfi Bianchi peggiorano, e questo fornisce al legato
papale Cardinale Matteo d'Acquasparta un motivo per scagliare l'anatema su
Firenze.
1301
Il Papa spedisce a Firenze Carlo di Valois come nuovo paciere (ma di fatto come
conquistatore) al posto del cardinale d'Acquasparta, e allora la Repubblica
invia a Roma, nel tentativo di distogliere il papa dalle sue mire egemoniche,
un'ambasceria capeggiata proprio da Dante, entrato a far parte del Consiglio dei
Cento. Dante si trova a Roma, trattenuto oltre misura da Bonifacio VIII, quando
Carlo di Valois prende a pretesto il primo subbuglio cittadino per mettere a
ferro e fuoco Firenze. Con un colpo di mano il 9 novembre 1301 egli impone come
podestà Cante Gabrielli da Gubbio, capo dei Guelfi Neri, che dà inizio a una
politica di sistematica persecuzione dei Guelfi Bianchi ostili al papa: essi
vengono uccisi o espulsi da Firenze.
1302
Il 27 gennaio Dante è condannato a due anni di confino e a una forte multa ma,
essendosi rifiutato di pagarla, il 10 marzo è condannato al rogo in contumacia. Il poeta si rifugia a Forlì.
Carlo Martello d'Angiò a sua volta cade in disgrazia agli occhi del padre Carlo II per essersi opposto al
sopruso di cui il suo amico Dante è stato vittima e per aver criticato la
politica di Bonifacio VIII, che si comporta come un sovrano temporale e non come
il capo della Chiesa Universale.
L'11 luglio Filippo IV il Bello sconfigge nella cosiddetta Battaglia degli
Speroni d'Oro presso Courtrai la Lega delle Città Fiamminghe che si era
ribellata al suo predominio.
Il 31 agosto la pace di Caltabellotta mette fine alla Guerra del Vespro e
riconosce la signoria sulla Sicilia di Federico III d'Aragona, figlio di Pietro
III.
1303
Dopo il celebre "schiaffo di Anagni", comunque condannato da Dante per l'offesa
recata non tanto a Bonifacio VIII quanto alla figura del Pontefice Romano, e
dopo la morte di Bonifacio l'11 ottobre, il nuovo Papa Benedetto XI (oggi Beato)
cerca di riportare la pace all'interno di Firenze, inviando il cardinale Niccolò
da Prato come paciere, ma Dante rifiuta di nuovo di pagare la multa richiestagli
per tornare in città (anche se contro questo Papa non proferirà mai alcuna
condanna). Separatosi dai suoi compagni di esilio, si rifugia a Verona,
presso Bartolomeo della Scala.
1304
Il 20 luglio gli esuli Guelfi Bianchi vengono sbaragliati dai Neri nella
Battaglia della Lastra. Dante, che ha previsto la sconfitta e non ha preso parte
alla battaglia, è accusato da alcuni di tradimento e da allora fa "parte per se
stesso".
1304-1308
Durante il suo esilio Dante viaggia in lungo e in largo per l'Italia, risiedendo
a Padova, a Treviso, a Sarzana, a Lucca e a Venezia (di cui visita l'Arsenale, e
dove incontra Marco Polo).
In questo periodo scrive i primi quattro trattati del "Convivio", il "de Vulgari Eloquentia" e
la prima cantica della
"Divina Commedia", anche se c'è chi sostiene che avesse già iniziato l'"Inferno"
prima dell'inizio dell'esilio.
1307
Filippo IV di Francia convince il Papa francese Clemente V (Bertrand de Got) a
sopprimere l'Ordine dei Templari, ingiustamente accusati di idolatria e di altri
turpi delitti, allo scopo di incorporare nel tesoro reale le loro ingenti
ricchezze. Il Gran Maestro dell'Ordine Jacques de Molay, che sarà bruciato sul
rogo, prima di morire maledirà il sovrano e la sua stirpe.
1308
Viene pubblicato l'"Inferno", che ottiene subito uno straordinario successo e
proietta Dante nell'Olimpo della poesia del suo tempo. Il 27 novembre Enrico VII
di Lussemburgo è eletto imperatore del Sacro Romano Impero. Clemente V trasferisce la sede pontificia da Roma ad Avignone,
sotto la protezione di Re Filippo IV il Bello di Francia, ed è per questo
biasimato da Dante.
1309
Il 5 maggio muore Carlo II d'Angiò. Carlo Martello si reca a Napoli per farsi
incoronare nuovo Re di Napoli, ma subisce un attentato alla sua vita da parte
dei sicari del fratello minore Roberto ed è costretto a fuggire, prima a Siena
e poi a Milano. Roberto d'Angiò è incoronato nuovo Re con l'appoggio del Papa e
del Re di Francia.
Dante diventa Terziario Francescano.
1309-1310
Pellegrinaggio di Dante in Terrasanta via nave e successiva ambasceria presso
al-Muzaffar Rukn al-Din Baybars al-Jashankir, dodicesimo Sultano d'Egitto della
Dinastia dei Mamelucchi, per conto della Repubblica di Venezia. Il Sultano lo
ascolta e riconosce in lui un uomo estremamente saggio, gli dona preziosi
manoscritti della sua biblioteca e lo rimanda a Venezia con l'offerta di un vantaggioso trattato
commerciale con la Serenissima. Durante il viaggio Dante impara l'arabo ed inizia a studiare
l'ebraico. Inoltre in Terrasanta sente parlare per la prima volta dei Mongoli e
si rende conto che la foce del Gange non rappresenta l'estremità orientale delle
terre emerse, come sosteneva in precedenza. Sente anche parlare per la prima
volta di armi da fuoco e di razzi, usati dai Mongoli in battaglia.
L'incontro tra Dante e il Sultano d'Egitto in un dipinto ottocentesco
1310
Enrico VII scende in Italia e a Milano è incoronato Re d'Italia. Dante lo
incontra in questa città al suo ritorno dall'Egitto. Enrico, che aveva sentito
parlare di lui ed ascolta sbalordito il racconto del suo viaggio in Oriente,
decide di tenerlo accanto a sé come proprio consigliere personale. Dante passa
così alla fazione ghibellina e rifiuta l'amnistia concessa da Baldo d'Aguglione.
Con Enrico si schierano i condottieri italiani Castruccio Castracani, Uguccione
della Faggiola e Galeazzo Visconti, che diverranno i più importanti generali del
suo pressoché invincibile esercito. Anche Carlo Martello d'Angiò è dalla sua
parte.
1310-1312
Dante, al seguito di Enrico VII che ha stabilito il suo quartier generale nella
ghibellina Pisa, compone il "de Monarchia", l'"Epistola ai Principi e ai Governanti d'Italia"
e
pubblica il "Purgatorio". Inoltre descrive
all'alchimista catalano Arnaldo da Villanova, da lui conosciuto alla corte di
Enrico VII, la formula della polvere nera da lui appresa in Oriente, e Arnaldo
riesce a riprodurla, dotando l'esercito di Enrico VII delle prime bombarde.
L'imperatore ha così a disposizione una nuova, potentissima arma mai vista
prima in Occidente.
1312
Grazie all'uso pesante delle armi da fuoco, ma utilizzate prima in battaglia in
Europa, il 30 maggio Enrico VII sconfigge a Goito le truppe della
ricostituita Lega Lombarda e riporta gran parte dell'Italia del Nord sotto
controllo imperiale. Allora Filippo IV il Bello di Francia, il Papa francese
Clemente V residente ad Avignone e il Re di Napoli Roberto d'Angiò
(secondo molti, tra cui Dante, un usurpatore) si
coalizzano contro di lui dando vita alla Lega Santa; Dante è scomunicato da
Clemente V e accusato falsamente di eresia. Enrico però sconfigge facilmente le
truppe pontificie guidate da Giacomo Sciarra Colonna, che cade nello scontro, entra a Roma e il 29 giugno si
fa incoronare Imperatore dal Cardinale Niccolò da Prato, che si è schierato con
lui contro i francesi. Subito dopo Enrico fa processare Clemente V in contumacia
da un gruppo di vescovi e cardinali a lui fedeli, lo dichiara deposto in quanto
colpevole di simonia, dichiara nulle tutte le sue decisioni, inclusa la
scomunica di Dante, e fa eleggere Papa Niccolò da Prato che prende il nome di
Giovanni XXII. Suo segretario è Ser Petacco, padre di Francesco Petrarca. Ha
così inizio lo Scisma Avignonese: Francia, Inghilterra, Castiglia, Portogallo,
Napoli e le città guelfe d'Italia restano fedeli al Papa avignonese, le altre
nazioni d'Europa al Papa romano. Dante lo riconosce come Papa legittimo e nella famosa "Epistola
agli scelleratissimi Fiorentini" invita i suoi concittadini, rimasti fedeli a
Clemente V, a riconoscere l'autorità di Enrico VII e di Giovanni XXII. I
fiorentini reagiscono spiccando contro di lui una seconda condanna a morte in
contumacia.
Il navigatore genovese Lanzerotto Maloncello, inviato dalla repubblica di Genova
alla ricerca di eventuali superstiti della spedizione dei fratelli Vivaldi,
sbarca sulle isole Canarie, la cui isola principale prende da lui il nome di
Lanzerotta.
1313
Il 24 agosto Enrico VII, "l'alto Arrigo" come lo chiama Dante, alleatosi con il
Re di Sicilia Federico III, sempre grazie all'uso di bombarde, sconfigge nella Battaglia di
Buonconvento il re di Napoli Roberto d'Angiò, che cade nello scontro (il suo
corpo non verrà mai ritrovato, dando vita a numerose legggende). Enrico VII
incorpora il Regno di Napoli nei domini imperiali e fa incoronare nuovo Re di
Napoli Carlo Martello d'Angiò, che si dichiara suo vassallo. Il 1° settembre Enrico VII entra trionfalmente a
Firenze, ponendo così fine all'esilio di Dante che viene nominato Legato
Imperiale della Città. L'Alighieri comincia a scrivere il "Paradiso" e
stringe amicizia con il grande pittore Giotto da Bondone, che in questo periodo
sta lavorando in città.
1314
Filippo IV il Bello si sente minacciato dai successi di Enrico VII e tenta la
discesa in Italia per sollevarne la città contro l'imperatore tedesco e
rimettere i Guelfi al potere a Firenze, confidando nel fatto di essere riuscito
lui pure a costruire delle armi da fuoco. La superiorità militare del
Lussemburghese resta tuttavia schiacciante, e il 24 febbraio il Re di Francia
subisce un duro scacco presso Pavia e rischia di venire catturato; solo a fatica
riesce a rientrare in
Francia. La sconfitta però lo addolora al punto che il 29 novembre muore a causa di
un ictus che lo ha colpito a soli 46 anni durante una battuta di caccia: in tal
modo si compie la profezia contro di lui di Jacques de Molay. Gli succede il
figlio Luigi X che sarà detto l'Attaccabrighe per via delle continue faide tra
le grandi famiglie nobiliari francesi. Il 20 aprile si è spento anche Clemente
V, i Cardinali francesi riuniti ad Avignone hanno eletto come suo successore
Jacques-Arnaud Duèse, che ha preso il nome di Clemente VI, considerato un Antipapa
della Chiesa di Roma, nonché un eretico per la sua tesi secondo cui il giudizio
sulle anime dei defunti sarebbe pronunciato da Dio non dopo la morte, ma solo
nel Giudizio Universale.
1315
Il 15 novembre le truppe del Duca d'Austria Leopoldo d'Asburgo, grazie all'uso
dei primissimi moschetti, schiacciano i fanti dei Cantoni Svizzeri nella
Battaglia del Morgarten, riportando le terre svizzere sotto il controllo
austriaco, e reicorporandole così nel Sacro Romano Impero. Dante intanto guida
un'ambasciata di Enrico VII presso Re Edoardo II d'Inghilterra e presso Re
Roberto I Bruce di Scozia.
1316
Luigi X di Francia muore improvvisamente per cause mai chiarite il 5 giugno. Suo figlio postumo,
Giovanni, vive solo cinque giorni, e così il trono toccherebbe alla sua
primogenita Giovanna, di cinque anni, ma Filippo, fratello minore di Luigi, ne
usurpa i diritti e si fa incoronare Re di Francia con l'appoggio di una parte
della nobiltà. Agnese di Francia, battagliera nonna di Giovanna, chiede aiuto a Dante Alighieri,
suo vecchio amico, il
quale convince Enrico VII a sostenere le pretese della regina bambina. Si giunge così alla guerra tra
Enrico VII e Filippo V.
Il 29 giugno muore il mistico e teologo catalano Ramon Llull, chiamato Raimondo
Lullo da Dante, che lo aveva incontrato nei suoi viaggi. Le sue intuizioni
filosofiche influenzeranno la nascita della scienza moderna.
1317
Il 31 agosto nella Battaglia di Sedan Filippo V e suo fratello Carlo vengono
sconfitti e uccisi da Enrico VII di Lussemburgo. Siccome entrambi non hanno
figli, si estingue la dinastia dei Capetingi, come profetizzato da Jacques de
Molay. I Fiamminghi, sconfitti da Filippo IV nella Battaglia degli Speroni
d'Oro, accolgono Enrico come un liberatore. Siccome Giovanna è morta, secondo i soliti ben informati avvelenata per
ordine di Filippo, la Notte di Natale Enrico VII è incoronato anche Re di
Francia nella Cattedrale di Reims. "L'alto Arrigo" ricostituisce così l'impero
di Carlo Magno, e per questo riceverà anche lui il titolo di Grande. L'Antipapa
Clemente VI è obbligato a sottomettersi a Giovanni XXII e lo Scisma Avignonese
ha fine. L'Ordine Templare viene ricostituito, in vista di una futura spedizione in
Terrasanta, ma i suoi membri sono obbligati al voto di povertà (in cambio non lo
sono più a quello di castità, e l'Ordine accoglie anche uomini sposati). Re
Federico III di Sicilia, Re Giacomo II d'Aragona, Re Carlo I d'Angiò di
Ungheria, il Duca d'Austria Federico I il Bello d'Asburgo e il Re di Bosnia
Stefano II Kotromanić si riconoscono vassalli di Enrico VII. Dante
Alighieri è nominato Arcicancelliere del Sacro Romano Impero; il grande
giurista Marsilio da Padova è incaricato di riformarne il diritto.
1320
Ludovico di Wittelsbach si ribella ad Enrico VII e si fa proclamare imperatore
da una parte della nobiltà tedesca, ma il 9 novembre è sconfitto da Federico I il
Bello d'Asburgo nella Battaglia di Gammelsdorf. Ferito, è catturato e costretto
a sottomettersi all'Imperatore.
Lanzerotto Maloncello, spintosi verso sud fino alla foce del fiume Senegal senza
trovare traccia dell'equipaggio dei Vivaldi, scopre le isole di Capo Verde.
Dante pubblica la "Questio de aqua et terra". Il poeta costituisce a Firenze un
cenacolo di intellettuali che comprende i suoi figli Pietro e Jacopo, Lapo
Gianni, Cino da Pistoia, Dino Frescobaldi, Convenevole da Prato, Francesco da
Barberino e Cecco d'Ascoli. Di esso entra a far parte anche il giovanissimo
Francesco Petrarca, studente all'Università di Bologna.
1321
Il 1° aprile muore Papa Giovanni XXII, il successivo Conclave elegge Papa il
cardinale laziale Pietro Rainalducci, che assume il nome di Niccolò
V. Poco dopo
Dante pubblica il "Paradiso", dedicato proprio al Papa scomparso, del
quale nel XVII Canto egli dice di aver visto lo scranno già preparato in Cielo. Il 1° maggio
il Sommo Poeta corona il sogno della sua vita: viene
incoronato poeta nel Battistero di Firenze dove era stato battezzato.
Lo storico Giovanni Villani inizia la sua "Nuova Cronica", immenso resoconto che
partendo dalla torre di Babele vuole arrivare fino ai suoi tempi (l'opera
rimarrà incompiuta a causa della morte dell'autore nel 1349).
1322
Come aveva promesso allo scomparso Giovanni XXII, il 4 aprile Enrico VII parte
da Bari per la Decima Crociata, deciso a riconquistare il Santo Sepolcro; prima
di partire si associa al trono il figlio Giovanni, erede designato, il quale
resta a Roma ad amministrare l'Impero. Suo luogotenente alla Crociata è il
condottiero veronese Cangrande della Scala, grande amico di Dante. Alla Crociata
partecipano anche Carlo Martello d'Angiò e Guido Novello da Polenta. Nonostante abbia già 57 anni,
l'Alighieri si
imbarca in quanto conosce perfettamente l'arabo e l'ebraico. La
spedizione navale tocca prima la Grecia, dove l'Imperatore sottomette facilmente
Peloponneso, Tessaglia e il Ducato d'Atene, tutti aggregati al Sacro Romano
Impero, approfittando della Guerra Civile Bizantina tra Andronico II Paleologo e
suo nipote Andronico III. L'imperatore fa un pensierino a Costantinopoli, ma
Dante lo convince a non deviare dalla meta principale del viaggio, così Enrico
VII si limita a sostenere Andronico III contro lo zio, in cambio di un formale
riconoscimento della sua autorità imperiale in Occidente, quindi la flotta riprende il largo, fa
sosta a Cipro e sbarca a Giaffa. Ad Atene Dante ha scoperto la lingua
greca, ha iniziato ad impararla e ha acquistato molti preziosissimi manoscritti,
tra cui uno contenente il testo integrale dell'"Iliade". Il regno di
Enrico VII il Grande rappresenterà così un'epoca di grande splendore culturale,
oggi nota come « autunno dorato del Medioevo ».
1323
Nella Battaglia di Emmaus del 25 marzo (Venerdì Santo) Enrico VII il Grande
sconfigge il Sultano Mamelucco d'Egitto al-Nāṣir Muḥammad ed entra trionfalmente
a Gerusalemme. Dietro consiglio di Dante, tuttavia, non caccia Ebrei e Musulmani
e non tocca la Spianata delle Moschee. Il 27 marzo (giorno di Pasqua) Enrico è
solennemente incoronato Re di Gerusalemme nella Basilica del Santo Sepolcro, e
il Papa Niccolò V gli accorda il titolo di Difensore del Santo Sepolcro.
Conoscendo l'arabo, Dante è inviato a Tabriz, capitale dell'Ilkhanato Mongolo,
come ambasciatore per negoziare un trattato di amicizia con Abū Saʿīd Bahādur
Khān, signore mongolo di Persia e Anatolia. La missione è un successo:
Bahādur Khān riconosce il controllo tedesco su Gerusalemme in cambio della
libertà per i pellegrini musulmani di recarsi alla Moschea di Al-Aqsa e apre
una via commerciale privilegiata tra l'Europa e la Persia.
Al contrario, la vittoria crociata ad Emmaus e l'alleanza tra Tedeschi e Mongoli
è vissuta in Egitto come una tragedia nazionale. Lo sconfitto Sultano al-Nāṣir
Muḥammad ogni mattina appena alzatosi dal letto maledice Dante Alighieri,
attribuendogli la responsabilità di aver guidato Enrico VII in Oriente. Quando
la cosa viene riferita al Sommo Poeta, egli risponde secco: « Le bestemmie di
Magog son la mia gloria! »
1324
Dante Alighieri torna in Italia al seguito di Enrico VII e porta con sé
l'erudito bizantino Niceforo Gregora, grazie al quale istituisce a Firenze la
prima cattedra in Occidente di Lingua e Letteratura Greca; gli intellettuali
europei corrono ad iscriversi in massa. Questa è considerata la data di nascita
ufficiale dell'Umanesimo. Suo figlio Jacopo comincia la prima traduzione
dell'"Iliade"in volgare italiano. Intanto lavora al completamento del
"Convivio", che non vuole più essere la solita enciclopedia medioevale, ma un
commento del sapere greco ed arabo appreso da Dante nei suoi viaggi. Inoltre
pubblica una versione ampliata del "De Monarchia" con il quale cerca di predisporre le cose in modo che l'Impero di Enrico VII non si disgreghi
così come ha fatto quello di Carlo Magno poco dopo la sua morte.
Dopo un decennio di esplorazioni, anche il genovese Lanzerotto Maloncello fa
ritorno in Europa. Gli arcipelaghi da lui scoperti sono rivendicati da Dante
come terre di proprietà del Sacro Romano Impero. Inizia per sua iniziativa l'era
delle esplorazioni oceaniche, volte a circumnavigare l'Africa per aprire una via
commerciale marittima verso le Indie, che tagli fuori gli imperi musulmani.
L'erudito Graziolo Bambaglioli, Legato imperiale di Bologna, è il primo a
pubblicare un commento all'"Inferno" in lingua latina: inizia l'era degli studi
danteschi.
1325
Dante tiene un ciclo di lezioni all'Università di Bologna, dove incontra e fa
amicizia con il filosofo francescano Guglielmo di Ockham, e riscopre in un manoscritto le "Silvae", 32 composizioni ritenute perdute
di Publio Papinio Stazio, uno dei personaggi della sua "Divina Commedia".
Sulla scorta delle discussioni avute in Persia con astronomi arabi del calibro
di Sadr al-Shari'a al-Asghar, Dante propone ad Enrico VII una riforma del
calendario che sopprima gli otto giorni di discrepanza tra il Calendario
Giuliano e l'effettivo corso del sole (in quest'anno l'equinozio di primavera
cade il 13 marzo anzichè il 21 marzo, causando grossi problemi nel computo della
data della Pasqua). Enrico VII accetta e promulga un decreto, valido in tutto il
suo Impero, il quale ordina di passare immediatamente da sabato 5 ottobre a
domenica 14 ottobre 1325 (questo periodo dell'anno è scelto perchè in esso non
cadono festività solenni). D'ora in poi saranno considerati bisestili solo gli
anni secolari multipli di 400 (1600, 2000...) ma non più gli altri (1400, 1500,
1700...), così da recuperare l'errore del calendario giuliano, che perdeva un
giorno ogni 128 anni. Il nuovo calendario, ufficialmente detto Enriciano in
onore di Enrico VII, ma universalmente noto come Calendario Dantesco, è subito
adottato anche da Sicilia, Sardegna, Aragona, Castiglia, Portogallo,
Inghilterra, Scozia, Irlanda, Ungheria e Bosnia; la Polonia e la Lituania lo
adotteranno nel 1337, la Danimarca e la Norvegia nel 1346, la Svezia nel 1361,
la Serbia nel 1380, l'Impero Bizantino e la Bulgaria nel 1410, la Valacchia e la
Moldavia nel 1412, la Moscovia nel 1587. Ormai in tutto il mondo il nome di
Dante è sinonimo di "Genio Universale".
Il bolognese di origine fiorentina Jacopo della Lana pubblica per primo un
commento dell'intera "Divina Commedia".
L'Imperatore Enrico VII in trono con accanto il suo Arcicancelliere Dante Alighieri
1326-1328
Ambasciata di Dante Alighieri, nonostante abbia già passato i sessant'anni,
presso Uzbek Khan, il potentissimo signore dell'Orda d'Oro, che governa un
territorio esteso dal Danubio fino alle immense foreste della Siberia. Enrico
VII infatti desidera allacciare buoni rapporti con i Mongoli, prevenire un'altra
invasione dell'Europa come quella del 1242 e aprire vie commerciali sicure verso
l'Estremo Oriente. Accompagnato dal figlio Piero, Dante raggiunge via mare
Costantinopoli, dove è ricevuto dal nuovo Basileus Andronico III Paleologo,
nipote di Andronico II, quindi su
una nave bizantina raggiunge la Crimea ed entra nel bassopiano sarmatico con un
lasciapassare offertogli da Andronico III; attraversa il Don e poi il Volga,
quindi giunge a Saraj, ricchissima capitale del Khanato dell'Orda d'Oro. Qui è
ricevuto da Uzbek Khan, il quale riconosce che la sua fama universale di uomo
dottissimo è più che meritata, e si trattiene alcuni mesi, discutendo con
sapienti islamici e buddisti, e meravigliandosi della tolleranza religiosa che
si respira nelle steppe tartare. Viene così a sapere dell'esistenza dell'impero
cinese e dell'effettiva, immensa estensione del continente asiatico. Uzbek Khan
gli propone di raggiungere la Cina grazie a un suo speciale salvacondotto, ma
Dante è anziano e stanco, soffre di miopia e si sta avvicinando l'inverno, così
a malincuore decide il rientro in patria. Sarà il figlio Piero a raggiungere la
Cina e a parlamentare con quel ricchissimo impero per conto di Enrico VII. Dante
fa ritorno in Crimea e poi a Costantinopoli, e di qui rientra in Italia. Al suo
ritorno scrive in latino una "Historia Mongolorum" in cui rigetta
l'identificazione dell'impero mongolo con il mitico regno del Prete Gianni, dimostra che
il Mar Caspio non comunica con l'oceano artico come si credeva ai tempi, e
fornisce una dettagliata descrizione dei popoli delle steppe eurasiatiche, ancor
oggi ammirata da filologi e commentatori.
1327
Il 6 aprile avviene il primo incontro tra Francesco Petrarca (che si trova a
Parigi per motivi di studio) e Laura de Noves,
cui il discepolo di Dante deducherà il suo "Canzoniere".
Il nuovo Re d'Inghilterra Edoardo III Plantageneto si reca in pellegrinaggio a
Roma e rende l'omaggio feudale a Enrico VII di Francia, dal momento che
controlla il feudo di Guienna.
Dante dedica una nota canzone al cosiddetto "calcio fiorentino", che grazie alla
sua opera comincia a diffondersi in tutta l'Italia e poi in tutto il Sacro
Romano Impero. Esso, attraverso successive evoluzioni, finirà per dar vita al
moderno Fußball (cioè al calcio).
1327-1332
Guerra Polacco-Teutonica. Siccome il Gran Maestro dell'Ordine Teutonico Werner
von Orseln ha occupato Danzica e si rifiuta di restituirla al Re di
Polonia Ladislao I il Breve, della Casa dei Piast, quest'ultimo muove guerra
all'ordine, sostenuto da Gediminas, Granduca di Lituania, e conquista buona parte
della Slesia. Werner von Orseln chiede allora l'aiuto di Enrico VII, presentando
la sua controffensiva come una crociata contro il popolo lituano, ancora pagano.
L'imperatore interviene in forze approfittando della debolezza della Polonia a
causa della sua frammentazione interna, saccheggia e conquista la regione
polacca della Cuiavia e la Terra di Dobrzyń. Ladislao si rifugia nella Terra di
Chełmno, dove concorda un armistizio e riorganizza le sue forze. Nel 1331 le
armate congiunte polacco-lituane rompono la tregua e riescono a sconfiggere
l'Ordine Teutonico nella battaglia di Płowce. Si tratta però di una vittoria di
Pirro, in quanto Enrico VII ritorna con un poderoso esercito sullo scenario
baltico, riprende presto il sopravvento e riconquista sia la Cuiavia sia la
Terra di Dobrzyń, riducendo la Polonia a mal partito.
1329
Il pisano Fra Alessandro della Spina regala a Dante uno dei primissimi esemplari
di occhiali in cristallo di rocca, con i quali egli può correggere la sua miopia
e continuare a leggere, scrivere e studiare. Dante accetta così la cattedra di
lingua e letteratura toscana (creata apposta per lui) all'Università di Firenze.
Firenze viene colpita da una carestia, e Dante si prodiga per far arrivare aiuti
alla popolazione più bisognosa.
Intanto l'imperatore bizantino Andronico III Paleologo viene compensato da Enrico VII per l'aiuto fornito a Dante per
raggiungere Saraj con tre navi cariche di armi da fuoco, di proiettili e di
artificieri tedeschi in grado di utilizzarli. Grazie ad essi Andronico III
decide di approfittare della morte dell'anziano sultano Osman, che ha
conquistato praticamente tutta l'Asia Minore bizantina e occupato le città di
Nicea e Nicomedia, fondando il Sultanato Ottomano, e l'inesperienza del suo
figlio e successore Orhan. Alleatosi con i tedeschi e con i veneziani, passa il
Bosforo ed espugna Bursa (nome turco di Prusia), la capitale ottomana,
riconquistando la Bitinia. Orhan cade nella difesa della città e il Sultanato
Ottomano cessa di esistere, garantendo così alla Città dei Re di poter
sopravvivere e salvando i Balcani dall'invasione turca. Nel giro di alcuni anni
tutti i piccoli beilikati turchi in Anatolia ritornano sotto la sovranità di
Bisanzio.
1330
Dante pubblica il quattordicesimo ed ultimo trattato del "Convivio", nel quale
esalta i numeri arabi contrapponendoli all'antica e farraginosa numerazione
latina. Suo figlio Piero fa ritorno dalla Cina, stavolta per via di terra
attraversando gli odierni Kazakistan, Ucraina, Ungheria ed Austria, scrive in
latino l'"Itinerarium Sinense", molto più scientificamente e storicamente
accurato del "Milione" di Marco Polo, e riferisce a Enrico VII la possibilità di
sottoscrivere un trattato commerciale di libero scambio tra il suo impero e
quello cinese.
Il 12 agosto muore il Re di Napoli Carlo Martello d'Angiò. Il titolo di Re di
Napoli passa allo stesso imperatore Enrico VII, mentre Carlo Roberto d'Angiò,
figlio di Carlo Martello,
viene incoronato Re d'Ungheria, titolo ben più prestigioso, naturalmente
vassallo del Sacro Romano Impero.
1331
Giovanni Boccaccio, figlio illegittimo di un mercante fiorentino, abbandona gli
studi di giurisprudenza all'Università di Napoli cui il padre voleva avviarlo e
si unisce al cenacolo fiorentino di poeti e intellettuali creato da Dante, del
quale Giovanni diventa un entusiasta ammiratore.
Nel frattempo, Dante pubblica il quarto ed ultimo trattato del "De Vulgari
Eloquentia", un'appassionata difesa delle lingue volgari rispetto al latino.
Dopo la pubblicazione di questo trattato, l'Università di Bologna, quella di
Padova, quella di Napoli, la "Sorbona" di Parigi e l'Università di Cambridge gli
conferiscono ciascuna una laurea honoris causa in lettere e filosofia. Arrigo
VII promulga un decreto che eleva il volgare toscano a lingua ufficiale del
Regno d'Italia, una delle nazioni costitutive del suo Impero.
1332
Il sessantasettenne Dante Alighieri è inviato in Polonia a negoziare la Pace di
Kalisz che pone fine allla Guerra Polacco-Teutonica: Re Ladislao, che ha già 74
anni, riconosce tutte le conquiste di Enrico VII e si dichiara suo vassallo; lo
stesso deve fare Gediminas di Lituania, che è costretto a convertirsi al
cristianesimo insieme al suo popolo. In cambio di aver accettato il battesimo,
Enrico VII gli concede il titolo di Re di Lituania. Il Trattato di Kalisz è considerato l'ultimo grande successo della lunga
attività politica dell'Alighieri.
1333
Ormai anziano e soddisfatto per aver visto coronati quasi tutti i suoi sogni,
Dante rassegna le dimissioni da ogni incarico politico ed accademico e, con il permesso
dell'Imperatore Enrico VII, si ritira nella natia Firenze, dedicandosi agli
studi filologici e a discussioni di argomento filosofico e scientifico.
Il 16 ottobre muore Papa Niccolò V; il 20 dicembre gli succede il cardinale
Giovanni Colonna, protonotario apostolico, con il nome di Benedetto XII.
Viene pubblicato a Firenze l'« Ottimo Commento alla Divina Commedia », il primo
grande commento al poema dantesco, di autore rimasto anonimo, che però in due
famose chiose (a Inf X,85 e XIII,144) afferma di essersi consultato direttamente
con Dante. Secondo alcuni l'autore del commento è il notaio e letterato
fiorentino Andrea Lancia, volgarizzatore di molte opere latine e greche, amico e grande
ammiratore di Dante, come emerge dalle sue opere.
1334
Piero, figlio di Dante, sposa Iacopa di Dolcetto de Salerni, che gli darà tre
figlie e un figlio, chiamato Dante. I suoi discendenti esistono ancor oggi.
Dante pubblica la sua ultima opera, le "Selve", una raccolta di 42 composizioni
poetiche in volgare di varia lunghezza e vario metro. Il titolo e la struttura
ricalcano quelle delle "Silvae" di Stazio da lui ritrovate, gli argomenti
spaziano dall’amore stilnovistico alla brevità e caducità della vita umana, ed
esse saranno da modello per il “Canzoniere” di Petrarca.
Si diffonde la leggenda secondo cui Dante, negli ultimi mesi di vita, avrebbe
scritto un 101° canto della sua “Divina Commedia”, dedicato al suo ritorno dal
Paradiso sulla terra, è andato poi perduto; il primo a parlarne sarà Giovanni
Boccaccio nel suo "Trattatello in laude di Dante" (1357). L’esistenza o meno di
questo 101° canto farà discutere generazioni di filologi, tanto che molti
cercheranno di riscriverlo; fra gli altri si ricordano i lavori di Poliziano,
Foscolo, Leopardi e Umberto Eco.
1335
Nella notte tra il 13 e il 14 settembre il massimo poeta italiano di tutti i
tempi si spegne a 70 anni nella sua amata Firenze, assistito dai figli, dalla
moglie Gemma e dal discepolo prediletto Francesco Petrarca. Il suo corpo è
solennemente sepolto nella Basilica di San Miniato al Monte alla presenza di
Papa Benedetto XII e dell'Arcivescovo di Firenze Francesco Silvestri da Cingoli
(nel 1831 la sua salma sarà traslata nella Basilica di Santa Croce).
Cino da Pistoia scrive per lui la canzone "Su per la costa, Amor, de l'alto
monte". L'Alighieri sarà beatificato da Papa Urbano VI nel 1379 e canonizzato da
Papa Martino V nel 1421; Papa Pio XI lo proclamerà Dottore della Chiesa nel
1935, 600° anniversario della sua morte; oggi è considerato patrono universale
dei poeti. Dante
conoscerà una fama pressoché imperitura sia in Italia che in tutto il mondo,
soprattutto grazie a Giovanni Boccaccio, che dedicherà la vita alla diffusione
del culto dantesco attraverso il "Trattatello in laude di Dante" e le
"Esposizioni sopra la Commedia" (si deve a lui il titolo "Divina Commedia").
Gemma Donati, la moglie di Dante, morirà il 3 maggio 1340; suo figlio Piero,
l'unico ad avere una discendenza, il 21 aprile 1364. Quanto ad Enrico VII il
Grande, morirà a 68 anni il 24 agosto 1343 e gli succederà il figlio Giovanni;
grazie all'opera di Dante, egli erediterà l'impero paterno indiviso. Alla sua
morte, il 26 agosto 1356, gli succederanno il figlio Carlo IV (fino al 29
novembre 1378), il nipote Venceslao (fino al 16 agosto 1419) e il fratello di
questi Sigismondo (fino al 9 dicembre 1437). Essendo quest'ultimo privo di figli
maschi, designerà come erede Alberto II d'Asburgo, discendente di Filippo I il
Bello e marito di sua figlia Elisabetta. Da qui in poi la corona del Sacro
Romano Impero resterà in mano agli Asburgo fino alla Rivoluzione del 1789. Dopo
la parentesi imperiale di Napoleone Buonaparte e una breve restaurazione
monarchica, nel 1830 sulle ceneri del Sacro Romano
Impero verranno fondati gli Stati Uniti d'Europa, destinati ad assicurare fino
ad oggi la pace e la stabilità nel continente europeo. E questo, anche per
merito di Dante Alighieri, a ragione oggi esaltato come il padre della lingua
italiana e dell'Europa Unita.
L'Europa alla morte di Dante Alighieri
.
Questo è il commento in proposito del geniale Bhrihskwobhloukstroy:
È un vero regalo, in tutti i
sensi; il più appassionante che abbia ricevuto.
Non solo: se non arrivo a stabilire una classifica (nozione che mi è sempre
estranea) fra le Tue opere, oserei purtuttavia affermare che questa è l’ucronia
che mi piace di più fra tutte quelle che hai scritto (questo, nel limite della
sua soggettività, è un dato oggettivo) e anche di quelle che ho scritto.
1) La cura di ogni
particolare (anche a riguardo dell’Egitto),
2) la verosimiglianza (perfino per la successione a Carlo Martello, che da parte
mia potrebbe sembrare un apprezzamento unilaterale e che invece non avrei
neanche pensato, si può dare una giustificazione coerente e realistica),
3) la concatenazione logica,
4) la magistrale sequenza di colpi di scena,
5) la collezione di preziosismi filologici e tecnici,
6) soprattutto l’irenismo di fondo, senza alcuna concessione ai pii desiderî né
a gratuiti effetti estetici,
7) insieme alla raffinatezza tecnica della realizzazione,
tutto ciò rende questo regalo un modello assoluto per l’ucronia in generale (non solo per le nostre) e se fosse fatta conoscere a tutti farebbe soltanto bene!
.
E Perchè No? ha aggiunto:
Grazie per il regalo, l'ho letto con molto piacere. Avevi gia scritto una ucronia su Petrarca che scopre l'America, oggi abbiamo Dante come unificatore dell'Europa. Un giorno dovresti scriverne ancora una su Boccaccio, e avremmo una superba trilogia!
.
Non è da meno Paolo Maltagliati:
Ma wow! I viaggi di Dante in
oriente rimangono per me la parte più esaltante! Al grande Alighieri mancò
l'India, però!
Battute a parte, mi piace perché è edificante e irenistico senza suonare per
questo 'fuori posto'. Non disdegno le storie cupe, sia chiaro, ma forse, al
giorno d'oggi, abbiamo bisogno di qualche lieto fine per sopportare meglio tutto
il brutto fatto dagli uomini che già abbonda sulla nostra biglia blu...
.
Anche Luigi Righi dice la sua in merito:
La tua ucronia, come sempre, è così ben congegnata e documentata che sembra siano tutti eventi successi realmente, e gli avvenimenti coinvolgono come, appunto, una vita effettivamente svoltasi così. In altre parole, sembra quasi la Storia vera.
Ho notato che nelle tue ucronie, tendi ad ampliare, rispetto alla realtà, le esperienza di viaggio dei protagonisti, e questo in fondo è naturale, essendo i viaggi fonte e matrice di esperienza ed anche di conoscenza, e poi rendono naturalmente più numerosi gli eventi; il protagonista di solito vive più che nella HL ed ha un 'finale' migliore, cioè realizza ambizioni e risultati piú elevati, ottenendo piú (giusti) riconoscimenti rispetto a quelli della sua vita reale. E questo è logico perché si scrive per sognare, quindi è normale che le ucronie debbano essere più interessanti e belle, come è interessante e bella questa tua, di Durante degli Alighieri.
.
Lord Wilmore invece fa di più:
Propongo uno spin-off (improbabile) della vita ucronica di Dante Alighieri. Enrico VII di Lussemburgo ha successo e sottomette le città italiane come nel mio regalo natalizio, ma muore comunque prematuramente. Suo figlio Giovanni è eletto suo successore come Re dei Romani e Sovrano di Germania, ma ha paura di invischiarsi nel ginepraio italico e incorona come Re d'Italia e suo vassallo proprio Dante Alighieri, che così non è incoronato solo con l'alloro poetico! Eccolo in trono a Firenze, divenuta capitale d'Italia, seduto accanto al Re d'Ungheria Carlo Martello d'Angiò, con in mano il suo "De Monarchia", mentre istruisce il figlio (e successore) Pietro e i suoi principali vassalli: Cangrande della Scala, Uguccione della Faggiola, Galeazzo Visconti, Gaddo della Gherardesca (nipote del Conte Ugolino) e Guido Malatesta, figlio di Paolo Malatesta e Francesca da Polenta! Che ne dite?
.
Gli rosponde Tommaso Mazzoni:
A me piace molto l'idea; ovviamente bisogna aggirare l'ostacolo che il Re d'Italia tecnicamente è anche il Re di Germania, ma magari si può ovviare con un altro titolo regio (Re di Tuscia o di Lombardia), e il Vicariato perpetuo ereditario in Italia. Anche questa è una rivoluzione pesante, ma parliamo di Giovanni di Lussemburgo che vendeva titoli ducali a pioggia, e poi anche i Visconti accarezzavano un simile progetto. Poi chissà, magari gli Alighieri riescono ad inserirsi nella successione imperiale al posto degli Asburgo. Ma è già più complesso.
.
E adesso, un'altra idea di William Riker:
« Lo strazio e 'l grande scempio / che fece l'Arbia colorata in rosso » (Inf. X, 85-86): con questi versi Dante Alighieri ricorda con mestizia la celebre battaglia di Montaperti. In Toscana Manfredi appoggia le forze di Siena ed i ghibellini fuoriusciti da Firenze, che, guidati dal grande condottiero Farinata degli Uberti, il 4 settembre 1260 travolgono le milizie guelfe di Firenze sul torrente Arbia, « Ma fu' io solo, là dove sofferto / fu per ciascun di tòrre via Fiorenza, / colui che la difesi a viso aperto » (Inf. X, 91-93), fa dire Dante a colui che sembra avere « l'inferno a gran dispitto »: quando cioè i senesi proposero di radere al suolo Firenze, Farinata fu l'unico che si oppose e la salvò. Ma che accade se il ghibellino è più vendicativo? Una volta distrutta Firenze, cinque anni prima della nascita di Dante, chi sarà il padre della lingua italiana? Senza i Medici, che ne sarà dell'Umanesimo e del Rinascimento? E senza l'ago della bilancia, cioè Lorenzo il Magnifico, Milano o Venezia riusciranno a costruire uno stato nazionale almeno nell'Italia centrosettentrionale?
.
Ecco come Det0 ha sviluppato la proposta del nostro Webmaster:
Penso che senza Firenze i vantaggi per Milano sarebbero stati notevoli, e che avrebbe avuto la possibilità di creare uno stato nazionale. Ecco un abbozzo di Timeline:
1260: Battaglia di Montaperti, le forze ghibelline di Siena e Firenze guidate da Farinata degli Uberti e appoggiate dal re di Sicilia Manfredi sconfiggono le forze guelfe fiorentine. Il Farinata, d'accordo con i senesi, acconsente alla distruzione di Firenze.
1260-1275: Le città sottomesse al governo della Repubblica di Firenze tentano di riempire il vuoto lasciato dalla capitale impossessandosi dei territori circostanti l'ormai distrutta città. Traggono grandi vantaggi le città di Pisa, Livorno, Pistoia, Arezzo, Lucca, Prato ed (ovviamente) Siena.
1277: Battaglia di Desio, Ottone Visconti sconfigge Napoleone Della Torre: i Visconti divengono signori di Milano.
1287: Matteo Visconti è nominato capitano del popolo a Milano.
1302-1310: I Della Torre riprendono il controllo della città, Matteo Visconti è cacciato da Milano ma vi rientra vittorioso grazie alla discesa in Italia dell'imperatore Enrico VII.
1321: Dante Alighieri, figlio di un esule fiorentino riparato a Milano, pubblica "La Divina Commedia", il suo capolavoro, scritto in dialetto toscano con alcune contaminazioni del dialetto milanese. Ne segue che la lingua italiana conterrà più francesismi di quella parlata nella nostra Timeline.
1329-1339: Azzone Visconti è signore di Milano: riorganizzazione dei domini viscontei e accentramento del potere nelle mani dinastiche. Comincia l'espansione milanese in Lombardia: i territori dell'Ossola, della Valtellina, della Val Camonica, Pavia, Novara, Vercelli, Bergamo, Lodi, Crema, Cremona, Piacenza, Brescia vengono inglobati nei domini viscontei.
1339-1354: Giovanni Visconti è arcivescovo di Milano, governa la signoria con il fratello Luchino. Ulteriore espansione dei territori viscontei: annessione di Alessandria, Tortona, Mondovì, Parma e persino Bologna e Genova.
1354: Morte di Giovanni Visconti, i territori della signoria sono divisi tra i nipoti Bernabò e Matteo. Il controllo milanese si sposta persino su Verona, in quanto Bernabò era sposato con una componente della famiglia scaligera.
1387: Con un colpo di stato Gian Galeazzo Visconti, nipote di Bernabò, prende il potere e fa rinchiudere lo zio in un castello.
1395: Gian Galeazzo acquista dall'imperatore il titolo di Duca di Milano al costo di 100.000 fiorini; nascita del Ducato di Milano.
1395-1402: Gian Galeazzo porta il Ducato ad un'espansione mai vista
prima: vengono annesse ai suoi possedimenti Verona, Vicenza, Feltre, Belluno e Padova, con una conseguente
forte ostilità da parte dei veneziani.
Ma l'espansionismo di Gian Galeazzo si spinge ancora più a sud: prende possesso di Lucca, Siena, Pisa, Perugia, Assisi e delle piccole
signorie nei territori dell'ex Repubblica di Firenze senza alcuna opposizione.
Grazie ad alcune promesse territoriali il duca riesce ad ottenere l'appoggio del papa per un aiuto militare contro Venezia.
Alla morte di Gian Galeazzo i suoi progetti sembrano avere fine, ma con l'appoggio papale Giovanni Maria Visconti
riesce a mantenere intatti i piani espansionistici del ducato.
1400: il toscano con influenze milanesi diventa la lingua ufficiale del Ducato di Milano.
1402-1412: Continuando i progetti del padre, Giovanni Maria Visconti ottiene l'alleanza del papa promettendogli il possesso delle città di Rimini e Cesena, controllate dai Malatesta (con i quali aveva dei rapporti di parentela, avendo sposato la figlia di Carlo di Rimini); così facendo le truppe milanesi e pontificie riescono ad entrare a Rovigo e Treviso.
1412: la morte di Giovanni Maria lascia ancora una volta incompiuti i piani espansionistici milanesi.
1412-1447: Filippo Maria Visconti, fratello di Giovanni Maria, tenta di
ultimare ciò che il padre e il fratello avevano iniziato. Dopo la penetrazione nell'entroterra veneto, il duca intrattiene dei
rapporti con il Friuli e l'Ungheria per tentare l'assalto definitivo alla Serenissima, in crisi dopo le sconfitte nella guerra di Zara.
Per sconfiggere Venezia la città viene isolata e lasciata senza approvvigionamenti: l'Ungheria blocca l'accesso al mare Adriatico mentre
i milanesi fermano i commerci via terra verso Venezia, costringendo la città a cedere.
Caduta Venezia, sono suddivisi i territori promessi per gli aiuti militari a Milano: al papa va la costa Adriatica da Rimini ad Ancona, al
Patriarcato di Aquileia viene concesso il pieno possesso dell'Istria, mentre l'Ungheria ottiene la costa dalmata.
Ora gli unici rivali alla completa dominazione milanese nell'Italia centro-settentrionale rimangono i ducati di Mantova e Ferrara e quello
di Savoia. Per risolvere questi problemi Filippo Maria mostra una notevole abilità politica: decide di mettere in vendita il territorio di Reggio
Emilia, conteso sia dai Gonzaga sia dagli Estensi, scatenando una guerra nella quale poi si inserisce, riuscendo ad ottenere il controllo di
entrambi i ducati.
Per sbarazzarsi del problema sabaudo Filippo usa un'acuta strategia matrimoniale: prende in sposa la figlia del re di
Francia Carlo VII chiedendogli in cambio un aiuto militare contro il ducato di Savoia; dopo una guerra di pochi anni l'intero Piemonte
(compresi i marchesati di Saluzzo e Monferrato) è sotto il controllo milanese, mentre Nizza e la Savoia vanno al re di Francia.
Nei primi anni quaranta il Patriarcato di Aquileia viene acquistato dal duca milanese ed entra a far parte dei possedimenti viscontei.
1441: con l'appoggio papale Renato d'Angiò sconfigge Alfonso V d'Aragona, diventando re di Napoli e conquistando Sicilia e Sardegna.
1447-1454: Filippo Maria
muore senza eredi maschi, e l'intero complesso statale visconteo va in crisi: a Milano emerge (per pochi anni) l'Aurea Repubblica Ambrosiana,
moltissime città del centro e del nord Italia si ribellano al dominio milanese e
la Toscana va (temporaneamente) sotto il controllo di un delegato papale.
Quando tutto sembra perduto si presentano due aspiranti al trono milanese: il re di Francia e il nobile Francesco Sforza, che aveva
sposato una delle figlie di Filippo Maria; rischiando di sfociare in una crisi ancora più profonda la questione si risolve con un ulteriore
donazione territoriale: Francesco Sforza diviene duca di Milano ed in cambio alla Francia è
ceduta la Corsica.
Nei successivi anni lo Sforza riesce (fortunatamente) a placare la situazione
della quale aveva perso il controllo alla morte di Filippo Maria.
1454: Viene firmata la Pace di Lodi, che legittima il potere di Milano
sull'intera Italia Centrosettentrionale. La penisola è così divisa in tre
stati: il Regno d'Italia al Nord; lo Stato Pontificio al Centro; il Regno di
Napoli sotto la dinastia d'Angiò al Sud.
Nello stesso anno Francesco Sforza è incoronato "Re d'Italia" da papa Niccolo V con il nome di Francesco I, nasce il Regno d'Italia.
Renato d'Angiò rifiuta di riconoscere il titolo di Re d'Italia a Francesco
Sforza, ed anzi assume a sua volta il titolo di Re d'Italia Meridionale. Tra
Nord e Sud della Penisola inizia una vera e propria guerra fredda, aizzata dal
Papa, che fa da ago della bilancia ed è interessato a far sì che nessuna delle
due dinastie, Sforza ed Angiò, riesca a prevalere sull'altra, accerchiando i
suoi domini.
1460: l'imperatore Federico III d'Asburgo concede al Re d'Italia Francesco I il titolo di Grande Elettore. Per mantenere dispari il numero dei Grandi Elettori ed evitare stalli al momento dell'elezione imperiale, tale titolo è concesso anche al Gran Maestro dell'Ordine Teutonico Ludwig von Erlichshausen.
1466: l'8 marzo muore re a 65
anni Francesco I Sforza, gli succede il figlio Galeazzo Maria I.
La lingua napoletana assurge a dignità letteraria e diviene lingua ufficiale
del Regno del Sud.
1476: detestato dalla nobiltà milanese per il suo carattere tirannico, re Galeazzo Maria I cade vittima di una congiura, probabilmente supportata dalla longa manus del re di Napoli Renato d'Angiò. Il 26 dicembre sulla soglia della chiesa di Santo Stefano il Re Galeazzo Maria I viene pugnalato da Giovanni Andrea Lampugnani, Gerolamo Olgiati e Carlo Visconti: il sovrano non ha ancora compiuto 33 anni. Il Lampugnani viene subito ucciso da una guardia del Duca, mentre il Visconti e l'Olgiati vengono catturati successivamente e messi a morte. A Galeazzo Maria I succede il figlio con il nome di Gian Galeazzo I, che ha solo 7 anni, sotto la reggenza della madre Maddalena di Valois (1443-1495), sorella del re di Francia Luigi XI. Primo Ministro del Regno e Siniscalco della Corona è Cicco Simonetta.
1480: il 10 luglio muore a 71 anni il re di Napoli Renato d'Angiò, gli succede il figlio Giovanni. L'ambizioso Ludovico, zio di Gian Galeazzo detto il Moro per la carnagione scura, diviene coreggente del Regno d'Italia.
1489: il 2 febbraio Re Gian Galeazzo I sposa Cunegonda d'Asburgo (1465-1520), figlia dell'imperatore Federico III ed Arciduchessa d'Austria.
1490: il 1 gennaio ha fine la
reggenza di Maddalena di Valois e di Ludovico il Moro, Gian Galeazzo I assume i
pieni poteri regali. Nell'ambito dei festeggiamenti che fanno seguito a questo
evento il 13 gennaio a Milano viene rappresentata di un'opera musicale il cui testo poetico
è stato composto da Bernardo Bellincioni, mentre le scenografie sono state realizzate da Leonardo da Vinci:
essa passerà alla storia come la "Festa del Paradiso".
Se però nella nostra Timeline dopo le nozze Gian Galeazzo si disinteressa del
governo e si dedica agli svaghi di corte, evidentemente in questa linea
temporale il Re d'Italia ha preso dalla madre, perchè dimostra notevole energia
allontanando subito da Milano tutti i cortigiani e i funzionari che non gli
vanno a genio, a partire dallo zio Ludovico, che giudica un intrigante
desideroso di togliergli il trono. Il Moro, che ha effettivamente manie di
grandezza, non la prende bene e trama con il re di Napoli Giovanni d'Angiò per
mettere in atto un colpo di stato e liquidare il giovane sovrano.
La delazione di uno dei congiurati fa però fallire il golpe: Ludovico il Moro
è arrestato, torturato e giustiziato nel Castello Sforzesco.
1491: il 30 gennaio nasce Francesco Maria, figlio primogenito di Gian Galeazzo I e Principe di Venezia (titolo questo che da qui in poi caratterizza l'erede al trono d'Italia). Il genovese Cristoforo Colombo, che si è inutilmente rivolto prima al re di Portogallo e poi al re di Spagna, si reca alla corte di Gian Galeazzo I, che decide di finanziare la sua spedizione transoceanica grazie ad alcune corvèe che il porto di Genova gli deve.
1492: il 25 luglio muore papa
Innocenzo VIII, nel successivo Conclave (6-11 agosto) viene eletto Papa Giuliano
della Rovere, arcivescovo di Bologna e Decano del Sacro Collegio Cardinalizio,
grazie alla pesante ingerenza di Gian Galeazzo Sforza che gli assicura
abbastanza oro in prestito per pagare i Cardinali elettori; il nuovo Papa prende
il nome di Giulio II. Il grande sconfitto è il candidato di re Giovanni d'Angiò
e dei Re di Spagna, lo spagnolo Rodrigo de Borja y Borja, nipote di Papa
Callisto III.
Il 12 agosto Cristoforo Colombo parte da Genova per tentare di raggiungere le
Indie navigando verso occidente. Il 12 ottobre avvista un'isola (oggi sappiamo
che si trova nelle Bahamas) da lui battezzata San Salvatore. Il 27 ottobre
scopre Cuba, da lui definita "l'isola più bella che occhio umano abbia mai
visto". Il 5 dicembre è la volta di Haiti, da lui battezzata Isola
Sforzesca.
1493: il 6 marzo Cristoforo
Colombo, di ritorno dalle Indie, giunge in Portogallo, il paese dove ha vissuto
per sette anni e preso moglie, ed è ricevuto dal re Giovanni II; il successivo
25 marzo giunge a Genova dove incontra re Gian Galeazzo I, mostrandogli dieci
indiani portati con sé, pappagalli tropicali, frutti esotici e polvere d'oro.
Entusiasta, il Re d'Italia nomina Colombo Ammiraglio della Flotta Reale e lo
incarica di organizzare una nuova spedizione nelle "isole dell'India oltre il Gange",
delle quali è nominato fin d'ora governatore suo fratello Giacomo Colombo.
Inizia l'avventura coloniale italiana. Si mordono le mani i Re Cattolici di
Spagna e il Re di Napoli, che non hanno dato retta al "visionario"
Colombo.
Il 19 agosto muore l'imperatore Federico III. Re Gian Galeazzo I avanza la
propria candidatura al titolo imperiale, ma per 5 voti a 4 viene sconfitto dal
cognato Massimiliano d'Asburgo.
1494: il 7 giugno, dietro mediazione di Papa Giulio II, è firmato il Trattato di Tortona, con il quale il mondo è letteralmente spartito in due con una Linea in direzione nord-sud, 370 Leghe (1770 km) ad ovest delle Isole di Capo Verde, corrispondenti a una longitudine a 46° 37' Ovest. Le terre ad est di questa Linea (così chiamata per antonomasia) apparterranno al Portogallo, e quelle ad ovest al Regno d'Italia. Il nuovo Papa è infatti italiano, a differenza dello spagnolo Rodrigo de Borja, e trascura completamente Spagna, Francia e Inghilterra nella suddivisione del Nuovo Mondo. Fine del Medioevo, ha inizio l'Età Moderna.
Per suggerimenti o commenti, scrivetemi pure a questo indirizzo.
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Questo è il commento del grande Bhrihskwobhloukstroy:
Fantastico sviluppo! Comunque anche l'Europa riserva grandi obiettivi: dopo la Corona di Re d'Italia, quella Imperiale, poi la Polonia, poi la (ri)conquista di Costantinopoli e dopo i tentativi su Francia e Napoli.
Aggiungo per associazione di idee:
- se non ci fosse stata (tra
XI. e XIX. secolo) la fabbricazione dell'idea di Italia (sulle cui ragioni
potremmo discutere molto a lungo proprio con lo strumento decostruttivo che
l'ucronia ci fornisce), Milano stessa (o "stesso") avrebbe fatto parte
di una Grande Francia;
- se (prima) non ci fosse stata la Cattolicizzazione dei Longobardi, Milano
farebbe parte di una Grande Germania;
- se non ci fosse stata la Cristianizzazione tardoromana, Milano farebbe
parte... di un Grande Galles!
Comunque, secondo me Milano
potrebbe avere anche maggior fortuna di quanto qui ipotizzato da Det0.
Se si volesse stabilire quale potrebbe essere la capitale di una ipotetica confederazione europea comprendente tutte le nazioni europee escluse Russia e Turchia, almeno per ora,
sicuramente Aquisgrana avrebbe un paio di caratteristiche aggiuntive che la rendono
ideale (il suo territorio cittadino aveva mantenuto - caso unico, che io sappia - il
titolo di "Reich" nell'accezione gallica di *rīgion "territorio vicano" e il suo etimo Gran(n)us si riferisce al Sole, quindi sarebbe
letteralmente il Sonnenreich dell'Empereur-Soleil), ma io invece propongo, in
omaggio proprio a Det0, la città di Milano, per seguenti ragioni:
1) l'Europa com'è in questo momento si può trascrivere (descrivere) come un - ucronico - «Impero Carolingio-comneno-angioino-jagiellonico-teutonico-asburgico-borbonico-napoleonico (Carolocomnenangeviniagielloteutonasburgoborbonapoleonico)», ma, dato che l'ipotesi esclude la Turchia, dobbiamo fare a meno di Bisanzio, che sarebbe la Capitale più titolata di tutte (anche di Roma);
2) dato che l'eredità angioina è tornata ai Valois e poi ai Borboni (o, altrimenti, agli Asburgo e poi in prevalenza ai Borboni; per la Polonia, direttamente a Ladislao Jagiełło), la formulazione provvisoria si potrebbe ridurre a «Impero Carolingio-jagiellonico-teutonico-asburgico-borbonico-napoleonico (Caroloiagielloteutonasburgoborbonapoleonico)»;
3) Milano è stata Capitale del Regno Longobardo, il cui Re dopo gli Ottoni è diventato il Regno di Germania, rappresentato dal Re dei Romani;
4) Milano era la città cui i Re Valois (in particolare Francesco I., anche perché solo in quanto Duce di Milano si è potuto candidare a Imperatore; Luigi XIV. avrebbe dovuto ripiegare su Nomeny in Lorena, Feudo Immediato dell'Impero) tenevano di più, tanto quanto Parigi (testimonianza coeva), ed è stata proprio per il loro titolo ereditata nelle rivendicazioni borboniche;
5) Milano era la città di cui i Castigliani accusavano Carlo I. (V.) di essere troppo desideroso;
6) Milano era una delle più importanti città della Monarchia Cattolica (e in particolare della Corona di Spagna) nel momento in cui includeva anche l'Inghilterra (Filippo II.);
7) Milano era una delle più importanti città del Sacro Romano Impero nel momento in cui il suo Imperatore (Massimiliano II.) è stato eletto Re di Polonia-Lituania (12. dicembre 1575);
8) Milano è l'unica città della Corona di Spagna a essere passata direttamente all'Austria per accordo previo alla Guerra di Successione Spagnola e, di tutta la Corona di Spagna, è stata la prima ad accettare la Prammatica Sanzione;
9) per tutte queste ragioni Milano è stata (e non si vede perché non debba essere tuttora) vera Germania, vera Francia, vera Spagna e vera Austria, di tutte e quattro in senso pienissimo (è anche stata vero Protettorato Svizzero, per sovram[m]ercato), e proprio - fra l'altro - nei momenti in cui hanno incluso i Paesi Bassi (compresa l'Olanda), l'Inghilterra-Irlanda, il Portogallo (per non dire delle relative Colonie), l'Ungheria-Boemia-Croazia-Transilvania e la Polonia-Lituania-Moldavia. Mancherebbero 'solo' Svezia-Finlandia e Danimarca (con o senza Norvegia e Islanda)...
10) al tutto si aggiunge che Milano è non solo una fondazione gallica, ma è celtica fin dalla nascita della Celticità (dimostrabile linguisticamente) e prima di allora era indoeuropea fin dalla prima Antropizzazione (pure dimostrabile linguisticamente), il che vale per tutte le località celtiche dalla Liguriia all'Irlanda;
11) inoltre è stata non solo pienamente romana, ma Capitale dell'Impero alla pari con Bisanzio (mi piace chiamarla così), prerogativa condivisa solo da Ravenna (non Treviri);
12) infine è stata la più germanizzata (complessivamente) di tutto il Regno sia Gotico sia Longobardo, al punto da avere un esonimo tedesco non semplicemente adattato dall'italiano, ma tratto dalla pronuncia ("protoladina") locale dell'Alto Medioevo e completamente rietimologizzato in tedesco (Mailand "Terra di Maggio", con tanto di leggenda connessa), ciò che non avviene per alcuna altra Capitale di Ducato (e neppure per Bormio/Worms né per Bolzano/Bozen).
Milano si può quindi - caso credo unico - considerare città connazionale per i seguenti Paesi dell'Unione Europea: Austria, Belgio, Cechia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito (in gran parte), Romania (in parte), Slovacchia, Slovenia, Spagna, Ungheria (mancherebbero 'solo' Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Lituania, Svezia)...
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Invece Never75 ha quest'altra idea:
I POD che prevedono la fine della Repubblica Fiorentina tirano generalmente in ballo i Visconti, il Papa o i Senesi. Invece la possibilità più concreta e realistica si ebbe ancora più indietro nel tempo: nelle lotte fratricide tra comuni toscani agli inizi del 1200. La città di Dante e Machiavelli fu impegnata in una guerra settennale contro la città di Semifonte che fu quasi sul punto di sconfiggere la rivale. A causa, però dei tradimenti dei suoi alleati, fu la stessa Semifonte a venire sconfitta. Firenze le impose una pace cartaginese, tanto che della città, un tempo così prospera, oggi non c'è traccia. Se però fosse Semifonte a vincere il duello e imponesse una pace altrettanto cartaginese alla rivale?Senza Firenze tra i piedi, anche Siena potrebbe acquisire ancora più importanza. Pensiamo poi a Pisa. Al di là dei problemi di interramento del porto, potrebbe continuare la sua ascesa come potenza regionale e repubblica marinara. Magari conquistando Livorno o Grosseto e continuando da lì ad armare le sue flotte. Il colpo però più duro sarebbe per la cultura. Senza Dante che evoluzione/diffusione avrebbe il fiorentino a livello culturale? E senza Giotto, che sviluppo avrebbero le Arti figurative? Ma soprattutto, senza il Rinascimento, che Italia ci sarebbe ora? Il Gotico fiorito sarebbe evoluto in qualcos'altro, oppure ci saremmo fossilizzati come i Bizantini e gli ortodossi in generale?
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Così gli risponde Bhrihskwobhloukstroy:
Escludi che Semifonte (oppure Siena e/o Pisa) potesse assumere il ruolo storico di Firenze? E anche che l'Arte e gli Artisti (anche le medesime persone) potessero fiorire in altri luoghi che Firenze? Per la lingua, i gruppi di possibilità sarebbero:
1) per ragioni analoghe a quelle storiche, l'erede trecentesco del volgare 'longobardo' viene comunque identificato con una varietà toscana (forse proprio il senese, così da rendere vera una diffusa leggenda storicamente falsa);
2) si impone la lingua di un altro dei quattro - rimasti tre? - centri finanziarî, Venezia Milano o Genova, forse la koiné 'padana' che era già abbastanza diffusa da poter essere utilizzata da Milano a Venezia;
3) prevalgono il provenzale o il francese, come già poteva accadere.
O forse sono più ucronie messe insieme? In pratica: Firenze non cresce come Comune, ciò che storicamente è avvenuto a Firenze in sèguito non avviene invece in questa ucronia, i grandi Fiorentini possono anche nascere e vivere ma non trovano l'ambiente adatto?
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Paolo Maltagliati obietta:
Se posso esprimere un parere, direi che anche ammesso(ma non lo credo) che il ruolo geopolitico di Firenze non venga assunto da nessuna delle sue vicine immediate(e anche escludendo Semifonte potremmo pensare a molti altri borghi oppure, in termini più laschi, a Prato e Pistoia con maggior fortuna), non credo che fenomeni culturali quali quelli che abbiamo visto non ci sarebbero stati. Vorrei tra le altre cose far notare come il rinascimento non sia necessariamente un trademark di Firenze. Molti artisti esimi di altre regioni hanno forse goduto di minor fama pur meritandola, nel corso dell'autunno del medioevo. E se le condizioni geopolitiche rimangono immutate negli altri attori dell'Italia del rinascimento, non credo che possa avvenire una stagnazione artistica, dato che l'arte era manifestazione di un potere.
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Restituiamo la parola a Never75:
Per Bhrihskwobhloukstroy:
La pace che nella HL i Fiorentini fecero ai Semifontesi fu del tutto simile a quella dei Romani VS i Cartaginesi (se pace si può dire: nei fatti fu una resa incondizionata).
Non solo Semifonte fu rasa al suolo (torri, palazzi, mura, perfino chiese!) ma gli abitanti furono costretti ad andare a vivere altrove. Rimase poi il divieto di non costruire più nulla sul perimetro della città distrutta.
Tale "divieto" nei fatti persiste ancora oggi, dato che il borgo è abbandonato e non ci vive nessuno.
Se Semifonte avesse fatto altrettanto, Firenze non sarebbe mai più esistita.
Per Paolo:
E' vero che il Rinascimento non è una caratteristica solo di Firenze, ma nei fatti è stato da lì che tutto ha avuto origine.
Se non ci fosse stato Giotto coi suoi affreschi e con le sue trovate (introduzione prospettiva, caratterizzazione dei personaggi e dei loro stati d'animo, uso di colori vivaci, personaggi e cose in 3D ecc.) dubito che si sarebbe andati molto avanti.
Fabriano, nelle Marche, ci ha dato Gentile.
A Siena e dintorni operarono i Lorenzetti.
Ma quanta differenza tra loro e Giotto, o tra loro e il Rinascimento fiorentino!
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Bhrihskwobhloukstroy torna alla carica:
Allora avevo ragione io: si stanno sommando due ucronie, uno a Punto di Divergenza dato e una a risultato (intermedio) dato; la prima è "cosa succede se Firenze viene distrutta permanentemente come Semifonte", la seconda è "cosa succede se (aggiungiamo: per cause da precisare ulteriormente, oltre alla distruzione di Firenze nel 1202) tutto ciò che storicamente si è sviluppato a Firenze anche e soprattutto dopo il 1202 non ha luogo nemmeno altrove".
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Anche Paolo risponde a Never75:
Mi scuso se sembro pedante... Mi permetto di non essere d’accordo sull’affermazione che senza Giotto avremmo avuto una stagnazione dal punto di vista pittorico ed artistico in generale, anche a prescindere dalla mia del tutto personale convinzione che anche senza Firenze ne sarebbe spuntato un altro come lui da qualche altra parte. Ad ogni modo l’arte italiana del XII e XIII secolo non è affatto costretta alle forche caudine di gotico fiorito e riproduzione di stilemi bizantini. Basta guardare i maestri campionesi. Però si sta parlando di ucronie, per cui ogni opinione è legittima, ovviamente!
Icona bizantina di San Dante Alighieri (creata con openart.ai)
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E ora, una pensata di Renato Balduzzi:
Com'è noto, pur essendo Guelfo, Dante era un ammiratore dell'Imperatore Enrico VII di Lussemburgo. E se, dopo essere stato esiliato da Firenze, si trasferisce in Germania, dove il potere imperiale è più forte, alla corte prima di Enrico VII e poi di Ludovico IV di Baviera? Potrebbe scrivere la sua opera principale in lingua tedesca, segnando l'inizio di una nuova fase della letteratura germanica. Come sarà strutturato il poema nazionale teutonico?
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Non può mancare la replica di Bhrihskwobhloukstroy:
Il cognome è sicuramente di origine germanica, presumibilmente francone (Aldighieri < *Aldi-gaiRa-R < *Aldi-gaizaz "lancia epocale"), il nome potrebbe a sua volta esserlo, attraverso il longobardo o l'alemannico (*Durant "che osa" < germanico *thurejanda-z), quindi in Germania sarebbe stato pressoché sicuramente ritedeschizzato in Durant Aldger. Detto questo, l'idea di Dante che scrive in tedesco è originale!
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E ora, il contributo del nostro webmaster William Riker:
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Eccovi ora un'altra proposta di Never75:
In questo sito sono state avanzate parecchie ipotesi circa un proto-regno d'Italia prima dei Savoia. Gli attori sono stati, di volta in volta, i Visconti, gli Sforza, le varie dinastie del regno di Sicilia, gli stessi Savoia. Nessuno però ha mai preso in considerazione l'unico uomo che, prima di molti altri, fu a un passo da realizzare se non un regno d'Italia, perlomeno qualcosa di molto simile a esso: Ezzelino da Romano. Al culmine della sua carriera, questo avventuriero nonché vicario imperiale si era trovato tra le mani un vastissimo territorio che abbracciava quasi per intero il Veneto (eccettuata Venezia) gran parte della Lombardia, il Trentino e territori minori in Emilia. La parabola di Ezzelino si concluse il 27 settembre 1259 con la sconfitta di Cassano d'Adda. Ipotizziamo però almeno due scenari diversi:
1) Ezzelino vince la battaglia di Cassano e si dirige a Milano conquistandola. Diventa de facto il padrone dell'Italia Settentrionale. Venezia e il Papa in un modo o nell'altro si devono riconciliare con lui. Non avendo figli legittimi, saranno i suoi nipoti, figli del fratello Alberico a proseguire il suo sogno regale. Una volta assicuratasi la parte con Venezia, interessata più ai commerci e agli empori in Oriente che alla Terraferma Veneta, i da Romano si concentrano su Genova e, dopo un lungo assedio, la conquistano con l'aiuto degli stessi Veneziani. Con un potente alleato nel Nord d'Italia, anche la discesa di Enrico VII è più proficua e Firenze viene conquistata. In segno di ringraziamento l'imperatore regala la città ai da Romano, che aggiungono un altro tassello ai loro domini. Inoltre la strada per il Sud è spianata: l'esercito imperiale e quello dei da Romano, dopo aver saccheggiato Roma, si dirigono alla volta di Napoli. Roberto d'Angiò è costretto alla resa. I da Romano rimangono, per volere imperiale, gli unici e incontrastati padroni dell'Italia Centrosettentrionale. E il papa, ridotto a più miti consigli, è costretto suo malgrado a incoronare Alberichetto II da Romano come Re d'Italia.
2) Ezzelino viene a patti col Papa e si dichiara formalmente suo vassallo. In cambio il pontefice è più che disposto a conferire legittimità ai territori da lui conquistati. Si consolida così una potente signoria che fa da argine a Venezia e Milano. Quali sviluppi?
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Gli replica il solito Bhrihskwobhloukstroy:
Nel primo scenario mi manca la politica nazionale sveva mirante a unificare nella Nazione tedesca i Tedeschi 'cisalpini', ossia i continuatori dei Longobardi e altri esponenti del Ghibellinismo; per il Vicario Imperiale e Capo della Parte Ghibellina sarebbe stato il quadro immediato di riferimento. Quei decenni sono stati l'ultimo momento in cui si poteva avere qualche incertezza sui processi di formazione nazionale (a parità degli altri fenomeni di lunga durata); dopo di allora la prevalenza dell'opzione neolatina (addirittura riformulata dopo pochi decenni come 'toscana') è stata assoluta. Nel secondo scenario non riesco invece a cogliere i vantaggi del Papa a favorire Ezzelino rispetto a Venezia e Milano (da cui Roma non aveva alcunché da temere).
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Aggiungiamo questa proposta riferitaci da Tiziano:
Qualcuno ha proposto un capovolgimento della Guerra dei Cento Anni. Spartizione della Francia: alla Borgogna il Nord-Est, all'Inghilterra il Nord e l'Ovest, all'Aragona il Sud; Provenza e Delfinato tornano all'Impero. Io però al massimo vedo un mezzo scambio di posto tra Italia e Francia: la prima, nella nostra Timeline come un eterno campo di battaglia tra le potenze europee, diventa una potenza sotto la guida magari di un Re di Napoli che, approfittando del Papa confinato ad Avignone, conquista l'Italia con guerre e matrimoni. La francia invece diverrebbe il campo di battaglia tra Spagna, Italia, Germania e Inghilterra. Da notare che così l'Inghilterra, senza il blocco della Francia, si sarebbe interessata ben di più delle questioni continentali, trascurando per il momento la Scozia. E da qui si aprono non poche occasioni.
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Così gli risponde Bhrihskwobhloukstroy:
C'è una differenza fondamentale: l'Italia e la Cisalpina si trovavano sulla direttrice di tre Imperialismi, tedesco (verso Sud), francese (verso Sud-Est) e spagnolo (verso Est), perché la Geopolitica europea postclassica è in direzione Nord-Sud e quella mediterranea Ovest-Est. La Francia, invece, si trovava all'incrocio di due soli Imperialismi, l'inglese e il borgognone, mentre all'Aragona (e alla Spagna, che ne ha raccolto l'eredità) serviva soltanto il corridoio occitanico-provenzale. Gli Stati cisalpini e italiani non avevano alcuna mira sui territorî transalpini e addirittura gli Stati italiani non avevano - tranne lo Stato Pontificio - nemmeno alcuna ambizione territoriale sulla Cisalpina (lo stesso Stato Pontificio si limitava al Po, e sì che era l'unico ad avere un Imperialismo a 360 %). Napoli, in particolare, aveva tre obiettivi: anzitutto Bisanzio, in sèguito l'Africa Settentrionale a motivo della Sicilia, e infine Roma e il resto della Penisola.
Con la persistenza degli Svevi nel proprio Ducato e come Dinastia Imperiale (di fatto o anche di diritto ereditaria), proporrei tre scenarî entro la Prima Età Moderna:
1) (minimo) il confine fra Impero e Francia si sposta a favore del
primo con la reinclusione della Contea di Forez e l'inclusione del Ducato di Borgogna e delle Contee di Fiandra, Artois e Piccardia
(Carlo il Temerario - senza Borgogna! - investito Re d'Austrasia);
- Sicilia e Sardegna allodî degli Hohenstaufen;
- Legazioni Pontificie all'Impero;
- Venezia Città Imperiale (per scongiurare la conquista da parte degli
Ezzelini), con Istria costiera e Dalmazia (dalla Croazia-Ungheria);
- Slesia e Ordine Teutonico all'Impero;
- Transilvania Vassalla dell'Impero;
- mancata secessione della Confederazione Svizzera e delle Provinc(i)e Unite.
Di conseguenza, l'espansione francese è nell'Impero Latino d'Oriente e nel Levante.
2) (medio) a quanto precede si aggiunge la permanenza della Polonia e di Cipro come Vassalli dell'Impero
3) (massimo) al precedente si aggiunge che la Polonia include anche la Moldavia, inoltre l'Armenia rimane Vassalla dell'Impero e Gerusalemme resta agli Hohenstaufen.
Un quarto scenario, estremo, sarebbe la riunificazione fra Impero e Francia...
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Diamo la parola a questo punto a William Riker:
Al termine del quinto episodio della Terza Stagione di "Star Trek Discovery", intitolato "Provarci fino alla morte", il capitano Saru (interpretato dall'altissimo attore Doug Jones) spiega al Comandante in Capo della Flotta Stellare, Ammiraglio Charles Vance (interpretato dall'attore israeliano Oded Fehr), che la Federazione Unita dei Pianeti, decaduta nel 32° secolo al punto da comprendere ormai solo 38 pianeti (nell'epoca del massimo splendore erano oltre 350), potrà risorgere dalle sue ceneri appellandosi agli ideali dei suoi fondatori vissuti un millennio prima, e fa l'esempio di « Giotto, famoso pittore del Rinascimento » che pose fine ai « secoli bui del Medioevo » scoprendo la prospettiva, ed aprendo agli uomini un nuovo modo di concepire l'arte. Anche se Saru è un Kelpiano, non un terrestre, nelle sue parole leggiamo il pregiudizio illuministico dei Padri Fondatori degli USA di un Medioevo "male assoluto" (e, guarda caso, gli USA non esistevano durante il Medioevo, rendendoli immuni a tanto obbrobrio) e la mediocre cultura generale dell'americano medio, visto che la prospettiva non fu affatto scoperta da Giotto, il quale si limitò a dare maggior profondità e realismo ai propri dipinti, ma da altri due fiorentini, Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti. Ma soprattutto, Giotto da Bondone non fu affatto un pittore del Rinascimento; egli infatti morì l'8 gennaio 1337, mentre di solito il Rinascimento viene fatto iniziare nel 1399, quando l'umanista Coluccio Salutati istituì a Firenze la prima cattedra di lingua e letteratura greca, affidandola all'erudito bizantino Manuele Crisolora (i letterati italiani corsero a iscriversi in massa). Ora, io mi domando e dico: quali modifiche dobbiamo introdurre nella HL, affinché Giotto possa essere considerato davvero un artista del pieno Rinascimento, come per noi lo sono Leonardo, Michelangelo e Raffaello? E quali conseguenze avrà sulla storia dell'uomo l'avvio anticipato dello splendore rinascimentale?
Qui sotto: se Giotto avesse dipinto "la Gioconda", forse essa avrebbe potuto apparire così... (immagine ottenuta con openart.ai)
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Tocca ora all'ennesimo colpo di genio del grande Paolo Maltagliati:
Breve storia del regno di... (Illiria?)
Parte 1: 1286-1570
POD: 1286: Alla dieta imperiale di Augusta, Carnizia e Carniola vengono affidate al conte Meinhard del Tirolo. Meinhard affida, con il benestare di Rodolfo, la marca di Carniola al fratello Alberto, che aveva mantenuto il dominio sulle sole terre di famiglia di Gorizia, con la medesima clausola impostagli da Rodolfo, ovvero in caso di mancanza di discendenti diretti del casato, la Carniola sarebbe dovuta tornare agli eredi di Rodolfo, ovvero gli Asburgo.
1382: Trieste si pone sotto la protezione dei Margravi di Carniola; in precedenza, la marca di Istria era stata ceduta dai patriarchi della Patria Friulana, incapaci di controllo diretto, ai Mainardini di Carniola; il centro principali della Marca istriana era Mitterburg, o Pisino, mentre la gran parte della costa era stata conquistata dalla repubblica di Venezia (con cui vi erano continui conflitti).
1420: annessione della Patria Friulana alla terraferama veneta; i Gorizia entrano in guerra con la Serenissima ma non ottengono i risultati sperati. Annettono però ai propri domini Aquileia, Grado, Cormons e una serie di borghi della zona isontina (i medesimi ottenuti dagli Asburgo, per amor di pace ucronica).
1426: Federico II di Cilli, viene fatto sposare, contro la sua stessa volontà (amava infatti Veronica di Desenice, poi accusata ad hoc di stregoneria dal padre di lui (anche nella storia reale, del resto)) in seconde nozze ad Anna, figlia di Enrico VI conte di Gorizia e Margravio di Carniola. Nel 1427 nasce Enrico di Cilli, poi soprannominato l'astuto.
Enrico partecipa a tutte le guerre del fratellastro, seppure in posizione subordinata. Ne guadagna la contea di
Ortenburg.
1452: Enrico partecipa all'appello di Costantino XI e manda un (piccolo) contingente a Costantinopoli. Più che per il valore, si mette in luce per aver trafugato dalla seconda Roma diversi manoscritti e opere d'arte, ancora oggi presenti nel museo nazionale di Cilli. Tra i vari manufatti, i soldati di Enrico riportano a casa anche un corpo indossante calzari di porpora. Essi affermano che sia la salma dell'imperatore Costantino Dragazes, ma non si avrà mai la certezza di ciò. (Maometto II lo negherà sempre, affermando di aver rintracciato il Basileus tra i cadaveri). Sfranze, pur volendolo, non riuscirà mai a vedere la famosa salma, per cui non sarà mai in grado di confermare o smentire la tesi.
1456: morte di Ulrico II. Enrico non rivendica i diritti di luogotenenza del regno d'Ungheria del fratello, ma solo i feudi aviti dei Cilli. Mattia Corvino rivendica i territori in quanto genero di Ulrico, ma a questo punto Enrico si appoggia a Federico d'Asburgo. Sposa la moglie del fratello, Caterina Cantacuzena Brankovic, di nove anni più vecchia per consolidare le proprie pretese (e generando per questo scandalo, specialmente secondo le fonti ungheresi).
1457: nasce Ulrico III di Cilli.
1462: Alla morte di Giovanni di Gorizia, Enrico di Cilli litiga con Leonardo, fratello di Giovanni, per ottenere una parte dell'eredità Mainardina come dote mai elargita della moglie Anna. Ottiene anche in questo caso l'appoggio di Federico, il quale era in rotta con i goriziani per ottenere Lienz e quanto restava del Tirolo mainardino.
1475: Ulrico III viene fatto sposare a Ursula di Ilok, figlia di Nicola, bano di Croazia, Slavonia e Dalmazia e re titolare di Bosnia. Attraverso di lui i conti di Cilli hanno già ottenuto il titolo di despota di Serbia; per via dei suoi figli otterranno anche il titolo regio Bosniaco dopo la morte senza eredi di Lorenzo di Ilok nel 1524.
1476: Ursula muore poco dopo aver messo alla luce Federico III.
1500: morte senza eredi di Leonardo di Gorizia. L'imperatore Massimiliano, in virtù della fedeltà dei Cilli alla sua causa, concede la successione del margraviato di Carniola e della contea di Gorizia a Enrico ed ai suoi figli. Si tiene però per sé il Tirolo.
1504: muore Enrico l'astuto. Gli succede Ulrico III. Federico III sposa Jelena Karlovic, figlia di una delle principali famiglie patrizie croate.
1506: nasce Sigismondo I di Cilli, figlio di Federico III.
1509: Ulrico III e suo figlio Federico partecipano alla guerra contro Venezia dell'imperatore Massimiliano. Secondo gli accordi di spartizione della Serenissima, avrebbero ottenuto in caso di successo, l'Istria.
1515: rivolta, nota con il nome di Windischer Bauernbund in Carniola. I contadini sloveni si sollevano per la reintroduzione dei vecchi diritti (Stara Pravda) negoziali sulla tassazione. Ulrico, con molto tatto, raggiunge una soluzione negoziale, grazie soprattutto all'aiuto del suo ministro di fiducia, Virgil Von Graben.
1518: Viene organizzato per procura il matrimonio tra il piccolo Sigismondo e Susanna di Wittelsbach.
1520: Morte di Ulrico III, gli succede Federico III. Cilli sta diventando nel frattempo una delle città principali della regione subalpina, connessa da una parte all'Adriatico attraverso Trieste e dall'altra all'Austria attraverso la via verso Graz, in Stiria. Altre città importanti del dominio erano Laibach (capitale della Carniola), Tybach (Duino) e Gorizia.
1525: Federico III manda il proprio figlio Sigismondo alla campagna di Carlo in Italia contro Francesco I per farsi le ossa in combattimento. Susanna entra finalmente a Cilli.
1526: Battaglia di Mohacs e crollo dell'Ungheria. Federico partecipa con il proprio contingente alla battaglia, ma per un fortunoso miracolo (o forse si trattò di una fuga in piena regola), riesce a ritirarsi prima di morire con i suoi uomini sul campo di battaglia.
I croati nominano inizialmente come proprio signore proprio Federico III. Quest'ultimo, però, rimette la corona nelle mani del “proprio signore feudale”, ovvero l'imperatore Carlo. In un incontro segreto a Laibach, l'Arciduca Ferdinando (con il benestare del fratello), Federico e i rappresentanti dei magnati croati, Francesco Batthyany e Ivan Karlovic stipulando un accordo. I Cilli otterranno il titolo perpetuo di Bano di Croazia; in compenso, la titolarità della corona spetterà a Ferdinando d'Asburgo e ai suoi discendenti. L'esito di questo incontro verrà poi formalizzato nella dieta dei magnati croati a Cetin alla fine del 1527. La prima acclamazione come sovrano, tuttavia, non verrà dimenticata dai Cilli e, molto, molto tempo dopo, rispunterà.
1527: Sigismondo sconfigge e uccide sotto le mura di Varasdino il bano di Croazia della fazione pro-Zapolya, Ivan Frankopan. Nonostante il padre Bernardino fosse riuscito all'ultimo a sventare la completa distruzione dell'eredità avita, Karlovac e diversi altri territori della famiglia finirono nelle mani dei Cilli, che divennero così anche una delle principali famiglie nobiliari croate (avanzata ottomana permettendo).
Nasce Elisabetta, figlia di Susanna e Sigismondo.
1529: Sigismondo si mette in luce nuovamente durante l'assedio turco di Vienna.
1542: Sigismondo gioca un ruolo di primo piano nell'assedio di Pest.
1543: Susanna muore senza aver dato alla luce a Sigismondo eredi maschi. Quest'ultimo si sposa con Katarina Frankopan. L'imperatore gli dona la signoria sul Murinsel, con la città di Tschakathurn.
1545: Nasce finalmente Nicola, il tanto sospirato erede primogenito maschio. In occasione della nascita, Sigismondo 'grazia' il riformatore sloveno Primoz Trubar, grande umanista, dalle idee pericolosamente vicine al protestantesimo (nie confronti del quale, in realtà, Sigismondo avrà sempre un atteggiamento relativamente tollerante, per quanto rimase ligio ai dettami cattolici).
1556: Sigismondo comanda le truppe asburgiche nella battaglia di Babocsa.
1566: Sigismondo muore eroicamente nella battaglia di Szigetvar, divenendo così una sorta di eroe nazionale per i Croati e anche per gli Ungheresi. Il poeta croato Brne Karanarutic racconterà le sue gesta nella 'Conquista della città di Sziget'. Nicola si sposa con Giovanna d'Austria, figlia di Ferdiando. Si tratterà di un matrimonio particolarmente felice(nessuna Bianca Cappello, in Slovenia).
1570: nasce Federico IV di Cilli. Nonostante la continua minaccia ottomana è un periodo di grande fervore culturale ed economico per Cilli e la Carniola. I Cilli iniziano a finanziare l'azione di pirati croati con basi nel Quarnaro, per minare i traffici marittimi di ottomani e veneziani.
Come continuarla?
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Bhrihskwobhloukstroy si mostra strafelice:
Sono entusiasta, non riesco nemmeno a trovare le parole!
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A questo punto, Generalissimus domanda ex abrupto:
E se la Divina Commedia venisse scritta da qualcuno in uno dei volgari italiani che Dante Alighieri maggiormente critica nel "De Vulgari Eloquentia"? Le opzioni sono il Romanesco, il Milanese, il Bergamasco, il Friulano, l'Istriota e il Sardo. Cosa ne verrebbe fuori?
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Gli replica il solito Bhrihskwobhloukstroy:
C'è un diverso grado di probabilità nella scelta fra questi codici linguistici.
Una lingua veicolare interregionale – chiamata «volgare longobardo» – già esisteva ed era la continuazione di quella usata nei Placiti Cassinesi (che non è campano antico, perché fra il campano «saccio» e il latino «sapiō» non c'è posto per una forma intermedia «sao»); si tratta di latino appunto volgare tardo, usato in tutto l'Impero d'Occidente e poi ristrettosi man mano che si restringeva l'Impero stesso, fino ai confini di Romolo Augusto(lo), sostituito altrove dal locale latino rustico già in uso (praticamente, senza più l'estensione a tutto l'Impero d'Occidente non serviva più una varietà non locale; in Italia invece ancora sì, perché la variazione linguistica sul territorio rimaneva comunque molto forte).
Nel XIII secolo si poneva la questione di una lingua ufficiale («curiale») per il Regno d'Italia, di fatto dopo il 1177 il solo Regno Longobardo (col che veniva esclusa Roma e dal tardo XIII secolo anche la Sardegna); l'istrioto era fuori questione in quanto varietà pertinente in teoria al Regno di Germania (il friulano era di fatto nel Regno di Germania).
I candidati non erano tutti i volgari del Regno Longobardo; in discussione erano quelli delle quattro città più importanti per popolazione, commercio, naturalmente anche ruolo politico ecc.: anzitutto Milano (Pavia era quasi equivalente a Milano, benché all'epoca emiliana, ma l'Emilia era Lombardia), poi Firenze, Genova e infine – anche se di fatto fuori dal Regno – Venezia. Esclusa quest'ultima appunto per ragioni politiche, rimanevano Milano, Firenze e Genova.
Di questi tre volgari, a quell'epoca (più tardi no) il più simile – casualmente! – al volgare longobardo era il fiorentino e per questo preciso motivo è stato scelto per sostituirlo (una lingua interregionale non nativa di nessuno viene sostituita da un volgare nativo di una città).
Se il Punto di Divergenza è che la scelta non cada sul fiorentino e tenuto conto che il veneziano (che, dopo il fiorentino, era il più vicino al volgare longobardo) era di fatto fuori gioco per ragioni politiche, rimangono solo il milanese e il genovese, entrambi abbastanza distanti dal volgare longobardo (anche se bisogna ricordare che in Lombardia esisteva una lingua comune lombarda – quella di Bonvesin della Riva – più simile al volgare longobardo). Dal momento che il genovese non è incluso nella lista qui sopra, la scelta del milanese (o magari, meglio, della koinḗ lombarda) diventa inevitabile. In Bonvesin possiamo quindi intuire come sarebbe stata la Comedia dantesca di questa ucronia.
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Federico Sangalli aggiunge:
La cosa più divertente che mi viene in mente è che cinque secoli dopo Alessandro Manzoni avrebbe indicato la lingua prescelta come la nuova lingua nazionale italiana, magari "risciacquando" i Promessi Sposi nel Tevere, nei Navigli, nell'Adda, nell'Isonzo o nelle Bocche di Bonifacio. Vi immaginate come lingua nazionale il Bergamasco, il Sardo o il Romanesco?
È anche possibile che la lingua nazionale non nasca proprio (effettivamente non me le vedo frotte d'insegnati bergamaschi che sbarcano in Sicilia per "italianizzarle") e l'Italia rimanga divisa in vecchi dialetti: niente cultura unita, niente tradizione comune al di fuori di quella romana, Carducci se ne va con la coda tra le gambe come per Manzoni, trionfo dei letterati dialettali come Verga e altri meridionalisti, la Prima Guerra Mondiale non si fa proprio perché non vi è alcun irredentismo per Trento e Trieste, il Fascismo tenta di ovviare al problema con la Riforma Gentile e un maldestro tentativo di reintroduzione di un latino riadattato e con la repressione delle comunità locali, dopo la Seconda Guerra Mondiale le comunità represse riesplodono e l'Italia diventa uno stato confederale con le aree linguistiche elevate a regioni a statuto speciale (grossomodo Sicilia, Sardegna, Alto e Basso Piemonte, Liguria, Alta e Bassa Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia, Romagna, Toscana, Maremma, Lazio-Ciociaria, Umbria, Roma, Marche, Abruzzo-Molise, Apulia costiera, Salento, Lucania Grieca, Sannitia, Napoli e coste campane, Bruzia; con Valle d'Aosta alla Francia, Trentino-Alto Adige all'Austria e Trieste alla Slovenia), l'appartenenza alla NATO sarebbe ben più ondivaga con alcuni Stati fortemente comunisti e altri fortemente conservatori, probabile semi collasso della Confederazione negli Anni '90 con la Federazione Padana che nasce nel Nord dall'esasperazione per un governo non solo corrotto ed inefficiente ma anche debole e fragile e una larvale Confederazione nel Sud in mano alla Mafia, forse qualche stato indipendente al centro.
Se invece una lingua riuscisse ad affermarsi potrebbero esserci altre conseguenze politicamente parlando: per esempio se tutti parlassero il bergamasco, il milanese o il friulano non vi sarebbe molto humus culturale per la Lega, non essendoci distinzione tra tali idiomi e il resto della penisola, mentre su l'intera penisola parlasse l'istriano vi sarebbe un fortissimo attaccamento verso l'Istria e la Dalmazia quindi queste regioni potrebbe essere italiane (se non ci riesce la parlantina di De Gasperi, ci riescono le picconate di Cossiga) oppure l'MSI-AN-FdI potrebbe avere ancora più seguito.
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E Bhrihskwobhloukstroy torna alla carica:
Ma una lingua interregionale c'era già prima di Dante, era appunto il «volgare longobardo»; senza Dante sarebbe rimasto quello e invece di «mio», «Dio» si direbbe «meo», «Deo», tutto qui.
Altra questione è se il francese o il castigliano si dovessero sostituire al volgare longobardo; sicuramente erano in grado di farlo, ma la Politica del Sacro Romano Impero era di privilegiare – accanto al latino – una varietà del Regno Longobardo.
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E ora, un divertissement che dobbiamo a Falecius. La sua amica Milady de Winter ("ultraprecaria di italiano" come lei stessa si definisce) nel suo blog "Il salotto di Milady de Winter. Diario quasi quotidiano della mia vita scolastica e non" ha pubblicato un post intitolato "Perchè non darò mai più un esercizio di completamento", che qui val certo la pena di riprodurre, poiché ci presenta un Quattrocento europeo invero... ucronico!
« Completa il testo inserendo al posto dei puntini le parole opportune (divisa, Lodi, Firenze, Spagna, Napoli, Venezia, Bizantino, imperatore, Ottomano, Principati, nazionali, Stati regionali, Signorie, Medici, nobiltà, equilibrio, centro-settentrionale, meridionale)
Nel Quattrocento
l'Europa era caratterizzata nella parte occidentale dalla presenza di tre forti
monarchie signorie: la Francia, l'Inghilterra e la
Nobiltà. Lo stesso Napoli era ormai più debole dei
re perchè non riusciva a limitare il potere della divisa. Emerse
invece la forza dell'impero Meridionale che nel 1453 conquistò
Costantinopoli, determinando la caduta dell'impero degli Stati Generali.
Nel Quattrocento l'Italia si presentava Equilibrio sia
politicamente che economicamente in due zone ben distinte: l'area bizantino
era caratterizzata da una vivace civiltà urbana, mentre quella ottomano
era dominata dalla civiltà feudale. Dalla fine del Duecento e per
tutto il Trecento i conflitti interni ai Comuni portarono alla formazione delle nazionali
che poi si trasformarono in Lodi.
Contemporaneamente gli Stati più forti estesero il loro potere su quelli più
deboli, dando vita a Medici.
L'Italia rimase divisa ma si affermarono cinque Stati più forti: il Ducato di
Milano; la Repubblica di centro-settentrionale che difese a
lungo la sua organizzazione comunale ma che finì sotto il potere dei Venezia;
la Repubblica di Principati che non divenne mai una
Signoria e che dominava i traffici mediterranei; lo Stato della Chiesa e il
Regno di Firenze dove i sovrani faticavano a imporre il
loro potere sui signori feudali. Nella seconda metà del Quattrocento, in Italia
si aprì con la pace di Spagna un lungo periodo
caratterizzato dall'Imperatore tra gli Stati regionali.
»
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Effettivamente il somaro ne ha sbagliate 18 su 18. Ma ecco come il nostro Renato Balduzzi ha tradotto questo capolavoro di fantastoria:
« Le monarchie
signorili: Francia, Gran Bretagna e Nobiltà (un impero corrispondente all'incirca alla nostra Germania diviso in regni dove tutti sono nobili)
Il re di Baden Giuseppe Napoli era il presidente della Nobiltà, ma non riusciva a tenere testa alla rivoluzione armata della
Divisa, che altri non erano che il potere militare.
L'Impero meridionale conquistò Costantinopoli, capitale dell'impero degli
Stati Generali.
L'Italia divisa in due regioni: l'area bizantina (meridionale) e ottomana (settentrionale).
I comuni iniziarono a farsi la guerra fra di loro e finivano per annettersi a vicenda in confederazioni chiamate
Nazionali che poi furono ribattezzate Lodi in onore della capitale, dando origine ad una grande confederazione di confederazioni nel nord italia.
Medici fu la degenerazione centralista della confederazione Lodi dopo una serie di sconfitte contro l'Impero Ottomano, che vi instaurò un governo fantoccio.
Dopo la liberazione ottomana dello stato dei Medici, la nazione si disgregò in Ducato di Milano, Repubblica
centro-settentrionale dominata dalla dinastia dei Venezia, la repubblica di
Principati, lo stato della Chiesa (che scalzò evidentemente l'Impero meridionale dalla penisola) e il regno di
Firenze.
Gli Stati Regionali avevano deciso di nominare un imperatore d'Italia, ma non c'era unanimità sulla capitale da assegnare cosicché
l'Imperatore aveva un trono itinerante. »
Post scriptum: Ovviamente, lo stato dei Medici era anche conosciuto come lo stato dei Dottori. ^__^
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E non basta: Renato ha preparato anche due cartine per quest'Europa folle! Prima l'Italia:
E poi l'Europa (cliccate per ingrandire):
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Così ci ha risposto prontamente Milady de Winter:
Caro Collega, mi è abbastanza chiaro che voialtri appartenete alla categoria dei GTA (Geni Totali Assoluti). La spiegazione assolutamente seria e plausibile del delirio del mio alunno è una delle cose più godibili del mondo, a pari merito con la coppa TripleChocolat di una gelateria al mare! Le cartine, poi, sono un capolavoro.
Lieta che fra le italiche genti si annidino ancora siffatti individui, mi permetto a mia volta di segnalare il vostro indirizzo in un mio post, a beneficio dei lettori. Un pucciniano saluto, vostra Milady.
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Se volete contribuire alle discussioni in corso, scriveteci a questo indirizzo.