Medieval Mars: una storia fantasy sul lontano pianeta Marte di Filobeche.
Antefatto: cronologia
20 XX:
Prima colonia stabile su Marte, nei pressi del vulcano Olympus, la colonia
si chiama Hope.
1-25 Era Marziana:
La terra super popolata ed inquinata viene abbandonata da grandi masse di
popolazione che si riversano su Marte alla ricerca della terra promessa.
Moltissimi indiani ed Africani si stanziano nelle zone dei poli.
25-55 EM:
Si sviluppano delle vere e proprie nazioni e dopo una cinquantina d'anni
il pianeta diventa definitivamente abitabile. La popolazione marziana è stabile
attorno ai tre miliardi di individui con un preponderanza di elementi
nativi(2 miliardi su tre sono nati su marte e non sono coloni) Il pineta
rimane generalmente arido ma importa cereali dalla Terra e riesce ad
acclimatare bisonti e vacche al clima ed al suolo del pianeta Rosso. Nel
49 EM viene firmata la carta di Marte che crea una sorta di organizzazione
internazionale di Marte.
56-62 EM:
Nonostante la carta marziana però una grande guerra esplode ugualmente
quando le due maggiori potenze planetarie, la Lega Hellenica (una potente
federazione di città stato attorno al mare di Hellas) si scontra con il
Califfato di Arabia. La guerra coinvolgerà per sei lunghi anni il pianeta e lo
vedrà sprofondare nell'anarchia e nel caos. Dopo una guerra di posizione,
al cui confronto la Ia guerra mondiale è una passeggiata, l'Arabia crolla
e segna una pace che trasforma la lega Hellenica nella più grande potenza
marziana
70 EM:
Sulla Terra scoppia la cosid detta ultima guerra. Le potenze terrestri si
affrontano in una guerra mondiale di proporzioni epiche, l'uso di armi
nucleari e chimiche distrugge nel solo primo anno di guerra metà della
popolazione mondiale, poi una nazione(ma non si sa quale) sviluppa l'arma
definitiva capace di sciogliere le calotte polari e spaccare le zolle
tettoniche; quando si vede messa a mal partito durante la guerra ne fa
largo impiego, con esiti disastrosi.
81 EM:
Ultima comunicazione dalla Terra, si tratta di un programma radio/video
che trasmette scene del disastro (Una città che viene sommersa da onde
alte anche 200 m ed un continente ignoto che si spacca come una mela matura
con fiumi di lava esplosioni che oscurano il cielo) con sottofondo
musicale composto dalle seguenti canzoni: Te Deum; L'inno alla Gioia,
Smoke on the water, Sweet Home Alabama, la primavera di Vivaldi, Blowing
in the wind, la marcia imperiale di Star Wars ed altri tre brani
sconosciuti. Il filmato dura un' ora e quaranta cinque e finisce con la faccia
di un ragazzino cinese (o indocinese) che viene vaporizzata da un'esplosione
nucleare sulle note dell'Ave maria di Schubert.
Sommario di storia Marziana
L'impero di Dao e il polemarcato dei tre regni Harmakis
Posizione Geografica:
La duplice monarchia di Dao ed Harmakis si trova sulle sponde nord del mare di Hellas in una delle regioni più fertili del pianeta, dovuto alla posizione equatoriale ed alla presenza di numerosi fiumi.
Storia:
La storia dell'impero di Dao, anche se i Dao non lo sanno, inizia durante la colonizzazione marziana a parte della gente della Terra.
I Dao discendono da pacifiche comunità agricole di origine Orientale che s'installarono nella zona di Dao, forse, favoriti dal nome più facile da pronunciare nelle loro lingue.
Durante i due secoli di buio, che vanno dalla data dell'ultima trasmissione dalla Terra all'apparire della voce di Dio(ne parleremo più avanti), le comunità a agricole invece di scindersi come accadde in Thyrrenia o Iapigia si riunirono sotto l'autorità di un unico organismo centrale chiamato semplicemente il consiglio.
Per un cinquantennio riuscirono a mantenere in piedi una stabile economia ed anche un forte apparato difensivo ma man mano che ad est e nord gli stati si disfacevano la pressione divenne insostenibile ed all'incirca nel -100 lo stato unito si disciolse in tre stati combattenti.
Fu in quel periodo di caos e guerra che nella valle di Dao apparvero per la prima volta Urop.
Gli Urop venivano dal vasto deserto di Noachia ed erano imparentati con i coloni dell'Europa occidentale che si erano stabiliti nelle regioni meridionali delle steppe Meridiane o ad est della valle di Marineris.
Gli Urop, guidati dal loro signore, il Miles invasero i tre regni di Dao e gli sottomisero non senza fatica, nel giro di un cinquantennio; circa nell'anno -50 I primi sette sovrani di Urop non sono stati tramandati e si ricorda quel periodo perché dall'est apparve la voce a predicare, tuttavia nel -5 assunse la corona di sovrano della nazione Urop un ben noto Miles, Argail.
Argail era stato comandante delle milizie della città di Porta nel nord di quello che ancora si chiamava regno degli Urop.ed aveva contribuito a respingere le offensive del regno di Vulcano sul fiume Mitridate che dall'altipiano di Thyrrenia scendeva verso il mare di Hellas.
Non è noto come arrivò al potere ma è noto come fece a mantenerlo: combattendo le guerre di frontiera.
Argail I° riportò una serie impressionante di vittorie contro gli Iapigi che già mezzo secolo prima avevano affrontato gli Urop e poi si annesse il regno di Vulcano occupando Dol Amorth la capitale.
Si dice che fu qui che incontrò il profeta e che discussero per un anno intero sulla fede e la vita prima che Argail diventasse fervente credente.
Argail fondò anche Ness la capitale dell'impero di Dao ornandola di mote spoglie di guerra e rendendola una città bellissima.
Alla morte di Argail, circa nel 13, gli successe il figlio Argail II° che portò avanti la politica espansionista e poi, nei quindici anni di regno, un tentativo di fusione tra Dao ed Urop.
Per circa due secoli la situazione dell'impero si mantenne stabile e solamente nel 135 ci fu qualche turbamento quando Atti I° mori senza eredi e la corona dell'impero passò alla sorella Atena I°.
Atena fu la prima sovrana ad abbandonare il nome di Urop nelle designazioni ufficiali e prendere quello di Dao e fu anche la prima a lasciare che il titolo di Miles si scindesse da quello d'imperatore, cedendolo a figlio Atti che divenne cosi il primo maresciallo dell'impero.
Atti III° fu l'ultimo esponente degli Argail e mori nel 201 combattendo contro gli Harmakisiani che premevano da est sospinti dai popoli Cimmeri.
Il trono dunque passò nelle mani della dinastia Tyrion con Peter I°.
In meno di trenta anni i Dao presero possesso di Harmakis e respinsero le orde Cimmere oltre le fertili pianure conquistando i tre regni di Harmakis e creando un impero che occupava quasi per intero la costa nord del mare di Hellas.
Tuttavia nel 250 la morte senza eredi di Dan II° scatenò la prima guerra civile; la quale fu vinta da Sun-Tzu che divenne Sun-Tzu I° la cui dinastia è tuttora sul trono.
Per prima cosa Sun-Tzu dovette riportare alla ragione gli harmakisiani che si erano ribellati e estese l'impero fino alle sorgenti dei fiumi Egitto e Nubia fino alle pendici dell'Esperia e scontrandosi contro i Thyrreni fino alle catene montuose dell'hadriatica sconfiggendo molte città nemiche.
Per consentire la pace sociale e ripristinare il tesoro egli invece di sottoporre Harmakis ad una dura repressione invitò le elites dei tre regni ad entrare alla sua corte(inclusi moltissimi ribelli) e poi divise(In modo semi-feudale) i territori tra questi nobili detti Logoteti; il piano funzionò e questa sistemazione venne estesa anche alla parte Dao dell'impero dal Figlio di Sun-Tzu, Chiang e nel 255 l'impero di Dao divenne una duplice monarchia dove l'imperatore di Dao era anche Polemarco di Harmakis.
Gli anni del IV° secolo furono piuttosto cruenti con le migrazioni degli Iapigim che minacciarono il fiume Mitridate e con una nuova invasione Cimmera che mise a sacco importanti città di Harmakis come Attinia e Memphis sul fiume Egitto.
Toccò a Sun-Tzu II° e a Atena III (unica donna a tenere per se la carica di Miles) respingere gli invasori Iapigi ed estendere le conquiste dell'impero lungo la costa toccando nel 333 il fiume Italia dove abitavano gli Iapigi.
Il più grave rovescio toccò a Ming I° nel 350 quando i Cimmeri sconfissero le forze imperiali ad
Attinia (IIa battaglia di Attinia) e conquistando per alcuni anni la Logotetato tra i fiumi Egitto e Nubia, regioni che furono recuperate da Ming II° solo trenta anni più tardi e da figli Sun-Tzu III° che finalmente ottenne per l'Impero di Dao la Iapigia orientale, cioè ad est del fiume Italia.
Alla mote di Sun-Tzu III° nel 385 è succeduto il giovane, e brillante politico, Ming III° che regna da Ness su tutto l'impero di Dao ed il Polemarcato dei tre regni di Harmakis.
Cultura e società:
A chi venisse dalla Terra, la cultura di Dao sembrerebbe curiosa, si tratta infatti di una cultura
occidentale (Russa, Europea ed in parte americana) impiantata su modelli Orientali(Cinesi e Coreani ma anche cinesi) abbastanza simile al nostro tardo impero Romano.
Il Dao è una lingua mista tra Uropo (a sua vola un dialetto Pd-gin del Russo e dell'Inglese) con una grammatica cinese mentre
l'alfabeto (sebbene leggermente diverso da quello romano) ricorda le capitali latine dell'Europa occidentale.
La parte orientale della civiltà Dao ha passato, non modelli artistici, ma culturali come la fedeltà, il culto degli antenati ed una forte attenzione ai valori
sociali (Famiglia, nazione, Popolo) mentre quella occidentale ha dato alla nazione uno spiccato individualismo ed una forte attenzione alle tematiche economiche.
Sebbene i ruoli delle classi sociali e dei sessi siano tendenzialmente già riconosciuti e stabiliti non esistono stretti preconcetti e nessuna limitazione a nessuna carriera per nessuno; neppure le classi alte sono immobili e alle donne è aperta anche la carriera militare, anche se generalmente quelle che scelgono questa via non sono particolarmente approvate.
La società, come dicevamo, è stratigrafica ma non immobile ed i militari hanno spesso molte possibilità di ascendere verso l'alto.
Struttura amministrativa:
A capo dell'impero siede un imperatore, che però non ha poteri sacrali ma è una carica puramente civile benché coperta di vastissimi poteri.
In genere l'imperatore è colui che decide tutte le questioni sia di politica estera che interna, ma è appoggiato da un consiglio di persone di fiducia chiamato "Camera alta" che possono suggerire il da farsi, resta il fatto che la decisione finale spetta all'imperatore.
Sotto l'imperatore ci sono una categoria di personaggi con ampi poteri tra questi ricorderemo i più importanti e cioè:
1) Il Miles: il maresciallo supremo dell'esercito, che quando non è l'imperatore(sempre più spesso nell'ultimo secolo) guida tutte le armate dell'esercito in battaglia e ne decide i piani strategici; raramente i marescialli hanno tradito la fiducia degli imperatori ma non è mai detto che non possa accadere…
2) Il Saccellario di corte: Praticamente il primo ministro dell'impero, è colui che deve eseguire le volontà dell'imperatore
3) Altri saccellari: Sono alti funzionari dell'impero, come ministri o altre personalità dell'impero che insignite di questo titolo possono entrare a fare parte della camera alta
4) Altre cariche militari: Come il Logoteta del Dromos che comanda la marina da guerra o i centurioni imperiali che governano le forze di polizia dei Logoi
5) I mandarini: una casta di funzionari pubblici che raccolgono le tasse ed amministrano i beni demaniali.
6) I Notabiles Homines: Sono a conti fatto i nobili dell'impero, molti di loro diventano Logoteti e dunque governatori delle province.
L'impero è dunque governato dall'imperatore che dispensa il suo potere a governatori regionali detti Logoteti i quali hanno piena responsabilità per le loro terre.
Essi hanno anche pieni poteri ma devono garantire all'impero un numero di soldati e soldi senza i quali il loro diritto decade ed essi vengono deposti.
Non è accaduto di rado che Logoteti ambiziosi abbiano tentato di rovesciare un imperatore o abbiano tentato di governare le loro
province (dette Logoi) da soli ma raramente hanno avuto successo ed inoltre il grado d'indipendenza interna che viene lasciato loro è generalmente abbastanza alto da impedire il sorgere di ribellioni. Inoltre i Logoteti sono sorvegliati discretamente dai Mandarini e dai centurioni che curano, rispettivamente, la raccolta delle tasse e le funzioni di polizia.
Il corpo di polizia imperiale(che più o meno ha la funzione dell'FBI negli Usa, fatte le debite distinzioni di mentalità) è noto come centurie, perché divisi in gruppi di 100 uomini, ognuna delle quali controlla un Logos.
Religione e spiritualità:
L'impero è tollerante in materia di fede e molte religioni convivono, spesso in maniera
sincretistica, nei suoi confini.
La più diffusa di tutte le fedi religiose è nota solamente come la "fede" ed è praticata da circa il 65% degli abitanti dell'impero e soprattutto dall'imperatore della famiglia reale.
La Fede non ha un vero clero e ricorda in maniera impressionante gli antichi culti romani degli antenati e della fortuna.
Essa insegna a vivere una vita morigerata nel nome degli antenati e di Dio che essi chiamano solamente cosi.
Si tratta in sostanza di una religione animistica istituzionalizzata.
L'altra grande religione è tipica di Harmakis ed è una versione di Cristianesimo simile a quello praticato attualmente dalle chiese evangeliche con pastori eletti dalla loro parrocchia ed in cui le credenze sono rimaste molto simili a quelle della Terra.
Infine rappresentata per circa un 10% è la cosi detta religione Olimpica che venera il Dio Ares come epitome del signore della guerra e supremo dio di Marte.
Può sembrare strano ma per adesso l'impero non ha collegato la religione alla politica e le due viaggiano su binari completamente diversi; salvo feste
religiose (che però sono anche civili) della Fede collegate all'imperatore ed all'impero.
Forze militari:
L'impero è ancora la potenza più grande e forte di tutto marte orientale e senza dubbio è assolutamente invincibile per le nazioni attorno al mare di Hellas.
L'esercito è per lo più composto da fanteria pesante e leggera che si muove sulle ali e da una cavalleria catafratta che apre l'offensiva.
Il grosso delle truppe è reclutato dall'imperatore con il tesoro reale ma egli però può chiedere ai Logoteti d'inviare contingenti fino ad un quarto delle tasse che il logos raccoglie.
Il soldati indossano pesanti corazze di maglia o di scaglie di colore nero ed oro.
Araldica:
I colori dell'impero sono il nero e l'oro e l'animale nazionale la tigre.
Il trono imperiale è costituito dalla testa di una tigre in oro massiccio a fauci spalancate e questo potente felino accompagna sempre le legioni dell'impero nelle campagne militari; appare poi sulle porte di tutte le città
(spesso anche i villaggi hanno una riproduzione della Tigre da qualche parte, magari sulla casa del sindaco o del logoteta che la governa)
Ed ecco l'inizio del racconto da cui ho tratto la mia distopia su Marte Medievale.
Il Canto di Gaia
Capitolo I
Il deserto di sabbia rossa si
estendeva a perdita d'occhio oltre la linea di fortificazioni, ogni tanto
una nuvola passava sul sole morente e il deserto assumeva una tonalità
rossa scuro come se fosse un oceano di sangue, un tetro presagio secondo
Han, che fissava la vasta distesa di terra arida.
Una volta, si raccontava, il deserto era stato una pianura abitabile e ricca
di grano e altre buone cose che crescevano grazie ad imponenti canali
scavati nella sabbia.
Ogni tanto, quando i soldati andavano in ricognizione trovavano i resti di
grandi macchinari e le fosse dei canali impressionanti nella loro
maestosità, vasti e profondi come fiumi, ormai secchi e muti testimoni di
un era passata.
Han aveva passato molti giorni a guardare la vastità, cosi gli abitanti
dei regni civili chiamavano il deserto, in attesa di una pattuglia o una
banda di razziatori Cimmeri.
"I Cimmeri" disse rivolto ad una delle altre guardi, Kaunas "oggi
non si sono fatti vedere…incominciano ad avere paura?", c'era
ironia nella sua voce, tutti sapevano che i Cimmeri erano guerrieri
coraggiosi e feroci.
Kaunas, da contadino sveglio quale era rispose grugnendo "Che l'imperatore
possa fulminarmi se quella gente ha rinunciato, è dall'età delle
meraviglie che i Cimmeri mirano a penetrare nelle nostre pianure.
Han si guardò alle spalle, la dove stava tramontando il sole, e pensò alla
sua casa, posta nella ricca valle di Dao, pensava al suo villaggio che
sorgeva a pochi viaggi dalla capitale dell'impero la sacra città di Kang;
pensò alla famiglia che lo aspettava, quando la ferma fosse finita
sarebbe tornato a casa e si sarebbe sposato ed avrebbe messo su famiglia,
per la gloria degli imperatori e degli spiriti della sacra Terra.
"Non vuoi ritornare a casa Kaunas?" chiese "Certo che
si" l'accento di Kaunas era leggermente dolce perché viene dalle
terre della valle di Harmakis, un regno che venne conquistato da Dao circa
un secolo fa, a causa della scarsa coesione interna non fu difficile
occuparlo ma non fu possibile assimilarlo del tutto; gli Harmakiani
rimanevano governati dai loro capi tradizionali e parlavano ancora la loro
lingua, Kaunas non faceva eccezione.
"Han quando tornerai ti sposerai?" chiesa Kaunas.
"Si, dovevamo sposarci prima ma l'inverno scorso i campi non hanno reso
quanto dovevano e le nostre famiglie hanno rimandato a quando finirò il
mio compito qui sulla frontiera", fece una pausa "e tu?" Kaunas
scosse la testa e rispose "No…non sono fatto per avere una famiglia…rimarrò
nell'esercito, spero di poter combattere contro i Thyrreni"
"Saccheggio e marce forzate eh?" scherzò Han.
Prima che la discussione potesse procedere un giovane porta ordini, che ad
occhio sembrava Harmarkiano, si fermò davanti a loro scattando in un
saluto militare perfetto; era giovane, probabilmente ancora imberbe, il
tipico porta ordine dell'esercito imperiale della valle di Dao.
"Signori" disse il ragazzo "Cambio della guardia su tutta la
frontiera e voi due a rapporto dal colonnello Chun" I due soldati
salutarono il porta ordini e senza aspettare si misero in cammino verso la
torre principale di questo tratto della linea di difesa, sede e residenza
dell'alto comando.
Nella notte che stava arrivando i due soldati udirono le grida delle guardie
che si lanciavano l'avvertimento del cambio della guardia ed iniziavano ad
accendere i fuochi lungo il grande sistema difensivo.
La torre era affollata, le divise nere ed oro degli ufficiali si mescolavano
con le corazze brunite dei soldati, c'erano lance e fucili in ogni dove,
Kaunas iniziò a gridare "Abbiamo un appuntamento con il colonnello…spostatevi
abbiamo un appuntamento con il colonnello…" ci vollero alcuni
minuti prima che un tenente, con la sua armatura rifinita in oro, gli si
facesse in contro e gli dicesse "Soldati scelti Han e Kaunas?"
"Si" gli rispose Han "Bene" fece un sospiro "Avete un
appuntamento con il Colonnello", i due soldati si guardarono
divertiti ma non dissero quello che pensavano ma Han chiese "Come mai
tutta questa gente?" "Mi spiace soldato non sono autorizzato a
parlarvi" e, in silenzio, gli portò alla porta del colonnello, dove
bussando domandò "Signor colonnello?" La voce del colonnello
risuonò forte e chiara da dietro la porta "Tenente faccia entrare i
soldati scelti" I due soldati entrarono nell'ufficio del comandante della
piazzaforte, una sobria ed elegante stanza ornata solamente di alcuni
mobili di legno di palma e belle tappezzerie.
Nella stanza c'erano alcuni ufficiali ed i due soldati rimasero di stucco
nel vedere un maresciallo che stava spiegando alcuni movimenti tattici
agli ufficiali assiepati attorno a lui.
Il maresciallo, giovane per il grado che portava, alzò gli occhi dalla mappa
e disse "Sono i soldati che mi diceva colonnello?" "Si
signore" rispose l'altro che gli sedeva alla destra "Riposo
soldati", il maresciallo abbandonò il suo posto attorno al tavolo
"Permettete di presentarmi, sono il maresciallo imperiale Mavros"
"Il maresciallo Mavros?" si disse Han "Il famosissimo maresciallo
Mavros?" istintivamente fece un inchino seguito da Kaunas.
"No, no soldati, riposo" sorrise amabilmente "Il colonnello mi ha
parlato bene di voi, mi ha detto che siete esploratori esperti" fece
una pausa per vedere come i soldati reagivano e poi riprese "Ho un
compito da affidarvi" "Qualunque ordine che ci darà
maresciallo, sarà eseguito" rispose Han e Kaunas assentì con la
testa.
"Bene…bene…si tratta di accompagnare un geografo e storico all'interno
del deserto con una missione di ricerca e studio delle comunità Cimmere
che abitano nei pressi delle nostre difese" Il colonnello Mavros fece loro
un cenno ad i due e gli invitò a controllare la mappa "Vede?"
disse loro indicando con un dito la mappa "Si tratta di contare e
visitare le tribù che abitano più vicine a noi e cercare di capire se
possono essere ammansite oppure se devono essere tenute sotto controllo
con la forza" "Possiamo sapere che come si chiama il geografo che
dobbiamo accompagnare? signore" domandò Kaunas.
"Certo soldato" disse il Maresciallo "Zengh vieni qua per
favore" e chiamò a se un signore anziano con la stessa divisa nera
ed oro dei colonnelli.
"Zengh sarà con voi, mi raccomando non deve succedergli nulla."
Capitolo
II
Le cupole del palazzo imperiale svettavano sulla città come una montagna fatta
di marmo, avorio ed oro su una pianura di cemento e mattoni.
Nella soleggiata mattina d'estate marziana le cupole risplendevano catturando la
luce e riflettendola come se fossero fatte di fuoco.
"Non sono belle?" chiese il vecchio imperatore Ming al suo giovane
assistente.
"Si maestà imperiale" disse il giovane "davvero belle"
"Chi devo vedere oggi?" la voce dell'imperatore era svogliata e
stanca, avrebbe preferito visitare le grotte formate dal fiume imperiale o
andare a pescare i merlin blu alla foce dello stesso fiume, era stanco di
governare un impero che sembrava assediato dai problemi ogni giorno che passava.
Il segretario consultò alcuni rotoli di carta che aveva tra le mani e disse
"Il maresciallo Mavros, vostra altezza" Il volto di Ming si rasserenò
immediatamente, Mavros, da lui stesso nominato maresciallo dell'impero, era un
uomo d'azione e certamente gli avrebbe parlato di avventure, guerre e conquiste.
Ming gettò uno sguardo al busto del padre Sun-Tzu III° detto il conquistatore,
il quale aveva guidato le armate di Dao alla volta della Iapigya e aveva
conquistato settanta città e tre nazioni; come avrebbe desiderato anche lui
salire su un cavallo e guidare i soldati alla volta di Thirrenia o Adriatica e
sottomettere quelle città stato.
Ma Ming sapeva di non esserne capace, era stato allevato per essere un burocrate
non pere guidare eserciti.
Fortunatamente per l'impero di Dao, Ming si rendeva perfettamente conto di non
essere capace e non si era mai provato a mettersi alla testa di un esercito.
Per questo nei suoi anni di regno aveva promosso diversi ufficiali affinché
supplissero a quella che lui riteneva essere una sua carenza.
Molti avevano perso la testa quando avevano cercato di diventare a loro volta
imperatori, ma Mavros era sempre rimasto fedele, sempre.
Evidentemente rasserenato Ming sounò un cordone di cotone rosso per richiamare
l'attenzione delle sei guardie che l'aspettavano fuori dalla porta del suo
studio.
"Signori" disse agli impettiti soldati armati di lancia
"Scortatemi alla sala del trono volete?" La sala del trono era immensa
e possente costruita più di due secoli prima per rendere il postulante o
l'ambasciatore terrorizzato al cospetto del trono della Tigre.
L'enorme trono, a forma di testa di tigre ruggente, scolpito nel marmo ed ornato
d'oro, avorio e rubini, troneggiava, posto su sette gradini, sopra una sala
lunga cinquanta metri e larga venticinque.
Quando Ming si mise a sedere sul trono accarezzò le due tigri che vi erano
legate per le udienze ufficiali: Potenteartiglio e Lungazampa, le quali emisero
dei ringhi di apprezzamento sbattendo leggermente le orecchie.
Non ci volle molto prima che il ciambellano entrasse nella sala gridando
"Sue eccellenza il maresciallo dell'impero Mavros" Vestito nella
imponente armatura nera ed oro degli ufficiali dell'impero di Dao, con il
mantello orlato di pelo che svolazzava mentre camminava uno degli uomini più
potenti dell'impero entrò nella stanza del trono.
Inchinandosi le tre volte rituali fu abbastanza vicino da poter baciare la mano
del sovrano, sotto gli occhi vigili delle guardie imperiali.
"Mio imperatore" disse poi inchinandosi la quarta volta.
"Alzati Maresciallo, alzati" l'imperatore fece cenno ad un servo perché
portassero una sedia per il maresciallo, mentre alcune schiave dalla pelle
ambrata tipica degli Hellespontiani vennero loro incontro servendogli del tè.
"Dimmi maresciallo Mavros da dove vieni adesso?" l'imperatore era un
avido ascoltatore di storie e soprattutto di storie di guerra e Mavros,
sorridendo iniziò a raccontare al suo signore "Vengo dalla Thyrrenia maestà
imperiale" disse "Ci sono state operazioni contro Thera" "Thera?"
domandò incuriosito l'imperatore "Ma Thera non ha un trattato con
noi?" "Si maestà" rispose Mavros "Ma è stato necessario
intervenire perché lo rispettassero" Ming fece un cenno d'assenso con la
testa e poi domandò "E la guerra in Iapigia?" "Molto bene maestà,
il generale Ryu ed il generale Hob hanno concluso due meravigliosi assedi,
presto il fiume Italia sarà nelle nostre mani ed i Tirreni circondati"
Dopo aver bevuto ancora una tazza di tè Ming domandò "Ma Mavros non sei
venuto a raccontarmi delle campagne Iapigiane vero?" Mavros sorrise di
nuovo "No maestà sono venuto a proporle un progetto" L'imperatore
Ming lo guardò per alcuni secondi e poi disse "Un progetto?, ma non hai
carta bianca?" "Si Maestà imperiale però questa volta si tratta di
una cosa importante, molto importante e non volevo preparare nulla senza aver
prima parlato con voi" Il maresciallo si alzò dalla sedia ed riprese a
parlare "Si tratta, mio imperatore del più grande progetto che la nostra
nazione abbia mai tentato di fare" Ming lo guardò perplesso "Che
anche a Mavros il potere abbia dato alla testa?" si chiese "Che debba
ornare con il suo teschio la porta del palazzo imperiale?" Intanto il
maresciallo a lunghi passi stava percorrendo il gradino più basso del trono,
dove di solito stavano gli ospiti dell'imperatore.
"Mio imperatore quali sono i nostri più grande nemici?" domandò Ming
fu colto di sorpresa dalla domanda,immerso come era nei suoi pensieri, "I
nostri più grandi nemici?" rispose a sua volta Ming.
"Si…pensate a chi sono i nostri più grandi nemici" "I Cimmeri
che vivono nel deserto" rispose l'imperatore "Esatto maestà"
rispose Mavros "I nomadi a cavallo di dromedari che abitano il deserto di
Cimmeria, gente dura e feroce che attacca le nostre posizioni e ci costringono a
tenere sempre in tensione le difese sulla vastità" mentre parlava il
maresciallo, faceva grandi gesti con le mani e camminava sempre più svelto
"Essi sono senza dubbio guerrieri formidabili e feroci, fortissimi sulle
solo cavalcature e nelle loro corazze d'ottone; però possono essere sconfitti e
suo padre e nostro imperatore ce ne dette la prova" Ming adesso ascoltava
attento mangiucchiando, ogni tanto un dattero, quando Mavros ebbe finito
l'imperatore incalzò "Che possono essere sconfitti non ne dubito…ma tu
maresciallo che idea hai? Non saresti venuto alla mia presenza senza
un'idea" Mavros chinò il capo e fece un cenno con la testa "Mio
signore, noi non possiamo sconfiggergli sul campo, perché il deserto è la loro
casa e combattere nelle sabbie significa rischiare la sconfitta ad ogni duna, ad
ogni oasi, ma possono essere vinti…comprandogli" Ming inarcò un
sopracciglio "Comprargli? Non è mai esistito che l'impero di Dao versi
tributi ai barbari di oltre frontiera, vuoi forse dire che io debba essere il
primo imperatore a farlo" ,dopo una pausa di riflessione, nella quale
Mavros rimase in silenzio l'imperatore riprese a parlare "Ma non è cosi
ovviamente…perché tu mio maresciallo sei uno che cerca l'immortale gloria dei
posteri ed il denaro compra tante cose ma non la gloria,non è cosi?"
Mavros fece un gentile inchino con la testa e poi disse "Mio signore come
sempre siete perspicace, ora le dirò il mio piano ma permettete prima di
chiamare in questa augusta sala un noto scienziato, egli spiegherà meglio di me
la prima parte del mio progetto" Mavros attese che l'imperatore, con un
piccolo gesto della mano destra, assentisse e poi a sua volta fece un cenno al
ciambellano che, senza pompa magna, fece entrare un ometto basso e curvo, forse
vecchio.
Agli occhi dell'anziano, ma atletico Ming, quell'uomo sembrava una caricatura.
"Questo" disse maresciallo "è il capo geografo Zheng, famoso per
aver completato la mappatura del fiume Prometeo occidentale" Ming lo guardò
compiaciuto "Maestro Zheng ho letto con piacere il suo lavoro…"
Zheng si inchinò ancora una volta e poi guardò Mavros che fece un gesto
affermativo con la testa.
"Mio signore ed imperatore, immagino il potente maresciallo le avrà
accennato alla sua idea…" "Si ma non mi ha detto come ha intenzione
di realizzarla" "La prima cosa da sapere sui Cimieri, mi perdoni maestà
ma occorre partire da un po' lontano, è che non sono un unico popolo come
credevano i primi storici o geografi. Ma sono invece una serie di popoli legati
tra di se da vincoli di sangue e fedeltà, vincoli molto tenui" Il geografo
fece una pausa poi disse "L'idea del Maresciallo, che dovrebbe svilupparsi
tramite me, è di vagare per le tribù che abitano presso le nostre
fortificazioni e cercare di apprendere sulla loro cultura quanto di più
possiamo per poi cercare di cooptarle nell'impero come abbiamo fatto con altri
popoli" "Interessante" disse Ming massaggiandosi il mento
"Ma cosa vi fa credere che quella gente cosi fiera voglie essere cooptata
nell'impero?" "La fede" fece allora Mavros "Spargeremo una
sorta di religione creata per mimare la nostra santa fede e cosi li cattureremo
alla nostra causa" L'imperatore si adombrò "La fede e la religione
non dovrebbero essere usate per compiere queste azioni Mavros" "Vi
fidate di me mio sire?" "Si eppure…" "Lasciate allora che
si faccia come dico" "Ma…" "Se il risultato non sarà
all'altezza delle vostre aspettative allora mi farete degradare ed
arrestare" "Non vorrei arrivare a questo…ma stai attento mio fedele
maresciallo, con Dio non si gioca".
Capitolo
III
Gli alberi di liuto, bassi con le loro capigliature verde scuro ed i fiori
rossi, giacevano immobili nella calura del giorno.
Un laghetto di acqua cristallina si trovava al centro del boschetto di liuti e
al suo interno nuotavano carpe dai mille colori e uccelli dalle piume cangianti.
Qualche bambino aveva gettato delle lenze ed immerso i piedi nell'acqua ridendo
di gioia.
"Mastro Zheng" disse una giovane contadina dalla faccia arrossata dal
sole e Zheng si girò.
"Quell'omone alto è muscoloso" pensò la giovane "tutto può
sembrare meno che un medico" Zheng le rivolse un inchino cerimonioso, ma i
suoi occhi lampeggiarono di felicità nel vederla "Ben trovata signorina
Kiri" La giovane sorrise con dolcezza e Zheng si trovò a pensare che fosse
molto bella.
"Nessuno" disse lei "mi chiama signorina" "Dovrebbero
invece Kiri" rispose con un sorriso Zheng "Siete troppo bella per non
lo fare" La ragazza sorrise ed arrossì, ma Zheng credeva davvero in quello
che aveva detto, aveva visto ragazze più brutte alla corte dei Despoti
occidentali e pensava che Kiri non avrebbe sfigurato neppure alla corte
dell'imperatore.
"Siete venuta qui per farvi adulare o volete qualcosa da me?" domandò
malizioso Zheng.
"Sono…" Kiri era arrossita di nuovo e stavolta in maniera più
evidente "sono venuta a dirvi che ci sono tre uomini che vi cercano mastro
Zheng, hanno la livrea della tigre, inviati del Conte"
"Ah"un'espressione stupita si disegnò nella faccia di Zheng
"Bene…mi recherò subito da loro; mi accompagnerete?
Intorno a se cresceva il grano, bello e robusto prometteva di dare una bel
raccolto, ci sarebbe stato cibo e, almeno Zheng sperava, la fine delle
operazioni militari in Iapigia.
"Potrò lasciare questo paese e continuare la mia missione ad ovest"
si disse tra se mentre camminava lungo la strada sassosa che formava l'unica via
tra ilo laghetto ed il villaggio; in molti lo salutarono e molti di più lo
fecero nel villaggio di capanne di paglie e fango.
"L'unica vera struttura degna di tale nome è il tempio di Dio" Zheng
amava però la quiete che aveva trovato nel villaggio anche se desiderava
ardentemente ricominciare le sue peregrinazioni, "fare il dottore è bello,
ma io sono un geografo" Nella piazza centrale del paese, sotto un
baldacchino nero e oro; i colori dell'impero, sedeva un ufficiale dell'impero
nella sua tunica di maglia tinta di nero ed ornata d'oro e gioelli.
Uno dei contadini del villaggio indicò Zheng all'ufficiale, che con un gesto
imperioso fece scattare in avanti le guardie.
"Siete mastro Zheng?"chiese uno dei due.
"Per servirvi" disse Zheng inchinandosi "Seguiteci"disse il
secondo.
Fu portato senza tante cerimonie sotto il baldacchino dove fece un inchino a
busto retto come si usava per gli ufficiali.
"Mi hanno parlato bene di voi mastro Zheng" disse l'ufficiale,
"Siete mastro Zhengo non è cosi?" "Si signor ufficiale"
disse Zheng "Il titolo giusto" lo interruppe una delle guardie "è
eccellentissimo Miles maresciallo dell'impero" Forse notando la bocca
spalancata del geografo o forse perché abituato a fare un effetto simile il
maresciallo si limitò a dire "Lasciate stare, lasciate…le formalità non
hanno molta importanza in questo paesino; dico bene signor geografo?" Zheng
studiò l'uomo che aveva davanti, due profondi occhi verdi, la faccia scura
tipica della gente di Harmakis, incorniciata da capelli neri corti e curati e da
una barba nerissima molto corta e anch'essa ben curata.
"Ha più l'aspetto di un damerino che non di un condottiero" decise
alla fine dell'ispezione ma si trovò a pensare che il maresciallo possedesse un
certo magnetismo anche se aveva scambiato con lui che poche frasi.
"Allora mastro geografo, o posso chiamarvi mastro Zhen?" non attese
che il geografo rispondesse per riprendere "Come saprete mastro Zhen le
nostre operazioni militari in Iapigia non stanno andando come avevamo previsto
in un primo momento" sorrise e riprese "Lo sapete per certo visto che
siete bloccato in questo posto da…quanto…tre mesi?" "Cinque"
lo corresse freddamente Zheng "Cinque…si giusto…Agusto" disse poi
ad una delle guardie "perché non procuri che si possa parlare all'ombra e
con della birra di malto?" La guardia interpellata chinò la testa e
rispose "Certo mio maresciallo" e si allontanò verso una casetta di
paglia che Zheng sapeva essere la locanda locale, misero alberghetto pino di
pulci e poco altro.
"Torniamo a noi" riprese Mavros "Cinque mesi in questo…hmm…buco…
Ma se il maresciallo era abituato a posti ben più eleganti non lo dette a
vedere e si sedette con disinvoltura ad un tavolo già apparecchiato con due
brocche di birra e due bicchieri.
Mavros si rivolse alle guardie "Andate pure in cucina a bere e
pranzare" disse loro "A pagare ci penso io", forse era una
battuta tipica tra loro perché i soldati risero che Zheng non riuscì a capire.
Prima di rimettersi a parlare il maresciallo tracannò due bicchieri di birra e
ne degustò con calma il terzo mentre Zheng era ancora al primo.
"Mi scusi…" tentò allora il geografo "siete venuto fin dalla
capitale…fin da Mahya?", non riusciva a capire perché un uomo potente
avesse lasciato la splendida città capitale per venire a trovare un geografo
della classe media in un luogo tanto sperduto e tanto lontano.
"No" rispose l'ufficiale "Vengo da Arx in Iapigia, la città che
le impedisce di proseguire il suo viaggio" Zheng sapeva abbastanza di Arx,
roccaforte dei bellicosi Iapigi, costruita su un monte unico accesso, e quindi
fortezza impenetrabile, all'alto corso del fiume Italia e, di conseguenza della
Iapigia stessa.
"Però sono venuto per vedere voi" un quarto bicchiere di birra sparì
nella gole del soldato "voglio che mi accompagnate a Mahya e vi imbarchiate
in un viaggio nella vastità" "La vastità?" Zheng era stupito,
viaggiare nella vastità "sarebbe il sogno di ogni geografo che si
rispetti" "Cosa cercate mastro Zheng?, cosa, secondo voi, fa si che un
uomo meriti di vivere?" domandò però all'improvviso il maresciallo.
"Come? Eccellenza non capisco…" "Intendo cos'è secondo voi il
vero potere? Per cosa vive l'uomo?" fece una pausa per riempire un
bicchiere di birra poi riprese "Mi direte che vive per Dio? Per la
famiglia? Per il potere?" bevve un lungo sorso mentre Zheng lo guadava
sbigottito, Mavros fece cenno di no con la testa "Nessuna di queste cose
amico mio" scosse ancora la testa "l'uomo anche se non lo sa, vive per
la gloria, sua o di altri" finì il bicchiere di bere e concluse "Ora
mastro Zheng io vi do la possibilità di decidere se vuoi stare tra quegli che
rifulgono di gloria propria come il sole o quegli che brillano di luce riflesse
come i satelliti Deimos e Phobos; scegli" Il geografo, non più giovane, si
trovò immerso nei suoi pensieri, che scegliere? Era una scelta non facile,
poteva fare finta di nulla e continuare il suo lavoro sulla Iapigia e la vastità
era cosi…vasta; una distesa di sabbia rossa punteggiata da oasi perse nel
deserto e nella notte fredda… E poi…e poi c'era…il canto…da quanto tempo
aveva sperato…no solo sognato… "Avete, avete letto il mio libro sul
canto?" domandò tremante.
Il maresciallo fece cenno di si con la testa "Ho l'originale, comprato a
peso d'oro dalla biblioteca di Herkules" "Davvero?"
"Si" "Perché siete cosi interessato a quel lavoro?" chiese
Zheng "Molti lo ritengono fantasia" "Io" gli rispose
perentorio il maresciallo "Non discuto della giustezza o no delle sue
ricerche mastro geografo, solo esse mi servono ed io le uso, e adesso usandole
ti offro di servirmi e risplendere d'imperitura gloria insieme a me nella storia
di Dao" Zheng non riuscì neppure a ricordare quello che aveva detto mentre
accettava la proposta.
Capitolo
IV
Un cielo cupo e tetro sovrastava l'immensa distesa di sabbia, in quel mare
rosso, che gli uomini chiamavano vastità una carovana piccola come quella
poteva sembrare minuscola.
"Muoversi, muoversi" Han non aveva fretta ma voleva arrivare alla
prima oasi prima di sera; i Cimmeri non erano noti per essere predoni ma meglio
non correre rischi.
Kaunas spingeva il suo cavallo accanto alla carovana e guardò l'amico con
l'aria di aver inteso bene ma non disse una parola.
Invece Zheng emerse dal carro ed iniziò a brontolare "Rallentate non
riesco a scrivere se fate questo macello" Kaunas si limitò a ridere mentre
Han neppure rispose.
Zheng però insistette "Ascolta soldato scelto, capisco che voi fate il
vostro lavoro ma io devo fare il mio e se tu sbraiti contro tutto quello che si
muove…beh semplicemente non ci riesco" Han stava per rispondere ma fu
interrotto da una staffetta che correva trafelata.
"Che c'è?" intervenne Kaunas quando si accolse che l'amico era stato
colto di sorpresa.
Viaggiavano in pochi, non più di una decina di uomini più il geografo, cosi
aveva deciso il maresciallo dunque la carovana non era molto grande per cui
l'eccitazione della staffetta veniva, non dalla distanza percorsa, ma da
qualcosa che doveva essere urgente da dire.
"Cimmeri signore" disse il soldato semplice.
"Dove?" intervenne Zheng Sarebbero stati i primi cimmeri che
incontravano da quando avevano lasciato le fortificazioni e si erano inoltrati
nella vastità; tre giorni e non avevano incontrato che resti di bivacchi ed
oasi vuote; quando Han si era spettato di trovare almeno cinque villaggio
stabili.
La staffetta indicò verso oriente, dove nel cielo rossastro si stagliava, più
scura, un immensa colonna di polvere.
"Truppe a cammello" fece Han e Kaunas scosse la testa in segno
d'assenso.
"Quante sono secondo voi?" chiese Zheng con la voce che gli tremava
leggermente Nel rispondere anche la voce di Han s'incrinò leggermente
"Trenta, forse quaranta" "Se hanno intenzioni ostili" notò
ancora, con una vena di sarcasmo nella voce.
"Per noi sarà finita" concluse tristemente Kaunas.
La colonna di polvere si fece sempre più vicina ed in breve tutti gli uomini
della carovana si resero conto di quello che stava succedendo; se c'era da
combattere avrebbero dato le loro vite ma, Han lo sapeva tre ad uno era più che
schiacciante come superiorità per i guerrieri cimmeri.
"Che facciamo?" disse alla fine Zheng, con la voce che tremava quasi
incontrollatamente per la paura.
"Gli aspettiamo" disse Han.
Zheng osservò la nuvola farsi sempre più vicina; "Non ho sempre sognato
d'incontrare i Cimmeri?" si chiese "bene adesso sono qui e forse potrò
mettere in pratica il piano del maresciallo" Passarono alcuni minuti dove i
soldati che scortavano la carovana del geografo si lanciarono delle occhiatacce
e girarono attorno al carro che conteneva lo studio mobile di Zheng e le loro
provviste, infine la nube di polvere si fermò a diverse centinaia di metri e
davanti agli occhi stupefatti dei soldati si fermarono non più di una decina di
nomadi su cammelli.
"Ingegnoso" mormorò allora, scribacchiando appunti su una tavoletta
cerata Zheng "avevano attaccato alle code delle loro cavalcature per
aumentare la sabbia alzata" "Già" Kaunas sputò la parola
assieme alla saliva "ingegnoso da vero" Han si limitò a scuotere la
testa ma non si capiva se in segno d'assenso oppure ironicamente.
Intanto uno dei cavallerizzi Cimmeri si staccò dal gruppo ed avanzò verso la
carovana, indossava una giacca di cotone ornata di spille d'oro ed un elmo di
metallo brunito che ricordava una chiocciola di mare da cui, a protezione della
faccia, si dipartiva un velo di maglia metallica che proteggeva il volto; il
cavaliere teneva una lunga lancia che terminava in una punta d'acciaio larga e
piatta che ricordava la lama di una spada mentre lo scudo che aveva dietro la
schiena era sbalzato con figure solari e lunari, ma da dove si trovava ne Han,
ne Kaunas, ne tanto meno Zheng potevano vedere esattamente cosa ci fosse inciso
sopra.
"Me Halo nui ta la kuk" esordì il cavaliere quando fu a portata
d'orecchio.
"Che cosa dice?" chiese Zheng che sembrava adesso aver dimenticato la
paura e preda dell'eccitazione tipica di chi scopre una cosa nuova ed
appassionante.
Han senza dare peso al cambiamento d'umore del geografo, per contro lui rimaneva
estremamente dubbioso, rispose "Dice che si chiama Halo e ci invita a
dirgli chi siamo e che facciamo qui…più o meno" "Rispondigli"
disse Zheng "Che veniamo per conto della…grande madre e che siamo qui per
portare a la loro gente…un messaggio" "Gli deve dire questo?"
intervenne Kaunas "ma cosa?..." "Silenzio!" disse Zheng, che
però non sembrava troppo convinto, sono gli ordini del maresciallo Mavros.
Han gettò uno sguardo verso il compagno ma poi si limitò ad eseguire "Ut
spark zei tu mat e…kios" I suoni aspri del cimmero non erano facili da
parlare per un abitante di Dao e ancor più difficili da capire ma Han potè
ritenersi soddisfatto quando il Cimmero sembrò aver capito, ma rimase di
stucco, come gli altri quando udì la risposta.
"Telle Ulla, nai ka…firas…kilauma" disse in tono solenne.
"Allora ci ammazzerà?" chiese Zheng.
Ma né Han né Kaunas risposero; si gettarono uno sguardo l'un l'altro, intimoriti
e poi, solo con una notevole forza di volontà, Han tradusse "Dice che lo
sapeva e che la loro signora ti aveva visto in sogno."
Come continuarla?
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E ora, la parola ad Andrea Villa:
Aspetti geologici e climatici
Quando i primi cosmonauti ed astronauti provenienti dalla Terra misero per la prima volta piede sul suolo lunare, appariva evidente che nessuna forma di vita evoluta poteva sopravvivere sulla sua superficie. Tuttavia, successive ricerche e spedizioni non solo hanno appurato che la Luna è stata abitabile a forme di vita complesse fino a tempi relativamente recenti, ma hanno confermato e localizzato l’esistenza di alcune piccole “oasi” di vita lunare (denominate con il nome di selenospilatie) sopravvissute fino ai nostri giorni.
In base alle informazioni fino ad ora disponibili, molti esobiologi ipotizzano che un tempo la Luna disponesse di un’atmosfera respirabile, seppur con tutta probabilità più rarefatta e povera di quella terrestre. Tale atmosfera non era nemmeno stabile come quella della Terra: in certi periodi (probabilmente nel corso della “notte” lunare) la temperatura sulla superficie lunare scendeva a tal punto da congelare l’atmosfera, la quale si consolidava sotto forma di “brina” depositandosi al suolo, per poi tornare allo stato gassoso quando la temperatura saliva nuovamente. Nel sottosuolo lunare, invece, la temperatura, pur subendo a sua volta notevoli sbalzi, non scendeva mai sotto un livello tale da portare al congelamento dell’atmosfera: questo faceva sì che le caverne situate nel sottosuolo della Luna (capaci di raggiungere volumi superiori a 50.000.000 m2, e sovente collegate tra loro da cunicoli e gallerie naturali) fossero eccellenti “lunari” dove si poteva costantemente trovare atmosfera respirabile ed acqua allo stato liquido.
Anche oggi l’acqua si trova abbondantemente sul satellite naturale: di essa la maggior parte è disponibile allo stato solido (ghiaccio) soprattutto in zone vicino ai poli, ad esempio nel Mare Frigoris e al cratere Shackleton (entrambi siti esplorati durante le prime esplorazioni della Luna e aventi ospitato alcune delle prime basi umane permanenti sulla Luna). Tale acqua, per poter essere consumata da esseri umani o impiegata in usi di sussistenza, necessita essere sciolta, filtrata e purificata mediante processo di potabilizzazione, oppure necessita di essere sottoposta ad elettrolisi per essere convertita in carburante per razzi. L’acqua allo stato liquido, seppur anch’essa disponibile sulla Luna, è molto più limitata sia a livello geografico che quantitativo: dalle mappature finora eseguite per mezzo di radar geologico, sulla Luna esistono tre laghi (il Lago Cavor; il Lago Wells e il Lago Collins), un fiume (l’Aysu, che collega la selenospilatia del polo Nord alla più grande ed abitabile selenospilatia di Leonov) dalla portata di 1713 m3/s, e un piccolo mare (il Mare di Verne) che viene rifornito dal già citato fiume. Tutte le forme di acqua liquida presente sulla Luna sono circostanziate al sottosuolo, e in particolare alle cavità dotate di atmosfera permanente. Indagini effettuate su campioni geologici e fossili hanno però rinsaldato l’ipotesi che l’acqua allo stato liquido sulla Luna fosse maggiormente reperibile in tempi storici: in base alle ricostruzioni maggiormente accreditate, un tempo la Luna disponeva nel proprio sottosuolo di due mari, sette-otto laghi principali (e un numero indefinito di laghi minori), sei corsi d’acqua permanenti e un oceano. Sebbene manchino ancora le prove per poter confermare tale teoria, quasi tutti gli esperti concordano nel ritenere che l’improvvisa riduzione nella disponibilità di acqua liquida sulla Luna coincida con la quasi totale scomparsa della sua atmosfera.
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Aspetti biologici
Nessuno scienziato è ancora riuscito a stabilire con certezza le origini delle forme di vita lunari: secondo una corrente di pensiero, la Luna sarebbe stata “seminata” (allo stesso modo della Terra) tramite panspermia da corpi celesti vaganti (meteoriti, comete o frammenti di pianeti preesistenti); secondo altri, la vita sulla Luna si sarebbe sviluppata in modo simile ma indipendente e parallelo a quella della Terra; secondo altri ancora, forme di vita monocellulari basilari sarebbero state trasferite durante l’impatto tra la Terra e un altro pianeta delle dimensioni di Marte, chiamato Theia. Tutte le teorie, tuttavia, concordano che le prime forme di vita sulla Terra e sulla Luna fossero molto simili, e questo ha permesso agli scienziati di stabilire dei parallelismi tra la biologia terrestre e selenita, studiando l’adattamento e lo sviluppo della vita su due corpi celesti molto diversi.
Le forme di vita più semplici (i procarioti) evoluti sulla Luna sono molto simili alle loro controparti terrestri: test effettuati in condizioni controllate hanno dimostrato come batteri recuperati sulla Luna possano sopravvivere in condizioni terrestri, e in molti casi siano capaci di interagire con batteri nativi della Terra. Ciò nonostante, il timore che batteri o virus terrestri possano sterminare le rimanenti forme di vita lunari è ancora molto forte, così come la paura che organismi batterici o virali lunari possano diffondersi sulla Terra e dare il via a vere e proprie pandemie.
La vegetazione lunare esistente oggi presenta una grande varietà di forme, inclusi vegetali simili ai licheni, piante erbacee, forme vegetali adattatesi a vivere in situazioni ambientali estremi, arbusti e alberi. A causa della limitata disponibilità di atmosfera e acqua liquida, la vegetazione lunare è possibile da trovare solo all’interno di selenospilatie capaci di sostenere la loro crescita e sviluppo: è particolare degno di nota come la maggior parte delle forme vegetali complesse (soprattutto arbusti e alberi) richiedano particolari condizioni climatiche e ambientali, che limitano la loro diffusione alle selenospilatie più grandi e abitabili. I reperti geologici e fossili indicano l’esistenza, un tempo, di forme vegetali a rapida crescita, diffuse sulla superficie della Luna, che crescevano, producevano seminagione e morivano in meno di due settimane, durante la fase gassosa dell’atmosfera lunare. È presumibile ipotizzare che tali forme vegetali si siano estinte in seguito alla scomparsa di tale atmosfera.
Molte delle piante lunari non sono commestibili per esseri viventi di natura terrestre o di altri corpi celesti al di fuori della Luna, e hanno effetti biochimici diversi a seconda di chi se ne nutre (potenzialmente letali). Delle specie commestibili alla specie umana, si sottolinea una specie di gigantesca carota di colore azzurro (Datura crassipes), la quale può causare effetti allucinogeni e ubriacanti. Va fatto notare, poi, l’esistenza di un particolare albero (Hamamelis dentata) simile in aspetto a una quercia, con un comportamento simile a molte piante carnivore: l’albero secerne resina che attira piccoli animali, i quali vengono catturati dalla stessa resina vischiosa e dissociati in elementi nutritivi per la pianta. Nonostante sia stato provato che animali di provenienza terrestre siano velenosi per tale specie, si consiglia comunque massima cautela.
Le principali specie animali lunari giunte fino a noi sono le seguenti:
- Balsenoptera oedipus: forma di vita acquatica, simile per molti versi ai delfini. È un’animale carnivoro, con una dieta generalista, capace di digerire qualsiasi preda riesca a catturare. Solitamente caccia in piccoli gruppi di 3-5 individui, oppure in grandi branchi di 20 esemplari. È molto intelligente e crudele, spesso “giocando” con la propria preda prima di dargli il colpo di grazia. Ha tuttavia un punto debole, ossia la sua eccessiva specializzazione all’ambiente acquatico. La progressiva riduzione delle riserve di acqua liquida sulla Luna, la sempre più grave scarsità di cibo e l’impoverimento genetico dovuto all’isolamento dei singoli branchi ne sancisce il declino irreversibile: molti esobiologi ritengono che, a meno che la specie non possa essere adattata o introdotta su altri pianeti capaci di sostenerne il peso ecologico, entro 15.000 anni saranno estinti.
- Loligoforma lampyredia: forma di vita acquatica, simile a un incrocio tra il calamaro, il polpo e il granchio, attualmente la più grande forma di vita acquatica lunare ancora esistente. Si nutre di piccoli microrganismi acquatici lunari, che filtra con un apparato simili ai fanoni delle balene. Per comunicare con i propri simili, oppure per spaventare o disorientare i predatori, fa uso di cromatofori luminosi. Per difendersi, oltre ad alcuni tentacoli muniti di chele, dispone di un pungolo avvelenato, lanciabile a getto d’aria, simile per certi versi al pungiglione delle api (in quanto l’utilizzo dello stesso risulta fatale alla creatura). Nei periodi riproduttivi, le femmine abbandonano l’acqua per deporre le loro uova nella fanghiglia della costa, e fanno la guardia per un’intera rotazione lunare (27 giorni). Una delle poche specie native della Luna note per essere commestibili agli esseri umani.
- Lemercula monachenteus: organismo acquatico, esteriormente simile a un pesce, ma privo di scheletro osseo e con un’anatomia molto più simile a quella delle formiche. Estremamente onnivoro, si riproduce generando milioni di discendenti di cui solo una piccola percentuale (il 5%) arriva fino all’età adulta.
- Chiroptinae nasalis: erbivoro simile per dimensioni e comportamento al daino ma dotato di apparato nutritivo simile alla mosca, dotato di sei zampe. Nella stagione degli amori (avvenente una volta ogni due rotazioni lunari) i maschi cercano di accoppiarsi con il maggior numero possibile di femmine e di scoraggiare i rivali in brevi scontri sonoro-visivi. Una sola femmina può produrre, in un solo anno terrestre, fino a venti nuovi esemplari, dei quali il 95% sarà a loro volta femmina. La specie è nota per avere un alto spirito di sacrificio in nome della specie: in numerose occasioni documentate, esemplari anziani, malati o feriti hanno assunto comportamenti che, pur comportando quasi sempre la loro morte, hanno permesso ad altri esemplari giovanili o con maggiori chance di successo di sopravvivere.
- Thalassoma tithanicham (Bruro): enorme erbivoro (occasionalmente onnivoro) simile per aspetto a un gigantesco bruco. Gli esemplari più grandi della specie possono raggiungere la lunghezza di 30 metri e un peso di 5 tonnellate lunari (30 tonnellate terrestri). Pur essendo privo sia di uno scheletro interno che di un esoscheletro, tali creature riescono a sostenersi in piedi e muoversi senza apparente difficoltà, per mezzo sia dei potenti muscoli nelle sue zampe che della bassa gravità lunare. Ogni esemplare è dotato di circa 15 paia di zampe per spostarsi, e di tre paia di arti (simili agli arti dei comuni bruchi terrestri) che, nonostante la presenza di artigli, non hanno scopo se non vestigiale. Per nutrirsi, l’animale dispone di tre paia di mandibole (di cui il principale lungo più di due metri) e di due “tentacoli” (in realtà una curiosa divisione della lingua) capaci di esportare il cibo. Nonostante tale specie non abbia gerarchie sociali di branco, non è raro vedere due o più esemplari nutrirsi a pochi metri di distanza l’uno dall’altro. In caso di eccessivi sbalzi di temperatura, l’animale è capace di secernere una specie di bava con cui si ricopre, e che mantiene la temperatura interna del suo corpo stabile. La specie è asessuata, e non si riproduce tramite fecondazione, ma per partenogenesi.
- Gophella ridiboides: piccolo erbivoro/onnivoro volante, simile per aspetto a un pesce palla della Terra dai colori sgargianti, capace di volare mediante la propria sacca di idrogeno e di muoversi sia svuotando o riempiendo nuovamente la sacca, sia tramite un particolare sistema di rilascio di gas per mezzo di aeratori naturali. L’animale è dotato di quattro arti simili a tentacoli con piccole pinze, che utilizza sia per manipolare il cibo sia come mezzo di locomozione/direzione supplementare. Si riproduce disperdendo le proprie larve nell’aria, perché possano essere inseminate e crescere mediante un processo molto simile alla fotosintesi cellulare.
- Anthozoa argenteus: erbivoro/onnivoro volante di medie dimensioni (gli esemplari più grandi possono raggiungere i 10 metri di lunghezza) simile in aspetto a una medusa volante di colore violaceo, con tentacoli e becco corneo simili a quelli di un calamaro. L’animale riesce a sostenersi in volo grazie alle proprie sacche gassose (5, distribuite su tutto il corpo) nelle quali gli elementi nutritivi vengono scissi e raffinate in idrogeno, che permette all’essere di sostenersi in aria. Si nutre principalmente di vegetazione, ma non disdegna animali di piccole o medie dimensioni che riesce a catturare. Comunica attraverso un sistema bioelettrico interno, le cui scariche gli permettono di assumere diversi colori per brevi periodi di tempo (anche se si ipotizza che l’elettricità abbia un uso secondario nell’uccidere eventuali prede vive catturate).
- Xenopicetus physiatus: piccolo carnivoro di dimensioni pari a quelle di un gatto, con un lungo collo e quattro membrane carnose (simili alle ali dei pipistrelli o degli pterosauri) che gli permettono di planare e direzionare o controllare la propria caduta. Per nutrirsi, gli esemplari sono soliti arrampicarsi lungo le pareti delle grandi caverne in cui essi vivono, fino a raggiungerne la volta dove attendono il passaggio di possibili prede. Una volta localizzata la preda, gli esemplari si lasciano cadere dalla volta e planano addosso alle proprie prede, cercando di ucciderle facendole precipitare al suolo, dove vengono divorate in tutta calma. Individualmente, cacciano prede piccole, ma spesso (soprattutto in periodi di scarsità di cibo) più esemplari possono formare un branco e dare la caccia a prede volanti di medie o grandi dimensioni. L’accoppiamento avviene per mezzo di una particolare cerimonia volante, durante il quale gli esemplari devono portare a termine la loro unione prima di cadere al suolo.
- Taxatus bengalengei (trittigre striata): carnivoro di medie dimensioni, simile per aspetto alle tigri marsupiali della terra, ma con un muso e una struttura ossea simili a quelle dei dinosauri predatori. Ha un corpo snello e sinuoso, atto per muoversi dovunque, con artigli nelle zampe posteriori e superiori adatti sia per avere la massima aderenza nel terreno sia per trattenere una preda o un avversario che si dibatte. La sua coda, lunga quanto il resto del corpo, ha la punta di colore azzurro, mentre il resto della coda, così come la parte inferiore del suo corpo, è tigrata. Quando morde una preda, inietta in essa una particolare tossina che interferisce nel sistema nervoso della sua vittima, rendendo i suoi movimenti più lenti e scoordinati. Caccia in piccoli branchi, composti da un numero di individui variabile da quattro a nove, con una tattica per certi versi simile a quella dei velociraptor, ma non è raro vedere esemplari giovanili cacciare per conto proprio. Ha una spiccata intelligenza, pari a quella dei cani o delle scimmie, ed è capace (soprattutto se in branco) di costruire e approntare trappole per catturare prede solitarie.
- Megadounga fascicilis (dragavrano leone): carnivoro di grandi dimensioni, capace di raggiungere i 15 metri di lunghezza e un peso complessivo di 18 tonnellate terrestri. Il suo aspetto è molto simile a quello delle iguane o dei varani della Terra: dispone di artigli molto lunghi nelle zampe anteriori, i suoi denti sono seghettati e ha una curiosa formazione lungo le vertebre del collo e delle spalle, che ricorda vagamente la criniera dei leoni adulti. Si muove molto lentamente, trascinando la coda (che è una riserva strategica di grasso per i periodi di carenza di cibo) al suolo, ma è capace sia di brevi scatti da imboscata molto veloci così come di mantenere il passo dei bruri. Normalmente dà la caccia a esemplari giovanili, malati o morenti di bruri, o a qualsiasi preda che riesca a catturare e uccidere in una delle sue imboscate; in caso di necessità, tuttavia, può convertirsi senza problemi a una vita da spazzino, rubando le prede uccise da altri predatori più piccoli. Per evitare scontri fisici che potrebbero debilitarne le capacità da predatore, nelle contese territoriali tendono ad affrontarsi mediante uno scontro visivo-uditivo facendo affluire colori sulla loro formazione ossea, o emettendo forti ruggiti. Analisi genetiche hanno confermato che tale creatura è l’ultimo esponente di un’intera classe tassonomica, le cui altre specie più recenti si sono estinte mezzo milione di anni fa.
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Aspetti sociologici e culturali
Ad oggi, si sa ancora molto poco sulla società e sulla cultura delle civiltà selenite: quel poco che si è potuto scoprire risale alle scoperte archeologiche fatte sulla Luna e agli studi comparati con società terrestri. In base alle informazioni fino ad ora disponibili, la specie dominante della Luna era una particolare creatura, classificata come Ambontinae fragilis sapiens, che si era evoluta da un ramo evolutivo di creature anfibie simili ai rospi. Tale creatura poteva raggiungere un’altezza di quasi tre metri e disponeva di braccia lunghe e articolate, con tre “dita” di cartilagine per la manipolazione. I suoi occhi (simili a quelli degli insetti) erano posti nella mascella inferiore, mentre le narici erano poste nella parte più alta del cranio. La sua massa cerebrale, in proporzione a quella umana, era molto più grande, anche se studi sulle tracce di tessuto neuronale improntate nell’interno dello scheletro suggeriscono un livello neuronale meno efficiente di quello terrestre. Tali creature avevano epidermidi di color grigio-verde, ed erano capaci, tramite una singolare sezione del cervello, di ricevere comunicazioni audio-visive attraverso una rudimentale forma di telepatia. La sua costituzione ossea, evolutasi in condizioni di gravità notevolmente più basse, lo rendevano molto gracile e esile.
I seleniti erano un popolo principalmente carnivoro, con scarse concezioni di agricoltura come mezzo di sostentamento. Per sostenere la propria popolazione, allevavano i Bruri in modo simile a come sulla Terra venivano allevati manzi e tori; inoltre, da alcune testimonianze grafiche, è emerso che i Seleniti disponevano, nelle loro epoche più recenti, di creature modificate geneticamente, in stato vegetativo permanente, per crescere strati muscolosi di carne atta al consumo e che poteva essere rimossa senza danno permanente per l’animale. Tali creature necessitavano una cura quasi costante e di continue nutrizioni di sostanze nutritive tramite endovena, e morivano nell’arco di poche ore se lasciate a sé stesse; si ipotizza che la loro estinzione sia avvenuta quasi contemporaneamente al collasso della civiltà selenita.
I seleniti conoscevano sia l’uso del fuoco che la capacità di estrarre e lavorare i metalli. Tuttavia, il concetto di “casa” era quasi assente a causa del particolare ambiente del sottosuolo lunare, e i metalli lavorati venivano impiegati per produrre utensili o macchinari. In particolare, le armi dei seleniti erano perlopiù armamenti elettrici, studiati per danneggiare il controllo volontario dei muscoli o il sistema linfatico e di coordinazione del nemico. Esistono però teorie che suggeriscono che i seleniti disponevano di armi elettriche letali, capaci di “spegnere” la vita in un essere vivente disattivando, allo stesso tempo, il cuore, il cervello e il sistema nervoso.
Per quanto è indubbio che i seleniti fossero capaci di riprodursi autonomamente durante le prima fasi di nascita e sviluppo della loro civiltà, sembra che per molto tempo prima della loro scomparsa la specie avesse completamente perso o abbandonato tale abilità, ricorrendo invece a un particolare sistema di controllo e pianificazione delle nascite. I piccoli seleniti venivano inseminati e cresciuti in grande vasche riproduttive, costantemente filtrate e purificate, per un periodo iniziale di due-quattro settimane; una volta raggiunto un certo grado di sviluppo, i feti venivano separati in ulteriori vasche dove erano loro somministrati particolari sostanze nutritive e additive per permettere loro di sviluppare al massimo gli organi, le parti del corpo e del cervello utili al suo ruolo nella società selenita, mentre le altre si atrofizzavano e venivano ridotte a uno stato vestigiale. Una volta che in individuo veniva selezionato per un determinato ruolo, non poteva più essere impiegato per ruoli al di fuori della propria specializzazione: quando vi era carenza o necessità di individui specializzati in certe attività, le vasche riproduttive aumentavano e modificavano la produzione per produrre più specialisti richiesti, mentre in casi di eccedenza di manodopera specializzata, gli specialisti “in eccesso” venivano ibernati in una sostanza gelatinosa, che nutriva attraverso la pelle, per essere poi ridestati qualora necessario.
Le classi della società lunare si dividevano in:
> scavatori: seleniti addetti allo scavo di nuove gallerie e locali sotterranei, erano dotati di una grande forza muscolare e di sporgenze ossee sulle nocche dei propri arti di manipolazione.
> allevatori: seleniti addetti all’allevamento dei Bruri e delle altre forme di vita a scopo nutritivo. Avevano un corpo molto più robusto rispetto alla media, ed erano dotati di artigli retrattili sul dito medio dei propri arti (veri e propri bisturi naturali) con cui tagliavano e lavoravano la carne destinata a un successivo consumo.
> costruttori: seleniti addetti alla produzione di artefatti artigianali di uso comune, oppure alla costruzione di apparecchi di utilità pubblica. La loro specializzazione li forniva di una grande resistenza alla fatica e al dolore, così come di uno sviluppato istinto di precisione che permetteva loro di costruire copie esatte degli stessi oggetti senza commettere errori di disattenzione. Avevano una sotto-classe interna, i costruttori di precisione, più piccoli e dotati di arti più lunghi e fini, impiegati nelle costruzioni di oggetti fragili o pericolosi.
> polizia: seleniti dotati di grande forza fisica (quasi come gli scavatori), con capacità visive e uditive migliorate e arti predisposti sia allo scontro corpo a corpo che all’utilizzo di armi elettriche leggere. Il loro cervello era quasi del tutto atrofizzato, ed eccettuando gli istinti basilari, erano fedeli ed obbedienti alla classe aristocratica.
> scienziati: seleniti addetti alla lavorazione dei composti chimici, alla manipolazione genetica e allo sviluppo tecnologico. Disponevano di sensi dell’olfatto ipersviluppati, un telencefalo abnorme e di un organo specializzato, presente sull’avambraccio sinistro, con diverse sacche di gas piene di acetilene ed ossigeno, probabilmente utilizzato per la lavorazione fine.
> aristocratici: seleniti dotati di un cervello massiccio e di teste allungate (per proteggere e ospitare l’organo ingrandito) che dava loro qualità come una memoria fotografica a lunga durata (una forma naturale di archiviazione dei dati), abilità di risoluzione dei problemi potenziate e forti capacità amministrative e di giudizio. Il loro compito era amministrare e coordinare gli sforzi delle altre classi, e comandare i vari gruppi di lavoro.
La figura più importante della società selenita era Il Grande Cervello, un organismo di probabile provenienza artificiale, con caratteristiche molto diverse dal resto della società selenita. Il grande cervello infatti era privo di corpo fisico e consisteva piuttosto in una gigantesca massa di tessuto neuronale (pari a oltre trenta metri cubi) ospitata in una caverna con pareti levigate che fungeva da scatola cranica. Esso era estremamente intelligente e logico, con capacità di archiviazione mnemonica e decisionali molto superiori agli individui della classe aristocratica, e poteva comunicare mentalmente con gli altri seleniti mediante la sezione “telepatica” del loro cervello. Creatura potenzialmente eterna e incapace di invecchiare.
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Marte
Aspetti geologici e climatici
Marte, il “Pianeta Rosso” vanta il primato di essere stato il primo pianeta, in tutto il Sistema Solare, ad aver raggiunto condizioni tali da poter permettere la nascita e lo sviluppo della vita biologica. Durante l’era geologica nota con il nome di Noachiano, compresa tra 4,1 e 3,7 miliardi di anni fa, l’atmosfera del pianeta era molto più densa di quanto non sia oggi, e le condizioni di temperatura e di clima permettevano la caduta della pioggia e la conseguente presenza di acqua su tutta la superficie marziana. Stante agli studi effettuati dalle prime spedizioni con equipaggio umano su Marte, in tale epoca il pianeta aveva un clima caldo e umido, simile al Giurassico della Terra, che avrebbe favorito lo sviluppo della vita sulla sua superficie. Grandi laghi e fiumi erano numerosi nell'emisfero meridionale e un grande oceano ricopriva le pianure settentrionali basse.
Tutto cambiò quando al Noachiano successe l’era geologica dell’Esperiano: lentamente, in poco più di un miliardo e mezzo di anni, Marte passò da una fase calda e umida a quella di pianeta freddo e arido osservabile attualmente; questo periodo fu caratterizzato da un'intensa attività vulcanica e alluvioni catastrofiche che scavarono immensi canali lungo la superficie, rilasciando enormi quantità di anidride solforosa e acido solfidrico, mutando le grandi distese di acqua liquida in piccoli bacini di acqua ad alta acidità per via dell'acido solforico che si andò a formare. Questo processo senza dubbio contribuì in modo significativo alla scomparsa del vasto oceano marziano, e successivamente dei laghi e dei fiumi; tuttavia, recenti reperti provano che corsi d’acqua sulla superficie marziana erano possibili e presenti fino a poco meno di un miliardo di anni fa.
Attualmente Marte (nell’era geologica dell’Amazzoniano) è assolutamente privo di acqua sulla propria superficie, a causa delle condizioni ambientali fredde e aride e della sua atmosfera rarefatta, che di fatto non riesce a schermare completamente il pianeta e la sua superficie dalle radiazioni di raggi solari UV-C. La poca acqua disponibile sulla superficie in tempi storici e contemporanei deriva dagli asteroidi o meteoriti che si schiantano sul pianeta (acqua che tuttavia, nelle condizioni marziane, evapora in pochissimo tempo) oppure è distillata e raffinata dagli organismi vegetali o animali ancora presenti sulla superficie marziana. Sottoterra, la situazione è molto diversa: tra i 5 i 30 chilometri di profondità, sono molto numerose falde di acqua marziana racchiuse in strati impermeabili di argilla e altri materiali naturali. Tali falde hanno una molto variabile: la maggior parte ha dimensioni molto piccole, che raggiungono una superficie massima di 40-50 metri quadrati e una profondità di 4-5 metri, ma un certo numero (i cosiddetti “laghi sotterranei”) può raggiungere dimensioni molto più grandi, con una superficie media 300-400 chilometri quadrati e una profondità di oltre 500 metri. Secondo le teorie non riconosciute di alcuni studiosi, sotto la sua superficie Marte nasconderebbe inoltre dei veri e propri “mari sotterranei”, con una superficie di decine o addirittura centinaia di chilometri quadrati, e una profondità di un chilometro o più. Tali affermazioni per ora non hanno ancora trovato riscontro negli scavi geologici e nei campioni studiati della crosta marziana.
Nonostante attualmente la superficie marziana non può ospitare forme di vita biologica terrestre, numerose nazioni e agenzie spaziali hanno ipotizzato piani e strategie di terraformazione, con lo scopo di riportare artificialmente Marte a condizioni simili a quelle del Noachiano, sfruttando l’acqua racchiusa nel sottosuolo del pianeta per produrre ossigeno e “rinforzare” la sua rarefatta atmosfera, rimettendo in modo il processo biogeochimico dell’acqua sul pianeta e rendendo quindi nuovamente possibile la pioggia. Tali progetti hanno tuttavia incontrato notevoli difficoltà in quanto richiederebbe una presenza umana permanente consistente su Marte, e avrebbero un costo quantificabile in trilioni di dollari americani. Forti proteste sono emerse inoltre da numerosi xenobiologi, che ritengono che tale processo condannerebbe all’estinzione le specie marziane attualmente viventi senza dare alcuna garanzia di aumentare il livello abitativo del pianeta, così come da archeologi e antropologi, che ritengono i progetti di terraformazione empirici, potenzialmente catastrofici e privi di coinvolgimento degli attuali popoli e civiltà marziane ancora viventi.
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Aspetti biologici
Le ricerche paleontologiche ed archeologiche effettuate nelle prime spedizioni con equipaggio umano su Marte, in particolare i siti nella regione di Tharsis, Noachis Terra e negli strati della Valles Marineris hanno dimostrato che, durante il Noachiano, il clima caldo e umido aveva permesso un’abnorme crescita e diffusione della flora marziana, così che ampie foreste pluviali tropicali ricoprivano buona parte del pianeta. Gli alberi marziani, a causa della minore gravità del pianeta, potevano raggiungere un’altezza di 150-200 metri, che con la loro diffusione costituivano un vero e proprio “ecosistema stratificato” con diverse specie animali a seconda delle dimensioni: inoltre, nelle regioni più umide esistevano cespugli spugnosi semiliquidi, composti all’80% da acqua, e che erano rifugio e nascondiglio di piccole specie terricole di spazzini o opportunisti generalisti. Le specie animali marziani, sia a livello acquatico che terricolo, erano molto numerose e raggiungevano dimensioni molto superiori a quelle della Terra, anche per effetto della minore forza di gravità. I fossili finora ritrovati su Marte indicano una biosfera estremamente ricca e variegata, con numerose specie di grandi pascolatori e più di otto specie di superpredatori alfa continentali.
La situazione cambiò quando, con la fine del Noachiano, Marte cominciò a farsi più freddo e secco. In poco tempo le vaste foreste persero estensione, lasciando spazio prima a vaste praterie e savane accaldate, e quindi ad assetati deserti. Moltissime specie pascolatrici con nicchia ecologica specializzata si estinsero, e con loro molte altre specie predatrici che dipendevano da esse per nutrimento: in questa estinzione di massa, più del 75% delle specie animali terrestri si estinse. Più grave fu il bilancio per le specie marine, i cui fossili mostrano un mare ricco di vita e di forme, con numerose specie grandi come balene: con la progressiva evaporazione e riduzione dell’acqua allo stato liquido sulla superficie marziana, scomparvero prima le specie più grandi e specializzate, e poi le più piccole e generaliste. Le specie anfibie riuscirono a resistere più tempo, ma la dipendenza dall’elemento liquido sancì infine anche il loro destino: per l’inizio dell’Amazzoniano, le uniche specie vegetali o animali ancora esistenti su Marte erano creature adattatesi per vivere in un’ambiente pressoché privo di acqua.
Attualmente le specie vegetali marziane maggiormente degne di nota sono tre:
- Cactus trampoliere (Gemerocallis prinus): piccola pianta simile a un cactus ma con una connessione al suolo simile a quelle delle mangrovie, la pianta riesce a ricavare acqua e sostanze nutritive dal terreno mediante un processo bio-chimico interno. La pianta è nota per riprodursi espellendo da un foro centrale sopraelevato enormi quantità di semi microscopici che vengono poi dispersi dal vento di Marte, formando una specie di “plankton vegetale aereo”.
- Cactus onnivoro (Gemerocallis menziesii): pianta a sua volta simile a un cactus, con una forma a fungo. Lungo tutta la sua “testa” dispone di piccoli recettori termici e sensibili al movimento, che avvertono la pianta dell’approssimarsi di possibili minacce. Quando un possibile pericolo per la pianta si avvicina eccessivamente, la pianta agita i suoi “tentacoli” (foglie spinose e carnose) per spaventarlo e allontanarlo; qualora il possibile nemico continua ad avvicinarsi, la pianta rilascia sacche di sostanze tossiche (i cosiddetti “rifiuti” del processo chimico di autoalimentazione) che formano una sostanza molto simile alla putrescina, il cui odore allontana il pericolo. Anch’essa dispone di un buco sulla propria sommità, ma anziché affidare i propri semi al vento, questa pianta usa un sistema di impollinazione attraverso alcune specie animali carnivore, a cui la pianta offre acqua distillata dal suolo dalla sua cavità. Quando un’animale beve l’acqua della pianta, ingerisce anche i semi della stessa, il cui guscio solido garantisce una difesa dai succhi gastrici digestivi; tali semi vengono poi dispersi per merito escrementi, da cui la pianta trae poi sostanze nutritivi utili nella sua prima fase della crescita.
- Rotolamarte (Indigofera jaempferx): la più grande delle piante marziane ancora esistenti, capace di raggiungere i 3-4 metri di altezza. Molto simile per struttura ai rotolacampo tipici dell’immaginario western o desertico americano, si differenzia da questi in quanto la sua fase mobile è molto più estesa, e include quasi tutta la struttura dell’organismo. La pianta cresce da altri rotolamarte che hanno disperso semi sulla superficie arida del pianeta, e attecchisce in particolari condizioni di ricchezza del terreno, che permettono alle giovani piante di crescere rapidamente assorbendo in poco tempo tutte le sostanze nutritive del suolo. Una volta raggiunto un certo grado di sviluppo, la pianta si stacca dal suo tronco centrale e abbandona le proprie radici, e diventa una forma di vita vegetale mobile, che si sposta per mezzo del vento marziano. Durante la propria fase mobile, il rotolamarte riesce a sostenersi attraverso un sistema di nutrimento autarchico interno, che sfrutta la luce del Sole per produrre da sola tutte le sostanze di cui necessità per sostenersi in vita: tale processo non è tuttavia perpetuo, e continua finché la pianta continua a ricevere una dose di luce sufficiente oppure finché la pianta non compie circa 76 anni terrestri. Dopo questo periodo, il processo di autoproduzione nutritiva cessa e la pianta, senza nutrimento, muore avvizzendo mentre il suo legno si decompone e nutre nuovamente il suolo da cui aveva sottratto tante risorse numerosi anni prima. Recenti studi suggeriscono che il processo auto-nutritivo a energia solare del rotolamarte possa essere la chiave per nuove tecnologie di produzione di energia a costo zero, e che se replicate con successo potrebbero risolvere definitivamente molti problemi energetici della Terra. Tuttavia, fino ad ora non è stato possibile osservare in modo dettagliato tale processo, in quanto nessun rotolamarte è sopravvissuto al viaggio verso la Terra.
Molto più numerose sono le specie animali del pianeta, quasi tutte evolutesi per sopravvivere in un’ambiente estremamente arido e secco, dove l’acqua scarseggia, e adattandosi per poter sopravvivere ai letali raggi UV-C che la rarefatta atmosfera marziana non può più fermare. Per poter sopravvivere alla quasi totale mancanza d’acqua, la maggior parte delle specie marziane attualmente esistenti hanno sviluppato una strategia evolutiva nota come neroparagogigia, ossia la capacità di mantenere costante la propria idratazione corporea scindendo e raffinando elementi chimici dai propri alimenti oppure dalle proprie prede: per mezzo di questa abilità, gli animali marziani possono sopravvivere per tutta la durata della loro vita senza bisogno di idratarsi con mezzi tradizionali. Le poche specie marziane non dotate di questo singolare meccanismo di sopravvivenza sono esclusivamente carnivore, e riescono a soddisfare i propri bisogni d’idratazione nutrendosi del sangue e del tessuto organico o adiposo delle proprie prede, con un sistema molto simile a quello dell’orso polare terrestre.
Le più importanti specie animali della biosfera marziana sono:
- Corustacetaceo delle Pianure (Helodopidae maximostris titanicae): il più grande organismo marziano erbivoro sopravvissuto fino ai giorni nostri, il corustacetaceo è una creatura di aspetto molto simile ai dinosauri sauropodi che popolarono la Terra durante il periodo Giurassico e sopravvissero fino al Cretaceo. Un esemplare adulto può raggiungere i 31 metri di lunghezza e le 29 tonnellate di peso: la sua coda è lunga quasi sette metri e si biforca a metà, terminando in pennacchi colorati color porpora su entrambe le code; il suo corpo è sorretto da quattro arti massicci, con dita concentriche, che permettono alla creatura di mantenere la presa sul terreno accidentato di Marte e rende quindi più difficile cadere. Il suo collo è lungo ben 10 metri e la sua bocca è dotata di fanoni, con il quale l’animale fende i venti bassi del pianeta nutrendosi di “plankton vegetale aereo” composto perlopiù dai semi di cactus trampoliere. Alla base del collo, vi sono due grossi orifizi che permettono all’animale di respirare liberamente, mentre la testa ospita, nella cresta sovrapposta ai fanoni, un “melone” per l’ecolocalizzazione dell’ambiente circostante, che permette all’animale di orientarsi pur in assenza di occhi. La specie è ovipara, e si riproduce deponendo uova in nidi collettivi sotto la sorveglianza di esemplari adulti: le femmine rimangono con il loro branco di appartenenza per tutta la vita, mentre i maschi (soprattutto nelle fasi giovanili) possono aggregarsi ad altri branchi o scegliere una vita solitaria per periodi medio-lunghi. La specie gode di ridotte abilità di bioluminescenza, che i maschi usano nel periodo degli amori per impressionare le femmine, o che vengono usati per avvertire altri esemplari di possibili pericoli o scoperte.
- Tutoseichenia (Macobius typodytes): organismo erbivoro (occasionalmente onnivoro) di medie dimensioni, di aspetto simile a un cefalopode o a un gasteropode, dotato di otto zampe ricoperte di armatura chitinosa, terminante in uno zoccolo componibile con un orifizio centrale attraverso cui l’organismo si nutre. Il suo lungo collo, sottile e per certi tratti compresso, sostiene alta la testa, da cui partono cinque estensioni, quattro dei quali corrispondenti ad occhi mobili, che permettono all’animale una visione a 360 gradi senza bisogno di muoversi. L’ultima estensione, invece, è molto simile a un tentacolo, della stessa dimensione degli occhi degli animali, che parte dalla nuca, e con la capacità di illuminarsi per periodi medio-lunghi, rilasciando una luce di colore giallo che gli esemplari usano per localizzarsi e seguire i propri simili anche durante le tempeste di sabbia più forti. Si nutre soprattutto di rotolamarte, ma in caso di necessità è capace di nutrirsi anche di piccoli organismi o rocce, che il suo estremo apparato digestivo è in grado di scindere per rimuovere qualsiasi sostanza nutritiva. L’animale è noto per vivere in branchi molto numerosi di 100-200 individui, composti da femmine, piccoli e maschi giovanili; i maschi adulti conducono invece una vita solitaria o formano piccoli branchi con altri maschi da 2 a 5 individui. Tratto comune in tutti gli esemplari è un costante stato di allerta: se un possibile pericolo viene avvistato, un allarme visivo-sonoro viene lanciato e tutto il branco procede a fuggire, riuscendo a mantenere una velocità di 75 chilometri orari per più di una mezz’ora. La specie si riproduce deponendo uova che vengono poi abbandonate a loro stesse dopo la deposizione, e che i maschi fecondano al loro passaggio.
- Rinoceronte corazzato marziano (Melopseasteratherium martianis): il più grande organismo biologico marziano vivente erbivoro dopo il corustacetaceo delle pianure. Di aspetto molto simile ai grandi rinoceronti della Terra, ha tuttavia dimensioni molto maggiori: un esemplare adulto è lungo tra i sei e i sette metri di lunghezza, raggiunge un’altezza al garrese di due metri e mezzo e può pesare 6.700 kilogrammi terrestri. Più della metà del suo corpo è corazzata, soprattutto nella parte anteriore: la corazza dell’animale può raggiungere i 5 centimetri di spessore, ed è sufficientemente forte da bloccare, senza danno per l’animale, danni da armi da fuoco terrestri compresi fucili a pompa e mitragliatori, mitragliatrici e cannoni anticarro. Il suo unico corno di colore nero, posto sopra il becco osseo dell’animale, è ancora più robusto e può essere paragonato per resistenza al topazio. È l’unico organismo erbivoro marziano ad essere noto nutrirsi di cactus marziani adulti, assieme ai rotolamarte, che digerisce per mezzo di un sistema digestivo corazzato, che neutralizza le difese naturali dei cacti. La specie è vivipara, e si riproduce partendo piccoli vivi, che dopo un periodo di circa 5 anni di svezzamento vanno a vivere da soli o in piccoli branchi esterni. Per quanto sia normalmente lento, un’esemplare adulto può raggiungere una velocità di 30 chilometri orari per brevi scatti di 30-35 secondi, che utilizza per combattere contro altri esemplari della sua specie o eventuali predatori. Nonostante la specie non abbia predatori naturali, la loro bassa popolazione rispetto alle altre specie marziane suggerisce che si tratti di una specie in declino da alcuni milioni di anni, a causa della progressiva riduzione delle fonti naturali di cibo e dei continui cambiamenti climatici marziani. Ad oggi sopravvivono circa 25.000 esemplari, diffusi soprattutto nelle regioni marziane meno aride.
- Creonte (Phalaphus orconicus feroxi): organismo carnivoro, il predatore di maggior diffusione e successo del pianeta ad oggi. Ha un cranio corto e massiccio, con quattro canini lunghi 20 centimetri, che permettono alla creatura di recidere le vene e il sistema linfatico delle sue vittime, condannandole a una morte per dissanguamento. Ha quattro arti principali di locomozione, con grandi artigli per fare presa e combattere, molto simili alle zampe dei leoni terrestri, e due arti supplementari, situati sul petto e terminanti in artigli a pungiglione, i quali vengono utilizzati durante la caccia o negli scontri territoriali con i propri simili o minacce esterne: questi artigli sono in grado di iniettare, nel corpo della vittima, una neurotossina che ne inibisce il sistema nervoso e la comunicazione tra il cervello e i muscoli, di fatto rendendo più difficile alla vittima sia fuggire che combattere. la sua lunga coda gli permette di mantenere l’equilibrio quando corre sui sentieri accidentati del deserto e della savana marziana, e funge anche da scorta di grassi e sostanze nutritive per i periodi di carestia. I creonti vivono comunemente in piccoli branchi di otto-nove femmine adulte, che si occupano della caccia, con le rispettive proli, e di un numero di maschi variabile da uno a tre, ma i branchi (soprattutto in periodi di scarsità di cibo) possono aumentare fino a quaranta o perfino cinquanta esemplari di cui il 20% maschi. Le femmine tendono a rimanere nel branco dove sono nate per tutta la loro vita, mentre i maschi, raggiunta una certa età, tentano di soppiantare gli alfa già presenti oppure vengono cacciati e costretti ad assumere una vita nomade. La specie è ovovivipara: le femmine partoriscono uova, che tuttavia vengono conservate in piccole sacche di pelle naturali dalle femmine non impegnate nella caccia, che ne garantiscono la temperatura e la protezione.
- Penitente delle Sabbie (Trochilidae viverryi tetraspis): organismo onnivoro, dotato di un cranio allungato e un corpo snello e apparentemente scheletrico, dotato di quattro zampe ricoperte da membrane di pelle e armate di lunghi artigli. Il nome dell’animale deriva dal suo sistema di locomozione, che lo costringe a muoversi sulle nocche dei propri arti anteriori, e che richiama per certi versi la figura classica del penitente. Studi effettuati su alcuni scheletri di questo animale e su alcuni fossili di creature ritrovate negli strati del Medio Noachiano rafforzano l’ipotesi che questa creatura discenda da un genere di animali volanti, con caratteristiche molto simile a quelle degli pterosauri o dei pipistrelli, successivamente riadattatasi a una vita al suolo in seguito all’impoverimento dell’atmosfera marziana. Tale creatura è un predatore generalista occasionale, molto spesso spazzino, che si nutre di carogne, uova o cuccioli abbandonati e rifiuti organici di origine animale. Si riproduce deponendo uova nelle grotte protette dal sole, e i piccoli vengono accuditi fino al compimento dei cinque anni. È un’animale alquanto stanziale, che stabilisce territori che batte alla ricerca di cibo, e che si rifugia in caverne o altri giacigli naturali per sfuggire ad altri predatori. Se attaccato, tuttavia, dispone di un’arma segreta: un organo nella parte alta del suo cervello, simile per certi versi a un sonar, che può essere usato per lanciare onde infrasonore dannose per il tessuto cerebrale di altre creature marziane. Un’esposizione di pochi secondi a questo fenomeno può causare, negli organismi troppo vicini, danni permanenti alla corteccia cerebrale e al lobo temporale, simili ai danni causati dai sonar artificiali ai mammiferi acquatici della Terra.
- Saafares (Demospidea albaris): organismo carnivoro estremamente ostile, noto per essere una delle poche forme di vita ad essere capace di sopravvivere nelle più desertiche e inospitali regioni di Marte. Simile per certi versi a un granchio, dispone di tre paia di arti per la locomozione e di due arti per la manipolazione o l’uccisione delle prede. La sua testa, lunga quasi due metri, è dotata di un becco osseo a tre valve, intorno a cui sono posti gli occhi dell’animale, adattati per la visione al movimento. Lungo tutto il corpo, è dotato di numerosi pori da cui espelle, per mezzo di gas velenoso simile per odore allo zolfo, le sostanze di scarto. Si riproduce deponendo milioni di uova, di cui però solo una piccola parte (meno dell’uno per cento) raggiunge l’età adulta: i rimanenti sono spesso uccisi dalle terribili condizioni climatiche e ambientali del pianeta rosso, divorati da altri organismi predatori o da altri esemplari adulti di Saafares. Si tratta di una specie estremamente aggressiva, che considera cibo qualsiasi creatura che riesca a catturare: anche nella stessa specie, due individui che si incontrano combattono per ferocia, e il perdente viene divorato (in certi casi vivo) dal vincitore.
- Verme delle Tempeste (Allghoikhorhoi geonemotodium gigantis): organismo carnivoro (possibile onnivoro) simile a un gigantesco verme, la cui lunghezza può variare da un minimo di 10 a un massimo di 80 metri negli esemplari più grandi. Ogni anello del verme (dotato di un sistema nervoso e linfatico indipendente in ogni anello) è ricoperto di una spessa corazza ossea da cui emergono otto file di spine, che ne agevolano il movimento nel sottosuolo. La sua testa dispone di quattro appendici mobili, simili in eguale misura a un tentacolo e a un corno osseo, e che l’animale utilizza sia negli spostamenti sottoterra per dirigere la propria direzione, sia in attacco in difesa contro altri organismi quando emerge. L’epidermide dell’organismo è di colore rosso scuro, come il sangue, e presenta numerose macchie più scure, tendente al nero, lungo tutto il corpo. Per orientarsi l’animale utilizza un campo bioelettrico stabile, che gli permette di individuare con grande precisione sia la distanza dalla superficie che le vibrazioni generate da eventuali organismi sia sotto che sopra la superficie di Marte. Per cacciare, il verme usa una tattica simile a quella degli squali, lanciando un attacco rapido alla preda da sottoterra, comparendo all’improvviso e cercando di uccidere la propria preda per mezzo di una sostanza acida velenosa, che espelle dalla bocca. La tattica del verme è concepita per uccidere la preda in un solo rapido colpo, giacché l’organismo è molto impacciato e indifeso in superficie, e se la preda sopravvive (o non è sola) il verme può subire ferite che potrebbero portare a infezioni dannose in tutto il corpo, potenzialmente letali. Il nome comune della creatura, verme delle tempeste, deriva dal fatto che esso emerge in superficie specialmente durante le violente tempeste sabbiose di Marte. Le leggende delle popolazioni autoctone marziane pervenute affermano che il verme è attivo per poche settimane durante l’intero anno marziano, rimanendo in ibernazione sotto il suolo tranne che durante la caccia, e che il suo acido sia capace di sciogliere i metalli e anche le ossa. Fino ad ora, lo stile di vita di queste creature, quasi esclusivamente sotterraneo, ha reso impossibile l’osservazione lo studio da parte degli scienziati terrestri. I vermi delle tempeste sono stati segnalati in una sola regione di Marte, Arabia Terra, e per motivi ancora ignoti non si espandono nelle regioni circostanti: tuttavia, le scarse informazioni disponibili non contraddicono ancora l’ipotesi che i vermi siano diffusi anche in altre regioni, e che la loro presenza in tali aree non sia nota a causa dello stile di vita strettamente sotterraneo.
- Ainsù/Sovrano dei venti (Oriolomorpha hirceaviana martians): organismo carnivoro, noto per essere una delle poche specie marziane capaci di volare ad essere sopravvissute fino ai nostri giorni. L’aspetto della creatura è di un ibrido rettile-uccello lungo fino a due metri, le cui ali sono suddivise e sostenute da cinque ossa metacarpali (evolutisi da falangi degli arti superiori) a cui si attacca il patagio. Poco oltre la fine dell’ala, si estende un osso da cui partono sue ulteriori dita artigliate, e che permettono all’animale di spostarsi al suolo camminando sulle proprie nocche: indagini effettuati sulle ossa hanno dimostrato che questo era una volta il rimanente dito della creatura, evolutosi e biforcatosi successivamente in due nuove dita per il movimento al suolo. Le gambe dell’animale sono corte e cozze, munite di artigli per la locomozione, mentre la coda, lunga e muscolosa, funziona sia da scorta di grassi che da timone, permettendo all’animale di decidere la sua direzione in volo. La testa dell’animale è simile a quella di un rapace con un becco ad uncino (ma munito di denti sia per la cattura che per la masticazione delle prede catturate) e con quattro occhi che l’animale usa per individuare le prede o potenziali nemici. Per quanto sia alquanto impacciato una volta al suolo, una volta che la creatura è in volo acquisisce una sorprendente velocità, agilità e grazia, degna di molti uccelli predatori della Terra. L’animale caccia pattugliando un vasto territorio dal cielo, alla ricerca di prede solitarie, vecchie, malate o ferite o anche di carogne: una volta individuata una preda viva, il predatore l’attacca con una tattica degna di uno Stuka tedesco della Seconda Guerra Mondiale, salendo di altitudine fin quanto la rarefatta atmosfera marziana glielo permette e poi lanciandosi sulla preda, trafiggendola con il proprio becco o usando il proprio spostamento d’aria per ucciderla causandole ferite mortali e lasciandola morire per dissanguamento o disidratazione. Non è tuttavia una specie molto combattiva: qualora la preda gli venisse disputata da altri predatori marziani meglio adattati per la vita e il combattimento al suolo, come i Creonti, molti esemplari scelgono di abbandonare lo scontro e fuggire, per preservare e proteggere la propria capacità di volo. Le femmine controllano territori di decine di chilometri quadrati, mentre i maschi controllano centinaia o migliaia di chilometri quadrati in una sola volta: in caso di conflitti per i territori, maschi e femmine sfidano i contendenti mediante duelli di flessioni, ruggiti o evoluzioni aeree. La specie si riproduce in modo viviparo, partorendo piccoli vivi che abbandonano la madre non appena imparano a volare, dopo circa 3 settimane. La specie è diffusa in tutto il territorio marziano, soprattutto nelle regioni dotate di canyon o dirupi a strapiombo o di formazioni rocciose inscalabili, l’habitat rifugio perfetto per queste creature.
- Verme lucciola (Cryptinidia stapphicocola albopicta): organismo onnivoro, noto per essere l’unica (almeno per ora) specie acquatica marziana ad essere sopravvissuta fino ai nostri giorni. Il verme lucciola vive in molte falde di acqua marziana sotterranea, e ogni falda d’acqua rappresenta una popolazione isolata, simile per caratteristiche generali ma con numerosi particolari differenti di adattamento, che suggeriscono che l’isolamento delle singole specie sia molto recente, fino a massimo 10.000 anni fa: caratteristiche generalizzate comuni in tutte le sottospecie sono l’epidermide di colore bianco e dotato di una leggera abilità di bioluminescenza, utilizzata dagli esemplari per segnalare la propria presenza ai propri simili, un lungo barbiglio che ospita le papille gustative e parte degli organi sensoriali dell’animale e 2 occhi di colore nero, ridotti a uno stato vestigiale dall’adattamento a un habitat quasi del tutto privo di luce. La specie non ha sessi, e si riproduce deponendo larve di cui però solo una parte raggiunge la fase adulta, a causa della spietata competizione per il poco cibo disponibile. Un recente studio su alcuni esemplari in buono stato di conservazione con analisi dei loro tessuti organici, suggerisce che la specie sia un’eccellente fonte di enzimi e sostanze ad utilizzo medico nella lotta contro l’Alzheimer e il Parkinson: questo ha creato conflitti all’interno della comunità scientifica, in quanto il previsto prosciugamento delle falde di acqua sotterranea marziana (previsto per supportare un tentativo iniziale di terraformazione) porterebbe senza dubbio all’estinzione della specie, privando per sempre l’umanità delle risorse chimiche custodite nel proprio patrimonio genetico.
Esistono tuttavia alcune presunte specie native di Marte, la cui esistenza fino ad ora non è ancora stata confermata alla scienza, e di cui l’umanità è venuta a conoscenza dai propri scambi culturali con le residue popolazioni senzienti del Pianeta Rosso. Tra queste, la più famosa e nota sulla Terra è il Tatra, nome con cui le specie senzienti marziane ancora vive definiscono una specie di gigantesco serpente con quattro mandibole e una lunga lingua prensile, che secondo la tradizione può raggiungere i quattro chilometri di lunghezza. Le testimonianze concordano nell’affermare che nessun avvistamento di tale animale sia avvenuto da meno di 15.000 anni fa, ma tuttora i nativi rifiutano di considerare l’ipotesi che si sia estinta: secondo loro, tale creatura si troverebbe in uno stato dormiente nei pressi del Polo Nord marziano, e riemergerebbe a intervalli regolari, causando sempre grandi devastazioni e il crollo di intere civiltà. Una spedizione con equipaggio umano, che dovrebbe atterrare nell’area, è stata incaricata di smentire definitivamente tale leggenda.
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Aspetti sociologici e culturali
In quattro miliardi di anni, Marte ha ospitato innumerevoli forme di vita vegetale e animale, e tra esse alcune hanno lasciato reperti archeologici o architettonici che provano che tali specie raggiunsero, in modo simile alla specie umana, un elevato stato di intelligenza senziente e di livello adattivo-tecnologico. Ad oggi Marte vanta il primato di essere il pianeta del Sistema Solare ad aver ospitato più specie senzienti nel corso della propria storia geologica, così come di essere stato l’unico pianeta del sistema ad avere avuto più di una sola specie senziente in periodi di tempo sovrapposti. Ad oggi sono state identificate circa nove specie marziane senzienti, di cui due sono giunte vive fino ai nostri giorni:
- La prima specie marziana ad aver raggiunto il livello di coscienza senziente è stata considerata, da molte specie marziane successive e da importanti correnti di pensiero umano, il “peggiore dei peggiori risultati possibili” che l’evoluzione poteva offrire nel campo delle specie evolute: i Tamerjuc. Questa specie si era evoluta durante le prime fasi del Noachiano, circa 4 miliardi di anni fa e aveva un corpo simile per certi versi a quello di un koala panciuto, con due arti posteriori di locomozione forti e agili, quattro arti di manipolazione, una coda che permetteva loro di mantenere l’equilibrio in corsa e una testa priva di occhi ma con quattro antenne, molto simile a quella delle falene. Discendevano da una specie di predatori di branco, che si era evoluta e diffusa durante la prima espansione della vita su Marte, e che aveva imparato l’utilizzo di utensili e trappole per cacciare e uccidere le altre specie. La filosofia della loro specie si basava sul darwinismo sociale, ossia sul diritto di sopravvivenza del più forte, e i tamerjuc dimostrarono apertamente, per tutta la fase della loro esistenza, una forte predisposizione per il conflitto e per la violenza e per una ferocia senza limiti, che in certi casi sfociò apertamente in crociate genocide. In questo erano favoriti dal fatto di essere una specie molto prolifica, in cui i giovani raggiungevano la maturità in brevissimo tempo, e dove quindi i vecchi, i malati, i disabili e coloro che non avevano più utilità alla guerra o al lavoro venivano uccisi o abbandonati a loro stessi in quanto facilmente rimpiazzabili in tempi brevi. Il livello tecnologico dei tamerjuc subì continue ascese e crolli improvvisi per buona parte della loro esistenza, poiché l’onnipresente stato di guerra tra gli stati e la ferocia che divideva la specie in innumerevoli fazioni politiche, religiose o sociali rendevano impossibile il coordinamento scientifico: solo dopo circa 10.000 anni dal momento in cui la specie aveva raggiunto il grado di intelligenza senziente, il consolidamento di alcune grandi nazioni permise un’ulteriore evoluzione tecnologica, che portò la civiltà dei tamerjuc a un livello tecnologico pari agli anni 60’ della Terra. Purtroppo, l’eccessiva aggressività dei tamerjuc finì per causare la loro stessa rovina, in quanto la specie era troppo guerrafondaia per non sviluppare e utilizzare armi di distruzione di massa, e il primo conflitto globale di Marte determinò il crollo della sua prima civiltà senziente e la morte per il 99,8% degli esemplari: piccoli gruppi di superstiti cercarono di ricostruire la loro civilizzazione, ma i continui conflitti interni ed esterni sancirono il fallimento dell’iniziativa e portarono i tamerjuc a perdere la loro intelligenza senziente: gli ultimi superstiti, ritornati a mentalità sub-senziente, furono sterminati dall’avvento di una nuova specie senziente: i Tark.
- A differenza dei propri violenti predecessori, i Tark non discendevano da predatori bensì da spazzini-opportunisti con una dieta generalista, che permetteva loro accesso a risorse di cibo che i tamerjuc non potevano sfruttare. I tark erano una specie di tripodi, simili per aspetto agli scarabei del genere Lucanus della Terra: disponevano però di tre arti per la locomozione terrestre, tre arti per la manipolazione fine e cinque tentacoli (in realtà una curiosa espansione del naso evoluta in modo convergente alla proboscide degli elefanti della Terra), oltre che di una triplice serie di occhi che permettevano alla specie una visione a colori, a calori e al movimento. La specie aveva un ordinamento sociale simile a quello delle formiche, con gli individui divisi in tre caste (lavoratori, estrattori di risorse e soldati) al cui vertice si trovava la regina, unico individuo di tutta una colonia dotato delle capacità di giudizio e discernimento, e la cui volontà guidava le singole colonie. Ipotesi sviluppate di recente suggeriscono che i tark avessero già raggiunto un livello embrionale di intelligenza senziente durante il dominio dei tamerjuc e il cui ulteriore sviluppo era impedito dalla presenza di una precedente specie senziente di inaudita ferocia: solo dopo il crollo dei tamerjuc i tark, non più limitati nel loro sviluppo sociale, poterono continuare la loro evoluzione e dare origine a una nuova civiltà senziente. I tark avevano un elevato livello di coscienza ecologica, e sebbene fossero noti cacciare o allevare altre specie non senzienti per la loro carne, erano attenti a non estinguere completamente le specie da cui dipendevano, onde assicurare il cibo per le future generazioni: una delle poche eccezioni furono gli ex-tamerjuc ritornati allo stato animale, contro cui i tark scatenarono un potente veleno, per eliminarne definitivamente la minaccia. I tark sono noti a noi per il loro elevato livello architettonico, le cui città erano composte da edifici di grandi dimensioni costruiti armonicamente e senza spreco di spazio, come appunto le formiche: di queste grandi città, ad oggi, è sopravvissuto solo un piccolo insediamento abbandonato, situato nei pressi della valle Marines a una profondità di quasi settemila metri, da cui però possiamo dedurre la grandiosità dell’architettura dei tark. I tark governarono Marte per circa 125.000 anni, durante i quali la specie raggiunse considerevoli traguardi scientifici e tecnologici, in particolare furono la prima specie a stabilire un avamposto abitato permanente sulla luna di Fobos e a raggiungere una forma di governo con controllo sull’intera superficie del pianeta. La loro estinzione coincise con la diffusione di un fungo parassita marziano ora estinto, ma che mostrava forti somiglianze con i funghi terrestri del genere Cordyceps: stante alle poche testimonianze finora raccolte, tale fungo aveva causato una pandemia globale, infettando l’intera specie, prima di estinguersi a propria volta in assenza di specie vulnerabili.
- La terza specie intelligente ad aver abitato Marte si è evoluta e ha raggiunto il livello di intelligenza senziente circa 75 milioni di anni successivamente all’estinzione del Tark: i Cocomanth. Tale specie aveva l’aspetto di un mollusco albino, con una testa attaccata al corpo priva di collo, dotata di becco e occhi priva di sclera, dotata di nove tentacoli concentrici per la manipolazione e la fabbricazione di oggetti, capace di sostenersi in aria per mezzo di un sistema di propulsione interno ancora ignoto per la scienza terrestre umana. Essi discendevano da un lignaggio di creature anfibie, che cacciavano pesci o piccoli animali acquatici, e che aveva sviluppato l’intelligenza senziente imparando a costruire trappole per procurarsi il cibo. Il più grande successo evolutivo della specie è stata tuttavia la sua incredibile predisposizione e abilità ad addomesticare e selezionare altre specie per renderle servitori/utensili biologici viventi adatti alle proprie esigenze: tra le principali specie addomesticate e selezionate dai cocomanth possiamo ricordare i brachiamars, creature simili alle scimmie antropomorfe della Terra, che i cocomanth usavano come servitori personali e che perfezionarono dotato di pollici opponibili e aumentandone l’intelligenza. Nonostante riuscissero a loro volta a riunificare l’intero pianeta sotto una singola fazione, i cocomanth non tentarono mai l’espansione verso il cosmo, preferendo concentrare i propri progressi scientifici, sociali e culturali verso il benessere collettivo e l’esplorazione delle loro menti con un obbiettivo di trascendenza ascensionale. La loro forma di governo/economia era molto simile per certi versi all’anarchia utopistica terrestre, dove ogni individuo era, di fatto, una “nazione” a sé stante. La specie si estinse dopo circa 4.500 anni, in seguito a una ribellione dei brachiamars, che avevano raggiunto ormai un livello di intelligenza paragonabile a quella umana, guidati da un maschio di nome Krepkon, il cui obbiettivo era il raggiungimento di uno scenario di classe SK, e che portasse i brachiamars a diventare la specie dominante del pianeta. I brachiamars, sfruttando la stessa scienza trascendentale dei cocomanth, riuscirono ad avere la meglio sui loro ex padroni, ma non riuscirono a creare una propria civiltà indipendente e si estinsero dopo appena 1200 anni, assieme a tutte le altre specie che i cocomanth avevano selezionato per servirli.
- Dopo il declino dei cocomanth, Marte attraversò un lungo periodo durante il quale, sebbene le specie animali e vegetali continuassero ad aumentare di numero e diversità, nessuna di esse raggiunse il livello di intelligenza senziente. Solo dopo altri 100 milioni di anni sarebbe apparsa una nuova specie intelligente, che sarebbe riuscita a costruire una società civile, preludio di una civiltà tecnologica: i Lox-Manths. Costoro erano una specie evolutasi nelle foreste e nelle praterie marziane, e avevano un aspetto simile agli elefanti della Terra, con un’altezza al garrese di fino a cinque metri, una lunga proboscide (che fungeva da arto per la manipolazione) e due lunghe zanne di colore giallastro, che venivano usate come attrezzo di scavo e/o come arma da combattimento nella stagione degli amori o nei conflitti con altri gruppi o specie del pianeta. La specie era a guida patriarcale, suddivisa in numerosi “clan” al cui vertice vi era un maschio dominante: costui deteneva diritti privilegiati sulla suddivisione del cibo e dei diritti di riproduzione, condividendolo con un gruppo di circa 10-15 maschi a lui fedeli con il ruolo di polizia/esercito del clan; ad eccezioni del ruolo di comando e militari, tutte le posizioni di coordinazione e ordinamento più importanti erano distribuite tra le femmine, che restavano all’interno del proprio clan per tutta la vita; i maschi giovanili invece potevano entrare a far parte della guardia del leader (con la prospettiva, un giorno, di divenire a propria volta il maschio dominante) oppure, una volta raggiunta l’adolescenza, abbandonavano il branco riunendosi in piccoli gruppi di maschi puberali e, dopo un periodo di vagabondaggio, cercavano di sconfiggere il maschio dominante e le guardie di un altro clan, con l’obbiettivo di subentrare al loro posto. La specie aveva avanzate conoscenze di agricoltura e artigianato (seppur con severe limitazioni, dovute in primis alla mancanza di arti manipolatori specializzati) e comunicava mediante modulazioni sonore; sappiamo inoltre che ogni clan aveva una propria area sacra (nota a noi col nome di Luxian) nel quale gli esemplari anziani erano soliti recarsi allorché sentivano la propria morte vicina. La specie non raggiunse mai il controllo totale del pianeta, limitandosi a controllare i territori più meridionali per circa 7.000 anni prima di essere distrutta in un conflitto con un’altra specie senziente: i Bakenei.
- Sviluppatisi da un gruppo di animali frugivori affini ai topi e ai conigli della Terra, i Bakenei erano un popolo dalla struttura pseudo-umanoide dotato di udito e vista molto sviluppati e con una coda lunga circa un metro ridotta a un ruolo vestigiale. Un tempo preda di grandi e medi predatori d’agguato, la specie era riuscita a liberarsi di tale ruolo sviluppando armi e sistemi di difesa, che avevano portato i loro ex-predatori (i Kaianitri, un gruppo di animali predatori con adattamenti simili ai grandi felini predatori come le tigri e i leoni) all’estinzione. I Bakenei avevano una cultura caratterizzata dalla paranoia e dalla paura, che vedeva costantemente le altre specie animali viventi come un pericolo in quanto possibile minaccia alla loro stessa sopravvivenza (possibile retaggio psicologico delle proprie ascendenze di prede) e il cui “accanimento tecnologico” era dovuto alla necessità di mantenere un vantaggio su ogni possibile nemico. Spronato in tal senso, la società Bakenei raggiunse in circa 5.000 anni uno sviluppo analogo al 17° secolo europeo. Fu in tale epoca che avvenne il primo contatto con le altre specie senzienti o pseudo-tali del pianeta: oltre ai Lox-Manths, gli Strigidi (creature alate con rudimentali società di allevamento e pastorizia) e i Kanns (animali simili agli ungulati predatori dell’Eocene terrestre, dotati di enorme empatia e intuito) le cui culture erano ancora a livello preistorico. I Bakenei, dopo una “sindrome d’accerchiamento” durata quasi un secolo, videro le proprie paure confermate quando alcuni clan Lox-Manths, adducendo come motivo “l’oppressione ecologica” operata dai Bakenei nei propri territori, lanciarono un attacco contro alcuni città Bakenei di confine. L’attacco fu facilmente respinto (in quanto i Lox-Manths erano armati con primitive armi e corazze fatte di osso e legno, mentre i Bakenei disponevano sia di armi da fuoco che di tattiche militari avanzate) ma l’incidente diede il via alle Guerre del Destino: in nome della propria sopravvivenza, i Bakenei decisero di sterminare tutte le specie viventi animali del pianeta. Inutilmente i clan Lox-Manths tentarono di resistere facendo fronte comune: per mezzo delle loro artiglieria, i Bakenei distrussero le loro agricolture attuando una vera e propria guerra genocida: gli ultimi Lox-Manths (un gruppo di maschi, sopravvissuti all’annientamento del loro clan) si immolarono in un ultimo disperato scontro, venendo trucidati dalle bombarde e dai mortai Bakenei; miglior fortuna non ebbero le altre specie: gli Strigidi furono confinati alle zone più remote prima di essere sterminati dopo un’ulteriore secolo di agonia, mentre i Kanns, riconosciuta l’impossibilità di resistere, si immolarono in un suicidio collettivo della loro intera specie. Il dominio planetario dei Bakenei, seppur portando a un’estinzione di massa del 65% delle specie animali esistenti, non durò a lungo: dopo circa due secoli dalla vittoria contro i Lox-Manths, Marte fu visitato da una specie extrasolare con capacità tecnologiche di spostamento interstellare (i Pii, che sembra avessero un avamposto scientifico su Deimos) i quali distrussero la civiltà dei Bakenei e “riscrissero” geneticamente i superstiti, modificando i loro corpi in gracili pascolatori privi di arti manipolatori o abilità di difesa ma lasciando intatte le loro menti. Questi “discendenti” dei bakenei sopravvissero per circa tremila anni, prima che il loro livello intellettivo tornasse a livelli proto-senzienti.
- Nonostante il massacro perpetrato dai Bakenei a danno delle specie animali di Marte, le specie superstiti riuscirono a sfruttare il vuoto ecologico e a ripopolare il pianeta (il quale stava a sua volta subentrando in una fase più calda e tropicale) portando a una nuova esplosione nelle varietà delle forme di vita. In questo periodo, è degno di nota il gruppo di animali battezzato con il nome di Atanathisauridi, un gruppo di creature il cui capostipite era un’animale simil-sauride saprofago pazzino, che ripuliva le carcasse lasciate dai predatori più grandi. In circa 15 milioni di anni, i discendenti di questo piccolo carnivoro si evolsero in una gran varietà di forme e dimensioni, occupando la quasi totalità delle nicchie ecologiche più importanti, sia sulla terraferma, sia nei mari, sia nel cielo (tramite sia forme capaci di volari che di sostenersi nell’aria mediante sacche di gas biogenerato): di queste specie, la prima a raggiungere il grado di intelligenza senziente fu un piccolo predatore alto appena 1 metro, dotato di una lunga coda e uno strato di protezione di piume di colore rosso-bianco, che cacciava in branco o mediante trappole artigianali: i Buitrera. Questa specie, nonostante la chiara ascendenza predatoria, riuscì già in fase preistorica ad ampliare le proprie risorse di sostentamento tramite l’allevamento di specie inferiori e la coltivazione di vegetali fungiformi o forme animali aquatiche (affini a molluschi e crostacei) per poi colonizzare tutte le terre emerse. Dai dati finora disponibili, sappiamo che i Buitrera avevano una società fortemente militarista, che però diffidava dall’uso della violenza se non era necessario: i Buitrera avevano infatti un fortissimo concetto di “promessa” e “parola data”, dove ogni parola aveva il suo peso, e il semplice atto di mentire era un grave tabù; avevano poi una mentalità ecologica simile a quella dei nativi americani, e pur dedicandosi alla raccolta di cibo e risorse, erano molto attenti a non consumare più risorse di quanto il pianeta poteva produrre, e che si dedicava attentamente al ripristino delle risorse stesse. Durante la loro fase di dominio del pianeta, i Buitrera riuscirono con successo a sviluppare tecnologie di encefaloanaptixia (la facoltà di aumentare l’intelligenza di altre specie viventi fino a far raggiungere loro un livello d’intelligenza senziente) e riuscirono con successo ad elevare otto specie (tra cui i Therex, giganteschi predatori affini ai tirannosauridi, o i Panthanei, erbivori che riunivano in sé le caratteristiche dei sauropodi e anchilosauridi) a livello senziente. Fu la prima civiltà a dedicarsi allo studio della Storia tramite tecnologia cronovisiva, e vanta i maggiori successi di una specie marziana nel campo dell’esplorazione e colonizzazione spaziale: al suo momento di maggiore espansione e sviluppo, la civiltà Buitrera aveva colonie permanenti sui propri satelliti Fobos e Deimos (nella loro cultura noti con i nomi di Krythos e Dennen), una presenza stabile nello spazio intorno al loro pianeta e aveva inviato spedizioni di ricerca sia verso i giganti gassosi che verso i pianeti interni vicini, tra cui la Terra. Successivi piani per spedizioni e basi permanenti sugli altri pianeti furono impediti da una nuova catastrofe biologica: il passaggio di un corpo celeste non ancora identificato (noto nel linguaggio Buitrera con il nome di Xenen) rilasciò nell’atmosfera marziana enormi quantità di ghiaccio, interrompendo il flusso delle correnti marine planetarie e causando una piccola era glaciale (le Lune del Gelo) che spinse i Buitrera ad abbandonare il pianeta su un’arca planetaria, portando con sé la fauna e flora del proprio pianeta così come parte del proprio patrimonio culturale e artistico. Carte superstiti ritrovate suggeriscono che la meta dei Buitrera fosse nella galassia nota come NGC 1705: nessuna sonda lanciata dalla Terra finora ha però trovato prove su quale fosse la loro destinazione finale, né tantomeno se la specie sia sopravvissuta.
- In pochi anni dall’esilio volontario dei Buitrera, la piccola era glaciale mutò rapidamente l’ecosistema del pianeta: i grandi animali e le foreste tropicali rimasti si estinsero rapidamente, mentre subentrarono nuove piante appartenente alla famiglia delle Gemerocallie: queste piante, ancorandosi al suolo con rapidi profonde in più punti, fornivano delle vere e proprie “tettoie” naturali, che se abbastanza grandi, fornivano rifugio e una fonte sicura di cibo dalle violentissime tempeste, durante le quali la temperatura all’esterno scendeva fino a -75° Celsius. Le specie che vivevano in questa delicata fase evolutiva del pianeta erano adattate per sopravvivere ai rigidi climi e alla grande scarsità di fonti di cibo, e potevano sopravvivere per mesi interi senza mangiare: di queste, la specie che riuscì ad affermarsi sulle altre in questa delicata fase evolutiva fu una specie evolutasi da piccoli animali saprofagi, spazzini e rovistatori di rifiuti nell’epoca dei Bakenei: i Koon, creature con sei arti e altre tre metri, ricoperti di una spessa pelliccia e dotati di un grande naso con proto-proboscide, che oltre a scaldare l’aria prima di respirarla, fungeva da arto manipolatorio supplementare. I Koon, nonostante fossero privi di conoscenze come il fuoco (e le varie tecnologie derivate, tra cui l’abilità di lavorare i metalli) riuscirono, nell’emisfero australe di Marte, a costruire una propria civiltà basata sulla tecnica biologica anziché tecnologica (facendo quindi uso di creature selezionate e allevate per svolgere determinanti funzioni); in questa civiltà “sottozero”, il ghiaccio era uno dei materiali di costruzione più comuni, mentre la stessa acqua calda (riscaldata con un processo molto lento e difficile, date le avverse condizioni climatiche) veniva impiegata come arma negli scontri con le altre tribù o coalizione per il controllo delle risorse locali più preziose (oltre a fonti di cibo rinnovabili, sorgenti generate dall’attività vulcanica e ripari di fortuna come le caverne più grandi). Il dominio di tale specie (durato circa 3000 anni, e che arrivò a una cultura di natura medievale) cominciò a declinare con la fine della piccola era glaciale: il rinnalzamento delle temperature e la conseguente estinzione di molte fonti di cibo portò i Koon dapprima a ritirarsi nelle regioni più emisferiche, e in seguito all’estinzione a causa della comparsa di un nuovo predatore, il Kyiishin, con dimensioni e comportamento degli squali ma evolutosi da uccelli marini affini ai pinguini.
- La penultima delle civiltà
senzienti di Marte si evolse in un clima e una biosfera simili, per molti
aspetti, al periodo terrestre del Pleistocene: le grandi foreste si
stabilizzarono lungo l’equatore e nelle regioni temperate intermedie, mentre
vaste aree della superficie planetaria si ricoprirono di vaste praterie o
savane, contornate qua e là da macchie forestali sviluppatesi intorno alle fonti
d’acqua liquida; intorno ai poli masse di acqua in forma solida (ghiaccio)
determinavano il moto delle correnti marine e aeree del pianeta. In questo clima
prevalentemente continentale, vi fu una nuova esplosione delle forme di vita
sopravvissute all’era glaciale, che aumentarono di dimensioni e
specializzazione: vi erano piccoli onnivori che vivevano nelle acque salmastre e
nel sottobosco frugifero; grandi branchi di erbivori migratori; giganteschi
erbivori stanziali affini, per comportamento, agli elefanti e rinoceronti della
Terra; organismi predatori, sia saprofagi che cacciatori diretti, abitavano
tutte le terre emerse. Tra tali specie, una famiglia di erbivori ruminanti, il
cui aspetto ricordava alla lunga i cervi terresti, diede alla luce un ramo di
pascolatori semi-bipiedi, i cui arti di locomozione anteriori si evolsero in
arti di manipolazione, mentre lo sviluppo dell’intelligenza (dovuta, in buona
parte, alla necessità di sfuggire ai predatori e alle loro trappole) aveva
portato al raggiungimento del livello di esseri senzienti: il nome attualmente
noto di tale specie è Letrek. La loro civiltà soffrì, durante le fasi
iniziali del suo sviluppo, dell’assenza di risorse minerarie o metalliche, il
cui sfruttamento a causa delle precedenti civiltà aveva di fatto esaurito i
giacimenti superficiali; per questo motivo, la civiltà Letrek basò la propria
tecnologia su fonti alternative, come la coltivazione di legno e la lavorazione
del vetro all’inizio, e lo sviluppo/produzione di plastica e altri prodotti
chimici successivamente. Due volta la loro civiltà fu vicina al collasso (la
prima volta, in seguito alla diffusione di un virus cancerogeno sconosciuto; la
seconda, in seguito a una moria di vegetazione causata alle variazioni
climatiche del pianeta) ma lo sviluppo tecnologico della specie e una rapida
evoluzione culturale/sociale le permisero di risollevarsi in entrambi le
occasioni, ripopolando il pianeta e ricostruendo la loro società. Erano una
specie altamente evoluta e avanzata, con grande cura e preparazione per
qualsiasi tipo di catastrofe, ma la causa del loro declino è da risiedere in
qualcosa per cui non erano preparati: l’apparizione, improvvisa e senza
avvertimenti, di un’altra specie senziente concorrente.
- L’ultima specie senziente di Marte, i Qirmiz, ancora oggi rappresenta
un enigma da un punto di vista scientifico-evolutivo: fisicamente molto simili
agli esseri umani della Terra (tra le principali differenze, il cranio è più
lungo e con degli allargamenti laterali che gli danno somiglianza con i
calamari; gli occhi sono privi di sclera e le dita del piede più corte e appena
accennate), da un punto di vista genetico sono privi di connessioni con altre
specie o gruppi biologici preesistenti. La loro specie apparve per la prima
volta sul pianeta nella fase finale del Noachiano 3,7 miliardi d’anni fa,
durante il culmine della civiltà Letrek. Inizialmente, questi ultimi accolsero
con simpatia questi nuovi vicini, favorendo lo sviluppo della loro civiltà, ma i
sentimenti mutarono quando i Letrek si accorsero che i Qirmiz avevano un tasso
di sviluppo e di crescita demografica molto più veloce del loro, popolando vaste
aree dell’emisfero settentrionale e facendo nascere una “sindrome
d’accerchiamento” che temeva un soppianto della specie dominante del pianeta.
Dopo circa due secoli di tensioni, i Letrek cercarono di confinare l’espansione
dei Qirzim in aree di quarantena e imponendo pensanti leggi di controllo, ma i
Qirzim a questo punto erano abbastanza tecnologicamente evoluti da opporsi ed
ebbe inizio una rovinosa guerra. Sconfitto un’iniziale tentativo di repressione
dei Letrek, i Qirzim avanzarono in ogni direzione, occupando stabilmente
l’intero emisfero settentrionale e distruggendo tre grandi città dei Letrek, i
quali, nella disperazione, decisero di ricorrere a un’arma di distruzione di
massa per eliminare i propri nemici: il collisore magnetico, un potentissimo
meccanismo che, nelle intenzioni dei suoi costruttori, avrebbe devastato i
continenti occupati dai Qirzim e sancito la loro estinzione. L’arma, basata su
mezzi empirici, causò danni maggiori del previsto: tutti continenti di Marte
furono devastati dalla sua azione, e moltissimi Letrek furono uccisi; peggio
ancora, l’arma destabilizzò e indebolì gravemente il campo magnetico del
pianeta, esponendo il pianeta al vento solare e favorendo sia l’allontanamento
dell’atmosfera marziana che la perdita delle “protezioni” contro i raggi UV-C,
avviando il processo che avrebbe reso Marte il pianeta freddo e ostile dei
nostri giorni.
Attualmente, gli ex-Qirzim (ribattezzati come Thori-Dejè) sono la specie senziente superstite più numerosa su Marte: hanno insediamenti nomadi in tutto l’emisfero settentrionale, e intrattengono rapporti e commerci con numerose basi terresti permanenti; il loro insediamento maggiore, Ghotha (situato nei monti di Tharsis), è anche l’unico insediamento stanziale e ospita circa tre quinti dei 19.500 individui rimanenti. Per contro, i Letrek dispongono di un solo insediamento superstite (Kha-Naji, situato nella Lycus Sulci) che conta circa 1.203 abitanti: i tentativi da parte dei terrestri di stabilire pacifiche relazioni con esse sono falliti per l’evidente ostilità della popolazione, che ritiene gli esseri umani “parenti” dei Thori-Dejè. Ciò nonostante, analisi comparate, unite alle testimonianze dei Thori-Dejè, suggeriscono che i Letrek sono in grave declino a causa del ristretto pool genetico e del decadimento sempre più grave delle risorse di cibo rinnovabili (a causa della quasi totale non-fertilità del suolo marziano esterno, la colonia basa la propria sopravvivenza su culture aeroponiche). In assenza di interventi esterni, i Letrek si estingueranno nel giro di tre generazioni..
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Aggiungiamo anche l'idea di MorteBianca:
Storia completa delle Lune terrestri
In varie opere di fantascienza e fantasy la Terra ha più satelliti. In questa timeline voglio provare a raccontare una breve storia delle Lune terrestri.
Prima Luna (Hesperidium, Luna Originale, Moon): è il satellite naturale del pianeta Terra. Formatosi grazie all'impatto di un eso-pianeta (che si ritiene aver causato l'attivazione della dinamo interna del nostro pianeta, il moto del nucleo interno che rende possibile i moti convettivi, il campo magnetico e quindi la vita). E' causa di maree e di protezione da asteroidi. E' stato il primo bersaglio della colonizzazione terrestre ma, a causa di un esperimento sul teletrasporto andato male, un'enorme esplosione ne ha devastato la superfice lasciando un grosso buco e una catena di asteroidi (gli Anelli di Terra). La Luna è ancora oggi il più grosso satellite di questo pianeta. La Luna si renderà indipendente a seguito della rivolta dei grandi mercanti lunatici, furiosi per via delle tasse per finanziare la colonizzazione di Marte, che si rivoltarono al grido di "No taxation without representation". La Luna divenne indipendente e rimase un paese largamente liberistico e anticomunista, gestito da agricoltori e gestori di luna park principalmente, oltre che cacciatori di balene lunari e minatori di Elio 3. La Luna ha partecipato alle guerre anticomuniste su Marte, fu sede del proprio partito fascista (sezione più moderata) e di una guerra civile finale tra i fascisti moderati e i più estremisti, con la vittoria dei primi e la resa del neofascismo stellare. Da quel momento la Luna è stata parte del destino della Terra, come luogo lussuoso di vacanza, unica eccezione è stata l'ascesa della Magia, in cui mentre la Terra era abitata dagli allievi dell'Eremita delle Sei Vie, la Luna era abitata dai discendenti del fratello minore.
Seconda Luna (Dalamud, Centax 1, Luna Rossa): Viene costruita dal progressivo unirsi di tutti gli asteroidi che formavano l'anello attorno alla Terra, diventando un satellite artificiale vero e proprio. Purtroppo questo gigantesco satellite nasconde un terribile segreto. Contiene infatti un Marker e, durante l'epidemia di Necromorfi sulla Terra, diventa un gigantesco mostro tentacolato che contribuisce all'invasione della Terra. La Luna ancor prima di ciò sarà una mostruosità la cui semplice visione causerà follia e crisi omicide di massa, tanto che verrà proibito nel suo periodo di picco di guardare la Luna in cielo onde evitare la morte e il terrore istantaneo, il panico e la follia che la vista della Luna Rossa Piena causano negli umani sani di mente. Sarà parzialmente distrutta a seguito della rivolta umana contro tale morbo alieno. Oggi la Luna è principale residenza di Licantropi, Vampiri, Ghoul, Zombie e Saiyan reduci dai rispettivi pianeti distrutti o comunque un luogo dove possono vivere senza necessità di nutrirsi di sangue, anche se un tempo questo aveva più lo scopo di pianeta-prigione più che di pianeta-riserva. Durante la crisi Majora's Mask questa Luna è quasi precipitata sulla Terra. Tecnicamente è un essere vivente. Sveglio.
Terza Luna (Centax 2, Vera Luna): Sebbene sia classificata come satellite, tecnicamente è una enorme base spaziale. I computer più potenti sono classificati come Supercomputer. Sovente si utilizza connettere tanti supercomputer (anche stanze intere) in enormi network per intensificarne la potenza. I computer quantistici sono stati subito l'avanguardia delle AI, specialmente con la scoperta dei cervelli positronici. Poi nacquero i Supercomputer quantistici ed infine di nuovo i Network. Il più potente di questi Network era Multivac. In principio una intera piramide, divenne così grande da trasformarsi in un intero pianeta pieno di computer in perenne aggiornamento, ha una potenza incalcolabile, al cui interno gira una simulazione di enormi proporzioni e fotorealismo. Le potenze terrestri (che dopo la Jihad Butleriana hanno dimenticato delle AI dopo averle cacciate) si lanciano in una conquista molto rapida e frettolosa della superfice solo per poter realmente mettere dei ripetitori ed installarsi nel software ed iniziare a colonizzare i vasti mondi virtuali che compongono il Digiworld.
Quarta Luna (Centax 3, Luna Nera): questa è la più recente. E' stata generata quando Naruto utilizzò il Chibaku Tensei per confinare una volta per sempre Kaguya e Black Zetsu usando pietra e materiale provenienti dalla Terra. E' la luna più piccola della Terra. Di tutte le lune è la più piccola, è usata principalmente come spazioporto e piattaforma di lancio, o come snodo tra le prime 3 lune. Benché Kaguya sia eternamente priva di energie non è morta. Alla bisogna (o anche no) potrebbe risvegliarsi.
Per via della presenza di quattro Lune e di stelle (Sole e Lucifero, ossia l'ex Giove) il cielo terrestre è estremamente anomalo. Il Sole è ciò che segna il ciclo giorno e notte, ed è 24 ore in funzione. Lucifero, a seconda della posizione dei due pianeti, può comparire di giorno (in quel caso è l'unico astro visibile oltre il Sole) o di notte (in quel caso appare come una luna brillante). Le 4 Lune non si trovano mai nello stesso punto tutte insieme, e tendono ad occupare quarti di terra diversi. Per questo motivo ovunque, sulla Terra, c'è sempre almeno una luna piena e almeno una luna nuova e, alle estremità dell'orizzonte, in alcune latitudini è visibile una delle altre lune. Il cielo è molto luminoso, con annessi fastidi per alcuni abitanti. In compenso commerci e viaggi spaziali sono facilissimi e la Terra è vista come una fortezza indistruttibile.
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Che ne dite? Per farci sapere che ne pensate di queste ucronie, scriveteci a questo indirizzo.