Mondiali di calcio 1990:
Jugoslavia campione!
Si sarebbe evitata o rimandata la tragedia?
un'ucronia sportiva di Simone Torresani
Introduzione
La Storia unisce spesso alla tragedia il paradosso: fu amaro destino che
la migliore formazione della nazionale calcistica jugoslava coincise proprio col
canto del cigno e del tramonto della corrispondente entità politica.
Campioni del mondo under 20 in Cile nell'autunno 1987, la Jugoslavia contava
nelle proprie fila grossi calibri come Jarni, Prosinecki, Mihajlovic, Suker,
Boban e Savicevic; unite a questi il genio di un grande come Stojkovic, la
classe di Jozic e l'estro di Darko Pancev per far risultare una squadra coi
fiocchi.
Le nuove leve, maturate nella vittoria iridata in terra cilena, vennero
sapientemente inserite dal c.t. Ivica Osim con la vecchia guardia, in un'ideale
staffetta tra le generazioni che, se avesse avuto il tempo materiale di
attecchire, avrebbe senz'altro recato enormi soddisfazioni alla nazionale degli
slavi del sud.
Boban e C. non ebbero il tempo di far qualificare gli slavi all'Europeo del
1988, ma nella tornata di qualificazioni per Italia 1990 stravinsero
conquistando il primo posto nel girone, lasciando a casa senza tanti complimenti
la Francia e staccando il biglietto assieme agli scozzesi.
Partiti molto male (1-4 contro la Germania Ovest a Milano), gli uomini di Osim
ebbero un crescendo rossiniano che li portò a liquidare colombiani (1-0) ed
Emirati Arabi (2-0) per poi, negli ottavi, estromettere gli spagnoli grazie a
due capolavori di Stojkovic (il secondo, su punizione, da antologia del calcio).
Nei quarti, a Firenze, l'Argentina ricevette una magistrale lezione di calcio,
annullata sotto ogni punto di vista dalla banda di Osim e solo alla lotteria dei
rigori i sudamericani guadagnarono una semifinale immeritata.
Argentina-Jugoslavia fu l'ultimo incontro di torneo internazionale della
nazionale balcanica: il 31 maggio 1992, un fax della UEFA, estrometteva da "Euro
92" una nazionale già monca (priva dei croati) a favore della Danimarca.
Dopo il 1992, Jugoslavia indicò solo Serbia e Montenegro a livello calcistico,
sino alla separazione dei cugini "adriatici" nel 2005.
Da allora, il termine "Jugoslavia" nel calcio è sparito.
Seppure il palmares della Jugoslavia "unita", dal 1920 al 1992, possa vantare
solo un quarto posto al Mondiale 1962 e un secondo posto all'Europeo 1968, la
squadra era assai temuta e rispettata.
Estrosi e individualisti, gli jugoslavi erano soprannominati "I brasiliani
d'Europa" per il loro "futebol bailado" e non è un caso che l'immenso Pelè,
nella sua apoteosi, nel suo giorno d'addio alla nazionale verdeoro, scegliesse -
era il 18 luglio 1971, a Rio de Janeiro, di fronte a 160.000 spettatori -
proprio la compagine dei Balcani come sparring partner (Brasile-Jugoslavia 2-2).
"Ho scelto la Jugoslavia perchè tra le nazionali europee è la mia preferita",
disse Pelè in seguito.
Nel giugno 1990 la Jugoslavia come entità politica era ormai preda di spasmi e
convulsioni, specie dopo la vittoria dei partiti nazionalisti in Serbia e
Croazia nelle prime elezioni multipartitiche avvenute due mesi e mezzo prima; i
gravi disordini di Zagabria tra ultras croati e serbi del 13 maggio furono forse
uno dei primi segnali di una situazione ormai fuori controllo.
Nella spedizione italiana vi erano calciatori serbi, croati, macedoni e
bosniaci.
E se il 30 giugno 1990 ai rigori avessero vinto i "brasiliani d'Europa?"
POD
Firenze, 30 giugno 1990: alla lotteria dei penalties gli argentini sono
stanchi e nervosi, Stojkovic non sbaglia e l'Argentina viene mandata a casa.
Jugoslavia in semifinale.
Da Firenze a Roma-
Il 4 luglio 1990, in un San Paolo di Napoli gremito e brulicante di tricolori,
si gioca la semifinale Italia-Jugoslavia.
Il generoso pubblico napoletano sostiene gli azzurri sino allo spasimo, non
disdegnando bordate di fischi agli jugoslavi, doppiamente "rei" non solo di
essere avversari e ostacolo verso la finale, ma anche di aver spedito a casa
Maradona e compagni.
Stojkovic e compagnia anziché avvilirsi e intimorirsi si esaltano dinanzi
all'ambiente ostile e complice un'Italia di Vicini ormai spompata e dalle pile
scariche, replicano al gol di Schillaci (al 17') con un bolide da 25 mt di
Prosinecki al 69'e con una incornata di Jozic, su angolo, al 77'.
Tra la costernazione generale e lo choc totale i "plavi" di Osim, per la prima
volta nella Storia, sono in finale!.
Domenica 8 luglio l'Olimpico di Roma è una bolgia antijugoslava: i nostri
dirimpettai sono solo dodicimila su ottantamila spettatori presenti, in un
tripudio di bandiere italiane e tedesche.
Il pubblico di casa tifa apertamente Germania Ovest e in TV l'inno jugoslavo
viene subissato di fischi, tanto che la musica non si sente neppure in
lontananza!
Anche qui, l'ostilità ambientale ha il solo effetto di esaltare gli jugoslavi,
che resistono ai confusi attacchi tedeschi e su contropiede, al minuto 83, Jarni
viene steso da Augenthaler.
Sul dischetto va Stojkovic, freddissimo nonostante lo stadio ribolle di ululati,
insulti e fischi.
Tiro angolato, glaciale, portiere spiazzato e rete: 1-0.
Pubblico ammutolito, sotto choc, si sentono solo i cori della pattuglia dei
tifosi slavi, che dopo un'ora e mezza di silenzio ora prendono coraggio.
Al 90'una ammucchiata a centrocampo, con calciatori e dirigenti colmi di lacrime
e gioia, sancisce l'incredibile: la Jugoslavia, contro ogni pronostico, è
Campione del Mondo.
Stojkovic solleva in lacrime la Coppa, sotto gli occhi di Havelange.
Ivica Osim, il ct slavo, a caldo fa una dichiarazione pregna di significato:
"l'unione ha vinto sulla divisione, stasera non siamo serbi o croati o macedoni,
ma solo un grande popolo unito: il popolo della Jugoslavia".
Reazioni oltre Adriatico
Le piazze, da Lubiana a Skopje, hanno reazioni diametralmente opposte,
che riflettono gli umori instabili del Paese: a Belgrado, Titograd e Skopje le
folle si riversano per le strade con bandiere, caroselli di clacson e ingorghi
di traffico, balli e canti per tutta la notte, mentre a Zagabria nei bar e nelle
piazze la maggior parte "gufava" e tifava Germania.
I malcapitati scesi in strada con bandiere o con auto a festeggiare vengono
minacciati e in certi casi malmenati, mentre squadre di teppisti della Dinamo si
sfogano con scritte nazionaliste e antiserbe sui muri.
A Vukovar, città mista, in due bar esplodono maxirisse tra opposti nazionalismi
e i feriti sono una dozzina.
A Osijek anche qua risse nei bar, con feriti e un gruppo di nazionalisti serbi,
già parte della riserva dell'Armata Popolare, che imbracciano i fucili e sparano
contro i rivali: miracolo che non ci scappa il morto.
A Spalato ultras nazionalisti croati si sfogano sfasciando vetrine di negozi
serbi, la polizia interviene e vi è guerriglia tutta notte, con 32 feriti e 125
arresti.
A Lubiana, scarsissimo entusiasmo, a parte un breve carosello di auto in centro,
ma grande calma.
Interessante la reazione di Sarajevo, città multietnica per eccellenza e ancora
non troppo contagiata dalle tensioni. Qui vi sono infatti sia grandi feste di
piazza con bevute e balli e allo stesso tempo, in centro, una rissa tra croati e
serbi, finita a coltellate.
HA la peggio un croato-bosniaco di 22 anni, che muore.
Il 10 luglio la squadra campione atterra a Belgrado, dove è apoteosi: la sera il
bus della nazionale percorre la capitale, con almeno 500.000 persone per le
strade.
Purtroppo, nel clima di distensione che le autorità, sfruttando il momento,
vorrebbero instaurare, avviene un grave errore.
La Federcalcio fa fare un "tour" in pullman ai vincitori nelle sei capitali, a
partire dal 14 luglio, prima del rompete le righe e della pausa ai calciatori.
Il 14 luglio, nonostante molte perplessità, le autorità croate e federali danno
il via libera all'ingresso del bus per Zagabria, con alla testa i calciatori
croati.
Per poco, i calciatori croati non ci rimettono la pelle, accusati di essere "filoserbi"
e "traditori".
Ultras di calcio e nazionalisti, saldatisi, accolgono con bandiere croate il
bus, fanno una sassaiola, i giocatori scappano, quindi il mezzo viene incendiato
e rovesciato.
Squadre di esaltati, con ritratti di Tudjman e anche di Ante Pavelic, cantando
slogan, percorrono il centro, quindi assaltano una caserma e un deposito di
armi, danno fuoco agli ex uffici della "Lega dei comunisti" e ad alcuni uffici
federali, ai commissariati di polizia.
LA Croazia esplode, a luglio: si moltiplicano i disordini a Zagabria, Vukovar,
Osijek, Spalato, Fiume, Pola e si estendono pure in Bosnia a fine mese, specie a
Mostar e Sarajevo, con risse, accoltellamenti, assalti a caserme, squadre di
paramilitari che sparano e si sparano.
Il 28 luglio, a Vukovar, è quasi guerra tra serbi e croati: paradossalmente la
vittoria della Nazionale, invece che calmare i bollori, ha dato un pretesto per
scatenare l'odio latente.
Il 31 luglio ormai si spara apertamente a Vukovar e non lungi dalla città la
polizia blocca un furgone carico di armi, arrestando un certo Z.Raznatovic,
detto "Arkan", leader degli hooligans della Stella Rossa Belgrado.
Su pressioni del governo serbo di Milosevic, Arkan viene scarcerato il 7 agosto,
ma ormai tutti hanno capito non solo il legame tra nazionalismi e tifosi
organizzati ma anche che si stanno formando gruppi paramilitari sempre più
pericolosi.
Tra il 13 luglio e il 4 agosto vi sono infatti numerosi furti nelle caserme
federali, di armi e munizioni e oltretutto si attinge allegramente ai depositi e
magazzini della milizia popolare.
Il 12 agosto, il governo locale sloveno, guidato da Milan Kucan, "considerate le
tensioni e gli scontri che continuano ai confini croati", con una decisione
clamorosa, decide di "chiudere le frontiere" mandando pattuglie di agenti
(epurate e riorganizzate con personale sloveno negli ultimi mesi) verso la
Croazia, che fanno posti di blocco.
Il 15 agosto, il presidente federale Ante Markovic riunì a Belgrado una riunione
d'emergenza, cui parteciparono pure i generali dell'Armata Popolare.
In una nota diffusa dalle agenzie, Markovic intimava a Kucan di togliere i
blocchi, inammissibili, pena un intervento delle truppe federali.
Dopo aver gettato benzina, fu il turno dell'acqua, dichiarando che "la
federazione, nelle sue forme, può essere discussa liberamente" .
Venne ammonito pure l'HDZ di Tudjman e rimbrotti vi furono per lo stesso
Milosevic, accusati di "fomentare odio".
Il 18 agosto, Kucan, dopo 72 ore di braccio di ferro, toglieva i blocchi e il 21
agosto Markovic, agendo con decisione e con energia, dislocò truppe a Vukovar e
in tutta la Croazia, dichiarando lo stato d'emergenza.
Il 22 agosto tale stato fu dichiarato nella stessa Slovenia; per tutta risposta,
Kucan organizzava una manifestazione a Lubiana il 25, sciolta manu militari
dalle truppe, con 345 arresti e un centinaio di feriti (uno, grave, morirà).
Qualche focolaio di tensione pure in Bosnia, specie a Mostar, con incidenti per
le strade (8, 11, 21 e 24 agosto) e soprattutto a Pristina, in Kosovo, dove il
20 agosto Milosevic fece a dispetto del pompiere Markovic un raduno
nazionalista, degenerato in incidenti sanguinosissimi (21, 22 agosto, con ben 24
albanesi uccisi).
Il governo federale intanto cercava appoggi in Europa, specie in Francia, che
dopo la caduta del "muro" era smaniosa di dimostrare una politica estera europea
autonoma: Mitterand, anzi, inviava il 1 settembre il ministro degli esteri a
Belgrado.
Il 5 settembre, il governo francese -tra la sorpresa generale-non solo
dichiarava alla stampa un maxiprestito di 360 mln di dollari a Belgrado, ma per
bocca dello stesso Mitterand, invitava la Jugoslavia "ad implementare la
coalizione nel Golfo" e la Jugoslavia stessa era definita " pedina fondamentale
d'Europa".
Il 10 settembre pure John Major invitava gli jugoslavi nella coalizione
anti-Saddam, chiedendo "almeno 50 aerei e 30.000 uomini".
Infine l'Olanda, il 12, annunciava un prestito di 80 mln di dollari.
Vari gli scopi della proposta: 1) salvare la federazione invischiandola in un
conflitto esterno, facendola anche passare come un soggetto politico
determinante.
2)dimostrare che l'Europa del dopo-muro poteva risolvere da sè i propri
problemi.
3) tenere a galla una economia ormai asfittica e paralizzante, con prestiti.
E qui intervenne nuovamente il calcio: domenica 23 settembre, mentre i
"federali" tentavano in mille modi di calmare la situazione, era in programma
Stella Rossa-Dinamo Zagabria, seconda di campionato.
Il 20, il ministro federale degli interni, disse che si sarebbe giocato a porte
chiuse.
Tudjman replicò che i tifosi croati dovevano avere libertà di movimento, così
come Milosevic e lo stesso Arkan, ansioso di aspettare i "nemici".
Per depotenziare la tensione, si decise che i giocatori delle due squadre, prima
del match, avrebbero fatto un giro di campo con indosso le maglie della
nazionale.
Stadio aperto, ma con divieto d'ingresso per gli ospiti e ire dell'HDZ e del
governo locale croato a Zagabria, che decise di sfidare i federali organizzando
tre treni di supporters.
I treni arrivarono alla stazione di Belgrado al mattino e fu un macello: erano
aspettati da 2.400 agenti e almeno 25.000 esaltati della curva belgradese.
I circa 4.000 ultras croati erano tra l'altro armati e iniziarono a sparare
contro polizia e "nemici" della Stella Rossa già in stazione.
Solo in stazione, caddero morti 5 agenti di polizia, 4 croati e 8 serbi.
Circa 800 teppisti, sfuggiti alle sparatorie e alle cariche, sciamarono per le
strade accoltellando passanti, rovesciando auto, sfasciando vetrine, incendiando
e imbrattando.
La polizia dovette usare le armi da fuoco: sparatorie in piena Belgrado, in
centro, con incendi e devastazioni.
Bombe molotov vennero lanciate in un bar vicino allo stadio, uccidendo nel rogo
3 avventori.
Partita neppure iniziata e bilancio orribile: 24 morti ( 14 serbi, 10 croati),
110 feriti, 456 arresti.
Markovic era deciso a fare di tutto per evitare il caos e in una riunione a
porte chiuse, coi generali, contemplò il colpo di Stato militare: su 20 alti
ufficiali, ben 15 annuirono.
Il 28 settembre, Arkan e Milosevic, ormai manovranti per lo scontro armato,
organizzarono un blitz di 300 teppisti paramilitari della Stella Rossa a
Zagabria.
Scesi dal treno, mischiati ai passeggeri, i teppisti iniziarono anche qui ad
accoltellare passanti ( ben 15, di cui 7 morti) mentre uno scherano di Arkan
lanciava una bomba a mano su un tram, ammazzando altre quattro persone.
Dozzine di auto vennero rovesciate o incendiate e la polizia accolta a fucilate
e pistolettate.
Il 29 e 30 settembre la Jugoslavia divenne uno scannatoio: a Vukovar spari,
incendi, aggressioni; a Mostar barricate, nella stessa Sarajevo, ex modello di
tolleranza, vi furono alcuni disordini.
Il 2 ottobre la Assemblea slovena dichiarava che, dato lo stato di anarchia
nella Federazione, la Slovenia decretava il diritto di secessione, con voto da
tenersi domenica 4 novembre.
Markovic e il governo federale le provarono tutte, ma ormai la situazione
precipitava, sia politicamente che calcisticamente.
In ottobre, la Jugoslavia fece una amichevole contro la Svezia a Novi Sad,
organizzata in fretta e furia: le autorità non capivano che più si usava il
calcio come collante nazionale, più l'edificio si sfaldava in fretta: perchè il
nazionalismo, appunto, era nello sport che si sublimava.
Martedì 23 ottobre tutti i giocatori croati diedero forfait e la Jugoslavia
campione del mondo scese in campo solo con serbi, bosniaci e macedoni, perdendo
2-0 e venendo fischiata pure dal pubblico serbo, che inveì contro Pancev reo
d'aver sbagliato un rigore.
Il 28 ottobre, ancora morti negli stadi, stavolta in Macedonia: Vardar
Skopje-Osijek: un tubo lanciato dagli spalti uccise il portiere dell'Osijek.
A Belgrado, invece, l'Hajduk di Spalato venne accolto a sassate, il bus
incendiato e i sostenitori presi a sprangate, coltellate e bottigliate (un
morto).
Infine, a Maribor, in Slovenia, la partita contro il Kragujevac divenne una
rissa in campo e fuori, con feriti e stadio a pezzi.
Il 1 novembre, governo federale e Federcalcio sospendevano i campionati, ormai
divenuti il campo di battaglia dei nazionalismi opposti.
Sfidando il divieto di Belgrado, il 92% degli elettori sloveni il 4 novembre
votarono per l'indipendenza.
Eccitato dal risultato, Tudjman annunciò per il 2 dicembre una consultazione
analoga e pure Milosevic il 10 novembre annunciò "radicali cambiamenti per il
Kosovo serbo".
Imprudentemente, nonostante le tensioni altissime interne, a settembre e ottobre
MArkovic aveva garantito davvero 28.000 uomini e 44 aerei nel Golfo.
Tali forze si stavano spiegando ed erano in fase di invio quando, il 24
novembre, il governo federale iniziò a rimpatriare 1.500 dei 14.000 uomini già
presenti.
Era una manovra preludio al colpo di Stato, di cui fughe di notizie negli alti
comandi avevano già allarmato croati e sloveni.
Il 27 novembre, la Slovenia insorse compatta, allarmata ad arte con la fuga di
notizie che le truppe rimpatriate sarebbero state inviate in loco per applicare
la legge marziale.
Il neoministro della difesa sloveno, Janesz Jansa, mise in stato d'allerta
almeno 10.000 volontari.
Markovic cercò di calmare gli animi, per guadagnare tempo, ma il presidente
collegiale della Federazione, Borislav Jovic, un bosniaco, ancor più deciso di
Markovic a salvare lo Stato, disse apertamente senza giri di parole che " la
Federazione avrebbe ripreso, manu militari, i posti di frontiera, le strade, le
comunicazioni interne (...) per garantire ordine e legalità"
Il 30 novembre, l'Assemblea slovena, contrario solo il comandante delle forze
federali (che era, di diritto, membro del consesso) decise di "ripristinare,
dopo sette secoli, la Slovenia sovrana".
Il 1 dicembre Jovic e Markovic gettarono la maschera e ordinarono alle truppe
federali in Slovenia di sottomettere la Repubblica ribelle.
Il 2 dicembre, mentre nelle truppe federali vi erano casi di diserzione,
sparatorie e colonne di tanks erano segnalate a Lubiana, Maribor e Capodistria.
A Lubiana, per tutto il giorno 2, le truppe si scontrarono coi volontari sloveni
in città: colpi contro il municipio, il Parlamento, battaglie di molotov e due
elicotteri abbattuti.
Nel mentre, la Croazia sfidando Belgrado si recava alle urne e vinceva, anzi
trionfava l'HDZ e l'indipendenza: già il 3, Tudjman telefonava a Kucan e gli
prometteva appoggi, armi e munizioni.
Il 4 e il 5 dicembre, a Lubiana, i combattimenti erano durissimi: seppur
decimate dalle diserzioni, le truppe federali contavano su un nocciolo duro di
due brigate di carristi e di fanti d'assalto, che a colpi di mitraglia,
cannonate e bombe e granate, spazzarono le barricate e conquistarono
l'Assemblea.
Kucan fuggiva in elicottero a Zagabria e il 6 Tudjamn inviava colonne di
rinforzi verso la Slovenia.
Anche da Belgrado partivano cargo e aerei carichi di truppe e una divisione
riusciva ad attraversare la Croazia (erano 7.000 uomini) per giungere a Lubiana,
in preda ai combattimenti strada per strada.
Dal 6 al 30 dicembre si combatté con foga in tutta la Slovenia: agli sloveni,
ormai battuti, si erano aggiunte le truppe paramilitari croate di rinforzo
mentre le Kraine, in Croazia, esplodevano e si prendevano le armi a Vukovar,
Knin, Osijek.
Il 1991 iniziò con nuovi combattimenti a Slavonski Brod e su tutta la frontiera
serbo-croata: in un mese di guerra, i soldati federali avevano perso 600 uomini,
gli sloveni quasi 700 e i croati 300.
Lubiana era una città in macerie, con combattimenti strada per strada (30% della
città danneggiato gravemente).
Intensificatisi in gennaio, i combattimenti proseguirono per tutto febbraio, ora
spostatisi in Croazia e nelle due Krajne.
A Vukovar le truppe federali, ora composte quasi solo da serbi, fecero pulizia
etnica scacciando centinaia di croati e incendiando le case.
A Lubiana, le truppe, per rappresaglia, minarono il 28 febbraio 1991 ben un
intero isolato, facendolo saltare in aria e uccidendo 44 civili.
Già il 10 dicembre l'Italia aveva chiuso le frontiere, inviando massicci reparti
a Gorizia e Trieste e organizzando un campo profughi a Capodistria, evacuata dai
federali, dove si ammassarono ben 20.ooo sloveni.
Altri 45.000 fuggirono in Austria.
Il 9 marzo, la marina federale bombardava Pola, ammazzando 150 civili e il 14
era il turno di Fiume ad essere cannoneggiata pesantemente, con altri 85 morti e
centinaia di profughi in fuga.
Scene del conflitto civile jugoslavo del novembre 1990-maggio 1991: in alto, una via di Lubiana dopo i combattimenti, in basso un miliziano croato per le vie di Vukovar.
Il 12 insorgeva Maribor, con
centinaia di vittime e roghi immensi.
La diplomazia correva ai ripari, facendo pressione sul governo federale:
Francia, USA e Inghilterra, con l'appoggio dell'Italia, cercavano di salvare il
salvabile, sacrificando alla Federazione Slovenia e Croazia per farla restare
intatta.
Per la Slovenia, il 4 aprile 1991 l'accordo era trovato: riconosciuta
l'indipendenza da parte di USA, Germania, Francia, Italia, Regno Unito.
Il 15 aprile i federali evacuavano una Slovenia a pezzi ( 80.000 profughi, 6.500
morti civili) compiendo le ultime devastazioni e incendi, il 17 Kucan entrava
tra le rovine di una Lubiana spettrale, edifici carbonizzati e carcasse d'auto.
Per la Croazia, ormai un campo di battaglia, la situazione era più ardua, date
le due Krajne e la fortissima minoranza serba.
Le trattative, svoltesi a Copenaghen, durarono ben due mesi, con intermediari di
ONU, NATO, CEE e degli Stati Uniti.
Il 25 giugno 1991 venne siglato l'Accordo di Copenaghen, che prevedeva una
riforma, nel giro di tre anni, da Stato Federale a Stato Confederale, quindi un
pacchetto massiccio di aiuti internazionali e una forza di interposizione ONU a
guida francese ed italiana per almeno due anni.
Le Krajne divennero "regioni autonome speciali" sul modello altoatesino italiano
e la grande sacrificata fu la Croazia, che nonostante le pressioni tedesche, non
venne riconosciuta indipendente da nessun altro Paese.
La martoriata regione fu teatro di una guerra civile nella guerra civile
(luglio-dicembre 1991) stavolta tra indipendentisti e moderati anti-Tudjman,
vinta dai secondi: Tudjman fuggì in esilio a Mosca.
Il referendum del febbraio 1992 sulla riforma della federazione, giunto due mesi
dopo lo sfascio e le convulsioni dell'URSS, vide il 57, 5% dei cittadini votare
Sì: lo sfascio sovietico e qualche mese di cruenta guerra civile avevano
spaventato la maggioranza degli "jugoslavi", che seppellirono provvisoriamente
l'ascia di guerra.
Anche in Serbia, nell'autunno 1991, imponenti dimostrazioni di piazza manovrate
dagli studenti avevano portato alla caduta di Milosevic.
Un ripristino della autonomia del Kosovo ( estate 1992) aveva calmato le
tensioni nella regione contesa tra serbi e albanesi: anche qui, modello
altoatesino e garanzie per ambo i gruppi etnici.
In base alla nuova Costituzione del maggio 1993, la Confederazione di Jugoslavia
è formata dagli Stati di Croazia, Macedonia, Serbia, Montenegro, Bosnia e dalle
regioni autonome delle due Krajne, del Kosovo e della Vojvodina.
Gli Stati sono del tutto autonomi in politica interna e anche economica, il solo
vincolo è una presidenza confederale e un governo confederale con competenze in
materia di difesa, politica monetaria e politica estera.
Pesi e contrappesi tutelano le minoranze .
Facendo uno schema, la Confederazione è
formata da:
Un governo confederale presieduto da un Presidente confederale, che dura
in carica 3 anni e viene eletto dalla Assemblea Confederale su criteri puramente
etnici, a rotazione (attualmente vi è un macedone).
Il presidente si avvale dell'opera di ministri confederali, anche essi eletti
dall'Assemblea confederale su base triennale: i ministri sono quello degli
esteri, della difesa e delle politiche monetarie.
Presidente e ministri si occupano dunque degli affari comuni confederali .
L'Assemblea Confederale, eletta pure essa su base triennale, è composta da 100
membri, di cui 20 serbi, 20 croati, 20 bosniaci, 10 kossovari, 10 vojvodinesi e
20 macedoni e si occupa di affari inerenti la politica estera, la difesa e il
sistema monetario, finanziario, creditizio e bancario, eleggendo essa i membri
della Banca Confederale Jugoslava, istituto autorizzato alla emissione del
Dinaro jugoslavo.
Pur non interferendo negli affari interni degli Stati confederati, presidente e
ministri hanno, in virtù dell'articolo 19 della "Legge sulla Confederazione", il
grandissimo potere di sciogliere, in alcuni gravi casi (tra cui quello di
propaganda e azioni a scopo di odio etnico) di sciogliere i governi locali.
Governi locali: sono quelli serbo, croato, bosniaco, vojvodinese, kossovaro e
macedone.
Questi governi variano a seconda degli Stati sia per numero di ministri e per
durata in carica del presidente: in Croazia dura 6 anni, in Bosnia 4, in
Macedonia 5, in Serbia 5min Kossovo 4 e in Vojvodina 5.
Anche la composizione dei Parlamenti varia da Stato a Stato; i governi della
Vojvodina e del Kossovo, però, essendo "Repubbliche autonome" (e non sovrane)
non hanno alcune prerogative (ad esempio sulla ripartizione degli introiti delle
imposte) rispetto a quelli sovrani.
Governi e parlamenti degli Stati hanno piena autonomia giudiziaria (parziale
quella delle Repubbliche autonome), di politica interna (purché non miri ad
attentare l'unità confederale), di sistema scolastico e universitario,
sull'agricoltura e politiche ambientali, sul bilancio, sull'industria e sul
commercio (anche se il commercio estero è, in alcuni casi di interesse
collettivo, di competenza confederale) e sul sistema sanitario e dei trasporti
interni.
Esistono infatti diverse polizie: quella serba, quella macedone, quella croata,
quella bosniaca, etc.
Anche i giudici e i sistemi giudiziari variano; esistono comunque accordi
confederali di estradizione tra Stato e Stato.
Sotto i governi e parlamenti statali, vi sono entità puramente locali come il
"cantone" in Bosnia e il "municipio" in Serbia o la "comunità" in Macedonia.
Partiti
L'unico vero partito confederale è la "Lega per il Rinnovamento
Jugoslavo", che detiene percentuali varie nei parlamenti statali (il 17% in
Croazia, il 28% in Bosnia dove è al potere, etc).
All'Assemblea Confederale i deputati vengono eletti su "blocchi", più o meno
come per il Parlamento Europeo.
Per il resto sono tutti partiti locali, ad esempio il "Forum Democratico" in
Macedonia, il PArtito Socialista Serbo, il Partito Radicale Serbo, la Lega del
Rinnovamento Croato, etc etc.
Sono proibiti i partiti ultranazionalisti.
Banche
Nel dicembre 1993 nasceva la nuova Banca Confederale Jugoslava, unico
ente autorizzato ad emettere il Nuovo Dinaro Jugoslavo: il vecchio dinaro venne
ritirato con un rapporto di 2: 1 colla nuova valuta tra il gennaio e il marzo
1994.
Strettamente controllata dall'Assemblea e dal Governo confederale, la Banca
decide le politiche monetarie e ha una funzione di controllo su tutto il sistema
creditizio.
Nuovo dinaro, emissione serie AS del settembre 2012
Secondo la legge confederale
del 1-VII-1996 le banche "di interesse confederale", ossia la Banca Serba, la
Banca di Croazia, la Banca Centrale Di Macedonia e la Banca Bosniaca devono
contribuire ad un Fondo di Riserva Confederale, proporzionato in quote che
possono variare da quadriennio a quadriennio.
Tale fondo deve essere costituito per il 90% da biglietti di banca e per il 10%
in lingotti di oro.
Il Fondo è stato assai utile nel 2009-10 per il salvataggio del Banco di
Zagabria e del Banco di Novi Sad, coinvolte nella crisi finanziaria mondiale e
inondate di titoli tossici.
Esercito
L'esercito è confederale e consta di 75.000 uomini, per 2/3 volontari di
ferma e per 1/3 di leva estratti a sorte nei vari Stati.
La leva dura 12 mesi nell'esercito, 10 in aviazione e 14 in marina.
Bene addestrato e dotato di uno spirito di corpo elevatissimo, promozioni e
avanzamenti vanno di pari passo con anzianità e competenza e non in base alla
etnia: l'esercito è davvero il pilastro, il garante della unione confederale tra
i vari Stati.
Per la loro alta professionalità, le truppe jugoslave hanno partecipato a
missioni in Afghanistan (2002-2006, con 9 caduti e 11 feriti) e in Iraq
(2004-2007, con 5 caduti e 12 feriti).
Truppe jugoslave sono state impiegate in missioni di peacekeeping pure a Timor
Est nel 1999 .
Dal 30 maggio 2001 il Paese è membro della NATO, seppur la adesione all'Alleanza
Atlantica sia impopolare a livello interno (e sia costata la presidenza
confederale a Alija Izetbegovic, silurato nell'estate 2001 per mene politiche).
Nel 2014 il Paese ha ufficialmente ritirato la domanda di adesione alla UE, per
evitare gravissime tensioni interne tra croati favorevoli e serbi e macedoni
fortemente contrari.
Il dibattito sulla adesione è stato uno dei grandi temi della Assemblea
Confederale, sino al suo infossamento nel giugno 2014.
Dal 1992 ad oggi l'unica vera, grande minaccia alla Confederazione è stata la
massiccia protesta albanese in Kosovo e Macedonia del 1999-2000, con lo
spiegamento di forze confederali a Pristina e Skopje, teatri di attentati e
rivolte di piazza.
La crisi è rientrata con un colpo di forza del Governo Confederale, che nel
marzo 2000 ha sciolto, unico caso in 24 anni, i governi kossovaro e albanese e
messo fuorilegge due partiti (uno serbo, uno albanese) ultranazionalisti.
Georgij Ivanov, macedone, attuale presidente confederale jugoslavo dal 16-XI-2015
Meno gravi ma piuttosto serie
pure le proteste di Mostar dell'aprile 2004, tra serbi e bosniaci, conclusesi
con un bilancio di 2 morti e 208 feriti, ma contenute dalla polizia e dal
governo bosniaco.
Negli ultimi 12 anni, dal 2004 ad oggi, la Confederazione è rimasta piuttosto
calma.
Un certo boom economico ha investito la Croazia e la Bosnia, molto meno la
Serbia; la MAcedonia è sempre piuttosto stagnante.
Preoccupa, attualmente, la radicalizzazione di alcuni giovani bosniaci
musulmani, di cui un centinaio sono stati censiti come "Foreign fighters".
Vaste operazioni di polizia hanno interessato la Bosnia nel 2015-16, portando ad
una trentina di arresti e allo smantellamento di una centrale radicale legata
all'ISIS.
Tornando al trionfo iniziale del luglio 1990 a Roma, possiamo dire che fu una
nazionale calcistica di paradossi, dunque: vincendo il Mondiale ha accelerato le
tensioni anticipando di mesi la guerra civile, giunta rapida e cruenta, ma allo
stesso tempo ha evitato lo sfascio della Jugoslavia, monca solo della Slovenia.
Purtroppo anche questo bel giocattolo è stato sacrificato, poiché vi sono le
federazioni autonome calcistiche di Serbia, Croazia, Macedonia e Bosnia (si
parla pure del Kosovo, da tempo) e solo in occasioni delle Olimpiadi si forma
una squadra unita.
Ma non importa: quel che si è perso nel calcio, lo si è guadagnato in vite
umane!
Per far sapere all'autore che ne penate, scrivetegli a questo indirizzo.
.
Diamo ora la parola ad Alessio Mammarella:
La conferma e la rivincita
L'organizzazione del
campionato mondiale di calcio del 1990, nonostante la candidatura forte
dell'Italia, è stata assegnata all'URSS.
La nazionale sovietica è quindi qualificata di diritto e viene posizionata come
prima squadra del tabellone, in un girone dove sono presenti anche Austria,
Cecoslovacchia e Stati Uniti. L'Italia invece ha dovuto qualificarsi e non è
"testa di serie" quindi viene assegnata a un girone duro, insieme ad Argentina,
Romania e Camerun. Il morale è basso, la stampa batte sulla convinzione che
l'Italia sarà inevitabilmente sconfitta dall'Argentina, e quindi dovrà vincere
le altre due partite per qualificarsi.
L'URSS esordisce bene, ma viene poi battuta dalla Cecoslovacchia, già postasi in
evidenza grazie a una larga vittoria contro gli Stati Uniti. Alla fine i padroni
di casa si qualificano, ma per il dispiacere dei loro tifosi e delle autorità,
solo come secondi. Il girone dell'Italia ha una storia movimentata: nella
partita d'esordio, quella inaugurale del campionato, i campioni in carica
dell'Argentina vengono sorprendentemente battuti dal Camerun. L'Italia gioca una
buona partita contro la Romania, ma non riesce a segnare. Negli ultimi minuti
della partita, il CT Vicini decide di inserire dalla panchina il semisconosciuto
Schillaci, che segna subito ed entrerà nel cuore dei tifosi italiani. La seconda
partita si preannuncia ben più dura perché l'Argentina, dopo aver perso
all'esordio, rischia già l'eliminazione. La partita è molto equilibrata e può
sbloccarla solo un episodio. Diego Armando Maradona, proprio lui, il giocatore
più atteso, colpisce ingenuamente il pallone con la mano nella propria area,
sugli sviluppi di un calcio d'angolo. Stavolta la mano de dios non la fa franca:
calcio di rigore. Si incarica della realizzazione il "principe" Giannini, che
condanna l'Argentina a uscire dal mondiale. Nel frattempo, il Camerun batte di
misura la Romania. L'ultima partita del girone, quindi è per il primo posto:
l'Italia è fortunata a sbloccare subito il risultato con Schillaci, e il Camerun
non sembra mai seriamente in grado di pareggiare. In ogni caso, nel secondo
tempo un goal del talentuoso Roberto Baggio chiude definitivamente i conti.
Il sorteggio assegna all'Italia un avversario per gli ottavi che appare
abbordabile, la Colombia, e infatti arriva un altro 2-0. L'URSS, dal canto suo,
prosegue battendo la rivelazione Costa Rica. Ben più significative si
preannunciano le sfide dei quarti di finale: l'URSS incrocia la Germania Ovest,
una delle nazionali favorite, l'Italia deve invece vedersela con l'Inghilterra.
URSS-Germania Ovest sarà ricordata come una delle partite più controverse dei
mondiali di tutti i tempi. Nel primo tempo, la Germania lamenta un rigore
"inventato" che consente all'URSS di portarsi in vantaggio, e l'annullamento di
una rete tedesca per un fuorigioco inesistente. Nel secondo tempo la Germania
resta anche in dieci, ma alla fine riesce a pareggiare con una stupenda
punizione di Lothar Matthaus. Ai supplementari, la stanchezza non frena
l'agonismo e anche l'URSS, nonostante il palese favore arbitrale, resta in
dieci. Nel secondo tempo supplementare, quando sembra già che tutto sarà
affidato alla lotteria dei rigori, è un non più lucido difensore sovietico a
deviare un pallone sporco nella propria porta. Padroni di casa condannati da
un'autorete, Germania in semifinale. L'Italia batte l'Inghilterra 2-1, con
l'ennesimo goal di Schillaci che ormai si candida ad essere il capocannoniere
del torneo.
Il destino ha quindi previsto un esito beffardo: vent'anni dopo il Messico, è
ancora semifinale Italia-Germania. Nel primo tempo, i tedeschi, ancora carichi
di agonismo dopo la dura partita con l'URSS, partono più forte e passano in
vantaggio con Klinsmann. Per l'Italia, che fino ad allora non aveva mai subito
reti, è una sorta di trauma e l'effetto psicologico è talmente severo che Voller
riesce a cogliere il raddoppio pochi minuti dopo. Sembra che la luce
dell'Italia, dopo un cammino netto ed entusiasmante, si sia improvvisamente
spenta. A rimettere in partita l'Italia è una stupenda parata in uscita di Zenga
che rimette subito il pallone in gioco. Sugli sviluppi dell'azione, un diagonale
teso di Donadoni, centra la porta tedesca. Il primo tempo si conclude su un 2-1
che l'Italia può ancora sperare di recuperare. Nel secondo tempo, la Germania
cala il ritmo, probabilmente iniziando a pagare la fatica della partita
precedente. L'Italia riacquista fiducia e metri in campo, fino a pareggiare
grazie a una stupenda punizione di Roberto Baggio. La partita si avvia verso la
conclusione e già si pensa ai supplementari quando una fortunata azione
personale di Serena porta l'Italia in vantaggio. La gioia dura pochissimo: a
tempo praticamente scaduto, l'arbitro giudica falloso un intervento di
Vierchowood in area e commina un rigore che, col senno di poi, sembra essere un
risarcimento per le sofferenze della partita precedente. Si incarica della
battuta Brehme, terzino della stessa Inter in cui gioca anche il portiere Zenga.
La spunta il terzino tedesco che trasforma il rigore, decretando la necessità
dei supplementari. Nel primo tempo supplementare arriva l'inaspettato goal di
Vierchowood (uno dei pochi della sua intera carriera) che si fa perdonare il
rigore. Nel secondo, ancora una volta pareggia la Germania con una stupenda
azione personale di Matthaus. Si va ai calci di rigore. I giocatori sono esausti
e, incredibilmente, le due squadre segnano meno reti di quante ne abbiano
segnato nei tempi di gioco. L'Italia solo 3... la Germania appena 2. A vent'anni
di distanza dalla storica Italia-Germania 4-3, le due squadre si sono affrontate
ancora una volta in una partita epica.
Nel frattempo, dall'altra parte del tabellone, il Brasile ha tenuto alta la
bandiera del Sudamerica. Con l'Argentina uscita già ai gironi e Colombia e
Uruguay eliminate agli ottavi, il Brasile agli ottavi passeggia sulla ripescata
Austria. Anche per il Brasile comunque i turni successivi si presentano
abbastanza impegnativi. Il Brasile deve battere la Iugoslavia, e ci riesce di
misura, e poi la sorprendente Cecoslovacchia che, dopo aver spedito i padroni di
casa nella parte sfavorevole del tabellone ha regolato l'Uruguay e l'Eire.
Terminati i tempi regolamentari sull'1-1, il Brasile riesce ad avere ragione dei
coriacei mitteleuropei solo ai supplementari, dove riescono a portarsi sul 3-1.
Certamente il Brasile è un'ottima squadra, ma non è il Brasile di Pelé.
In ogni caso, dopo la straordinaria coincidenza della semifinale Italia-Germania,
si ripete anche la finale Italia-Brasile. La vigilia della finale, nonostante un
certo entusiasmo, è agitata dalle polemiche. In particolare, a essere criticati
sono il portiere Zenga, per la "papera" sul rigore di Brehme (lo conosce
benissimo, avrebbe dovuto pararlo dicono in molti) e il centravanti Schillaci
(non segna più, ha finito la benzina per la finale il CT dovrebbe schierare
Carnevale). Vicini invece sceglie di dare fiducia al siciliano. Non viene
deluso, perché Schillaci segna già nel corso del primo tempo una doppietta,
l'unica del suo mondiale, quella che lo porterà a prendersi il titolo di
capocannoniere. Il Brasile, nonostante un buon gioco, non sembra in grado di
reagire. L'unica occasione capita al centravanti Careca, con Zenga che gli
toglie letteralmente il pallone dalla testa. Nel secondo tempo è Alemao a
lasciarsi sfuggire l'occasione più ghiotta di accorciare le distanze, e mano a
mano il Brasile comincia a rassegnarsi. E' Roberto Baggio a infliggere ai
verdeoro il colpo di grazia. 3-0, rivincita piena rispetto al 4-1 di vent'anni
prima a Città del Messico.
Per festeggiare lo storico successo, che porta l'Italia, per prima, ad appuntare
quattro stelle sul suo stemma, uscirà qualche settimana dopo la canzone "Notti
magiche".
Nota
Bene: L'idea mi è venuta leggendo per caso che anche l'URSS era in lizza
per organizzare il campionato del mondo del 1990. Ho pensato subito che ciò
avrebbe potuto significare un diverso tabellone e che, essendo l'URSS comunque
presente a quel torneo, avrei potuto tentare una simmetrizzazione. Di seguito
qualche riga di spiegazione per chi ama di più il calcio, e si aspetta qualche
dettaglio aggiuntivo.
Per quanto riguarda le partite, ho cercato di essere realistico: l'URSS avrebbe
potuto battere l'Austria (in HL si confrontarono durante le qualificazioni) e
gli Stati Uniti che avevano una squadra davvero debole, mentre effettivamente la
Cecoslovacchia era una nazionale davvero in forma. Per quanto riguarda il girone
dell'Italia, credo sia realistica la vittoria contro la Romania, così come
quella con l'Argentina. L'episodio del rigore è ispirato a ciò che avvenne
davvero in Argentina-URSS, quando invece il rigore fu negato.
URSS-Germania l'ho raccontata tenendo conto della "leggenda" dei favori
arbitrali a favore della squadra di casa almeno fino alla semifinale. Nonostante
ciò vince la squadra più forte, cioè la Germania. Italia-Germania, nel 1990,
dubito sarebbe stata piena di reti, ma mi andava il parallelismo con la mitica
partita del 1970. Per quanto riguarda il Brasile, il suo campionato sarebbe
stato certamente diverso senza la precoce eliminazione ad opera dell'Argentina
(che in questo scenario ha la sorte peggiore uscendo nella prima fase). Poi il
percorso dei brasiliani sarebbe stato non agevole ma neppure proibitivo, e credo
appunto che il più grande ostacolo sarebbe stata la Cecoslovacchia in semifinale
(in HL battuta ai quarti dalla Germania).
In effetti, una ulteriore alternativa che avrei potuto esplorare in questa
ucronia sarebbe stata una vittoria della Cecoslovacchia sul Brasile. Anche ciò
avrebbe determinato una finale assai suggestiva: Italia-Cecoslovacchia, come nel
1934. Anche il risultato sarebbe stato esattamente lo stesso, 2-1 (il risultato
reale di Italia-Cecoslovacchia a Italia '90). Ora che ci penso, ancora più
suggestivo rispetto all'ipotesi principale! Anche la Germania, battendo i
Brasile nella finale per il 3° posto, avrebbe potuto completare, determinando
esattamente lo stesso podio del 1934!
.
Anche Dario Carcano ha voluto scrivere la sua ucronia su questo tema:
DDR 1998
Il 2 luglio 1992 la Repubblica Democratica Tedesca ottenne l’organizzazione del Campionato mondiale di calcio previsto per il 1998; 11 voti alla candidatura della DDR, contro gli 8 ottenuti dalla Francia. Sulle modalità attraverso cui Erich Mielke – capo della Stasi e dominus della Germania Est – sarebbe riuscito ad ottenere quel risultato, sono stati scritti interi libri di storia sportiva. E’ certo che Mielke l’organizzazione di quel mondiale l’aveva fortemente voluta per due motivi: il primo era che ospitare una simile organizzazione sportiva avrebbe dato lustro alla DDR e al SED, permettendo al paese di uscire dall’isolamento internazionale seguito al crollo del blocco socialista e alla dissoluzione dell’URSS; il secondo, era che il mondiale avrebbe aumentato il consenso al regime in un momento storico così delicato.
L’economia della DDR era abbastanza solida per sostenere le spese necessarie ad organizzare il mondiale senza rischiare il default: la Germania Est era sopravvissuta alla dissoluzione dell’URSS grazie alla decisa, e spietata, azione di Mielke e della Stasi: l’8 ottobre 1989 era stato attuato il Piano X, consistente nell’arresto, nel giro di una notte, di 85.939 cittadini est-tedeschi giudicati sensibili alle richieste di riforme, ai movimenti pacifisti e ad altre attività anti-statali. L’esecuzione del Piano X decapitò l’opposizione democratica, dando al governo mano libera per attuare le riforme economiche necessarie alla sopravvivenza del regime, consistenti in drastici tagli al bilancio, aperture all’economia di mercato sul modello cinese e contenimento del debito pubblico attraverso l’acquisizione – da parte della Staatsbank – di gran parte dei titoli di stato est-tedeschi detenuti dagli investitori stranieri – in particolare dalla Germania federale. A queste riforme si accompagnavano la stipula – o in alcuni casi il rinnovo – di accordi commerciali con Cina, Corea del Nord, Vietnam, Cuba, Libia e altri paesi del terzo mondo, che permisero alla DDR di contenere gli effetti negativi derivati dalla fine del COMECON.
Il Zentralstadion di Lipsia, principale impianto sportivo della DDR e sede della finale del mondiale del 1998
Il primo atto del mondiale della DDR cominciò col sorteggio dei gruppi; Mielke non era più a capo della Stasi per motivi di salute, tuttavia il suo successore Markus Wolff era ugualmente intenzionato a far sì che il mondiale fosse vinto dalla nazionale di casa, in modo tale da rafforzare il consenso al regime. Qui, di nuovo, molte pagine sui libri di storia sportiva sono dedicate ai forti sospetti di irregolarità nel sorteggio dei gironi. Fatto sta che alla nazionale di casa capitò un girone non particolarmente impegnativo: Gruppo C con Austria, Sudafrica e Arabia Saudita; inoltre, il tabellone era strutturato in modo tale che le nazionali sulla carta più deboli avrebbero incrociato la squadra di casa.
La nazionale della DDR, allenata da Joachim Streich, era una squadra di media forza, basata principalmente sul blocco della Dinamo Dresda: Olaf Marschall, Sven Kmetsch, Ulf Kirsten e Jens Jeremies; a questi si aggiungevano Jörg Heinrich, Steffen Karl e Steffen Freund della Dinamo Berlino e Jürgen Rische del Lokomotive Lipsia.
La prima partita dei padroni di casa ebbe luogo il 12 giugno a Lipsia, contro l’Austria: dopo la rete di Kirsten al 13’ la gara fu in discesa, e senza particolari difficoltà la DDR vinse 2-0. La seconda gara contro l’Arabia Saudita fu vinta agevolmente per 4-0, l’ultima contro il Sudafrica vide nuovamente i padroni di casa imporsi per 3-0. La Germania Est quindi passò come prima del girone.
Agli ottavi di finale la nazionale della DDR incontrò il Paraguay, che tuttavia si rivelò più coriaceo del previsto: solo all’85’ Heinrich, di testa su calcio d’angolo, segnò la rete che permise ai tedesco-orientali di passare ai quarti di finale, dove trovò il Messico. La partita fu difficile: i sudamericani passarono in vantaggio al 32’ con una marcatura di Hernandez; fu nel secondo tempo che i padroni di casa, agevolati dalla sospetta espulsione di Garcia Aspe, rimontarono il risultato con reti di Kirsten e Freund.
In semifinale la DDR trovò la Croazia: la partita fu caratterizzata dal contestatissimo arbitraggio dell’austriaco Benko, che al 24’ assegnò ai padroni di casa un rigore che secondo i croati era inesistente – trasformato poi da Kirsten – e poi per proteste espulse Zvonimir Boban, dopo aver già espulso Jarni per il presunto fallo che aveva provocato il rigore. Quindi dopo 25’ la Germania Est era in vantaggio di un gol e due uomini. Il resto della partita vide i padroni di casa fare melina per difendere il vantaggio. 1-0 e partita molto brutta sotto ogni punto di vista.
Arriviamo ora alla partita più contestata del mondiale est-tedesco: la finale Germania Est – Brasile. Ancora oggi molti brasiliani ritengono quella partita il furto del secolo; tuttavia, i padroni di casa furono agevolati da ciò che capitò a Ronaldo la notte prima della finale: il fenomeno ebbe quello che fu ritenuto un attacco epilettico, pertanto i medici gli somministrarono dei farmaci che tuttavia fecero andare in coma il fuoriclasse brasiliano. I medici non si erano accorti che in realtà Ronaldo non aveva avuto una crisi epilettica ma un lieve attacco cardiaco, e proprio i farmaci per l’epilessia indussero il coma nel fenomeno. Quindi, la nazionale brasiliana scese in campo senza Ronaldo e con gli altri nazionali sotto shock per gli avvenimenti della notte. I padroni di casa si imposero per 2-0, e il capitano della DDR Ulf Kirsten poté alzare al cielo il primo trofeo internazionale della nazionale est-tedesca.
Fin qui i fatti calcistici.
Prima e durante il mondiale la Stasi fu particolarmente attiva per azzerare il rischio che l’opposizione democratica al regime potesse approfittare di un simile megafono per denunciare le condizioni di vita sotto il regime comunista: fin dalla primavera del ’97 erano stati compiuti arresti preventivi delle persone che potenzialmente potevano manifestare il proprio dissenso nei giorni del mondiale; a questo si aggiunse una incessante attività di dossieraggio dei tifosi stranieri cui veniva concesso il visto in entrata per assistere al mondiale.
Inoltre, durante il mondiale la Stasi mise in atto una capillare opera di spionaggio nei ritiri delle altre nazionali: il danese Laudrup raccontò che cercando di sintonizzare una radio, sentì dalla radio la voce del suo compagno Nielsen che in quel momento stava telefonando in un’altra stanza; quando raccontò l’accaduto, i due smontarono il telefono e ci trovarono una cimice. Come se non bastasse, il governo brasiliano accusò il governo est-tedesco di aver infiltrato nel ritiro della seleção medici al soldo della Stasi che indussero il coma di Ronaldo. Entrambe le accuse furono nettamente respinte tanto dal governo della DDR quanto dalla FIFA, in particolare, il governo della Germania Est rispose al governo brasiliano che furono i medici al seguito della seleção a scambiare l’attacco cardiaco del fenomeno per una crisi epilettica, mentre i medici tedeschi dell’ospedale di Lipsia dove Ronaldo fu trasportato quando era già in coma capirono l’errore dei colleghi brasiliani, e impedirono che il fenomeno passasse dal coma alla morte. In ogni caso, ciò che accadde quella notte non è mai stato chiarito, ciò che è certo è che per quattro mesi Ronaldo è rimasto in coma all’ospedale di Lipsia, risvegliandosi il successivo novembre. Quando si risvegliò pensò fosse la mattina della finale, e cercò di convincere i medici a lasciarlo uscire per andare a giocare: quando gli dissero che la finale era stata quattro mesi prima, e che il Brasile aveva perso, per poco non ebbe un nuovo attacco cardiaco.
Si racconta che in una prigione della Stasi a Berlino Est, i carcerieri portarono fuori un detenuto la notte della finale, mentre la città era in festa per la vittoria del mondiale, sfidandolo a urlare e chiedere aiuto. Nessuno sentì le urla del detenuto, che furono coperte dalle urla di festa dei tifosi.
.
A questo punto, non possiamo non riportare la proposta di William Riker:
Cold War League
La UEFA Nations League è stata ideata il 4 dicembre 2014 per ridurre il numero delle amichevoli, durante le quali notoriamente le compagini nazionali non danno certo il meglio di sé, ma è resa possibile dall'alto numero di squadre, ben 55, che aderiscono alla UEFA. Alle qualificazioni per il Campionato Europeo del 1980, invece, parteciparono 32 squadre. Mi sono perciò chiesto: in una situazione in cui la Guerra Fredda non fosse mai terminata, come in questa ucronia, la UEFA Nations League sarebbe stata possibile? Io dico di sì, cooptando anche le squadre dei piccoli stati e delle dipendenze che all'epoca non partecipavano al torneo, con l'eccezione di Malta. Sono arrivato così a quota 44 squadre nazionali membre della UEFA; ecco perciò come sarebbero ripartite le quattro Leghe nella prima edizione della competizione:
Lega A
dodici squadre, divise in tre gruppi da quattro:
Belgio, Cecoslovacchia, Francia, Germania Ovest, Inghilterra, Italia,
Jugoslavia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo,
Spagna, Unione Sovietica
Lega B
dodici squadre, divise in tre gruppi da quattro:
Austria, Bulgaria, Danimarca, Germania Est, Grecia,
Irlanda, Norvegia, Romania, Scozia, Svezia,
Svizzera, Turchia
Lega C
dodici squadre, divise in tre gruppi da quattro:
Albania, Andorra, Cipro, Finlandia, Galles, Irlanda del Nord,
Isole Fær Øer, Israele, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Ungheria
Lega D
otto squadre, divise in due gruppi da quattro:
Isole Åland, Alderney, Gibilterra,
Groenlandia, Guernsey, Jersey, Isola di Man, San Marino
Ogni girone di Lega A, B, C e D prevede sei partite in totale, con andata e ritorno, divise in tre giornate tra settembre e novembre degli anni pari. Le prime e le seconde di ogni girone di Lega A e le due migliori prime di Lega B si giocano i quarti, nel mese di marzo degli anni dispari, con andata e ritorno, e le quattro vincenti vanno alla Final Four, disputata in uno dei quattro paesi rappresentati nel mese di giugno negli anni dispari, con semifinali, finale per il terzo posto e finalissima. Le prime di ogni girone inoltre passano alla Lega superiore, mentre l'ultima retrocede alla Lega inferiore. La terza di ogni girone di Lega A spareggia nel mese di marzo degli anni dispari con la seconda di Lega B per decidere un'ulteriore eventuale promozione e retrocessione, e così tra Lega B e Lega C. Dato che la Lega D comprende solo due gironi, le due peggiori seconde di Lega C retrocedono direttamente in Lega D, mentre le due prime di Lega D sono promosse direttamente in Lega C; la peggiore terza e la migliore quarta di Lega C spareggiano con le due seconde di Lega D. In tal modo si assicura la mobilità tra le leghe. Mi sembra una formula molto coinvolgente, voi che ne dite?
Ecco i possibili tre gruppi della Lega A nella prima edizione, con la classifica finale (Paesi Bassi, Unione Sovietica, Portogallo, Italia, Inghilterra, Spagna, Danimarca e Germania Est qualificate ai quarti di finale):
Gruppo A |
Gruppo B |
Gruppo C |
Paesi Bassi |
Portogallo |
Inghilterra |
Unione Sovietica |
Italia |
Spagna |
Francia | Polonia |
Jugoslavia |
Germania Ovest |
Cecoslovacchia |
Belgio |
.
aNoNimo ci mette lo zampino:
Bella idea! Secondo me anche la Lega D può diventare a dodici squadre, se si ammettono anche la Repubblica Turca di Cipro del Nord, la Cornovaglia, il Principato di Monaco e le Isole Shetland (tutte squadre che in HL militano nella CONIFA).
.
Lord Wilmore suggerisce invece:
Al contrario, io eviterei di ammettere nella UEFA le nazionali di dipendenze troppo piccole come le isole del Canale della Manica, o di nazioni prive di riconoscimento internazionale come Cipro Nord. A questo scopo propongo di creare solo TRE Leghe di Cold War League, e per questo ci sono tre possibili alternative. Prima opzione: inserire Groenlandia, Gibilterra e San Marino nella Lega C, così da ottenere tre gruppi da cinque squadre, oppure cinque gruppi da tre squadre, se non si vogliono allungare troppo i tempi. Oppure Groenlandia, Gibilterra e San Marino spareggiano con Andorra, Isole Fær Øer e Liechtenstein prima dell'avvio della competizione (gli accoppiamenti sono estratti a sorte), e i gironi sono sempre tre da quattro squadre. Ulteriore proposta: la Groenlandia va con la CONCACAF, e Gibilterra e San Marino scelgono semplicemente di restare fuori per non fare regolarmente le squadre materasso che in ogni girone segnano due gol e ne prendono trenta, e la Lega C resta a dodici squadre.
Ho anche pensato al Campionato Europeo disputato in questa UEFA ucronica. Ecco quali potrebbero essere le edizioni a partire dal 1988, l'ultima della Guerra Fredda nella nostra Timeline:
1988
Germania Ovest, vincono i Paesi Bassi
1992 Svezia,
vince la Danimarca
1996 Inghilterra,
vince la Germania Ovest
2000 Belgio e Paesi
Bassi, vince l'Italia
2004 Cecoslovacchia,
vince la Grecia
2008 Svizzera e
Austria, vince la Spagna
2012 Unione
Sovietica, vince l'Italia
2016 Francia,
vince il Portogallo
2020 Jugoslavia,
vince l'Unione Sovietica
2024 Germania Est e
Polonia,
vince la Spagna
2028 Inghilterra e
Scozia, chi vincerà?
2032 Italia,
chi vincerà?
A partire dal 1996, il torneo sarebbe giocato da 16 squadre come in HL, ma ovviamente non salirà mai a 24 squadre. Nel corso delle qualificazioni, le 41 squadre nazionali (una è ammessa di diritto come paese ospitante) sono divise in sei gironi da 6 squadre e in uno da 5 squadre; vanno alla fase finale le prime due e la migliore terza (solo le prime due se i paesi ospitanti sono due, come accaduto nel 2000, nel 2008 e nel 2024).
E ora, proviamo ad immaginare le squadre dell'edizione 2012 in Unione Sovietica:
Gruppo A |
Gruppo B |
Gruppo C |
Gruppo D |
Unione Sovietica |
Paesi Bassi |
Spagna |
Inghilterra |
Polonia |
Germania Ovest |
Italia |
Svezia |
Grecia |
Germania Est |
Jugoslavia |
Francia |
Cecoslovacchia |
Portogallo |
Irlanda |
Romania |
.
Riprende la parola aNoNimo:
Io propongo anche una Nations League Africana, con le seguenti quattro Leghe in cui militano 56 squadre:
African Nations League
Lega A
sedici squadre, divise in quattro gruppi da quattro:
Algeria, Burkina Faso, Camerun, Capo Verde, Repubblica
Democratica del Congo, Costa d'Avorio, Egitto, Gabon, Ghana, Guinea, Mali,
Marocco, Nigeria, Senegal, Repubblica Sudafricana, Tunisia
Lega B
sedici squadre, divise in quattro gruppi da quattro:
Angola, Benin, Comore, Repubblica del Congo, Guinea
Bissau, Guinea Equatoriale, Kenya, Madagascar, Mauritania, Mozambico, Namibia,
Sudan, Tanzania, Togo, Uganda, Zambia
Lega C
sedici squadre, divise in quattro gruppi da quattro:
Botswana, Burundi, Repubblica Centrafricana, Ciad,
eSwatini, Etiopia, Gambia, Lesotho, Liberia, Libia, Malawi, Niger, Rwanda,
Sierra Leone, Sudan del Sud, Zimbabwe
Lega D
otto squadre, divise in due gruppi da quattro:
Gibuti, Mauritius, Mayotte (*), La Réunion (*), Repubblica
Sahrawi (*), São Tomé e Príncipe, Seychelles, Somalia
(*) sono associati alla CAF ma non membri FIFA. La CAF ha rifiutato la
richiesta di ammissione del Somaliland e di Zanzibar
La formula è simile a quella attuale della UEFA Nations League nella HL.
.
Lord Wilmore ritorna alla carica:
Bella idea anche questa! A questo punto io volevo proporvi la Nations League dei paesi asiatici, ma mi è venuto in mente che potrebbero organizzarla congiuntamente AFC e OFC, cioè le confederazioni di Asia e Oceania. In tal modo, cooptando anche le piccole isole che non sono membri della FIFA, si arriva addirittura a 64 squadre, sufficienti per realizzare quattro Leghe complete! Eccole:
Asian-Oceanian Nations League
Lega A
sedici squadre, divise in quattro gruppi da quattro:
Arabia Saudita, Australia, Bahrein, Repubblica Popolare
Cinese, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Giappone, Giordania, Iraq, Iran, Oman,
Palestina, Qatar, Siria, Thailandia, Uzbekistan
Lega B
sedici squadre, divise in quattro gruppi da quattro:
Repubblica di Cina (Taiwan), Corea del Nord, Filippine,
India, Indonesia, Hong Kong, Kirghizistan, Kuwait, Libano, Malaysia, Nuova Zelanda, Isole Salomone,
Tagikistan, Turkmenistan, Vietnam, Yemen
Lega C
sedici squadre, divise in quattro gruppi da quattro:
Afghanistan, Bangladesh, Brunei, Cambogia, Isole Figi,
Laos, Maldive, Myanmar, Nepal, Nuova Caledonia, Papua Nuova Guinea, Samoa, Samoa Americane, Singapore, Tahiti,
Vanuatu
Lega D
sedici squadre, divise in quattro gruppi da quattro:
Bhutan, Isole Cook, Guam, Kiribati (*), Macao, Marianne
Settentrionali (°), Isole Marshall (*), Stati Federati di Micronesia (*),
Mongolia, Nauru (*), Palau (°), Pakistan, Isola di Pasqua (*), Sri Lanka, Timor Est, Tonga
(°) sono associati alla AFC ma non membri FIFA; (*) sono associati alla
OFC ma non membri FIFA
Se si vogliono evitare nazionali di isole troppo piccole, invece, ci si limiterà a una Lega D a dodici squadre con Bhutan, Isole Cook, Guam, Macao, Marianne Settentrionali, Isole Marshall, Stati Federati di Micronesia, Mongolia, Pakistan, Sri Lanka, Timor Est, Tonga (di questi, solo gli Stati Federati di Micronesia e le Isole Marshall non militano nè sono associati alla AFC nè nella OFC, anche se hanno dichiarato di voler presto aderire a quest'ultima).
.
Passiamo all'idea di Enrica S.:
Il 30 giugno 2016 il Presidente ad interim della UEFA Ángel María Villar ha dato il via libera alla proposta del Presidente della CONMEBOL sudamericana Juan Ángel Napout di far incontrare tra loro il Cile, fresco vincitore della Copa America, e la vincente del Campionato Europeo di Calcio. Si tratta in pratica di una sorta di "Coppa Intercontinentale" per squadre nazionali. Allora mi sono chiesto: e se questo trofeo fosse stato messo in palio fin da quando esiste la Coppa Henri Delaunay? (la Copa America è più antica, prese il via addirittura nel 1916!) Ecco come potevano andare gli incontri:
1961
a Buenos Aires: Argentina-URSS 2-1
a Mosca: URSS-Argentina 2-2
vincitore: Argentina
1965
a Madrid: Spagna-Bolivia 2-0
a Sucre: Bolivia-Spagna 3-0
vincitore: Bolivia (la Spagna era più forte, ma ha accusato la fatica di giocare a 3500 metri di quota)
1969
a Montevideo: Uruguay-Italia 2-1
a Roma: Italia-Uruguay 2-1
si rigioca la partita a Roma: Italia-Uruguay 2-0
vincitore: Italia (con la solita faticaccia)
1973
a Montevideo: Uruguay-Germania Ovest 0-0
a Monaco di Baviera: Germania Ovest-Uruguay 4-0
vincitore: Germania Ovest
1977
a Praga: Cecoslovacchia-Perù 2-0
a Lima: Perù-Cecoslovacchia 1-0
vincitore: Cecoslovacchia
da questa edizione in poi, la coppa viene giocata in unica partita in campo neutro
1981
a Kinshasa: Germania Ovest-Paraguay 3-0
vincitore: Germania Ovest, secondo titolo (edizione patrocinata dal dittatore congolese Mobutu Sese Seko, e giocata su un campo al limite della praticabilità)
1985
a Yokohama: Francia-Uruguay 1-1
(6-5 dopo i rigori)
vincitore: Francia
1989
a Sydney: Brasile-Paesi Bassi 2-0
vincitore: Brasile
1993
a Los Angeles: Argentina-Danimarca
4-2
vincitore: Argentina, secondo titolo (edizione giocata per promuovere la Coppa del Mondo giocata negli USA l'anno successivo)
1997
a Yokohama: Brasile-Germania Ovest 0-0 (4-2 dopo i rigori)
vincitore: Brasile, secondo titolo
2001
a Daejeon: Colombia-Francia 3-2
vincitore: Colombia (edizione giocata in Corea del Sud per promuovere la Coppa del Mondo 2002)
2005
a Pechino: Brasile-Grecia 6-1
vincitore: Brasile, terzo titolo (edizione giocata nella Repubblica Popolare Cinese per promuovere le Olimpiadi del 2008)
2009
a Johannesburg: Brasile-Spagna 2-3 dopo i supplementari
vincitore: Spagna (edizione giocata nella Repubblica Sudafricana per promuovere la Coppa del Mondo 2010)
2013
a Riyadh (Arabia Saudita): Spagna-Uruguay 0-0 (4-6 dopo i rigori)
vincitore: Uruguay
(gara condizionata dal gran caldo)
2017
a Dubai (Emirati Arabi Uniti):
Cile-Portogallo 1-2 dopo i supplementari
vincitore: Portogallo (altra gara
condizionata dal gran caldo)
2022
a Riyadh (Arabia Saudita): Italia-Argentina 3-2
vincitore: Italia, secondo titolo
(dopo la vittoria a sorpresa nell'Europeo, l'Italia di Mancini surclassa anche
l'Argentina di Messi)
.
Questo è il parere in proposito di Findarato Anàrion:
Io propongo una variante. L'edizione del 1993 viene allargata ai Campioni del Mondo in carica della Germania e agli Stati Uniti d'America. Nel 1997 la FIFA allarga la competizione ai vincitori degli altri torneo continentali, per un totale di otto squadre divise in due gironi. In altre parole, nasce la Confederations Cup come oggi la conosciamo.
.
Il solito Generalissimus non vuole essere da meno:
Rilancio con la Coppa della Pace, nata ad imitazione della Coppa Intercontinentale. Si disputa tra la detentrice della Coppa d'Africa e la detentrice della Coppa delle Nazioni Asiatiche:
1969
a Bangui, Repubblica
Centrafricana
Zaire-Iran 1-0
Gol di Kidumu Mantantu.
Primo titolo per lo Zaire (oggi
Repubblica Democratica del Congo)
1973
a Kabul, Afghanistan:
Congo Brazzaville-Iran 3-1
Gol di Jean-Michel M'Bono, François M'Pelé e Jonas Bahamboula per il Congo
Brazzaville, che rimonta l'illusorio vantaggio iraniano firmato da Hossein Kalani.
Primo titolo per il Congo-Brazzaville.
1977
ad Algeri, Algeria:
Marocco-Iran 0-1
L'Iran riesce finalmente a vincere il suo primo titolo, anche se di misura, grazie ad un
gol di Gholam Hossein Mazloumi
1981
a Baghdad, Iraq:
Nigeria-Kuwait 4-3
Rocambolesco botta e risposta vinto all'85' dalla Nigeria. Gol di Segun Odegbami, Muda Lawal, Okey Isima e Felix Owolabi per la Nigeria, goal di Faisal Al-Dakhil, Jasem Yaqoub e Saad Al-Houti per il Kuwait.
Primo titolo per la Nigeria.
1985
ad Abuja, Nigeria:
Camerun-Arabia Saudita 3-2
Altro match scoppiettante in cui gli Africani, dopo aver rifilato tre gol agli Arabi, rischiano di farsi raggiungere nel finale.
Gol di Théophile Abéga, Bonaventure Djonkep e Ibrahim Aoudou per il Camerun, la tentata rimonta araba è opera di Majed Abdullah e Mohammed Abduljawad.
Primo titolo per il Camerun.
1989
a Manama, Bahrein:
Camerun-Arabia Saudita 1-4
Gli Arabi ottengono la loro rivincita umiliando il Camerun con due doppiette per tempo di Fahad Al-Bishi e Majed
Abdullah. Inutile il gol della bandiera di Roger Milla.
Primo titolo per l'Arabia Saudita.
1993
a Monrovia, Liberia:
Costa d'Avorio-Giappone 0-1
Masashi Nakayama fissa il risultato al 60'.
Primo titolo per il Giappone.
1997
a Doha, Qatar:
Sudafrica-Arabia Saudita 2-4
Altro risultato roboante per l'Arabia
Saudita, che porta a casa il suo secondo titolo.
Gol per il Sudafrica di John Moshoeu e Mark Williams. A segno per l'Arabia Fahad Al-Mehallel, Sami Al-Jaber, Khalid Al-Temawi e Yousuf
Al-Thunayan.
2001
a N'Djamena, Ciad:
Camerun-Giappone 2-1
Secondo titolo per il Camerun, che vince di rimonta contro il Giappone con una doppietta di Samuel Eto'o.
Inutile il gol ad inizio primo tempo di Akinori Nishizawa.
2005
a Seul, Corea del Sud:
Tunisia-Giappone 2-3
Il Giappone conquista il suo secondo titolo con un'altra vittoria di misura dopo una partita difficile.
In gol per la Tunisia Francileudo Santos e Khaled Badra, ma la tripletta di Shunsuke Nakamura è spettacolare.
2009
a Tripoli, Libia:
Egitto-Iraq 2-1
Doppietta dell'Egiziano Mohamed Zidan, intervallata dal goal iracheno di Younis Mahmoud.
Primo titolo per l'Egitto.
2013
a Pechino, Cina:
Zambia-Giappone 0-1
Altra vittoria di misura e terzo titolo per il Giappone, grazie al rigore trasformato da Shinji
Okazaki.
2017
a Libreville, Gabon:
Australia-Camerun 1-1 (5-4 dopo i rigori)
Partita combattutissima, vinta per la prima volta dall'Australia
(che non è né asiatica né africana): a Zambo Anguissa al 46' replica Mark
Milligan al 60'. Per la prima volta la competizione si conclude ai rigori con il
penalty decisivo di James Troisi.
.
Tocca alla previsione futurologica di VoGlioLinTeRinB:
Ecco quali saranno secondo me le sedi dei Mondiali di Calcio fino al 2050:
2018: (UEFA) Russia.
2022: (AFC) Qatar.
2026: (CONCACAF) USA: candidatura congiunta con Messico e Canada (il 2022 era ancora troppo vicino al 1994).
2030: (UEFA) Inghilterra, praticamente sicuro dopo lo smacco di Russia 2018, a distanza di 60 anni dal 1966. Il centenario dei Mondiali lo daranno a loro.
2034: (CAF) Egitto, oppure una candidatura congiunta tra due stati. Facendo il giro delle sedi tocca all'Africa, al massimo la sorpresa Cina che sarà la prima potenza economica mondiale.
2038: (UEFA) Spagna, torna in Europa, forse insieme con il Portogallo.
2042: (AFC) Australia, dopo vent'anni lo faranno tornare in Asia, in alternativa la Cina.
2046: (CONMEBOL) Argentina: il Messico lo ha già organizzato due volte, il Brasile pure, manca l'Argentina in Sudamerica (gli altri non sono in grado di ospitare un evento così costoso).
2050: (UEFA) Italia: considerando che l'Italia li ha organizzati per la seconda volta nel 1990, la Francia nel 1998, la Germania nel 2006, per il turn-over ritocca all'Italia dopo 60 anni.
Sarà vero? Chi vivrà, vedrà.
.
Andrea Mascitti però non si mostra d'accordo:
Per l'edizione del Centenario, credo che potrebbe ospitarla l'Uruguay (che ospitò la prima edizione) o al massimo l'Inghilterra (in cui il calcio è stato inventato) anche se credo di più alla prima ipotesi. Invece come prossima nazione Nordamericana ad ospitare i mondiali, vedrei bene il Canada da solo o in candidatura congiunta con gli USA. Ecco la mia lista:
2026: (CONCACAF) Canada in candidatura congiunta con il Messico e con gli USA, che coglieranno di nuovo la palla al balzo per "dare una botta di vita" definitiva al soccer locale
2030: (CONMEBOL) Uruguay - Edizione del Centenario, Uruguay scelto perché fu la nazione che ospitò la prima edizione
2034: (UEFA) Inghilterra
2038: (AFC) Australia o Cina; Cina favorita sull'Australia perché lì circolano più $$$oldi
2042: (CAF) Marocco: ha già ospitato (con successo) il mondiale per club FIFA e inoltre ha perso la sfida con il Sudafrica per l'assegnazione del mondiale del 2010. Vista la situazione politica vedo il Marocco più stabile e sicuro rispetto all'Egitto
2046: (UEFA) Spagna da sola o in candidatura congiunta con il Portogallo
2050: (CONMEBOL) Argentina o Cile
2054: (OFC) Nuova Zelanda da sola, o in candidatura congiunta con l'Australia (se nell'ipotesi del 2038 fosse candidata la Cina); in questo caso sarebbe il primo mondiale in candidatura congiunta fra due nazioni di diverse federazioni (AFC e OFC).
.
Chiudiamo per ora con la pensata di Generalissimus:
Io, da pazzo quale sono, sogno di organizzare e far giocare nello stadio della mia città il Trofeo de Coubertin, da giocarsi a cadenza quadriennale una settimana dopo la fine dei mondiali tra le due squadre che in quel momento occupano le ultime due posizioni del ranking FIFA (al momento in cui scrivo, nel novembre 2017, si giocherebbe Somalia-Tonga).
.
Per partecipare alla discussione, scriveteci a questo indirizzo.