di Falecius e *Bhrg'howidhHô(n-)
Falecius inizia con il proporre quella che chiama un'« ucronia localista »:
Nel marzo 1520 si combatte la battaglia delle Piane di Tenna tra i Fermani di Lodovico Euffreducci (il nipote del celebre Oliverotto, citato da Machiavelli) e i pontifici comandati dal vescovo Bonafede da Lucca. La vittoria arride ai pontifici e lo Stato fermano viene sottomesso a Roma.
Ma che succede se Lodovico vince?
Potrebbe mantenere uno Stato autonomo nelle Marche del sud, sottomettendo i vicini (Ascoli, Macerata, Ripatransone, Osimo e Camerino, nella massima estensione possibile) e conservando l'autonomia dal Papato (con l'appoggio asburgico, I suppose). Quali le ripercussioni di un simile stato, quasi sicuramente feudo imperiale dato in signoria ai discendenti di Lodovico, sulla successiva storia italiana?
Suggerisco: conflitto col Papato almeno fino a Cateau Cambrésis, partecipazione alla Lega Santa, autonomia e sostanziale neutralità nel Seicento. Visti i cattivi rapporti con Roma, possibile una certa tolleranza religiosa. Rivitalizzazione dell'Università Fermana e forse anche di quella, ugualmente prestigiosa, di Macerata. Come sistema istituzionale, signoria assoluta, affiancata da una oligarchia borghese (già Oliverotto aveva spazzato via gran parte della vecchia aristocrazia fermana).
Probabilmente le vicende successive sono determinate in modo sostanziale dalla situazione dinastica degli Euffreducci e lo stato rimane stabile fino alla campagna napoleonica in Italia, se c'è un erede.
Le Marche del sud non conoscerebbero comunque la grave depressione economica e demografica che contraddistinse i primi due secoli di dominazione papale diretta (che pure accordava a Fermo grandi privilegi formali, come la concessione della dignità di "seconda città degli Stati pontifici" dal 1550 al 1675, che però corrispondevano ad una depredazione sostanziale).
L'alleanza con Napoleone potrebbe salvare lo Stato (realistica, in odio al Papa) e se abbandonata in tempo, garantire la sopravvivenza nella Restaurazione.
Difficile immaginare cosa accade al momento dell'Unità: do comunque per sicura l'annessione allo Stato sabaudo, ma non saprei in che modo. Tra l'altro in questa Timeline non ci sarebbe la battaglia di Castelfidardo, o meglio, non sarebbe tra Piemontesi e Pontifici: Castelfidardo sarebbe probabilmente infatti l'ultima città fermana verso nord.
Oggi comunque in Italia ci sarebbero due Regioni: Marche (provincia di Pesaro e quasi tutta quella di Ancona; probabilmente Urbino farebbe provincia a sé) e Piceno (province di Fermo, Ascoli, Macerata e forse Camerino).
Pareri?
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Ovviamente il primo parere è quello del mitico *Bhrg'howidhHô(n-):
È molto credibile e verosimile; la vicenda dei Ducati di Parma-Piacenza-Guastalla e di Modena-Reggio è un indizio che effettivamente una ex-Signoria tardomedioevale con tradizioni comunali (qui addirittura anteriori) e inclusa nei confini del Sacro Romano Impero può resistere all'espansione pontificia, persino dopo una temporanea annessione.
Come Feudo Imperiale, la prima opzione sarebbe di far parte del sistema asburgico spagnolo e poi austriaco in Italia. L'alternativa sarebbe un ingresso nell'orbita veneziana, ma comporterebbe probabilmente la rinuncia alle garanzie imperiali e di conseguenza un aumento della conflittualità con i due potenti vicini (Papa e Due Sicilie). Nonostante la fortissima tentazione (acuita dalla relativa tolleranza confessionale), opterei quindi, almeno come primo sviluppo dell'ucronia, alla versione asburgica. L'assenza di un vicino come Firenze eviterebbe alla Marca di Fermo e Camerino il destino di Siena (che pure è sempre riuscita a evitare l'inglobamento negli Stati Pontificî). Se tutto il resto rimane come nella Storia reale, è scontata l'annessione al Regno napoleonico d'Italia, dopodichè (se non già dalle Guerre di Successione, soprattutto nel caso di estinzione della Dinastia) propenderei per una stabile inclusione tra i possedimenti dei Cadetti di Casa d'Austria, come la Toscana e, appunto, i Ducati Padani. Nel 1848 e nel 1860 avrebbero luogo verosimilmente plebisciti di annessione al Piemonte (curiosità in sospeso: a chi sarebbe stata assegnata negli accordi di Plombières?). Ovviamente, l'alternativa in questo caso è un esito parallelo a San Marino, di probabilità inversamente proporzionale all'estensione del territorio firmano.
Resta un piccolo interrogativo sull'appartenenza regionale: come i Ducati Padani sono stati fusi con le Legazioni Pontific(i)e a formare l'Emilia-Romagna (indubbiamente con la forte suggestione della Regio VIII. Augustea), così le Marche (Anconetana e Firmana) potrebbero essere fuse in un'unica regione, anche se, in tal caso, il modello classicistico potrebbe suggerire invece di unire la Pentapoli all'Umbria (Regio VI) e Ancona al Piceno (Regio V).
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Così gli risponde ancora Falecius:
Sottolineo che Fermo, a differenza del ducato perugino e della Pentapoli, e al pari di Modena e Parma (e Spoleto), non faceva parte della donazione di Pipino.
Storicamente la città ebbe sempre ottimi rapporti con Venezia (anche se ci furono fasi di forte influenza viscontea) testimoniati anche dalla presenza di una forte comunità dalmata oltre che da caratteri architettonici (palazzi in gotico veneziano, ampio uso della pietra d'Istria). Tuttavia nel 1527 la Serenissima era già un alleato troppo debole. L'alleanza asburgica è quasi sicura (confermando una radicatissima tradizione ghibellina che risale almeno al dodicesimo secolo; il partito guelfo fu sempre debole a Fermo, e i rapporti con gli ultimi Staufen erano ottimi) e realistico anche un imparentamento tra Euffreducci ed Asburgo (del ramo spagnolo?). Non escluderei nemmeno un'unione personale con le Due Sicilie. In questo caso, come cambia la storia del Regno di Napoli?
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Ed ecco il dotto contributo di *Bhrg'howidhHô(n-) relativamente a quest'ultima domanda:
Dunque, la storia del Regno di Napoli può cambiare in due modi:
1) se l'accrescimento territoriale (di fatto, anche se nella forma di unione personale) riguarda esclusivamente la Marca di Fermo e Camerino:
2) se finisce per favorire anche l'annessione - per l'appunto - di Spoleto e quanto restava del Ducato (che non fosse già incluso nel Regno).
L'eventualità n° 1 avrebbe massima rilevanza nel periodo in cui ogni variazione territoriale influiva sull'intero sistema geopolitico europeo, cioè il Settecento (nelle epoche successive il sistema diventa invece articolato in subsistemi relativamente conchiusi). In particolare, l'alterazione decisiva potrebbe essere stata che un Regno delle Due Sicilie più esteso - anche se in misura relativamente circoscritta - costituisse una rinuncia troppo grande per la Casa d'Austria a paragone dell'incameramento di Parma e Piacenza, per quanto quest'ultimo potesse essere appetibile a motivo della collocazione in Lombardia (storicamente intesa): di fronte a una sufficiente sproporzione territoriale, l'Austria avrebbe potuto preferire il mantenimento del possesso delle Due Sicilie (rimandando Parma a tempi migliori), di conseguenza non ci sarebbe stata la circostanza storica della divisione della dinastia borbonica tra Spagna e Napoli e dunque Napoli non sarebbe tornata indipendente; la pressione austriaca su Venezia si sarebbe accentuata precocemente e in epoca giuseppina si sarebbe potuti arrivare a concepire una spartizione nientemeno che dello stesso Stato Pontificio, che pertanto avrebbe rischiato di non essere restaurato nel 1814-1815, con facilmente immaginabile epilogo in una paradossale unificazione dell'Espressione Geografica (Stati Sabaudi esclusi) sotto l'egida di Metternich e saldamente all'interno dei possedimenti asburgici.
L'eventualità n° 2 si suddivide a sua volta in due filoni:
2a) si instaura un meccanismo imperialistico a valanga per cui l'accresciuta base territoriale delle Due Sicilie diventa la condizione e lo stimolo per ulteriori espansioni, che nei secoli XVI.-XVIII. tenderebbero quasi inevitabilmente a essere in direzione antiottomana. Ammessa la possibilità di un successo (certo oltremodo difficile e sicuramente solo su tempi molto lunghi), Napoli si sarebbe trovata in primo piano tra le Potenze occidentali nel momento in cui iniziassero i progetti di erosione e spartizione dell'Impero Ottomano, alla pari con l'Austria erede (in questo) di Venezia e con la Russia ossessionata dal mito della capitale a Costantinopoli. Sviluppi a piacere...
2b) al contrario, un accrescimento territoriale non seguìto da ulteriori espansioni si traduce spesso in un fattore di instabilità fino al rischio di catalizzare dinamiche secessionistiche, nel caso specifico come minimo una rianimazione del Ducato di Spoleto nei massimi confini storici, altrimenti addirittura una riproposizione - a cinque o più secoli dall'unificazione normanna - della linea di frattura già longobardo-bizantina, con gran parte del versante adriatico (in ogni caso a esclusione del Salento) e fantasiosamente persino Capua e i Principati (Ultra e Citra) dell'eredità salernitana gravitanti intorno a un centro (in tutta franchezza penso che finirebbe per essere la stessa un tempo antilongobarda Napoli, dato che il riferimento ai Longobardi è solo indicativo), mentre il Salento, forse il litorale ionico della Basilicata, sicuramente gran parte della Calabria e a questo punto anche la Sicilia (anzi, con tutta probabilità proprio con centro in Sicilia) costituirebbero un'interessante alternativa, magari geopoliticamente contrapposta (come con Carlo VIII.: Napoli e la parte a Nord alla Francia, il resto e la Sicilia, almeno in prosieguo di tempo, alla Spagna). Sembra molto irreale, ma in fondo la faglia tra Sicilia e Napoli - storicamente effettiva - si sarebbe potuta localizzare, anche se un po' meno naturalmente, più a Nord che sullo Stretto.
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Interviene anche Francesco Dessolis:
Ho studiato la figura di Federico II scrivendo il mio romanzo "L'ultima rosa". Nel mio romanzo faccio dire a Federico II una frase che lo stesso imperatore avrebbe condiviso:
« Nessuno si accontenta di essere re, quando può essere imperatore! »
Ottone IV avrebbe forse potuto accordarsi con Federico II, tenendo per se la corona di Germania, e lasciando a Federico II l'Italia. Invece ha avanzato pretese anche sulla Sicilia... Evidentemente neanche lui si accontentava di essere re!
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E *Bhrg'howidhHô(n-) gli replica:
Certo, in effetti con ciò si torna alla questione secolare (sintetizzabile come "guicciardiniana" o, al contrario, "plekhanoviana") sul ruolo delle personalità nella storia o, viceversa, sul determinismo geo-socio-storico nell'emersione di personalità (apparentemente) determinanti.
In una prospettiva coerentemente deterministica, Ottone IV e Federico II potrebbero rappresentare l'incarnazione delle teorie di Plekhanov: due personalità ugualmente disponibili per svolgere una medesima funzione (non importa che poi tale funzione abbia avuto esito negativo). Se però non vogliamo impegnarci fino a tal punto, possiamo osservare che Federico II ha realmente concepito un progetto di Impero mediterraneo, mentre l'orizzonte di Ottone IV. era alla fase 'ottoniano-enriciana" (= di Ottone II ed Enrico VI) che mirava a unire in un'unica compagine politica la fascia centrale del continente europeo, dalla Sassonia alla Sicilia. Questo era il punto di arrivo della geopolitica tedesca (significativamente, proprio prima dell'apice della colonizzazione verso Est, che avrebbe sbilanciato la percezione imperialistica della Germania); i progetti fridericiani (di Federico II., intendo) erano invece di una categoria diversa, come se l'unità europea (pur limitata alla Cristianità Romana) fosse ormai un dato acquisito e si trattasse di riprendere le linee imperiali dell'espansione verso il Levante. Ciò coincide di fatto con le direttrici delle Repubbliche Marinare, ma ho l'impressione che sia riduttivo interpretare gli uni e le altre come "italiani".
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Per rilanciare ancora, sempre a *Bhrg'howidhHô(n-) è venuta in mente un'idea un po' sui generis:
A parte gli orizzonti europei e mediterranei, il clamoroso desiderio del Conte Monaldo Leopardi di un'annessione di Recanati alla Cina (in odio al "giacobino" Stato Pontificio), se davvero fosse stato realtà due o tre secoli prima (poi si può discutere se prima o invece dopo il 1644), esteso a tutta la Marca di Fermo e Camerino (per esempio, come cessione feudale da parte del Sacro Romano Impero alla Cina in cambio di analoga concessione agli Asburgo in Estremo Oriente?), avrebbe creato una situazione totalmente inedita, un vero esperimento storico mai tentato, una presenza politica in Europa (senza modalità coloniali) di una grande Potenza assai distante, ma dotata se non altro dei mezzi economici (se non della volontà diplomatica) per portare avanti tutto ciò in sicurezza. Durante o dopo la vita di Matteo Ricci (a seconda di come si decide di valutare l'importanza del cambio di Dinastia tra Míng e Qîng), le Università della Marca sarebbero state il centro di diffusione della cultura cinese in Europa, con effetti paragonabili alla fase di intensificazione dell'Umanesimo da parte bizantina.
Certo, le pressioni coloniali sulla Cina, enormi nel XIX secolo, si sarebbe fatte sentire anche ben prima sulla Marca Firmana, ma è perfettamente concepibile per quest'ultima un destino simile a quello di Malta, da Stato 'Crociato' nell'àmbito delle Due Sicilie a Possedimento Britannico a Stato Arabo a Membro dell'Unione Europea, attraverso periodi di crisi, ma senza fratture irrevocabili: da Signoria soggetta all'Imperatore (Figlio del Cielo), rifugio fra l'altro di tutte le possibili eterodossie, a Protettorato Britannico a obiettivo irredentistico a Membro dell'Unione Europea...
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Cediamo la parola a Perchè No?:
Nuova puntata del fumetto francese Jour J, che nel marzo 2013 si è interessato al '400. "Il Leone d'Egitto" narra la complessa congiura nata attorno a Leonardo "al Asad" Da Vinci, fuggito in Egitto dove si é messo al servizio dei Mamelucchi. Studia sul serio come fare delle sue invenzioni belliche una realtà. I suoi carri servono all'Egitto per conquistare l'impero ottomano! Questo rovescia la nostra Timeline.
Alla fine tutto si rivela una trappola ideata da Alessandro VI Borgia: dopo avere fatto avvelenare Leonardo da Salaï, il papa dichiara la crociata e Cesare Borgia nel 1494 riprende Costantinopoli agli Ottomani indeboliti, con l'aiuto egiziano che si prende tutto il Medio Oriente, eccezion fatta per la parte greca dell'Anatolia. L'impero ottomano non esiste più e i Borgia creano un impero mondiale contro il quale i Mamelucchi, presto piombati in decadenza, non possono nulla: l'Europa non sarà minacciata da una potenza musulmana aggressiva.
Accanto a questo però si vede Leonardo far rinascere la scienza in terra musulmana. Alessandro VI spedisce un umile monaco chiamato Martin Lutero a rievangelizzare la Morea (dove sarà misteriosamente ucciso), e tutti i nemici dei Borgia iniziano a preparare la caduta di Cesare, che si vedeva gia Basileus.
La prossima ucronia rimarrà nella stessa epoca e si intitolerà "Colon Pascià", titolo che basta per immaginare un sacco di belle idee!
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E ora, un'idea di MattoMatteo:
Dopo una profonda riforma ecclesiastica, nel 15° secolo vengono eletti al Soglio di Pietro Pontefici non nepotisti né simoniaci, che puntano ad aumentare la potenza e la ricchezza dello Stato Pontificio, e non delle rispettive famiglie. Cristoforo Colombo, dopo il rifiuto del 1490 da parte dei sovrani spagnoli di finanziarlo, si rivolge a Papa Luca I, che accetta di fornirgli i fondi necessari al viaggio, sperando di cristianizzare il Catai (la Cina).
Il 23 aprile 1492 (il giorno dopo la Pasqua) Colombo salpa dal porto di Ostia, al comando di una flotta di 7 navi: San Matteo (l’ammiraglia), San Marco, San Luca, San Giovanni, San Pietro, San Paolo, e Santo Stefano; le navi imbarcavano, oltre ai marinai, anche soldati e sacerdoti, per un totale di 298 persone. Il 16 maggio la flotta supera lo stretto di Gibilterra, e il 20 maggio si ferma alle Azzorre per imbarcare rifornimenti. Il 27 giugno Colombo sbarca in quella che ribattezza la Baia della Vergine (la Baia Chesapeake, per la precisione a Hampton, Virginia); mentre due navi continuano l’esplorazione verso Nord, e altre due verso Sud, il resto dell’equipaggio comincia la costruzione di un forte; ben presto entrano in contatto con gli indigeni, i Powathan (gli antenati di Pocahontas), iniziando a commerciare con loro e a cercare di convertirli. Con le informazioni raccolte tramite gli indigeni e con l’esplorazione delle coste, Colombo si rende conto che quello non è il Catai, ma un nuovo continente di cui nessuno sospettava l’esistenza; lo chiama Christiania, e lo dichiara sotto il dominio del Papa; chiama invece Colombia le terre che stanno colonizzando.
Il 3 marzo 1493 solo 3 navi ripartono, con appena 103 persone (tra cui 9 indiani), mentre il resto rimane per continuare l’opera di conversione; vista la schiacciante inferiorità numerica, i sacerdoti usano un approccio pacifico, col risultato che l’evangelizzazione sta dando ottimi frutti. Il 17 marzo le navi sono in vista della costa africana, e il 9 maggio attraccano al porto di Ostia; Colombo viene accolto come un eroe dal Papa, che è ancora più sorpreso per le notizie portate dal navigatore; un intero continente sconosciuto, ricco di misteri e pericoli, non può essere affrontato solo da pochi individui; il pontefice, quindi, organizza in pochissimo tempo una serie di spedizioni molto più grandiose della prima.
Il 4 luglio Colombo parte per il suo secondo viaggio, al comando di una flotta di oltre 40 navi, cariche con più di 3.000 persone; questo, però, si rivela un errore, in quanto attira l’attenzione indesiderata di vari “contendenti”: inglesi, francesi, spagnoli, e ottomani. Il 13 gennaio 1944 Colombo ritorna con metà delle navi, ma cariche di spezie, piante, animali e doni; con i soldi ottenuti tramite il commercio con la Christiania, i pontefici riusciranno a rafforzare enormemente lo stato pontificio; non solo riusciranno a scacciare i musulmani, ma nel 1548 lo stato pontificio coprirà l’intera penisola (comprese Sicilia, Sardegna e Corsica); inoltre non ci sarà bisogno di vendere indulgenze per costruire la basilica di San Pietro, quindi Lutero non scriverà le sue tesi e la riforma protestante non avrà luogo; il pontefice, anzi, approverà l’idea di tradurre la Bibbia in modo da permetterne una maggiore diffusione, e metterà lo stesso Lutero a capo di un gruppo col compito di trasporre le Sacre Scritture in tutte le lingue in cui si pratica il cristianesimo.
Il 21 maggio 1944 Colombo, assieme al figlio Diego e ai fratelli Bartolomeo e Giacomo, partirono al comando di una spedizione di oltre 100 navi; superata Gibilterra, però, la flotta si divise in due; mentre Cristoforo e Diego proseguono verso la Christiania assieme ad 1/3 dei vascelli, Bartolomeo e Giacomo deviano verso sud col resto della flotta, col compito di colonizzare ed evangelizzare l’africa; l’idea del papa è stringere d’assedio la musulmana Africa settentrionale, colpendola contemporaneamente sia da nord (Europa) sia da sud.
Il 3 luglio la spedizione africana arriva nel Golfo di San Tommaso (il Golfo di Guinea), e il 5 approda sulle rive del fiume Santo Stefano (Volta); proseguendo le esplorazioni, i due scoprono i fiumi San Felice (Niger) e Sant’Aurelio (Congo); negli anni successivi, adottando lo stesso approccio pacifico usato in Christiania, la colonizzazione ed evangelizzazione delle zone attorno ai tre fiumi prosegue senza problemi; inoltre anche queste zone forniranno enormi fondi allo stato pontificio, rafforzandolo ulteriormente.
Visto che non c’è stata la riforma protestante, sono mancate anche le lotte (sia interne che esterne) negli stati europei, che in questo modo hanno la forza, seguendo le esortazioni del papa, per scacciare gli Ottomani dalla penisole balcanica e greca; questo spingerà l’impero ottomano ad espandersi altrove: Turchia e medio oriente (tutta la zona compresa tra Mar Nero, Mar Caspio, Golfo Persico e Mar Rosso), Arabia, coste africane sul Mediterraneo e sul Mar Rosso (dal Marocco all’Egitto, fino alla Somalia), arrivando a spingersi verso l’India e la Cina. Alla fine del XVI secolo, l’impero ottomano comprenderà, oltre ai suddetti territori, quasi tutte le coste asiatiche al di sotto della Cina che si affacciano sull’Oceano Indiano (dall’Iran al Vietnam), compreso l’arcipelago malese; ben presto cominceranno persino a spingersi in Australia.
Agli inizi del XVI secolo, approfittando di informazioni trafugate attraverso spie e delatori, anche altri stati europei cominciarono la corsa per accaparrarsi terre e ricchezze in Christiania. Inglesi e francesi si contenderanno il Labrador, mentre spagnoli ed ottomani lotteranno per i Caraibi e la Christiania centrale; tutti dovranno lottare anche contro i nativi e le loro malattie, alcune delle quali arriveranno in Europa e Africa del nord, e quindi la loro espansione nel nuovo continente sarà molto più lenta e limitata di quella papale.
Alla fine del sedicesimo secolo i domini dello stato pontificio si estendono su metà Africa e su metà Christiania settentrionale; in queste terre, oltre alle lingue dei nativi, si parlerà soprattutto la lingua dei coloni italiani, nato dalla fusione dei vari dialetti della penisola; la lingua scritta ufficiale, però, rimarrà il latino...
Se avete suggerimenti da darmi in merito a questa mia idea, scrivetemi a questo indirizzo.
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A questo punto, Generalissimus ha proposto:
Nel 1457, ad appena cinque anni, Ludovico il Moro si ammalò gravemente, ma riuscì a superare la malattia e crebbe senza altri problemi di salute. Ma se invece non ce la facesse? Come influirebbe questo sul Ducato di Milano? Forse Bona di Savoia e Cicco Simonetta manterrebbero la reggenza su Gian Galeazzo Maria Sforza fino alla maggiore età di quest'ultimo, che riceverebbe sicuramente un'istruzione migliore, non verrebbe assassinato e non sarebbe nemmeno così accondiscendente con Carlo VIII come lo fu Ludovico il Moro. E poi?
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Gli replica il solito *Bhrg'howidhHô(n-):
Dato che storicamente tutti gli altri discendenti legittimi per via maschile di Francesco Sforza si sono estinti prima (gli Sforza di Santa Fiora discendono da Muzio Attendolo, che non è mai stato Duca) e che l'unico figlio maschio di Gian Galeazzo Maria Sforza, Francesco, è morto nel 1512, se non ipotizziamo che Gian Galeazzo abbia altri figli maschi dopo essere sopravvissuto al 1494 finiremmo appunto per anticipare le vicende che hanno portato al Reincameramento del Ducato di Milano nell'Impero e alla sua Reinfeudazione (a Filippo poi II d'Asburgo-Spagna).
Se però avesse altri figli e questi a loro volta non si estinguessero né si fondessero con gli Asburgo (né perdessero tutto per Fellonia) entro il XVIII secolo, è verosimile che il Ducato di Milano venisse restaurato nel 1815 come Regno di Lombardia (se non di Sicilia, v. sotto), naturalmente entro il Sistema Asburgico. Senza le Subinfeudazioni del 1714-1748 ai Savoia (inconcepibili in questa ucronia, perché gli Sforza non sarebbero coinvolti come Imperatori nelle Guerre di Successione Spagnola, Polacca e Austriaca), è probabile che i confini del Ducato, sia pure con alterne vicende per ragioni militari, non arretrassero come nella Storia vera. In linea generale, la politica di Milano sarebbe comunque filoimperiale contro Venezia e i Savoia, che a loro volta sarebbero più continuativamente francofili. Dato il più che probabile apparentamento dinastico con gli Asburgo prima di Spagna e poi d'Austria, va messo in conto che anche gli Sforza, come i Savoia, diventassero Re di Sicilia o di Sardegna (forse, se Filippo II privilegia il rapporto con gli Sforza rispetto ai Savoia, gli Sforza avrebbero la Sicilia e i Savoia la Sardegna).
Nel 1814, la stessa Liguria potrebbe essere spartita fra i due (nel caso, Genova sarebbe milanese e il Ponente andrebbe ai Savoia). È facile immaginare che dopo il 1848 la rivalità fra Savoia e Sforza divamperebbe fino al punto di non ritorno. Senza più una comune cornice imperiale, i due Partiti (Sabaudi e Lombardi) punterebbero all'annessione totale dell'avversario. La tradizione suggerirebbe posizioni austriacanti per gli Sforza, franciosanti per i Savoia, ma se Venezia fosse comunque asburgica si potrebbe verificare un incrocio geografico, per cui gli Sforza potrebbero mirare a una spartizione dei Domini Sabaudi con la Francia, mentre i Savoia si rivolgerebbero agli Asburgo per trasferire l'accerchiamento sulla Lombardia, che a sua volta si potrebbe avvicinare alla Prussia con mire sul Veneto.
A tutte le Potenze, comunque, farebbe comodo che nessuno dei due contendenti vincesse e, se fosse vero che la Spedizione dei Mille fosse stata finalizzata in origine al recupero di Nizza, il dirottamento sul Regno Borbonico sarebbe comunque a opera e vantaggio dei Savoia, per cui la Lombardia potrebbe rispondere con una Confederazione Italica comprendente almeno i Ducati Padani (ammesso che Parma e Piacenza non fossero rimaste o tornate milanesi in precedenza) e il Granducato (oltre appunto alla Sicilia): dunque Regno di Sardegna e di Napoli (ai Savoia) contro Regno Lombardo(-Veneto?) e di Sicilia a capo della Confederazione Italica (agli Sforza). Dopo il 1870 sarebbe di nuovo un gioco di alleanze contrapposte, fra fedeltà alla Prussia e riavvicinamenti all'Austria-Ungheria o alla Francia. I rispettivi Irredentismi porterebbero gli Sforza contro l'Austria e i Savoia contro la Francia, però la Tunisia sarebbe un obiettivo relativamente più sensibile per la Sicilia e Genova che per la Sardegna, quindi nel 1882 la Triplica Alleanza potrebbe unire gli Sforza ai due Imperatori e di conseguenza spostare i Savoia, se non proprio con la Terza Repubblica, probabilmente con l'Impero Britannico.
Ciò sarebbe determinante nel 1914, rendendo impensabile un cambiamento di Alleanze, per cui il 1918 vedrebbe (in caso di conferma della Sconfitta degli Imperi Centrali) la fine del Regno Lombardo-Siculo degli Sforza e la sua Annessione al Regno ormai d'Italia dei Savoia, senza grandi possibilità di una Restaurazione dopo la Seconda Guerra Mondiale.
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E Generalissimus fa notare:
Anche se è altamente probabile che Gian Galeazzo Maria abbia altri figli maschi (i tentativi di Ludovico il Moro di trasformarlo in un effeminato furono tutti inutili), c'è da dire Francesco morì per una caduta da cavallo mentre si trovava in Francia "gentilmente ospitato" da Luigi XII. Può darsi che le cose vadano diversamente e che Francesco nel 1512 sia ancora a Milano, succedendo al padre nel 1534 circa e regnando fino al 1563 circa.
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*Bhrg'howidhHô(n-) gli replica:
In ogni caso, a differenza delle ucronie crucialmente più alte di cronologia, giusto quel tanto che basta a modificare in misura gigantesca la Storia, più si passa dai Visconti agli Sforza meno si rafforza l'Impero (che, in quanto Potenza storicamente quanto mai sottosviluppata, costituisce uno dei più promettenti soggetti di ucronie), visto che al contrario lo si frammenta ulteriormente.
D'altro lato, credo che una persistenza dello Stato di Milano in condizioni di Indipendenza sempre maggiore dall'Impero potesse portare, anche nel caso di prevalenza sui Savoia, comunque a una situazione molto simile a quella attuale: un Regno d'Italia o una Repubblica Italiana che comunque – dato che (soprattutto nel XIX-XX secolo) lo Stato prende forma dalla Testa – sarebbe uno Stato Pontificio allargato (con un Re Ereditario al posto del Papa) o una Repubblica Romana quale è ancora oggi l'Italia.
C'è poi la questione dei passaggi pressoché ‘obbligati’: la Monarchia Spagnola, le Guerra di Successione, Napoleone I, la Restaurazione, Napoleone III, Bismarck, le Guerre Mondiali, l'Egemonia Statunitense. Per evitarli, bisogna scardinare alcuni punti fondamentali, per esempio evitare il distacco dell'Inghilterra dalla Spagna nel 1558, quello della Russia dalla Polonia nel 1612-1613 (e pure quello della Polonia dall'Austria nel 1576), il definitivo – perché poi non più recuperato – divorzio Asburgo-Borbonico nel 1725-1726, l'Indipendenza degli Stati Uniti d'America (e poi degli Imperi Coloniali Spagnolo e Portoghese in America), la discontinuità fra Primo e Secondo Reich (1806-1871): ucronie europee dirompenti («europee» perché fanno a meno di Punti di Divergenza altrettanto comodi quali un Impero Universale di Tamerlano o dei Míng o la Conquista Ottomana dell'Europa, della Persia e dell'India, per non parlare dei Mongoli in precedenza) dovrebbero portare a questi Punti di Divergenza (ossia partire da questi o almeno favorirli in modo decisivo).
Per tornare alla nostra ucronia, il massimo di divergenza che si può realisticamente ottenere riguarderebbe l'Italia attuale: nell'ipotesi di uno Stato Sforzesco più o meno collegato agli Asburgo e al loro Sistema di Potere Imperiale e Spagnolo si potrebbero mettere in programma Annessioni come quelle progettate dai maggiori Governatori Spagnoli, quindi i Baliaggi Lombardi Svizzeri e Grigioni, Piacenza e Parma, Genova, il Monferrato, Mantova, Bologna, Siena, Venezia, i Dominî Sabaudi, eventualmente la Provenza (se non piuttosto alla Spagna, come sicuramente l'Alsazia).
Con un'adeguata partecipazione alla Guerra dei Trent'Anni e a quella di Succesione Spagnola, sarebbe perfino concepibile la concessione dell'Elettorato (in cambio di una fedeltà assoluta all'Impero) e la partecipazione ai dividendi del 1714 (di nuovo, la Sicilia?) e, per massimo di combinazione (inversamente proporzionale alla probabilità), il subentro alle Eredità Medicea ed Estense. Dopo una Fase Napoleonica inevitabilmente segnata da ampie cessioni all'Impero Francese, la Restaurazione del 1815 porterebbe l'elevazione a Regno o, se non altro, in prosieguo di tempo la Fusione degli Stati Sforzeschi in un unico Regno (di Sicilia o Sardegna) esteso dalla Provenza e dalla Savoia (o addirittura la Bresse) alle Isole Ionie, purché intimamente legato all'Impero Austriaco (qualsiasi altra condizione, anche di beniamino del Regno Unito, non porterebbe a tanto).
È più che probabile una perdita di regioni (Bresse, Savoia, Provenza, Nizza, Corsica) a favore dell'Impero di Napoleone III, forse però compensata dall'annessione del Regno di Napoli e infine dello Stato Pontificio, ma sempre con Capitale a Milano. Nella Prima Guerra Mondiale, la fedeltà alla Triplice porterebbe alla sconfitta e verosimilmente alla perdita delle Isole Ionie, della Dalmazia e dell'Istria e allo scorporo dei restaurati Stato Pontificio e Regno di Napoli, forse anche al distacco della Sicilia e/o della Sardegna, dopodiché l'alleanza col Terzo Reich nella Seconda Guerra Mondiale condannerebbe gli Sforza alla perdita del Trono e il Regno alla trasformazione in Repubblica, eventualmente annessa alla Francia (meno probabilmente al mantenimento della Forma monarchica, ma annessa a Napoli).
Se invece gli Sforza passassero all'Intesa nella Prima Guerra Mondiale, è da vedere se le annessioni corrispondenti a quelle sabaude della Storia vera basterebbero a consigliare la Neutralità nella Seconda Guerra Mondiale; in caso di Alleanza col Reich Tedesco, l'esito sarebbero varie diminuzioni territoriali (a partire dalle Isole Ionie, Dalmazia e Istria, forse anche Trieste e Aosta) e la trasformazione in Repubblica Italiana, presumibilmente con Capitale Roma (lo schieramento fin dall'inizio con gli Alleati – con conseguente sconfitta e annessione temporanea alla Germania – non porterebbe praticamente alcun accrescimento territoriale durevole, a parte Zone di Occupazione e Mandati Coloniali).
Quindi gli ingredienti per sopravvivere a tutto (pur perdendo ogni territorio a Ovest del Confine Alpino Occidentale) sarebbero:
1) crescita fino a costituire un terzo elemento portante del
Sistema Imperiale Asburgico nel XVI-XVII secolo;
2) costante e totale fedeltà agli Asburgo (ovviamente solo d'Austria) nel XVIII-XIX secolo;
3) passaggio all'Intesa entro la Prima Guerra Mondiale;
4) Neutralità nella Seconda Guerra Mondiale.
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Paolo Maltagliati invece propone:
Con ogni probabilità torneremmo nell'alveo
di tutte quelle timelines che vogliono la cessione anticipata del ducato
all'Impero.
Nel frattempo mi è sorta un'altra ucronia: al pari degli Este una volta persa
Ferrara continuarono con un ramo cadetto a Modena, potremmo immaginare che su
pressioni di Ascanio il destino del ducato muti nel periodo delle guerre
d'Italia tanto che un frammento di esso(per comodità penso a Parma per omologo
con la storia nota, ma può essere qualsiasi altra cosa escluse Milano, Como e
Pavia) finisca per essere affidato alla tutela pontificia e poi, più avanti,
finisca a Giovan Paolo e ai suoi eredi?
.
*Bhrg'howidhHô(n-) non si fa certo scappare l'occasione:
Sottoponiamolo alle cinque prove che forse sarebbero state inevitabili (a meno che riuscisse a scardinarne l'almeno apparentemente inesorabile successione):
1) la ‘Politica delle Riunioni’ da parte
della Spagna nei secoli XVI-XVII,
2) gli Incameramenti a favore dell'Impero o le Eredità Dinastiche a favore
dell'Austria nel XVIII secolo,
3) il Periodo Napoleonico e la conseguente Restaurazione (che in parte ne è
stata una continuazione),
4) la Fine della Santa Alleanza (Guerra di Crimea, Napoleone III, Cavour /
Vittorio Emanuele II, Palmerston, Bismarck),
5) le due Guerre Mondiali.
1) La Monarchia Spagnola ha conseguito grandi aumenti territoriali soprattutto con Carlo I/V, quindi quando era unita all'Impero; checché se ne dica, dopo di allora ha incamerato pressoché soltanto Feudi Imperiali all'interno del Milanesato, fra i quali però in effetti Parma potrebbe diventare il più vistoso (ma storicamente coi Farnese non è stato così). D'altra parte, con Ascanio Pontefice saremmo prima di Carlo Imperatore (e anche tenuto conto della permanenza del Feudo in mano agli Eredi di Giovan Paolo rimarrebbero pur sempre 23 anni di Impero di Carlo V, per cui tutto potrebbe succedere). Per comodità, comunque, appunto sull'omologia con Parma ammettiamo che rimangano gli Sforza.
2) Se questi Sforza non si estinguono (o non subiscono le ultime conseguenze di un'eventuale Fellonia) entro il 1740, dopo di allora la loro persistenza è quasi garantita fino al 1797, a meno di una confluenza dinastica con gli Asburgo o i Borboni (ma la pura Geopolitica non ci offre alcun criterio per saperlo, quindi nel dubbio continuiamo l'esperimento).
3) Pressoché certamente il Feudo Sforzesco finirebbe prima o poi annesso all'Impero Napoleonico o al Regno d'Italia, ma probabilmente verrebbe restaurato entro il 1815 e almeno adesso la Dinastia si legherebbe agli Asburgo.
4) Se finora le modifiche al corso della Storia sono solo queste, è arduo immaginare come fra il 1859 e il 1870 l'ormai Ducato Sforzesco possa sfuggire alle grandi conquiste sabaude. Forse, se la Dinastia del Duca del momento – dopo la probabile politica matrimoniale filoasburgica della Restaurazione – si fosse legata in modo molto stretto (madre, moglie, figli e figlie) in particolare ai Savoia-Carignano, si potrebbe prendere in considerazione l'eventualità di un'Alleanza precoce (ma dopo il 1849, altrimenti si porrebbe nel mirino dell'Austria) e saldissima con Vittorio Emanuele II, tale da portare a una Confederazione (su piani ineguali) fra il Ducato Sforzesco e il Regno di Sardegna o d'Italia.
5) Dato per scontato lo schieramento del Ducato Sforzesco col Regno d'Italia nella Prima Guerra Mondiale, durante il Fascismo la Confederazione verrebbe ulteriormente stretta, magari in forma di Federazione; il 23. settembre 1943 avverrebbe l'annessione alla Repubblica Sociale Italiana e dopo il 25. aprile 1945 l'ex-Ducato confluirebbe probabilmente nel Regno d'Italia, a meno di una Restaurazione (sotto un nuovo Duca?); in quest'ultimo caso, potrebbe anche permanere la Forma Monarchica dello Stato, che però sarebbe Protettorato Italiano e quindi aderirebbe alla N.A.T.O. (meno verosimile sembra una Neurtalità di tipo svizzero o austriaco).
VARIANTI:
A) Per passare indenne attraverso il
cambio di schieramento (dagli Asburgo ai Savoia) in una fase comunque
contrassegnata dall'egemonia austriaca (1849-1859) sarebbe forse più facile se
il Feudo ritagliato per Giovan Paolo Sforza fosse stato (anziché a Parma) in una
peculiarissima posizione – in quel momento di rilevante importanza strategica –
quale per esempio fra il Lago Maggiore e la Val d'Ossola (per esempio, le Pievi
di Cannobio, Val Vigezzo, Domo [= Domodossola] e Val Formazza) e fosse
ugualmente riuscito a sfuggire agli Incameramenti Spagnoli del XVI-XVII secolo (dopodiché
non sarebbe stato disponibile per le Subinfeudazioni ai Savoia da parte degli
Asburgo nel XVIII secolo). Per il resto, dalla fase 4 in poi tutto come sopra.
B) In alternativa, per sopravvivere su posizioni filoasburgiche alle Conquiste
Sabaude, il Ducato si dovrebbe trovare in posizione passibile di essere difesa
dall'Impero Austriaco anche dopo il 1866 (ma preferibilmente in territorio alla
fin fine lombardo, altrimenti sarebbe da spiegare come mai Venezia non riuscisse
– in precedenza – ad annetterlo). Questo è ancora più difficile dei casi
precedenti, di certo deve essere una zona di confine con l'Austria del
1867-1918, ma abbastanza marginale da rimanere fuori da tutti i grandi conflitti
fra il 1500 e il 1866.
B1) Il Cadore sarebbe forse troppo vicino a Venezia e poi bisognerebbe postulare
che – in quale altro momento se non nel 1509? – fosse annesso da Massimiliano I
ai Dominî Ereditarî Alpini degli Asburgo d'Austria, poi scorporato (da parte di
Carlo V) dalla parte di Ferdinando e (più tardi) assegnato a Giovan Paolo Sforza
come compenso per la definitiva rinuncia all'Eredità Milanese (ormai però dopo
la mortre di Ascanio Sforza).
B2) Fra le Valli Bresciane, il candidato più promettente potrebbe essere la Val
Camonica, ma anche in questo caso è difficile che Venezia vi rinunciasse, a meno
che dopo il 1509 rimanesse – soltanto la Valcamonica – al Ducato di Milano per
esserne poi scorporata appunto a favore di Giovan Paolo (sempre comunque dopo la
morte di Ascanio).
B3) L'unica possibilità percorribile secondo gli stretti dettami
dell'impostazione di questa ucronia mi sembra la Magnifica Comunità di Bormio:
alla morte di Ascanio faceva ancora parte del Ducato di Milano, ne potrebbe
essere investito Conte – nell'àmbito di un accordo più generale fra Luigi XII e
Massimiliano I – l'ancora bambino Giovan Francesco, che nel 1512-1513 potrebbe
diventare Vassallo Immediato del'Impero grazie a un complesso gioco di accordi
fra Massimiliano I, i Grigioni (compensati con la Pieve di Blenio), gli Svizzeri
(a loro volta compensati con una Pieve a scelta fra le Valli Travaglia,
Cannobina, Vigezzo e Formazza) e il nuovo Duca di Milano Ercole Massimiliano
Sforza (risarcibile con l'Exclave di Pontremoli).
L'Elevazione a Ducato sarebbe verosimile soprattutto nel XVIII secolo, specialmente se in concomitanza con un più stretto apparentamento con gli Asburgo (evidentemente d'Austria). La Restaurazione del Ducato (dopo Napoleone) avrebbe bisogno del fermo appoggio di Francesco I (che era effettivamente favorevole a Bormio) contro le sollecitazioni dei Conti Guicciardi a favore di un'annessione al Lombardo-Veneto. Nel 1859-1866, un'adeguata combinazione di Neutralità Internazionale e vicinanza di Forze Austriache (allo Stelvio) potrebbe preservare il Microstato dalla conquista sabauda.
Solo una rigida ed effettiva Neutralità potrebbe sortire lo stesso effetto nel 1918, altrimenti l'Annessione da parte dell'Italia cadrebbe in quell'anno. Ciò comporta – come per il Liechtenstein – un conseguente avvicinamento alla Svizzera, dopodiché l'Indipendenza sarebbe garantita, perché anche nel caso di un'Annessione durante la Seconda Guerra Mondiale (a opera dell'Italia o del Terzo Reich) verrebbe annullata fra il 25. aprile e l'8. maggio del 1945.
Conseguenze esterne di quest'ultima variante sarebbero che la Val Blenio apparterrebbe al Canton Grigioni anziché al Canton Ticino e che ancora oggi la Val Formazza o la Val Vigezzo o Cannobio o il Luinese farebbero parte della Svizzera (sempre Canton Ticino; per la Val Formazza possibile forse anche, ma in subordine, il Vallese).
Pontremoli avrebbe invece subìto le stesse vicende di Milano finché ne fosse scorporato nel 1647 (acquisto da parte di Genova), per poi finire nel 1650 al Granducato di Toscana.
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Paolo Maltagliati puntualizza:
Vorrei precisare che ho escluso Milano in quanto capitale del ducato, Pavia in quanto capitale del regnum medievale (certo meno intoccabile del primo, ma sarebbe stato ideologicamente un po' un autogoal privarsene sia per i francesi, sia per gli Asburgo), Como in quanto porta commerciale storica e primaria del ducato verso nord.
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E *Bhrg'howidhHô(n-) aggiunge:
Infatti, è tutto incontrovertibile. La proposta di Bormio in effetti va a toccare l'antica Diocesi di Como, però forse lascia in mano milanese (e poi degli Eredi del Ducato) sia il Maloja sia il Bernina, quindi in entrambi i casi l'accesso all'Engadina; certo lo Stelvio è l'unico collegamento col Medio Tirolo, ma nel 1512 uno Sforza potrebbe essere preferibile ai Grigioni per l'Impero...
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Restituiamo la parola a Paolo:
Provo a buttar lì una Timeline minima sul periodo delle guerre d'Italia che conduca all'acquisto di una delle contee suddette. Liberi di sollevare obiezioni.
1492: Ascanio Sforza Pontefice con il nome di Giovanni XXIII.
1494: Ludovico il Moro da poco duca
appoggia l'invasione di Carlo VIII e papa Sforza lo asseconda. Poi, preoccupati
dalla facilità della penetrazione francese sino a Napoli, entrambi
contribuiscono con un contingente alla battaglia di Fornovo contro i francesi.
Ludovico il Moro si insignorisce, con l'appoggio del Papa, della città di Pisa.
La città diviene feudo oblato della santa Sede. Sospetti di Venezia che aveva
parimenti puntato a insignorirsi di Pisa.
1497: Nascita di Giovanni Paolo Sforza, figlio di Ludovico il Moro e dell'amante Lucrezia Crivelli.Viene(ufficialmente) vergato il testamento di Ludovico, che, con la benedizione ufficiale del pontefice, affida Pisa al figlio illegittimo. Con buona probabilità si tratta di un falso posteriore.
1499: Luigi XII conquista il ducato di Milano, con l'avallo di Venezia. Ludovico si rifugia presso l'imperatore Massimiliano, le truppe papali tempestivamente presidiano Pisa. I fiorentini cercano senza successo di riprendersi la città.
1504: Ludovico tenta di riprendersi il ducato, ma fallisce. Ercole Massimiliano preferisce rimanere presso Innsbruck, alla corte imperiale, mentre il fratello Francesco viene messo sotto protezione papale(a quanto pare, su direttiva del Moro stesso). Giovanni XXIII devolve nuovamente Pisa, a Francesco, con l'appoggio del potente cardinale Rodrigo Borgia, in cambio del quale é però costretto a tenere una politica di quiescenza nei confronti del tentativo del figlio di quest'ultimo, Cesare, di ritagliarsi un dominio in Romagna(nota:comunque di dimensioni più modeste che in HL)
1505: muore papa Giovanni XXIII. Gli succede il pontefice Giulio II, al secolo Giuliano della Rovere. Nonostante il tentativo di quest'ultimo di cancellare le disposizioni di Giovanni XXIIII, anche con il sostegno dei Medici, per intercessione di Massimiliano, Pisa rimane un subfeudo papale sforzesco(per il momento). Meno bene va a Cesare Borgia.
1508: morte di Ludovico il Moro in esilio a Loches.
1509: Lega di Cambrai e vittoria contro i
veneziani ad Agnadello. Dopo la vittoria francesi e impero progettano la
spartizione della Serenissima secondo disegni già tracciati in passato.
Cambio di fronte di Giulio II, spaventato dall'eccessivo potere dei francesi.
1512: calata di Matteo Schiner, al soldo
della lega antifrancese, su Milano. I francesi si ritirano. Restaurazione di
Massimiliano. Litigi tra i due fratelli Sforza e nuovo tentativo di Giulio II di
riprendersi Pisa. L'imperatore tende a favorire Francesco e progetta un accordo
con il della Rovere: Pisa diventerebbe feudo imperiale in cambio di un altro
territorio ducale da girare sotto il dominio diretto dello Stato della
Chiesa(Piacenza, Cremona o Parma).
Il progetto fallisce per la morte di Giulio II prima di addivenire a un accordo.
Morte di Francesco, figlio di Galeazzo Maria Sforza.
1513-1515: colpo triplo per le fortune
sforzesche. Restaurazione del governo mediceo a Firenze, elezione di Leone X al
soglio pontificio e battaglia di Marignano, che riporta il ducato Milanese sotto
il re di Francia.
Accordo tra Massimiliano, bisognoso di denaro per fare del nipote Carlo il nuovo
re dei romani, e i Medici: Pisa sarebbe diventata feudo imperiale e, in cambio
di una notevole somma, girata ai Medici. Per Francesco Sforza sarebbe stato
trovato un adeguato compenso tramite la cessione di un territorio già
pontificio, che, qualora Francesco fosse tornato in possesso del ducato di
Milano, sarebbe stato subinfeudato a Giovanni Paolo, a mo' di compensazione.
1519: purtroppo, gli accordi vanno per le lunghe e Massimiliano imperatore muore durante il viaggio ad Augusta, mentre ancora non é stato stabilito alcun appannaggio equivalente da cedere a Francesco. Che, per parte sua, si rifiuta di consegnare Pisa sino al reperimento di una compensazione adeguata. Il tentativo di prendere Pisa con la forza da parte dei Medici del 1519 sorprendentemente fallisce(grazie anche ai buoni uffici militari di Giovanni Paolo, che sostiene il fratellastro).
1521: Carlo d'Asburgo, da poco V imperatore del sacro romano impero, dichiara guerra a Francesco I di Francia ed eleva Francesco a duca di Milano. Rimane aperto il contenzioso su Pisa, rinviato alla definitiva cacciata dei francesi dalla Lombardia. Carlo è propenso, al contrario del nonno, ad una politica favorevole agli Sforza, dato che il pontefice Leone X aveva appoggiato all'elezione imperiale Federico di Sassonia(forse anche per vendicarsi del fatto che i Medici avevano anticipato già una sostanziosa cifra ma Pisa ancora non era nelle loro mani).
1525: Battaglia di Pavia e cacciata dei francesi da Milano. Francesco Sforza duca. Carlo propone, riprendendo il progetto del nonno, di girare Pisa ai Medici come feudo imperiale, dando in cambio a Giovanni Paolo la contea di Domodossola per i servigi resi e come compenso per la cessione di Pisa, oltre al pagamento da parte della Santa sede di un censo per il riacquisto di Pisa come feudo imperiale, si tratta di un ri-acquisto perché, viene fatto notare da Carlo V, Pisa, in quanto parte del regnum Italiae era già, in linea teorica, feudo imperiale.
1527: Clemente VII, organizza una lega anti-imperiale e tra le cause c'è anche il contenzioso pisano, per la cui risoluzione si mostra ampiamente insoddisfatto. Fallimento e sacco di Roma da parte dei lanzichenecchi. Francesco aveva appoggiato il pontefice, ma gli viene perdonata la fellonia. Giovanni Paolo, invece, non si era esposto.
1535, ottobre: morte di Francesco Sforza: incameramento del ducato nei domini diretti dell'impero. Giovanni Paolo protesta diritti successori sul ducato, che però gli vengono negati. Gli vengono solo concessi dei ritocchi territoriali alla sua contea verso sud (in cambio non viene ammazzato dal de Leyva, rispetto alla HL?)
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*Bhrg'howidhHô(n-) interloquisce:
Questo è proprio il tipo di discussione ucronica che trovo ideale: uno lancia un'idea (con sufficienti indicazioni di metodo), si risponde con uno schema storico a grandi linee, dopodichè chi ha lanciato l'idea fornisce lo sviluppo approfondendo con motivazioni circostanziate il punto cruciale dello schema e così via. In questo modo la lista di posta elettronica non corre il rischio di diventare una rassegna di soliloqui (o un'indigestione di spunti abortiti). A questo punto diventa interessante approfondire ulteriormente singoli particolari, soprattutto quelli più pertinenti all'esistenza stessa dell'ucronia, per esempio in questo caso la scelta di Domodossola (forse in quanto unico territorio milanese residuo che fosse già stato svizzero e che quindi era più probabile che tornasse fra gli obiettivi dei Cantoni?)
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Paolo riprende la parola:
Non si debba vedere troppo nella mia scelta. Trovavo ottima anche Bormio, per quanto ammetto che se per ragioni di minima divergenza accettiamo che ci sia comunque la fellonia di Ercole Massimiliano, qualche ragione, da parte degli Asburgo, nell'esitazione a concedere un importante snodo del cammino spagnolo agli Sforza ci dovrà pur essere. La ragione per la scelta dell'Ossola é comunque speculare a quella da te fornita: proprio perché é un potenziale obiettivo svizzero, credo possa interessare agli Asburgo un antemurale militare a una possibile azione elvetica(di supporto ai francesi?) da quella parte.
Il mio dubbio é, più che altro, sul punto di divergenza più "macroscopico", ossia l'utilizzo assolutamente eterodosso della sollevazione di Pisa come snodo territoriale intorno a cui balla il destino di Giovanni Paolo.
Per un attimo ho persino contemplato l'idea di una Pisa che rimanesse sforzesca e non una semplice moneta di scambio, ma temevo che il prezzo da pagare, l'instabilità eventuale di Firenze, potesse essere troppo alto per gli Asburgo.
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E *Bhrg'howidhHô(n-) suggerisce:
In prospettiva sarebbe stato nell'interesse asburgico eliminare lo Stato Fiorentino, anzitutto annettendo direttamente Siena, poi se possibile portando Pisa nelle stesse condizioni di Lucca e Genova, infine, come obiettivo massimo, incorporando la stessa Firenze come opportuno collegamento territoriale nel caso che fosse stato restaurato un Ducato di Lombardia esteso ai confini di Gian Galeazzo Visconti. In ogni caso si sarebbe evitata la questione della Sovranità Pontificia in occasione dell'istituzione del Granducato (e i tempi sarebbero stati ben più favorevoli rispetto all'operazione solo parzialmente riuscita nel XVIII secolo).
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Diamo ora la parola ad Iacopo:
OK, vediamo chi riesce a giustificare questa strampalata cartina ucronica:
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Gli replica feder:
La spedizione di Carlo VIII ha uno strabiliante successo, a Fornovo le truppe degli staterelli italiani sono massacrate e molti si fanno feudatari del re di Francia; è datata 1508 la caduta dell'ultima formazione politica autonoma in Italia, la Repubblica di Venezia, grazie all'alleanza col Turco, con cui viene spartita a metà. I successori di Carlo VIII al trono riescono a mantenere le conquiste contro i tentativi imperiali (vittoria di Francesco I a Pavia nel 1525). Carlo V è preso prigioniero e costretto ad abdicare dal trono imperiale, mantenendo solo le corone di Spagna. A questo punto il re francese si propone come imperatore, ma la Germania è tutta attraversata dalla furia dei predicatori protestanti, e così nemmeno il supporto delle potenti banche italiane riesce a fargli vincere il prestigioso titolo... In questo caso, dal momento che il re diviene sovrano di ben due nazioni (Francia e Italia), i titoli regi sono equiparati e interscambiabili per indicare il complesso di domini dei Valois.
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Invece William Riker ha un'altra idea:
Dunque, il 17 gennaio 395 Teodosio I il Grande muore e lascia l'Oriente al figlio Onorio e l'Occidente ad Arcadio. Il Magister Militum per l'Occidente Stilicone, che non viene fatto uccidere da Arcadio, sconfigge ripetutamente i Germani, che così si scatenano contro l'Oriente, passando il Danubio ghiacciato in un inverno particolarmente gelido. I Visigoti si stanziano in Anatolia e in Siria, gli Ostrogoti in Grecia, i Franchi in Pannonia e in Mesia, i Vandali in Palestina ed Egitto, i Longobardi in Dacia. L'Impero d'Oriente crolla nel 476 quando il re degli Eruli Odoacre depone l'ultimo imperatore Romolo Augustolo e spedisce le insegne imperiali a Ravenna, nuova capitale dell'Occidente che permane unito (esclusa la Britannia, dove nasce la leggenda di re Artù). Teodorico I il Grande nel 493 sconfigge e uccide Odoacre e si insedia a Costantinopoli, dove trasferisce la capitale Ostrogota. Giustiniano tenta la riconquista dell'Oriente riprendendo Egitto, Palestina, Grecia e Costantinopoli (il Re Totila muore in battaglia contro Narsete). Alla morte di Giustiniano però i Longobardi calano dalla Dacia, dove lasciano il posto agli Avari, ed occupano la Grecia, lasciando all'Occidente solo Creta, le isole dell'Egeo, Atene e Costantinopoli. Al momento del Volkwanderung arabo Egitto, Africa del Nord e Siria vanno perdute, anche il regno Visigoto di Anatolia è travolto nel 721. L'Occidente perde a sua volta l'Africa, la Mauretania e la Spagna, ma riesce a bloccare l'avanzata araba sui Pirenei. Nell'800 il Re dei Franchi Carlomagno sconfigge i Longobardi, conquista la Grecia e la Tracia ed è incoronato Imperatore d'Oriente dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli. Nell'814 egli muore e il suo regno sarà diviso tra i Franchi Occidentali, nel territorio dell'attuale Jugoslavia, e Franchi Orientali, nelle nostre Romania, Bulgaria, e Grecia, dove si forma l'Impero Germanico d'Oriente sotto la dinastia degli Ottonidi. Comincia la riconquista cristiana dell'Anatolia che terminerà nel 1492 con la cacciata dei musulmani dall'Armenia. Intanto gli Slavi si sono insediati nelle nostre Germania, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. L'Occidente ha promosso le Crociate, senza ottenere grandi risultati. Tamerlano mette in crisi il Regno d'Anatolia che poi però si riprende. Gli Ottomani pongono la loro capitale a Damasco e costituiscono comunque una potenza in Oriente, rivale dei cristiani d'Anatolia. L'Occidente finanzia la circumnavigazione dell'Africa e l'impresa di Colombo; la Spagna invece rimane musulmana e gioca il ruolo della Turchia nella HL. L'Impero d'Occidente, ridotto (come nella cartina) a Italia. Francia, Belgio, Svizzera e Austria, arriva fino al presente, in tutto il suo territorio si parla una lingua simile al moderno italiano (con varie forme dialettali locali), la capitale è a Ravenna e quindi è giusto chiamarlo "Italia". Scegliete voi se preferite una monarchia costituzionale sotto l'imperatore Costantino XXIII o una Repubblica Federale il cui Presidente è Sergio Mattarella e il cui Primo Ministro è Emanuele Macroni. Con questo spero di esserci riuscito, Iacopo...
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Chiudiamo per ora con la proposta di Pompeo Borlone:
Dopo una velocissima campagna il 22 febbraio 1495 Carlo VIII di Francia entrò a Napoli, dove venne incoronato come Carlo IV di Napoli. Il re francese aveva portato in Italia un nuovo genere di guerra che vedeva nelle battaglie un numero di morti che aveva sorpreso gli stati della Penisola. Altra cosa che li rese attoniti era l'aver constatato quanto la loro divisione aveva facilitato un sovrano straniero nella sua conquista. Così, spaventato dalle mire espansionistiche della corona francese, Ludovico il Moro si rivolse al papa Alessandro VI, il quale organizzò un'alleanza i cui accordi furono firmati nel giorno 31 marzo del millequattrocentonovantacinquesimo anno del Signore. L'alleanza, comprendente il Papato, la Signoria di Milano e la Serenissima Repubblica di Venezia, aveva tra i suoi firmatari il Sacro Romano Imperatore, le Corone di Castiglia e Aragona e il re d'Inghilterra.
Nel frattempo a Napoli scoppiò quello che i Francesi chiamarono "le vérole de Naples", poi conosciuta come sifilide. Il re, spaventato dall'epidemia e sconfortato dalla notizia della presa di Rapallo da parte delle truppe genovesi e dello sbarco delle truppe aragonesi a supporto di re Ferrandino (o Fernando II) di Napoli, decise di fare ritorno in Francia. Lasciò, quindi, un piccolo contingente di truppe a difesa della città campana e forte di diecimila uomoni, Francesi, Svizzeri ed Italiani, mosse verso nord, portando con sé un bottino di trecentomila ducati. La marcia procedette senza intoppi e l'esercito francese riuscì a superare gli appennini, per poi discendere attraverso la valle del Taro, alla cui fine, però venne bloccato dall'armata della Lega Santa, guidato dal marchese di Mantova Francesco II di Gonzaga.
Qui comincia l'ucronia: al contrario di quanto successe nella realtà nella notte tra 5 e il 6 luglio non vi fu il temporale che ingrossò il fiume Taro il giorno successivo. Carlo VIII, messo alle strette dalla mancanza di rifornimenti e dall'infruttuosità dei colloqui diplomatici, decise di attraversare il fiume Taro e di porsi sulla riva sinistra dello stesso. Dopo poco fu seguito dalle truppe della Lega, che non trovando nel fiume un grosso ostacolo, riuscirono a porsi sia davanti all'esercito francese, sia dietro la sua retroguardia. La battaglia che ne seguì fu una carneficina: quattromila italiani, tra cui Rodolfo Gonzaga, zio di Francesco II, caddero portandosi dietro cinquemila francesi, quasi metà dell'esercito transalpino. Cosa più importante, però, fu la morte del re Carlo VIII, che non riuscì quindi a far ritorno a casa.
Come si evolve la situazione per gli stati italiani? Dovremmo interpretare ciò come una vittoria degli stati italiani o solo come una sconfitta francese? Dopo la vittoria, non più incerta, ma sicura da parte della Lega, la situazione politica che ne deriva riuscirà a difendere la penisola dalle pretese spagnole e francesi?
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