Berlinguer è ancora vivo!

di CCS

Enrico Berlinguer (25 maggio 1922 - vivente)

POD: Enrico Berlinguer non ha il malore che lo porta alla morte a Padova l'11 giugno 1984, ed è in vita ancor oggi, il 27 giugno 2014, all’età di 92 anni.

1984

Le Elezioni Europee confermano, di fatto, i risultati delle Politiche dell’anno prima. Il PCI rimane secondo partito al 30%, qualche punto dietro la DC. Il PSI conferma un risultato discreto, anche se la sua “grande avanzata” ha un rallentamento. Forte successo dei Radicali, per “effetto Tortora”.

1985

Alle Amministrative, il PCI ha un lieve calo, attestandosi sul 28%. Ma un mese dopo si prende una rivincita importantissima. Nel Referendum sulla Scala Mobile passa il SI. La campagna a tappeto sul territori, unita al controllo di tutte le strutture del partito fortemente mobilitate (comprese quelle più vicine al mondo delle Coop), su cui Berlinguer si spende in prima persona, è determinante. Mazzata su Craxi, e nel Pentapartito si apre "la notte dei lunghi coltelli".
Nel PSI cmq, nonostante la mazzata, Craxi rimane in sella, pur indebolito (il resto del partito negli anni precedenti era stato letteralmente ammazzato. Ed infatti, in HL, quando la sua corrente crollerà...). La sua linea sarà però mitigata, ed il "delfino" Martelli guarderà dichiaratamente ad un rapporto organico col PCI, spingendo, altresì, perchè, all'interno della maggioranza, il PSI faccia "asse" più con De Mita che con Andreotti e Forlani. Al tempo stesso, nel PCI il nuovo scenario è una mazzata forte per i Miglioristi.
Emerge nel PCI una nuova area (le correnti nel PCI ufficialmente erano vietate...) che tiene al rapporto con i Socialisti ma senza appiattirsi sul craxismo come avevano fatto i miglioristi, e che comunque resta parte integrante della "maggioranza berlingueriana", ufficialmente. Principale esponente, l’ex Segretario FGCI Massimo D’Alema, che ad inizio anni '80 era stato mandato a "farsi le ossa" in Puglia.
A fine 1985, intanto, prima della scadenza del decreto "Berlusconi ter", arriva la legge sulle Tv. Il cosiddetto "ambito locale", richiamato dalla sentenza di Telebiella, viene definito: l'ambito massimo è quello regionale. I network nazionali sono possibili (questo è il compromesso) solo se le trasmissioni non vanno in contemporanea tra una rete locale e l'altra. Berlusconi rimarrà un editore marginale, ed anche l'assalto alla Mondadori fallirà. Il fatto che Craxi sia indebolito condiziona il tutto.
Nel PCI, però, bisogna elaborare una nuova linea politica, in ogni caso. L'Eurocomunismo è diventato, sempre più, "Italocomunismo". Insostenibile. Si guarda con interesse alla Perestrojka, ma non si ricuce con Mosca, nonostante gli appelli in tal senso di Cossutta che qualcuno condividerebbe anche tra i Berlingueriani.
La nuova linea (nella seconda metà degli anni '80) è "rilanciare la terza via". "Oltre il comunismo, ma rimanendo tali". Nessun richiamo esplicito all'Internazionale Socialista (nemmeno in FGCI), se non per un "dialogo più strutturale, per costruire una grande casa comune della Sinistra". 
Nasce in anticipo il gruppo GUE al Parlamento Europeo, in sostituzione del gruppo "Comunista".

1987

Alle Politiche del 1987 il PCI propone la linea della "Sinistra unita" (di fatto il modello sarebbe Izquierda Unida spagnola, o l'attuale Front de Gauche francese, una federazione di diversi soggetti), ma il PSI risponde picche. Va a finire che si presenta col suo simbolo con, sopra, la scritta "Sinistra Unita", con l'adesione alla lista di varie personalità indipendenti e di alcuni partiti minori. La lista comunque va abbastanza bene, considerando il contesto politico del tempo (arriva al 30%).

1989

Con la caduta del muro il PCI cambia pelle subito. Ad annunciarlo è Berlinguer in persona, ma non lasciandosi sfuggire (volutamente) una frase alla sezione della Bolognina, ma convocando immediatamente una conferenza stampa a Botteghe Oscure.
Si manterrà il simbolo di Guttuso, eliminando la sigla "P.C.I." (niente Quercia), e con sopra la scritta in rosso "Democrazia Socialista" per "portare avanti i nostri valori nel mondo nuovo". Un'evoluzione della "Terza Via", di fatto. Cambiamento percepito come meno radicale, e più legato allo shock per la fine di un vecchio mondo che ormai non c'è più. Il Congresso sarà unico, e celebrato nei primi mesi del 1990.

1990

Con Berlinguer c'è quasi tutto il partito. Anche Ingrao, pur in sofferenza, dice si, e come lui anche Vendola. A lasciare sono i cossuttiani, gli ex-Pdup e pochi altri (tra cui anche Garavini, Libertini e Salvato, come in HL).
Alle Amministrative '90 Democrazia Socialista ottiene il 25%. Rifondazione il 3. Il PSI è fermo al 10.
Già da prima delle Amministrative tra Botteghe Oscure e Via del Corso ci sono contatti, soprattutto tra D'Alema e Martelli. L'obiettivo è arrivare ad un'unica forza, ma senza annessioni. Il nome sarà "Unità Socialista", il simbolo l'antico simbolo del PSI pre-Livorno (falce, martello e sole che sorge).

1991

Nel 1991 il PSI fa cadere il Governo, ed "Unità Socialista" si presenta alle elezioni, inizialmente come lista elettorale che unisce Democrazia Socialista e PSI (Craxi tenta di coinvolgere il PSDI, che risponde picche). Ottiene un incoraggiante 34%, prima lista (la DC, caduto il muro e cannibalizzata dalla Lega, è scesa al 30). Rifondazione sale al 4, dopo aver assorbito DP e tolto qualche voto a Berlinguer di alcuni elettori che non gradivano il nuovo listone.

Il problema sorge, però, al momento di formare il Governo. Se legittimamente si potrà rivendicarne la presidenza, altrettanto sicuramente si dovrà cercare un accordo con la DC per avere la maggioranza. Il nome da fare a Cossiga per Palazzo Chigi dovrà nascere, quindi, da un duplice compromesso: interno al futuro partito unico (che ha rapporti di forza ben delineati), e complessivo di una maggioranza che va da Ingrao a Forlani.
Il nome del nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri, dopo lunghe trattative, è individuato in Claudio Martelli. De Mita Vicepresidente. Andreotti agli Esteri, Forlani resta fuori, dedicandosi alla segreteria Dc (la Dc avrà comunque vari ministeri, stesso dicasi per Psi ed altri). Gino Giugni torna, tanti anni dopo, al Lavoro. Solo 3 ministeri a Democrazia Socialista, di cui solo 2 ad ex PCI: Luigi Berlinguer ad Università e Ricerca, e Giorgio Napolitano agli Interni. Vincenzo Visco va alle Finanze. Alla Giustizia, invece, Martelli chiama un tecnico di sua personale fiducia, il magistrato palermitano Giovanni Falcone (“Scelta mia su cui metto la faccia”, dichiara il Premier, facendo capire che non ha intenzione di fare retromarce).

Gli ex Pci compensano con la presidenza della Camera, dov'è confermata la Iotti, e con i vertici del nascituro partito.

Nell'autunno del 1991 si tiene il congresso fondativo di Unità Socialista. Achille Occhetto è eletto primo Segretario (Natta è stato "fatto fuori" pure qui dopo i suoi momentanei problemi di salute...). Amato Coordinatore della Segreteria. Berlinguer Presidente e De Martino vice. Craxi ha rifiutato ogni incarico, preferendo fare il direttore dell'Avanti, che per il momento rimane in piedi accanto a l'Unità (diretta qui ancora da D'Alema). In realtà vuole usare il giornale per la battaglia interna. Adesione immediata all'Internazionale Socialista
Il nuovo partito è "aperto alle correnti". Inizialmente, però, poca "mescolanza" tra le due vecchie provenienze. Tra gli ex PSI, tra i craxiani e (quel che resta del) la ex Sinistra interna, emerge un'area direttamente legata a Martelli, ora che lui è a Palazzo Chigi. Ne fanno parte, tra gli altri, Spini, Del Turco e Benvenuto. Amato e De Michelis restano con il direttore dell'Avanti. Tra gli ex PCI/Democrazia Socialista, si ufficializzano le correnti pre-esistenti: Berlinguer/Occhetto, Ingrao, Napolitano. D'Alema ed i suoi ufficialmente sono con Segretario e Presidente, ma tutti sanno che lavorano a parte.

1992

A causa delle politiche economiche più "aggarbate" della seconda metà degli anni '80, dovute all'indebolimento del CAF ed alla necessità di trovare altre strade per combattere l'inflazione dopo la bocciatura del Referendum sulla Scala Mobile, la situazione economica italiana di inizio anni '90 è "più aggarbata" rispetto a quella di HL. Problemi però comunque ci sono. Visco per questo avvia un'azione di contrasto all'evasione fiscale simile a quelle da lui attuate in HL nei Governi Prodi. Sapendo che in maggioranza provocherebbe malumori, la annuncia all'improvviso in conferenza stampa. Non si potrà tornare indietro. Anche perchè Occhetto chiarisce subito: "Visco non si tocca".

Ma più malumori ancora, soprattutto da parte DC, provocano i provvedimenti di Falcone al Ministero della Giustizia. Alcuni parlamentari della DC escono fuori a viso aperto contro di lui, ma è Martelli in persona a farsi carico di ogni singolo provvedimento, dichiarando a viso aperto "chi vuol toccare lui tocca me" (...i provvedimenti sono gli stessi che Martelli e Falcone fecero insieme in HL. Ma qui li prende da Ministro). In ogni caso, nella primavera del '92 sembra che la sua sia una parentesi. Pare, infatti, che sia intenzionato a tornare in Magistratura, per assumere personalmente il ruolo di Procuratore Nazionale Antimafia, che verrà a breve istituito con la sua stessa riforma.

Nella stessa primavera, a Milano scoppia il caso: Mario Chiesa, noto esponente della corrente craxiana di Unità Socialista, viene arrestato per tangenti. Il suo capocorrente lo scarica subito, ma è un autogol: Chiesa dal carcere comincia a fare i nomi. La corrente craxiana è colpita in maniera durissima. Ma fa anche i nomi di molti Democristiani, soprattutto seguaci di Andreotti e Forlani. Poco toccate le altre correnti dei due partiti maggiori, e comunque, per il momento, non coinvolti i leader. E' all'interno dei due partiti che la tensione inizia a salire, soprattutto in US.

In questo clima, ci si avvicina a grandi passi all'elezione del Presidente della Repubblica. La DC avverte Unità Socialista: non voterà alcun nome che non sia dei loro. Al tempo stesso, però, i nomi che sembrano venire dallo Scudocrociato non riscuotono consensi. Le votazioni si susseguono senza portare risultati, finchè, dalla Sicilia, non arriva una fatale notizia che scuote tutto il Paese.

A Capaci, chili e chili di tritolo hanno fatto saltare l'autostrada, e uccidono il Ministro della Giustizia Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta.

In questo clima, il Parlamento elegge subito il nuovo inquilino del Quirinale. E' Democristiano, ma non è uno dei nomi che circolavano. Il nuovo Presidente della Repubblica è Oscar Luigi Scalfaro.

Pochi giorni dopo, Martelli, ancora scosso, decide che serve subito un nuovo Ministro, e sposta Napolitano alla Giustizia. Nuovo Ministro dell'Interno è il Democristiano Nicola Mancino, fino ad allora in altro Ministero
In luglio, all'Assemblea Nazionale di Unità Socialista, tra Craxi ed i vertici del partito si va allo scontro aperto. La sua corrente è ormai nel mirino del fuoco di fila di varie aree interne. Lui accusa: il fenomeno della corruzione è generale, ed è spergiuro chi sostenesse di non aver mai usufruito di finanziamento illegale. Berlinguer replica: ognuno parli per sè, qui c'è chi ha sempre fatto politica con le mani pulite, e non è permesso a nessuno di accusarli di essere tutti conniventi! Anche Occhetto è più o meno sulla stessa linea: il partito deve fare pulizia al suo interno senza guardare in faccia a nessuno, e senza che a nessuno sia permesso dire "tutti colpevoli, nessun colpevole". I craxiani sono isolati, dato che anche le altre correnti ex socialiste non sembrano voler sposare questa battaglia. Ed anzi viene imposto che nessuno dei due giornali di Unità Socialista attacchi mai la magistratura.

Intanto, nonostante la situazione dei conti pubblici sia migliore che in HL, ed il lavoro di Visco contro l'evasione fiscale stia portando i suoi frutti, il Governo è comunque costretto ad una manovra straordinaria da 40mila miliardi (100mila in HL), con una mini-patrimoniale (assente in HL) ed un prelievo forzoso dell'1,5‰ dai conti correnti (6‰ in HL), per mettere a posto la situazione economica dello Stato.

Le inchieste continuano ad allargarsi. Ma se tutto era partito da Mario Chiesa, sarà la DC a pagare il prezzo più alto: in ottobre arriva l'avviso di garanzia al suo segretario nazionale, Arnaldo Forlani. Deve dimettersi subito. E dato che sia la sua corrente che quella di Andreotti sono falcidiate dalle inchieste, la segreteria passa a Mino Martinazzoli, che però non ha intenzione di sciogliere il partito (ritiene che con DC da un lato ed US dall'altro, l'Italia abbia già un sistema europeo, e ci sia bisogno solo di un "grande rinnovamento").

Continuano ad essere colpiti in maniera solo marginale Sinistra Democristiana, ex Sinistra Socialista, Martelliani (...ma ancora per poco) ed ex PCI, salvo che in Lombardia, nelle zone dove, prima dello scioglimento, resistevano i miglioristi (compresa Milano Città).

Occhetto, da par suo, deve forzatamente fare come aveva annunciato (non guardare in faccia a nessuno), anche perchè Msi e Lega da un lato, e Verdi e Rifondazione dall'altro, sono pronti a sparare a palle incatenate. Anche se questo provoca tensioni crescenti coi craxiani.

In dicembre, l'avviso di garanzia arriva a Bettino Craxi in persona. Viene costretto a dimettersi dalla direzione dell'Avanti, e lascia polemicamente il partito, passando al PSDI, seguito da vari "peones". Dichiara di essere stato "fregato dai comunisti", ed attacca i suoi ex compagni, accusandoli di tradimento. Occhetto non replica, anche perchè simili dichiarazioni in questo momento, con l'opinione pubblica abbastanza schierata con le inchieste (non quanto in HL perchè mancano i servizi del Tg4, ma comunque abbastanza), fanno gioco. Ma è ancora Berlinguer a replicare: il grande progetto politico di riunire la Sinistra italiana resta valido, e non si poteva piegarlo alle aspirazioni personali di nessuno. Dobbiamo poter rivendicare di avere le mani pulite.

1993

A febbraio 1993, un avviso di garanzia arriva anche a Martelli. Stavolta nessuna polemica dentro Unità Socialista, in quanto è lui stesso a pretendere che non ve ne siano, ed a dimettersi immediatamente "sua sponte" dalla Presidenza del Consiglio, autosospendendosi anche dal partito "fino a che le cose non saranno chiarite". Scalfaro ritiene che non si possa andare ad elezioni in quel momento, ed incarica Carlo Azeglio Ciampi di formare un nuovo Governo
Ciampi tenta di coinvolgere tutte le forze dell'arco costituzionale (cioè tutti tranne l'Msi. Lega compresa). Solo Lega e Rifondazione dicono no. Entrano anche i Verdi, con Rutelli Ministro dell'Ambiente.

La maggioranza è tanto larga quanto litigiosa. Sulla crisi economica si riesce a fare pochino. Bisognerà aspettare il nuovo Governo per avere provvedimenti più incisivi.

Ad aprile, clamoroso alla Camera. Si vota sulla decadenza di Craxi. Solo il suo nuovo partito (il PSDI) è dichiaratamente contrario. In DC ed US si levano voci di dissenso, ma la maggioranza dei due partiti maggiori è per la decadenza. I numeri dovrebbero essere netti. Eppure la Camera respinge. Dai banchi di MSI e Lega parte il grido "ladri ladri", i Verdi escono dalla maggioranza, Rifondazione lancia accuse al vetriolo. Soprattutto dentro US è bufera. Ma per quanti franchi tiratori potessero esserci, dai calcoli di qualcuno (poco ascoltati, però, se non molti anni dopo) sembra che in realtà molti voti "No" siano venuti proprio dall'opposizione. In ogni caso, Berlinguer condanna apertamente il voto: "non rappresenta il nostro partito", con Tg3 e Repubblica che fanno da megafono.

Intanto sia US che DC registrano perdite. Bertinotti, leader della minoranza CGIL "Essere Sindacato", passa a Rifondazione, assieme ad un piccolo gruppo di seguaci. I contrasti tra Garavini e Cossutta lo porteranno a prenderne la segreteria a breve. Ma è la DC che perde più pezzi: Orlando fonda La Rete, assieme ad altri esponenti politici e della società civile, Segni fonda un suo movimento, su posizioni "liberal" ed a sostegno del Referendum sul maggioritario. Non nascono né i Cristiano-Sociali, né Alleanza Democratica.

Sul Referendum contrari DC, PSDI e Rifondazione. Favorevoli Segni, Rete, Verdi, MSI e Lega. Unità Socialista ufficialmente lascia libertà di voto. Il tema spacca il partito a metà come una mela, e gli stessi Occhetto e Berlinguer hanno idee diverse in merito. Tutta la componente ex PSI è per il no.

Il Referendum passa, col 60% di Sì (non con il 90% di HL. L'opinione pubblica è si sconvolta da Tangentopoli, ma non quanto in HL, quando il tutto si legò all'antipatia verso il CAF che comandava, ed i Tg della Fininvest fecero da megafono a ciò che avveniva al Tribunale di Milano).

Occhetto dichiara che "bisogna cogliere lo spirito del Referendum", e quindi cercare di costruire due "grandi poli", uno attorno ad Unità Socialista, l'altro attorno alla DC. Niente alleanze con la DC alle Amministrative, quindi, dove US costruirà coalizioni con Verdi e Rete, e qualche volta col PRI, cercando (e non trovando) accordi con Segni, e non disdegnando, in alcune realtà (come Milano e Napoli), di fare alleanze anche con Rifondazione. Intanto Amato si dimette da vice-Segretario, e passa al Patto Segni. Al suo posto Valdo Spini. La DC, invece, si allea con PSDI, quel che resta del PRI e varie Civiche (più i Pattisti in qualche realtà locale, ma nei comuni maggiori Segni va da solo).

I risultati, però, sconvolgono il quadro. Tangentopoli un po le carte le ha cambiate. Unità Socialista cala del 7% rispetto alle politiche, attestandosi ad un comunque non negativo 27%, confrontato col tracollo della DC, che si attesta al 15%, la metà dei voti di due anni prima. Ma soprattutto: la DC è fuori da tutti i ballottaggi nei centri maggiori. Al nord sono tutti Sinistra contro Lega Nord (Novelli è rimasto in US, e Rifondazione a Torino resta al palo). A Roma ed a Napoli i candidati delle Sinistre sfidano quelli del MSI, che è anche il primo partito. Ed a Milano, la Lega fa anche il colpaccio, vincendo il ballottaggio. Cosa che capita, poi, in vari capoluoghi minori. Come nel centro-sud sono vari i capoluoghi a finire in mano Missina. E c'è chi sostiene che per la vittoria di Rutelli a Roma sia stato decisivo l'appoggio dei seguaci di Segni al ballottaggio.

In vista delle politiche, Occhetto lancia un messaggio alla DC: il bipolarismo in Italia è da costruire. Ma ora c'è da salvaguardare la tenuta costituzionale dall'avanzata dei post-fascisti e della Lega. Ma Martinazzoli rifiuta. Sa che il risultato è in parte dovuto anche al disimpegno dell'ala destra del partito, che sarebbe pronta, in caso di alleanza con le Sinistre, a fare subito una scissione fondando una nuova forza ispirata alla CDU tedesca con a capo Casini e Buttiglione, alleata con l'MSI o con la Lega. Annuncia, anzi, che la DC deve tenere la barra dritta al centro. Al tempo stesso lancia alle altre correnti interne precisi segnali riguardo alle liste ed alle alleanze: con MSI e Lega, ma avversari delle Sinistre. E recupero di Segni (le cui liste sono andate molto bene) e dei Repubblicani. Su spinta di Casini, con cui ha stretto un accordo, capolista della DC nella quota proporzionale in Lombardia, sarà Silvio Berlusconi, che a livello regionale porta molti voti con le sue Tv, lì ben radicate. Ad Unità Socialista non resta che costruire una coalizione con Verdi, Rete e Rifondazione Comunista.

1994

Si tengono, quindi, il 27 marzo, le elezioni politiche.

Risultati politiche 1994:

Sinistra: 35% (Prop: US 26%, Rifondazione 4%, Verdi e Rete 2,5%)
Centro: 25% (Prop: DC 19%, Segni 5% PRI e Radicali 2%, SVP 1%, sotto l'1% le altre liste. Vari elettori centristi hanno votato MSI al maggioritario)
MSI 19% (sotto il 16% al proporzionale)
Lega Nord 10% (fortissima al Nord ma inesistente sotto il Po)

La coalizione di Sinistra ha la maggioranza assoluta, seppur di poco, nelle due Camere. Il "gioco dei collegi" l'ha favorita.
A Palazzo Chigi ci va Achille Occhetto, primo post-comunista a guidare il Governo italiano. L'area ex-PCI ormai è preponderante nel partito, dato che buona parte dell'ex-PSI è stato massacrato dalle inchieste o è fuoriuscito, disperdendosi tra Patto Segni (Amato, Tremonti), PSDI (Cicchitto, Brunetta, lo stesso Craxi prima di andare ad Hammamet), Radicali (Intini ed altri).

Anche il nuovo Segretario, quindi, sarà ex PCI, ma gradito anche a quei pochi ex PSI rimasti (almeno al vertice. Alla "base" la maggioranza dei militanti sono ancora nelle sezioni, e la fusione appare anche ben riuscita). La scelta ricade su Massimo D'Alema, che lascia a Veltroni la guida de "L'Unità". L'area ex PSI è rappresentata nel Governo da Ottaviano Del Turco, che così risolve anche un problema: con tutti i movimenti di quel periodo, ci voleva uno a cui i militari obbediscano (quindi niente ex-PCI, per principio).

Al Comitato Nazionale di Unità Socialista, che eleggerà poi il nuovo Segretario, viene lasciata a Berlinguer la relazione di apertura. Sottolinea la grande responsabilità che la Sinistra ha: risollevare un Paese vittima di un momento oscuro, catalizzare tutte le aspettative che, inevitabilmente, si focalizzano su di essa dopo questa svolta politica, non dimenticare, nel gestire il Governo, dei propri ideali.

D'Alema nel discorso di ringraziamento dedica molti passaggi alla sua idea di partito, che deve rispecchiare l'appartenenza all'Internazionale Socialista.

Il Governo rappresenta le varie anime della maggioranza, dando anche ministeri a Rifondazione (prima volta dal 1947 che ci sono ministri ufficialmente comunisti. Da Washington a chi gli chiede se è preoccupato Clinton risponde facendosi una risata). Unico tecnico Ciampi, messo al Tesoro.

La giunta per le elezioni della Camera dichiara ineleggibile il neo-deputato della DC Silvio Berlusconi, in quanto detentore di pubbliche concessioni. Passa per un solo voto. In ogni caso l'imprenditore milanese ha ormai stretto un patto con Casini, che si svilupperà ugualmente nei mesi successivi.

Dentro la DC, c'è da digerire la prima volta all'opposizione dal 1945. Dall'altra parte, però, il partito rispetto alle Amministrative è apparso in ripresa, anche se il "gioco dei collegi" l'ha portato ad avere meno deputati dell'MSI, e la coalizione di Centro è comunque risultata la principale alternativa alle Sinistre.

Martinazzoli si presenta comunque dimissionario al Consiglio Nazionale, ma le sue dimissioni vengono respinte. Si vedono poche alternative, e si vede che lui, di fatto, rappresenta la sintesi tra le varie anime del partito, diviso tra più sensibilità, ed in cui spunta sia chi avrebbe preferito fare un patto con Unità Socialista che avrebbe portato a restare al Governo escludendone Rifondazione, sia chi comincia a pensare che forse guardare all'MSI o almeno alla Lega non sarebbe stato così sbagliato. Far saltare il tappo significherebbe, probabilmente, il caos, e forse la scissione.

Passa un ordine del giorno di Casini, nonostante i molti contrari: la DC sosterrà un referendum per abolire il divieto di trasmettere in contemporanea nelle varie regioni per i vari network privati nazionali. "Anche l'Italia ha diritto ad avere delle vere tv nazionali private, come in tutta Europa".
Il nuovo Governo rilancia la lotta all'evasione già iniziata da Visco sotto Martelli. Varate leggi sulla sicurezza del lavoro (la 626/96 di HL) e sui beni confiscati alle mafie (quella di Libera), con due anni di anticipo rispetto ad HL.

La situazione dei conti, rispetto a quella del nostro 1996, è migliore, e c'è anche più tempo. Per il momento, quindi, non si pensa ad Euro-tasse o privatizzazioni (anche perchè soprattutto queste ultime sarebbero maldigerite in maggioranza), ma presto alcuni nodi verranno al pettine.

Con una forte mobilitazione della corrente di Casini ed una campagna battente delle Tv locali berlusconiane in tutta Italia, si raggiunge il numero di firme necessario per presentare il Referendum sulla Tv.

Tra Natale e Capodanno, non sfugge ad alcuni la cena tra il Ministro dell'Industria Pierluigi Bersani e lo storico "patron" della Fiat Gianni Agnelli. Chiaramente a chi chiede spiegazioni, la risposta è tranquilla: "se uno dei maggiori industriali del Paese chiede di parlarmi, io ci vado".

1995

In vista delle Regionali, D'Alema cerca di allargare le alleanze, ma Martinazzoli risponde ancora picche. Il Consiglio Nazionale della DC arriva all'ennesimo compromesso: avanti con la coalizione di centro, cercando di vincere con quella. Lieve apertura, invece, dal Patto Segni: possibile alleanza con la Sinistra laddove non ci fosse Rifondazione in coalizione ed il candidato Presidente non fosse dell'ex PCI. Accadrà nel Lazio ed in Campania. In ogni caso, nessuna apertura dal Centro ad MSI e Lega.

In vista del Referendum sulle Tv il direttore de "L'Unità" Walter Veltroni, in un suo editoriale, lancia l'idea: troviamo un compromesso, permettiamo ai soggetti privati di fare una rete nazionale ciascuno, con regole precise. Subbuglio in maggioranza. Il ministro di Poste e Telecomunicazioni Oliviero Diliberto (Prc) dice: "non se ne parla". Forte contrarietà anche da Verdi e Rete, e divisione profonda anche dentro Unità Socialista. D'Alema, accusato da molti sulla stampa di temere Veltroni per gli equilibri interni, e desideroso, dall'altro lato, di assicurarsi l'appoggio, per i giochi interni al partito, di miglioristi ed ex PSI (buona parte dei quali guardano con interesse alla proposta, respinta invece sdegnosamente dalle altre aree), non vuole intervenire in prima persona. Chiedere un intervento a Berlinguer sarebbe esagerato. Alla fine il chiarimento è affidato a Folena, responsabile comunicazione del partito: "Veltroni parlava a titolo personale. Unità Socialista ha due giornali, entrambi hanno libertà di movimento nel rappresentare il nostro pluralismo culturale interno, nessuno dei due esprime la linea ufficiale del nostro partito".

A fine gennaio 1995, congresso di scioglimento del Movimento Sociale Italiano. Nasce Alleanza Nazionale. "Consegniamo il fascismo alla storia", dichiara Fini, "per costruire una grande destra, i cui valori possano parlare a tutto il Paese". Rauti fonda la Fiamma Tricolore. Casini rinnova, dentro la DC, le proposte di alleanze con la destra: "non possiamo ignorare queste svolte". Ma Martinazzoli non raccoglie. AN rimane ancora isolata, per il momento, ma con questa svolta Fini riesce a mantenere una parte degli elettori raccolti negli anni precedenti, che sembravano voler tornare altrove.

Alle Regionali, sostanziale conferma del voto delle Politiche. L'alleanza Sinistra-Segni (senza Rifondazione) vince nel Lazio ed in Campania (dove si farà un piano rifiuti ben migliore di quello di Rastelli). Per il resto, le regioni a maggioranza Progressista alle politiche, comprese Piemonte e Puglia, vanno, alcune di poco, al polo guidato da US. Le altre sono vinte dalla coalizione guidata dalla DC, che prevale in volata in Veneto (dove molto forte si rivela la Lega), e vince in Lombardia con una forte campagna elettorale a favore di Roberto Formigoni da parte delle solite Tv berlusconiane.

In giugno, arriva il fatidico referendum sulla Tv. Berlusconi azzecca la mossa vincente: se in genere lasciava i programmi migliori alle Tv delle regioni principali (Lombardia, Lazio, Campania), nel mese precedente al Referendum li manda molto più nelle altre Regioni, lasciando, in sovraimpressione, la scritta: "questo vorremmo mandarvi ogni giorno, se la legge ce lo consentisse. Tu puoi permettercelo". 55% di Si. Il divieto di trasmettere in contemporanea per i network privati decade.
L'editoriale di Veltroni sull'Unità, il giorno dopo dei risultati del Referendum, fa andare la colazione per traverso a mezza maggioranza, ad alcuni più del risultato stesso.

"Inutilmente dalle colonne di questo giornale avevamo invitato ad una soluzione di buonsenso. Siamo stati per questo attaccati all'inverosimile da chi non voleva ascoltare. Provocando, oggi, una sconfitta politica che la nostra maggioranza si è andata a cercare.

La nostra coalizione doveva dar prova di saper governare, cosa che comprende anche la giusta dose di realismo, e di saper fare, quindi, scelte che sapessero bilanciare le diverse esigenze e sensibilità del Paese. Si è preferita, invece, la strada ideologica.

Il Presidente del Consiglio doveva dar prova di leadership, invece ha brillato per la sua assenza, lasciando che il Ministro andasse a ruota libera, e non riuscendo a tenere le redini della maggioranza.

Il nostro partito si è mostrato ostaggio degli alleati e delle aree interne più conservatrici, non svolgendo il proprio ruolo di motore riformista della coalizione".

Le reazioni non si fanno attendere. Scontate quelle degli alleati. Ma prevedibili anche quelle interne. L'ala sinistra del partito (i seguaci di Ingrao) chiede a gran voce di togliergli la direzione del quotidiano. Critiche anche dai più vicini al Premier, con Mussi che dice "caro Walter, quanto ti sbagli". Ma molti ritengono che l'obiettivo vero fosse, ancora una volta, D'Alema, e l'obiettivo staccare da lui gli ex-PSI (almeno la maggior parte) ed i Miglioristi.

D'Alema decide di sparigliare. Si fa intervistare, guarda caso, dall'Avanti, diretto da Enrico Boselli, e dichiara: "è una sconfitta da accettare. Abbiamo difeso quella che ritenevamo una buona legge. Ma in politica ci sono anche le sconfitte, e non si deve farne un dramma. Ora l'urgenza è lavorare per una legge che eviti un far west sul tema. Ma è chiaro che della volontà popolare si dovrà tener conto".

E' presentata la Legge Violante, approvata in poche settimane con la fiducia (nonostante molti malumori in Prc e Rete, oltre che in alcune aree di US): possibili fino a 2 reti nazionali (la Fininvest non è danneggiata in alcun modo: non comprendo Mondadori, non ha preso Rete4. Deve solo rinunciare ad Italia7 e ad ingrandirsi su Tele+, come in HL), o una nazionale e 6 locali. Canale5 ed Italia1 hanno un vantaggio competitivo, avendo la struttura già pronta. Gli altri arrivano in ritardo. La Mondadori rilancia Rete4, e DeBenedetti compra Odeon. Cecchi Gori compra Tmc. La Fiat diventa socio di maggioranza di Italia7, lasciando Di Stefano come socio di minoranza.

Quando Unità Socialista convoca la sua Assemblea Nazionale, l'intervento di Berlinguer è molto duro: "Abbiamo voluto un partito che non conoscesse il centralismo democratico, neanche in forma più attutita, ma questo non può e non deve portare a quanto abbiamo visto nell'ultimo mese. Gli scontri all'arma bianca di cui troppi si sono resi protagonisti fanno male a tutti noi, alla Sinistra, ed all'Italia, che a noi si è rivolta un anno fa per farsi governare". Sulla stessa linea De Martino: "cari compagni, ho già visto percorrere una simile strada, e ne conosco le conseguenze. Fermiamoci finché siamo in tempo".

Veltroni, da par suo, fa una parte di autocritica, ma tiene il punto sui contenuti: "se qualcuno vuol darmi la responsabilità di aver aperto io questo scontro, me la prendo. Sono stato duro, forse troppo, ed ho attaccato in tutte le direzioni. Ed accetto anche la critica di chi dice che non dovevo farlo dalle colonne di un quotidiano che appartiene a tutti noi. Ma ho voluto lanciare un grido di dolore. Se invece di dare una spinta riformista, ci cacciamo nell'angolo da soli, la fiducia che abbiamo ottenuto alle elezioni non la manterremo a lungo".

Ed intanto si avvicina, per la maggioranza, una nuova grana: Bosnia...
Il 6 luglio 1995, inizia il massacro di Srebrenica. Responsabili le truppe serbo-bosniache, guidate da Ratko Mladic. Le truppe olandesi dell'Onu si volatilizzano. La popolazione di Srebrenica e Zepa è massacrata.

Gli occhi del mondo sono puntati sulla Jugoslavia. Ma in Italia questa diventa una bomba sul profilo della politica interna, col Governo che rischia, proprio su questo, di andare in frantumi.

Rifondazione alza subito le barricate contro un intervento militare. E' il responsabile esteri Ramon Mantovani ad intervenire: ''Spira un vento interventista preoccupante. Un intervento aereo o terrestre finirebbe con l'aggravare il conflitto, 'sarebbe una vera avventura il cui prezzo ricadrebbe sulle popolazioni di tutte le etnie mentre le elite dirigenti e le frange estremistiche ne godrebbero enormemente. Temiamo anche che, cinicamente, si pensi gia' al ritiro dell'Onu e ad un allegro commercio per armare i bosniaci. Insistiamo nel contrapporre la pace alla guerra percorrendo la via diplomatica. Domani la direzione di Prc presentera' al Paese e alle altre forze politiche un piano di pace per fermare il massacro e riaprire la trattativa".

Dentro la maggioranza è caos. Unità Socialista è in pieno terremoto. Del Turco dichiara: "l'Italia non si può isolare dal mondo, nel momento di una simile tragedia per di più". Posizioni ancor più nette da Napolitano. Seguono editoriali al vetriolo di Veltroni su "L'Unità" (non ha voluto "aprire le ostilità" per primo, stavolta, ma "recupera subito"). Al tempo stesso, gli ingraiani sono su posizioni assolutamente anti-interventiste, e si appellano, oltre che a D'Alema e ad Occhetto, anche allo stesso Berlinguer.

Sia il Segretario che il Premier sono tra due fuochi: di fronte al massacro ritengono anch'essi che non si possa star fermi. Ma tengono ad unità di partito e coalizione. Mentre l'opposizione urla all'irresponsabilità, con il neonato Tg di Italia1 "Studio Aperto", diretto da Emilio Fede, che fa da megafono.

Quanto a Berlinguer, dichiara secco: "il nostro partito, il nostro Governo, deve essere per il rispetto di quanto prevede la Costituzione Italiana".

E la Costituzione dice "l'Italia ripudia la guerra" e "l'Italia accetta le limitazioni di sovranità imposte dalla partecipazione alle organizzazioni internazionali". E su questo la maggioranza raggiungerà un fragile compromesso.

Alla fine in Parlamento si vota un ordine del giorno in tre punti:

1-Condanna del massacro perpetrato
2-Lavoro a livello internazionale perchè si giunga a soluzioni di Pace
3-Fedeltà all'Onu e nessun intervento senza di essa

Sembra una vittoria dell'ala pacifista (con l'opposizione che urla al tradimento ed all'abbandono della politica estera occidentale). Ma di lì a poco più di un mese succederà l'imprevedibile.

Dopo l'attacco al mercato di Sarajevo, infatti, il responsabile dei Caschi Blu in Bosnia da il via libera alla "Operazione Deliberate Force" della Nato. Ed i Ministeri degli Esteri e della Difesa danno il via libera alla partecipazione italiana, ritenendosi totalmente autorizzati da quanto il Parlamento aveva già deliberato.

L'ala pacifista della maggioranza insorge, ma sa anche che, tecnicamente, le cose stanno effettivamente così. Inoltre, l'andamento della missione (costituita da attacchi mirati ai soli obiettivi strategici della Republika Srpska e Raid, e vittime molto limitate, in un contesto in cui i massacri già presenti, viceversa, erano all'ordine del giorno), ed i colloqui di pace che, con l'intervento, sembrano avvicinarsi, danno argomenti all'area "occidentalista" (con ancora Veltroni che dalle colonne dell'Unità fa il panegirico quotidiano a "l'intervento di responsabilità che può porre fine alla guerra").

L'intervento termina nel giro di 20 giorni, e di lì a poco cominciano i colloqui di Dayton, che porteranno ai relativi accordi che mettono fine a quattro anni di massacri.

Il Governo italiano si fa male ugualmente. Rifondazione avverte che questo non può essere il modello, attaccata da altre componenti della maggioranza. Gli stessi Verdi e Rete non sono stati molto entusiasti. Ed US paga comunque un prezzo. L'ala ingraiana accusa: "stiamo partecipando ad una guerra, e questo perchè il nostro partito ha lavorato perchè in coalizione passasse un testo meno anti-interventista possibile", dicono ad una sola voce Ingrao e Giordano, Vendola e Bandoli. Alla fine lo stesso Ingrao decide di lasciare US, seguito da una parte, minoritaria, della sua area, che a sua volta si divide ancora: la maggiorparte dei fuoriusciti, guidati da Franco Giordano, raggiungono Bertinotti in Rifondazione. Ingrao rimane indipendente.
Anche Rifondazione però ha uno scossone interno: l'area ex DP presenta un documento al CPN per uscire dal Governo. Non passa, ma raccoglie un 30% di consensi, raccogliendo anche voti da alcuni appartenenti ad altre aree.

L'opposizione (in particolare AN, Lega ed ala della DC guidata da Casini) lancia bordate contro "una maggioranza capace di spaccarsi e rischiare la crisi su un'iniziativa della comunità internazionale contro un immondo massacro".

Quanto a Berlinguer, chiamato ancora in causa nei giorni in cui l'intervento iniziava, dichiara: "E' il giorno del dolore. Evitiamo, però, che sia anche quello del disastro istituzionale".
Autunno 1995: Terminata la tempesta internazionale, con gli accordi di Dayton che vanno ormai delineandosi, mossa a sorpresa dal Governo sulla politica industriale. Pierluigi Bersani annuncia il varo di incentivi alla rottamazione degli autoveicoli. Qualcuno ricorda di quella cena torinese di pochi mesi prima e collega le cose, ma il Ministro respinge nettamente le accuse: "io devo agire al servizio del sistema industriale del Paese".

Gli incentivi passeranno, con il voto favorevole della maggioranza, pur con vari mal di pancia, l'astensione della DC, ed il voto contrario, e molto polemico, di Patto Segni, AN, Lega e Fiamma.

Intanto nella maggioranza si fa sentire la componente di US più vicina al Presidente del Consiglio. E' il Capogruppo alla Camera Fabio Mussi, in un'intervista al Manifesto, a dire la sua su quanto accade nella coalizione di Sinistra.

"Rifondazione ha sbagliato nelle sue ultime polemiche, ed anche la scissione di Ingrao e Giordano è un errore", esordisce, "ma nel nostro partito", prosegue, "un problema c'è".

"Noi dovremmo essere il collante della maggioranza", dice, "invece vari dei nostri esponenti vanno un po per conto loro, e giocano, troppo spesso, a terremotarla". "E mi stupisce molto", prosegue, "che proprio coloro che vengono dalla mia storia politica spesso siano proprio quelli più duri in questo atteggiamento, che oltre al Governo sta minando anche il partito".

Infine la stilettata, che fa capire anche perchè queste parole non le ha dette "su altre colonne":

"Il nostro partito ha due giornali, espressione delle due grandi storie che ha unito, ed ha anche lasciato piena libertà di espressione ad essi. Usare giornali che appartengono a tutto il partito per fare polemiche di parte non è corretto, ed è ora di fare chiarezza al nostro interno".

"Dall'ultimo congresso sono successe tante cose. E' il momento di tracciare una linea più certa. E che metta in chiaro quel che c'è da mettere in chiaro sulla lealtà al nostro Governo".

Chi deve capire, capisce. E D'Alema, intervistato dalla Rai, annuncia che "si, si può anticipare il Congresso ad inizio 1996".

1996

Gennaio, Unità Socialista tiene il suo congresso. Ufficialmente unitario. In realtà con il voto su emendamenti ed ordini del giorno si ufficializzano, e si contano, le diverse correnti.
D'Alemiani: 35%
Occhettiani: 30%
Veltroniani: 20%
Sinistra: 15%
Gli ex-PSI (salvo gli ex seguaci di De Martino, schierati con Occhetto) scelgono D'Alema. Gli ex Miglioristi Veltroni. Con D'Alema anche Bassolino, in precedenza su posizioni più "Sinistre". La Sinistra interna, dopo l'uscita di Ingrao e Giordano, è ora guidata da Vendola, affiancato da Fulvia Bandoli, Gloria Buffo ed Anna Finocchiaro (che in HL è stata nell'ala Sx di PDS/DS fino al 2000, ndr).
Polemiche aspre riguardo la linea che Veltroni porta avanti con "L'Unità". Ma quando il suo siluramento pare ad un passo, interviene Folena, della corrente D'Alemiana, a dire che "qui nessuno vuole la testa del Direttore di nessuno dei nostri due giornali".
Risultato, Veltroni rimane dov'è, ma politicamente indebolito. E deve anche chiedere ai suoi di non fare le barricate contro un ODG che impone sia all'Unità che all'Avanti di avere una linea editoriale di sostegno al Governo, alla linea del partito, ed all'unità della coalizione.
L'intervento di Berlinguer, a cui D'Alema fa aprire il congresso, è di "politica alta". Parla della responsabilità della Sinistra italiana di fronte alla storia. Di un Paese che deve sapersi tirar fuori da una crisi morale che ha provocato quella economica e sociale. Di una comunità internazionale che ha mostrato di non saper risolvere i suoi problemi senza usare la stessa moneta degli autori dei massacri che vuole fermare. Della sconfitta di un'Europa che se esiste deve saper dare un altro "marchio".
Nei mesi successivi il Governo affronterà altri problemi. Non relativi ai risultati della sua azione, che continuano a dare "numeri" positivi, ma al dissenso che provoca in alcuni strati sociali. Il Premier Occhetto ed il Ministro dell'Industria Bersani passeranno una brutta giornata al convegno di Confindustria...
Primavera 1996. Arriva il convegno di Confindustria. Gli industriali non apprezzano la politica economica del Governo. "State facendo il risanamento, ma colpite le eccellenze". "La lotta all'evasione sarebbe legittima, ma i vostri controlli sono punitivi per le aziende". "Serve un mercato più dinamico, la vostra concezione dirigista blocca lo sviluppo che potremmo avere". Infine la stoccata: "ricordatevi che siete minoranza nel Paese, ed avete vinto solo grazie al sistema elettorale".

Un mese dopo, anche dall'Europa arrivano brutte notizie: "l'economia sta andando bene, il deficit ed il debito sono in calo. Diventa importante, però, intervenire sulle pensioni".

Immediata levata di scudi da parte di Rifondazione: "come rimettere in piedi il bilancio italiano non lo decidono i tecnocrati di Bruxelles", dichiara subito Bertinotti. Attacchi dall'opposizione, soprattutto dall'ala destra della DC, con Casini, e dal Patto Segni. Veltroni a pag.2 de L'Unità lancia un messaggio sibillino: pagina bianca, salvo per poche frasi che così recitano, testualmente, in questo modo: "qui doveva esserci il nostro editoriale riguardo le polemiche sulle richieste europee e le reazioni in Italia. Ci auto-censuriamo in ossequio a quanto deciso dal congresso nazionale di Unità Socialista".

Occhetto prova a smorzare i toni: "stia tranquilla l'Europa, stia tranquilla l'opposizione, e stiano tranquilli anche i partiti della maggioranza. Metteremo a posto il nostro bilancio con misure socialmente sostenibili". D'Alema va incontro agli alleati: "in Europa dobbiamo portarci l'Italia, non la sua salma". In realtà è preoccupato per le reazioni della Cgil e per il potenziale rafforzamento di Occhettiani e Sinistra a scapito dei suoi.

Ma è proprio quanto detto dagli industriali in marzo, in realtà, che preoccupa di più. Tutti sono coscienti che qualcosa, su quel fronte, bisognerà concedere. Sanno come ricattare.

Senza contare che, comunque, per rimettere i conti a posto in tempo per l'ingresso nell'Euro bisognerà inventare ancora qualcosa. E forse la strategia seguita finora non basterà fino in fondo, costringendo a qualche scelta impopolare.

Estate 1996, i conti cominciano a non tornare. Ciampi avvisa: così in Europa non ci entriamo, non facciamo in tempo. Bisogna trovare soldi freschi subito.

In maggioranza si apre il dibattito. Rifondazione fa muro contro ipotesi di privatizzazioni. Ma più d'uno in maggioranza fa notare che per fare cassa forse saranno necessarie. Sulle pensioni l'Europa preme, ma per il momento in maggioranza la cosa genererebbe troppa tensione. In ogni caso, si partirà da altre misure. Viene varata l'euro-tassa (uguale a quella di HL). Si attua un altro blitz sui conti correnti più cospicui, simile a quello attuato dal Governo Martelli qualche anno prima. Ma ancora non basta, e si alzano varie voci da dentro la maggioranza, soprattutto veltroniani, che chiedono di "non avere tabù".

In autunno dall'Europa arriva l'aut-aut: se non ritoccate il sistema pensionistico, non vi concediamo la deroga sul rapporto debito/PIL (i parametri di Maastricht non prevedevano solo il deficit sotto il 3%, ma anche il debito sotto il 60. In HL l'Italia, come il Belgio, ebbe, appunto, una deroga u questo, dato che il debito, pur sceso parecchio a fine anni '90, era comunque ben al di sopra del 60%). Occhetto dichiara: "è un ricatto che ci indigna, ma a questo punto dobbiamo scegliere tra fare una riforma che saremo comunque noi ad impostare e buttare all'aria i sacrifici degli italiani". Sulla stessa linea anche D'Alema. Da Rifondazione, però, è ancora muro: "non la voteremo mai". Attacchi durissimi alla maggioranza da Casini e da An: "la maggioranza non riesce ad essere compatta nemmeno su un tema così importante, vadano a casa". Martinazzoli e Segni, in una conferenza stampa comune, fanno appello al Governo perchè non si chiuda in se stesso, ma consenta una riforma condivisa. Una "sfida", che molti, nei loro partiti, avrebbero preferito non lanciare (così da far "cuocere la Sinistra nel suo brodo"), ma che Occhetto raccoglie subito, nonostante vari settori della stessa maggioranza mugugnino.

Dopo un mese di trattative, nasce la riforma firmata, insieme, da Cesare Damiano (Unità Socialista) e Lamberto Dini (Patto Segni). Di fatto, la riforma-Dini di HL, un anno e mezzo più tardi. In Parlamento passa col voto favorevole di US, Rete (con vari mal di pancia interni), Verdi (idem), DC e Patto Segni, ed il voto contrario di Rifondazione, An e Lega Nord. Il voto bipartisan non evita comunque al Governo gli attacchi dalle Tv berlusconiane sulla "maggioranza spaccata", i "provvedimenti che non rientravano nelle promesse elettorali" ed il "Governo che traballa".

In Rifondazione, vengono presentati al CPN documenti a favore dell'uscita dal Governo, stavolta appoggiati, oltre che dalla minoranza interna (ex DP di Ferrero e Russo Spena in primis), anche da una parte dei cossuttiani (la pattuglia che fa capo a Grassi) ed anche qualche componente di segreteria (Mantovani). La maggioranza però respinge, anche se i malumori abbondano. Non solo in Rifondazione, peraltro. Anche dentro US la sinistra interna sostiene che si sia stati troppo arrendevoli. Di converso "L'Unità" fa editoriali di fuoco contro le critiche, sentendosi le spalle coperte dal fatto che quella è la linea ufficiale.

1997

Ad inizio anno, in maggioranza un altro nodo arriva al pettine. I soldi per entrare in Europa ancora non bastano. Bisogna fare cassa. E per farlo, bisogna vendere qualche "gioiello di famiglia". In maggioranza si apre lo scontro. Rifondazione ed ala Sx di Unità Socialista alzano il muro. "No, no, no", dice Bertinotti. Anche Vendola si fa sentire, e si appella agli ex PSI presenti nel suo partito: "i governi di Centro-Sinistra degli anni '60, i vostri Governi, sono stati quelli delle nazionalizzazioni, del mettere alcuni settori strategici sotto il controllo pubblico. Il nostro Governo non può essere quello che li riporta in mano ai privati". Gli risponde Enrico Boselli con un editoriale sull'Avanti: "Caro Nichi, hai ragione a ricordare i grandi risultati dei Governi di Centro-Sinistra, e ti ringrazio per averlo fatto. Ma chi ha responsabilità di Governo deve saper distinguere le diverse fasi storiche, economiche e politiche in cui si trova il Paese, ed adeguarsi alle situazioni in cui ci si trova. Non possiamo chiuderci a riccio in una fase così decisiva".
Un mese di discussioni (con l'opposizione che avverte: "stavolta fate da soli"), ed alla fine da Occhetto-Ciampi-Visco arriva una soluzione di compromesso: privatizzazioni limitate solo ad Enel e Stet (per chi non lo sapesse: questa cosa era nel programma dei Progressisti nel 1994 in HL), con una serie di regole tra cui la Golden Share. L'ala sx della coalizione continua a dire no, ma Occhetto a quel punto mette in gioco l'intero Governo: "o si approva, o mi dimetto". La minoranza di Unità Socialista di fronte a tanto alza le mani. Rifondazione no. Anche se al suo interno si apre la crepa: la maggioranza del gruppo parlamentare alla Camera, guidata dal capogruppo Crucianelli, assieme ad una serie di esponenti della direzione nazionale, tra cui Lucio Magri e l'ex Segretario Garavini, spingono per accettare l'accordo. Ma nel CPN passa un'altra linea: sarà voto contrario.
Occhetto presenta la proposta in Parlamento, ed attende le dichiarazioni di voto. Rifondazione conferma: voterà contro. A quel punto Occhetto ritira la proposta e va da Scalfaro per dimettersi.
Scalfaro fa un rapido giro di consultazioni. Molti capiscono che la sua intenzione è di provare a rimandarlo alle Camere, cercando una soluzione. Sull'Unità articoli di fuoco da Veltroni. Su Repubblica appaiono appelli perchè si trovi una soluzione. Sul Manifesto dibattito aspro tra i lettori su quale sia la linea migliore, ma appare chiaro che molti elettori di Rifondazione, pur non gradendo la proposta, non volevano la rottura. Magri ed i suoi minacciano la scissione. Occhetto, consigliato anche da Berlinguer, è comunque pronto a trattare.
Alla fine si trova un accordo. Occhetto avrà di nuovo la fiducia. Il provvedimento sarà modificato, l'Enel rimarrà pubblica. In cambio, il Prc darà il via libera, con le varie norme già previste, su Stet.

Ma per il Governo sta per arrivare lo scoglio più duro. Confindustria pone l'out-out: o si pone in essere qualche misura di flessibilità del lavoro, o le imprese italiane si trasferiranno in massa nell'Europa dell'Est...
Occhetto stavolta non vorrebbe cedere. Ma c'è poco da trattare. La delegazione che manda a trattare con gli industriali, formata da Bersani, Del Turco ed Orlando, torna con le pive nel sacco.

Il primo Governo di Sinistra (di sole Sinistre) della storia del Paese rischia di diventare quello che provoca milioni di disoccupati. Le conseguenze sarebbero disastrose. Per il Paese, per la Sinistra italiana, per Unità Socialista, che, avverte D'Alema, su questo rischia di squagliarsi.

Occhetto presenta il problema in un incontro con Segretari e Capigruppo di maggioranza. Bertinotti annuncia che Rifondazione non è disponibile ad approvare nulla di tutto questo. Ma Crucianelli mostra, già nella riunione, netto dissenso.

E' l'apertura formale delle ostilità dentro il Prc. L'ala che già si era opposta a Bertinotti sul caso Enel-Stet, stavolta si giocherà il tutto per tutto.

Da un lato, trattativa ad oltranza con il Governo per strappare il più possibile sulla riforma (sulla quale Occhetto ha già annunciato che, una volta che sarà portata in Parlamento, porrà la fiducia), lavorando in comune con la Cgil, l'ala Sinistra di US e gli altri partiti della coalizione. Dall'altro, ricerca di tutti gli appoggi politici, all'interno del partito, perchè la linea di Bertinotti non prevalga nel Comitato Politico Nazionale.

L'accordo alla fine prevede una regolamentazione dell'apprendistato, l'introduzione, fortemente regolata, del lavoro interinale, la possibilità di contratti a tempo determinato per i picchi di produzione, con forti incentivi alla stabilizzazione dei lavoratori, in tutti i casi.
(Rispetto ad HL, prevede molto meno del Pacchetto Treu. Che a sua volta conteneva molto meno dell'attuale legge 30...)

Dentro Rifondazione si apre lo scontro. Il gruppo parlamentare della Camera approva un documento che chiede al partito di accettare il compromesso, e di "non far cadere un Governo che sta riuscendo a risanare il Paese senza tagliare i servizi fondamentali, e sul lavoro sta tentando di salvare il salvabile, d'accordo anche con il Sindacato. I comunisti non possono essere coloro che non riescono a reggere in una maggioranza di Goveno, isoleremmo il partito e lo indeboliremmo".

Rispetto alla precedente occasione, il fronte si allarga. Con loro ci sono l'ex braccio destro di Folena in FGCI, Franco Giordano, assieme alla maggiorparte dei fuoriusciti da US dopo la questione-Bosnia, il coordinatore nazionale dei Giovani Comunisti Gennaro Migliore, e, a sorpresa, anche esponenti cossuttiani, teoricamente l'ala dura della maggioranza del partito (in HL, prima che la "destra" di Magri lasciasse Rifondazione, era proprio così: l'area di Bertinotti era la "centrale", quella di Cossutta la "Sinistra" interna...), come Graziella Mascia e Katia Belillo.

Gli appelli si moltiplicano. Una delegazione di metalmeccanici Fiom di Brescia, guidata da Maurizio Zipponi, fa irruzione a Via del Policlinico per dire "no alle elezioni, la Lega farebbe piazza pulita" (Bossi per l'autunno sta preparando una grande manifestazione lungo il Po per invocare la secessione), e rimanere piuttosto dentro il Governo per rilanciare su altre questioni, come le 35 ore che la Sinistra francese ha inserito nel suo programma elettorale.

Anche dagli altri partiti della maggioranza è tutto un invocare un no alla rottura. Da Unità Socialista si muove Berlinguer in persona, intervistato dal Tg3: "quel che dico ai compagni è che in condizioni normali sarei al loro fianco nel dire no. Ma queste non sono condizioni normali. Qui se si dice no non è il capitale, che distruggiamo, ma solo noi stessi. Le speranze che rappresentiamo. Per il popolo della Sinistra e per questo Paese, che si è affidato a noi per uscire da tanti momenti bui".

Da "Repubblica" al "Manifesto", il coro è unanime: "non fate cadere il Governo, la lotta sarebbe ancor più dura altrimenti".

Membro per membro, il fronte guidato da Magri e Crucianelli avanza in CPN. Non abbastanza per avere la maggioranza. Ma forse si per essere il primo documento (l'area trotzkista non vota mai quello del Segretario, ne presenta sempre uno autonomo). Ed avanza di giorno in giorno.

Si arriva alla votazione nel marzo del 1997. Ma lì, a sorpresa, nuovo ribaltone: solo la minoranza dell'ala trotzkista, rappresentata da Ferrando, presenta un documento autonomo. La maggioranza, guidata da Maitan, converge su quello di Bertinotti. Che prevale.

Pochi giorni dopo, in Parlamento, nonostante i deputati "Magriani" si ribellino e votino comunque a favore, il provvedimento non passa, e con esso la fiducia. Il Governo di Occhetto è durato tre anni, comunque uno dei più longevi della storia della Repubblica. Ma ora va a casa.

Berlinguer è amarissimo: "è uno dei giorni più tristi per la Sinistra italiana. Cadiamo per una situazione che non ci siamo costruiti noi, ma ci è cascata addosso per l'indisponibilità degli industriali a trattare, ed il massimalismo sterile di compagni che di certo non hanno rifondato il partito che io ho guidato per 20 anni"
AN e Lega invocano: "elezioni subito". La DC dice "sono la via maestra, ma rispetteremo quel che chiede il capo dello Stato".

Scalfaro fa capire subito che non è affatto dell'idea. Il Paese è nel pieno della corsa per l'ingresso in Europa, ed anche a buon punto per entrarvi. Inoltre, sta esplodendo una crisi in Albania, di fronte alla quale il nostro Paese non può assolutamente farsi trovare impreparato.

Dopo un rapido giro di consultazioni, si decide di far nascere un secondo Governo Ciampi, con la maggioranza che ha votato la riforma Dini-Damiano sulle pensioni.

Unità Socialista, che rimane il socio di maggioranza relativa, pretende che la politica economica non cambi in maniera significativa. Sulla composizione del Governo, si tratterà tranquillamente.

D'Alema deve sistemare alcuni problemi interni. Per questo chiede a Ciampi di dare un ministero a Nilde Iotti, che lascia la Presidenza della Camera ad Occhetto. Per il posto di Vice-Presidente, che spetta ad US, D'Alema fa il nome di Veltroni, che così lascia "L'Unità".

Nella DC, tra gli altri, un posto di Ministro, al Tesoro al posto che nel precedente Governo era di Ciampi stesso, va all'ex presidente dell'IRI, il Democristiano Romano Prodi.

In Rifondazione, intanto, la rottura è definitiva. Magri ed i suoi fondano il "Partito Comunista unitario Italiano", con un simbolo molto simile a quello dell'ex PCI (i cui titolari concedono la cosa, mentre non l'avevano fatto con Rifondazione. Di fatto, quel che è successo col PdCI in HL), portandosi dietro la maggioranza dei gruppi parlamentari, sia a Montecitorio, sia a Palazzo Madama. Rispetto al nuovo Governo, si asterranno.

La fiducia a Ciampi viene votata da US, DC, Patto Segni, Verdi e Rete. Contrari MSI, Lega, Fiamma e quel che resta di Rifondazione. Astenuto il PCuI.

Per prima cosa, ovviamente, porta in Parlamento un nuovo provvedimento sulla flessibilità, stavolta elaborato dall'esponente del Patto Segni Tiziano Treu. In più, rispetto al testo "occhettiano", ci sono le "collaborazioni continuate e continuative", abbreviate in Co.co.co.

Ufficialmente è solo una "sperimentazione", che dopo 3 anni dovrebbe essere sottoposta a "revisione". Sarà il punto che farà passare quella legge alla storia.
Amarissimi Magri ed i suoi, nel votare, stavolta, contro: “questa legge, peggiorata rispetto alla precedente, è il brillante risultato delle decisioni di Rifondazione. E così ogni altra decisione negativa che questo Governo dovesse prendere che un Governo di soli Progressisti non avrebbe preso”.
Intanto a fine Primavera si torna al voto nelle principali città italiane. La linea che US da in tema di alleanze è "ovunque possibile con Magri, quasi mai con Prc salvo dove strettamente necessario". All'Assemblea Nazionale della DC passa di stretta misura il documento di Rosy Bindi che dice no ad alleanze con chi ha votato contro la fiducia a Ciampi. Quindi Prc, AN, Lega e Fiamma. Anche Segni si pone, di fatto, sulla stessa linea.

I "Sindaci rossi" del '93 si riconfermano a fatica. Rutelli rivince alleandosi con due civiche piene zeppe di centristi. Bassolino, che si ripresenta con la stessa squadra di 4 anni prima (il Prc napoletano ha seguito Migliore ed è passato in blocco con Magri), vince al ballottaggio contro il candidato di AN, che al primo turno ha superato di stretta misura quello centrista. Anche a Torino ed a Venezia stesso schema romano. La DC si prende Milano, con il casiniano Gabriele Albertini, vincendo al ballottaggio contro il candidato di Sinistra, mentre Formentini crolla.

n generale lieve arretramento per la Sinistra, forte avanzata di DC e Pattisti, An non ripete l'exploit missino di 4 anni prima, la Lega crolla. US è ancora il primo partito, ma in calo. Quanto ai "comunisti divisi", Prc e PCuI prendono il 2% ciascuno.

Sul fronte del Governo, l'ala dura dei centristi cerca di puntare i piedi. Si riprenda quantomeno in mano la questione-Enel, chiedono due deputati del Patto Segni, Brunetta e Cicchitto (che hanno mollato il PSDI pochi mesi dopo le politiche). In maggioranza stanno già nascendo tensioni (Unità Socialista non vuole regalare argomenti polemici a Rifondazione), quando, a sorpresa, è il Ministro del Tesoro Romano Prodi a stroncarle sul nascere: "non c'è bisogno, la Stet è stata venduta bene, si è fatto cassa, e la politica economica sta funzionando, possiamo entrare in Europa senza vendere altro". La destra DC è furiosa, ma il dibattito in maggioranza è praticamente chiuso sul nascere, con D'Alema che ringrazia pubblicamente.

In autunno Bossi tiene la manifestazione della Lega lungo il Po, per invocare la secessione. E' un mezzo flop. Contro-manifestazione di An a Roma, intitolata "8064 Comuni, un'unica Italia", che invece ha un buon successo.

1998

L'inizio della primavera porta un uno-due di condanne in primo grado per il Presidente di Fininvest ed ex deputato DC Silvio Berlusconi, per questioni relative ai tempi del pentapartito (strascichi di Tangentopoli, tra i condannati c'è anche l'exPremier Bettino Craxi).

Dentro la DC le altre componenti attaccano l'ala destra di Casini, accusato, per i suoi rapporti con l'imprenditore milanese, di aver messo il partito a rischio di nuove bufere, dopo quella che l'ha fortemente indebolito ad inizio anni '90, da cui ci si sta riprendendo a fatica. Ma Casini non rompe i rapporti.

Alle Amministrative, fa scalpore quanto avviene alle Provinciali di Roma. La Progressista Pasqualina Napoletano va al ballottaggio contro l'esponente di An Silvano Moffa. Il candidato centrista, il Democristiano Antonio Tajani, annuncia che voterà per quest'ultimo. Interviene Martinazzoli in persona per spiegare che Tajani parla a titolo personale, e la DC, fedele alle decisioni dei suoi organismi nazionali, non ha in cantiere alcuna alleanza con la destra "che non sostiene, a differenza nostra, il Governo Ciampi", e non si schiera nel ballottaggio romano.

Alla fine, per la Napoletano sarà vittoria-brivido, nonostante i pubblici appelli a suo favore da parte di forze politiche e singoli esponenti esterni alla sua coalizione, da Rifondazione a Mario Segni.

Il 1° Maggio 1998, intanto, Ciampi comunica con soddisfazione che l'Italia entrerà nell'Euro nel gruppo di testa. Si è inoltre vicini ad una discesa del debito pubblico sotto il 100%
Poco dopo la manifestazione della Lega, si tiene il congresso di una Rifondazione Comunista che sta scomparendo in tutta Italia, a causa della scissione e della sua difficoltà a presentarsi in coalizione, dopo i fatti che hanno portato alla caduta di Occhetto.

Cossutta esce allo scoperto, e presenta una mozione a favore di una svolta. Perchè il partito faccia autocritica su una posizione troppo dura sul decreto del Governo, sul quale si potevano ottenere più risultati con una trattativa di tutto il partito, mentre invece con il voto contrario si è ottenuto l'affondamento di Occhetto e l'approvazione della legge Treu, che ha peggiorato le cose. Per il futuro, passare all'astensione su Ciampi, e cercare una nuova fusione con Magri ed il ritorno in coalizione. Bertinotti, invece, conferma la linea.

Al congresso la mozione Bertinotti passa col 52%, appoggiata anche da vari ex cossuttiani guidati da Grassi. Il Presidente del partito si ferma al 35%. Il resto va a Ferrando.

Alla fine del 1998 cominciano a sentirsi venti di guerra, ancora dai Balcani. Si prevede che nella successiva primavera ci possa essere un attacco NATO alla Jugoslavia, a causa della questione del Kosovo.

La cosa preoccupa molto Scalfaro: se la legislatura rispetta la sua conclusione naturale, l'Italia sarà in piena campagna elettorale. Con tutte le conseguenze del caso.

Ne parla con Ciampi, ed i due concordano: messo al sicuro l'ingresso in Europa, è il caso di far terminare anticipatamente la legislatura. Si approverà la Finanziaria quanto prima, e poi Ciampi darà le dimissioni. A febbraio si terranno le elezioni, ed all'inizio di marzo, prima dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, l'Italia avrà un nuovo Governo, espressione del nuovo Parlamento uscito dal voto.

1999

Nel febbraio, quindi, si tengono le nuove Elezioni Politiche italiane. Gli schieramenti non cambiano di molto, rispetto a quelle di 5 anni prima.

A Sinistra, Verdi e Rete fanno una lista unitaria nella quota proporzionale, nella coalizione guidata da Unità Socialista, di cui fa parte anche il PCuI di Magri. Non Rifondazione, che va da sola.

Al Centro, tre liste. DC, Patto Segni e "Casa dei Laici", che mette insieme quel che resta di PRI, PSDI, PLI ed altri partiti moderati minori.

AN, falliti tutti i tentativi di accordo col Centro, si presenta, alla fine, in coalizione con Fiamma Tricolore. Sola la Lega.

Su Canale 5 ed Italia 1 spot a basso costo per DC ed alleati, ma soprattutto forte impulso ai candidati casiniani al maggioritario, allo scopo di rafforzarlo.

Un ingrigito Berlinguer durante un comizio per le elezioni politiche del 1999

Un ingrigito Berlinguer durante un comizio per le elezioni politiche del 1999

Risultati Elezioni Politiche 1999:

Maggioritario:
Centro 35%
Sinistra 32%
AN-Fiamma 12%
Lega Nord 7%
Rifondazione Comunista: 2%

Proporzionale:
Unità Socialista: 26%
DC 25%
AN 12%
Lega Nord: 7%
Patto Segni: 7%
Verdi-Rete: 4%
"Casa dei Laici" (Psdi, Pri, Pli...): 2%
Prc: 2%
PCuI: 2%
Fiamma Tricolore: 1%

La coalizione di Centro ha la maggioranza relativa, ma non quella assoluta in entrambe le Camere. Dovrà cercare alleanze. Unità Socialista rimane il primo partito, per un soffio, ma in Parlamento avrà meno seggi della DC a causa del sistema maggioritario. Fuori dal Parlamento Rifondazione, che ha preso una manciata di voti in più rispetto al PCuI di Magri, che però, stando in coalizione, ha preso parlamentari dai collegi maggioritari.

Il nuovo Governo si deciderà al Quirinale. E, come tante volte già accaduto, nell'Assemblea Nazionale della DC. Dove sarà scontro all'arma bianca
La DC deve scegliere tra una nuova "grande coalizione", come quelle del 1992 e del 1997, ed un accordo con la destra (AN). Gli alleati danno un sostanziale "via libera" alle scelte del partito maggiore, anche se Segni dice di preferire, in ogni caso, un accordo con D'Alema ad uno con Fini.

AN lancia un forte appello alla DC perchè "metta da parte vecchie pregiudiziali ed apra finalmente la strada ad un governo di Centro-Destra. Dimostriamo che per governare non si deve per forza passare dalle Sinistre".

D'Alema, da par suo, si dice disponibile ad "un nuovo accordo sul modello dei Governi Martelli e Ciampi". Ed aggiunge: "le urne hanno detto che siamo il primo partito, ma non porremo la cosa sul tavolo, la DC ha il diritto di rivendicare la premiership. Ci sono più nomi sui quali possiamo convergere".

Tutto passa, quindi, dall'Assemblea Nazionale della Democrazia Cristiana, come tante volte era già stato nella storia repubblicana. Tra le varie aree del partito sarà scontro, ma, stavolta, senza rischi di scissione, data la salute di cui lo Scudocrociato è tornato a godere: ci sarebbe troppo da perdere.

Il 60% dei componenti, in ogni caso, vota per una nuova grande coalizione. "C'è stata molta distanza con AN in questi anni. E l'elettorato sta abbandonando la destra, e non spinge ad accordi con essa", l'argomento.

Per Martinazzoli, comunque, è l'ultimo atto. Si presenta dimissionario, "dimissioni irrevocabili, è ora di lasciare spazio". Viene eletto presidente del partito. Nuovo Segretario è l'ex leader CISL Franco Marini.

Nell'incontro con D'Alema si trova subito l'accordo per il nome del nuovo Presidente del Consiglio: sarà Romano Prodi, che tanto gradimento aveva già trovato a Sinistra con Ciampi.
Prodi ottiene la fiducia in poco tempo, con i voti di DC, Unità Socialista, Patto Segni, Verdi (con qualche mal di pancia), Rete (idem) e "Casa dei Laici" (che continua ad avere emorragie verso gli alleati). PCuI astenuto, come con Ciampi. AN, Lega e Fiamma contrari.

Ciampi torna al Tesoro. La politica economica sarà in sostanziale continuità con la precedente. Qualche Ministero in meno alla Sinistra, ma quelli principali rimangono con lo stesso assetto. Nessun vicepremier.

Intanto in Europa, non avendo da accontentare D'Alema come in HL, accontentano Schroeder, togliendo a lui la "concorrenza interna" al suo schieramento: nuovo Presidente della Commissione Europea è il vice-segretario della SPD, Oskar Lafontaine, che punta ad una politica che riprenda quella di Delors
In maggio, c'è da votare il nuovo Presidente della Repubblica. La DC ha Premier e Presidente del Senato. Unità Socialista, oltre alla Presidenza della Camera, a cui andrà Napolitano, vuole il Quirinale. D'Alema ricorda a Marini che 7 anni prima, a parti invertite, si fece lo stesso.

Il segretario di US ha bisogno di risolvere qualche problema interno. Sistemata l'ala dx del partito, mandando Napolitano a Montecitorio, deve trovare un ruolo per Occhetto. La Presidenza del Partito sarebbe un buon posto, ma è occupata... Liberandola, si risolverebbe molto...

Dopo una trattativa serrata con la DC, riesce ad ottenere il via libera da Marini: nuovo Presidente della Repubblica sarà Enrico Berlinguer. Unica condizione: si fingerà di non trovare l'accordo fino alla terza votazione, dove entrambi presenteranno candidati "di bandiera": US lo stesso Occhetto, la DC proprio Marini. Poi alla quarta votazione, col quorum ribassato, Berlinguer sarà, ufficialmente, la soluzione di compromesso. Così si ridurranno i "franchi tiratori" interni allo Scudocrociato, dove la soluzione non sarà molto gradita all'ala destra del partito.

Tutto come previsto nelle prime tre votazioni, dove D'Alema fa anche finta di protestare per "la DC che vuole tutto" (tutto concordato). Dopo la terza votazione, Marini annuncia il suo ritiro, e propone lui (!) Berlinguer come soluzione di compromesso.

"Una figura che ha fatto la storia di questo Paese, e, al tempo stesso, non ha guidato un Governo a cui noi ci siamo opposti, ricoprendo nel suo partito funzioni di garanzia ormai da tanti anni. Saprà ricoprirla nel Paese".

La destra DC ufficialmente annuncia di "obbedire", pur "dissentendo profondamente". L'ala destra dei "Pattisti" dice apertamente che non lo voterà.

La maggioranza, in ogni caso, è molto ampia, e, con il quorum a maggioranza semplice, passerà sicuramente. I "franchi tiratori" sono molti. Ma non abbastanza per non farlo passare. Il quorum è superato, ed è il "vecchio rivale interno" Napolitano ad annunciarlo.

Il 14 maggio 1999 Enrico Berlinguer viene eletto 10° Presidente della Repubblica Italiana. Primo post-comunista ad andare al Quirinale. Presiederà il Paese in anni, per il mondo, molto duri.

CCS

Se volete dirmi che ne pensate, scrivetemi a questo indirizzo.

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Ed ecco ora la domanda di MorteBianca:

Mi piace moltissimo, complimenti: l'unione fra PCI e PSI l'avevo provata anche io, ma molto prima, ai tempi di Turati. Mi chiedo come si evolverà con Bersani, Vendola e Renzi, anche perchè per ora Prodi è ancora nella DC.

Questo mi ha un po' stranito: perchè la DC sopravvive come tale (pur subendo numerosi frazionamenti) mentre il PCI cambia (pur non così radicalmente come alla Bolognina)?

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Gli risponde CCS:

La nascita di Unità Socialista fa sì che Martinazzoli ritenga che l'Italia abbia già un sistema "europeo", con la DC da una parte ed US dall'altra, e non ci sia bisogno di "rimischiare le carte" ritirando fuori il Partito Popolare, cosa che aprirebbe la strada al "liberi tutti" che c'è stato in HL. Mantenendo la barra dritta al centro, Casini e Buttiglione, liberi di muoversi nel partito e di fare operazioni a loro gradite (candidatura di Berlusconi nel '94, contro-Referendum sulle Tv...) saranno invogliati a non lasciare il certo (un partito comunque storico, con un marchio riconoscibile e tutto il resto) per l'incerto (CCD-CDU e tutto quel che sappiamo). In HL, invece, quel caos che c'era nel sistema politico italiano portò a ritenere di ripartire da zero, col PPI...

Teniamo conto anche di un'altra cosa: vari partiti europei ad inizio anni '90 furono sconvolti da guai tipo tangenti, corruzione, ecc. Dal PSOE in Spagna alla CDU in Germania (fu il tramonto di Kohl e l'ascesa di Angela Merkel... Vedete voi se c'è convenuto). Sicuramente ebbero sconvolgimenti interni ed un netto calo di voti. Ma sopravvissero. E dopo un po, con nuovi dirigenti (Zapatero, la stessa Merkel) tornarono a vincere le elezioni. In Italia invece le cose furono un tantinello più radicali. In questa ucronia tra l'altro, se avete notato, oltre alle cose che dicevo nell'altra mail, c'è anche il fatto che l'opinione pubblica è sì sconvolta da Tangentopoli, ma non quanto in HL, mancando la campagna di stampa delle Tv berlusconiane a fare da "cassa di risonanza"...

Infine, i motivi per cui non la proseguii sono sostanzialmente due. Il primo è che, diciamo, ha già un finale "forte". Il secondo è che su molte questioni che si aprirebbero avrei fortissimi dubbi su come continuare. Se ti sei accorto, i cambiamenti sono arrivati fino in Europa, con Oskar Lafontaine (oggi leader dell'ala dura di Die Linke, per dire...) a capo della Commissione Europea. E poi, ovviamente, tutto quel che porterebbe un Berlinguer al Quirinale. Gli sviluppi aprirebbero la strada ad intrecci complicati su cui avrei probabilmente bisogno di aiuto (soprattutto sulle politiche europee, di cui non sono un grande esperto. Fino al '99, semplicemente ho usato la linea che l'UE aveva allora. Pensare come potrebbe cambiare con Lafontaine alla guida non è facile...)

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C'è anche spazio per i complimenti di Mikwrestling:

Ciao, ti scrive un grande fan di Enrico Berlinguer. Anzitutto, mi complimento con te per la stesura di questo testo sul nostro segretario. Ti ringrazio soprattutto per il finale perchè, per un amante di Berlinguer, è davvero stupefacente, mi piace anche soltanto immaginare un finale del genere, tralasciando che sarebbe stato impossibile, d'altronde si tratta di un'ucronia. Ti rinnovo i miei complimenti e ti esorto a scrivere altre ucronie di questo tipo, anche riguardanti grandi politici come Pertini, Gramsci... Saluti!

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E CCS gli replica:

Grazie per i complimenti. Purtroppocerti passaggi risultano un po' macchinosi, ma nelle ucronie più ci si allontana dal POD, più le ramificazioni si complicano. Ed allora due sono le cose, o le segui, anche nei passaggi più ingarbugliati, oppure da un particolare che hai trascurato discende tutta una voragine che si apre, e che rende meno realistico il tutto (pur trattandosi di un'ucronia!). Questo è anche il motivo per cui non l'ho proseguita: sarebbe stato affascinante immaginare cos'avrebbe fatto al Quirinale. Immaginarsi i suoi messaggi alla nazione di fronte all'11 settembre, alla guerra in Iraq... Ma molto difficile. E soprattutto era molto complicato immaginare l'evoluzione del quadro politico che aveva visto i cambiamenti arrivare fino in Europa (che, con Lafontaine alla guida, certo avrebbe avuto un'evoluzione diversa. E questa si sarebbe ripercossa, ovviamente, anche sugli scenari nazionali. Ma non sono tanto esperto di politiche europee da immaginarmi questa evoluzione...). Ragion per cui, ho preferito lasciarla così. Fossi stato più "alla buona", avremmo un'ucronia meno macchinosa in certi passaggi, e magari che arrivava fino al 2014. Ma meno credibile. Ho scelto la prima ipotesi. E comunque, non pensare che sarebbe stato così impossibile... In uno scenario politico evolutosi in quella maniera, non sarebbe stato così incredibile. E sarebbe stato probabilmente meglio di quanto abbiamo vissuto dopo!

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Diamo ora la parola ad Alessio Mammarella:

Il 14 gennaio 1980 si riunì il comitato centrale del PSI. Craxi, segretario da qualche anno, si trovò di fronte a un tentativo di detronizzazione (Craxi sostenne poi, testimoniando a un processo nel 1994, che i suoi oppositori in quella occasione sarebbero stati corrotti e istigati da Licio Gelli) che però fallì fondamentalmente perché Gianni De Michelis decise di sostenere Craxi pur non essendo "uno dei suoi". Se però quel giorno De Michelis si fosse comportato come tutti si aspettavano, e Craxi avesse perso la segreteria, che cosa sarebbe successo?
La conseguenza più prevedibile sarebbe stata, probabilmente, la scelta del PSI di non avversare le manovre del PCI ma al contrario di collaborare. Quella linea sarebbe stata probabilmente perdente (tutte le volte che il PSI si è avvicinato al PCI ha poi perso voti) e quindi penso che Craxi dopo le prime elezioni politiche utili avrebbe ripreso il controllo del partito.
Io vorrei tuttavia provare a forzare lo scenario per esplorare situazioni che abbiano una influenza più forte e duratura sullo scenario politico. Faccio delle ipotesi:
- se Craxi e i suoi avessero lasciato il partito? Avrebbero potuto confluire nel PSDI?;
- il PSI, senza i suoi elementi più moderati, avrebbe sposato una linea "frontista"? (Ho letto che secondo Di Martino la funzione del PSI avrebbe dovuto essere "provvisoria": esistente solo fino a che il PCI non avesse completato la sua maturazione democratica e non fosse pronto a governare);
- se PCI e PSI avessero sorpassato la DC (probabile) delle elezioni politiche successive (1983, anno più, anno meno) Pertini avrebbe affidato l'incarico a Berlinguer?;
- in caso di empasse tra PCI e DC (nessuno dei due avrebbe potuto costituire una coalizione con l'altro all'opposizione) la DC si sarebbe spaccata determinando la nascita di un "Partito Popolare" e di una coalizione di governo simile all'Ulivo della II Repubblica?;
- come avrebbero reagito gli altri partiti? La DC, in particolare, avrebbe cercato di fagocitare dei partiti minori per aumentare il suo peso elettorale e reggere la sfida con il PCI-PSI?
- negli anni successivi ci sarebbe stata ugualmente Tangentopoli? O comunque, avrebbe avuto lo stesso impatto devastante avuto in HL?

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Gli risponde Federico Sangalli:

Ti risponderei che De Michelis avrebbe continuato la stessa di Craxi di apparentamento con la DC. Insomma, i socialisti stavano al gioco dai tempi di Nenni, che certo era più marxista di Craxi e De Michelis messi assieme, e avevano solo tutto da guadagnarci. In più durante gli Anni Ottanta la corrente della sinistra democristiana guidata da De Mita era prevalente il che significa avere un interlocutore e anche che i catto-socialisti non avrebbero ragione di scindersi. Anzi senza tutta la postura muscolare di Craxi nei confronti di PC e DC il rapporto tra i due partiti potrebbe filare pure meglio. De Michelis, che ha sempre militato in quei “socialisti” berlusconiani dopo la fine della Prima Repubblica, non mi sembra l’uomo in grado di riunire le Sinistre italiane.
Ovviamente non tutto sarebbe uguale: De Michelis era meno ideologico di Craxi, probabilmente non si sarebbe opposto alla cattura dei palestinesi a Sigonella. Le preferenze politiche di De Michelis andrebbero al suo Veneto e si celebrerebbe una Venezia fashion (arte, moda, festival prestigiosi ci sono già) con lo slogan “Venezia da bere”. Forse Berlusconi non sarebbe quindi mai entrato nel circolo e non avrebbe ottenuto quei favori che gli permisero di fare carriera. Oppure all’opposto, visto che la passione di De Michelis per il divertimento e le belle donne era leggendaria (passava quasi tutte le sere in discoteca e tutto il suo staff era composta da giovani donne che cambiava di tanto in tanto), i due potrebbero intendersi ancora meglio e magari Berlusconi potrebbe entrare in politica anticipatamente nelle file del PS. C’è poi il tema del Patto della Staffetta: Craxi lo ruppe per ego, approfittando degli strascichi degli scontri tra Rino Formica e Beniamino Andreatta, magari De Michelis preferirà non mordere la mano che lo nutre. Con la staffetta ancora in piedi è possibile che più che il CAF (Craxi-Andreotti-Forlani) rimanga in vigore il DeDe (De Michelis-De Mita). Tangentopoli (di cui bisognerebbe vedere le dinamiche, perché Mario Chiesa potrebbe anche non avere tutti quegli appalti truccati che lo misero nel mirino degli inquirenti senza Craxi a elargirli) travolgerebbe entrambi e forse anche Berlusconi, al contrario Craxi se la caverà con poco e il suo cognome non diventerà tanto vituperato, cosicché i suoi figli potranno forse essere leader politici di un qualche spessore durante la Seconda Repubblica.

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C'è spazio anche per il contributo di Dario Carcano:

Dialogo con Enrico Berlinguer

Cos'è successo in tutti questi anni?
Beh, Enrico, non so come dirtelo. Sono successe molte cose in questi anni, ma temo che la maggior parte di queste non ti faranno piacere.

Perché? Che è successo? Dov'è andato il PCI? Il Craxismo ha vinto o perso?
Beh, innanzitutto devi sapere che l'Unione Sovietica non esiste più.

Come? Cos'è successo?
Gorbačëv stava tentando di riformarla, poi però nel 1991 gli hanno fatto un golpe per rimuoverlo. Solo che poi il golpe è finito male sia per Gorbačëv che per i golpisti, perché il golpe è fallito ma Eltsin, il segretario del Partito Comunista in Russia, ne ha approfittato per prendere il potere marginalizzando Gorbačëv, e così in pochi mesi ha messo al bando il PCUS, dissolto il Soviet Supremo e firmato accordi con le varie RSS per dissolvere l'Unione Sovietica.
Oggi la Russia è un paese capitalista che sta invadendo l'Ucraina.

E invece la Cina?
La Cina è ancora governata dai comunisti, ma il regime ha dovuto fare grosse aperture al capitalismo e all'economia di mercato per sopravvivere.

Deng queste cose le stava già facendo quando ero in vita, quindi non mi sorprende più di tanto... Cuba? Almeno Cuba è ancora comunista?
Sì, Cuba è ancora comunista. E il socialismo cubano sopravvive nonostante l'embargo statunitense; c'era stato un presidente americano che aveva provato a distendere i rapporti con Cuba, e a togliere l'embargo, ma poi questi tentativi sono finiti nel nulla e non sono stati continuati dai suoi successori.

Purtroppo quello che dici non mi sorprende più di tanto. Già quando ero vivo denunciai come la Rivoluzione d'ottobre, il principale evento rivoluzionario del '900, avesse esaurito la sua spinta propulsiva, e quello che mi racconti mi dimostra che avevo ragione. L'obiettivo dei comunisti deve essere quello di creare un nuovo slancio rivoluzionario, che apprenda sia dai meriti che dagli errori della Rivoluzione d'ottobre, e che soprattutto sia capace di creare un modello di socialismo più adatto alle singole realtà.
Quello che molti non compresero quando dissi queste cose è che io non ritenevo sbagliata l'Unione Sovietica; io semplicemente ritenevo che il modello di socialismo messo in pratica in Russia non fosse applicabile all'Italia, o più in generale ai paesi dell'Europa occidentale.
Ma non è un idea che ho inventato io: questa cosa già la sosteneva Togliatti, e prima di lui Gramsci. Io ho semplicemente portato avanti il loro pensiero.
La mia speranza era che dopo la mia morte questa visione sarebbe stata portata avanti dai giovani, come Massimo D'Alema e Piero Fassino; pensavo magari che Lama avrebbe potuto lasciare la guida della CGIL per succedermi alla guida del PCI, prendendo D'Alema come vicesegretario del partito, così da permettere a Massimo di farsi le ossa.
Enrico, proprio su D'Alema temo di doverti dare parecchie delusioni...

Perché? Cos'ha combinato? Ha fatto confluire il PCI nel PSI di Craxi?
Peggio, Enrico. Molto peggio...

Cosa può esserci di peggio? Craxi è un leader autoritario e nemico della classe operaia, che è il simbolo vivente dell'occupazione partitocratica dello Stato. Per questo la posizione del PCI deve essere la più decisa opposizione a Craxi. Mettersi d'accordo con lui è la cosa peggiore che possa immaginare.
Quindi cosa può aver fatto D'Alema peggio di questo?
Enrico, si tratta di una Storia lunga, quindi mettiti comodo. Innanzitutto, il PCI non esiste più e si è sciolto nel 1991.

D'Alema ha sciolto il PCI?
No, non D'Alema. Achille Occhetto ha sciolto il PCI, e ha ceduto alle pressioni dei miglioristi di Napolitano, che volevano trasformare il partito in senso socialdemocratico e riformista; così dal PCI sono nati due partiti: la maggioranza è andata nel Partito Democratico della Sinistra (PDS), mentre la minoranza contraria alla trasformazione del Partito si è unita con Democrazia Proletaria per formare il Partito della Rifondazione Comunista (PRC)
Poi nel 1992 è successo che nel sistema delle tangenti i nodi sono venuti al pettine, e uno scandalo che riguardava le tangenti al direttore del Pio Albergo Trivulzio a Milano, che oltre a essere un socialista era anche una persona molto vicina a Craxi, si è allargato prima a tutto il PSI, e poi a tutto il sistema politico.

Era inevitabile che succedesse, come hai giustamente detto 'i nodi sono venuti al pettine'. Ma il problema della partitocrazia, che denunciai quando parlai della questione morale, non sono solo le tangenti, ma il fatto che i partiti abbiano smesso di fare politica, diventando delle logge massoniche che tutelano gli interessi dei propri iscritti. E quando si ha un sistema corruttivo così vasto, è inevitabile che prima o poi qualcuno arrivi a tirare un filo che possa mettere in crisi l'intero sistema.
Infatti tra il 1992 e il 1993 sembrava davvero che tutto il mondo stesse per cambiare; la DC si era sciolta, il PSI era praticamente collassato, il pubblico aveva grande fiducia nel fatto che la classe politica che sarebbe venuta dopo sarebbe stata meglio.
Nel 1993 nacque il primo governo tecnico della Storia repubblicana...

Governo tecnico?
Sì, un governo guidato da personalità esterne alla politica.

Una giunta militare conta come governo tecnico?
In senso stretto suppongo di sì... però non era un governo presieduto da un militare, era presieduto da un economista.

Non importa, la politica deve essere fatta dai politici, e deve avere come epicentro il Parlamento, non deve essere fatta attorno a governi calati dall'alto, perché governi di tale genere sono indice di una democrazia zoppa.
Una delle prima cose fatte da quel governo fu la modifica della legge elettorale, con l'abrogazione del proporzionale e l'introduzione del maggioritario basato sui collegi uninominali.

Appunto quello che stavo dicendo, un simile governo come prima cosa riduce la rappresentatività del Parlamento, e con un artificio elettorale costringe l'elettorato a limitare la scelta a due soli partiti.
Quella legge elettorale fu 'chiesta' tramite referendum, e il PDS era favorevole.

[Imprecazione in sardo incomprensibile a orecchie continentali] I comunisti devono aborrire simili artifici elettorali, perché anche qualora li favorissero, l'esito sarà quello di avere un governo della minoranza che non è sostenuto dalla maggioranza della popolazione; il Parlamento deve essere quanto più possibile rappresentativo del popolo, e una legge elettorale proporzionale che permetta il voto di preferenza è il modo migliore per ottenere ciò.
Ma il proporzionale e il voto di preferenza erano considerati il simbolo del sistema partitocratico, era impossibile salvarli dalla volontà popolare.

Il popolo ha ragione anche quando sbaglia. Se i cittadini volevano abolire il proporzionale e il voto di preferenza non è perché fossero ammiratori del sistema elettorale britannico o francese; piuttosto volevano sostituire questi istituti con qualcosa di ancor più rappresentativo, che permettesse all'elettore un vero controllo sull'azione dei propri rappresentanti, e furono convinti dalla propaganda borghese che un sistema maggioritario sarebbe stato più rappresentativo, anche se in realtà è vero l'opposto.
Piuttosto, se si voleva una vera riforma del sistema democratico che andasse a colpire la partitocrazia, era necessaria l'introduzione del mandato imperativo.
Inoltre non capisco perché il PCI, anzi, il PDS, si sia espresso a favore di una simile riforma; per poter andare al governo? Io ho criticato Craxi proprio per il suo governismo; non bisogna cercare di essere nel governo a tutti i costi, e non bisogna aver paura dell'opposizione, se questa è un momento in cui si costruisce consenso e si prepara il terreno alla propria azione politica.
Comunque, poi cos'è successo?

Nel 1993 Craxi ha dovuto lasciare la segreteria del PSI, e così il testimone del craxismo è stato raccolto da Berlusconi.

Berlusconi? Quello di Canale 5? E perché è sceso in politica?
Essenzialmente per tutelare le proprie aziende e non finire in carcere. Ha creato un nuovo partito politico recuperando democristiani, liberali e socialisti, e lo ha chiamato Forza Italia, e alle elezioni del 1994 ha guidato la coalizione che sfidava la sinistra a guida PDS.

E ha vinto?
Certo che ha vinto, e ha formato un governo assieme ai missini e alla Lega.

La Lega calcio?
No, la Lega Nord, un partito indipendentista che promuove la secessione del Nord Italia.

Ah. Ed è riuscito a tenere nello stesso governo i fascisti e gli indipendentisti?
No, infatti il suo primo governo è durato nove mesi. Poi con l'accordo tra PDS, Lega e Partito Popolare - cioè l'ex DC - nacque un governo tecnico...

Un altro?
Sì, ma solo un anno, poi si tornò a votare nel 1996, e stavolta vinse il centrosinistra di D'Alema.

Bene, spero avranno fatto delle leggi per contrastare seriamente la partitocrazia ed estendere lo Stato sociale...
Hanno privatizzato la Telecom, introdotto i contratti di lavoro a termine, bombardato la Serbia assieme alla NATO e non hanno toccato le reti di Berlusconi quando la corte costituzionale giudicò illegali le trasmissioni di Rete 4.

[...]
Poi nel 2001 ha rivinto Berlusconi.

Chissà perché... Ma una cosa di sinistra sono riusciti a farla stando al governo?
Sì.

Cosa?
Si è scissa Rifondazione.

[Altra imprecazione in sardo]
Mi hai tolto le parole di bocca.

Oggi esiste ancora il PDS?
Si è evoluto: nel 2007 si è unito con un gruppo di ex democristiani ed è diventato Partito Democratico (PD).

Ah. Quindi l'evoluzione è stata che non sono più di sinistra. Come se prima lo fossero stati.
E non ti ho ancora detto chi è l'attuale segretario: Enrico Letta.

E chi è?
Un ex democristiano che era stato protégé di Nino Andreatta.

Quindi ormai quelli che furono comunisti sono immersi fino al collo nella partitocrazia.
Esatto, il PD è un partito governista che esiste solo per stare al governo, e le cui uniche idee sono il liberalismo, l'europeismo e l'atlantismo...

Un PRI più grande insomma.
Sì esatto. Anche se ogni tanto qualcuno afferma che l'europeismo e l'austerità, intesa come tagli indiscriminati alla spesa sociale, sono la continuazione delle tue idee.

Non capisco come ci sia gente che dice cose del genere. Io col mio PCI ero europeista, ma non per una qualche convinzione fideistica, ma perché, in un momento storico in cui si stava discutendo la natura della futura Unione Europea, volevo usare il peso politico del PCI per portare il dibattito quanto più possibile a sinistra.
Per quanto riguarda l'austerità, usai quella parola per parlare di una lotta allo spreco nella spesa pubblica, che doveva avvenire primariamente contrastando la corruzione; e qualora fosse avvenuta a spese dei cittadini, doveva avvenire in maniera proporzionale al reddito, non a spese dei ceti operai e dei poveri.
Certo, poi quando sei morto non c'erano ancora stati né Maastricht né il Patto di Stabilità, manifesti di liberalismo che sono alla base dell'attuale UE; l'Unione che hai visto te era soltanto il mercato comune...

Esattamente, la mia intenzione era quella di lottare in sede europea per ottenere una Unione attenta ai bisogni dei cittadini europei, magari con un vero Welfare europeo, che redistribuisse risorse dai paesi più ricchi a quelli più deboli economicamente, andando progressivamente a sostituire il welfare dei singoli stati nazionali.
I comunisti moderni devono ripartire da quest'obiettivo.

P.S. sono stato buono, non parlandogli di Renzi. Non ho voluto dargli questo dispiacere...

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Se volete farmi sapere che ne pensate, scrivetemi a questo indirizzo.


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