Jules Andreotti all'Eliseo

di Dario Carcano


È già la seconda ucronia sul Divo Giulio che scrivo, però è un soggetto che mi piace assai. Quella di questa pagina vuole immaginare lo svolgimento che sarebbe necessario affinché possa diventare Presidente della Repubblica Francese. Improbabile? Forse, ma non impossibile. Oltretutto si può dire che la Francia è stata fatta grande dagli italiani: il più grande generale francese? Napoleone Bonaparte, corso; uno dei più grandi letterati francesi? Émile Zola, o Emilio Zola in quanto figlio di un veneziano; uno dei padri della psicologia in Francia? Alfred Binet, inventore del primo test per la misurazione dell’intelligenza, che però era nizzardo e si chiamava Alfredo Binetti; il più grande calciatore francese? Michel Platini, discendente di piemontesi.
Visti tutti questi precedenti, perché l’Italia non può donare alla Francia anche il suo più famoso (e controverso) politico?

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1938. Il giovane Giulio Andreotti è uno studente di Giurisprudenza all’università di Roma. Per sfuggire all’obbligo di partecipazione alle manifestazioni del sabato fascista aveva adottato un trucco semplice ma astuto: all’organizzazione fascista dell’università riferiva che partecipava alle marce organizzate dall’organizzazione rionale e viceversa [è lo stesso Andreotti in una intervista a Toni Bertorelli a riferire questo aneddoto]. Un giorno però questo trucco fu scoperto e per evitare l’arresto Andreotti fuggì in Francia, meta di molti antifascisti.

In Francia dovette ricominciare da zero gli studi e imparare una lingua straniera. Dopo aver imparato il francese e aver anche ottenuto la cittadinanza, nel 1939 diede l’esame di maturità in un liceo di Parigi; con quel diploma riuscì ad iscriversi a Giurisprudenza all’Università di Parigi. Per mantenersi agli studi iniziò a lavorare come bibliotecario, ma i suoi studi subirono una nuova interruzione quando la Francia fu invasa dai tedeschi nel maggio 1940.

Entrò in contatto con la resistenza: l’essere un antifascista di madrelingua italiana ne faceva la persona ideale per tenere i contatti della resistenza parigina con i gruppi formati da comunisti e socialisti italiani attivi a Lione e Tolosa e, attraverso di loro, con le cellule “nazionali” attive in quelle città.

A Lione entrò in contatto con Georges Bidault, caporedattore del giornale clandestino Combat, per cui iniziò a scrivere degli articoli pubblicati con lo pseudonimo Torquato Vicomtes; rimase a Lione e al seguito di Bidault iniziò a lavorare per l’agenzia di stampa clandestina Bureau d'Information et de Presse, curando le notizie in italiano. Nei successivi anni di guerra sarebbe rimasto il braccio destro di Bidault, e alla fine del conflitto decise di non tornare in Italia: ormai era cittadino francese, si era anche francesizzato il nome in Jules Andreotti, inoltre Bidault lo volle candidato alla Camera dei Deputati nell’appena fondato MRP; fu inserito nelle liste di un collegio di Parigi, vincendo il seggio.

Dal 24 giugno al 28 novembre 1946 fu sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio nel Governo Bidault I, in questa veste conobbe Robert Schumann, che rimase colpito dall’intelligenza del giovane Jules, tanto da volerlo suo sottosegretario nei suoi incarichi da presidente del Consiglio e poi ministro degli Esteri. Ricevette il suo primo incarico ministeriale il 19 giugno 1954, quando fu nominato ministro degli Esteri nel governo presieduto Pierre Mendès-France, assieme al quale rappresentò la Francia alla conferenza di Ginevra che pose fine alla guerra d’Indocina; tuttavia quando il successivo 1° settembre in Algeria iniziarono le azioni del Front de Libération Nationale lui cercò di far passare la linea di una soluzione diplomatica, attirandosi le critiche del ministro degli Interni François Mitterrand, che invece sosteneva la linea dura della repressione. Andreotti aveva capito prima di loro che la repressione della ribellione avrebbe fatto impantanare la Francia in un'altra guerra come in Indocina.

Si dimise da ministro il 13 settembre; la sua era una mossa cinica: capendo prima degli altri che la guerra in Algeria sarebbe stata un disastro, lasciò ad altri la patata bollente tornando a fare il deputato semplice.

Riprese gli studi, che aveva trascurato per gli impegni di governo, che completò nel 1957 laureandosi in giurisprudenza col massimo dei voti; inoltre nel suo ruolo da parlamentare iniziò a frequentare personaggi vicini al generale de Gaulle, come Jacques Chaban-Delmas e Michel Debré. I rovesci militari che la Francia stava subendo in Algeria e l’opposizione crescente alla guerra confermarono la sua previsione; presto la classe politica che aveva voluto la guerra sarebbe stata screditata e i francesi avrebbero iniziato a chiedere facce nuove, e allora sarebbe arrivato il momento di de Gaulle, in quel momento isolato e circondato dai suoi fedelissimi nella sua traversata del deserto.

Il primo incontro tra de Gaulle e Andreotti avvenne nell’estate 1957 a Colombey-les-deux-Eglises, residenza del generale. Mentre Olivier Guichard accompagnava Jules alla macchina che lo avrebbe riportato a Parigi, Guichard gli disse “Lo conosco bene, puoi stare certo che gli hai fatto un’ottima impressione”. Andreotti lasciò Colombey-les-deux-Eglises con la certezza di aver puntato sul cavallo giusto. Pochi giorni dopo lasciò il gruppo parlamentare dell’MRP per aderire a quello del CNRS.

Le previsioni di Andreotti si avverarono quando nei primi mesi del 1958 il generale Jacques Soustelle organizzò un colpo di Stato, riunendo ufficiali dissidenti dell'esercito, coloni e simpatizzanti gollisti: una giunta armata comandata dal generale Massu prese il potere ad Algeri nella notte del 13 maggio. Il generale Salan assunse il comando di un Comitato di Salute Pubblica, formato per rimpiazzare l'autorità civile, e sostenne le richieste della giunta militare affinché il presidente francese René Coty domandasse al generale de Gaulle di formare un governo di unione nazionale investito di poteri straordinari per prevenire "l'abbandono dell'Algeria". Il 24 maggio, paracadutisti francesi dall'Algeria atterrarono in Corsica, prendendo possesso dell'isola senza spargimenti di sangue in seguito alla cosiddetta Opération Corse. Subito dopo in Algeria venne dato avvio ai preparativi per l'Opération Résurrection, che aveva come obiettivo la presa di Parigi e la rimozione del governo francese. L'operazione sarebbe scattata in tre ipotesi: se de Gaulle non fosse stato nominato capo del governo dal Parlamento, se lo stesso de Gaulle avesse chiesto assistenza militare per salire al potere, oppure se forze comuniste avessero tentato da parte loro di prendere il potere in Francia.

La candidatura di de Gaulle venne approvata dal parlamento francese il 29 maggio, quindici ore prima del previsto avvio dell'operazione. Ciò evidenzia che nel 1958 la Quarta Repubblica francese non godeva più dell'appoggio dell'esercito in Algeria, e che anzi era alla mercé di quest'ultimo anche in questioni politiche civili. Questo spostamento decisivo dell'equilibrio tra poteri civili e militari nella Francia del 1958 così come la minaccia dell'uso della forza furono i fattori determinanti del ritorno di de Gaulle al potere.

Il 1° giugno 1958 de Gaulle fu nominato Presidente del Consiglio, con poteri quasi equivalenti a quelli della prima Costituente. Andreotti ricevette la chiamata di de Gaulle e fu nominato ministro degli Esteri. Il 28 settembre in Francia e in Algeria si tenne il referendum sulla nuova costituzione che diede inizio alla Quinta Repubblica: fu approvata con il 79,25% di voti favorevoli, segnando il passaggio della Francia alla Quinta Repubblica con i poteri dell'esecutivo fortemente rafforzati. Le elezioni dell'Assemblea nazionale del 23 e 30 novembre (rispettivamente, primo e secondo turno elettorale) accordarono una larga maggioranza ai partiti gaullisti. Il 21 dicembre de Gaulle fu eletto Presidente della Repubblica con oltre il 78% dei voti dei grandi elettori. L'8 gennaio 1959 all'Eliseo avvenne il passaggio delle consegne con René Coty, l'ultimo presidente della Quarta Repubblica.
Andreotti, confermato ministro degli Esteri nel governo Debré, dovette gestire da un lato la politica estera di de Gaulle, finalizzata ad una forte affermazione dell'indipendenza della Francia sia dal blocco sovietico, sia dal dominio statunitense sull'Europa, sia i negoziati per la fine della guerra in Algeria, dopo che il referendum sulla sua autodeterminazione aveva dato un esito favorevole all’indipendenza. Gestì egregiamente entrambe le questioni, sull’Algeria con gli accordi di Évian ottenne una pace nel complesso onorevole, anche se le disposizioni a tutela dei pieds-noirs e dei coloni rimasero lettera morta; sulla politica estera della Francia, per dimostrare l’indipendenza della Francia riconobbe la Repubblica Popolare Cinese nel 1961 e pose per due volte il veto sull’ingresso del Regno Unito nella CEE (che de Gaulle considerava la longa manus degli USA in Europa); fu favorevole alla creazione della force de frappe, la forza nucleare francese, anche se nacque principalmente per volontà del presidente de Gaulle. Nel secondo mandato di de Gaulle tale politica fu proseguita condannando l'intervento statunitense contro i comunisti in Vietnam, ritirando la Francia dal comando militare integrato della NATO espellendo tutte le basi statunitensi dal territorio francese (pur continuando a partecipare all'Alleanza atlantica) e dichiarando l'embargo contro Israele per la guerra dei sei giorni contro Egitto, Siria e Giordania.

Andreotti sconsigliò a de Gaulle di indire il referendum sulle riforme costituzionali (regionalizzazione e riforma del Senato), ma il presidente andò dritto per la sua strada, dicendo pubblicamente che in caso di esito negativo, ne avrebbe tratto tutte le conseguenze. La riforma fu rigettata per uno scarto minimo e de Gaulle si dimise il 28 aprile 1969. Alle successive elezioni fu eletto il candidato gollista, l’ex Primo ministro Georges Pompidou, che proseguì l’azione di de Gaulle nominando Jules Andreotti come suo Primo ministro.

Durante il mandato di Andreotti da capo del governo la Francia conobbe un periodo di prosperità economica: la crescita media annuale del paese si attestò al 5,4 %, a fronte di un tasso di disoccupazione del 2,5 %; il livello di vita dei francesi raggiunse quello della Germania e superò di un quarto quello della Gran Bretagna; la percentuale delle esportazioni del prodotto interno lordo passò dal 10% a più del 20% e il commercio estero si smarcò dalla zona franco a vantaggio dei paesi europei che assorbirono più del 50% delle esportazioni. L’obbiettivo di Pompidou e Andreotti era semplice: fare della Francia la prima potenza industriale europea.

In politica estera, fu confermata la linea di de Gaulle: furono gettate le basi dell’Unione Europea, diffidando però da una integrazione troppo stretta degli Stati europei; verso gli USA, si cercò di mantenere l’indipendenza della Francia senza deteriorare il rapporto con l’alleato americano; verso le ex colonie africane, ci si adoperò perché restassero nella sfera d’influenza francese.

Nel 1973, in seguito alla guerra del Kippur, fu decretato un embargo contro Israele e, per far fronte alla crisi energetica, fu dato notevole impulso alla costruzione di nuove centrali nucleari.

Il Primo Ministro francese Jules Andreotti col Presidente degli USA Richard Nixon durante una visita alla Casa Bianca

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Pompidou si ammalò del morbo di Waldenström. La malattia gli era stata diagnosticata nel 1969, ma i sintomi più gravi si manifestarono dal 1972.

Il 1974 vide un presidente isolato a causa del malcontento dei "baroni" gollisti e sempre più indebolito dalla malattia. A causa del cortisone assunto a dosi sempre più massicce per curarsi, era frequentemente in preda a prolungati stati influenzali e a forti raffreddori. Ma la sua lucidità intellettuale rimaneva intatta, e non esitò ad affrontare estenuanti viaggi all'estero per incontrare i suoi omologhi stranieri. Il 31 marzo fu colpito da una setticemia fulminante mentre si trovava nella sua casa di campagna a Orvilliers. Trasportato a Parigi in ambulanza, le sue condizioni si aggravarono ulteriormente, ma la notizia fu mantenuta segreta. Morì alle 21 del 2 aprile 1974 nel suo domicilio al Quai de Béthune, sull'Île Saint-Louis, non riuscendo a terminare in pieno il suo mandato che sarebbe scaduto il 19 giugno 1976.

Tra il 1973 e il 1974 il rapporto tra Pompidou e Andreotti si era raffreddato, a causa di alcune idee di quest’ultimo che non piacevano al presidente: creare una politica di difesa comune a tutti i paesi della CEE. Se Pompidou la riteneva lesiva dell’indipendenza della Francia, Andreotti sosteneva che, siccome la Francia era l’unico paese della CEE dotato di armi nucleari (nel 1972 era stato nuovamente respinto l’ingresso della Gran Bretagna nella CEE), questa mossa le avrebbe fatto assumere un ruolo di leadership sugli altri paesi del continente. Pompidou aveva anche pensato di sostituire Andreotti, ma non concretizzò questo proposito.

Alle elezioni, Andreotti ottenne di essere il candidato alla presidenza dei partiti della coalizione di governo; il suo era un nome di compromesso, infatti i gollisti avrebbero voluto candidare Jacques Chaban-Delmas, mentre gli ex consiglieri di Pompidou Pierre Juillet e Marie-France Garaud avrebbero preferito la candidatura di Valéry Giscard d'Estaing. Fu decisiva la mediazione di Pierre Messmer, che riuscì a far convergere su Andreotti sia i gollisti che Juillet e Garaud.

Il candidato dei socialisti e della sinistra era François Mitterrand, alla sua seconda candidatura presidenziale.

Al primo turno Jules Andreotti ottenne il 46% dei voti contro il 43% ottenuto da Mitterrand. In un confronto televisivo in vista del secondo turno, a Mitterrand fu posta la domanda “Voi vi ritenete pacifista?” cui il candidato socialista rispose con un “Oui” convinto, tuttavia Andreotti subito dopo quella risposta disse la frase “Se tutti i pacifisti lo fossero alla vostra maniera, il mondo sarebbe rovinato!”; tutti nello studio e davanti ai teleschermi capirono a cosa si riferiva il primo Ministro: al fatto che Mitterrand era stato sostenitore della guerra in Algeria, cui invece Andreotti era stato contrario fin dall’inizio. Il candidato socialista rimase sbalordito e non seppe replicare a quell’affermazione.

Il 19 maggio 1974 Andreotti vinse il secondo turno delle presidenziali con il 54% dei voti a favore.

Una volta eletto presidente, non si dimenticò di chi ne aveva favorito l’elezione e nominò Messmer primo Ministro; egli a sua volta formò un governo che conteneva sia Chaban-Delmas (ministro degli Esteri) che Giscard d'Estaing (ministro dell’Economia).

Da presidente ebbe lo spazio di manovra per concretizzare la sua idea: una Unione Europea a forte trazione francese, e il primo passo di questo progetto sarebbe stato proprio la politica comune di difesa. Per far accettare questa idea agli altri paesi europei Jules lo presentò come un modo per emancipare l’Europa dagli Stati Uniti: l’America – sosteneva lui – garantirà la difesa dell’Europa, ma in cambio cosa ci chiedono? Di sostenere le loro guerre di conquista in giro per il mondo? In più gli USA non sono nemmeno nella condizione di intervenire immediatamente in caso di attacco sovietico: serviranno almeno due mesi perché truppe americane possano affluire massicciamente, ma i tedeschi nella seconda guerra mondiale in quel lasso tempo erano già arrivati a Parigi.

Alla fine, dopo tre anni di lavoro diplomatico, il suo progetto fece il primo passo: il 23 giugno 1977 a Parigi, i paesi membri della CEE (Francia, Italia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Germania Ovest, Danimarca e Irlanda) firmarono il trattato che sanciva la nascita di un comando militare unico delle forze armate dei paesi membri; siccome dei paesi membri della CEE la Francia era l’unico ad essere dotato di armi nucleari e ad avere un seggio permanente nel consiglio di sicurezza dell’ONU, Andreotti aveva ottenuto che essa avesse la facoltà di designare il Capo della difesa Europea, ovvero il vertice della difesa comune, che sarebbe stato superiore ai vertici militari dei singoli paesi membri; il primo Capo della difesa Europea fu Michel Fourquet, ex capo di stato maggiore delle forze armate francesi.

In politica interna Andreotti lasciò molto margine di manovra ai suoi ministri, Messmer, Giscard d'Estaing e Chirac (ministro degli Interni); tuttavia il primo settennato di Andreotti fu messo a dura prova dalla crisi economica del 1979 e soprattutto per iniziativa del ministro dell’Economia, la linea economica del governo mutò di rotta, passando dal dirigismo al liberalismo, sia pure temperato da una politica di rigore volta alla stabilizzazione del franco. Ciò causò un progressivo aumento dei disoccupati che spinse Andreotti, nel 1980, ad allontanare VGE dal ministero dell’Economia, sostituendolo con Raymond Barre, che tuttavia non riuscì ad arrestare il fenomeno: nel 1981 in Francia c’erano 1,7 milioni di disoccupati.

Le elezioni presidenziali del 1981 videro nuovamente contrapposti Andreotti e Mitterand; la politica europea di Andreotti aveva ricevuto il sostegno di molti francesi, per questo fu eletto al primo turno col 50,3% dei voti, contro il 31,8% ricevuto dal candidato socialista.

Il primo atto del riconfermato Andreotti fu la promulgazione della legge sull’abolizione della pena di morte, approvata dal parlamento pochi giorni prima delle elezioni presidenziali e fortemente voluta dal ministro della giustizia Alain Peyrefitte.

Andreotti nel suo secondo mandato portò avanti la sua politica europea, raggiungendo alcuni importanti successi:

Nel complesso i trattati siglati nel secondo mandato di Andreotti crearono una UE a forte trazione francese, in quanto la commissione europea è presieduta permanentemente dal presidente della repubblica francese e la Francia è anche il paese che elegge il maggior numero di europarlamentari; come se non bastasse la BCE ha sede a Parigi e il ministro dell’Economia della UE è quasi sempre francese, come anche il Capo della difesa Europea.

Il Presidente della Repubblica Francese Jules Andreotti e il Presidente del Consiglio Italiano Bettino Craxi nella pausa di una seduta della Commissione europea

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Andreotti non poté ricandidarsi nel 1988, avendo esaurito il limite dei due mandati consecutivi. Senza di lui, Mitterrand (alla quarta candidatura presidenziale) riuscì a vincere, interrompendo ventinove anni di presidenze golliste. Jules decise di ritirarsi dalla politica attiva, pur mantenendo il suo seggio al consiglio costituzionale. Sarebbe morto a novantaquattro anni nel 2013.

Le vignette satiriche lo raffiguravano spesso nei panni del cardinale Mazzarino, ma grazie alla sua politica europea che mise la Francia al centro della neonata UE fu molto popolare tra i francesi, e i suoi funerali di Stato videro una grande partecipazione popolare.

Dario Carcano

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Ecco il commento del francese Perchè No?:

Sugli uomini politici francesi di origine straniera non sarebbe stata sorprendente l'elezione di Andreotti: non dimenticate che l'ex premier Manuel Valls é nato a Barcelona ed é stato naturalizzato solo nel 1982. C'é anche l'esempio della ministra Fleur Pellerin, sudcoreana adottata (ci sono altri sudcoreani francesizzati nel mondo politico) o della ministra Najat Vallaud-Belkacem (anche se francese di nascita é nata in Marocco). L'esempio più importante é Robert Schumann, uno dei fondatori dell'Europa, Alzasiano e dunque tecnicamente nato Tedesco prima della WWI.

Non parlo neanche di Sarkozy perché é solo figlio di immigranti, abbiamo anche avuto un presidente del parlamento figlio d'Italiani (Raymond Forni) e il sindaco di Parigi é nata in Spagna (Anne Hidalgo).

La Francia é stata ad un pelo dall'avere un presidente nero nel 1969, quando De Gaulle ha lasciato la presidenza: Gaston de Monerville, Presidente del Senato e dunque secondo nella linea di successione, aveva lasciato tale carica soltanto un paio di mesi prima di lui!

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