a cura di William Riker
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Parte Prima
Capitolo 1
1 Nel Nome del Dio degli Eserciti, il Signore, il Vittorioso, Colui che siede sui Cherubini, Colui che castiga le colpe dei padri nei figli fino alla settima generazione,
2 ma che estende il Suo amore e la Sua liberalità fino alla millesima generazione, Amen.
3 Nei miei libri precedenti ho già trattato, illustre Giuseppe, figlio di Benaia, come il Popolo di Dio ruppe più e più volte l'Alleanza che il Signore Dio degli Dei aveva stretto con lui sul monte Oreb, il monte che tuona,
4 fino a che Egli, spazientitosi e memore delle Sue minacce, non mandò i popoli stranieri, con i loro eserciti più numerosi e più irruenti delle onde del mare, a punire i Suoi figli ribelli.
5 Una prima volta Iddio mandò Nabucodonosor di Babilonia, la prima Babilonia, al tempo di Geremia il profeta, a punire quanti non gli erano stati fedeli con il ferro e con il fuoco, e il Tempio fatto edificare da re Salomone venne raso al suolo.
6 Poiché il Suo popolo aveva perseverato nella propria condotta peccaminosa, aveva assassinato i sacerdoti e i profeti come Giovanni il Battezzatore, si era corrotto al punto da proclamare che suo unico Dio era Cesare,
7 Egli fece calare su di noi una seconda più terribile punizione, mandando Tito Flavio di Roma, la seconda Babilonia, ad assediare la Città Santa e a bruciare il Tempio fatto ricostruire da Erode,
8 così che non ne rimase pietra su pietra che non fosse rovesciata e diroccata.
9 Per 333 anni il popolo rimase senza una guida, gli fu proibito di rientrare nella Città Santa, e sul luogo dove si ergeva il Santuario di Dio venne innalzato l’idolo dell’abominazione, la statua di Giove Capitolino;
10 fu proibita la circoncisione e portare i filatteri fu considerato un crimine punibile con la morte.
11 Allora, o illustre Giuseppe, la gente di Israele innalzò il suo lamento all’Altissimo, si coperse il capo di cenere, si vestì di sacco e si percosse il petto con pietre;
12 tutto il giorno uomini e donne facevano grande lamento e lutto, e andavano domandando al Signore degli Eserciti: “Te ne scongiuriamo,
13 poni fine al nostro esilio, Tu che sommergesti sotto i flutti del mare i carri del Faraone, tu che mandasti il Tuo angelo a colpire le truppe di Sennacherib, tu che scacciasti con ignominia il sacrilego Eliodoro dal Tuo Santuario!
14 Vedi la nostra afflizione: non abbandonarci tra le mani dei nostri nemici; il Tuo braccio forte cali su di loro e li stermini, cangi i loro canti di trionfo in grida di terrore!”
15 Ed ecco, Iddio ascoltò la nostra afflizione, e rispose con Sguardo Terribile e Braccio Potente;
16 mandò Alarico, l’angelo sterminatore, il figlio dei boschi e delle selve, colui che una cerva aveva allattato e a cui un lupo aveva insegnato a cacciare,
17 lo mandò contro Roma, la Seconda Babilonia, affinché la punisse dei suoi crimini e delle sue perversioni commesse contro tutti i popoli del pianeta.
18 Alarico calò dalle selve di Askenaz, conducendo con sé le genti di Gog e di Magog e i giganti Nefilim, coloro che spadroneggiano nel centro dell’Asia,
19 e gli uomini con un solo piede e quelli che portano la faccia nel petto, e con essi investì Roma, la Prostituta seduta sui sette cuscini dei suoi colli,
20 e menò in essa grande strage, percuotendola per tre giorni e tre notti, finché
i suoi abitanti non ebbero chiesto codardamente pietà, e non gli ebbero consegnato tutto l’oro e tutto l’argento che avevano sottratto in dieci secoli ai popoli della Terra.
21 Allora Alarico, l’angelo di Dio, ritornò al suo paese cantando un grido di trionfo:
22 « Io ho abbattuto Roma, la nuova Babilonia, e ho ridotto in schiavitù i figli della sua superbia! »
23 Tuttavia, acciocché egli stesso non montasse in superbia, e non prendesse il posto di Roma e dei suoi generali oppressori, Iddio gli mandò un moscerino che gli penetrò da un orecchio nel cervello,
24 e cominciò a roderlo, finché egli non ne morì.
25 Quando si aperse il suo cranio, si vide che il moscerino era diventato grande come un piccione con il becco di ferro e gli artigli di bronzo. In tal modo Alarico morì e non poté sostituirsi a Roma e al suo esecrabile dominio;
26 le genti di Askenaz deviarono un fiume e lo seppellirono nel letto di esso assieme al suo cavallo;
27 e fino ad oggi non si sa dove sia la sua tomba.
28 Intanto i popoli dell’occidente, gli abitanti delle isole e delle terre dell’Africa scossero dal loro collo il giogo di Roma e riacquistarono la libertà; ma altrettanto non avvenne per le genti dell’oriente.
29 Infatti i Cesari di Roma si trasferirono a Costantinopoli, nella regione di Chittim, loro nuova capitale,
30 e da lì ripresero a perseguitare i popoli dell’Oriente, com’era loro abitudine inveterata; li gravarono di tasse, sperperarono le ricchezze del mondo in feste e bagordi, ed emisero leggi inique cui loro stessi si guardavano bene dall’obbedire.
31 Così le genti d’Israele, che avevano salutato la caduta di Roma-Babilonia come l’avvio della speranza di una nuova stagione di libertà,
32 furono nuovamente oppresse e tornarono ad innalzare a Dio i loro luttuosi lamenti.
33 E fu allora, nobile Giuseppe, che Iddio suscitò per il suo popolo un liberatore, il cui nome è degno di essere ricordato nei secoli:
Giosuè Falereo.
Capitolo 2
1 Questi, o figlio di Benaia, sono gli atti
dell'ascesa del martello dei Romani, del novello Giuda Maccabeo che ricostruì e riconsacrò il Tempio del Signore.
2 Vi era in Naucrati, nella terra d’Egitto, un uomo retto della tribù di Levi.
3 Il suo nome era Menachem; egli era figlio di Giosia, figlio di Sallum, figlio di Gesù, figlio di Giacobbe,
4 figlio di Zaccaria, figlio di Er, figlio di Bartolomeo, figlio di Levi, figlio di Gesù, figlio di
Tob,
5 figlio di Amram, figlio di Amasia, figlio di Giuseppe, figlio di Filippo, figlio di Daniele,
6 figlio di Acazia, figlio di Salatiel, figlio di Obed, figlio di Nahum, figlio di
Cazael,
7 figlio di Giovanni, figlio di Aram, figlio di Sadoc, sommo sacerdote al tempo del re Davide, il Grande.
8 Tutti i sabati egli si recava in Sinagoga a proclamare la Santa Legge di Dio, la
Torah; egli era assiduo nella preghiera e nel pagamento delle decime, solerte nella carità, infiammato di ardore e di zelo nei confronti della Parola del Signore e del rispetto che si deve ad essa.
9 Un giorno egli passò davanti al Ginnasio della città, l'abominevole luogo
dove i pagani discutono delle loro false filosofie e deridono la Fede nell'Unico
Dio.
10 E sotto le colonne del Ginnasio egli vide due Giudei, figli di due suoi amici
d'infanzia, con i quali era cresciuto. I due giovani indossavano la toga romana
e, soprattutto, si erano cancellati i segni dell'Alleanza stretta dal Signore
con il padre Abramo.
11 Infatti nei Ginnasi si è soliti sostare nudi, e i Giudei vengono facilmente
riconosciuti per via dell'aspetto dei loro genitali, ed immancabilmente derisi.
I Gentili infatti considerano la circoncisione un'indecente mutilazione.
12 Per questo i due scapestrati giovani si erano fatti cancellare
chirurgicamente il segno dell'Alleanza, anteponendo la smania di partecipare
alla vita sociale della gioventù pagana alla fedeltà alla Legge dei loro
Padri.
13 Subito sdegnatosi, Menachem esclamò nella loro direzione: "Vergogna, o
figli degeneri d'Israele:
14 i Santi e i Martiri di ogni epoca rimasero fedeli fino alla morte alla Torah,
e preferirono sottoporsi al carnefice piuttosto che rinnegare l'Alleanza stretta
da Noè, Abramo, Mosè con il nostro Dio;
15 e voi, o indegni dei Padri vostri, vi sottoponete al bisturi del chirurgo
piuttosto che esibire fieri in pubblico il sigillo nella carne dell'obbedienza
al volere del nostro Dio!
16 Siate per questo maledetti, se non retrocedete dalla vostra condotta
iniqua!"
17 Ma i due giovani risero in modo indecente della canizie di Menachem e, senza
tenere in nessun conto gli ammonimenti in tal senso di Davide e Salomone,
schernirono chi era più anziano di loro proferendo oscenità contro il Dio loro
Creatore.
18 Per la seconda volta allora Menachem li maledisse, al che essi cambiarono la
loro irrisione in ira funesta e, scesi in strada, lo spintonarono e lo
scaraventarono in una pozza di fango.
19 "Maiale, rotolati nel fango della tua superstizione!" furono le
insensate parole che i due miseri gli rivolsero.
20 Per la terza volta Menachem li maledisse, invocando solennemente il Nome del
Signore; ed ecco, un carro d'oro tirato da cavalli color del sole attraversò la
via, sfiorò Menachem lasciandolo illeso, ma travolse i due giovani peccatori
che rotolarono morti sul ciglio della strada.
21 "Sia dunque gloria al Signore che ha vendicato di Persona gli oltraggi
mossi nei Suoi confronti", fu il commento del vecchio di fronte ai due
uomini esanimi.
22 Ma altri giovani di famiglie pagane avevano assistito alla scena dalla soglia
del Ginnasio, burlandosi essi pure del povero Menachem, e prendendo le parti dei
suoi aggressori;
23 avendo visto i loro amici morti per effetto della maledizione di Menachem,
anziché riconoscere la grandezza del Dio d'Israele, si accesero di rabbia
contro di lui, attribuendogli la colpa della morte dei suoi due avversari,
24 come se essi non fossero periti in conseguenza della loro condotta iniqua e,
saltatigli addosso, lo massacrarono, lasciando il suo corpo insepolto sulla
strada.
25 Dopodichè il Procuratore romano della città, sobillato dai giovani pagani e
dai loro influenti padri, ordinò una persecuzione contro i Giudei di Naucrati;
26 egli infatti era un seguace del predicatore chiamato Cristo, crocifisso sotto
Ponzio Pilato al tempo del Re Erode e di Tiberio Cesare, ed odiava i Giudei
accusandoli di avere assassinato il suo Dio.
27 I Giudei osservanti furono crudelmente percossi, cacciati dalla città e
gettati sul lastrico; alcuni vennero gettati in prigione, battuti con verghe e
pubblicamente oltraggiati.
28 A tutti vennero confiscati i beni, incamerati nel pubblico demanio o
intascati dal Procuratore e dai funzionari nemici del Popolo della Legge.
29 Così avvenne, illustre Giuseppe, perchè i Giudei si erano allontanati dalla
scrupolosa osservanza della Parola, lasciando che i loro figli si cancellassero
i segni dell'Alleanza e bestemmiassero Dio leggendo i testi dei filosofi
gentili.
30 Il Signore Dio infatti non retribuisce solo al termine della giornata, come
fanno i padroni su questa terra con i loro salariati, e coloro che Egli ama, li
prova e li castiga.
Capitolo 3
1 Sorse allora tra tutti i
suoi fratelli Giosuè, figlio di Ioiachim, fratello di Menachem,
2 il quale si trovava in quei giorni in Alessandria, impegnato nello studio
della Legge e degli insegnamenti dei rabbini di ogni tempo.
3 Egli era forte, e di bell'aspetto; aveva ventun anni, i capelli color del
bronzo e la perle brunita dal sole d'Egitto. Il suo braccio era forte come i
tori di Basan, e la sua volontà era come la pietra del Monte Ermon.
4 Egli era entrato come amministratore al servizio del nobile Falereo,
maggiorente di Alessandria,
5 del quale aveva assunto il nome, poiché ai Greci non è gradito chiamare i
Giudei con il loro nome originario.
6 Egli amava il padre Ioiachim e lo zio Menachem. Quando gli giunse notizia che
lo zio era morto e che il padre era stato cacciato da Naucrati,
7 si congedò dal padrone, abbandonò Alessandria e corse incontro al genitore;
ma, quando ebbe raggiunto i suoi zii e fratelli accampati su un ramo del delta
del Nilo, essi gli dissero che anche il padre Ioiachim era morto.
8 Non aveva retto il dolore per la perdita di tutto ciò che aveva costruito in
una vita di sacrifici, ed il suo cuore aveva cessato di battere.
9 Allora Giosuè si accese d'ira contro i persecutori del suo popolo, si recò
ad Eliopoli, entrò nella Sinagoga, mise la mano destra sul sacro rotolo della
Torah ed esclamò:
10 "Giuro che non avrò più pace, né ne avranno i nemici di Israele, finché
essi non saranno cacciati dalla Terra dei Nostri Padri.
11 Da 300 anni l'abominio pagano della Desolazione poggia le sue fondamenta là
dove un tempo sorgeva maestoso il Tempio di Salomone;
12 atroci bestemmie contro l'Unico Dio ed in onore dei falsi idoli pagani
fabbricati da mano d'uomo si levano là dove un tempo si elevavano i sacrifici
in onore del Signore.
13 Da 300 anni è fatto divieto ai nostri fratelli di mettere piede nella Città
Santa, già regno di Melchisedec il re e sacerdote, mentre i Gentili possono
andare e venire e compiervi i loro sacrifici abominosi in onore di demoni da
essi adorati come numi;
14 ed anche i seguaci del Figlio del Falegname hanno potuto costruirvi le loro
Sinagoghe e compiervi i loro sacrifici incruenti.
15 È giunta l'ora che i Figli di Abramo, di Isacco e di Giacobbe tornino a
riprendere possesso di quello che è loro, perchè fu concesso dal Signore Dio
al loro padre Abramo. Ed io giuro di indirizzare ogni mio sforzo ed ogni mia
volontà alla realizzazione di questo scopo,
16 come novello Giosuè, del quale porto il nome, e come novello Giuda Maccabeo,
dando fondo ad ogni mia astuzia e ad ogni capacità per scacciare i Romani
oppressori dalla Terra Santa che per tanti secoli essi hanno profanato!"
17 Settanta giovani Giudei di Eliopoli, udito il giuramento di Giosuè, si
accalcarono attorno a lui, allungarono la destra sulla Torah e giurarono essi
pure:
18 "Giosuè, noi ti seguiremo fino alla vittoria, o fino a che noi pure
saremo sgozzati come agnelli sugli altari dei Gentili nemici del Signore!"
19 Ma un proselito, Demetrio, figlio di Giosia, udì il giuramento ed ebbe
timore che i Romani si accanissero contro l'intera comunità ebraica di Eliopoli,
così come era successo a quella di Naucrati,
20 e che egli pure e la sua famiglia perdessero tutto ciò cui avevano dedicato
una vita di sacrifici. E così, sobillato da Satana, il Serpente Antico, egli
corse dal prefetto di Eliopoli e denunciò Giosuè ed i suoi seguaci.
21 Così sperava che essi soli venissero colpiti dalla mano pesante dell'Impero
Romano. Ma il prefetto di Eliopoli era lui pure seguace di Gesù detto il
Cristo,
22 e nutriva verso il Popolo della Legge lo stesso odio del suo collega di
Naucrati. Così, finse di ricompensare il tradimento con trenta denari
d'argento,
23 ma egli pure subito dopo trasse pretesto dal fatto per denunciare come
sediziosa l'intera comunità Giudaica presso il Governatore Romano di
Alessandria.
24 Questi autorizzò la persecuzione, i Giudei furono cacciati anche da Eliopoli,
ed i loro beni confiscati e divisi tra gli amministratori della città.
25 La notte prima che la persecuzione si scatenasse, tuttavia, l'Angelo del
Signore apparve in sogno a Giosuè Falereo e gli disse: "Prendi i tuoi
seguaci, o Martello dei Romani, lascia l'Egitto e rifugiati nel Deserto di Sin,
26 poiché una grande tribolazione sta per abbattersi sui tuoi fratelli che
dimorano in Eliopoli, ed è volontà del Signore che tu ti salvi, giacché
grandi imprese ti attendono."
27 Subito Giosuè si levò, prese i giovani che avevano giurato con lui e
lasciò la città, dirigendosi verso il deserto.
28 Solo uno di quanti avevano giurato non credette al sogno ricevuto da Giosuè,
restò in città e perì nella persecuzione. Anche il traditore Demetrio fu tra
le vittime dei Romani, poiché si oppose ai soldati sostenendo che il Prefetto
gli aveva dato la sua parola, ed essi lo uccisero.
29 E dai Giudei di Eliopoli e delle altre città d'Egitto si levò un grido:
"Aveva ragione Giosuè, il coraggioso Leone della Tribù di Giuda: dai
Romani non possiamo attenderci che oltraggi, percosse e l'esilio, dunque
legittima è la sua battaglia e giusta la sua nobile causa!"
30 Avvenne così che molti giovani dal braccio vigoroso e dalla fede salda si
unirono a Giosuè ed ai suoi seguaci, accampati in tende nel deserto di Sin,
31 ed in breve tempo essi raggiunsero il numero di cinquemila persone, pronte a
muovere l'assalto contro quella che i Romani chiamavano, con nome blasfemo,
Provincia di Palestina.
32 Si compiva così l'Oracolo del Profeta Osea: "Dall'Egitto ho chiamato i
miei Figli."
Ricostruzione della
Palestina all'epoca dei Falerei, effettuata in
quattro anni di lavoro dal signor Franco Alfieri di Tradate (VA),
grande appassionato di storia della Terrasanta (da VareseNews)
.
Parte Seconda
Capitolo 4
1 Nel ventunesimo anno
dell'Impero di Teodosio Augusto e di Eudocia Augusta, essendo Valentiniano
Augusto sovrano dell'Occidente, Flavio Antemio governatore dell'Egitto e
Pancrazio Procuratore della Palestina,
2 iniziò la guerra di liberazione della Città Santa capitanata da Giosuè
Falereo, secondo la volontà dell'Altissimo e a dispetto delle esigue forze di
cui egli disponeva.
3 Nel mese di Nisan, il settimo giorno del mese, egli con i suoi uomini attaccò
la città carovaniera di Bersabea, alle frontiere meridionali della Giudea,
prese alla sprovvista la guarnigione romana e la massacrò fino all'ultimo uomo.
4 I pagani e i seguaci di Gesù Nazareno, vista la fulminea vittoria di Giosuè,
si posero in ginocchio davanti a lui ed invocarono pietà. "Nessuna pietà
per coloro che hanno oppresso il Popolo di Dio!" esclamarono a gran voce i
luogotenenti che Giosuè si era scelto.
5 Giosuè tuttavia prese la parola e disse: "Non alzerò la mano contro chi
personalmente non mi ha mai fatto del male. Lasciate dunque la terra di Giudea e
non tornate in essa mai più, perchè essa è una Terra Santa, e i vostri piedi
la profanano calpestandola.
6 Se però tornerete a combattere contro di me per cercare di riprenderla,
allora vi tratterò come nemici, e come tali vi voterò allo sterminio."
7 Ciò detto, li lasciò partire alla volta dell'Egitto. Alcuni suoi
luogotenenti gli espressero allora l'intenzione di fortificare Bersabea per
farne una loro piazzaforte.
8 Anche stavolta però il Leone di Giuda non fu d'accordo. "Ritengo che
rinchiuderci in una fortezza, per quanto ben munita, sarebbe un suicidio.
9 Presto infatti i Romani giungeranno in forze per vendicare i loro morti e
riprendere la città e, se ci troveranno asserragliati qui dentro, ci
prenderanno per fame e per sete, sterminandoci sino all'ultimo uomo,
10 così come fecero con il capo zelota Eleazar Ben Yair, asserragliatosi in
Masada, e il falso messia Simone Bar Kochbà, che si rinchiuse nella roccaforte
di Betar.
11 Per la Vita del Signore, noi non faremo così. Noi ci accamperemo nel
deserto, dove potremo sempre trovare un rifugio sicuro, mentre l'esercito romano
avrà difficoltà a muoversi in esso con il suo pesante equipaggiamento.
12 Attaccheremo città e fortezze ritirandoci subito dopo, fino a che non avremo
riconquistato il cuore stesso della nostra Nazione e ricostruito il
Tempio."
13 Era Dio stesso a parlare per bocca sua, poiché aveva finalmente decretato
che il doloroso esilio del Suo Popolo Eletto avesse fine, ed egli dovesse
tornare ad avere una dimora su questa terra.
14 E così, l'esercito di Giosuè Falereo si ritirò da Bersabea, trovando
rifugio nel deserto tra Cades-Barne e il Mare d'Asfalto. Solo uno dei suoi
luogotenenti volle rimanere in città, per non riconsegnarla ai nemici del
Popolo d'Israele;
15 "Un soldato giudeo", disse infatti, "muore ma non
arretra." E fu presto accontentato.
16 Infatti alcuni dei fuggiaschi di Bersabea raggiunsero la piazzaforte di Gaza
ed informarono il suo comandante militare, che subito inviò mille uomini per
riconquistare la città: impresa che essi portarono a termine in breve tempo,
17 dato che in essa erano rimaste solo poche decine di soldati di Giosuè. Essi
furono sterminati fino all'ultimo uomo, incluso il luogotenente di Giosuè,
18 del quale la storia non ci ha tramandato il nome, essendosi egli rifiutato di
obbedire al Signore Dio che gli parlava per bocca del Leone di Giuda. Gli altri
capi degli insorti trassero insegnamento dalla lezione, e non misero più in
discussione la parola di Giosuè.
19 Mentre però i Romani festeggiavano la riconquista di Bersabea, Giosuè
Falereo metteva in atto la sua tattica penetrando nella Valle di Eshkol e
mettendo a ferro e fuoco la città di Zaklag.
20 Anche stavolta la guarnigione romana fu massacrata, ed anche stavolta i non
Giudei furono lasciati liberi di partire, dopodichè Zaklag venne evacuata e
l'esercito di Giosuè si ritirò nuovamente nel deserto, tra Arad e il Mare
d'Asfalto.
21 Nuovamente accorsero truppe romane più numerose delle precedenti, ma
trovarono solo la città devastata e la Stella di Davide, simbolo dell'esercito
di Giosuè, dipinta su ogni muro usando il sangue dei nemici uccisi.
22 E la fama di Giosuè Falereo andò diffondendosi in tutta la regione, grazie
ai racconti dei pagani e dei seguaci del Nazareno, che celebravano non solo la
sua abilità di stratega, ma soprattutto la sua misericordia verso i vinti.
23 Il Procuratore Pancrazio inizialmente sottovalutò l'armata del Falereo,
ritenendola niente più che una banda disorganizzata di briganti, ma dovette
ricredersi quando udì che egli aveva osato mettere a ferro e fuoco Engaddi,
dove aveva la sua residenza invernale.
24 Gli mandò allora incontro una truppa di duemila uomini, per lo più
mercenari Gassanidi, arabi seguaci di Gesù il Nazareno.
25 Il fatto che fossero mercenari, e che quindi non conoscessero bene il
territorio, segnò la loro sconfitta.
26 Giosuè il Falereo infatti li attirò nel deserto e lasciò che avanzassero
sempre più nella regione arida tra Bersabea e il Mare di Asfalto,
27 ma fece avvelenare i pozzi, cosicché essi non trovarono di che dissetarsi.
28 E quando furono allo stremo, ormai entro i confini di Edom, li accerchiò e
li assalì, menandone strage.
29 La testa del loro comandante fu recapitata alla guarnigione romana di Hebron
da un emissario di Giosuè, che la lanciò dentro le mura della città.
30 Si compiva così la Parola di Dio per bocca del Salmista: « Sterminerò tutti gli empi del paese
per estirpare dalla Città del Signore tutti i malfattori ».
Capitolo 5
1 Dopo questi fatti, l'Angelo
del Signore apparve in sogno una notte a Giosuè Falereo e gli disse:
2 "Il Signore, il Signore degli Eserciti, potente è il braccio del Signore
contro i Suoi nemici, e Giosuè Falereo è la spada che il Signore brandisce
nella Sua destra!
3 Ora ascolta, Giosuè, figlio di Ioiachim, figlio di Giosia. Il Signore Dio
d'Israele ti darà in mano la vita dei tuoi nemici, se sarai retto e camminerai
alla Sua presenza.
4 Scendi perciò contro Hebron, la città di Abramo, prima che il Procuratore
dei Romani riesca ad organizzare una controffensiva. La città egli ti darà in
mano, se nessuno dei tuoi uomini si mostrerà empio contro la Legge
dell'Altissimo."
5 Ridestatosi, Giosuè ordinò a tutti i suoi uomini di radunarsi, chiamò il
Maestro della Legge e gli fece dare pubblica lettura del Patto dell'Alleanza di
fronte alle sue truppe schierate.
6 "Se osserverete questi comandi e non infrangerete la Legge, il Signore
Dio degli Dei ci darà in mano la città di Hebron", le arringò poi il
loro comandante.
7 "Ma se uno solo di voi indurirà il proprio cuore e romperà la fedeltà
ai Suoi comandi, la vittoria ci sarà preclusa, e la Vendetta di Dio calerà
sulla sua testa."
8 "Amen!" gridarono tutti i suoi seguaci come un sol uomo.
9 Ed avvenne che Giosuè Falereo con il grosso dei suoi soldati calò sulla
città di Hebron e la cinse d'assedio, ben deciso a prenderla per fame.
10 Informato di questo fatto, un esercito più numeroso del primo inviò
Pancrazio per catturare Giosuè Falereo, stavolta formato da Greci abitanti
nelle città della Terra Santa e da soldati inviatigli in supporto dal
governatore della Siria.
11 Forte della promessa del Signore, Giosuè ordinò l'attacco ad Hebron per
riuscire ad espugnarla prima dell'arrivo dei rinforzi Romani, certo di farcela
perchè si sentiva forte della promessa del Signore.
12 Aperta una breccia nelle mura occidentali, l'armata del Falereo penetrò in
città, ma purtroppo un uomo della casa di Malachia, il cui nome era Gedeone,
rubò la croce d'oro ed altre suppellettili preziose da una Sinagoga dei
Cristiani, e la tenne per sé.
13 Di conseguenza il Signore volse altrove la faccia, la guarnigione romana di
Hebron oppose una strenua resistenza, e così Giosuè non riuscì a prendere
l'Acropoli, come sperava, prima del tramonto del sole.
14 Uno dei suoi esploratori venne e gli annunciò l'imminente arrivo dei
rinforzi romani, e così Giosuè si stracciò le vesti, si coprì il capo di
cenere e si lamentò come una donna che ha perso il marito:
15 "O Signore, dove ho peccato affinché tu mi strappi dalle mani i nemici
che già erano in mio potere?"
16 Ma egli dovette presto cessare i lamenti e dare l'ordine della ritirata,
perchè i Romani s'approssimavano. Così la città di Hebron fu persa, e Giosuè
dovette sopportare la prima sconfitta.
17 Raggiunto un rifugio sicuro nel deserto a sud di Bersabea, l'ira del Falereo
si accese contro i suoi uomini:
18 "Perchè avete peccato, o guerrieri del Signore? Se voi aveste seguito
scrupolosamente le parole del Signore, Egli ci avrebbe dato in mano i nostri
nemici, ed ora i Pagani e i Nazareni non festeggerebbero e non direbbero l'un
l'altro: « Abbiamo domato la rivolta perchè i nostri dèi sono più forti del
Dio d'Israele »!"
19 Allora Gedeone si fece avanti e confessò pubblicamente davanti a tutto
l'esercito:
20 "Non tutti questi valorosi hanno peccato, mio signore. Io solo mi sono
macchiato d'infamia, tenendo per me i tesori che avevo razziato anziché
metterli nel bottino comune, poiché Satana ha instillato la cupidigia nel mio
cuore,
21 ed io ho anteposto il desiderio di ricchezza alla cacciata dei nemici dalla
Terra d'Israele."
22 "Perchè hai fatto questo, riceverai la punizione che spetta ai
traditori", gli ingiunse Giosuè Falereo.
23 Ciò detto, lo fece chiudere dentro una spaccatura delle rocce e ne fece
murare l'ingresso. E quel luogo ha preso il nome di "Roccia
dell'Infamia" fino ai nostri giorni.
24 Le carovane che passano di là e si accampano nei pressi per la notte
affermano di udire tuttora uscire dalle rocce i lamenti dello spirito di Gedeone,
che si vergogna del peccato da lui commesso in quel giorno.
25 In seguito Giosuè Falereo fece compiere un solenne atto di penitenza a tutto
il suo esercito, affinché fosse lavato il peccato di Gedeone, che era
tragicamente ricaduto su tutti i suoi commilitoni.
26 Intanto Pancrazio si illudeva di poter schiacciare facilmente quanto restava
dell'armata faleraica, ora che aveva toccato con mano che non era invincibile, e
per questo chiese rinforzi ad Antemio, governatore dell'Egitto.
27 Questi inviò una milizia di diecimila uomini, tra cui mercenari nubiani, al
comando del generale Sulpio Anicio, per stanare Giosuè Falereo che si
nascondeva tra i recessi del deserto.
28 Ma di nuovo l'Angelo del Signore apparve in sogno a Giosuè, e gli disse:
"Sorgi, o Leone della Tribù di Giuda, Torre Incrollabile, Martello dei
Nemici di Dio.
29 Truppe numerose di Nemici del Popolo Eletto vengono contro di te, certe di
schiacciarti come un moscone molesto.
30 Ma io ho visto la sincerità del vostro pentimento, ed ho apprezzato il
vostro atto di contrizione. La colpa del traditore è lavata, ed io domani ti
darò in mano i tuoi nemici,
31 cosicché tutti sappiano che io sono il Signore, Dio degli Eserciti, e che io
solo distribuisco le vittorie e le sconfitte, la gloria e l'umiliazione."
Capitolo 6
1 E avvenne che gli
esploratori del generale Sulpio Anicio individuarono l'armata di Giosuè,
accampata a sud di Arad,
2 ed il generale romano si mise all'inseguimento del proprio nemico. Giosuè si
mise allora in marcia, e puntò decisamente verso nordest.
3 "Io tengo in pugno il Falereo, né la vittoria finale mi può
sfuggire", si disse scioccamente Sulpio Anicio, incalzando l'avversario che
si dirigeva verso il Mare di Asfalto.
4 Ma Giosuè lo lasciò avanzare all'inseguimento e, quando il Mare fu in vista,
divise le sue truppe in due schieramenti, uno sulla destra e uno sulla sinistra,
mentre in mezzo tra di essi pose i suoi elementi più giovani e inesperti. Era
vicina la città di Zoar.
5 Giunto colà, certo della vittoria, Sulpio Anicio puntò con decisione verso
il centro dello schieramento giudaico, certo di menare strage dei più giovani
tra i soldati nemici. Molti di loro in effetti caddero, ma le due ali
dell'esercito di Giosuè si richiusero alle spalle dei Romani,
6 ed essi si ritrovarono schiacciati contro la riva del salato Mare d'Asfalto. E
così cominciò la carneficina, come da un tino comincia ad uscire il mosto
appena si pigia l'uva sotto i piedi.
7 Quanti non morirono di spada, furono spinti nelle acque salse e trascinati a
fondo dalle loro stesse corazze.
8 Meno di mille superstiti dell'esercito del superbo Sulpio Anicio furono tratti
prigionieri; lo stesso generale si diede la morte con le sue mani, per
l'ignominia di essere stato vinto da chi credeva non si potesse difendere contro
la preponderanza delle sue forze.
9 Infatti è scritto nel Libro dei Proverbi: « La superbia precede la rovina, e lo spirito altero precede la
caduta ».
10 Venuta la sera, Giosuè si ritirò
di nuovo nel deserto, portando con sé un ingente bottino e tutti i prigionieri.
11 Passò personalmente davanti ai Romani da lui
catturati, e tra loro riconobbe alcuni di coloro che aveva già graziato una volta,
i quali avevano lasciato Bersabea e si erano rifugiati in Egitto, ma si erano
arruolati tra le armate romane nella speranza di poter riconquistare le terre
da essi un tempo occupate.
12 "Vi avevo avvertito di non riprendere le armi contro di noi, perchè
l'avversario va graziato una volta sola", egli disse loro, e subito ordinò che venissero
lapidati.
13 Gli altri invece li liberò in cambio di un ingente riscatto, dopo averli
ammoniti di nuovo a non ingaggiare mai più battaglia contro l'Esercito del
Signore.
14 Tanta fama diede a Giosuè Falereo la vittoriosa Battaglia di Zoar, che da
tutto il mondo giovani giudei vennero in Terra Santa per unirsi alla sua causa;
15 e siccome i governatori romani non li lasciavano attraccare né in Palestina
né in Egitto, sotto minaccia di gravi persecuzioni, essi attraccavano sulle
coste della Filistea, lontano dai porti, grazie a mercanti Fenici compiacenti,
16 oppure arrivavano nel deserto d'Idumea via terra, dopo un lunghissimo cammino
a piedi o a cavallo, per poi unirsi all'esercito di Giosuè Falereo.
17 Quest'ultimo temeva che potessero unirsi a lui anche spie romane, e così
chiedeva al suo medico personale di esaminare i prepuzi delle reclute:
18 se essi erano incirconcisi, o presentavano segni di circoncisione recente,
Giosuè li rifiutava, pensando che potesse trattarsi di soldati greci e romani,
fattisi circoncidere apposta per infiltrarsi tra le sue schiere.
19 Ben presto però si rese conto che questo sistema non era adatto a
discriminare gli Israeliti dai nemici, poiché non tutti i figli di Israele
erano circoncisi: in molti casi i loro genitori, per paura delle leggi
contrarie, avevano evitato loro la circoncisione,
20 eppure i giovanotti erano ugualmente determinati ad entrare a far parte
dell'esercito di Giosuè, e chiedevano di farsi circoncidere appena arruolati in
esso.
21 Inoltre i Romani avevano tra le loro file ausiliari di popoli, come gli
Abasgi del Caucaso e gli Ircani del Mar Caspio, che si fanno circoncidere da
bambini, e dunque potevano facilmente passare per Giudei.
22 Un altro stratagemma ideò allora il Falereo: arruolò solo coloro che
sapevano leggere almeno qualche parola scritta in caratteri ebraici e, siccome
non era dopotutto difficile imparare i rudimenti della grafia giudaica,
23 chiedeva loro di leggere le parole « Volontà di Dio » in caratteri
ebraici, dove "Dio" era scritto usando il sacro Tetragramma YHWH.
24 Quanti leggevano "Dio" scandendo le lettere del Tetragramma, egli
li faceva fustigare e scacciare, mentre quanti sostituivano nella lettura quella
parola con "Adonai", "il Signore", li accoglieva a braccia
aperte.
25 Infatti i Giudei osservanti per rispetto non pronunciano mai il sacro
Tetragramma, sostituendolo con sinonimi, e quanti lo pronunciano o sono pagani
travestiti o sono Giudei non osservanti, e Giosuè Falereo rifiutava entrambi,
sia che avessero intenzioni buone, sia che avessero intenzioni cattive.
26 Alla fine Giosuè poté contare su di un esercito di venticinquemila uomini,
ben addestrati dai veterani delle guerre contro i barbari, e pronti per essere
lanciati nella Guerra Santa contro gli oppressori.
27 Il Falereo si accorse ben presto che non avrebbe potuto sfamare a lungo un
esercito così numeroso nel deserto, nonostante l'alleanza con le tribù arabe
gli avesse consentito fino ad allora l'approvvigionamento di viveri e di acqua,
pagati grazie alla generosità di alcuni di coloro che si erano uniti alla sua
lotta.
28 E così, decise di passare all'azione. Il cuore stesso della Provincia di
Palestina sarebbe stato il suo prossimo obiettivo.
29 Informato dell'afflusso di volontari tra le file del suo nemico, Pancrazio
decise di chiedere aiuto direttamente all'imperatore Teodosio Augusto, inviando
messi a Costantinopoli;
30 l'imperatore tuttavia sottovalutò le preoccupazioni del suo Procuratore. Il
sovrano d'Oriente era infatti un intellettuale di prestigio, esperto di diritto
e della teologia della religione di Gesù il Nazareno, ma un politico
mediocre e un comandante militare ancora peggiore;
31 per ogni sua scelta politica si affidava a consiglieri di fiducia, ed in
questo caso a consigliarlo fu il generale Marciano, veterano delle guerre contro
i Persiani.
32 Quest'ultimo stava organizzando una spedizione per riconquistare il regno
africano dei Vandali, e non voleva sottrarre truppe o fondi alla propria
impresa, con cui intendeva ricoprirsi di gloria.
33 E così, consigliò a Teodosio di inviare solo un piccolo rinforzo a
Pancrazio, ignorando gli avvertimenti del patriarca cristiano di Costantinopoli,
Attico, il quale lo invitava invece a difendere la Città Santa prima di
impegnarsi nella conquista di nuovi territori.
34 Così si compiva il volere di Dio annunciato per bocca del Profeta Geremia:
« Il Signore ruggisce dall'alto, il rumore giunge fino alle estremità della
terra, poiché il Signore è sceso a contesa con le nazioni, entra in giudizio contro ogni carne;
gli empi li dà in balia della spada ».
Capitolo 7
1 Il terzo giorno del mese di
Av, Giosuè Maccabeo vide tre aquilotti che volavano verso la città di Hebron,
e comprese che quello era il segno che il Signore gli aveva promesso in sogno.
2 Radunò perciò tutte le sue truppe, le arringò spronandole ad essere sante
come Iddio è santo, le rincuorò assicurando loro che il Signore stesso avrebbe
marciato alla loro testa, quindi ordinò l'attacco contro Hebron.
3 Stavolta la città cadde senza troppa resistenza: il terrore del Signore si
era infatti impadronito degli abitanti, ed essi si gettarono in ginocchio di
fronte a Giosuè, nel timore di venire subito lapidati.
4 "L'altra volta in cui sono venuto in città avete combattuto da valorosi,
e per questo non vi farò del male", rispose tuttavia il Leoncello di
Giuda;
5 "avete ventiquattr'ore di tempo per lasciare la città, che verrà
assegnata alle famiglie di molti dei soldati che militano sotto le mie
insegne."
6 Fu così che la milizia del Signore non dovette più abitare nel deserto,
avendo come tetto il firmamento, ma poté disporre per la prima volta di una
città in muratura.
7 Subito Pancrazio si mise alla testa delle sue truppe scelte e da Gerusalemme
marciò verso Hebron, per soffocare la ribellione del Falereo.
8 Stavolta si trovava in minoranza, ma contava di nuovo sull'aiuto di Flavio
Antemio, e il successo in precedenza riportato proprio sotto le mura di Hebron
lo rincuorava.
9 Non sapeva che una tempesta di sabbia inviata dal Signore, Dio degli Eserciti,
aveva disperso le truppe spedite in suo soccorso dal governatore dell'Egitto.
10 Giosuè Falereo si trovava fuori dalle mura di Hebron, intento ad esaminare
le fortificazioni della città che i suoi uomini stavano approntando,
11 quando improvvisamente vide davanti a sé un guerriero di prestanza
eccezionale, la cui altezza era di sei cubiti e la cui lancia da sola pesava tre
quarti di talento.
12 "Chi sei tu?" gli domandò Giosuè impavido, sguainando la spada.
L'uomo gli rispose con una voce che sembrava il tuono che riecheggia tra le
balze dei monti del Libano:
13 "Io sono il Generale dell'Esercito del Signore. Egli, il Suo nome sia
sempre lodato, mi ha mandato a te per avvisarti che è il momento propizio per
la vittoria decisiva."
14 Tosto Giosuè Falereo depose la spada e si prostrò di fonte al Generale
Celeste, ma questi gli prese una mano e lo aiutò a rialzarsi:
15 "Non adorare me, che sono una creatura: adora il Signore, che è il
Creatore! Prendi due terzi delle tue truppe lasciandone un terzo a presidiare
Hebron, e marcia verso Tekoah.
16 Lì il Signore Dio mio e Dio tuo consegnerà nelle tue mani i Suoi nemici, affinché
tutti i popoli della Terra sappiano che è Lui che regna, e non i superbi
imperatori di questo mondo."
17 Ciò detto, sparve dalla vista di Giosuè, che si affrettò a radunare i suoi
uomini e a fare quanto il Generale dell'Esercito del Signore gli aveva
comandato.
18 Due terzi delle truppe del Falereo marciarono così incontro a Pancrazio, che
contava sull'effetto sorpresa, ignaro dell'ammonimento a Giosuè da parte del Generale dell'Esercito del Signore.
19 Fu perciò con grande sorpresa che si vide piombare addosso, all'altezza di
Tekoah, il fior fiore della gioventù d'Israele, ben decisa a combattere fino
alla morte per riconquistare la propria terra.
20 Lungo e sanguinoso fu lo scontro, e Giosuè, che aveva combattuto con onore
falcidiando con la propria spada molti nemici, si avvide che il Sole si avviava
al tramonto.
21 Invocò così il Nome del Signore: "O Dio degli Eserciti, Tu che hai
dato la vittoria a Sansone che ammazzò mille nemici con in mano solo una
mascella d'asino,
22 non volgere lo sguardo lontano da me nell'ora del bisogno: aiutami a vincere
questa Guerra Santa, ed io riconsacrerò per Te il Tempio sul Monte Sion!"
23 Subito gli apparve nuovamente il Generale dell'Esercito del Signore, che
sguainò la spada, fatta di fuoco guizzante, la puntò verso il cielo ed
esclamò:
24 "Giosuè, figlio di Ioiachim, il Signore Dio mio ha ascoltato la tua
preghiera, e per mostrare a tutti che Egli è il solo Dio del Cielo, compirà
per te prodigi quali in Romani in mille anni non hanno mai visto!"
25 Il Generale dell'Esercito del Signore sparì prima che Giosuè potesse
prosternasi innanzi a lui, ma ecco che il Sole tornò indietro di tre ore,
percorrendo a ritroso il suo cammino celeste,
26 e i Romani, che videro l'ombra della meridiana ritornare indietro di tre ore,
si fecero pallidi come morti, si sentirono le ginocchia che sbattevano l'oro
l'una contro l'altra, e si batterono il petto gridando:
27 "Fuggiamo di fronte a Israele, perchè il Signore è il solo Dio del
Cielo, e combatte con braccio forte accanto a Israele contro le insegne di
Costantinopoli!"
28 Per l'esercito romano iniziò una rotta precipitosa; i figli d'Israele li
inseguirono fino a Betlemme, città nella quale essi tentarono di
asserragliarsi,
29 ma la gagliarda gioventù ai comandi di Giosuè Falereo travolse ogni
resistenza, prese possesso della patria del re Davide e trasse prigionieri
tremila soldati Romani.
30 Alcuni soldati di Giosuè irruppero nella grande Sinagoga costruita
dall'imperatore Costantino sopra il luogo in cui nacque Gesù il Nazareno, la
devastarono e, armati di fiaccole, si accinsero a darla alle fiamme,
31 ma Giosuè si adirò contro di loro: "Gesù il Nazareno era un grande
Maestro in Israele, e noi non distruggeremo il luogo della sua nascita,
32 ed inoltre noi non faremo come i Gentili di Nabucodonosor o Tito che diedero
fuoco al Tempio di Dio; chi vorrà pregare in quella Sinagoga lo faccia, in
cambio di un tributo da pagarsi ad Israele."
Capitolo 8
1 Venuto il mattino, Giosuè
Falereo passò in rassegna i prigionieri e si avvide che tra di loro non vi era
il procuratore Pancrazio;
2 poco dopo alcuni suoi soldati, provenienti da Tikoah, gli portarono la sua
testa dentro un canestro: avvistosi dell'inevitabile sconfitta, egli aveva
cercato la morte sul campo di battaglia, e l'aveva trovata.
3 Così si era avverata la parola del profeta Isaia: « Ecco, il Signore ti lancerà via con braccio vigoroso,
farà di te un gomitolo, ti farà rotolare come una palla sopra una spaziosa pianura.
Laggiù morirai, laggiù saranno i tuoi carri superbi, o vergogna della casa del tuo Signore!
»
4 Giosuè ordinò di mettere quella testa sotto sale e di spedirla a Teodosio
Augusto, affinché egli capisse che il dominio di Costantinopoli sulla Terra
d'Israele era da considerarsi finito.
5 Poiché tutti i maggiori funzionari di Pancrazio erano tra i morti o tra i
catturati, Giosuè decise la marcia verso la Città Santa, che si trovava oramai
senza amministrazione e senza difese.
6 Metà delle truppe che avevano preso Betlemme restò in città per
fortificarla, l'altra metà invece marciò verso nord, e all'ora sesta entrò in
Gerusalemme dalla Porta del Letame, praticamente senza incontrare alcuna
resistenza.
7 Giunto sulla porta, Giosuè Falereo smontò da cavallo, si fece portare
un'asina e in groppa ad essa entrò e raggiunse il palazzo del procuratore,
mentre i suoi soldati stendevano a terra i loro mantelli al suo passaggio.
8 Così si compiva la parola del Profeta: « Esulta grandemente, o figlia di Sion, grida di gioia, o figlia di Gerusalemme;
ecco, il tuo re viene a te; egli è giusto e vittorioso, umile, in groppa a un asino,
sopra un puledro figlio d'asina. »
9 Giosuè si insediò nel palazzo del procuratore e diede ordine ai propri
luogotenenti di presidiare ogni punto della Città Santa, quindi assegnò ad
ogni centuria di soldati un tratto delle mura da sorvegliare.
10 Decise poi la sorte dei civili che risiedevano in città. Ai Gentili diede
settantadue ore di tempo per lasciare Gerusalemme, avvertendoli che avrebbe
riservato loro una sorte atroce, se avessero cercato di rientrare in città con
la forza delle armi.
11 Ricevette quindi Giovenale, vescovo dei seguaci di Gesù il Nazareno, cui
diede il permesso di restare in città, ma solo dietro pagamento di un tributo.
12 La Sinagoga costruita sul luogo in cui i Romani avevano crocifisso il
Nazareno fu lasciata a Giovenale perché vi officiasse i suoi riti, ma le
sinagoghe cristiane costruite sui luoghi santi dei Giudei, come la tomba di
Davide o la spianata del Tempio, furono requisite.
13 Prima del tramonto Giosuè con i rabbini salì sulla spianata del Tempio,
entrò nella Sinagoga che i cristiani chiamavano Tempio del Signore, costruita a
forma di cupola sul luogo dove sorgeva il Santo dei Santi,
14 e vi fece sacrificare dieci agnelli senza macchia in onore del Dio degli Dei.
15 Ricominciavano così, dopo 365 anni, i sacrifici nel Santuario eretto da
Salomone al tempo della grandezza del Regno d'Israele e di Giuda.
16 Ed ecco, una nuvola dorata, segno della Presenza del Signore in Gerusalemme,
scese dal Cielo ed avvolse la Sinagoga, ed in essa rimbombò una voce: "Il
Signore regna!"
17 Dopo il solenne sacrificio in onore del Signore, cui assistettero tutti gli
Israeliti al seguito di Giosuè tranne le sentinelle di turno, il Leone di Giuda
arringò il popolo, ed annunciò la chiamata di architetti e capomastri per dare
subito inizio alla ricostruzione del Santuario di Dio.
18 E tutto il popolo d'Israele inneggiò al Signore e al Suo campione, Giosuè
Falereo, il quale con braccio invincibile e mente sagace aveva ripreso possesso
della Città Santa.
19 Ma Giosuè disse loro: "Non pensiate che siamo alla fine delle nostre
fatiche; anzi, questo è solo l'inizio,
20 poiché la maggior parte della Terra Santa è ancora in mano ai Greci ed ai
Romani, ed io ho giurato di porre fine alle mie fatiche solo quando essi
verranno scacciati tutti dalla Terra Promessa da Dio ad Abramo.
21 Senza contare il fatto che dovremo difendere le conquiste di tutti i giorni
contro la prepotenza di Teodosio Augusto, che certamente cercherà di
riprenderne possesso, perchè egli segue la religione dei Nazareni ed è
fieramente avverso al Popolo del Patto.
22 Ma se tutti vi manterrete ligi alla Parola del Signore, Egli ci accorderà il
suo favore, il Generale dell'Esercito del Signore combatterà alla nostra testa,
e noi vinceremo tutte le nostre battaglie.
23 Torneranno allora i giorni della grandezza di Israele, e le promesse fatte
dai Dio ai nostri padri non saranno state vane. Egli infatti non commina mai
l'esilio perpetuo, e perdona sempre anche i più incalliti peccatori, se essi si
pentono e mutano strada. Amen!"
24 "Amen!" urlarono tutti gli israeliti, entusiasti, ed il
luogotenente di Giosuè, Adoram figlio di Abimael, gli si avvicinò con un
cuscino di porpora su cui stava una corona d'oro,
25 gli si inginocchiò davanti e soggiunse: "Accetta, o Leone di Giudea, la
corona del nuovo Regno d'Israele che hai ricostruito, affinché noi possiamo
dire di avere finalmente un capo della nostra stirpe, così come ne hanno gli
altri popoli."
26 Ma Giosuè respinse la corona e parlò: "Io, figlio d'uomo, accetterò
un titolo del quale si fregiano solo i prepotenti e i grandi di questo mondo? No, certo.
Unico Re d'Israele è il Signore!
27 Io sarò la vostra guida e marcerò alla vostra testa contro ogni nemico finché
avrò vita, ma non accetterò mai una dignità che il Signore non mi ha promesso,
e che io non Gli ho chiesto."
28 Tutti i presenti si commossero e piansero di gioia, e si prostrarono in
adorazione del Signore Dio del Cielo e della Terra, dicendo ad una voce:
29 "Benedetto il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe,
perchè ci ha dato un capo forte, clemente, devoto e saggio come era Salomone,
figlio di Davide!"
30 E questo è il motivo per cui i seguaci del Nazareno chiamarono Giosuè
Falereo anche con il nome di Salomone II.
31 In tal modo il Popolo d'Israele ritrovò una patria, e i suoi nemici
cominciarono di nuovo a temerlo come si teme una schiera di eroi alla cui testa
cavalca il loro Dio.
.
Parte Terza
Capitolo 9
1 Ed avvenne che Teodosio
Augusto, informato del disastro cui erano andate incontro le sue truppe, e che
gli era costato la perdita di Gerusalemme, rientrasse in sé stesso,
comprendendo quale scacco gli era stato inflitto da Giosuè Falereo;
2 e così, decise di mandargli contro il grosso del suo esercito, stanziato ai
confini dell'Armenia e guidato dallo stesso Marciano, distratto dai suoi
preparativi per la guerra contro l'Africa.
3 Poiché questi aveva intenzione di risolvere presto il problema rappresentato
dai Falerei, raccolse le sue truppe senza adeguata preparazione,
4 o con preparazione specifica per la guerra sul mare, non nel deserto infuocato
dal Sole.
5 Questo era voluto da Dio stesso, affinché la vittoria di Giosuè fosse
completa e tutti nel mondo riconoscessero che è Lui a distribuire le vittorie e
le sconfitte, la gloria e il disonore, secondo la parola del Salmista:
6 « Sei tu il mio Re, o Dio, sei Tu che dai la vittoria a Giacobbe. Sei Tu che ci salvi dai nostri nemici,
sei Tu che copri di vergogna quanti ci odiano! »
7 Intanto Levi, fratello minore di Giosuè, figlio della seconda moglie di suo
padre, lo aveva raggiunto dall'Egitto, e si era unito alla sua lotta di
liberazione contro gli invasori romani.
8 Egli aveva portato con sé sua moglie Micol, la più bella delle fanciulle mai
nate dalla stirpe di Abramo fin dai tempi di Ester la regina, ed Ehud lo Scriba,
suo inseparabile amico d'infanzia.
9 Giosuè, che amava molto suo fratello nonostante la differenza d'età, gli
affidò l'armata che avrebbe dovuto proteggere il neonato Regno d'Israele dal
lato occidentale, essendo le città di Gaza e Ascalona ben munite e tuttora in
mano ai Romani Bizantini.
10 Per sé invece Giosuè tenne il grosso delle truppe, che avrebbero dovuto
difendere Gerusalemme dall'assalto delle truppe di Marciano.
11 Quest'ultimo arrivò con legioni numerose ma inesperte, e si accampò presso
Sichem, in Samaria, perchè i Samaritani sono tradizionali alleati dei Romani
contro i Giudei.
12 Un certo numero di Samaritani furono arruolati da Marciano nelle sue file,
come ausiliari ed esploratori.
13 Mentre ancora Marciano faceva i suoi preparativi per sferrare l'assalto
contro la Città Santa, un angelo del Signore comparve in sogno a Giosuè
Falereo e gli disse:
14 "Attacca tu per primo, o Leone di Giuda, e la vittoria non ti mancherà
di certo, poiché il Signore Dio marcerà al tuo fianco con le Sue
schiere."
15 Destatosi, Giosuè radunò le sue milizie, che aveva fatto addestrare alla
guerra senza interruzione, a differenza dei Romani che bighellonavano presso
Sichem,
16 e diede l'ordine di invadere la Samaria, mentre suo fratello Levi sarebbe
rimasto nei dintorni di Gerusalemme per difendere la Città da eventuali altri
attacchi.
17 "Che farò se voi sarete sconfitti?" domandò Levi al fratello
maggiore, e questi gli rispose:
18 "Non prendere nemmeno in considerazione questa possibilità, giacché
Dio stesso per bocca del Suo Angelo mi ha assicurato che vinceremo."
19 "Ma i Romani sono più numerosi di voi", gli fece notare Ehud lo
Scriba. Giosuè replicò: "Per questo ancora più gloriosa sarà la
vittoria che tu dovrai celebrare nel libro che dedicherai ad essa!"
20 Ciò detto, lasciò Gerusalemme e marciò verso la Samaria, sconfiggendo
facilmente la guarnigione romana accampata presso Betel, con l'incarico proprio
di contenere eventuali sortite da parte dei Giudei.
21 A Marciano fu portata la notizia che Giosuè si era messo in marcia, ed egli
esclamò: "Bene, ci risparmieremo la fatica di dover assediare Gerusalemme,
e la nostra vittoria sarà più rapida!"
22 Ma egli non sapeva quello che diceva. Egli si mise in marcia lentamente verso
sud, ed era giunto al pozzo di Giacobbe presso Sicar, quando si vide venire
addosso le truppe del suo avversario.
23 Esse gli parvero ridicolmente esigue di numero, cosicché egli pensò che
avrebbe potuto schiacciarle con grande facilità. Appena giunte allo scontro con
lui, tuttavia, esse ripiegarono e si diedero alla fuga verso il Monte Garizim,
quello su cui i Samaritani vanno a pregare.
24 Marciano le inseguì, certo di una facile vittoria; ma, appena fu alle falde
del monte, da esso gli piombarono addosso tutti i soldati d'Israele.
25 Troppo tardi Marciano si accorse della trappola. Avvistosi che ogni
combattente d'Israele si gettava nella mischia con l'ardore di cinque dei suoi
uomini, comprese che Dio stesso era con il Falereo, e diede l'ordine della
ritirata,
26 ma la maggior parte dei suoi uomini e tutti i suoi generali tranne uno
caddero sul campo, tanto che quella terra prese il nome di Akeldamà,
"Campo di Sangue", e lo conserva fino al giorno d'oggi.
27 Si dice che tanto fu il sangue assorbito dalla terra in quella battaglia, che
tutte le piante della regione produssero solo fiori rossi per tre anni.
28 Marciano si mise in salvo fortunosamente e, inseguito dalle truppe d'Israele,
ebbe salva la vita solo perché riuscì ad attraversare il Giordano, fiume che
Giosuè aveva dato ordine ai suoi di non superare, perchè sarebbe stato il
confine orientale del suo regno.
29 Già Pulcheria, sorella di Teodosio Augusto e consorte di Marciano, aveva
indossato l'abito vedovile e piangeva la sua morte,
30 quando egli riuscì a raggiungere la città di Filadelfia, lacero e stremato
per la lunga marcia nel deserto, e fu soccorso dalla guarnigione romana di
quella città.
31 Intanto Giosuè entrava trionfalmente nella città di Sichem con tutti i
prigionieri che aveva preso nella battaglia del Garizim.
32 I suoi luogotenenti gli chiesero di votare allo sterminio i Samaritani, ma
egli rispose: "Non celebrerò la mia trionfale vittoria con una mattanza.
33 Come i seguaci del Nazareno, anch'essi siano liberi di praticare i loro riti,
in cambio di un tributo." E si limitò anche stavolta a far giustiziare i
capi militari pagani che aveva preso prigionieri.
Capitolo 10
1 Mentre Giosuè Falereo
occupava la Samaria, suo fratello Levi sconfiggeva un tentativo romano di
invadere il regno d'Israele usando come base la città di Ascalona, e così
rivelava doti militari non inferiori a quelle del fratello.
2 Marciano intanto fece ritorno a Costantinopoli con la coda tra le gambe, e
dovette rendere conto della sua sconfitta al cognato e imperatore Teodosio
Augusto.
3 "Dammi altre truppe, ed io libererò la Palestina dai Falerei così come
si libera un orto dagli insetti parassiti", millantò il generale.
L'imperatore allora lo apostrofò:
4 "Avevi truppe numerose e ti sei fatto sconfiggere da soldati inferiori a
te di numero, ma assai superiori quanto al valore ed alla temerarietà.
5 Grazie alla tua sconfitta, i Giudei ora tengono saldamente la tomba di Gesù
il Nazareno, e probabilmente impediranno i nostri pellegrinaggi nella Città
Santa di Gerusalemme.
6 Io avevo pensato di fare di te il mio erede e successore, ma dovrò cambiare
idea, se tu non riesci a riconquistare ciò che Pompeo prima e Tito poi
conquistarono con mezzi assai minori dei tuoi.
7 Và e recluta truppe per la nuova campagna in Palestina e, se fallisci ancora,
non osare mai più comparire alla mia reale presenza!"
8 Marciano mandò banditori tra le vie di Costantinopoli, ad annunciare che i
Giudei non solo impedivano i pellegrinaggi dei Cristiani nella Città Santa di
Gerusalemme,
9 ma massacravano chiunque adorava Gesù il Nazareno, ed avevano demolito tutte
le Sinagoghe cristiane della regione.
10 Così molti giovani cristiani, accesi d'ira contro i Falerei, corsero ad
arruolarsi tra le file di Marciano, accettando la metà del soldo che
normalmente i romani versavano ai loro legionari.
11 I Giudei che vivevano a Costantinopoli furono fatti oggetto di persecuzione
per causa della vittoria di Giosuè e delle menzogne di Marciano, e molti di
essi scelsero la fuga, mettendosi in salvo via mare tra le isole del Mar Egeo,
12 per poi raggiungere Giaffa, il porto sul Mare Occidentale che nel frattempo
Levi Falereo aveva strappato ai Romani, assicurando uno sbocco al mare ad
Israele.
13 Rabbì Nataniele, l'unico capo della comunità giudaica di Gerusalemme che
era riuscito a scampare alla persecuzione, incontrò Giosuè Falereo ad Emmaus e
lo mise al corrente delle intenzioni di Marciano.
14 Giosuè radunò allora tutti i suoi generali, i Dottori della Legge e gli
scribi, ed iniziò così ad arringarli:
15 "Una grave minaccia incombe su Israele, poiché il nemico, che ha capito
di non poter prevalere in campo aperto, ha iniziato a combatterci con le
menzogne,
16 ed è noto che una menzogna, opportunamente ripetuta alle orecchie dei
fanatici, diventa ben presto una verità.
17 Non ho ricevuto altri ordini da parte del Generale dell'Esercito del
Signore, dopo la nostra vittoria presso il pozzo di Giacobbe, e cos mi sento
autorizzato a prendere io stesso l'iniziativa,
18 poiché Iddio ci aiuta se noi siamo i primi ad aiutare noi stessi.
19 I Nazareni sono numerosi nell'Impero e nulla, dopo che Marciano li ha
ingannati, potrà distoglierli dal proposito di riconquistare la Città Santa e
di sgozzare tutti noi, uomini e donne, vecchi e bambini.
20 Una sola possibilità vedo per evitare la loro immotivata vendetta. L'Impero
Romano ha nemici possenti con i quali da tempo è in pace: i Goti, gli Unni e i
Persiani.
21 Ora, le genti di Gog e Magog che vivono nell'estremo settentrione non sono
uomini con i quali si possa venire a patti, poiché non conoscono altra legge
che la loro.
22 Nessuno di voi invece dimenticherà che proprio Ciro il Persiano fu colui
che, dietro ordine divino, lasciò ritornare i nostri padri da Babilonia in
Gerusalemme, e permise loro di ricostruire il Secondo Tempio.
23 Ora che ci accingiamo a costruire il Terzo Tempio, e già il legno e gli
stucchi giungono nella Città Santa per porre mano all'opera, ritengo che solo
la Persia potrà venirci in aiuto ed impedire la riconquista romana.
24 Propongo perciò che Ehud lo Scriba, che parla greco e persiano, sia mandato
a Ctesifonte a chiedere l'aiuto del Re dei Re, al quale promettiamo alleanza
perpetua in caso di vittoria."
25 Tutti approvarono la proposta di Giosuè, ed Ehud esclamò: "Se tu non
mi avessi incaricato di questa missione, io stesso mi sarei offerto volontario
per essa."
26 Quella stessa notte io, Ehud, lasciai Emmaus, viaggiai verso sud girando attorno
al Mare d'Asfalto per evitare i presidi militari bizantini, raggiunsi Petra nel
deserto d'Arabia e da qui attraversai il deserto, mescolato ad una carovana di
mercanti diretta a Ctesifonte.
27 Quivi giunto, mi presentai come Ambasciatore Ufficiale del Regno
d'Israele e chiesi udienza a Baram, imperatore di Persia e di Media, che aveva
appena sconfitto gli Unni coprendosi di gloria.
28 Giunto alla sua presenza io, Ehud lo Scriba, mi inchinai e dissi: "O Re dei
Re, la cui fama è giunta fino ai confini dell'India, e a cui le genti di Magog,
Tubal, Gomer e Togarma offrono riverenti tributi,
29 vengo in pace, a nome del mio signore e capo, Giosuè Falereo, ad offrirti
l'alleanza del popolo d'Israele nella guerra contro i Romani, se tu vorrai
muovere guerra ad essi per espandere il tuo regno verso occidente.
30 Ci è noto che da sempre le tue genti vogliono raggiungere il Mare
Occidentale e ricostituire l'impero di Ciro e di Dario; noi ti offriamo la
possibilità di riuscirci.
31 Il Dio di tutti gli déi infatti combatte al nostro fianco, come ha già
dimostrato molte volte in battaglia;
32 se tu ti unisci a noi e combatti contro Teodosio Augusto, Egli si schiererà
al fianco delle tue truppe, sarà anche al tuo fianco e ti consentirà di
cogliere qualunque vittoria."
33 L'Angelo del Signore che protegge la Persia istillò nel cuore di Baram la
volontà di dare fiducia ad Ehud e ai fratelli Falerei, e così egli approvò le
parole dello Scriba e decise di tornare a muovere guerra ai Romani.
34 Così si compì la parola del profeta Isaia: « Chi ha suscitato dall'oriente
colui che la giustizia chiama sui suoi passi? Egli dà in sua balia le nazioni e lo fa dominare sui re;
egli riduce la loro spada in polvere e il loro arco come pula portata via dal vento.
»
Capitolo 11
1 Per costringere i Romani
alla guerra, Baram mandò il suo generale Narsehi in Armenia, allo scopo di
ottenere il trono di quella terra, da sempre contesa tra i Persiani e i Romani;
2 trono che era vacante da quando Sapore, fratello di Baram, lo aveva lasciato
per tentare di contendergli il regno all'epoca della sua ascesa al trono,
venendo però da lui sconfitto ed ucciso.
3 Narsehi procedette al saccheggio della provincia romana dell'Arzanene e all'assedio della fortezza di
Nisibi, che i Romani tenevano da tre generazioni.
4 Il governatore romano Ardaburio, asserragliato nella città, chiese a Narsehi una tregua, che però
il generale persiano rifiutò.
5 Ardaburio mandò allora un'ambasciata a Marciano, che allora si trovava ad
Edessa, sui confini della Mesopotamia, per preparare la spedizione contro i
Falerei, e gli chiese disperatamente dei rinforzi.
6 Marciano tuttavia rifiutò, perchè intendeva dare la precedenza alla
riconquista di Gerusalemme, e pensò che Ardaburio poteva essere lasciato al suo
destino. Ma anche questo fu un errore.
7 Narsehi infatti si sentì incoraggiato dall'inazione dei romani e, lasciato un
luogotenente ad assediare Nisibi, entrò nella Mesopotamia settentrionale, a
quei tempi dominio di Costantinopoli, e puntò proprio verso Edessa, deciso a
sconfiggere Marciano per penetrare in Siria.
8 Teodosio Augusto ne fu informato e, furente, mandò a Marciano una lettera di
fuoco in cui ordinava:
9 "A causa del tuo temporeggiare, tutta la Mesopotamia è in fiamme e le
nostre province più ricche sono minacciate. Prendi le truppe che hai raccolto e
ferma l'invasione persiana, o la tua testa verrà appesa sul Corno d'Oro a
monito di tutti gli altri generali incapaci del mio esercito!"
10 Spaventato dal tono dell'ingiunzione, e saputo che Narsehi gli veniva addosso
con tutte le sue truppe ed anche con vari elefanti da combattimento,
11 Marciano si decise a muovere contro di lui in difesa della Siria, perchè
scopo evidente del generale persiano era quello di occupare Antiochia.
12 Intanto, i fratelli Giosuè e Levi Falereo approfittavano della situazione
favorevole per mettere sotto assedio rispettivamente le città di Beisan e di
Gaza, l'una in Samaria, l'altra sul litorale.
13 Il legname già giunto a Gerusalemme per ricostruire il Tempio venne invece
provvisoriamente utilizzato per costruire torri d'assalto e valli difensivi
lungo le frontiere del nuovo Regno d'Israele.
14 Nel frattempo Narsehi aveva occupato Teodosiopoli e vi si era asserragliato,
ma Marciano cinse d'assedio la città e respinse una sortita dei Persiani che
tentavano di penetrare in Cappadocia dalla Mesopotamia settentrionale.
15 Vista la coraggiosa riscossa dei Romani, il re Baram decise di guidare personalmente
il suo esercito e di accorrere in aiuto di Narsehi, ma venne messo in difficoltà dalla defezione improvvisa dei suoi alleati Arabi comandati da
Al-Mundhir,
re dei Lakhmidi.
16 Tuttavia la supremazia numerica persiana impaurì Marciano, che scelse di
ritirarsi e di assestarsi sul fiume Eufrate in attesa di rinforzi.
17 La perdita della Mesopotamia settentrionale era inaccettabile per Teodosio
Augusto, che tuttavia fu convinto dalla sorella Pulcheria a spostare ingenti
truppe dalle province occidentali per mandarle in soccorso di Marciano,
18 pagando un forte tributo al re degli Unni affinché non ne approfittasse per
attaccare Costantinopoli.
19 Il tributo e il soldo dei militari furono pagati aumentando notevolmente le
tasse ai Romani, i quali cominciarono a mugugnare contro l'imperatore e a
chiedere la pace.
20 Intanto, grazie ai rinforzi, Marciano poté superare di nuovo l'Eufrate e
riprendere Teodosiopoli, mentre il generale Areobindo sconfiggeva un esercito
persiano che puntava verso Damasco per unirsi ai Falerei.
21 In quest'ultima battaglia lo stesso Areobindo perse la vita, e caddero così
tanti soldati romani, che a Marciano risultò impossibile la riconquista di
Gerusalemme, cui da sempre aspirava.
22 Vista la mala parata, Baram ordinò di levare l'assedio da Teodosiopoli, di bruciare l'artiglieria e
di ritirarsi al di là del Tigri.
23 Prima però tentò un colpo di mano, ordinando a gli Immortali, la sua guardia personale, di attaccare il campo
romano presso Resaena: Ardaburio, che aveva rotto l'assedio di Nisibi, venuto a conoscenza dell'attacco a
sorpresa riuscì a neutralizzarlo a prezzo di gravi perdite.
24 A questo punto Baram, che non se la sentiva di ritentare l'assalto alla
Siria, intavolò trattative di pace con Marciano, proponendo il ritorno allo
status quo.
25 Marciano, onde potersi presentare a Costantinopoli come un conquistatore,
pretese tuttavia la cessione di alcune fortezze di confine al di là del Tigri,
quali garanzia contro future invasioni.
26 Il sovrano persiano sapeva che né il suo popolo né quello bizantino avevano
intenzione di proseguire quella guerra, e così accetto, ma in cambio pretese a
sua volta il riconoscimento romano dell'indipendenza di Gerusalemme.
27 Marciano, non avendo altri uomini per sostenere ulteriori attacchi dei
Persiani, sottoscrisse l'accordo, ritenendo strategicamente più importante per
l'Impero il controllo della Mesopotamia settentrionale,
28 anche perchè la costa palestinese, fatta eccezione per Giaffa e per alcune
altre città, restava in mano dei Romani, assicurando così i collegamenti con
l'Egitto.
29 Baram mandò messaggeri a Levi Falereo affinché cessasse l'assedio di Gaza.
Il focoso generale giudeo, che si vedeva vicino alla vittoria, avrebbe voluto
rifiutare, ma Giosuè, che nel frattempo aveva occupato Beisan, lo costrinse ad
obbedire al loro principale alleato.
30 Costantinopoli era così costretta a riconoscere l'indipendenza della Giudea
e a cessare, almeno per il momento, gli attacchi contro di essa.
31 Giosuè Falereo poté smontare le fortificazioni provvisorie e riutilizzare
il legname per cominciare finalmente la ricostruzione del Tempio;
32 d'altro canto, per dimostrare ai Romani che la propaganda di Marciano era
fatta solo di menzogne, permise ai seguaci di Gesù il Nazareno i pellegrinaggi
a Gerusalemme, a patto che giungessero in gruppi di numero limitato per volta, e
che attraversassero lo stato d'Israele senza armi addosso.
33 Perdonato da Teodosio Augusto, Marciano venne nominato comandante in capo
delle legioni schierate sulla frontiera con i Persiani,
34 mentre Ardaburio fu fatto governatore di Damasco, con il compito di contenere
in ogni modo eventuali tentativi dei Falerei di espandersi ulteriormente a
settentrione.
Giosuè Falereo in battaglia, incisione di Gustave Dorè, 1874
.
Capitolo 12
1 E così, nel
ventiquattresimo anno dell'impero di Teodosio Augusto, il Regno d'Israele era
quanto mai saldo e in pace.
2 Nonostante esso fosse circondato da ogni lato da possedimenti e piazzeforti
dei Bizantini, l'alleanza con il re di Persia Baram gli assicurava la
tranquillità, i pellegrinaggi dei seguaci del Nazareno avvenivano senza
problemi e tutti i Pagani avevano lasciato la Città Santa e le altre città del
Regno.
3 Giosuè, che aveva preso stabile dimora a Gerusalemme, tramite il porto di
Giaffa che era in mano sua aveva mandato ambasciatori all'imperatore romano
d'occidente, Valentiniano Augusto, e a Sisto, Gran Sacerdote dei Cristiani che
abitano in Roma,
4 e questi gli avevano risposto assicurandogli la loro amicizia, in cambio della
libertà che egli aveva lasciato ai seguaci di Gesù di Nazareth.
5 Attraverso l'Arabia Petrea, poi, Giosuè aveva inviato ambasciatori agli Arabi
che abitano lungo le coste del Mar Rosso e agli abitanti di Saba,
6 per aprire con essi vie commerciali che gli consentissero di detenere il
monopolio del commercio dell'incenso tra l'Arabia e l'Impero Romano.
7 Eppure, nonostante tutto questo, Giosuè non era ancora soddisfatto.
8 Io, Ehud lo Scriba, vedendolo sempre pensoso e corrucciato, gli chiesi un
giorno: "O Leone della Tribù di Giuda, o Forte d'Israele, cosa ti angustia
il cuore, nonostante tutti i successi che hai mietuto in guerra e in pace?"
9 "Ehud, non ho ancora mantenuto del tutto la promessa che avevo fatto al
Signore Dio quando mio padre e mo zio furono uccisi in Terra d'Egitto", mi
rispose melanconico il Forte d'Israele.
10 "E perchè no?" gli domandai. Fu la risposta: "Perchè non ho
ancora liberato tutta la Terra Santa dal dominio dei Romani."
11 Sta scritto infatti: « Il vostro confine meridionale sarà il Torrente
d'Egitto; il vostro confine settentrionale sarà la sorgente del Giordano. »
12 Io avevo sperato che la guerra tra i Romani e i Persiani mi consentisse di
conquistare la Galilea delle Genti, onde realizzare compiutamente la mia
promessa, ma purtroppo la stanchezza dei due contendenti ha posto fine al
conflitto prima che io riuscissi a portare a termine il compito che mi ero
prefissato."
13 "Il Signore comprenderà benissimo tutto questo, poiché Egli sa
tutto", provai a spiegargli io, ma com'era prevedibile egli non si lasciò
persuadere facilmente:
14 "Ne sono convinto, Ehud, ma non mi basta. Ti voglio raccontare una
parabola: ascolta. Un giorno due anziani Dottori della Legge videro un giovane
che mangiava carne di maiale in giorno di Sabato.
15 Si dissero l'un l'altro: « Urge riprenderlo per questo suo comportamento ».
Il primo si fece avanti, ma poi rinunciò e se ne andò. Il secondo invece si
fece avanti e lo riprese, ma il giovane non si ravvide.
16 In seguito il giovane empio morì in battaglia, e la sua anima sprofondò
nell'Abisso perchè i suoi peccati lo trascinarono a fondo. Morirono anche i due
anziani Dottori della Legge.
17 Secondo te quale dei due finì egli pure nell'Abisso, e quale fu accolto nel
seno di Abramo?"
18 Io gli risposi: "Sicuramente il primo scese nell'Abisso, poiché non ha
ripreso il giovane peccatore. Se lo avesse ripreso, forse sarebbe stato più
convincente del secondo, il giovane si sarebbe ravveduto.
19 Dunque egli era da considerarsi responsabile della sua dannazione. Il secondo
invece, pur non essendo riuscito a farlo deviare dal suo comportamento contro la
Legge,
20 aveva fatto tutto quanto era in suo potere per evitarlo. Era dunque da
considerarsi degno della salvazione."
21 "Hai giudicato bene", mi disse Giosuè il Falereo. "Ora, io mi
trovo nella situazione di quei Dottori della Legge.
22 Posso far finta di nulla e ritenere che tutta la Terra d'Israele sia libera
dall'oppressione romana, ma così mi comporterò come il primo Dottore, e la mia
anima non avrà scampo.
23 Oppure, posso gettarmi cuore e braccio nell'opera di riconquista della Terra
dei nostri Padri, e meritarmi così il Premio che il Signore promette a coloro
che combattono con coraggio sotto le Sue insegne."
24 Io, Ehud, capii che nulla avrebbe fatto recedere Giosuè dal suo proposito, e
mi ritirai, preparandomi in cuor mio alla ripresa delle ostilità contro i
Romani.
25 Di lì a poco si presentò quella che Giosuè interpretò come l'occasione
propizia fornitagli dallo stesso Dio degli Eserciti per completare la sua
missione.
26 Infatti Rugila, imperatore degli Unni, si mise d'accordo con Flavio Ezio,
generale dell'Impero Romano d'Occidente, e pretese un tributo più alto dai
Bizantini per non attaccare il loro regno.
27 Teodosio Augusto, le cui casse erano state svuotate dalla guerra contro Baram
di Persia, rifiutò, e mobilitò le truppe per la difesa di Costantinopoli.
28 Allora Rugila varcò il Danubio ed invase i territori romani, puntando sulla
capitale assieme ai suoi due sanguinari figli, Bleda ed Attila. Essi devastarono
le città dell'Illiria e della Mesia, e giunsero a stringere d'assedio la stessa
Costantinopoli.
29 Si dice che, dove passavano i loro cavalli, neppure l'erba ricresceva più.
30 Teodosio Augusto tuttavia negli anni precedenti aveva fatto cingere la sua
capitale di possenti mura, rivolte anche verso il mare, ed aveva richiamato
truppe dall'Africa del Nord,
31 così poté resistere all'assedio, in attesa che Marciano avesse radunato
abbastanza truppe in Asia per affrontare Rugila e i suoi figli in campo aperto.
Capitolo 13
1 Giosuè Falereo chiamò
allora a consesso tutti i suoi generali e i Dottori della Legge e disse loro:
"Ecco, il Signore Dio ha posto i nostri nemici nelle mani dei guerrieri di
Gog e Magog.
2 Questa è l'occasione propizia per completare l'impresa che mi sono
prefissato. Chi è con me?"
3 Tutti i giovani lo acclamarono: "Siamo con te fino alla morte!" I
guerrieri più esperti e i Dottori tuttavia lo sconsigliarono dall'intraprendere
una nuova campagna militare.
4 "Stiamo ancora riprendendoci dalle guerre che ci hanno portato alla
conquista della Samaria, ed inoltre Ardaburio
ha ancora ingenti truppe con sé a Damasco.
5 Lo stesso re Baram è impegnato in dispendiose campagne contro le genti della
Scizia, e non potrò portarci aiuto come ha fatto l'ultima volta."
6 "Io credo", ribatté con ardore Giosuè, "che il Signore Dio ci
chieda di metterci in marcia da soli, senza attendere l'aiuto di Pagani o di
Nazareni, perchè più difficoltosa è l'impresa, e più gloriosa risulta la
vittoria finale!"
7 Tutti i giovani presenti acclamarono Giosuè Falereo e lo portarono in
trionfo, ma Ehud lo scriba commentò: "Di solito prima si ottengono le
vittorie, e poi se ne celebra il trionfo."
8 Ehud lo Scriba aveva pienamente ragione. Tuttavia, dopo aver diviso il suo
esercito in tre schiere, Giosuè tenne la più gagliarda per se stesso, ed
affidò le altre due a suo fratello Levi e al generale Manoach.
9 Senza dichiarazione di guerra, sfondò quindi i confini con la Galilea,
puntando su Tiberiade, mentre Levi Falereo marciava su Hippos di là dal
Giordano, per prevenire i contrattacchi di Ardaburio,
10 e Manoach marciava verso Tolemaide, onde impedire che i Romani ricevessero
aiuti dalla parte del mare.
11 Ora Prisco, nuovo governatore dell'Egitto, era partito via mare con la sua
flotta per andare in soccorso di Costantinopoli,
12 ma aveva lasciato a Gaza il suo luogotenente Flavio Costantino, il quale era
un fervente seguace di Gesù il Nazareno, e non voleva che la sua città
d'origine, Nazareth di Galilea, cadesse nelle mani dei Giudei.
13 Radunate tutte le truppe che aveva, varcò così i confini con il Regno
d'Israele e marciò verso Gerusalemme.
14 Venuto a saperlo, Giosuè, del quale si era impadronito il fuoco guerresco,
rifiutò di interrompere la campagna di Galilea, come il buon senso avrebbe
richiesto,
15 ed ordinò al generale Manoach di lasciare l'attacco alla costa della Fenicia
per correre in difesa della capitale.
16 Tuttavia Levi Falereo, saputo a sua volta che Gerusalemme rischiava di venire
riconquistata dai Romani, lasciò egli pure l'assedio di Hippos e marciò verso
sud, perchè vi aveva lasciato la propria sposa Micol, la quale era incinta del
suo primo figlio,
17 e sapeva che, se Flavio Costantino fosse riuscito ad entrare in città, per
prima cosa avrebbe sventrato Micol la bellissima, poiché egli stesso si
eracomportato allo stesso modo nei confronti delle donne romane incinte.
18 Manoach e Levi Falereo si ricongiunsero a Kiriat Yearim ed inflissero una
dura sconfitta a Flavio Costantino, prima che questi potesse giungere in vista
delle mura di Gerusalemme;
19 lo stesso Flavio Costantino si salvò solo grazie ad una rocambolesca fuga
tra i monti fino ad Ascalona.
20 Tuttavia, partita più della metà del suo esercito, Giosuè Falereo si
ritrovò solo nel cuore della Galilea.
21 Ed allora Ardaburio seppe cogliere l'occasione propizia: penetrò in Galilea
con due armate, una proveniente da Damasco che passò il Giordano presso Hazor,
ed una proveniente dalla Decapoli che passò il Giordano a sud del lago di
Genesaret.
22 Giosuè Falereo si trovò schiacciato tra le due armate, di molto superiori
alla sua, senza possibilità di fare rientro in Samaria.
23 Molti dei suoi soldati e comandanti gli proposero di arrendersi, ma egli
esclamò sdegnato:
24 "Se volete arrendervi nelle mani dei Romani, siete liberi di farlo. Io
per conto mio non accetterò mai di deporre le armi di fronte a coloro che hanno
profanato il Tempio di Dio.
25 Preferisco infatti presentarmi di fronte al Trono del Signore potendo
vantarmi di essere sempre stato libero come gli uccelli dell'aria, piuttosto che
morire in catene come un cane in un cortile!"
26 Lasciò così che molti dei suoi uomini si arrendessero, mentre egli, con 300
uomini, si asserragliò nella città di Cana.
27 Di quegli uomini, non uno sopravvisse alla furia cieca dei Romani. La testa
di Giosuè Falereo, caduto con onore e con la spada in mano, fu recapitata
dentro una cesta a Levi Falereo, che si trovava a Betlemme, tramite un
prigioniero giudeo, lasciato libero per quell'occasione.
28 Quando vide la testa del fratello, Levi Falereo si stracciò le vesti ed
intonò un canto di disperazione: "Cieli, chiudetevi e negate la vostra
pioggia ai campi; sole, offuscati e nega la tua luce alle terre,
29 poiché oggi è caduto il Forte d'Israele, il novello Sansone, il difensore
della Tribù di Giuda. Tutte le donne in Israele lo piangono, e tutti gli uomini
battono per lui le spade sul loro scudo.
30 Sia cambiata in cenere la polvere per le vie, sia cambiata in aceto l'acqua
delle fontane,
31 persino la resina degli alberi si trasformi in lacrime, e persino gli animali
domestici che sono nella stalla piangano il Forte che si è immolato per il
popolo che lo amava."
32 Così si realizzava la parola del profeta Geremia: « Si è udita una voce in
Rama, voce di pianto e di amaro lamento; è Rachele che piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata,
perché essi non sono più. »
33 Levi fece costruire per suo fratello Giosuè un monumento nella Valle del
Cedron a Gerusalemme, quindi giurò sul Dio Altissimo che avrebbe vendicato il
suo sangue con quello dei suoi nemici.
Capitolo 14
1 Eletto per acclamazione
nuovo comandante in capo delle milizie d'Israele, Levi Falereo si mise alla
testa delle sue truppe ma stavolta non le divise.
2 Marciando a tappe forzate, giunse a Nazareth dove Ardaburio aveva posto il suo
accampamento, e festeggiava con i suoi uomini la morte di Giosuè Falereo.
3 Piombò su di lui nella notte, come un ladro, e fece strage di quanti Romani poté.
Distrutta la città, ordinò di distruggere la Sinagoga che i Cristiani avevano
costruito sulla casa in cui aveva abitato Gesù,
4 e fece passare per le armi non solo i pagani, ma anche i cristiani,
ritenendoli corresponsabili della morte di suo fratello, nonostante lo Scriba
Ehud ed altri saggi al suo seguito lo invitassero alla moderazione.
5 Gli fu portata la testa di Ardaburio, mozzata mentre egli tentava la fuga
codardamente, e subito Levi la fece gettare in un barile pieno di sangue,
6 e rivolto ad essa gli disse in segno di scherno: "Hai avuto sete di
sangue: io te ne do da bere quanto vuoi!"
7 Subito dopo diede l'ordine di ripiegare entro i confini della Samaria, perchè
la vendetta dei Romani non sarebbe certo tardata.
8 Intanto infatti Marciano si era scontrato in battaglia con Rugila, e nessuno
dei due era riuscito a prevalere sull'altro. Allora aveva deciso di parlamentare
con lui,
9 ed aveva ottenuto che gli Unni si ritirassero verso le steppe di Magog,
pagando loro un tributo di 700 libbre d'oro e un riscatto di otto solidi per ogni Romano fatto da loro prigioniero.
10 A questo punto, Teodosio Augusto poteva pensare a chiudere i conti con i
Falerei; aveva ricevuto la notizia della morte di Giosuè, ma anche quella della
morte di Ardaburio e della devastazione di Nazareth, da lui considerata una
città santa.
11 Ordinò perciò a Flavio Costantino di rioccupare con ogni mezzo il Regno
d'Israele e di metterlo a ferro e fuoco, passando per le armi tutti i maschi dai
14 anni in su e tutte le femmine dai 18 anni in su, vendendo i superstiti come
schiavi.
12 Levi Falereo venne a saperlo e mandò ambasciatori all'imperatore Baram di
Persia, ai Nabatei, ai Dedaniti e ai Marsiabiti, affinché accorressero in suo
aiuto per scacciare gli invasori Romani.
13 Baram, che era allora impegnato nel lontano Oriente contro gli Sciti, inviò
solo un piccolo contingente, anche perchè non aveva intenzione di impegnarsi in
una nuova guerra devastante contro i Romani,
14 ma gli Arabi della Nabatea, di Dedan e di Marsia mandarono truppe consistenti
per difendere colui che ritenevano un valido alleato nel commercio dell'incenso
con i paesi dell'occidente.
15 Grazie ad esse Levi Falereo poté respingere gli attacchi che gli venivano
dall'Egitto, quindi si volse verso nord ed occupò Naim, ai confini meridionali
della Galilea. Anche un tentativo di invasione proveniente dall'Ammanitide fu
neutralizzato brillantemente.
16 Dietro consiglio di Valentiniano Augusto, imperatore romano d'occidente, e
del suo generale Flavio Ezio, Teodosio Augusto fu costretto a riconoscere di
nuovo l'integrità del Regno d'Israele.
17 Con queste vittorie, Levi si coprì di gloria e fece sì che si suoi soldati
lo acclamassero: "Lo spirito di Giosuè è sceso su suo fratello e lo ha
guidato al trionfo sui suoi nemici!"
18 A Gerusalemme, il sesto giorno del mese di Sivan, il generale Manoach seguito
da tutti i suoi luogotenenti e dai suoi guerrieri scelti salì al palazzo che
era stato di Giosuè e disse a Levi:
19 "I nostri nemici sono forti e noi abbiamo bisogno di una guida sicura.
Questa guida sei tu. Accetta dunque la corona di Re d'Israele che io e tutti i
tuoi sudditi ti offriamo."
20 "Mio fratello rifiutò per umiltà, ma governava su un regno molto più
piccolo del mio", rispose Levi, "ed aveva molti meno problemi a cui
far fronte.
21 Se questa è la volontà di Dio, io regnerò sopra di voi e fonderò una
nuova dinastia, che sarà più forte di quella che regna su
Costantinopoli!"
22 Tutti i suoi soldati lo acclamarono con grida di giubilo. E così, con una
fastosa cerimonia, Levi Falereo fu unto Re d'Israele e di Giuda, poi lui stesso
impose la corona a suo figlio infante Giosuè, che sarebbe stato il suo erede, e
alla sposa Micol, che divenne Regina d'Israele.
23 Ma Ehud lo Scriba ottenne udienza da lui e lo apostrofò: "O Leone di
Giuda, come hai potuto accettare la corona che tuo fratello aveva saggiamente
rifiutato?
24 Io ti conosco fin da ragazzo e so qual è il tuo valore. Ma, come fu detto
per bocca del profeta Natan, il titolo regale spetta alla Casa di Davide,
discendente di Giuda, mentre tu appartieni alla Tribù di Levi, quella a cui non
fu concesso alcun territorio!"
25 "Questo significa solo", gli rispose Levi Falereo, "che io,
oltre al titolo regale, ho diritto a quello di Sommo Sacerdote. La Casa di
Davide si è estinta, ed ora tocca a me, al sangue di Sadoc il Sommo Sacerdote,
di reggere il trono che fu del fondatore del Regno!"
26 "Questo significa solo, mio Signore, che l'ambizione ti ha
accecato", riprese Ehud lo Scriba, "e ti ha fatto credere che le tue
vittorie siano opera unicamente della forza del tuo braccio,
27 mentre invece esse sono solamente un dono gratuito di Dio, che liberamente ti
ha concesso, e liberamente in ogni momento ti può ritirare!"
28 Subito Levi Falereo diede ordine di arrestare Ehud. "Non compaia mai
più alla mia presenza, pena la morte", sentenziò, "e sia confinato
in un luogo dove potrà dedicare tutto il resto della vita alla stesura delle
gloriose imprese di mio fratello Giosuè e dei nostri antenati!"
29 E così Ehud lo Scriba, benché amico d'infanzia del re, fu tratto in arresto
e deportato nella città di Zoar, sul Mare d'Asfalto, dove fu tenuto in
domicilio coatto in una piccola casa.
30 Gli altri Scribi e i Dottori della Legge ebbero timore di ciò che era
accaduto ad Ehud, e riconobbero all'unanimità che il titolo regale di Levi e di
suo figlio Giosuè era legittimo, ed anzi aveva sbagliato suo fratello Giosuè a
non volerlo accettare.
31 E così, ancora una volta, la paura fu più forte del diritto, e quanto
sarebbe apparso probabilmente ingiusto agli occhi della Torah, divenne giusto
sulla punta delle spade. Perchè nulla mai è nuovo sotto il sole.
Capitolo 15
1 Nonostante il parere
contrario dei Dottori della Legge alla sua elezione regale, i primi anni del
regno di Levi Falereo fecero pensare ai più che egli avesse il favore divino
dalla sua parte.
2 Infatti, durante quel lasso di tempo, Costantinopoli venne colpita da una
serie impressionante di catastrofi: una carestie, due pestilenze, quattro mesi di
terremoti che distrussero gran parte delle mura, e persino rivolte di piazza
dovute a lotte sanguinarie tra le opposte tifoserie dell'Ippodromo nelle gare di
corsa dei cavalli.
3 Il Re di Giuda e Israele ne approfittò per erodere progressivamente il
dominio romano sulla Galilea:
4 riprese Nazareth, quindi Sefforis, infine sconfisse il nuovo governatore
romano di Tiberiade e raggiunse le sponde del Lago di Genesaret.
5 Nel corso di un'ultima campagna nel quinto anno del suo regno, raggiunse le falde del monte Hermon e prese
anche la città di Tolemaide, sul Mare Occidentale, anche se in seguito la
restituì in cambio del riconoscimento romano del suo dominio su tutta la
Galilea.
6 Intanto egli fece ricostruire il Tempio del Signore, e lo consacrò
pubblicamente il 25 del mese di Kisleu del settimo anno del suo regno,
nell'anniversario della Dedicazione del Secondo Tempio effettuata da Giuda
Maccabeo.
7 Levi Falereo collocò personalmente nel Santo dei Santi una fedele
riproduzione dell'Arca dell'Alleanza, costruita seguendo i dettami della Torah,
nella quale erano posti i rotoli della Legge.
8 Le lamine dorate di cui il Santuario era ricoperto, fabbricate con i monili
d'oro donati dalle donne d'Israele, rilucevano al sole e potevano essere viste
da molto lontano.
9 Per festeggiare la riconsacrazione del Tempio, Levi Falereo bandì un'amnistia
generale nei confronti di tutti i detenuti, ed anche Ehud lo Scriba, che per
sette anni era stato confinato a Zoar, fu rimesso in libertà.
10 "Torna presso la mia corte, vecchio amico", gli mandò a dire il Re
d'Israele, ed egli salì a Gerusalemme, entrò nella sua reggia, consegnò ad un
inserviente il Libro che egli aveva scritto in onore di Giosuè Falereo e della
sua vittoriosa riscossa nazionale,
11 poi salì al Tempio, vi fece celebrare un sacrificio in onore del Dio
d'Israele, quindi se ne andò e si stabilì presso le mura occidentali di
Gerusalemme, dove risiedeva la sua famiglia.
12 Interrogato sul motivo della sua condotta, Ehud rispose: "Non mi sono
presentato personalmente al Re perchè in tal caso avrei dovuto prosternarmi al
suo cospetto, mentre io mi prosterno solo davanti al Dio Altissimo, Creatore del
Cielo e della Terra."
13 "Ma Levi Falereo è il Benedetto di Dio", gli obiettarono, ed egli
rispose:
14 "Egli è pur sempre un mortale, per quanti titoli onorifici gli conceda
il Signore; e presto si vedrà che un mortale, benché sia coperto di porpora e
di bisso, commette sempre degli errori."
15 In realtà tutto sembrava arridere al Leone di Giuda: il Regno d'Israele era stato ricostruito nelle
sue mani di Re e Sommo Sacerdote, il Tempio ricostruito, i nemici schiacciati
sotto le sue ginocchia;
16 Levi Falereo e la sua sposa Micol erano amati dal popolo, rispettati dai
vicini, in amichevoli rapporti con la Persia, Saba, Dedan e con l'Impero Romano
d'Occidente.
17 Ma la profezia di Ehud non tardò a realizzarsi. Infatti, temendo che i
Bizantini infiltrassero tra i pellegrini cristiani dei sicari prezzolati per
ucciderlo,
18 il Re proibì i pellegrinaggi provenienti dall'Impero Romano d'Oriente,
permettendo solo quelli provenienti dall'Impero Romano d'Occidente e dalla
Persia.
19 Siccome nell'anno undicesimo del suo regno subì un tentativo di assassinio
da parte di un giovane seguace di Gesù il Nazareno, si diede a perseguitare
questa religione,
20 confiscò la maggior parte delle Sinagoghe dei Nazareni restituendole ai
culti giudaici, distrusse le croci e le stele erette dai cristiani, e fece
bruciare i loro libri sacri.
21 Disgustato da questa condotta, Teodosio Augusto ordinò una campagna militare
contro Levi Falereo per riconquistare la Città Santa di Gerusalemme,
22 ma l'esercito radunato da Prisco, governatore dell'Egitto, fu prima decimato
da un'epidemia e poi sconfitto da Levi Falereo all'altezza di Ascalona.
23 La vittoria rese il Sovrano ancor più pieno di sé, e convinto che ogni sua
azione non potesse essere che giusta. Contemporaneamente divenne sospettoso, e
cominciò a temere che i suoi sottoposti, gelosi del favore divino di cui
godeva, volessero rovesciarlo, prezzolati dai bizantini.
24 Ne fece le spese tra gli altri il generale Manoach, il quale nell'anno
quattordicesimo del regno di Levi fu accusato di tradimento a favore del
governatore dell'Egitto, e giustiziato sulla pubblica piazza.
25 Prima dell'esecuzione, Ehud lo Scriba salì al sontuoso palazzo reale che il
Sovrano si era fatto costruire, gli chiese udienza e lo invitò a concedere la
grazia al generale che tanto si era distinto nelle guerre di liberazione.
26 "Non è mio costume concedere salva la vita a chi trama per uccidere me,
il Leone della Tribù di Giuda", replicò tuttavia Levi Falereo,
irremovibile.
27 "Se tu lo perdonerai, passerai alla storia come Levi il magnanimo",
provò ad insistere il suo amico d'infanzia. "Non vi sono infatti prove
certe della sua colpevolezza, ed è meglio un colpevole in vita piuttosto che un
innocente morto ingiustamente."
28 "Preferisco passare alla storia come Levi l'Inflessibile", fu la
risposta. "Ed io sono certo della colpevolezza di quel traditore.
29 Ma non mi stupisce che tu la pensi diversamente da me: non sei forse andato
dicendo che anche il legittimo sovrano può commettere degli errori?"
30 "È buona regola imparare dai propri errori, per non commetterne di
peggiori in futuro", ribadì Ehud lo Scriba, per bocca del quale parlava
l'Onnipotente.
31 "Non è troppo tardi per imparare dai tuoi sbagli, o Forte d'Israele.
Anche Davide commise peccato con Betsabea, ma si ravvide e Iddio gli promise un
Regno Eterno.
32 Ecco, se tu e i tuoi figli non vi ravvederete, dovrete ingaggiare guerre
perpetue contro i Romani, che dissangueranno il Regno di Giuda,
33 fino a che due invasioni, una peggiore dell'altra, non porranno fine ad
esso."
34 Allora Levi Falereo si gonfiò di collera e urlò: "Vattene dalla mia
presenza, o Scriba del malaugurio, e non tornarvi mai più, perchè il giorno in
cui lo farai sarà l'ultimo della tua vita!"
.
Parte Quarta
Capitolo 16
1 Ed ecco, io, Ehud lo
Scriba, scacciato dal mio Signore e Re, lasciai la città di Gerusalemme, passai il Giordano e raggiunsi la
cima del Monte Nebo, la grande vetta da cui Mosè contemplò la Terra Promessa
prima di chiudere per sempre gli occhi alla luce di questo mondo.
2 Seduto lassù,
mi copersi la testa con il mio mantello e digiunai dieci giorni e dieci
notti, chiedendo al Signore di farmi morire, piuttosto di vedere la
decadenza di tutto ciò per cui avevo combattuto ed in cui avevo riposto ogni
mia speranza;
3 o, perlomeno, di darmi un segno affinché la mia speranza non morisse del
tutto, così come muore una lucciola al sopraggiungere dei rigori dell'inverno,
e la sua luce si spegne per l'eternità.
4 Ed ecco, alla seconda vigilia della decima notte, io, Ehud, udii una voce che
mi chiamava, simile alle grandi acque che dai Cieli dei Cieli precipitano fin
nel profondo dell'Abisso:
5 "Quello che vedi, o figlio d'uomo, scrivilo e mettilo sotto sigillo, affinché
le generazioni future possano leggerlo ed interpretarlo e riconoscervi in esso
il loro presente."
6 Io alzai gli occhi, ed ecco, vidi venire da ponente, dal Mare Occidentale,
come un carro di fuoco, la cui luce rischiarava la notte così come un faro
rischiara la superficie del mare.
7 Il carro era come di diaspro incandescente, le ruote erano di smeraldo
sfolgorante ed erano incastonate di topazi e crisopazi. Il carro era tirato da
dodici cavalli, le cui teste erano come quelle delle pantere e le cui criniere
erano bianche come lana.
8 Esso lasciava dietro a sé una scia come una fiamma del colore
dell'arcobaleno, che somigliava alla coda di una cometa, e lasciava una
bruciatura permanente nel firmamento, come una pergamena su cui è passato un
carbone ardente.
9 Alla guida del carro vi era uno simile ad un uomo, vestito di porpora e con un
diadema di rubini in capo. I suoi occhi erano come l'acciaio estratto dalla
fornace, il suo viso brillava come il sole, le sue mani erano candide come fiori
di giglio, e dalla bocca gli usciva una spada a doppio taglio.
10 Quando lo vidi venire verso di me, io caddi bocconi come morto. Subito però
sentìì il calore delle fiamme sulla mia schiena e una mano dell'uomo sopra il
mio capo. La sua voce fu nei miei orecchi come lo squillo di una tromba sul
campo di battaglia:
11 "Non temere, Ehud, figlio di Tobia: io ti mostrerò quello che è stato,
quello che è e quello che deve essere. A me infatti il Signore Dio ha dato le
Chiavi del Passato, del Presente e del Futuro.
12 Io sono Colui che entrerà in Gerusalemme dalla Porta Dorata, nel giorno in
cui tutti i morti ritorneranno alla vita."
13 Allora io mi feci piccolo piccolo e desiderai che la terra si aprisse, affinché
io potessi nascondermi in essa per sfuggire lo sguardo dell'Inviato da Dio. La
sua voce tuttavia risuonò di nuovo:
14 "Non aver timore, figlio di Tobia: alza lo sguardo e mira ciò che agli
uomini non è concesso di mirare, perchè è chiuso nel segreto del cuore di
Dio."
15 Ed ecco, fui forzato ad alzare lo sguardo come se una forza maggiore di me si
fosse impossessata dei miei nervi.
16 Ed io, Ehud, non vidi più il carro di fuoco, ma vidi quattro angeli, uno per
ogni punto cardinale, i quali squarciavano il firmamento e lo aprivano così
come si scoperchia una casa, per far entrare la luce del sole nelle stanze
inferiori.
17 Nei cieli aperti io vidi la Gloria del Santuario di Dio, che risplendeva come
zaffiro e cornalina, ed il cui splendore era tale da incendiare un terzo delle
foreste della terra. Da esso usciva come un fiume di luce che irrorava la Città
Santa di Gerusalemme;
18 ed ecco, nel Santo dei Santi io vidi apparire l'Arca dell'Alleanza, e intorno
ad essa, ai quattro punti cardinali, c'erano Enoc, Abramo, Mosè ed Elia, i quali
adorano in sempiterno la Presenza del Signore.
19 Una nuvola come d'oro incombeva tra i Serafini che con le loro ali ricoprono
il coperchio dell'Arca, e da essa uscivano lampi, tuoni e saette, oltre al rombo
di mille carri da guerra.
20 Ed ecco, dalla nube uscì un grande angelo con sei ali, le quali, spiegate,
toccavano l'estremo settentrione e l'estremo mezzogiorno, l'estremo levante e
l'estremo ponente.
21 Egli sguainò la spada, ed ecco, era fatta per un terzo di quarzo
indistruttibile, per un terzo di oricalco e per un terzo di fuoco che nessuna
acqua mortale può spegnere.
22 Egli menò la spada sulla terra, e ecco, essa divise in due il mondo come un
macellaio divide in due un quarto di bue con la mannaia.
23 Io guardai nella spaccatura, e vidi un oceano ribollente di fiamme e di cocci
di ossidiana. Strani esseri metà umani e metà bestie si aggiravano in quel
marasma, erano neri come l'antracite e con mille bocche bestemmiavano il Signore
Dio ed il suo Inviato.
24 Tosto io compresi che quelli erano gli angeli caduti, precipitati dal Cielo
in seguito alla loro disobbedienza prima ancora che il tempo avesse inizio,
mentre l'angelo che aveva aperto il gran pozzo dell'Abisso era Michele, il
grande Principe, colui che spegnerà il sole e darà inizio al Grande Giorno
dell'Ira di Dio.
25 Guai a coloro che in quel giorno saranno trovati impreparati! Il loro solo
destino sarà essere gettati nell'Abisso ribollente di fiamme inferocite.
26 Dall'Abisso scoperchiato si riversarono sulla terra strani esseri, simili
nell'aspetto a lucertole, grandi però come cavalli da tiro; il loro alito era
fetido e spargeva la pestilenza fra gli uomini, mentre il loro morso aveva il
potere di provocare ustioni inguaribili.
27 Michele permise a questi esseri di devastare la terra e di fustigare
l'umanità per milleduecentosessanta giorni. Nonostante questo, però, i Figli
d'Israele i loro reggitori non si convertirono dalla loro condotta perversa, e
continuarono ad adorare l'oro e l'argento al posto dell'Unico Vero Dio.
28 Ed io piangevo, poiché vedevo i miei fratelli perseverare nel male e
nell'errore, senza accorgersi che la misura era colma e che il calice dell'ira
di Dio stava per traboccare e spazzare via tutta la superficie della terra.
Capitolo 17
1 Ed avvenne che un angelo mi
prese per la sommità dei capelli e mi trasportò in visione dentro una grande
caverna oscura.
2 L'aspetto dell'angelo era come il diamante che riluce al sole, e le sue ali
erano fatte di penne d'oro, di crisolito e d'acciaio temprato. Il suo viso era
come quello di una fanciulla, ma i suoi occhi erano come quelli di un
inflessibile esecutore della Volontà divina.
3 La luce che promanava dall'angelo squarciava l'oscurità della caverna, ed
allora io vidi che aveva due aperture: una sul soffitto, posta a settentrione,
ed una sul pavimento, posta a meridione.
4 Sfere diafane come grandi fiocchi di neve calavano dall'apertura sul soffitto,
poi nella caverna si sporcavano come se si imbrattassero del fango che
ristagnava sul pavimento di essa, e quando uscivano dall'apertura nel pavimento
erano secchi come tizzoni ardenti consunti e carbonizzati.
5 E l'angelo mi chiese: "Cos'è questa caverna, e cosa sono quelle sfere
che vedi, le quali s'imbrattano qui dentro di ogni sozzura?"
6 Io abbassai gli occhi e risposi: "Signore mio, tu certamente lo
sai!"
7 Rispose: "Essi sono le anime degli uomini, le quali vengono create
immacolate dalle Mani di Dio, ed immacolate entrano nel mondo uscendo dall'utero
delle loro madri.
8 Quando però si trovano a vivere nel mondo degli uomini di carne, le anime si
macchiano d'ogni colpa e d'ogni peccato, perchè inclinata al Male è la
volontà di voi mortali.
9 Quando giunge per loro il momento di lasciare il vestito d'ossa e di muscoli,
ormai esse sono talmente sozze delle brutture e dei peccati in cui sono cadute,
da non aver più la forza di risalire verso Dio dalla stessa porta per la quale
sono entrate nel mondo,
10 ed il peso delle loro colpe le trascina verso lo Sheol, là dov'è pianto e
stridore di denti.
11 Pochissimi sono coloro che trovano la forza di resistere alle lusinghe del
Male, del Serpente dell'Eden, e di mantenersi puri ed immacolati da ogni
macchia. Sono questi i Santi e i Giusti,
12 le cui anime possono risalire fino a Dio in virtù della loro leggerezza, e
per i quali è stato preparato fin dalla fondazione del mondo un eterno
banchetto nuziale nella Nuova Vita.
13 Essi saranno per sempre in Dio, e Dio sarà per sempre in loro."
14 Poi l'angelo mi prese per la sommità dei capelli e mi portò fuori dalla
porta nel soffitto, da dove le anime scendevano. Mi condusse attraverso un lungo
budello oscuro, in fondo al quale vedevo sfolgorare una luce, come il bagliore
di mille incendi.
15 E giunsi così, dopo un volo che mi parve durare mille anni, sulla soglia del
Santuario che è nei Cieli. Mi volsi indietro, ed ecco, tutta la Terra era sotto
di me, e potevo vedere ogni montagna, ogni città ed ogni nazione.
16 E vidi salire dal mare quattro bestie, d'aspetto spaventoso. Tutte e quattro
avevano corpo di pantera, zampe d'orso ed ali d'avvoltoio, ed avevano occhi
davanti e dietro.
17 La prima delle quattro bestie aveva testa di lupo e parlava con voce che è
simile al cozzare di mille spade e mille picche sul campo di battaglia. Aveva in
capo un diadema d'oro su cui erano scritti nomi blasfemi. Essa devastò tutte le
nazioni che si affacciano sul Mare Occidentale, ed il suo dominio durò 800
anni.
18 La seconda delle quattro bestie aveva due teste d'aquila, che guardavano
l'una verso l'oriente e l'altra verso l'occidente. Aveva in capo un diadema di
diamanti e portava in groppa un enorme sacco di monete d'oro. Essa devastò
tutte le nazioni che si affacciano sul Mare Occidentale, ed il suo dominio durò
300 anni.
19 La terza delle quattro bestie aveva la testa di toro e gli zoccoli di
cavallo. Aveva in capo un diadema d'argento e muggiva con voce umana. Essa
devastò tutte le nazioni che si affacciano sul Mare Orientale, ed il suo
dominio durò 700 anni.
20 La quarta delle quattro bestie aveva la testa d'uomo ed aveva in capo un
turbante di stoffa preziosa. Essa devastò tutte le nazioni che si affacciano
sul Mare Orientale e gran parte di quelle che si affacciano sul Mare
Occidentale, ed il suo dominio è destinato a durare più di tutte le altre tre
bestie.
21 E, mentre guardavo queste cose, un angelo sulla soglia del Santuario Celeste
mi disse: "Ehud, Servo del Dio Vivente, scrivi tutto questo e mettilo sotto
sigillo, affinché il popolo d'Israele nei tempi a venire possa leggerlo e
comprendere il senso delle tue visioni."
22 Io mi prostrai davanti a lui, ma egli aggiunse: "Alzati. Non è me che
devi adorare, bensì l'Altissimo che dimora nel Santuario per i secoli dei
secoli."
23 Ed una voce simile al rombo delle grandi acque proclamò: "Vieni,
poiché il tempo è compiuto!"
Capitolo 18
1 A quel punto si
spalancarono le porte di bronzo del Santuario, e da esso uscì Michele, con
indosso un'armatura d'oro e con in mano un arco di madreperla e una faretra
d'ambra contenente sette frecce di fuoco.
2 Quelle erano le frecce della grande ira di Dio. Egli incoccò la prima freccia
e colpì il sole, che divenne all'istante nero come un calamaio d'inchiostro, e
cominciò a bombardare la terra con raggi gelidi.
3 Poi Michele incoccò la seconda freccia e colpì la luna, che divenne verde
come carne in putrefazione.
4 Poi Michele incoccò la terza freccia e colpì il firmamento, che si squarciò
in due e cadde come una tenda i cui pioli sono stati strappati dal vento del
deserto. Le stelle del cielo caddero sulla terra e il mare ne ribollì come un
calderone di minestra.
5 Poi Michele incoccò la quarta freccia e colpì il mare, che divenne un lago
di sangue. Poi il sangue si raggrumò e sparve nelle viscere della terra,
trascinando con sé tutti gli animali che vi vivevano.
6 Solo il Leviatano non fu trascinato via per la sua immensa mole. Allora
Michele incoccò la quinta freccia e colpì il Leviatano, il cui corpo esplose
come un fico maturo caduto al suolo. Il suo sangue investì i continenti e
provocò la morte della vegetazione.
7 Poi Michele incoccò la sesta freccia e colpì la terra. Subito un terremoto
disastroso la colpì da cima a fondo. Tutti i monti e tutte le isole furono
smosse dal loro posto, le superbe città degli uomini crollarono, i ricchi e i
potenti di questo mondo furono sommersi dalle frane e la terra diventò un
grande deserto.
8 Poi Michele incoccò la settima freccia e colpì lo Sheol. Subito i morti che
dormivano nelle sue profondità si svegliarono e tornarono alla vita. E si
radunarono tutti nella Valle di Iosafat.
9 Gli angeli posero in essa uno scranno d'oricalco sopraelevato. L'Inviato di
Dio sedette sul trono con un rotolo in mano, nel quale è scritto tutto ciò che
è stato e tutto quanto di lodevole o di malvagio gli uomini hanno compiuto
nella loro vita mortale.
10 Alla sua sinistra sedettero Adamo, Enoc, Noè, Abramo, Isacco, Israele,
Giuseppe, Mosè ed Aronne. Alla sua destra sedettero Debora, Samuele, Davide, Elia, Isaia, Geremia, Esdra, Giuda
Maccabeo e Giosuè Falereo.
11 Subito l'Inviato di Dio aperse il rotolo e lesse tutto quanto vi era scritto,
chiamando davanti a sé i meritevoli, e cacciando i riprovevoli alle proprie
spalle.
12 L'anima di tutti venne pesata su una bilancia di rubino: coloro la cui anima
era più pesante di una piuma erano cacciati nelle tenebre alle spalle
dell'Inviato e veniva consegnata loro una veste nera, coloro la cui anima era
più leggera di una piuma erano chiamati davanti a Lui e veniva loro consegnata
una veste candida.
13 Quindi Michele spalancò il coperchio del pozzo dell'Abisso, e i reietti vi
vennero sprofondati per sempre. Per ultima fu gettata nell'Abisso la Morte, affinché
non avesse più potere sulle Anime Viventi.
14 Il coperchio del pozzo venne chiuso con un lucchetto di diamante, e la sua
chiave venne sbriciolata dalla spada di Michele.
15 Ed infine vidi gli angeli edificare una Scala d'oro e di luce, quella vista
in sogno dal Patriarca Israele, una cui estremità poggiava sull'Abisso e
l'altra sulla soglia del Santuario nei Cieli. E gli angeli accompagnarono gli
Eletti sulla scala, su su fino alla Porta del Santo dei Santi.
16 Ed essi abitarono per sempre nella Luce, nella Pace e nella Consolazione,
lontano dalle bestie che devastano il Creato, dal pianto e dalla morte. Per essi
fu sempre giorno, e un banchetto eterno fu imbandito per loro alla presenza
dell'Onnipotente.
17 Il lutto e il lamento non furono più, perchè le cose di prima erano
passate, e il Signore Dio aveva fatto nuove tutte le cose nei secoli dei secoli.
18 Il Signore Dio in persona fu il loro sole, e i suoi Angeli le loro stelle
sfolgoranti.
19 Ehud figlio di Tobia ha scritto questo, dopo averlo scorto nella sua visione
notturna, e la sua testimonianza è verace.
20 Beato chi crede che queste cose si compiranno, e cambierà la sua condotta
perversa in modo da vedere il suo nome scritto a caratteri d'oro nel Gran Libro
della Vita.
21 Beato chi sopporta pazientemente ogni tribolazione ed aspetta con fiducia la
Vita del Mondo che Verrà.
22 Beato chi potrà aver parte del Banchetto Nuziale in cui si celebreranno le
Nozze tra il Signore Dio e il Suo Popolo, Israele. Per lui la felicità sarà
piena, e la sua gioia sarà come un calice che non si svuota mai.
23 State pronti, come chi tiene sempre il vincastro in mano e la cintura ai
fianchi, perchè non sapete il giorno e l'ora in cui l'Inviato di Dio verrà a
giudicare ogni cosa e ad instaurare l'Eterno Giorno del Signore.
24 Sia Gloria eterna al Dio Altissimo degli Eserciti: Egli è l'Alef e il
Tau,
il Principio e la Fine, il Tutto ed il Sempre. Amen, Alleluia!
FINE
.
Note al testo, a cura di William Riker
1,1 Il Primo Libro dei Falerei è attribuito dalla tradizione allo scriba Ehud, che a partire dal capitolo 9 appare come protagonista dell'azione, e in alcuni passi parla in prima persona. Di lui non si sa altro se non ciò che egli stesso dice di sé nella sua opera; anche i suoi "libri precedenti" cui egli fa riferimento nel proemio sono purtroppo andati perduti. In realtà alcuni passi dell'"Apocalisse di Ehud", cioè l'ultima sezione del libro, fanno pensare che l'epoca della redazione finale sia posteriore di almeno due secoli ai fatti che narra, essendo contenuti in essa alcuni espliciti riferimenti al Califfato arabo.
3,32 Il plastico realizzato in casa sua dal signor Franco Alfieri di Tradate (VA), visibile dopo il capitolo 3, nella nostra Timeline è in realtà una magnifica ricostruzione della Palestina all'epoca di Gesù, e la foto è tratta da VareseNews, quotidiano online della provincia di Varese.
4,1 Il Teodosio Augusto nominato in 4,1 è Teodosio II, che fu imperatore di Costantinopoli dal 1 maggio 408, data della morte di suo padre Arcadio, fino alla sua morte avvenuta il 28 luglio 450. Il ventunesimo anno del suo regno coincide perciò con il 428-429 dopo Cristo; a questa data bisogna far risalire l'inizio della sollevazione dei Falerei. Elia Eudocia era la sposa di Teodosio II; Flavio Antemio era stato suo tutore fino alla sua maggior età, nel 416, e il Primo Libro dei Falerei è l'unico testo ad affermare che, dopo la fine della sua Reggenza sull'Impero, egli fu nominato governatore dell'importante provincia dell'Egitto. Anche di Pancrazio, procuratore di Palestina, abbiamo notizia solo dal Primo Libro dei Falerei.
4,3 Il mese di Nisan è uno dei dodici mesi del calendario lunisolare ebraico, cade nel periodo primaverile ed è quello in cui si festeggia la Pesach, cioè la Pasqua; questa data dunque è scelta per sottolineare il "Passaggio" (questo il significato della parola Pesach) dalla condizione servile alla vittoriosa lotta di liberazione. E l'inizio di essa è fissato il settimo giorno del mese, essendo sette il numero cosmico della pienezza, poiché tanti furono i giorni della Creazione (anche la guerra faleraica è presentata dunque come una nuova Creazione).
4,30 La citazione viene dal Salmo 101,8.
6,9 La citazione viene da Proverbi 16,18.
6,21 Gli Abasgi sono gli antenati degli abitanti dell'attuale Abkhazia.
6,30 L'imperatore Teodosio II, come detto nel capitolo 6, era davvero uno studioso di teologia e di diritto, tanto da restare famoso per aver pubblicato il « Codex Theodosianum » in sedici libri, base giuridica per il futuro Codice Giustinianeo. Il consigliere di Teodosio II citato in questo capitolo è Flavio Marciano, che sposò Pulcheria, sorella di Teodosio II, e gli succederà nel 450 d.C.
6,34 La citazione viene da Geremia 25,30-31.
7,1 Il mese di Av qui nominato corrisponde ai nostri mesi di luglio-agosto.
7,11 Il Generale dell'Esercito del Signore è descritto come un guerriero di proporzioni sovrumane: Egli è alto sei cubiti, cioè tre metri, e la sua lancia pesa tre quarti di talento, cioè oltre 45 Kg.
7,32 Riguardo la mappa raffigurata tra i capitoli 7 e 8, il mosaico in questione fu effettivamente rinvenuto a Madaba, cittadina posta 30 km a sud di Amman, ma nella nostra Timeline esso è di epoca bizantina, raffigura la Palestina e la città di Gerusalemme nel VI secolo e si trova nella chiesa greco-ortodossa di San Giorgio.
8,3 Qui si ricorda il giudizio contro Sebna, segretario del re di Giuda Ezechia, contenuto in Isaia 22,17-18.
8,6 Qui è citata la Porta del Letame, aperta nei pressi dell'attuale Porta di Giaffa, così detta perché era da questa porta che si accedeva alla valle della Geenna, a quei tempi usata come discarica.
8,8 Qui è citato Zaccaria 9,9, che si ritrova anche nei Vangeli (Matteo 21,5 e Giovanni 12,15) in riferimento all'ingresso in Gerusalemme di Gesù la Domenica delle Palme. Giovenale fu effettivamente patriarca di Gerusalemme dal 422 al 458.
8,15 I 365 anni che sarebbero intercorsi dalla fine del Tempio di Erode sono in realtà una cifra simbolica, pari ai giorni di un anno solare, perchè gli anni intercorsi dal 70 d.C. sono in realtà 359.
9,6 Qui è citato il Salmo 44,4.7.
10,27 L'imperatore persiano Baram qui nominato per la prima volta è il sovrano sasanide Bahram V, che regnò dal 420 al 438 d.C. ed è noto per le sue persecuzioni anticristiane e per le sue campagne contro i Bizantini.
10,28 Le "genti di Magog, Tubal, Mesech e Togarma" qui citate indicano popoli stanziati all'estremo nord al tempo della composizione dell'Antico Testamento: Magog indica presumibilmente l'antico popolo dei Frigi, Tubal quello dei Tibareni, Gomer quello dei Cimmeri (tutti e tre stanziati sulle rive del Mar Nero), Togarma quello degli Armeni. In questo contesto però questi quattro popoli vengono identificati con le genti dell'Asia centrale a più riprese sconfitte dai Sasanidi sotto il regno di Bahram V.
10,34 La citazione viene da Isaia 41,2.
12,1 Il ventiquattresimo anno dell'impero di Teodosio è il 432-433 d.C.
12,3 È qui citato "Sisto, Gran Sacerdote dei Cristiani che abitano in Roma", il quale altri non può essere se non Sisto III, Papa dal 31 luglio 432 al 19 agosto 440; la rivalità tra Occidente ed Oriente spiega i buoni rapporti del Papa e di Valentiniano III con Giosuè Falereo.
12,11 La citazione fa riferimento a Giosuè 15,4-5.
12,26 Il Rugila qui introdotto come imperatore degli Unni è Rua o Rugas, capo degli Unni dal 431. La sua campagna contro l'impero romano d'oriente è confermata dagli storici bizantini, ma Bleda ed Attila, che in 12,28 sono citati come figli di Rua, in realtà erano suoi nipoti, essendo figli di suo fratello Mundjuk.
13,30 La citazione è tolta da Geremia 31,15; Rama è un sobborgo di Betlemme dove tradizionalmente viene collocata la tomba di Rachele, sposa del patriarca Israele e capostipite del Regno Settentrionale.
14,9 Le 700 libbre d'oro pagate agli Unni come tributo sono pari a circa 229 kg, dunque si tratta di una cifra esorbitante, confermata anche dallo storico goto Giordane.
14,12 I Nabatei sono gli abitanti dell'Arabia Petrea, mentre i Dedaniti e i Marsiabiti sono tribù dell'attuale Higiaz, quindi di stirpe araba. Paradossalmente, a correre in aiuto di Levi Falereo sono proprio quegli stessi Arabi che ora combattono contro Israele una guerra totale.
14,18 Il mese di Sivan corrisponde ai nostri maggio-giugno.
15,6 Il mese di Kisleu corrisponde ai nostri novembre-dicembre; Levi Falereo fa volutamente coincidere la consacrazione del Terzo Tempio con quella effettuata da Giuda Maccabeo nel 164 a.C. e narrata nel capitolo 4 del Primo Libro dei Maccabei.
15,33 Le due invasioni successive cui Ehud lo Scriba fa riferimento sono evidentemente quella Persiana di Cosroe II Parwiz e quella araba del califfo Omar ibn al-Khattab, che ebbero luogo nella prima metà del VII secolo, e distrussero definitivamente il Regno di Giuda e di Israele. Questo riferimento è fondamentale per datare la redazione definitiva del Primo Libro dei Falerei.
16,1 Gli ultimi tre capitoli del libro costituiscono la cosiddetta "Apocalisse di Ehud", uno fra i più tardi testi apocalittici giudaico-cristiani che siano giunti fino a noi; come tutte le Apocalissi, anch'essa è fiorita in un momento di decadenza e di persecuzione. Anch'essa si apre, come l'Apocalisse di Giovanni, con una visione inaugurale, in questo caso del Messia venturo, che fa irruzione sulla scena alla guida del Carro di Elia. A Lui seguono la visione del Santuario Celeste, dell'Arca dell'Alleanza, dell'arcangelo Michele e di orribili mostri che tormentano gli uomini, con evidente riferimento alle guerre, alle pestilenze, alle carestie e all'opera dei malvagi che angustiano gli uomini nell'intero corso della loro Storia. Molte di queste immagini sono riprese dall'Apocalisse di Isaia (capitoli 24-27), da quella di Zaccaria (capitoli 9-11) e dalle visioni di Osea e di Daniele, ma ci sono punti di contatto anche con l'apocrifo Libro di Enoc e con l'Apocalisse Giovannea, come dimostra l'invasione di lucertole, che ricorda quella delle mostruose cavallette di Apocalisse 9,1-6.
16,27 Si noti come il tempo della tribolazione causata dalle lucertole infernali dura 1260 giorni, cioè tre anni e mezzo: una durata simbolica, tolta dal libro di Daniele (7,25 e 12,7), che rappresenta la metà di sette anni. Essendo sette il numero della perfezione divina, la sua metà rappresenta incompiutezza ed imperfezione; designa insomma un periodo di tempo lungo ma finito, nel quale le potenze infernali, i vari Hitler succedutisi nei secoli a perseguitare il popolo d'Israele, potranno vincere alcune battaglie, ma mai la guerra.
17,1 La visione della caverna riprende chiaramente il celeberrimo mito di Platone, ma anche la grotta delle ninfe cui si accenna nel canto XIII dell'Odissea di Omero: in tutti e tre i casi la caverna rappresenta l'universo, dalla spaccatura nel soffitto scendono le anime create da Dio per incarnarsi, anime che poi a Dio dovrebbero tornare, ma i peccati e la malizia le rendono così pesanti da trascinarle nello Sheol. Solo la risurrezione finale potrà richiamarle da lì.
17,16 Le quattro bestie viste da Ehud mentre imperversano sulla Terra sono chiaramente ispirate alla visione di Daniele 7,2-8, e siccome i quattro mostri di Daniele rappresentano altrettanti imperi politici, è logico aspettarsi che altrettanto valga per la sezione apocalittica del Libro dei Falerei.
17,17 La prima bestia ha una testa di lupo, e richiama dunque la Lupa Capitolina, che allattò Romolo e Remo: si tratta dunque dell'Impero Romano. Il suo dominio è esteso al Mare Occidentale, cioè al Mediterraneo, e dura 800 anni, il periodo che va dalla presa della città di Roma da parte di Brenno (390 a.C.) a quella da parte di Alarico (410 d.C.), le due sconfitte tra le quali è compreso il periodo storico della potenza di Roma.
17,18 La seconda bestia ha due teste d'aquila, che ricordano l'aquila bicipite, simbolo dell'Impero Bizantino. Si tratta dunque dell'Impero Romano d'Oriente; anch'esso soggioga tutto il Mediterraneo, perchè probabilmente qui l'autore fa riferimento alle campagne in Occidente di Giustiniano, che permisero a Costantinopoli di sottomettere Italia, Africa e Spagna meridionale. La sua durata è di 300 anni, il periodo compreso fra la fondazione di Costantinopoli da parte di Costantino il Grande e l'ascesa dell'Islam.
17,19 La terza bestia ha la testa di toro e fa probabile riferimento all'Impero Persiano, prima governato dalla dinastia partica degli Arsacidi e poi da quella iranica dei Sasanidi. Esso infatti devasta il Mare Orientale, cioè l'Oceano Indiano su cui si affacciano Mesopotamia, Persia ed India. La sua durata è di sette secoli, il periodo che va dalla caduta dei Seleucidi ellenistici nel I secolo a.C. fino all'ascesa dell'Islam.
17,20 La quarta bestia ha la testa umana coperta da un turbante, e quindi si tratta di una probabile allusione al Califfato Arabo come istituzione politica (e non alla religione dell'Islam, su cui il libro non dice alcunché), del quale non si precisa la durata, perchè esso era più saldo che mai al momento della redazione finale dell'opera.
18,1 Dal Santuario Celeste esce Michele, che con sette frecce colpisce tutti i fenomeni naturali, dando il via allo sconvolgimento cosmico. Si noti la morte del Leviatano, mostro degli abissi marini simbolo del caos e del male (corrisponde alla dea mesopotamica Tiamat), che secondo varie leggende ebraiche segnerà l'inizio della fine del mondo. L'ultima freccia, dopo che il Creato è stato letteralmente spazzato via, colpisce lo Sheol, provocando la risurrezione dei morti secondo il racconto di Daniele 12.
18,9 Il Messia visto da Ehud all'inizio della sua Apocalisse si siede allora a giudizio nella Valle di Iosafat, tradizionale appuntamento simbolico per il Giudizio Finale, e separa i buoni dai cattivi; i primi ascenderanno al Santuario Celeste lungo la nota Scala di Giacobbe, gli altri saranno gettati nell'Inferno di fuoco.
18,16 La conclusione ricorda per certi versi l'Apocalisse di Giovanni, che probabilmente non era ignota al redattore finale dell'opera. "L'Alef e il Tau" indica la totalità dell'essere, essendo queste la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico, analogamente a "L'Alfa e l'Omega", espressione usata da San Giovanni.
18,24 L'ultimo pensiero è sempre per il Signore, perchè Alleluia in ebraico significa proprio "Lodate JHWH".
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Ed ecco il parere in proposito di Maciò:
Ho letto i tuoi Falerei e, anche se non è il termine appropriato, mi sono proprio divertita, "lasciandomi andare" in quanto non ho voluto , né avrei saputo, distinguere quel che c'è di vero (a parte la toponomastica della piantina!) dalle fantasie. Non so come tu abbia fatto a rendere appetibile un argomento come quello. Alla fine della lettura, mi sono ritrovata a pensare e parlare col tuo linguaggio profetico! Dilettevole l'immagine della Roma prostituta, del moscerino di Alarico, delle chirurgie... e il tuo Giosué è proprio un bel personaggio, plausibile quanto determinato. Come anche il Levi ricostruttore del Tempio. Quante vicissitudini, quel tempio, anche nella realtà. Certo in questo mondo è tutto un fare e disfare, e tutto finisce bene o finisce male a seconda di quando si interrompe lo spettacolo della vita!
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Come darle torto? Se volete farmi avere anche voi il vostro parere, scrivetemi a questo indirizzo.