Roma delenda est!

di Epaminonda


In questa ucronia Annibale Barca vince la Seconda Guerra Punica. Nella prima parte espongo come avrebbe vinto, nella seconda narro il destino di questo nuovo, grande e potente stato punico nato grazie ad Annibale.

Dopo la schiacciante vittoria a Canne nel 216 a.C., Annibale non riuscì più ad ottenere successi significativi perché i romani, consci della sua superiorità strategica non lo affrontarono più in battaglia, e lo logorarono in una guerriglia massacrante, mentre eliminavano uno ad uno gli alleati del Barca.

La famosa storia di Annibale che non riuscì ad approfittare della vittoria di Canne e non assediò subito Roma è un'esagerazione, poiché il Barca non aveva nemmeno dopo Canne un esercito abbastanza numeroso per espugnare Roma che era una fortezza grandiosa protetta da due legioni e una cittadinanza pronta a morire per esse, né per assicurarsi un controllo efficace sull'Italia, né possedeva macchine belliche per assedi. Roma al contrario era una macchina da guerra inesauribile di morale e risorse, forse nessun'altra nazione al mondo avrebbe potuto resistere al Barca, che la schiaffeggiò infinità di volte con la sua infinita abilità strategica nonostante l'inferiorità di risorse, e le sottrasse un gran numero di alleati.

Tuttavia ci fu un momento nel quale ebbe la vittoria a portata di mano, quando nel 207 a.C. Il fratello di Annibale, Asdrubale, arrivò in Italia con un esercito molto numeroso, pronto a portare rinforzi al fratello in difficoltà.

In quel momento Roma aveva mobilitate 21 legioni, più altre due che presidiavano l'Urbe, 4 erano in Spagna a combattere i cartaginesi al comando di Scipione, che in seguito sarebbe stato chiamato l'Africano, 2 a guardia della Sicilia, 2 a guardia della Sardegna, 2 presidiavano Marsiglia, 4 presidiavano il Nord Italia dove ostacolavano debolmente Asdrubale, addirittura 7 presidiavano il sud della nostra bella penisola lì cercavano di bloccare Annibale, 2 di queste 7 erano al comando dei consoli ed erano state da poco distrutte dal Barca in un'imboscata, quindi ormai delle 7 ne restavano 5.

I due fratelli cercarono di incontrarsi, in quel momento Annibale era bloccato in un aspro territorio nel sud da un certo C. Nerone con tre legioni, forse il generale più ostinato contro Annibale, pronto persino ad affrontarlo in battaglia. Sfortuna volle che alcuni messaggeri di Asdrubale vicini all'accampamento di Annibale vennero catturati dagli uomini di Nerone, che trovarono tra le bisacce dei messaggeri un dispaccio dove Asdrubale invitava il fratello a incontrarsi nell'odierno Abruzzo. A quel punto Nerone capì che bisognava distruggere prima il fratello meno abile al nord per poi occuparsi del grande Annibale, perciò escogitò uno stratagemma memorabile: scelse una truppa scelta di settemila uomini tra cavalieri e fanti, tutti ufficiali, lasciò l'accampamento in maniera tale da non fare strepito e lasciò lì l'esercito, un esercito senza testa con la sola funzione di tenere Annibale ancorato lì ma incapace di resistere a un suo attacco.

Nerone portò con sé i settemila uomini in una marcia record a nord dove spronò i vertici militari a distruggere Asdrubale, che venne infine sconfitto e ucciso al Metauro.

Ma cosa sarebbe accaduto se quei messaggeri fossero riusciti ad arrivare fino ad Annibale?

Annibale sapeva essere scaltro fino alla crudeltà e aveva la straordinaria capacità di comprendere i suoi nemici, anche con l'aiuto di qualche spia ben piazzata, e di prevederne le mosse, e questa capacità gli aveva permesso più volte di fare la differenza.

Avrebbe certamente provato a schiodare Nerone che bloccava l'univa via d'uscita possibile.

Magari avrebbe rimandato indietro i messaggeri con un dispaccio uguale indicando loro la via che li avrebbe portati dritti fra le braccia dei romani, dove Nerone avrebbe letto quello stesso dispaccio e avrebbe avuto la stessa reazione, Annibale, orchestrando l'inganno, avrebbe notato l'assenza degli ufficiali, così gli sarebbe bastato attaccare frontalmente quell'esercito senza testa per sterminarlo e avrebbe potuto mandare avanti la celeberrima cavalleria numida a compire un'imboscata alla truppa scelta di Nerone: diecimila contro settemila...

Oppure avrebbe potuto far credere col dispaccio che Asdrubale fosse molto più vicino ad Annibale di quanto non si pensasse, così Nerone avrebbe dovuto per forza andare dove credeva che fosse Asdrubale, permettendo così ad Annibale di uscire dal territorio aspro dove si trovava e di poter affrontare Nerone usando il suo asso nella manica: la cavalleria.

Qualsiasi cosa si possa ipotizzare, è probabile che anche senza eliminare Nerone Annibale e Asdrubale sarebbero riusciti ad incontrarsi poiché entrambi avevano esperienza ed abilità e perché avevano già eluso più volte le legioni romane.

Che l'Ucronia inizi!

Siamo nel 206 a.C.

Asdrubale e Annibale si sono incontrati vicino al Gran Sasso, all'epoca chiamato Monte Ombelico, luogo scelto da Annibale che sapeva sfruttare abilmente i territori impervi per le battaglie.

Si concentrano le rimanenti sei legioni italiche, più di centomila uomini mentre l'esercito punico ora ne conta circa novantamila, mai Annibale ebbe in Italia un esercito di tali dimensioni.

I generali sanno che Asdrubale è lì, ma non sono sicuri di dove sia Annibale che è riuscito a far perdere le sue tracce.

Scende la nebbia per diversi giorni, la fortuna aiuta gli audaci, Annibale ha già usato questo elemento per vincere battaglie.

Al comando delle sei legioni si ritrova Livio Salinatore, un sostenitore di Fabio Massimo detto il Temporeggiatore, quindi sceglie di concentrare le forze su Asdrubale per poi vedere il da farsi con Annibale.

Annibale usa una strategia simile a quella della Trebbia, tenendo fuori dal campo una forza di ventimila fanti pronta ad accerchiare i romani mentre attaccano l'esercito principale.

I generali si accorgono del misfatto a battaglia cominciata, e non possono sottrarsi.

Il morale già basso dei romani per via delle recenti disfatte viene stracciato quando Annibale, pregustando la vittoria, ordina ai suoi soldati di cantare ritmicamente in latino “Cannae”.

Quando comincia la battaglia l'esercito principale punico subisce l'impatto delle legioni.

Grazie alla nebbia le manovre della cavalleria sono ancora più letali.

Le legioni romane si ritrovano infine accerchiate con l'esercito principale di fronte, la cavalleria ai lati e i ventimila uomini alle spalle.

Livio Salinatore cade sul campo insieme al generale Fulvio, sopravvive solo il comandante Terenzio.

Molti romani cercarono di mettersi in salvo, ma con la nebbia furono preda facile per la cavalleria.

Centomila caduti romani, circa diecimila per Annibale.

Monte Ombelico era stata una seconda Canne.

Anzi di più. Perché dopo tutti quegli anni di insuccessi e piccole sconfitte, Annibale aveva di nuovo mostrato di avere ancora la forza per colpire, di essere il comandante più temibile del mondo.

La notizia di una Seconda Canne fece il giro del mondo. Roma richiamò al potere Quinto Fabio Massimo e lo rielesse dittatore, che si risolse a guidare la Repubblica fino alla morte.

Per difendersi dai due fratelli Barca richiamò le legioni dalla Spagna, dalla Sicilia e dalla Sardegna, diverse guarnigioni furono richiamate per poter mettere insieme altre legioni che frenassero i due fratelli Barca, ormai incontrastabili sulla penisola.

Annibale aveva ora l’esercito più numeroso sin dal suo arrivo in Italia, ora poteva riprendere in mano il gioco e costituire una minaccia per la stessa città di Roma.

Cartagine ne approfittò per attaccare le due isole.

Molti alleati italici, spesso sotto minaccia di assedio, disertarono in massa dalle fila romane e vennero obbligati a fornire foraggiamenti e finanziamenti, in cambio di promesse di libertà e indipendenza.

I due fratelli capirono di aver finalmente le carte in tavola per distruggere Roma.

Per evitare che Roma ricostruisse le sue legioni nonostante la diserzione dei contingenti dei socii, attaccarono e distrussero molte colonie romane, fra cui Placentia, da sempre spina nel fianco dei galli cisalpini.

Aumentò così la benevolenza di questi popoli verso Annibale, che rinforzarono il suo esercito con uomini e macchine d’assedio.

Ovunque i territori di Roma in Italia venivano conquistati dalle popolazioni locali prima alleate mentre il Senato provava a difendere i suoi possedimenti con le legioni messe insieme, con scarso successo visto che Annibale aveva lasciato delle guarnigioni nelle zone strategiche d’Italia mentre espugnava le varie colonie romane. Talvolta questi piccoli eserciti italici si spingevano fino a Roma dove vengono respinti.

Roma tornava indietro di secoli, confinandosi alla sua realtà cittadina.

Le legioni sarde vennero devastate da una tempesta che li spinse verso le coste liguri dove vennero isolate e massacrate dai Galli, Roma fu costretta ad arruolare tre le legioni i marinai, permettendo a Cartagine di scalzarla con poco e riprendere il controllo dei mari.

Dopo mesi di distruzione sistematica delle colonie romane e di quei pochi alleati che ancora rimanevano fedeli, Annibale ottenne rinforzi dai Galli e dagli Italici e mosse contro Roma.

Al suo comando aveva più di centomila uomini.

Egli voleva distruggere la città prima dell’arrivo di Scipione che aveva appena superato i Pirenei per poi affrontarlo e cancellare definitivamente la civiltà romana.

gli prima di tutto attaccò Ostia e la distrusse per isolare Roma, nella difesa di questa la guarnigione dell'Urbe, le legioni sicule e altre quattro appena costituite vennero sconfitte.

Annibale devastò le campagne romane e quando ottenne rinforzi dalla Sicilia, ormai saldamente in mano cartaginese, e altre macchine belliche assedia Roma. Siamo nel 204 a.C.

L’assedio durò quasi due anni.

I Romani combatterono strada per strada, ma non ci fu nulla da fare.

Annibale rase al suolo la città e fece uccidere ogni singolo abitante, per distruggere alla radice la cultura romana. Lui stesso uccise i senatori imprigionati, facendo loro un taglietto per ogni uomo che abbia mai perso sin dall’inizio della guerra. Morte lenta e dolorosa.

Quando incontrò Fabio Massimo, parlò a lungo con lui e infine gli diede una morte veloce.

Roma arse per quindici giorni, alla fine venne passato l’aratro sul terreno e sparso sale perché nulla potesse più ricrescere.

Si dice che, alla vista di Roma in fiamme, Annibale abbia pianto invocando il nome di suo padre.

Una volta distrutta Roma, Annibale si preoccupò subito di distruggere tutte le milizie romane sparse in giro per l’Italia ancora intatte.

Fece costruire sulle rovine di Napoli una nuova città che venne chiamata per volere dei suoi stessi soldati Annibalica.

Lì convocò i rappresentanti di tutte le popolazioni italiche che avessero partecipato in maniera più o meno rilevante alla distruzione di Roma.

Venne così fondata la Lega Italica, i partecipanti stipularono un'alleanza difensiva e accordi commerciali.

La prima questione fu la distribuzione dei territori conquistati.

Annibale tenne per sé il Lazio, la Campania, la Calabria e la Puglia. Venne autorizzata la sottomissione di quei popoli che non avevano contribuito alla distruzione di Roma.

Tornato a Cartagine egli venne acclamato come un dio dal popolo, e grazie al suo appoggio si fece nominare dal Senato cartaginese Sufeta (magistratura simile al consolato) a vita unico.

Lì deliziò ulteriormente la folla con racconti su come avesse distrutto Roma e di come il destino dei punici fosse la conquista del mondo, di come quindi i punici avrebbero dovuto cambiare per realizzare questo destino.

Così invitò la popolazione a trasferirsi in massa ad Annibalica, nuova capitale del futuro prospero di Cartagine. In molti risposero al suo appello.

Il Senato cartaginese lo temeva, temeva il suo esercito, che in parte aveva portato con sé a Cartagine, e il suo ascendente sul popolo.

I rapporti con lui peggiorarono ulteriormente quando egli scoprì che come gran parte dell’aristocrazia avesse speculato sulla guerra, usando i bottini portati a Cartagine per lussi invece che per soldati da mandargli in Italia.

Venne preparata una congiura contro di lui, ma egli ne venne a conoscenza prima che venisse attuata, facendo condannare a morte parecchi senatori.

In una posizione di forza obbligò il trasferimento ad Annibalica del Senato cartaginese, dove avrebbe potuto controllarlo meglio.

Per diversi anni Annibale si dedicò alla riforma del nuovo stato punico, al di là della sua realtà cittadina, che ormai comprendeva il Lazio, la Campania, la Calabria, la Puglia, la Sicilia, la Sardegna, la Corsica, i territori in Africa e qualche territorio recuperato in Iberia meridionale dopo le conquiste di Scipione.

Comprendendo che la cultura punica non era abbastanza forte per imporsi sulle altre, con le sue riforme favorì il multiculturalismo e la tolleranza religiosa, rendendosi conto che ormai i domini punici così sparsi fra terre e popoli differenti che doveva fare della frammentazione ed diversità una sua forza.

In particolare cominciò una politica di investimento nei territori conquistati che aumentava il benessere degli abitanti e faceva sentire in maniera tangibile il rispetto e la volontà di conservazione che lo stato provava nei confronti di una cultura, religione ecc, limitandosi a far insegnare in scuole statali la lingua punica alle nuove generazioni.

Infine non tormentò mai le popolazioni conquistate e le rispettò, seguendo l’esempio di Alessandro Magno, concedendo loro anche l'accesso alle cariche burocratiche e militari.

Rafforzò molto il settore militare introducendo lo schieramento manipolare romano e il servizio di leva, con eserciti professionisti duramente addestrati.

Con le sue riforme si smise di parlare di cartaginesi e si parlò solo di punici, finalmente usciti dalla loro realtà cittadina e vicini a quella imperiale. Rese la carica di Sufeta unico ereditaria.

Il Senato cartaginese perse sempre più potere diventando più che altro un organo di consiglio, lo stato punico divenne sempre più somigliante a un principato dominato dalla dinastia Barca.

Il calendario venne cambiato, prendendo come anno 0 l’anno in cui Roma è stata distrutta (202 a.C.).

Dopo questo lungo periodo di riforme, Annibale preparò una campagna militare che portò alla riconquista dei territori persi in Iberia, una campagna lampo. Era pur sempre un generale, lui.

Infine, alla veneranda età di settant'anni preparò una grande campagna militare che portò alla totale conquista dell'Italia peninsulare, sfruttando delle scaramucce tra etruschi e galli, mentre il nord rimaneva ai celti con cui i punici ebbero ancora a lungo buoni rapporti.

Morì in battaglia durante la conquista dell’Illirico un tempo in mano romana, dove combatté a fianco dei suoi uomini mentre stavano per essere sbaragliati dalle soverchianti forze nemiche.

Il suo eroico sacrificio diede la forza ai suoi uomini di respingere i nemici.

Morì come aveva sempre desiderato, combattendo.

Alla sua morte il potere passò al figlio, l’energico Amilcare, che aveva avuto dalla figlia del più potente capo gallico del nord. Imilce era morta tempo prima.

Prima di partire per l'Illiria aveva tracciato anche un completo e complesso itinerario pedagogico che avrebbero dovuto seguire i Sufeti designati.

Lo stato punico alla sua morte si era affermato come potenza navale in tutto il Mediterraneo, riflettendo la sua ombra sulla Macedonia, che ormai teneva saldamente in mano la Grecia, sull’Egitto e sull’Impero Seleucide.

Le sue armate erano le più rinomate d’Europa, grazie alle riforme e alle varietà di genti e culture che univa, dalle quali prendeva il meglio e lo elaborava.

Diverse spedizioni venivano preparate per superare le colonne d’Ercole e esplorare l’Africa al di sotto dei Numidi.

Annibale venne venerato come il dio degli eroi, degli strateghi e dei guerrieri, un dio estremamente popolare. Divenne anche una sorta di dio universale dello stato punico: colui che aveva liberato il mondo dalla tirannia romana e aveva unito i popoli sotto la sua egida in una nazione destinata a conquistare il mondo unendo tutti i popoli.

Col passare dei secoli, lo stato punico, avrebbe inglobato tutta l’Iberia, la Numidia, l’Italia del Nord, la Cirenaica, la Libia.

Ne uscì uno stato forte, complesso nel quale tutte le culture erano tollerate, incoraggiate e intrecciate.

Si arrivò a una società cosmopolita avanzatissima e meravigliosamente variegata che prendeva il meglio da ogni civiltà, la cultura greca non ebbe alcuna supremazia rispetto alle altre.

Forse se una società così focalizzata sul multiculturalismo avesse trionfato nell’Antichità il mondo oggi sarebbe migliore. Si apprezzerebbe di più il diverso, e quindi per estensione l’uomo.

Quell’humanitas che deriva dall’incrocio tra grecità e romanità avrebbe trovato una realizzazione più pratica.

Moneta Cartaginese di proprietà di Sandro Degiani

Moneta Cartaginese di proprietà di Sandro Degiani

…E Scipione? Venne dato per naufragato insieme alle sue legioni mentre faceva vela per l’Italia.

Arrivato a Marsiglia si rese conto di non poter salvare Roma, per via dei mezzi e del tempo limitati, e così prese una scelta difficile: abbandonare Roma al suo destino per preservare la civiltà romana. Fa recuperare da uomini di fiducia tutti i cittadini romani sparsi per l’Italia e l’Illirico romano, in particolari patrizi componenti delle gens, ancora in vita o alla mercé dei cartaginesi.

Molti esponenti delle gens scampati ai vari massacri raggiunsero il suo esercito.

Così comincia l’esodo dei romani che sotto la guida di Scipione decidono di lasciare l’Italia e di trovare una nuova patria al nord, seguendo le indicazioni dei sacerdoti.

Dopo anni passati ad errare tra Gallia e Germania, spesso attaccati dai vari popoli, arrivano in Cimbrica, attuale Danimarca, e lì strapparono diverse terre alle tribù locali e fondarono Nuova Roma.

La società romana rinasce, in gran parte grazie alla sopravvivenza dei componenti delle gens.

In questa nuova società ancor più oligarchica il richiamo comunitario e militare sono molto più forti ed esasperati, fino al fanatismo, la xenofobia si accompagna a un’enorme discriminazione verso le altre culture, ritenute inferiori.

Scipione verrà divinizzato e venerato come una sorta di Messia della civiltà romana.

Col tempo i neoromani conquistano la Cimbrica, chiamata Nuova Italia, la Germania, parte della Scandinavia, e le Isole Britanniche. Per risolvere il problema dell’integrazione con le popolazioni locali spesso vengono fatti uccidere i maschi adulti mentre i bambini e i figli tra neoromani e donne barbare vengono educati in maniera tale da renderli dei fanatici pronti a combattere fino alla morte per la vittoria di Nuova Roma.

Quindi inevitabilmente lo stato punico avrebbe scoperto che Roma non era stata spazzata via dalla faccia della terra, e prima o poi Nuova Roma avrebbe dovuto condividere le frontiere con chi l’aveva cacciata dalla sua patria natia.

L’epopea tra Cartagine e Roma sarebbe ricominciata. Chi avrebbe prevalso?

L'impero punico comprende tutta l'Italia con le sue tre isole, la penisola iberica (conquistata in maniera molto più pacifica rispetto ai romani), l'Aquitania, la Numidia, tutta l'Africa Mediterranea e buona parte delle isole mediterranee, l'impero non è a conoscenza del fatto che la civiltà romana sia sopravvissuta e che ora domini la Danimarca, l'Irlanda, buona parte della Scandinavia, la Scozia e che stia gradualmente conquistando la Germania

Siamo nell’anno 100 v.A. (vittoria di Annibale), 102 a.C.

L’Impero punico ha appena superato un decennio difficile, sotto la guida del giovane e bellicoso Annone Barca.

A seguito di varie scorrerie al confine, nel 87 v.A., tra l’Impero e l’Egitto tolemaico è scoppiata la guerra.

I punici hanno sconfitto senza difficoltà gli egizi e occupato la Cirenaica, imponendo sul trono dei faraoni un re fantoccio.

Questo impensierisce molto Alessandro II, re dell’Impero Seleucide.

(l'Impero Seleucide infatti è rimasto in piedi poiché i romani non si sono impicciati nelle questioni orientali indebolendolo pesantemente)

Egli ha sconfitto le sempre più potenti satrapie orientali di Bactria e Partia riducendo drasticamente il loro territorio e rimettendole al loro posto di vassalli.

Ora che ha assicurato le frontiere orientali rivolge le sue attenzioni all’occidente, dove intende conquistare l’Egitto.

L’entrata in scena di Annibalica impensierisce il re, che teme di finire nell’orbita dell’influenza punica, così egli avvia una grande corrispondenza diplomatica con Clito re di Macedonia, che ora governa tutta la penisola balcanica e la Lidia(la Macedonia provò a espandersi in quella zona ma venne bloccata dai romani) per ridimensionare la potenza punica nel Mediterraneo.

Nonostante la tradizionale amicizia fra macedoni e punici anche Clito comincia a voler sottrarsi dal giogo e così i due si alleano.

Nel 90 v.A. dopo intensi preparativi bellici, il regno macedone attacca a sorpresa l’Illirico punico mentre i seleucidi assaltano a sorpresa l’Egitto.

Un grande esercito composto di macedoni e seleucidi sbarca in Puglia.

Nell’Impero punico dilaga il terrore.

Scoppia negli uffici politici di Annibalica il panico e si parla addirittura di abbandonare la città.

Annone convoca tutti e pronuncia un celebre discorso nel quale ricorda a tutti la potenza e la grandezza dello stato punico, invita tutti al coraggio ricordando che quando scoppiò la guerra Annibale non rimase ad aspettare il nemico ma marciò verso di lui e lo distrusse.

Infine chiede a tutti il massimo impegno poiché la guerra sarà lunga e difficile e cambierà profondamente lo stato punico. Tutti tornano a lavorare carichi di trepidazione.

Annone prende in mano la situazione guidando personalmente le operazioni militari in Italia.

La flotta punica sconfigge con facilità quella ellenistica, compie gravi scorrerie e atti di pirateria lungo la costa, colpendo duramente l’economia macedone e in maniera più leggera anche quella seleucide.

L’Illirico punico dà filo da torcere ai macedoni, soprattutto grazie al supporto della flotta.

L’Egitto crolla sotto i colpi di Alessandro II, pronto a realizzare i sogni del suo omonimo in occidente.

Clito, a capo dell’esercito in Italia, mette a ferro e fuoco le campagne del sud.

Taranto viene espugnata e diventa la capitale macedone in Italia.

Tuttavia Clito si dimostra troppo timoroso e indugia, non approfittando del tempo che ha a disposizione per attaccare. La sua incapacità sabota quella guerra lampo gloriosa e vittoriosa che i due sovrani avevano progettato.

Cerca di instaurare un dominio stabile nel sud Italia.

Nel frattempo Annone raduna truppe da ogni parte dell’Impero: elefanti dall’Africa, fanteria pesante dall’Italia centrale, fanteria leggera dal nord celtico, cavalleria dalla Numidia, fanteria da tiro dall’Iberia.

Prende il comando di un esercito enorme e infligge una dura sconfitta all’esercito ellenistico presso Crotone, nonostante l’inferiorità numerica.

Clito infatti cercava di espugnare la città.

L’esercito orientale è costretto a ritirarsi verso Taranto, ma durante la sua assenza la cittadinanza è insorta contro la guarnigione macedone sopraffacendola.

Il popolo, vedendo l’esercito tornare, aveva chiuso le porte della città.

Così Clito si ritrova a dover assediare per la seconda volta la città.

Mentre affama la città l’esercito ellenistico viene attaccato e sterminato da Annone.

Clito viene catturato e condannato a morte.

Annone viene accolto come un liberatore in tutto il sud.

Subito dopo aver riconquistato l’Italia egli attraversa il mare e sbarca in Epiro.

Intanto nell’Illirico l’esercito macedone torna in patria per proteggerla, decimato dai punici.

Alessandro II ha completato l’annessione dell’Egitto e già assalta la Cirenaica.

Siamo nel 92 v.A.

Annone ha conquistato buona parte dell’Epiro, quasi senza incontrare resistenza visto che il regno era stato sguarnito.

Vedendo lo svolgersi delle cose, Annone affida parte del suo esercito e la conquista della penisola all’amico e generale Imilcone della dinastia dei Magonidi, mentre lui va in Africa, dove Alessandro ha già sconfitto e respinto ripetutamente le truppe puniche e conquistato anche la Libia, arrivando nell'odierna Tunisia.

La stessa Cartagine è in pericolo.

La flotta punica continua a compiere scorrerie e arriva a conquistare diversi insediamenti marittimi nemici per poi compiere razzie nelle campagne.

Quando Annone arriva in Africa prende subito il comando, fortifica le posizioni, arruola truppe.

Ben presto Alessandro II, col suo numeroso e rinforzato esercito, attacca.

I punici resistono senza perdere terreno, mentre radunano nuove truppe.

Siamo nel 95 v.A.

Grazie alla sua grande abilità strategica Annone decima il potente esercito seleucide stando sulla difensiva, Alessandro II decide di ritirarsi e in Libia e proteggere le sue conquiste.

Intanto un ulteriore esercito punico sbarcato in Anatolia la mette ferro e fuoco annientando le guarnigioni locali.

Alessandro II ha ottenuto importanti risultati, ma nei territori conquistati la popolazione insorge, mentre in patria lo scontento cresce per le incursioni nemiche e le casse dello stato languono.

Alessandro è costretto a chiedere la pace, Annone acconsente poiché anche nell'Impero Punico si soffre per la lunga guerra, e vorrebbe concentrarsi sull'annessione dei Balcani.

Così l’Egitto torna ad essere uno stato cliente vassallo dei punici che faccia da cuscinetto fra i due imperi, tornano ai seleucidi i possedimenti in Anatolia, questi si impegnano a consegnare e a non ricostruire la flotta militare, la Cirenaica e Libia tornano ai punici che ottengono anche tutte le isole del Mediterraneo e del Nero, rendendoli di fatto dei laghi privati.

L’impero seleucide ottiene la Lidia macedone, un modesto pagamento delle spese di guerra e mantiene autonomia politica. Alessandro, tornato in patria senza vittoria, dovrà nuovamente affrontare le satrapie orientali.

Nel frattempo in una grandiosa battaglia Imilcone sconfigge l’esercito enorme radunato dal successore di Clito, rivisitando la tattica dell’ordine obliquo.

Così l’intera penisola balcanica viene annessa all’Impero punico.

Tuttavia Imilcone è un personaggio ambizioso, ed anche estremamente carismatico.

Egli si dichiara indipendente da Annone ma fedele al Senato, e convince i suoi soldati che la crisi dell’Impero sia colpa sua visto che non ha prevenuto l’attacco ellenistico, fa della penisola balcanica un suo possedimento. Dichiara di voler tornare alle origini, di rendere Cartagine nuovamente capitale, di voler imporre la cultura e religione punica, e di voler ridare potere al Senato.

Dopo aver sbaragliato le truppe puniche di ritorno dall'Asia minore, con un’azione lampo egli sbarca con l’esercito ad Annibalica e la assedia.

Tuttavia essa ha una numerosa guarnigione e possenti mura. Non riuscendo ad espugnarla in tempi brevi egli si ritira nella penisola balcanica, manifestando nuovamente il suo orientamento politico, cercando di ingraziarsi il Senato cartaginese.

Ci riesce, infatti nel Senato non sono pochi i dissapori verso il predominio dei Barca, ma grazie agli sforzi incommensurabili del fratello di Annone, Asdrubale, la lealtà del Senato e quella dei generali punici non cambia.

Tuttavia, qualcuno della stessa dinastia di Imilcone gli invia denaro e informazioni, mentre lui intanto cerca di arruolare altre truppe.

Annone, dopo aver rimesso sul trono egizio il suo fantoccio, si imbarca con buona parte dell’esercito nel Peloponneso, infatti anche la flotta gli è rimasta fedele.

Dopo aver perso terreno nel tentativo di arruolare quanti uomini può, Imilcone affronta Annone.

È una battaglia terribile, dura giorni.

Nonostante la superiorità numerica dovuta anche ai numerosi mercenari, Imilcone perde.

Infatti i soldati di Annone combatterono con una volontà schiacciante, amavano moltissimo il loro condottiero che li aveva guidati più volte in una guerra ritenuta impossibile da vincere.

Imilcone muore in maniera cruenta, i suoi soldati inseguiti e uccisi.

La guerra civile termina, la penisola balcanica viene riconquistata.

Lo stato punico è ormai la maggiore potenza sui tre continenti.

Nel 98 v.A. Annone, preoccupato per le conseguenze della guerra civile, per il ritorno ad Annibalica decide di passare via terra lungo l’Illirico e l’Italia, riceve il tripudio e l’adorazione di tutte le popolazioni che governa, lungo la strada per Annibalica.

Lì al suo passaggio per le strade viene venerato come un dio, come il salvatore della patria, quasi un secondo Annibale.

Il Senato cartaginese lo accoglie con fastosità e falsità.

Infatti, a causa di Imilcone, si è formato una partito che brama il ritorno alle origini: un Senato autorevole, sottomissione dei popoli conquistati in tutto e per tutto e il ritorno della capitale a Cartagine, tale schieramento è guidato dai Magonidi.

Annone ad Annibalica organizza i nuovi possedimenti seguendo gli insegnamenti di Annibale.

Giscone, il capo dello schieramento magonide, organizza una congiura contro Annone.

Egli ne viene a conoscenza e ordina l’arresto e la morte di diversi senatori.

Giscone e pochi alleati riescono a fuggire, ritirandosi nella Gallia punica, compresa tra i Pirenei e il Loira.

Lì stringono un’alleanza, pagata con moneta sonante, con le tribù a nord del Loira, fra cui i Veneti e i Pictoni. A capo di un esercito di galli , Giscone attacca i territori punici.

Annone invia le armate iberiche.

I Galli vengono terrorizzati dagli elefanti e sbaragliati, Giscone e i suoi si suicidano.

L’offensiva punica continua: vengono sottomesse tutte le popolazioni a nord del Loira.

Le altre tribù restano a guardare titubanti: non osano inimicarsi il gigante punico.

Anche lì Annone utilizza gli insegnamenti di Annibale.

Siamo nel 100 v.A.

Annone convoca tutte le tribù galliche a sinistra del Reno e le riunisce nella Lega Celtica.

Tutti i membri stipulano fra loro un’alleanza difensiva e accordo commerciale.

Vengono anche stabiliti buoni rapporti con le tribù britanniche oltre la Manica.

Siamo nel 130 v.A.

Ormai le ferite della guerra sono guarite, l’Impero punico è più rigoglioso che mai, la pace salda ai confini.

Annone muore e lascia il potere nelle mani del suo amatissimo nipote ed erede designato: Bomilcare.

Intanto dalla Germania arrivano notizie inquietanti.

Molte tribù germaniche sono sterminate e vengono a chiedere rifugio a quelle galliche da coloro che chiamano “uomini in rosso” e nel caso non venga loro offerto un territorio da abitare tendono a prenderselo con la forza.

Le spie puniche intanto riferiscono che uno strano popolo simile ai vecchi latini proveniente dal Nord sta conquistando la Germania.

Siamo nel 132 v.A.

La Lega Celtica organizza una spedizione congiunta di ventimila punici e quindicimila galli per fermare le violente immigrazioni dei Germanici e fermare l’avanzata di questo popolo del nord.

Dopo aver compiuto delle scorrerie a danno dei popoli che avevano cercato di stabilirsi in Gallia, l’esercito congiunto si dirige verso i territori del popolo del nord per stabilire degli accordi con esso in una posizione di forza.

Si avvicinano a un accampamento militare che sembra essere quello del popolo del nord.

Vengono mandati emissari per organizzare un accordo diplomatico.

Gli emissari verranno uccisi dai neoromani, che attaccano nottetempo l’esercito congiunto.

L’esercito viene distrutto completamente.

La prima guerra neoromanica finisce con la vittoria dei neoromani.

Alcuni prigionieri vengono liberati perché raccontino ai punici che Roma non è morta.

Tale rivelazione scatena il panico negli ambienti politici.

Bomilcare si rivela troppo cauto, indeciso e poco interessato alla politica, così in sostanza nulla viene fatto.

I Galli si mostrarono molto scontenti verso Annibalica, intanto i popoli Germanici migrano in massa via dalla furia dei neoromani che “combattono non per vincere ma per sterminare”.

Spesso i Galli devono prendere provvedimenti da soli contro i Germanici.

Siamo nel 133 v.A.

I vertici di tutto lo stato punico sono sempre più insofferenti verso il Sufeta.

Brenno, un generale di origini celtiche, organizza un colpo di stato e obbliga Bomilcare a nominarlo suo erede e a ritirarsi a vita privata.

Poco dopo lo farà uccidere.

Il Senato cartaginese mal tollera questa presa di potere da parte dei militari ma ha le mani legate.

I militari infatti sostengono Brenno, generale di comprovata abilità, e il Senato legalmente quasi non ha più potere.

Tuttavia Brenno non è di discendenza cartaginese, quindi per rafforzare la sua pretesa di potere sposa la sorella di Bomilcare.

Subito Brenno rinsalda i rapporti coi Galli, si comincia a preparare una grande spedizione congiunta mentre le frontiere vengono rinforzate con ingegnose fortificazioni ideate da Brenno.

Intanto anche dalla Manica cominciano ad emigrare in massa le tribù verso la Gallia.

Infatti i neoromani, da tempo installati in Irlanda e in Scozia, hanno dato inizio alla calata finale per prendere il possesso completo dell'isola.

Il cerchio si stringe attorno ai punici.

Brenno comanda la costruzione di una flotta sul Mar del Nord.

Molte tribù appena sbarcate vengono sterminate.

Siamo nel 136 v.A.

La possente flotta costruita per volere di Brenno è pronta mentre l'esercito della Lega Celtica è completo.

Brenno si assicura nuovamente il potere e poi da inizio alla spedizione punitiva contro i neoromani.

Il nuovo esercito congiunto conta più di centocinquantamila uomini.

L'esercito congiunto attraversa il Reno, mentre un altro esercito completamente punico di attraversa la Manica di cinquantamila uomini, la flotta del nord compie scorrerie lungo la costa della Germania.

Molte delle tribù che si erano sottomesse ai Romani insorgono e rafforzano le fila dei punici.

Siamo nel 138 v.A.

L'esercito congiunto espugna diverse piazzeforti romane, arrivando a controllare tutta la Germania occidentale. Le terre vengono divise in maniera equa fra gli alleati.

Nessuna battaglia con eserciti nemici.

L'esercito punico in Britannia più volte vittorioso assedia con grosse difficoltà Eboracum(York)

La flotta punica viene sconfitta e decimata da quella neoromana, molto più potente e numerosa di quanto si pensasse, essendo “nativa” del Mare del Nord.

Siamo nel 140 v.A.

Brenno si stufa di espugnare piazzaforte per piazzaforte e decide di puntare sulla Danimarca, sapendo che lì c'è Nuova Roma, pensando di costringere i nemici a dar battaglia. Sa che ha bisogno di un successo concreto per restare Sufeta.

L'esercito punico a Eboracum viene attaccato da un esercito reclutato in Irlanda ma questo viene respinto.

La flotta punica del nord viene totalmente annientata.

I neoromani compiono molte scorrerie lungo la costa gallica e iberica.

Alcuni capitribù galli ritirano truppe dall'esercito congiunto per metterle a presidiare le nuove conquiste dalle altre piazzeforti romane.

Infine quando Brenno sta per passare dalla Germania alla Danimarca trova un'amara sorpresa.

Una grandissima e possente muraglia estesa lungo tutto il confine impedisce il passaggio verso Nuova Roma, la costa è sorvegliata dalla flotta.

Brenno inizialmente è disperato ma cerca subito di trovare qualche frattura nel grandioso blocco che gli è stato posto.

Tuttavia non avrà abbastanza tempo per forzarlo.

I neoromani hanno spie migliori dei punici, non sono stati con le mani in mano per anni.

Hanno preparato un grandioso esercito che però avrebbe dovuto aspettare il momento di maggiore debolezza del nemico: Roma non può cadere due volte

Grazie al supporto della flotta un esercito di ben duecentomila neoromani sbarca in Germania e attacca alle spalle l'esercito congiunto. Con le spalle chiuse dal vallo, l'esercito congiunto viene massacrato, Brenno preso prigioniero.

Prima che la notizia si diffonda i neoromani attaccano le truppe galliche in Germania, sterminandole e riappropriandosi del paese.

Nuova Roma dilaga.

Qualsiasi esercito messo a guardia dei confini non può fermare la furia dei neoromani.

L'esercito viene diviso in due: uno attaccherà la Gallia, l'altro l'Italia.

Intanto si diffonde la notizia della disfatta di Brenno.

L'esercito punico lascia Eboracum e torna in Gallia patendo perdite pesanti per mano della flotta.

Ad Annibalica scoppia il caos. Venti politici si proclamano Sufeti e si uccidono a vicenda nel giro di due giorni. Dal caos emerge Amilcare, lontano parente di Bomilcare.

Egli usa il pugno di ferro: tutti i vari assassini e cospiratori vengono condannati.

Egli richiama gli eserciti dalla Cirenaica, frontiera ormai sicura.

Intanto le tribù galliche vengono sterminate una dopo l'altra dalla furia delle legioni di Nuova Roma.

Solo l'intervento dell'esercito punico di Eboracum impedirà ai neoromani di dilagare in Iberia.

I neoromani attraversano le Alpi e fondano colonie.

Intendono restare.

Amilcare da l'avvio ad arruolamenti in massa.

Le guarnigioni di frontiera vengono annientate.

Siamo nel 142 v.A.

Amilcare prova a trattare ma i neoromani rifiutano. Ciò che vogliono è la guerra totale e la vendetta assoluta.

I neoromani arrivano in Lazio, dove sorgeva Roma.

Lì era stato costruito un grandioso monumento alle gesta di Annibale.

I neoromani lo distruggono e innalzano nuovamente la città di Roma. Il morale romano è alle stelle, quello cartaginese alle stalle.

Amilcare ha raccolto un grande esercito e attacca i neoromani.

La battaglia non ha né vincitori né vinti: entrambi gli schieramenti subiscono perdite notevoli e lo scontro viene interrotto.

Le parti non trattano ma viene stabilita di tacito accordo una nuova frontiera.

I punici perdono la Gallia e metà Italia.

Così i punici perdono la seconda guerra neoromanica.

Roma diventa una sorta di capitale militare neoromana.

Ad Annibalica molte le pressioni per abbandonare la città e ripristinare Cartagine come capitale in quanto più sicura, ma Amilcare non batte ciglio, Annibalica diventa una capitale sotto assedio

Si viene a formare quasi un clima da guerra fredda.

Infatti i punici non hanno la forza per contrattaccare e i neoromani hanno bisogno di tempo per organizzare le conquiste.

Da entrambi però fervono i preparativi bellici, Amilcare si impegna per migliorare il servizio segreto.

Comincia a diffondersi anche nei territori persi, un movimento nazionalistico punico che propugna di annientare Nuova Roma e di riprendere possesso dei territori perduti, si diffonde un grande movimento di solidarietà popolare che arricchisce le casse dello stato e aumenta le fila degli eserciti.

Siamo nel 160 v.A.

Amilcare comincia a invecchiare mentre da entrambe le parti si manifesta la volontà di riprendere il conflitto.

Ormai il principato punico è estremamente militarizzato.

I neoromani attaccano a sorpresa ma i punici lo sapevano ed erano preparati. Mentre Annibalica viene posta sotto assedio da un enorme esercito di neoromani, un'armata punica sbarca in Toscana, guidata dallo stesso Amilcare che ha affidato la capitale al figlio Magone.

I neoromani provano a penetrare in Iberia ma i Pirenei sono stati pesantemente fortificati e non riescono a passare, provano a sbarcare grazie alla loro potente flotta nei paesi baschi ma una nuova flotta punica del nord bombarda quella nemica con giare piene di serpenti.

Siamo nel 163 v.A.

Annibalica resiste grazie ai rifornimenti che vengono dal mare ma i neoromani non si danno per vinti.

Amilcare sconfigge ripetutamente i neoromani nel nord Italia, tagliando i contatti con la patria all'esercito che assedia Annibalica, viene accolto dalla popolazione come un liberatore.

Un esercito punico sbarca in Gallia, la popolazione locale si ribella a Nuova Roma.

Intanto il console Gneo Cornelio che guida la legione ad Annibalica si dimostra estremamente intelligente: infatti fa scavare diverse gallerie sottoterra, così demolisce le mura di Annibalica.

I romani irrompono nella città ma si trovano davanti un'amara sorpresa: la città bassa era già stata evacuata, gli abitanti portati ad Ischia, e qualsiasi cosa di valore o foraggiamento è stato portato nella cittadella, che resiste impavida.

Siamo nel 165 v.A.

I punici hanno ormai cacciato i neoromani dai territori tra i Pirenei e il Loira.

La loro avanzata viene fermata in Bretagna dove vengono sconfitti.

Amilcare manda loro rinforzi dall'Italia del nord che ha riconquistato saldamente.

Tuttavia è costretto ad affrontare vari eserciti che Nuova Roma gli manda contro per evitare che egli vada ad Annibalica.

Intanto ad Annibalica arrivano parecchi rinforzi dall'Africa, senza che se ne sappia.

I neoromani tuttavia se ne accorgono quando assaltano la cittadella e vengono brutalmente respinti.

Il console elabora una strategia: finge di togliere l'assedio e fa credere ai punici grazie alla corruzione di una spia che l'esercito neroromano sia allo sbando.

Magone è diffidente ma di propria iniziativa un generale di origini celtiche raccoglie i suoi uomini, buona parte della guarnigione, e va dietro ai neoromani ma questi gli tendono un'imboscata e la truppa viene annientata.

Il morale punico cala parecchio.

Approfittando della confusione che ne segue, il console fa sbarcare a Ischia una frazione del suo esercito che riesce a prendere in ostaggio parte della popolazione di Annibalica.

Il console chiede la consegna di Magone ma né lui né i suoi soldati né il popolo vacillano, nonostante ci siano molti nobili fra i prigionieri.

Così il console farà massacrare tutti gli ostaggi.

Siamo nel 166 v.A.

I punici in Gallia respingono una controffensiva neoromana.

Amilcare decide di distruggere le basi dei nemici così attacca la Germania meridionale, lascia una consistente guarnigione e muove verso Annibalica.

Il console intanto è riuscito ad abbattere le mura della cittadella per poi trovarsi un'altra amara sorpresa.

I difensori hanno eretto un altro muro che protegge gli edifici politici, militari e il porto.

Tuttavia perdono le riserve di cibo che vanno ai neoromani.

Siamo nel 167 v.A.

I neoromani si ritirano dalla Gallia del nord per difendere la Germania.

Un tentativo di sbarco punico in Britannia viene sventato.

Alle tribù galliche rimaste vengono assegnati diversi territori a nord del Loira e nel sud della Germania. Viene fondata nuovamente la lega Celtica.

Amilcare riconquista l'Italia centrale distruggendo la seconda Roma, ancora incompleta.

Amilcare in una grandiosa battaglia sconfigge i neoromani ad Annibalica.

Viene accolto in città con un tripudio mai visto.

Subito comanda la ricostruzione della città, arricchendola incredibilmente e rendendola la città più bella del mondo.

Tuttavia non rimane in città per molto.

Torna in Germania, si ricongiunge con le guarnigioni che ha lasciato e marcia verso il cuore della Germania.

Siamo nel 169 v.A.

Amilcare ha conquistato tutta la Germania centrale e anche quella la assegna a popoli alleati.

Egli infatti è preoccupato che il principato possa ingrandirsi oltre ogni misura e che questo squilibri le cose, gli fa anche comodo che siano altri ad occuparsi delle zone sensibili dell'Impero, e poi i punici non avevano l'indole da conquistatori che avevano i Romani.

Invece nella Germania del nord egli compie devastazioni incredibili, incendiando, distruggendo e seminando sale, così da mandare l'intera regione in malora, mettendo un chiaro limite a ogni speranza futura neoromana.

Ancora non può chiudere i conti con la città stessa per via della flotta.

Tuttavia egli per diverso tempo assedia la muraglia romana, e approfittando della distrazione della flotta nemica riesce a invadere la Britannia.

Anche lì la popolazione locale insorge e in breve Nuova Roma perde le due isole dove molti territori vengono assegnati alle popolazioni insorte e a qualcuna gallica, che vengono incluse nella Lega Celtica.

I punici assoldano parecchi pirati scandinavi e sconfiggono duramente la flotta neoromana, che tuttavia infligge a sua volta numerosissime perdite e rimane sufficiente per difendere la Danimarca.

Nuova Roma è incapace di rispondere e di contrattaccare, ma le restano abbastanza forze per difendersi.

Amilcare non riesce a dare il colpo decisivo ma stabilisce diverse piazzeforti militari congiunte a guardia del vallo romano.

Infine compie nell'Illirico e in Macedonia piccole campagne di consolidamento territoriale che portano la frontiera punica sul Danubio.

Al suo ritorno ad Annibalica viene acclamato come un secondo Annibale.

La terza guerra neoromanica è stata vinta dai punici.

Nell'impero punico la popolazione è calata molto a causa dell'altissimo numero di caduti in battaglia e vittime civili, tuttavia le nuove conquiste offrono molto al principato che ha colpito in maniera irrecuperabile Nuova Roma.

Amilcare vara riforme in favore delle famiglie, così la risolvere la crisi demografica.

Si rende conto di come la vittoria sia dovuta anche al popolo, che si è arruolato in massa negli eserciti e che ha mostrato grande volontà di resistenza verso gli invasori nei diciotto anni tra la seconda e la terza guerra neoromanica.

I popolani infatti non hanno esitato a mettere a rischio la propria vita per riportare informazioni preziose o a togliersi il pane di bocca per darlo ai soldati.

Così decide di aprire il Senato ai non cartaginesi d'origine, cioè a tutte le elité medie regionali che possiedano una buona istruzione, avrà più diritto al seggio chi è più istruito, accesso permesso solo a chi non ha un reddito né troppo né troppo poco elevato. Vuole mantenere un certo vantaggio per gli aristocratici cartaginesi per non creare tensione. Nonostante non se ne renda conto compie una scelta importantissima per il futuro, poiché le classi medie mantengono sempre una certa pace sociale, mediando tra classi basse e altolocate.

Tuttavia i nobili protestano vivamente per questa riforma ma si ritrovano isolati da tutti gli altri ceti.

Così quando Amilcare organizza in Senato la cerimonia ufficiale per i nuovi membri viene assassinato brutalmente dai conservatori che subito cercano di fomentare un'insurrezione popolare, senza successo, così fuggono.

Magone, nominato nuovo Sufeta, fa dare loro la caccia.

Inoltre, completa il progetto di suo padre lasciando più potere al Senato, dopo aver espulso tutti i conservatori e aver imposto ai cartaginesi d'origine le stesse condizioni delle elitè regionali per accedere ai seggi.

Inoltre riorganizza l'amministrazione regionale, rendendola molto efficiente.

Siamo nel 180 v.A.

Ormai l'Impero Punico ha superato il momento di crisi, grazie alla maestria economica di Magone.

Egli organizza nuove spedizioni per circumnavigare l'Africa.

Vengono fondate diverse colonie sulle coste africane e conquistati gli arcipelaghi a largo delle coste.

La più importante quella di Nuova Utica fondata al capo di Buona Speranza.

Da lì partirà un'altra spedizione che porterà all'incontro tra la grande cultura punica e la grande

cultura cinese. Vengono stabiliti accordi commerciali e un patto di non aggressione con la dinastia Han.

La Cimbrica viene ormai tenuta sotto perenne assedio dai punici e alleati che impediscono ai neoromani di andare oltre il vallo.

Così, trovandosi la strada bloccata a occidente, Nuova Roma si espande in oriente, in attesa di recuperare la forza che le permetta di fronteggiare Annibalica.

Completa l'annessione della Scandinavia, conquista i paesi baltici. Per conquistare questi territori partecipa a guerre e stringe alleanze con i popoli confinanti come i Sarmati e da loro impara la tecnica della cavalleria pesante.

Ormai i punici e i neoromani rimangono in costante ostilità ma siccome non sono in grado di sconfiggersi a vicenda si sorvegliano semplicemente, le piazzeforti puniche attorno al vallo vengono sempre più popolate da personaggi scomodi e soldati con amicizie.

Siamo nel 200 v.A.

Ormai la realtà del principato punico e alleati è estremamente globale.

Infatti le tribù con autonomia politica subiscono l'influenza della cultura cosmopolita dell'impero.

I rapporti con le tribù subiscono un duro colpo a causa dello vanesio e bellicoso Sufeta succeduto a Magone.

L'intervento del Senato evita la rottura dei rapporti con i capi delle tribù alleate.

Una furiosa guerra civile sconvolge l'Impero.

Il comandante Andrisco degli eserciti di stanza in Macedonia si ribella al potere centrale.

Egli convince i suoi soldati ad appoggiarlo, così si scontra col Sufeta in una sanguinosissima battaglia, dove il Sufeta e il suo erede designato vengono massacrati insieme a gran parte dell'esercito. Impressionati, molti generali punici si uniscono alla sua causa, nasce così il progetto di dar vita a una dittatura militare.

La situazione è grave ad Annibalica: in mancanza di un erede stabilito il Senato si proclama reggente.

Dopo altre vittorie, i ribelli vengono sbaragliati in una grandiosa battaglia grazie anche al pronto intervento delle tribù alleate.

Per ringraziarli, il Senato concede qualche seggio ai capi delle tribù che sono intervenute, che avranno un peso fondamentale per eventuali crisi con le tribù alleate.

Inoltre, rendendosi conto del rapporto intimo che tende a formarsi tra un generale e il suo esercito stabile, viene promulgata una legge che stabilisce che un comandante non possa essere in capo alla stessa armata per più di sei mesi, stabilendo un ciclo di rotazione dei comandi delle armate che i generali dovranno rispettare, pena la morte.

Siamo nel 220 v.A.

Il Senato nomina un nuovo Sufeta della stirpe dei Barca, tuttavia egli è un burattino nelle mani della volontà del Senato.

Il Senato viene informato che intanto le terre del nord della Germania sono tornate prospere e questo fa decidere di chiudere i conti con i neoromani.

Tuttavia non sanno che si sono espansi e sono ancora potenti.

Una grande spedizione viene allestita tra i punici e alleati.

Dopo innumerevoli difficoltà la flotta neoromana viene sbaragliata, il vallo distrutto e i punici, sorretti dal numero, sconfiggono a più riprese i neoromani fino ad assediare Nuova Roma.

Gli abitanti della città la danno alle fiamme pur di non farla cadere in mano ai nemici.

Molte tribù dell'attuale Svezia meridionale, sottomesse ai neoromani, vengono costretti a mandare una delegazione all'esercito congiunto, dove riferiscono di aver cacciati i neoromani dopo la terza guerra neoromanica. Vengono stipulati patti di non aggressione.

La spedizione viene dichiarata un successo. Vengono organizzati festeggiamenti senza pari in tutto l'impero.

I punici non sanno che i neoromani, rendendosi contro di non poter difendere la propria capitale hanno costruito una quarta Roma dove oggi sorgerebbe Leningrado, Grande Roma e hanno spostato lì la capitale.

Le alleanze e i rapporti con le popolazioni locali sono molto più eque e pacifiche, i neoromani abbandonano l'atteggiamento e la xenofobia che avevano avuto coi celti e i germanici, comportandosi come facevano con gli alleati italici.

I punici non sanno nulla di questo.

Quindi ancora una volta credono erroneamente di aver sconfitto gli irriducibili nemici e ad adagiarsi sugli allori. Comunque la quarta guerra neoromanica viene vinta da loro.

La penisola viene assegnata a una tribù celtica, viene comandata la costruzione di due grandiosi monumenti ad Annibale. Uno sul sito di Nuova Roma e un altro sul sito di Roma, di nuovo. Il secondo viene reso incredibilmente maestoso, estendendosi su tutti i sette colli.

Dopo aver messo al sicuro tutti i loro possedimenti sulla terraferma spazzando via Nuova Roma, la vocazione marinara dei punici torna a farsi sentire.

Dopo aver acquisito il dominio incontrastato nel Mare del Nord, vengono organizzate nuove spedizione oltre le Colonne, che portano alla scoperta dell'Islanda e Groenlandia, dove vengono fondate colonie, e delle isole Faer che vengono conquistate.

Un'altra spedizione porta alla scoperta dell'America, chiamata Nuova Europa. Questo nome porterà al rafforzamento del concetto di Europa, che ancora era latente.

Intanto nell'impero seleucide è avvenuta la predicazione di Gesù, che ha portato a una sollevazione contro il sinedrio e la guarnigione seleucide.

Gesù non mirava a questo, ma quando i seleucidi manderanno truppe per distruggere i rivoltosi e sterminare gli ebrei, questi se la prenderanno con Gesù, che verrà massacrato a mani nude dai suoi discepoli mentre Gerusalemme viene rasa al suolo. Il cristianesimo quindi non nascerà mai e la diaspora ebraica avverrà prima. Gli ebrei verranno prontamente accolti dallo stato punico, che garantisce loro protezione.

Verso il 6o secolo i punici annettono l'arcipelago caraibico e fondano tantissime colonie lungo tutta la costa atlantica. Vengono stabiliti ottimi rapporti con le popolazioni locali, infatti ogni volta i punici compravano il territorio per la colonia, che portano a un patto di non belligeranza e di libero scambio.

Avviene un incontro culturale senza precedenti che porta ricchezza a tutti.

Si forma “il sogno punico”: fondare nuove colonie oltre le colonne ti renderà ricco.

Con la scoperta dell'America l'Impero punico raggiunge una ricchezza materiale e culturale senza precedenti. Innumerevoli le innovazioni tecniche, culturali e filosofiche.

Viene fondata la Lega d'Oltremare che comprende i punici e tutte le popolazioni americane.

Il nuovo Sufeta istituisce intanto l'Assemblea delle Professioni: un organo che riunisce rappresentanti dei lavoratori di qualsiasi ceto impiegati in un particolare lavoro, sempre a patto che i rappresentanti siano istruiti, anche qui avrà più diritti a un seggio il più istruito, e un reddito equilibrato.

Nasce il bicameralismo.

Qualcosa cambia nella politica punica: quando il Sufeta dominava incontrastato la politica era molto più nazionalistica ed espansiva a livello territoriale, in quanto ogni Sufeta tendeva a rispecchiarsi e a confrontarsi con Annibale.

Ma Cartagine come oligarchia non era mai stata bellicosa, il suo impero era sorto per difendere i suoi traffici commerciali o la sua stessa sopravvivenza.

Con il ritorno dell'oligarchia i punici adotteranno una politica molto più pacifica: conquisteranno le isole per controllare al meglio il loro impero ormai sparso nel mondo ma sono molto pacifici verso i popoli dei continenti. Quando avranno problemi nelle colonie coi loro “ospiti” e questo porterà a guerre i punici dopo la vittoria non esigeranno mai condizioni troppo pesanti, né si addentreranno negli entroterra, così si verrà a creare un clima molto pacifico che porterà serenità tra i popoli e favorirà la mescolanza delle culture.

La calata degli Unni in Europa è stata bloccata nel Bassopiano Sarmatico, dove i popoli locali, anziché emigrare in massa verso l'Europa centrale sono stati incitati alla resistenza dai neoromani, che li hanno guidati uniti in battaglia contro gli Unni, sterminandoli.

Siamo nel 9° secolo v.A.

La grandezza della “multicultura” punica sempre in crescita si diffonde in tutte le regioni confinanti dell'Impero, assicurando pace a lungo.

In questo periodo all'Impero sono state annesse la Crimea, la Bassa California e la Florida praticamente condivise coi pellerossa, il Madagascar, lo Sri Lanka, e moltissime isole più piccole sparse negli oceani.

Molte colonie vengono fondate sulla costa orientale dell'Africa, in Arabia, in India, in Cina, in Indocina, in Australia, sulla costa occidentale dell'America e persino nel Giappone. Anche qui il terreno per le colonie veniva comprato.

Imparando dalle culture incontrate, quelle dei pellerossa, aborigeni e le varie saggezze orientali, si diffonde un nuova religione, il Naturismo: essa predica essenzialmente l'amore e l'adorazione per la Natura e la quiete e la ricerca di ascensione spirituale e morale attraverso contemplazione della natura e la riflessione. La Natura, unica vera dea e origine di tutto, viene vista come la madre amorosa degli uomini che insegna, da amare, rispettare, e comprendere, e siccome la Natura è tutto bisogna rispettare e apprendere da tutto. In ogni cosa viene riconosciuta una matrice divina, e siccome la violenza viene bandita se non come forma di difesa.

Viene inventata la stampa, viene dimostrata la teoria eliocentrica e introdotte le prime armi da fuoco. Viene teorizzata la costituzione.

Grazie anche al Naturismo alle donne vengono concessi molti diritti.

Molte grandi nazioni beneficiano delle innovazioni puniche, anche i loro nemici.

L'impero battriano, nato sulle ceneri di quello seleucide, ha avuto un grandissima espansione territoriale: ha conquistato molti territori in India e nell'Asia centrale, paesi come il Kazakistan, e l'Arabia . La predicazione di Maometto, non è mai avvenuta poiché la sua stirpe cadde in battaglia contro i battriani.

I neoromani intanto conquistato buona parte del Bassopiano Sarmatico, tra gli Urali e Polonia/Romania.

L'impero punico spesso è intervenuto nella politica interna dei confinanti: così in Giappone l'autorità e il potere dell'imperatore aumentano, in Cina impediscono all'esercito che aveva sconfitto i Turbanti Gialli di conquistare e saccheggiare la capitale, provvedendo loro stessi a ridimensionare il potere gli eunuchi. Grazie a loro supporto inoltre, gli Han riescono così a riprendersi dalla crisi che li affliggeva.

I pellerossa formano una lega, le civiltà del centro America e sud America pure.

Una particolare amicizia nasce tra i nipponici e i punici, ci sarà un grande apprezzamento reciproco fra i due popoli e le varie culture, molte idee e conoscenze verranno divise.

In seguito i nipponici diverranno una grande potenza navale nel Pacifico: seguendo l'esempio dei punici fondano molte colonie, conquistano le isole tra la Cina e l'Australia non ancora conquistate dai punici, parte della costa siberiana, la parte meridionale della Corea.

Annibalica è ormai la regina dei sette mari.

Siamo nel 910 v.A.

L'impero battriano e quello neoromano firmano un trattato di alleanza.

I punici, venuti a sapere che ancora una volta hanno fallito contro i loro acerrimi nemici vorrebbero muovere loro guerra ma i battriani fanno sapere che in quel caso difenderanno i loro alleati.

In previsione di una futura guerra con i neoromani, viene organizzata una spedizione per la conquista della Dacia e della Pannonia.

I popoli di quelle regioni, che da tempo commerciavano coi punici e subivano la loro influenza culturale. Così buona parte delle tribù si sottomettono ai nuovi padroni, quelle che non lo fanno vengono sterminate.

Un'altra spedizione porta le frontiere dalla Germania al fiume Oder.

Ora che hanno conquistato un frontiera più difendibile, seguendo l'esempio dei loro amici cinesi, i punici costruiscono una Grande Muraglia Europea, che va dal fiume Oder ai monti Carpazi. Alle tribù che si sono sottomesse, mantenendo autonomia, vengono affidati i territori di confine e il compito di sorvegliare il confine insieme ai punici così da creare dei sorveglianti affidabili.

Tuttavia la guerra non scoppia.

I neoromani devono occuparsi dei nuovi territori che hanno conquistato nel Bassopiano e i punici non osano colpire per primi.

Tuttavia non se ne stanno con le mani in mano, con l'aiuto delle spie creano tensione tra gli alleati e i neoromani, spesso corrompendoli.

Nel frattempo sale al potere un nuovo Sufeta, Asdrubale.

Egli aspira al ripristino della totale autorità del Sufeta, rifacendosi molto ad Annibale.

Per questo entrerà in contrasto con le camere.

Siamo nel 940 v.A.

La situazione divampa tra le camere e il Sufeta.

Dopo anni passati a cercare alleati tra i vertici dello stato punico, le fazioni scendono in guerra civile, con la cacciata di Asdrubale da Annibalica.

Dopo qualche successo iniziare, la coalizione oligarchica mette alle strette Asdrubale.

Egli infatti è di indole aggressiva e arrogante e questo gli aveva impedito di ottenere molti alleati. La maggior parte dei generali, dei governatori di città e tribù che gli avevano promesso fedeltà si schierano con l'oligarchia.

Costretto alla fuga in Tracia egli, disposto a tutto pur di raggiungere i suoi scopi, chiede aiuto a Diodoto III, re dell'Impero Battriano.

Diodoto coglie l'occasione e gli manda un grande esercito, in cambio chiede di poter conquistare la penisola balcanica e l'Egitto, che gli vengono accordate. Raduna le sue temute milizie, e manda la sua potente flotta ad attaccare Cipro e altre basi dei punici.

Intanto invita i neoromani ad approfittare della situazione.

La situazione è grave per la coalizione oligarchica, tuttavia le camere sono composte da uomini colti e sapienti, così viene trovata una soluzione.

Il Senato sa che Diodoto usa la flotta come esca per evitare che la flotta punica impedisca lo sbarco del suo esercito in Macedonia, tuttavia sono costretti a dar battaglia ai battriani in mare, non possono perdere il controllo del Mediterraneo.

Così viene stabilito di mandare una flottiglia a difesa della Calcidica, dove è previsto lo sbarco dei battriani, numerosi e pesantemente armati.

Siamo nel 943 v.A.

Con il suo nuovo esercito, Asdrubale marcia verso la Pannonia, tendendo un'imboscata ai nemici e sconfiggendoli.

I neoromani intanto hanno preparato diverse legioni e attaccano la Grande Muraglia Europea.

Le tribù e i punici respingono con fatica il primo assalto.

Tuttavia alcuni alleati dei neoromani approfittano della situazione per tradirli ed attaccare.

Le legioni si ritirano dalla muraglia in fretta e furia, comincia la guerra sociale.

Intanto il tentato sbarco in Calcidica dell'armata orientale porta allo sterminio totale dell'esercito orientale.

Infatti i punici hanno utilizzato un'arma segreta che tenevano da parte per situazioni di bisogno estremo: il fuoco greco.

Intanto le spie puniche scoprono che a guidare l'esercito battriano verso l'Egitto è un certo Agatocle, molto popolare fra i soldati, carismatico e ambiziosissimo.

Alle porte dell'Egitto degli emissari punici incontrano Agatocle.

Lo corrompono con cento barili pieni d'oro. Glene offrono altri cento nel caso in cui torni indietro e usi il suo esercito per crearsi un regno tutto suo, assicurando il supporto di Annibalica.

Agatocle accetta.

Torna nell'impero, attacca a sorpresa la Palestina, la Siria e la Turchia. In breve tempo costituisce il suo regno, il Regno Greco-Siriano. Egli infatti dichiara di discendere da Seleuco.

Diodoto gli muove subito guerra, senza risultati.

Siamo nel 946 v.A.

Rientrato in Italia, Asdrubale viene duramente sconfitto vicino a Venezia, e preso prigioniero.

Verrà pubblicamente giustiziato, e verrà proclamata festa nazionale.

Il Senato, affiancato dall'Assemblea delle Professioni, comincia la riforma dello stato punico.

La dinastia dei Barca perdere il diritto alla carica di Sufeta, il leader della stirpe potrà mantenere il titolo di “Erede di Annibale”, il Sufeta diventa un'alta carica eletta dal Senato, che presiede alle sue attività e media tra esso e l'Assemblea.

Così lo stato punico diventa una sorta di monarchia costituzionale.

Intanto la guerra tra Diodoto e Agatocle termina, Diodoto riconosce il nuovo regno di Agatocle, Agatocle dovrà svolgere un atto puramente formale di vassallaggio all'imperatore.

L'impero battriano aveva risolto da tempo il problema dei satrapi nominando solo eunuchi.

Siamo nel 974 v.A.

La guerra civile è terminata da tempo, eppure da qualche parte si accusa il Senato di aver fomentato la guerra civile per impadronirsi del potere, si vuole il legittimo ritorno al potere del Sufeta.

Il dissenso serpeggia ovunque.

Quando ad Annibalica si raduna una folla che chiede a gran voce la reintegrazione del vero Sufeta questi vengono trucidati sul posto.

La notizia si sparge ai quattro angoli dello stato, in molte parti dell'Impero scoppiano tumulti. Il Sufeta era una figura amata dal popolo, incarnava l'eroe Annibale. Questi disordini iniziali vengono soffocati con poco.

Infine avviene ciò che ad Annibalica più si temeva.

Numerose colonie sulla costa occidentale del continente americano si ribellano al Senato, invitando l'Erede di Annibale a venire a regnare su di loro. Nasce così il Regno delle Colonie Unite, che comprende le colonie poste sulla costa posta tra gli odierni Cile e il Canda.

Mentre attendono l'arrivo del loro re, viene nominata reggente Wekesa, originaria di una colonia africana già governatrice della maggiore colonia punica del Mesoamerica, che diventa la capitale.

Subito le colonie cercano l'appoggio delle popolazioni vicine e delle altre colonie.

Ovunque ricevono cauti rifiuti che non intaccano le relazioni diplomatiche, tranne nel Mesoamerica dove, grazie al carisma di Wekesa, tutti i popoli e le colonie affiancano il regno ribelle.

La situazione viene presa molto sul serio ad Annibalica.

I Barca vengono segregati e tenuti sotto osservazione continua.

Viene nominato nel Senato un comando strategico, guidato da un certo Vercassivelauno, di origini britanniche, con il compito di recuperare le colonie che si insedia nella Bassa California, rimasta fedele. Il comando fortifica la proprie posizioni mentre aspetta l'arrivo dell'esercito e delle flotta.

All'epoca le flotte e le truppe che agivano nei mari o terre coloniali erano sotto la giurisdizione o di un ufficio nel capoluogo di provincia che seguiva le direttive di Annibalica, o affidate alle singole colonie con i loro uffici.

Mettendo insieme le loro flotte e le loro guarnigioni le colonie ribelli mettono insieme una forza notevole.

Weseka vuole distruggere i lealisti prima dell'arrivo dei rinforzi da Annibalica.

Lo scontro avviene a largo della Bassa California.

La battaglia è incredibilmente violenta, le forze nemiche si equivalgono.

Weseka riesce con un tranello ad aprire un varco nel centro dello schieramento lealista.

Quando Vercassivelauno è sul punto di soccombere, arriva un aiuto inaspettato: i nipponici.

Sapendo della difficile situazione in cui versavano i loro amici, avevano subito inviato la loro flotta attiva nella zona. Grazie ai samurai-marinai dell'imperatore i ribelli vengono respinti, forti perdite per entrambi gli schieramenti.

I ribelli non prendono bene la sconfitta, ma Weseka evita che disertino in massa.

Le colonie si riorganizzano per colpire ancora.

Intanto, con il supporto dei nipponici e dei pellerossa, i lealisti attaccano le colonie ribelli a nord, più vulnerabili. Molte si arrendono subito, altre si arrendono anche se qualche irriducibile combatte, altre ancora resistono in nome del Sufeta. I pellerossa vengono premiati col dono di diverse mandrie, tante conoscenze utili al loro stile di vita, alberi da frutto provenienti dall'Europa, infine si ritirano dalla guerra.

Siamo nel 976 v.A.

I rinforzi punici arrivano nel continente.

Vercassivelauno prepara una grande offensiva contro i popoli della Mesoamerica.

I ribelli si preparano a difendersi dai lealisti.

Intanto le rivolte si diffondono anche in alcune colonie dell'Oceano Indiano, che però vengono prontamente soffocate.

Intanto Weseka, compie qualcosa di incredibile.

Dopo aver lasciato ai suoi sottoposti direttive precise, con un pugno di fedelissimi prende il mare e arriva ad Annibalica.

Lì con i suoi uomini riesce incredibilmente a prendere in ostaggio il Sufeta eletto dal Senato.

Chiede al Senato come riscatto il rilascio e salvacondotto in America per l'Erede di Annibale, Giscone.

Il Senato acconsente.

Weseka fa in modo che la notizia dello scambio si diffonda.

Questo provoca molto malumore e disprezzo nei confronti del Senato. Un'altra ondata di rivolte cittadine e ammutinamenti vari sconvolge l'impero.

I neoromani approfittando della difficile situazione nemica assaltano la Muraglia ma, grazie all'oro punico, devono far fronte a una seconda guerra sociale.

Siamo nel 978 v.A.

Giscone è arrivato nel suo regno, e ha sposato Weseka che continua a tenere le redini del potere.

Nonostante ciò la situazione per i ribelli è tutt'altro che semplice.

La flotta nippo-punica sta attaccando flotta dopo flotta, città dopo città.

I ribelli sconfiggono e respingono varie volte i lealisti, ma i popoli del Mesoamerica, che già avevano fallito cercando di espandersi a danno dei pellerossa, perdono terreno.

Nonostante i ribelli abbiano armato i nativi con armi da fuoco moderne questi vengono spazzati via da una nuova invenzione bellica, il cannone.

Tuttavia l'Impero è dissanguato dai continui ammutinamenti e rivolte.

In Iberia, in Irlanda, in Germania, in Madagascar e nell'arcipelago caraibico la popolazione insorta trova la solidarietà tra i soldati così quei territori si staccano dello stato punico e si dichiarano parte del regno del Sufeta. Il Senato reagisce anche lì con forza.

I battriani vogliono approfittarne e provano a conquistare l'Egitto passando dall'Arabia. Ancora una volta verranno massacrati dal fuoco greco.

Siamo nel 984 v.A.

La ribellione in America volge alla fine.

La guerra con gli indigeni del Mesoamerica è stata cruenta, la loro resistenza ostinata, e la guerra con loro è diventata una guerra di sterminio, attuata con cannone e fuoco greco.

Dopo diverse sconfitte, i lealisti hanno riconquistato tutte le colonie ribelli e stretto l'assedio intorno alla capitale del Regno delle Colonie Unite.

Le sue mura possenti non la possono proteggere dai cannoni che le sbriciolano.

La città viene rasa al suolo e i suoi abitanti passati a fil di spada, anche lo stesso Giscone.

Weseka non venne mai trovata, si dice che lasciò cadere la città per portare in salvo la stirpe dei Barca che cresceva nel suo grembo.

Vercassivelauno ordina subito la ricostruzione della città e annette la Mesoamerica all'Impero.

I nipponici vengono ricompensati con oro, privilegi commerciali e il possesso di qualche isola strategica.

La caduta del Regno non fermò l'ondata di insurrezioni e malcontento che dilagavano nell'impero.

Così il Senato decide di restituire formalmente la carica di Sufeta ai Barca, dando al capofamiglia potere di rappresentanza dello stato.

Viene creata la carica di Alto Consigliere, che esercita tutte le funzioni politiche del Sufeta.

La restituzione del titolo ai Barca calma gli animi e mette fine a quell'ondata di rivolte che avevano messo l'impero in ginocchio per sette anni, le province insorte combatteranno ancora ma poi deporranno le armi anche grazie all'intervento del nuovo Sufeta, che spesso andrà personalmente dai suoi sostenitori a chiedere la loro resa. Il Senato proclamerà l'amnistia generale.

Verrà inoltre abolita la festa nazionale per la sconfitta di Asdrubale.

Viene inoltre privilegiato lo studio di popoli e culture diverse per accedere a cariche governative, sperando che ciò che è avvenuto in Mesoamerica non si ripeta più.

Siamo nel 987 v.A.

Agatocle muore. Il regno da lui costruito si sbriciola subito e i suoi generali si fanno la guerra per ciò che ne resta.

Diodoto III, vecchio ma ancora in vita, coglie subito l'occasione e si riappropria dei territori perduti, imponendo la sottomissione ai generali. Così si riappropria dei territori che erano stati suoi prima della guerra coi punici.

Mentre prepara una seconda guerra contro i punici muore.

Va al potere il figlio Diodoto IV.

Egli è un sovrano che ama la cultura, l'arte, l'architettura e la pace. Non desidera la guerra di suo padre, e inoltre deve affrontare gli attacchi di molti popoli nomadi alle province orientali del suo impero.

La difesa dei suoi possedimenti lo porta a conquistare territori ad est, avvicinandosi alla Cina.

In quel momento la tensione sale parecchio nel mondo, poiché i punici sono alleati dei cinesi, e i battriani sono sostenuti dai neoromani.

Siamo nel 991 v.A.

Non sopportando l'idea di essere il sovrano che condurrà il suo impero nella guerra più tremenda della storia, Diodoto forza le parti a un incontro.

Così cinesi, punici, battriani e neoromani si trovano seduti allo stesso tavolo.

Sotto gli sforzi notevoli di Diodoto, che talvolta è costretto a ricorrere a minacce e mercanteggi, viene stillato un accordo che rasserena la panoramica mondiale.

Tutte le nazioni si impegnano a rispettare un tregua settantennale.

Accordi commerciali vengono stabili tra cinesi, battriani e punici. I neoromani se ne astengono, incrinando le relazioni con l'impero orientali.

È comunque un momento storico: è il primo accordo concluso tra punici e neoromani.

Infine Diodoto progetterà una grandiosa capitale sul Mar Caspio: Diodotia.

Faro mondiale capace di rivaleggiare persino con Annibalica.

Tante altre città verranno costruite sotto il suo regno, l'economia crescerà, e sotto Diodoto la cultura fiorirà come non mai, tanto quanto la guerra fermentava sotto il padre, un vero periodo d'oro grazie alla riapertura delle frontiere per i punici e il confronto culturale.

Grande sarà l'incontro col buddismo greco.

Intanto una nuova ondata di migrazioni sconvolge la Cina.

L'imperatore, ricevuti rinforzi dai punici, marcia contro questi popoli e li sconfigge, costringendoli a sottomettersi. Conquista così vasti territori fra cui la Manciuria e la Mongolia interna.

La tregua settantennale comunque viene rispettata, e porta benefici a tutti.

Inizia inoltre un vivacissimo commercio tra l'impero neoromano e quello battriano, visto che i neoromani hanno da poco conquistato i territori a nord del Caucaso, arrivando a condividere i confini coi loro alleati, arricchendo molto la repubblica.

Non avviene tuttavia uno scambio culturale, vista la chiusura mentale e sociale neoromana, nessuna contaminazione dei costumi.

Durante la tregua si crea un clima di distensione: i punici sono presi dai loro commerci, i neoromani dei popoli della steppa che emigrano dalla Siberia, i cinesi dai nuovi territori conquistati, i battriani dalla grande costruzione di città e traffici.

Dopo cinquant'anni di tregua Diodoto riconvoca le parti, e con la stessa tenacia ed eloquenza della prima volta, assicura altri settant'anni di pace.

Inoltre convince i punici e i neoromani ad avviare scambi commerciali, che avvengano in una città battriana strettamente sorvegliata vicino al Caucaso.

Inoltre Diodoto crea un organo di consiglio simile al Senato che lo assista nel governo, e gli da potere di esautorare il re e nominarne un altro nel caso venga verificato che egli sia pazzo.

Crea un sistema che favorisca il sincretismo e l'armonia culturale come quello punico, ed è seguito a ruota dall'imperatore Han.

Siamo nel 1150 v.A.

Ora da entrambi gli schieramenti si è persa la volontà della guerra.

La tregua prolungata ha spento gli animi, anche se una certa avversione rimane fra punici e neoromani.

In questo periodo Annibalica ha conquistato la penisola siberiana del Kamcatka.

Grande Roma ha completato la conquista del Bassopiano Sarmatico e ha cominciato la penetrazione in Siberia.

Luoyang ha annesso il Tibet,approfittando della sua divisione interna, e l'Indocina, accordandosi con i nipponici e cedendo loro la penisola malese in cambio di Taiwan.

I nipponici si sono appena ripresi da una devastante guerra civile fra i due clan nei quali si era divisa la casata reale. Una ha per simbolo una tigre bianca e l'altra una tigre blu, così la guerra è detta delle “Due Tigri”. Annibalica ha rispettato il desiderio degli alleati di tenersi fuori dalle loro vicende, e la guerra ha portato allo sterminio dei due clan come di molti altri, alla fine è salito al potere il Clan Hojo, imparentato alla lontana con le Due Tigri.

Dopo una ventennale guerra civile gli Hojo, ottimi governatori, riorganizzano il paese: ricostruiscono le città e ripopolano le campagne, inoltre riorganizzano completamente la legislazione del paese, rendendola più uniforme e paritaria. Eccellenti costruttori, edificano una nuova capitale, Hojo.

Diodotia ha completato la conquista dell'India.

A causa di nuove emigrazioni di popoli delle steppe i quattro stati si coalizzano per sconfiggerli e cacciarli.

Queste orde mettono a dura prova i potenti eserciti dei quattro imperi, infatti queste orde per diverso tempo si erano trattenute dalle migrazioni, sapendo che avrebbero dovuto fare i conti con imperi potenti, ma alla fine le esigenze demografiche sono prevalse.

Per coordinare meglio le forze belliche viene fondata, sotto la mediazione del nuovo re battriano, la Lega dei Quattro Imperi.

Nel tempo di pace sono stati numerosi gli avanzamenti tecnologici, ora a livello di quella che si avrebbe in Occidente con l'età moderna.

Grazie ai trattati commerciali nel mondo si avvia il processo di “punismo”, tranne che nell'impero neoromano, sempre in continuo rinnovamento grazie al sincretismo e arricchimento cercato da esso.

La cultura punica comincia quindi a creare un mosaico armonico e pacifico mondiale, grazie alla sua volontà di mescolare i popoli e creare qualcosa di nuovo.

Il Naturismo diventa la religione con più accoliti in Asia.

Tutti gli imperi completano la loro grande urbanizzazione.

Siamo nei primi anni del 15° secolo v.A.

Molti accordi sono stati fatti accordi tra impero punico, impero battriano, impero cinese e impero nipponico per studiare una strategia comune e ridurre ulteriormente il potere della nobiltà, e in generale i governi dei quattro imperi si offrono mutua assistenza in caso di sconvolgimenti interni.

I punici e i nipponici si spartiscono le isole nell'Artico, i punici occupano l'isola di Severnyj, davanti ai possedimenti neoromani.

Intanto i punici devono intervenire in Egitto, dove una rivolta popolare ha rovesciato il loro re fantoccio. Alla fine decidono di incorporare l'Egitto nella realtà punica: restituiscono al faraone il potere, e offrono seggi in Senato a qualche nobile egizio.

Vengono così organizzate numerose missioni per esplorare l'Africa, queste spedizioni permettono di comprendere meglio i popoli che la abitano e favorire i rapporti tra colonie puniche sulla costa e popolazioni dell'entroterra. Alla fine i punici ottengono il permesso di costruire strade che colleghino le colonie e l'inizio di traffici commerciali anche all'interno del continente.

Nel frattempo in Cina Temujin, futuro Gengis Khan, ha assunto il comando di tutte le popolazioni non cinesi ancora non sinizzate, concentrate generalmente nel nord ovest del paese, e altre che sono state sottomesse e ancora non assimilate dai battriani e cinesi.

Infatti tutte queste popolazioni nomadi si sentono assediate dalla civiltà e minacciate le loro tradizioni. Egli riunisce tutti questi popoli in Mongolia esterna, i suoi possedimenti, creando l'armata più numerosa e micidiale della storia.

Battriani e cinesi fiutano il pericolo ma non fanno in tempo ad unire le forze.

Gengis Khan ha appena iniziato la calata in Cina.

L'impero viene travolto, i suoi eserciti spazzati via come grano al vento, i saccheggi, distruzioni e massacri sono incommensurabili.

Luoyang viene rasa al suolo e i suoi abitanti trucidati.

L'imperatore Li Han, con l'aiuto di punici, riesce a fuggire dalla capitale portando con sé la famiglia, i vertici dello stato e il contenuto di tutta la biblioteca imperiale, si rifugia in Indocina con un pugno di fedelissimi. Lì cerca di organizzare una controffensiva.

Temujin, credendo di non poter creare un dominio stabile in Cina con l'imperatore Han vivo, divide in due l'esercito: una parte completerà la conquista della Cina, l'altra, guidata da lui, darà la caccia all'imperatore.

Così Temujin dilaga in Indocina.

Li Han viene ancora una volta salvato dai punici che lo portano a Taiwan, dove egli cerca di fomentare ribellioni e di mantenere il controllo delle terre che gli sono rimaste.

Allora Gengis Khan consolida le sue conquiste che affida al primogenito con la missione di mettere le mani su Li Han, riunisce l'esercito e mette a ferro e fuoco il nord dell'India, sconfiggendo più volte in battaglia i battriani. Gli indiani insorgono e si dividono dal morente impero battriano dando vita a tante repubbliche locali.

Intanto in Cina il figlio di Temujin requisisce tutta la flotta cinese e prepara in gran segreto l'invasione di Taiwan. Intanto reprime nel sangue le rivolte esplose in Cina, vorrebbe assediare e distruggere le colonie puniche e nipponiche ma queste sono state pesantemente fortificate e lui non può sprecare uomini.

I mongoli intanto, dopo aver ulteriormente sconfitto l'impero battriano annettono tutti i suoi territori tra la Siberia e l'India.

Temujin passa si ferma lì circa un anno, tempo di consolidare le conquiste e distribuire terre a chi vuole stabilirsi lì, e poi riprende le conquiste.

Siamo nel 1420 v.A.

L'imperatore battriano implora l'aiuto del Senato ma questo glielo nega, temendo per le colonie sparse nei possedimenti mongolici, inimicandosi così la casata reale battriana. Così egli cerca la pace con i Mongoli, ma questi non sono disposti a trattare e attaccano la Persia.

Intanto il figlio di Temujin ha messo insieme la flotta più potente del Pacifico, così prende il comando delle navi e attacca a sorpresa Taiwan.

Così a largo dell'isola di Taiwan avviene la battaglia navale più violenta della storia.

I nippo-punici vengono decimati dalla flotta mongolica, e in un primo momento sembrano sul punto di essere sconfitti, ma grazie all'arrivo di rinforzi riescono a respingere e a infliggere perdite pesanti ai nemici.

Il figlio di Temujin, furioso, vedendo che la flotta nemica rimane a guardia dell'isola decide di far vela verso il Giappone e vendicarsi, visto che gli rimane ancora una forza notevole.

La flotta a difesa dello stesso Giappone è stata ridotta all'osso per difendere i possedimenti messi in pericolo dai mongoli.

I nipponici verranno salvati grazie ai punici perché i mongoli verranno avvistati dalle colonie puniche, e così quando questi cominceranno lo sbarco su Honshu, troveranno ad aspettarli un esercito nippo-punico e la flotta nipponica e coloniale che attaccheranno alle spalle quella nemica.

I mongoli si trovano quindi stritolati: a terra non avranno il tempo di schierare gli uomini e non avranno abbastanza prontezza per reagire alla flotta, vengono quindi sterminati dal primo all'ultimo.

Grande è la gioia dei nipponici, che hanno rischiato di vedere la distruzione della loro patria.

Siamo nel 1430 v.A.

Dopo una difficile conquista della Persia, dove la capitale Diodotia è stata rasa al suolo, i mongoli sono dilagati in Mesopotamia e Arabia.

I resti dell'impero batrianno, Anatolia, la costa siriana e Palestina, diventa un stato vassallo dei mongoli.

Temujin intanto risale verso il Caucaso.

In Cina, alla notizia della sconfitta a largo di Taiwan, e della morte del figlio di Temujin, scoppiano nuove ribellioni.

Il panico e l'incapacità di reagire si diffondono tra i vertici mongoli. Scoppia una guerra civile tra i nomadi per il dominio sul paese.

Intanto i neoromani,che avevano radunato TUTTE le loro legioni a nord del Caucaso per difendersi, vengono sterminati in una grandiosa battaglia dai Mongoli che erano riusciti ad accerchiarli.

Dopo altre sconfitte, neoromani sono costretti a piegarsi e a diventare uno stato vassallo, perdendo tutti i territori eccetto la Scandinavia, i paesi baltici e l'odierna Bielorussia, i mongoli inoltre hanno occupato la Crimea.

Gengis Khan, saputa cosa sta succedendo in Cina, vuole vendicarsi dei punici e assalta la Grande Muraglia Europea.

Con grande difficoltà riesce ad aprire una breccia e a dilagare oltre.

Subito il terrore dilaga nell'Europa punica, vista la fama dei mongoli, ma i generali riescono a infondere la risolutezza nei loro soldati, così, grazie alla conoscenza del territorio, i mongoli vengono sconfitti e respinti sui monti Carpazi, dove vengono assediati dai punici.

Dato che Temujin ha ancora un esercito temibile e pericoloso, il Senato preferisce trattare. Egli ottiene un salvacondotto per sé e per il suo esercito verso il Bassopiano Sarmatico in cambio di un impegno a non attaccare mai né i possedimenti punici, né le sue colonie.

Gengis Khan decide di fare ritorno in Cina, passando per la Siberia fa ulteriori conquiste.

Il Senato organizza personalmente la riparazione della Muraglia e ordina la costruzione di una seconda cinta muraria.

Siamo nel 1440 v.A.

Viste le numerose rivolte in Cina contro i mongoli, Li Han decide di tornare nel suo paese.

Sbarca in Indocina e alla testa di un esercito formato prevalentemente da volontari riconquista la penisola, e si impadronisce di tutti i territori a sud del fiume Giallo senza incontrare resistenza.

Poi, constatando l'incapacità mongola di reagire, ottiene rinforzi e comincia una pesante offensiva verso nord, riconquistando la Manciuria e la Mongolia interna ed esterna orientale.

In breve tempo ricostruisce lo stato, grazie al fatto che l'amministrazione locale era stata mantenuta, che i vertici dello stato si erano salvati, che la conoscenza della biblioteca imperiale non era andata perduta, e infine grazie al supporto logistico e militare nippo-punico.

Fa ricostruire Luoyang. Convoca ambasciatori punici e nipponici.

Ai nipponici restituisce la penisola malese e per l'aiuto dato dona loro il resto della penisola coreana, ai punici invece cede l'isola di Hainan.

Già prima il legame fra i popoli era saldo, ma ora punici, cinesi e nipponici sono legati come fratelli.

Li Han prepara una terza spedizione per riprendersi l'ovest del suo impero: conquista diversi territori che oggi corrisponderebbero ai paesi tra India e Indocina e India nordorientale tra Bangladesh e Myanmar, poi risale l'altopiano tibetano che libera senza molte difficoltà.

Nel frattempo rientra in Cina Gengis Khan con il suo esercito, dopo aver conquistato la Siberia occidentale, fermandosi al lago Bajkal.

Li Han e Temujin si scontrano nella Battaglia del Fiume Tarim.

Li Han era impreparato al ritorno di Temujin ed è costretto a riparare in Tibet.

Nonostante la vittoria, l'“Alessandro Magno dei nomadi” non ha abbastanza forze per iniziare una campagna di riconquista della Cina, sia perché è troppo vecchio sia perché il suo esercito, seppur forte, è stato decimato dalle campagne di Gengis Khan.

Così scendono a patti: Li Han può tenere tutte le terre che ha conquistato ma deve rinunciare a tutte le terre a nord del Tibet, Mongolia occidentale compresa.

Entrambi riconoscono l'autorità dell'altro e gli Han dovranno versare un tributo annuale.

Dopo l'accordo Temugin si ritira a Battra, che rende capitale dell'impero mongolo.

Nonostante i vari rovesci, Gengis Khan ha realizzato il sogno dei nomadi: i nomadi hanno sconfitto la civiltà e ottenuto l'impero più grande mai esistito.

Morirà poco dopo. Alla dipartita del più grande conquistatore della storia l'impero mongolo si estende dalla Siria all'Indocina, dal Caucaso al Tibet, dalla Grande Muraglia Europea al lago Bajkal.

Essendo i suoi figli morti in guerra, l'impero passa al nipote Qubilay.

Questo provvede a consolidare impero, frontiere, amministrazione e avvia una grande opera di urbanizzazione necessaria per tenere in piedi un impero così vasto, sfruttando molto il mar Caspio come via di comunicazione. Mette ai vertici dall'impero capi mongoli.

Siamo nel 1455 v.A.

Qubilay prepara una grande spedizione per conquistare il resto dell'India, i punici lo scoprono e in fretta avvisano gli alleati.

Superati i monti Satpura, che dividono l'India libera dall'India mongola, si trova davanti una potente armata composta da punici, cinesi e nipponici.

La battaglia che ne segue è senza vincitori né vinti ma Qubilay viene obbligato a riconoscere l'indipendenza degli stati indiani e a sollevare la Cina dal tributo.

Lo spavento per l'arrivo dei mongoli ha comunque lasciato segno e gli starerelli indiani decidono di unirsi in una grande confederazione capace di proteggere tutti. Nasce così la prima nazione federata del mondo.

Siamo nel 17° secolo v.A.

Vicino alla morte, per evitare guerre civili Qubilay aveva esiliato i suoi figli in un'isoletta del Caspio e dichiarato erede il figlio Temur.

Appena succede al padre, Temur deve soffocare sparse in tutto l'impero e ci metterà diversi anni.

Sconfiggerà anche i cinesi che avevano approfittato del momento di crisi per attaccare la Mongolia occidentale.

Renderà più efficace l'amministrazione e cercherà la riconciliazione con punici, cinesi e nipponici e la otterrà in parte avviando rapporti commerciali.

Quando Temur muore senza figli gli succede Khayishan.

Ancora una volta scoppiano rivolte, ancora più dure di quelle precedenti.

Khayishan deve passare in guerra quasi tutto il suo regno, nonostante non abbia un'indole bellicosa.

L'impero è in un momento di grande vulnerabilità e si ritrova coinvolto in tante guerre che lo costringono a cedere terreno.

I battriani riconquistano la Siria, la Mesopotamia, il Caucaso, arrivando fino alle coste del Caspio.

Viene ricostruita Diodotia.

A prezzo elevato, gli indiani cacciano i mongoli verso il Kashmir.

I neoromani riconquistano i territori persi fino al Rialto Centrale(russo) e riprendono i commerci con i battriani

I cinesi vengono di nuovo respinti dalla Mongolia occidentale.

Khayishan prepara una controffensiva mongolica la cui voce si sparge diffondendo terrore ovunque.

Spaventati a morte dall'idea di ritornare vassalli, i neoromani liberano i nipoti di Qubilay, figli di quei figli che vennero esiliati da lui stesso.

Questi, alleati fra loro, quando arrivano nell'impero sfruttano il malcontento nei vertici imperiali verso Khayishan per scatenare una guerra civile.

Subito la Cina ne approfitterà per assaltare la Mongolia occidentale e i territori persi a nord del Tibet.

Siamo nel 18° secolo v.A.

Ormai la tecnologia diffusa è pari a quella dell'età contemporanea.

I punici hanno sconfitto una confederazione di popoli nel Sud America che ha cercato di cacciarli dal continente.

Si era infatti diffuso una sorta di nazionalismo sudamericano, ma il Senato saggiamente non chiede riparazioni territoriali ai popoli così i questi capisco che i punici non desiderano le loro terre, e il nazionalismo si smorza, lasciando posto nuovamente all'amicizia tra i popoli caratteristica della cultura punica.

Nel frattempo, dopo tradimenti e rovesci innumerevoli, l'impero mongolo è stato distrutto.

L'unica cosa rimasta sono i suoi possedimenti in Siberia divisi pacificamente tra tutti i popoli che componevano i Mongoli, nati come confederazione nomade.

I neoromani hanno riconquistato il resto del bassopiano.

I neoromani inoltre rivendicano il possesso della Siberia, ma trovano la rivalità dei nipponici che dalla costa orientale sono penetrati nell'entroterra, e nei cinesi che anche loro vorrebbero espandersi.

I battriani hanno riconquistato quasi tutti i loro possedimenti persi, senza l'India.

Tuttavia sorgono delle controversie politiche.

Innanzitutto Diodotia vorrebbe riprendersi l'India, e si contende con Luoyang il possesso della regione intorno al lago Balqas. Inoltre tra il Kashmir e l'odierno Kirghizistan è rimasto in piedi un regno di origine mongolica sinizzato e vassallo della Cina.

In più i battriani, appreso quanto sia grande l'Africa, vorrebbero espandersi lì ma sono bloccati dall'Egitto in mano punica.

Intanto l'impero battriano, cinese e nipponico hanno creato organi simili al Senato punico, i Consigli.

L'influenza punica con il suo sincretismo culturale arriva dove non arriverebbero nemmeno le guerre.

La riconquista del bassopiano è stata difficile per i neoromani, ciò ha riacceso facilmente quel nazionalismo che era stato mitigato con quasi un secolo e mezzo.

Cominciano quindi ad accusare i punici di aver avuto l'occasione di annientare Gengis Khan ma di non averla colta perché volevano che i neoromani rimanessero nel fango, e di aver lasciato il mondo in balia dei mongoli. Per sobillare i battriani recriminano loro di aver abbandonato l'impero alla mercé dei nomadi.

Siamo nel 1872 v.A.

Il mondo ormai è completamente conosciuto.

Viene organizzata una conferenza di pace a Nuova Delhi, costruita sulle ceneri della città rasa al suolo dai mongoli.

I punici premono da entrambe le parti perché si segua la via della pace e del rispetto che aveva guidato gli imperi per tanti anni.

I punici per rinsaldare i rapporti coi battriani offrono loro la mano della figlia del Sufeta all'imperatore.

I battriani accettano ma ciò non basta a mettere fine alle loro pretese.

La conferenza comunque serve a poco, ma nessuno degli schieramenti ha il coraggio di iniziare la guerra, anche se negli imperi viene iniziata la corsa all'armamento, ormai al livello del nostra tecnologia nel millenovecento.

La situazione rimane impantanata principalmente perché l'impero battriano resta non allineato.

Nel corso di un secolo le cose tuttavia cambiano notevolmente, infatti nella corte erano stati accolti potenti neoromani della gens fabia, la più potente a Grande Roma, che nel corso del tempo creano una loro fazione che aveva preso il controllo dei vertici imperiali.

Nel 1964 v.A. Muore l'imperatore Diodoto VIII senza figli, designando erede Publio Fabio Gracco, leader della fazione neoromana. Publio ordina la costruzione di una gigantesca catena tra Persia e Arabia, che chiude il Golfo Persico.

La paura in tutto il mondo sale e sette anni dopo, in seguito a grandi preparazioni e studi bellici, la grande tragedia che si paventava.

Siamo nel 1971 v.A. (1769 d.C.)

Scoppia la guerra mondiale, i neoromani e battriani attaccano a sorpresa.

Tutti credevano che sarebbe durata pochi mesi, eserciti così potenti si sarebbero distrutti a vicenda in breve tempo ma invece non va così.

I battriani lanciano una pesante offensiva in Egitto e attaccano le colonie puniche sul loro territorio. Inizia così il fronte egiziano.

I battriani restano sulla difensiva in Asia, per via delle loro ottime difese naturali, tranne nella regione del lago Balqas, dove lanciano una violenta offensiva che gli fa guadagnare avamposti montani molto vantaggiosi. Inizia così il fronte asiatico

I battriani, in gran numero e ottimamente armati sbarcano a sorpresa in Tracia, dove vengono fermati dagli avamposti militari punici. Inizia così il fronte tracico.

I neoromani assaltano la Muraglia, iniziando così il fronte europeo.

I neoromani inoltre penetrano in Siberia, massacrando le popolazioni nomadi, dove si scontrano con i nippo-cinesi.

Nel frattempo nell'impero punico si scatena la “Mano Rossa” una setta di fanatici neoromani infiltati nel corso degli anni gradualmente nell'impero, questi organizzano continui attentati e sabotaggi ben mirati che debilitano non poco i punici.

Siamo nel 1975 v.A.

In quattro anni di spargimenti di sangue terrificante quasi nulla è cambiato.

Le colonie puniche in terra battriana vengono distrutte sistematicamente una dopo l'altra.

Gli alleati(punici, cinesi,indiani,nipponici) hanno posto i due imperi centrali sotto un embargo commerciale che colpisce duramente l'economia mondiale.

I neoromani sono stati ricacciati sugli Urali, dove difendono la posizione con tenacia.

La Muraglia Europea è stata sfondata nella zona del fiume Oder, la parte più vulnerabile, ma i punici sono riusciti a stabilire una linea di difesa sull'affluente sinistro dell'Oder.

Diversi sbarchi neoromani vengono prontamente sventati dalla flotta punica e diversi sbarchi nippo-punici vengono respinti da terra.

Siamo nel 1983 v.A.

Dopo molti anni di guerra impantanata le cose cambiano.

Ormai le colonie puniche in territorio nemico sono state evacuate o distrutte.

Grazie all'invenzione del lanciafiamme e alla paura che genera, il fronte tracico viene sfondato dai battriani, che tentano di prendere alle spalle la Muraglia Europea tuttavia vengono fermati dai punici sul Danubio.

Il fronte egiziano è stato sfondato dai punici che sono arrivano fino alla Mesopotamia.

I battriani intanto hanno avviato un'offensiva e stanno conquistando l'India occidentale.

I neoromani hanno avviato un'offensiva in Siberia attaccando cinesi e nipponici sul loro stesso territorio.

Sperimentano il gas tossico e lo usano sui popoli nomadi finiti sotto il loro potere.

Un genocidio che costa la vita a sette milioni di persone.

I punici hanno ricacciato i neoromani oltre la Muraglia.

Siamo nel 1985 v.A.

Publio Gracco muore. Il Consiglio dovrebbe nominare re il pronipote di Diodoto, ma la fazione neoromana organizza un colpo di stato, deponendo e imprigionando il Consiglio e trucidando la famiglia reale.

La notizia trapela e in breve tutto l'impero prende coscienza delle macchinazioni e manipolazioni neoromane a corte, causando un grande odio per questi.

La popolazione insorge mettendo in fuga la fazione neoromana, liberando il Consiglio che si incarica di assolvere le funzioni del re.

Il Consiglio intavola subito i trattati di pace con gli alleati.

Il Senato sovrintende alle operazioni, mitigando la linea dei suoi alleati.

Infatti si rende conto che con il nazionalismo che si è diffuso, questo deve essere mitigato per poter ricostruire il mondo e l'armonia dopo la guerra.

Viene firmata la pace, tolto l'embargo e riaperti i commerci.

I battriani dovranno inoltre partecipare alla guerra contro i neoromani, e ne sono ben felici.

Tutto l'odio del mondo si concentra sui neoromani.

I neoromani tuttavia hanno la pelle dura e riescono a resistere in Asia grazie alla mobilitazione totale.

Tuttavia il fronte europeo viene sfondato dai punici, grazie all'invenzione del carro armato.

Siamo nel 1986 v.A.

La Scandinavia è stata sottratta ai neoromani e assegnata alle tribù da essi sottomesse.

La via per Grande Roma sembra spianata ma i punici vengono bloccati sulla regione dei laghi.

Intanto i punici avanzano e conquistano l'Ucraina ma vengono cacciati dai paesi baltici.

Dal Caucaso un esercito congiunto di battriani e punici sottrae tutti i territori tra il Volga e il Rialto Centrale. I neoromani resistono a battriani, cinesi e nipponici sugli Urali.

La guerra diventa uno sterminio dell'intera popolazione neoromana, imbevuta del vecchio fanatismo e xenofobia, poiché è unita in una guerriglia cruenta che causa molti danni agli eserciti alleati.

Siamo nel 1990 v.A.

L'esercito congiunto conquista tutti i territori compresi tra il Volga e gli Urali.

I neoromani si trovano quindi assediati sugli Urali da entrambi i lati.

Intanto un nuovo esercito punico sbarca nei paesi baltici.

Siamo nel 1992 v.A.

Dopo due anni di assedio, i monti Urali vengono spezzati.

Intanto punici, dopo aver praticamente sterminato la popolazione neoromana, stanno assediando Grande Roma da più di un anno.

Questa viene bersagliata senza tregua dai carri armati e gas tossici.

Nel frattempo, dopo anni di indagine, i servizi segreti punici hanno scovato la base principale della Mano Rossa e sterminato gli ultimi terroristi.

Siamo nel 1993 v.A.

Grande Roma viene annientata insieme ai suoi abitanti.

Questa volta Roma non riesce a trovare un modo di salvarsi e i punici lo sanno visto che hanno sorvegliato attentamente il Mare del Nord e tutte le altre vie di comunicazione che avrebbero impedito ai punici di chiudere i conti una volta per tutte.

Dopo ventidue anni massacranti la guerra finisce con la distruzione dei neoromani, saziando l'odio, la violenza e la sete di vendetta del mondo intero. La quinta ed ultima guerra neoromanica finisce con la vittoria dei punici.

Viene organizzata una nuova conferenza di pace.

Si discute della nuova disposizione territoriale del mondo. Sono morti quasi quaranta milioni di umani, in gran parte neoromani.

Annibalica, che più di tutti ha impegnato e perso nella guerra, dopo il lungo concepimento del progetto dell'unificazione europea che fermerebbe gli innumerevoli spargimenti di sangue che hanno caratterizzato la sua storia, chiede tutto il Bassopiano, che viene accordato insieme al permesso di fondare nuove colonie sulla costa battriana.

Il Senato proclama la nascita di Europa, viene ordinata la demolizione di ciò che resta della Muraglia Europea e la costruzione di un monumento unico ad Annibale sul sito di Grande Roma.

Annibalica integra nel nuovo stato anche la Scandinavia, che ottiene una forte autonomia dal potere centrale.

Diodotia rinuncia a ogni pretesa su India e Africa ma ottiene dai punici i territori tra Mar Caspio e Mar Nero, questi si ritirano anche dalla depressione caspica, lasciando che quel mare sia dei battriani. Si avvia ad essere una repubblica federale, ma è comunque costretta a riconoscere indipendenza all'Arabia. Non nasce la questione di Israele poiché gli ebrei sono stati assimilati dal mosaico culturale punico.

La regione del lago Balqas viene incorporata nel regno mongolico sinizzato, che ottiene autonomia politica.

Luoyang ottiene la regione del Bajkal e l'isola di Hainan dai punici. Ordina lo smantellamento della Muraglia Cinese.

Hojo ottiene l'isola di Severnij dai punici e ulteriori possessi in Siberia.

Gli Indiani ottengono lo Sri-Lanka dai punici.

La parte della Siberia salva dalla spartizione viene donata a ciò che rimane delle popolazioni nomadi, monito alla civiltà di desistere dall'arroganza.

Gli alleati affrontano il tema dei superstiti della guerra: sono orribilmente traumatizzati dalla guerra in trincea.

Il Sufeta propone di smobilizzare tutti gli uomini ma di offrire loro la possibilità di iniziare una nuova vita e abitare nel Bassopiano, terra con ancora molto da offrire, e di farlo con molte agevolazioni, così che essi curino le proprie ferite, che imparino nuovamente ad amare il diverso e che ripopolino la zona, garantendo una prole saggia che diffonda il messaggio punico di pace nel mondo intero.

L'idea piace e viene accettata.

Il Senato propone la creazione dell'Unione dei Popoli: un'organizzazione globale che si occupi di unire gli uomini di ogni parte del globo e di risolvere le controversie pacificamente.

L'idea viene accettata e per questo consiglio panumano viene scelto il capoluogo della penisola di Kamcatka, tanti rappresentanti di ogni popolo in proporzione al numero di abitanti rappresentati.

L'edificio dove i rappresentanti si riuniscono è pieno di celebrazioni di Annibale, colui che ha rivoluzionato la cultura punica, che le ha permesso di abbracciare il mondo e di dargli valori di pace.

I primi temi di discussione sono la ricostruzione economica, le leggi per il rispetto della natura, per evitare la proliferazione industriale e consumistica e il combattimento delle varie associazioni criminali organizzate diffuse nel mondo.

Con la fine delle ostilità i punici non hanno bisogno di uno stato vassallo come l'Egitto, quindi organizzano un referendum per far decidere al popolo egizio se vuole restare all'interno della realtà politica punica.

Gli egizi scelgono l'indipendenza, i punici rispettano la decisione e li aiutano nella costruzione del nuovo stato, simile istituzionalmente a quello punico, guadagnandosi la simpatia del popolo egizio.

Siamo nel 21° secolo v.A.

Il mondo si è ripreso dall'Inutile Strage.

I popoli sono in pace, si ammirano e si amano. L'industria non prolifera intaccando i valori proposti da filosofie e religioni, si evita il dilagare del consumismo e vengono rispettati i diritti dei lavoratori. Il commercio più redditizio è quello legato al folklore dei popoli, così nessuna nazione deve sopportare la povertà, in quel caso l'Unione dei Popoli rimedia per assicurare benessere a tutti.

In Africa e in Nord America buona parte dei popoli non avviano un processo di urbanizzazione, perché hanno fede nelle loro tradizioni ma beneficiano del progresso, in particolare le tecniche di coltivazione e la medicina.

Viene compilata dall'Unione la Carta dei Diritti dell'Uomo. Viene abolita la schiavitù.

Il mondo è tornato sulla strada che per secoli i punici avevano indicato, e così il nazionalismo folle viene mitigato fino a scomparire.

Ormai l'unione dell'uomo e delle culture è una realtà avvenuta.

I punici hanno vinto perché cercavano l'unità e la mescolanza.

Amavano la cultura, e amare la cultura porta ad amare i popoli, amare i popoli significa amare la pace.

I neoromani hanno perso perché volevano l'affermazione e l'assorbimento di tutti.

Il Naturismo è la religione più diffusa al mondo e Annibale il personaggio più amato, il calendario punico viene adottato da quasi tutte le nazioni.

Inoltre il fatto che il mondo sia guidato da istituzioni in mano a classi medie colte, intellettuali e xenofile mantiene i governi efficienti nell'amministrazione e capaci di mantenere la stabilità nel contesto socio-politico meglio di quanto non farebbero le democrazie, con il potere affidato allo sciocco e malleabile popolo, e regimi di minoranza con re o altolocati, che tendenzialmente esprimono una volontà politica e sociale troppo di parte.

L'Unione dei Popoli nel 2099 v.A. manda una navicella spaziale sulla Luna.

Astronauti di tutti i popoli festeggeranno i tremila anni della vittoria di Annibale e distruzione di Roma sulla Luna, lasciando lì una statuetta del più grande condottiero della storia.

Tutto questo grazie a Te, mio amatissimo Annibale.

FINE

Per farmi avere suggerimenti o consigli, scrivetemi a questo indirizzo.

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Ecco ora un'altra versione della stessa vicenda, scritta da Rubrus:

POD: Annibale non si ferma a Capua ma marcia su Roma e la rade al suolo. Roma esce dalla storia per sempre.

I successi del condottiero cartaginese impauriscono il Senato punico che teme l’instaurarsi di una dittatura barcide in Europa. Ad Annibale viene impedito di tornare a Cartagine. Lo stato barcide, tuttavia, non vede mai la luce. Mentre Annibale, isolato in Italia, parte per l’Oriente in cerca di appoggi, l’esercito, decimato, non riesce ad impedire alle popolazioni liberate dal giogo romano di sollevarsi. Le popolazioni dell’Italia preromana riconquistano l’indipendenza e molti territori si costituiscono in regni autonomi.

Annibale muore in Oriente, forse assassinato, mentre Cartagine perde parte delle terre conquistate: nel Nord Italia e nella Gallia meridionale si formano regni celtici, mentre nell’Italia centro - meridionale si consolida la potenza sannita. Cartagine riesce a mantenere il controllo sulle isole, su gran parte delle coste europee del mediterraneo e sulla Spagna meridionale.

L’impero cartaginese, tuttavia, è più frammentato e meno bellicoso di quello che Roma fonderà nella nostra timeline e la sua espansione è commerciale e marittima piuttosto che militare. Anche se Cartagine fonda colonie su tutte le coste dell’Europa occidentale ed atlantica, giungendo fino in Britannia, nelle Azzorre e sulle sponde del golfo di Guinea, la città punica non riesce ad imporre il proprio dominio sui regni ellenistici dell’Oriente mediterraneo e sull’Egitto. Nell’Europa continentale, invece, i regni celtici si sviluppano in modo costante, ma lento, minacciati dalle sempre più frequenti incursioni germaniche.

Agli inizi del I sec. a.C. Cimbri e Teutoni abbattono i regni formatisi nell’Italia settentrionale e peninsulare, invadono la penisola balcanica e si spingono fino alle frontiere della Macedonia, dove una lega ellenistica li ferma. Molte colonie cartaginesi vengono saccheggiate. Le Gallie sono un campo di battaglia.

Verso la metà dello stesso secolo, Vercingetorige riesce a sconfiggere i Germani ed a creare un protostato celtico unitario in Francia. Poco dopo la sua morte, però, il suo effimero regno si sfalda e le tribù dell’Europa Centro – orientale riprendono la loro espansione, minacciando i domini cartaginesi della penisola iberica. Contemporaneamente, in Medio Oriente, i Parti premono sui regni ellenistici di Siria ed Anatolia. Cartagine cerca di compensare le perdite di terre e mercati espandendosi in Africa e sulle coste Atlantiche dell’Europa. Si vocifera di terre al di là del grande mare occidentale mentre si intensificano i contatti con l’India, ma le distanze sono eccessive.

Cleopatra conquista Tripolitania, Cirenaica e Palestina e stringe solide alleanze con quello che rimane dei regni di Siria e Macedonia. I confini occidentali dell’Egitto sono sicuri grazie ad un’efficace politica matrimoniale che Cartagine, suo malgrado, è costretta ad accettare. I Parti sono stati fermati mentre l’Egitto è di nuovo una grande potenza. Segue un periodo di pace, anche se gran parte dell’Europa è ripiombata nell’età del ferro e non conosce la scrittura.

Verso la fine del secolo e, poi, nei primi anni corrispondenti alla nostra era volgare, Paolo diffonde il messaggio cristiano in Oriente, disinteressandosi dell’Occidente imbarbarito, se si eccettuano i territori tuttora sotto il dominio cartaginese.

Anche se la nuova religione si diffonde pure nei domini punici, alla frammentazione politica corrisponde ben presto la frammentazione del nuovo credo, che perde ben presto i suoi tratti unitari per non più recuperarli. Iniziano i primi scontri tra le varie confessioni, che si lanciano accuse reciproche di eresia.

Negli anni corrispondenti al secondo / terzo secolo d.c. della nostra era riprendono le invasioni barbariche da Oriente. Questa volta Cartagine perde tutti i domini europei mentre la Grecia si salva a stento. Qualche decennio più tardi si afferma, in medio oriente, il regno palmireno sotto la guida della regina Zenobia. Cartagine è ridotta ai suoi domini nordafricani.

Nel secolo successivo i Goti e gli altri popoli germanici travolgono quel che rimane dello Stato cartaginese, dell’Egitto (preda ambitissima) e dei regni ellenistici del medio oriente. L’impero cartaginese e gli altri imperi dell’antichità cessano di esistere. L’Europa continentale è unificata dagli Unni, ma il loro dominio è di breve durata.

Con circa due secoli di anticipo rispetto a quanto accade nella nostra timeline, l’età antica ha termine.

Mentre i regni greco – barbarici e punico – barbarici iniziano un lento, incerto progresso e i credi cristiani prendono timidamente piede, l’Europa è quasi tutta selvaggia.

Nel settimo secolo gli Arabi escono dai confini della loro penisola portando con sé la nuova fede islamica. I loro eserciti abbattono facilmente i regni greco – barbarici e punico – barbarici. La penisola balcanica, quella iberica, quella italiana e la Francia meridionale si trasformano in domini islamici. Le fedi cristiane sopravvivono, tollerate dai nuovi dominatori, ma praticate da pochi individui.

Nell’ottavo e nel nono secolo Carlo Magno, Califfo dei Franchi, sottomette l’Europa continentale fino alla Vistola e parte dell’Inghilterra meridionale. Anche se, alla sua morte, l’Impero da lui creato si sfalda in tre regni governati dai suoi figli, l’Europa, unita dalla fede islamica, entra nella Storia.

E poi? Per farmi avere suggerimenti o consigli, scrivetemi a questo indirizzo.

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Passiamo adesso alla proposta esattamente contraria di Falecius

POD: Roma interviene in Africa durante la rivolta dei mercenari nel 239 a.C. Cartagine è presa, le altre città conquistate ed alcune distrutte, i mercenari ed i loro alleati libici sconfitti. La zona diventa un territorio sotto occupazione (così come la Sardegna e la Corsica, ed anche le Baleari).

Amilcare Barca si rifugia a Cadice, controllando l'area ad ovest di Iol sulla costa africana e fino all'Ebro su quella spagnola, dove riesce ad imporre una specie di monarchia e ad estendere il suo controllo sulle popolazioni maure ed iberiche dell'interno, sviluppando il commercio atlantico e preparando la riscossa; nel frattempo gli eserciti romani si impegnano, assoggettando dopo Tuscolo (l'ultima città indipendente d'Italia) i Sardi, i Corsi, i Libi, gli Elilmi, i Siculi, i Sicani, i Numidi, sconfiggendo gli Illiri. Nel 227 sono istituite le province di Africa, Sardinia et Corsica, Sicilia (con Malta).

Nel 225 tocca ai Galli, che vengono ripetutamente battuti (prima gli Insubri, poi i Boi, infine gli ex alleati Cenomani e Veneti). Nel 222 la pianura padana è romana e soggetta a colonizzazione viritim.

Nel frattempo Cadice prospera, estende la sua potenza su gran parte della Spagna, fonda colonie sulle coste mauritane fino al Golfo di Agadir, commercia con Gallia, Britannia, isole Fortunate e Nigrizia, diventa sempre più potente il figlio e successore di Amilcare, Annibale Barca, vincitore dei Lusitani e degli Arevaci, che porta le frontiere al Tago e ai monti iberici, ed infine all'Ebro.

Tuttavia, la potenza navale romana nel Mediterraneo è schiacciante.

Nel 218, con l'attacco di Annibale alla città filoromana di Sagunto, inizia la nuova guerra. Il condottiero punico decide di lanciare un attacco su due fronti: da un lato, truppe dall'est attccheranno i Romani in Africa, nel tentativo di riprendere Cartagine, con l'aiuto del principe numida Siface, detronizzato dai Romani, sotto la guida di suo fratello Asdrubale. Dall'altro, Annbale stesso tenta di portare la guerra in Italia, dalla Spagna, attarverso i Pirenei e le Alpi. Sottomesse le città greche della Gallia meridionale, sconfigge i Romani sul Ticino, sul Trebbia e sul Trasimeno, e punta verso sud, per ricongiunersi alle armate d'Africa, ottenendo una straordinaria vittoria a Canne nel 216 Tuttavia, lo attende una sgradevole sorpresa: in Africa Asdrubale non riesce a sfondare, ed è sconfitto nel 214 a Theveste; Annibale resta isolato in Italia, mentre i consoli Quinto Fabio Massimo e Publio Cornelio Scipione conquistano rispettivamente la Gallia e la Mauritania. Siracusa, alleata di Annibale, è presa dai Romani nel 212. Nel 209, con l'Italia sempre più ostile (nonostante una vittoria in Calabria) e la Spagna minacciata dalle legioni di Scipione sbarcato a Gibilterra, Annibale è in una situazione disperata. Senza una flotta, non può rientrare in Africa o Spagna. Si ritira dunque, con le poche forze che gli restano, in Epiro, con l'aiuto del re di Macedonia Filippo, e da lì tenta di rientrare in Spagna attraverso l'Illiria, la Cisalpina (dove Roma non è riuscita a ristabilire il suo potere) e la Gallia. Nel 205 arriva infine a Numanzia, nel paese degli Arevaci, che trova in rivolta contro Cadice coll'aiuto romano; vince una battaglia, ma si affretta a procedere verso sud, saputo che tutta la costa spagnola è perduta e la stessa Cadice assediata, mentre i Lusitani hanno fatto anch'essi lega con Roma.

La battaglia decisiva si svolge presso Victoria Italica (Siviglia) così chiamata dai Romani dopo aver vinto lo scontro. Annibale e le su truppe si battono con valore ma sono annientati. Lui stesso, obbligato a fuggire, ripara nel nord della Spagna e da lì in Gallia, dove cerca di indurre i popoli locali a coalizzarsi contro Roma. Cadice viene distrutta, Roma annette le province di Mauritania, Hispania, Betica, Lusitania e Gallia Transalpina (che include solo la costa).

Nel 203, l'Occidente è quasi pacificato, anche se la Gallia, le Spagne e la Mauritania richiedono ciascuna una legione, ed altre due devono stazionare in Cisalpina. Il reclutamento per la guerra contro Filippo risulta quindi difficile, e dopo un breve conflitto, Roma accetta di ritirarsi dall'Epiro, che resta cliente della Repubblica.

Il 202 vede una nuova guerra illirica, che stavolta si conclude con una vittoria totale: il paese tra i monti, il fiume Drin ed il Quarnaro diventa provincia nel 200, mentre il territorio degli Histri e dei Carni,fino al Carso, è unito alla Cisalpina, presto seguito da quello dei Tridentini, dei Venosti e dei Camuni. Nel 197 i Romani possono impegnare il grosso delle loro forze contro i Liguri, mentre le truppe nelle Spagne avanzano, tribù dopo tribù, verso nordovest, e quelle d'Africa combattono una dura guerra contro Massinissa, figlio di Siface, che si ribella nelle regioni dell'Atlante. Trascurato resta il fronte di Gallia, dove Roma si limita a sottomettere i Salluvii (guidati, alla fine, da Annibale, che non riuscì ad evitare la sconfitta e morì con le armi in pugno).

La guerra numida viene condotta senza mezzi termini dopo la disfatta dei Liguri Statellati (nel 195). Massinissa cade in battaglia solo dopo più di dieci anni di fiera resistenza, che porta a Roma tutto il paese a nord dell'Atlante Sahariano e il paese dei Getuli Baniuri, alleati del numida.

Le guerre in Spagna procedono lentamente, con mezzi relativamente scarsi, mentre prosegue la colonizzazione della Cisalpina e popoli come i Salassi, i Leponzi, i Taurini, sono espropriati e sconfitti. Solo la definitiva sconfitta di Massinissa nel 184, permette di ridurre l'esercito d'Africa (arrivato a quattro delle sette e poi otto, legioni regolari) e dedicare risorse alla Spagna, all'Adriatico e alle Alpi. Le legioni diventano dieci nel 179, (una per provincia, due in Spagna e Cisalpina, nessuna nelle Baleari) permettendo una decisiva vittoria sui Vasconi e, l'anno seguente, i Gallaeci. Asturi e Cantabri cadranno sotto il dominio di Roma entro i dieci anni successivi, così come i popoli tra le Alpi ed il Rodano (compresi i Poenini sull'alto Rodano) nella provincia di Gallia, il cui confine con la Cisalpina è stabilito al Varo e a nord di questo al crinale alpino.

I Volci, principale popolo gallico tra il mare e le Cevennes, sono sottomessi nel 168, con l'intervento di ben tre legioni (una della cisalpina ed una della Spagna oltre a quella della Gallia).

Nello stesso anno, Roma ha a che fare con problemi nell'est. La vittoria sulla Macedonia di quaranta anni prima, si rivela inutile di fronte alle rinnovate velleità di re Perseo contro Eumene, re di Pergamo ed alleato di Roma, e le città greche, con cui la Repubblica ha stabilito relazioni amichevoli se non di alleanza.

Un esercito romano attraversa l'Epiro (ridotto a provincia, non fidandosi del re locale) ed invade la Macedonia. Perseo è catturato in battaglia nel 167, presso Pidna, e le forze del suo alleato Antioco di Siria abbandonano l'Europa.

Roma sceglie di ridurre a provincia (nel 165) anche la macedonia, inclusa la Tessaglia, e da essa dipendono le città greche. Eumene mantiene il suo regno (dove gli succederà Attalo) mentr ei Romani si impegnano in Tracia, annettendone alla provincia macedone la zona meridionale (a sud dei Rodopi) entro il 160. Nello stesso periodo la rivolta di Viriato in Lusitania e Hispania viene soffocata (durerà fino al 154), e vengono sottomessi gli Allobrogi (164-161). Roma invia importanti aiuti ai Maccabei contro la Siria, principale potenza rivale nel mediterraneo.

Nel 149 un certo Andrisco in Macedonia, si ribella a Roma proclamandosi re del paese ed erede di Perseo, e allo stesso tempo si rivoltano Corinto ed altre città greche. Andrisco ottiene appoggi in Epiro, Illiria e perfino tra i Traci ed i Dardani. Il console Scipione Emiliano agirà con severità estrema, annientando Andrisco (148) e distruggendo Corinto (146), riducendo la Grecia a provincia col nome di Achaia. Ripassa a Nord, sconfigge i Traci, respingendoli definitivamente a nord del Rodope, (144)e poi risale in Dardania, fino al Danubio, e fa anche di questa una provincia romana (142, si tratta della nostra Serbia). Tracia, Bitinia, Pergamo e Rodi sono clienti di Roma, e la Siria, che aveva aiutato i rivali di Roma, si trova sconfitta ed indebolita. Nel 140, i Parti sconfiggono i Siriani e conquistano il territorio ad est del Tigri.

Nel 140 Roma intraprende una serie di operazioni in Illiria, sulle Alpi e nella Gallia che terminano solo nel 134, con la conquista di Delminio e delle regioni vicine (la nuova provincia di Dalmatia, tra i Dinari, la Drina e la Sava) ed il consolidamento della frontiera in altre zone (il Norico è regno cliente, la Raetia fino al Reno subisce un crescente influsso romano, la provincia di Gallia è estesa e rafforzata).

Nel 133, il re di Pergamo, Attalo, muore lasciando a Roma il suo regno, ma a questo segue una guerra tra Roma e la Siria.

La prima guerra siriaca si conclude nel 122. Roma ottiene la provincia d'Asia, che oltre al regno di Pergamo comprende le isole Sporadi orientali (inclusa Rodi) la Licia, la Misia, la Frigia, la Pisidia, la Licaonia, l'Isauria, e la Panfilia, e la provincia di Cipro. In sostanza la maggior parte dell'Asia Minore, per non dire del rafforzamento del potere romano sulla Tracia.

I Seleucidi vengono estromessi del tutto dall'Anatolia, mentre i Parti avanzano in Mesopotamia, contrastati più dagli Armeni che dalla stessa Siria. Nella stessa epoca, Roma è sconvolta dai disordini del tribuno Tiberio Gracco, che, (dopo aver guadagnato prestigio in Asia con vittorie militari) tenta di proporre delle riforme sociali che saranno stroncate con la forza dal Senato, e, poco dopo (nel 117) da suo fratello Caio, anch'egli arrivato al tribunato della plebe.

Nel 116 riesce ad ottenere il mandato pluriennale per la sua carica, e fino al 112 la usa per dominare Roma, sotto il suo tribunato, segnato da conflitti, si ha l'estensione della cittadinanza a tutti gli Italici (compresi i Messinesi) e a parte dei Cisalpini, e sono fondate colonie in Africa, Betica, Sicilia, Sardegna, Illiria e Baleari (la Cisalpina era già area di intensissima colonizzazione), per un totale di undici insediamenti.

Nel 111, Caio non viene rieletto, e ne segue un anno di torbidi; nel corso degli scontri, lo stesso Gracco è assassinato; nel frattempo, l'avanzata dei Cimbri e dei Teutoni dal nord e l'accresciuta attività dei pirati basati a Creta, in Cirenaica ed in Cilicia minacciano Roma.

Il seguace di Gracco, Caio Mario, riesce ad ottenere il consolato nel 109 e a vederselo confermato fino al 98. Fino al 104, trascorrerà il mandato in Gallia, contro i Cimbri ed i Teutoni, che sconfigge ad Aquae Sextiae nel 106, per poi annettere (nel 105 e 104) la provincia Raetia, tra il Giura, il Reno e le Alpi. Nel 103 ritorna a Roma, nel 100 la Gallia Cisalpina è unita all'Italia e suoi abitanti ottengono la cittadinanza.

Falecius

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Ed ora, un'altra circostanziata proposta di Falecius:

Solo due volte, nella storia della Repubblica romana, il Senato ed i Comizi esitarono prima di scegliere la guerra: nel 264 e nel 202 a.C., rispettivamente prima di iniziare il confronto con Cartagine e la Macedonia. Nel 264 il Senato rifiutò di accogliere la richiesta di aiuto dei Mamertini contro Cartagine, rinviando la questione a comizi, che votarono la guerra. Ma se invece... evidentemente il Senato nutriva perplessità sulla possibilità della Repubblica di vincere Cartagine, o di proseguire l'espansione fuori d'Italia. Dunque, nel 264 la richiesta d'aiuto dei mamertini viene respinta, ed approvato invece l'invio di due armate consolari contro gli Apuani e i Friniati, in vista di una guerra risolutiva contro gli antichi nemici, i galli Boi ed Insubri. Gli Apuani appongono strenua resistenza, ma alla fine vengono annientati e deportati in Lucania ed Irpinia.

L'assegnazione di terre ai Liguri provoca una vasta rivolta che coinvolge Messapi, Picenti, Vestini, Marsi, Peligni, Caudini, Irpini, Dauni, Lucani, Bruzii, Falisci e Iapigi; nel 263, 262, 261, Roma impegna le sue forze nel distruggere le ultime resistenze del Sud; vaste aree agricole sono convertite alla colonizzazione viritana, aggiungendo 20.000 kmq all'Ager Romanus; interi popoli, come i Caudini i Falisci ed i Vestini, sono cancellati dalla faccia della Terra. Nel frattempo, un'armata proconsolare dal territorio Apuano attacca i Liguri Eleiati e Statellati, il cui paese è annesso e aperto alla colonizzazione romana nel 260. Nello stesso anno è il turno degli Ingauni, mentre le due armate consolari attaccano rispettivamente i Galli Boi e Taurini, nel tentativo di schiacciare a tenaglia gli Insubri. Scoppia dunque la terza guerra gallica, nel corso della quale gli Insubri ricevono l'aiuto dei Gaesati trasalpini.

La sconfitta di Taurini e Salassi ad opera del proconsole Attilio regolo, nel 259, taglia la Cisalpina dal resto del mondo gallico. Nel 258 gli insubri, attaccati da Romani, Veneti e Cenomani, si arrendono, Veneti e Cenomani ricevono la status di Latini e sul loro territorio vengono dedotte le colonie romane di Aquileia, Cremona e Brixia. Nel 256, i Boii, ridotti allo stremo, privati di quasi tutta la loro terra, con la maggior parte dei maschi adulti massacrata dalle legioni (tra cui i loro ex alleati Insubri), migrano in Pannonia, lasciando l'intera Emilia all'Ager Romanus. Seguono tre campagne (contro Cenomani ribelli, Gaesati e Tridentini, nel 255, Leponzii, Salassi, Poenini ed Orobii, nel 254, Carni, Euganei, Camuni, Pusterii e Venosti nel 253) per consolidare il possesso della pianura padana e della valli, dove gli alleati trovano nuova terra da colonizzare. Il processo si conclude nel 252, quando due armate consolari sono inviate rispettivamente contro la città greca di Nikeia, ridotta a municipium, e gli Histri, il cui paese è unito all'Ager di Aquileia.

Il 251 vede due campagne consolari, non però di conquista, ma di bottino. Vittime ne saranno i Raeti al di là delle Alpi ed i Giapidi del Quarnaro (in effetti, le isole di Veglia, Cherso, Lussino, Lissa e Lagosa passano a Roma). Viene stabilito dunque il confine della Terra Italia. Nel 250 viene consacrato il nuovo Pomerium, segnato dal Quarnaro, dal Carso, dalle Alpi e dal Var. Nello stesso anno due legioni saccheggiano il territorio dei Salluvii, Galli che minacciavano l'alleata di Roma, Marsiglia, ma non vi compiono conquiste.

Nel frattempo, Cartagine si trova coinvolta in una guerra contro Siracusa, e malgrado l'aiuto prestato a Gerone dalla lega Achea, nel 249 tutta la Sicilia passa sotto controllo cartaginese, grazie soprattutto all'abilità del generale Amilcare Barca, che in seguito deventa governatore della Sardegnae della Corsica, conquistandosi buoni rapporti con le popolazioni locali. Marsiglia resta l'ultima città greca indipendente nel mediterraneo occidentale.

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Anche Perchè no? ha le sue idee in proposito:

Un piccolo tributo a Polibio, che stavo leggendo ieri sera. Durante la prima guerra punica la spedizione romana in Africa non fallisce. Nel 255 a.C. Marco Attilio Regolo é quasi sotto le mura di Cartagine e propone una pace che il senato punico avrebbe potuto accettare se Regolo non fosse stato troppo duro, ordinando brutalmente la dissoluzione pura e semplice dell’impero cartaginese e della sua flotta. Di fronte a questo orgoglioso Romano i Cartaginesi furono pronti a ricominciare la guerra con l’aiuto del mercenario lacedemone Santippo. Regolo fu sconfitto in campo aperto, catturato e poi giustiziato, e la Prima Guerra punica fu prolungata di 14 anni. Ma se Regolo esige meno dai Cartaginesi? La sua posizione di forza gli permette forse di ottenere tutta la Sicilia e la Sardegna, la distruzione della flotta punica e la liberazione senza riscatto dei prigionieri, senza però fare di Cartagine una città vassalla che paga il tributo. Una proposta probabilmente un po' troppo irenista; ma se le cose vanno proprio così?

Roma lascia delle truppe nel porto di Clypea che diventa una piazzaforte per impedire il riarmo punico. La Sicilia e la Sardegna diventano province, ma sopratutto Roma non é dissanguata da una lunga guerra e potrà rivolgersi prima contro nuovi nemici, i Galli in Cisalpina o anche in Transalpina (per aiutare Marsiglia), le coste illiriche, potrà anche diventare una vera potenza navale avendo guadagnato una grande fama ed esperienza senza le dure sconfitte che avrebbe subito nella nostra Timeline. Dal canto suo Cartagine può continuare a condurre una politica autonoma ma con rapporti tesi con Roma; per vendicarsi i Cartaginesi si lanciano nella conquista della Spagna e della Numidia prima che nella nostra Timeline ma con maggior successo, essendo meno rovinati da anni di guerra con i mercenari. Amilcare Barca non ha tempo di guadagnarsi una fama militare, e la sua famiglia non sorge come una grande dinastia di capi militari. Forse l’assenza di spese per una flotta di guerra potrebbe permettere a Cartagine di finanziare altre operazioni belliche o sviluppare suo commercio navale. Le due potenze potrebbero allora crescere assai più in forza e ricchezza. È possibile che in questo scenario l’odio tra i due popoli spinga infine a una seconda guerra punica?

Seconda ipotesi ben più radicale: Regolo mantiene le sue condizioni e Cartagine cerca in Santippo una soluzione all'occupazione romana. Santippo si permette di criticare la strategia dei generali cartaginesi e la motivazione del Senato: nella nostra Timeline Cartagine é abbastanza in pericolo per convincere i generali ad ascoltare le dure critiche sistemando i conti più tardi, ma nel nostro racconto il generale Aderbale non sopporta l’offesa e minaccia il Greco così violentemente, che quest’ultimo decide di rimbarcarsi verso il Peloponneso. Nella battaglia seguente i Cartaginesi usano ancora una volta i loro elefanti in maniera inefficace e vengono severamente sconfitti. Attilio Regolo é vincitore e poi, ricevendo truppe fresche con i nuovi consoli, può assediare Cartagine stessa. A Questo punto il senato punico acconsente a tutto. Cartagine é sottoposta a un tributo prima di diventare per forza una dei socii di Roma. La sconfitta le fa perdere tutto il suo impero che si sottomette a Roma o diventa indipendente per un po' prima di essere sconfitto dagli « argomenti » dei Romani. Attilio Regolo riceve a Roma il maggior trionfo mai organizzato e il cognome di Africano. Roma si espande in anticipo in tutto il Mediterraneo occidentale, e questo accelera ancor più il cammino verso l’egemonia. Avendo sconfitto Cartagine senza le tre durissime guerre puniche, Roma si svilupperà come spiegato prima, ma senza crisi all’interno della città, senza emorragia degli suoi cittadini e con rafforzata convinzione della sua forza.

Dal canto suo Cartagine é umiliata e sconfitta ma può ancora fare commerci, le sue navi continuano a renderla più ricca, la sua civiltà non sparisce del tutto e può avere un grande peso nella storia romana: nella guerra sociale Cartagine ritroverà temporaneamente la sua indipendenza e avrà un ruolo guida. L’Africa e la Spagna diventano lentamente delle zone punicofone di civiltà semitica o celto-semitica. Alla fine dell’impero romano, l’impero sarà diviso in tre potenze, l’Est greco (Costantinopoli), il Nord latino (Ravenna) e il Sud punico (Cartagine). So che ho inanellato numerose idee in poco spazio, c’é molto da dire o da correggere in queste immense ucronie: vi lascio questo piacere.

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Così gli risponde il solito Bhrghowidhon:

La conseguenza di più lunga durata sarebbe la sopravvivenza e addirittura l'espansione del punico. In realtà ciò è accaduto davvero: il punico si è mantenuto in ottime condizioni per secoli dopo la fine dell'Impero Cartaginese e fino al termine della fase romana è rimasto la principale lingua della regione; non solo, ha anche conosciuto un'espansione oltremare nelle Isole Canarie (*dopo* le Guerre Puniche), dove è rimasto fino alla colonizzazione europea. Poiché anche il latino è divenuto esclusivo (rispetto alle lingue preromane, escluso il basco) nella Penisola Iberica solo in epoca visigotica, il necessario punto di svolta sarebbe da porre in tale periodo e a Nord dello Stretto di Gibilterra, in modo da avere un Regno Romano-Punico succeduto all'Impero d'Occidente ed esteso anche ad almeno parte della Penisola Iberica, in ogni caso con una Chiesa Nazionale Cattolico-Ortodossa non Romana (magari deformando in senso episcopalista la tradizione ciprianea) e per definizione di lingua liturgica neopunica. Non ci sarebbe alcunché di strano se accadesse con i Vandali, nell'ipotesi che anch'essi - come sul lungo periodo i Visigoti e i Longobardi - abbandonassero la Confessione Ariana.

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Segnaliamo l'idea di Basileus TFT:

Come tutti noi sappiamo, l'impresa alpina di Annibale costituisce il primo tentativo di passare le alpi con successo alla testa di un esercito, cosa ritenuta dai più impossibile. Ora, che accade se Annibale non dico creda che l'impresa sia impossibile ma che stimi i danni dal logoramento per le truppe sulle alpi troppo elevato da tentare la scalata?

Annibale, come dimostrerà alla corte di Macedonia, senza la questione alpina pensava che la cosa migliore per sconfiggere i romani fosse batterli sul mare con una nuova flotta e, successivamente, sbarcare in sud Italia per risalire a Roma e/o in Sicilia, isola che dove ancora si trovavano partigiani cartaginesi.

Come sarebbe andata l'impresa con un improvviso attacco di questo tipo a Roma? I celti del nord come avrebbero risposto? E l'Iberia?

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Gli risponde Enrico Pellerito:

Non so se Cartagine fosse in grado di mettere in campo una flotta in grado di competere con quella Romana. Ammettendo che ciò fosse possibile in quanto disponibilità di risorse impiegabili, ci voleva del tempo e una assoluta segretezza del "riarmo".

Pur considerando la contenuta celerità nella trasmissione delle informazioni dovute all'intelligence umana (l'unica a quei tempi) a Roma le notizie sarebbero giunte e sarebbero state prese adeguate contromisure, compreso lo sbarco di forze in Africa (anche se questo necessitava di tempo), anticipando una Zama.

Ma stavolta le cose potevano andare differentemente con i romani alle prese per la prima volta con le nuove tattiche impostate da Annibale?

Un'eventuale catastrofe in Africa non avrebbe, comunque, impedito ai romani di riprendersi e sconfiggere alla fine Cartagine. Roma poteva disporre, in teoria, di più risorse rispetto ai rivali, e quindi aveva più possibilità di riprendersi e sopportare nel tempo un conflitto.

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Ma ecco un'altra trovata di Basileus TFT:

Mi sono chiesto cosa sarebbe successo nel caso Cartagine non avesse assediato Sagunto, annullando la seconda e la terza guerra punica. Roma e Cartagine vivono come due entità separate, rivali ed indipendenti, un po' come saranno Bisanzio e la Persia diversi secoli dopo.

Questa è la possibile cartina dell'Ucronia alla morte di Traiano: in verde Cartagine, in Rosso Roma. Voi che ne pensate?

Rivoluzionario Liberale propone di correggere il tiro:

Io vedrei la Spagna tutta romana. Poi i cartaginesi si espandono nell'Atlantico, e prendono il posto dei portoghesi della nostra Timeline. Il Brasile diviene di lingua punica, con la statua colossale di Baal al posto di quella di Cristo a Rio. L'america è divisa tra un'America anglosassone, una latina e una punica. Immaginiamo un Samba, una Lambada, la musica brasileira in lingua punica...

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E il Marziano aggiunge:

Bella idea; solo, credo che Sardegna, Corsica e la punta occidentale della Sicilia (e forse anche qualche più o meno grande area di Creta e/o Cipro), sarebbero rimaste cartaginesi.

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Anche Lord Wilmore vuole dire la sua:

E se Siracusa, sconfitta sia dai Romani sia dai Punici, fosse tagliata in due dal "Muro di Siracusa"?

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A questo punto Rivoluzionario Liberale avanza un'altra proposta:

Invece io ipotizzerei una sopravvivenza di Cartagine e una guerra fredda a tre Roma, Persia e la città punica; possibile alleanza Cartagine-Parti contro Roma. Se tutto rimane li. l'Impero romano si sviluppa con un'estensione ridotta: Gallie, Iberia, Italia, Balcani. e Grecia. Bisogna vedere se Roma metterà le mani sull'Egitto e/o sulla Palestina, e quindi se Gesù nascerà sotto Roma o sotto i Parti.

Se Gesù nasce sotto i Parti, l'impero persiano di cristianizza e il cristianesimo si svilupperà verso Oriente. mentre Roma resta pagana. Ma ipotizziamo che Cartagine sopravviva: Colombo potrebbe rivolgersi ai regnanti di Cartagine, ottimi navigatori, e allora l'America del Sud sarà punica.

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Ma Bhrghowidhon obietta:

D'altra parte, se Cartagine mantenesse l'alleanza coi Parti, diminuirebbero forse le ragioni di intraprendere una navigazione per le Indie verso Occidente.

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Gli replica MattoMatteo:

Beh, nei 1700 anni tra la battaglia di Zama e la scoperta dell'America, possono cambiare un sacco di cose, tali da rendere i viaggi a ovest convenienti... comunque, visto che Cartaginesi e Parti, non dovendo combattere contro Roma, mantengono a lungo il dominio sulla zona del Medio Oriente, è ipotizzabile una maggiore diffusione dei culti di Baal e Mitra in Arabia, col risultato che l'Islam potrebbe avere una diffusione ben diversa.

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E Generalissimus precisa:

Io propongo una conquista di Egitto, Palestina e Libano da parte cartaginese con l'Impero Partico che si prende la Siria. Cartagine diventa Cristiana, l'Impero Partico resta Zoroastriano e Roma diventa Mitraica.

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Ma MattoMatteo torna alla carica:

Altro dettaglio, non da poco, che mi è venuto in mente: se i Romani sono bloccati dai Cartaginesi nella loro espansione a sud, e dai Parti nella loro espansione in Anatolia e Medio Oriente, allora dovranno per forza di cose di espandersi di più in Europa centrale e settentrionale. Ecco quindi che riescono a conquistare completamente sia la Britannia che l'Irlanda, e arrivare fino allo Jutland.

Inoltre, visto che il loro impero è più piccolo e compatto, non correranno il rischio di disperdere troppo le loro forze, e resisteranno meglio alle invasioni barbariche, magari riuscendo anche a respingerle. La cartina mostra l'estensione approssimativa dei tre imperi.

Massimiliano Paleari vuole precisare:

Bisogna però considerare anche la questione alimentare. Se ricordo bene Roma in epoca imperiale era largamente dipendente per le forniture di grano dall'Africa settentrionale e dalla Sicilia. Se le resta solo la Sicilia, o ancor peggio se anche questa è compresa nell'impero cartaginese, prevedo grossi problemi. Le terre settentrionali in più non avrebbero infatti compensato dal punto di vista della produzione agricola ciò che non sarebbe arrivato da sud, se postuliamo una guerra fredda perenne. Non a caso il vero colpo di grazia alla possibilità di ripresa dell'Impero Romano d'Occidente fu dato dall'occupazione vandala del Nordafrica e della Sicilia, che comportò la cessazione delle vitali forniture di grano all'Urbe.

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Generalissimus domanda sconsolato:

Peccato, quindi in Europa non c'era nessuna altra regione all'epoca che potesse fungere da granaio?

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Massimiliano gli replica:

Le Gallie ne producevano in buona quantità, ma il problema vero era l'eccessiva tassazione che riduceva sul lastrico i contadini indipendenti costringendoli a inurbarsi (e quindi il "potere" era costretto a distribuire gratuitamente o semi gratuitamente enormi quantitativi di grano per tenere tranquilla la "plebe") o a mettersi "sotto protezione" di qualche latifondista. I latifondi d'altra parte in un'ottica moderna erano antieconomici, impiegavano troppa forza lavoro in rapporto alla produzione. Quindi per risolvere il problema dovremmo pensare ad una diversa organizzazione militare ed economica di questo impero romano con il baricentro più a settentrione. Qualcosa tipo l'organizzazione in "Themi" ideata dall'imperatore bizantino Eraclio nel VII secolo: buoni soldati che fanno anche i contadini e i coloni nelle aree di confine e che pertanto fanno di tutto per difendere la loro terra. Qualcosa tipo i limitanei, ma dotati di maggiore efficienza militare... un bel rebus da risolvere, certo.

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Generalissimus torna alla carica:

Accordi segreti per l'acquisto di grano? Se uno dei tre imperi soccombe non so se gli altri due riusciranno a rimanere pacifici.

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E Max ribatte:

Uno studioso del comportamento sociale (applicabile anche agli Stati) direbbe che in presenza di 3 soggetti, 2 tendono a coalizzarsi contro il terzo, ma nel caso specifico tendo a pensare che sarebbero i Persiani/Parti ad allearsi con i Cartaginesi contro Roma.

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Generalissimus prosegue il dibattito a distanza:

Una Roma così è chiaramente l'anello debole della catena.

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E Massimiliano non è da meno:

Non è detto. Se Roma riesce a mantenere maggiormente intatte le virtù repubblicane (frugalità, valore guerriero, etc.), unite ad una riorganizzazione dei confini ad un contempo economica (salvaguardia dei piccoli agricoltori) e militare, potrebbe tenere anche di fronte ai due nemici coalizzati. In fondo sarebbe l'eterno scontro tra Occidente (qui rappresentato dal blocco latino/greco/celtico/germanico) e Oriente (Cartaginesi + Persiani).

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Diamo la parola a Luigi Caratti:

Altra riflessione anti-Cartagine: in questa cartina io la vedo in competizione coi Parti a oriente (controllo del Mediterraneo orientale in generale) ed allo stesso tempo in competizione coi Romani a occidente (controllo del Mediterraneo occidentale in generale). Insomma, Cartagine qui ha solo potenziali o conclamati nemici. Vedo più facile uno scenario in cui i Parti si espandono da est e Roma conquista l'Africa settentrionale, piuttosto che una "coalizione" tra cartaginesi e parti contro i romani (che in fondo, in questa ucronia, non mi sembra abbiano motivi di grande attrito con i Parti come invece è capitato nella "nostra" storia, in cui c'è stato un solido e cordiale odio perenne).

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MattoMatteo gli dà ragione:

Concordo con Massimiliano e Luigi. Il grano può essere prodotto, oltre che in Sicilia, anche in Spagna; nella zona balcanica c'è parecchio rame, mentre il ferro e il carbone sono presenti in Europa centrale; complessivamente, un impero romano concentrato in Europa può arrivare ad essere persino più forte di quello "originale".

Le "zone di attrito" tra impero romano e cartaginese sono solo Spagna, Sicilia e Sardegna; quelle tra impero romano e partico è solo il Bosforo; ma la zone di attrito tra cartaginesi e parti è l'intera penisola arabica! Se i romani non danno fastidio, è più probabile che cartaginesi e parti si scannino tra di loro, piuttosto che collaborare... se poi l'impero partico diventa mitraico o cristiano, mentre quello punico resta fedele a Baal e agli déi egiziani, allora la guerra diventa persino religiosa (in questa ipotesi, l'impero romano resta fedele alle divinità greco-romane).

Oltre a questo, si può ipotizzare che i tre imperi siano costretti a commerciare tra di loro, per ottenere merci altrimenti introvabili:

Romani = rame, ferro e carbone

Cartaginesi = grano

Parti = incenso, spezie e seta (dopotutto sono i più vicini ad India e Cina).

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Anche Bhrghowidhon dice la sua:

Mi permetto di riproporre la prospettiva conservatrice e antichistica che avevo già inflitto poco tempo fa ai malcapitati Destinatarî: la posta in gioco sarebbe stato anzitutto l'Egitto e sarebbe stato conteso tra la Potenza egemone del Vicino Oriente (i Parti) e quella del Mediterraneo Settentrionale (Roma), quest'ultima tuttavia solo nel caso che avesse eliminato ogni rivale nel Mediterraneo Occidentale, mentre proprio tale rivale, Cartagine, non avrebbe avuto alcun motivo di staccarsi dalla propria politica tradizionale di intesa con la Persia e di abbandonare i proprî vitali obiettivi nel Mediterraneo Occidentale.

Concordo quindi con l'impressione di instabilità, ma mi sembrano irrimediabilmente anacronistici gli obiettivi dell'Europa centro-settentrionale per Roma e della Penisola Arabica per i Parti e Cartagine. La massima ipotesi che mi sentirei di prendere in considerazione è, invece di Roma, una Confederazione (manifestamente in svantaggio) di Celti dall'Atlantico all'Anatolia come Potenza subordinata all'asse partico-punico.

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Chiudiamo per ora con l'osservazione di Dario Carcano:

Canne è sicuramente una delle battaglie più famose della Storia. La battaglia decisiva per antonomasia, in cui Annibale, con un insieme di tattica e strategia, riuscì ad annientare un esercito romano grande il doppio del suo.
Nel corso della Storia Canne è diventata l'esempio di "battaglia d'annientamento", ossia un singolo scontro decisivo in cui un intero esercito viene annientato dal proprio avversario, e gli strateghi di ogni tempo, da Federico il Grande a Dwight Eisenhower, ha cercato la propria Canne, la battaglia d'annientamento perfetta, il singolo scontro decisivo che, con perdite minime e molte tattiche geniali, distrugge l'esercito nemico e decide le sorti della guerra.
Peccato che poi però Annibale abbia perso la guerra. Nonostante la sua genialità tattico-strategica, nonostante a Canne abbia annientato l'esercito romano.
Quindi, viene da chiedersi, è davvero andata così?
Partiamo da una premessa: noi non sapremo mai cosa è veramente successo a Canne; quello che dicono gli storici è solo una ricostruzione approssimativa, compreso quello che scrivono gli storici antichi come Polibio o Tito Livio.
Polibio in particolare è la principale fonte su Canne, perché Tito Livio nella narrazione della seconda guerra punica attinge soprattutto a lui. E di Polibio dobbiamo sempre ricordare due cose:

1) Polibio è nato dieci anni dopo la battaglia di Canne, e le sue Storie sono state scritte almeno cinquant'anni dopo la battaglia;
2) Polibio era intimo degli Scipioni, la gens da cui proveniva Publio Cornelio Scipione Africano, il vincitore di Annibale. È quindi probabile che, per mettere ancor più in risalto l'abilità di Scipione, Polibio abbia edulcorato la realtà e ingrandito le capacità di Annibale.

Nonostante questo, non intendo dire che non dobbiamo fidarci per niente di Polibio. Proprio la vicinanza agli Scipioni gli ha permesso di usare per la sua opera fonti di prima mano, prese dagli archivi delle famiglie aristocratiche romane.
Solo dobbiamo sempre ricordarci di prendere con cautela quello che dice.

Quanti romani c'erano? E quanti cartaginesi?
Polibio e con lui Tito Livio parlano di otto legioni più i socii, ossia circa 80.000 fanti e 6.000 cavalieri, di cui 40.000 legionari. E che quella forza era l'intero esercito di Roma. Già quest'ultima frase viene contraddetta dal fatto che, più o meno contemporaneamente a Canne, un esercito romano di due legioni più i socii, grande in totale 25.000 uomini e comandato dal pretore Lucio Postumo Albino, veniva sconfitto dai Galli Boi nella Selva Litana. È poco probabile che il Senato, perso un esercito a Canne, subito dopo ne abbia inviato un altro nella Pianura Padana anziché tenere le truppe superstiti a protezione di Roma. Inoltre, il fatto che le due battaglie si siano svolte a poche settimane (se non giorni) l'una dall'altra, mi fa supporre che la spedizione contro i Boi guidata da Albino sia stata decisa e pianificata più o meno contemporaneamente a quella contro Annibale guidata dai due consoli, Varrone ed Emilio Paolo.
Quindi no, quello che Annibale affrontò a Canne non era l'intero esercito romano.
Inoltre, credo che la cifra di 90.000 soldati romani sia esagerata, come spesso accade quando si parla di battaglie antiche. Una cifra più verosimile sulla consistenza numerica mi sembra quella riportata dagli storici di Cambridge, che parlano di 48.000 fanti e 6.000 cavalieri da parte romana. Probabilmente i romani avevano inviato a Canne quattro legioni, ossia più o meno 20.000 fanti e 2.000 cavalieri, e il resto era composto dalle truppe dei socii.
Da parte cartaginese, Polibio e Tito Livio parlano di 46.000 fanti e 10.000 cavalieri, ma probabilmente anche questa cifra è esagerata. Cambridge parla di 35.000 fanti e 10.000 cavalieri, cifra più verosimile e che comunque è concorde con l'unica cosa veramente certa della battaglia: che i cartaginesi erano in netta inferiorità numerica.

Il dato riportato da Polibio e Tito Livio di 86.000 uomini schierati da Roma, e su come il Senato abbia aumentato a otto legioni la dimensione complessiva dell'esercito, arruolandone quattro nuove in vista della battaglia contro Annibale, è possibile sia corretto; ma non riguardo ai romani che combatterono a Canne, ma piuttosto sulla dimensione complessiva delle forze romane impiegate globalmente nella guerra contro Cartagine.

Passando alle perdite, Polibio per i romani parla di 70.000 fanti uccisi, 10.000 catturati e appena 3.000 fanti e 370 cavalieri sopravvissuti. Ossia perdite equivalenti a circa il 95% dell'esercito. Per i cartaginesi, Polibio parla di 5.500 fanti e 200 cavalieri, ossia circa il 10% dell'esercito. Tito Livio si discosta da Polibio, e per i romani parla di perdite equivalenti a 45.000 fanti e 2.700 cavalieri, circa il 55% delle forze romane, e da parte cartaginese di 6.000/8.000 uomini, più o meno tra il 10 e il 15% dell'esercito di Annibale.
Le cifre di Polibio sono sicuramente esagerate, quelle di Tito Livio un po' più verosimili, e sono coerenti con lo stesso Tito Livio quando parla di come l'esercito che due anni dopo assediò Siracusa al comando di Claudio Marcello comprendesse due legioni di superstiti della battaglia.
Ma ritengo che anche le cifre di Tito Livio sulle perdite romane siano esagerate, specialmente se prendiamo per buone le cifre di Cambridge sulla consistenza numerica degli eserciti.
Probabilmente i romani hanno perso al massimo un terzo del proprio esercito; un massacro di 45.000 persone (o addirittura 80.000!) con le armi e le tecnologie dell'epoca mi sembra estremamente improbabile. Se quindi i romani a Canne avevano 54.000 effettivi, possiamo stimare che le perdite subite a Canne ammontino a 18.000 uomini, e i superstiti siano 36.000. Comunque impressionanti considerata l'epoca, ma ben lontane dall'annientamento totale descritto dagli storici.
Le perdite cartaginesi ritengo invece siano leggermente sottostimate, perché credo che quando i legionari romani sono andati contro i fanti galli e iberici posizionati al centro dello schieramento cartaginese, abbiano comunque fatto un bel po' di vittime. Ipotizziamo che a Canne siano morti il 25% dei cartaginesi, avremmo 11.250 morti da parte cartaginese e 33.750 superstiti. Che a Canne i cartaginesi abbiano subito perdite più pesanti di quanto non si pensa di solito mi sembra probabile anche perché Tito Livio, parlando della battaglia di Zama, scrive che i veterani della campagna d'Italia fossero 15.000. È vero che tra Canne e Zama ci sono quattordici anni di distanza, e sicuramente le malattie e le diserzioni avevano decimato l'armata di Annibale, ma comunque Canne era stata l'ultima grande battaglia campale combattuta dagli uomini di Annibale.

Quindi Canne risulta molto ridimensionata nella sua portata storica e strategica, e questo combacia con quello che è successo dopo. Se Annibale a Canne avesse veramente annientato l'intero esercito romano, non avrebbe perso tempo a marciare su Roma e a porre fine alla guerra. Invece cosa fece Annibale? Si fermò Capua, che si era ribellata al dominio romano assieme alle altre poleis della Magna Grecia recentemente assoggettate a Roma, senza cercare di infliggere a Roma il colpo di grazia. Annibale aspettò di ricevere rinforzi prima di infliggere a Roma l'assalto finale, rinforzi che però per varie ragioni non sarebbero mai arrivati.

Canne non è quindi la battaglia d'annientamento descritta dagli storici. Anzi, più che una vittoria decisiva, Canne ha tutte le caratteristiche di una vittoria pirrica. Annibale a Canne ha vinto per un colpo di fortuna, perché se la sua cavalleria avesse tardato a chiudere l'accerchiamento, la fanteria leggera gallo-iberica che aveva posizionato al centro del suo schieramento sarebbe andata in rotta, e con loro l'intero esercito cartaginese sarebbe collassato.
Cartagine si sarebbe arresa, la seconda guerra punica sarebbe finita con quattordici anni d'anticipo e gli Scipioni non sarebbero diventati i vincitori di Annibale, ma sarebbero rimasti una delle molte gentes patrizie di rango consolare.
E soprattutto, non ci sarebbe mai stata la malsana idea che con molta tattica e poche perdite si potesse distruggere l'esercito nemico in una singola "battaglia d'annientamento". Idea che ancora nel '900 ha fatto molti danni, specialmente a Verdun, che nei piani tedeschi doveva essere proprio quello.
Una sola battaglia decisiva che permette di vincere la guerra con perdite irrisorie.
Invece, fu solo l'ennesimo bagno di sangue in un'inutile strage.

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