di Spartac
Alla fine del III secolo d.C. l'usurpatore Carausio viene volutamente "dimenticato" da Diocleziano e Massimiano in Britannia. Il tentativo di Allecto di eliminarlo con un complotto interno viene sventato dalle sue spie. Un tentativo di invasione dell'isola da parte di Costanzo Cloro fallisce a causa della grande abilità di Carausio sul mare.
L'impero Romano è alle prese con la Persia e non può impegnarsi su due fronti. La Britannia diventa virtualmente indipendente in virtù delle 3 legioni di stanza sul suo territorio e di ausiliari franchi che vengono pagati profumatamente con i metalli preziosi dell'isola.
Allo stesso tempo egli conquista il pieno appoggio dei mercanti londinesi e romani che continuano a fare affari con il continente e vengono pagati in moneta di miglior fattura: il famoso Billone. Il popolo locale e gli stessi proprietari terrieri gli danno l'appoggio per il suo successo nel respingere le invasioni dei Sassoni con la nuova potente flotta e per aver abbassato le tasse (non più pagate a Roma)Inizio IV sec. : Carausio raggiunge accordi con Piti e Scoti in cambio di vantaggi economici e impegnandosi a difendere i loro territori dai Sassoni e dagli Juti.
La lunga pace e i commerci favoriscono l'incremento della popolazione e un boom economico. Carusio viene nominato padre della Patria e prepara la successione al figlio.
Alla inizio del V sec. il monaco britannico Pelagio ritorna nella natia in Britannia e diffonde con grande successo l'eresia pelagiana. I successori di Carausio, scelti per adozione diretta, per non inimicarsi il popolo e svincolarsi dal potere della Chiesa Romana accettano i principi del pelagianesimo secondo cui la Grazia Divina può essere conquistata da ogni uomo e che non vi è nessuna predestinazione nè esiste il peccato originale. Tutti gli uomini sono liberi e nascono uguali.
La nuova religione favorisce un clima di libertà e iniziativa privata che favorisce ulteriormente l'economia.
I sovrani britannici, ormai totalmente celti, assorbono lentamente e definitivamente la Scotia e conquistano l'Hibernia (Irlanda) in cambio della protezione navale contro i Sassoni.
All'inizio del VI sec. d.C. la Britannia è l'unico stato che mantiene l'eredità di Roma politica e culturale, mentre il resto del'Europa deve scendere a patti coi barbari e piomba nella crisi economica. La ricchezza, il successo mercantile, la religione aperta creano una nuova mentalità aperta e tollerante. Londinium diventa il più importante centro commerciale dell'Occidente e una città cosmopolita dove si rifugiano tutti i perseguitati in Europa. La Britannia è la prima vera nazione europea coesa.
Per riscoprire le proprie radici culturali i ricchi mercanti locali, con l'appoggio di sovrani illuminati, fondano i primi centri di cultura. A Londinium nasce la prima università.
VII sec.: Il disboscamento selvaggio del territorio obbligano le autorità locali a favorire il ricorso al carbone. Ben presto nelle fabbriche britanniche ci si accorge che il carbone come combustibile per fondere il ferro permette di ottenere una qualità del mettallo nettamente migliore. Nasce la prima industria dell'acciaio e del carbone.
VIII sec.: Compaiono le prime incursione Vichinghe ma vengono sventate dalla flotta britannica. A causa del molteplicarsi di tentativi di invasione i sovrani britannici ordinano alla flotta di intercettare sempre più al largo le imbarcazioni vichinghe.
IX sec.: Il regno dei Franchi e la Britannia si alleano per difendere le loro coste dai Vichinghi. Nessuna nave vichinga riesce più a toccare I'Europa e non c'è nessuna epoca normanna. La Britannia rimane celtica e romana.
X sec.: Per stroncare definitivamente le invasioni vichinghe la Britannia organizza una grande operazione anfibia e occupa tutta la costa e l'entroterra scandinavo. Non ci saranno più incursioni vichinghe. Rinasce un Impero Romano Britannico nel Nord Europa.
Erik il Rosso per sfuggire alla cattura si rifugia In Islanda, ma viene raggiunto da navi britanniche e catturato. La Britannia occupa così l'Islanda. Successivamente vengono condotte ulteriori esplorazioni verso Occidente. I Romano-Britanni giungono in Vinland (Terranova) e vi creano basi e piccole colonie.
Per far fronte alla sovrappopolazione il governo favorisce l'espansione coloniale in America del Nord dove la lingua ufficiale è il Latino-Celtico.
XI sec.: Le lotte per il potere tra la nobiltà e il nuovo centro mercantile-industriale mette in crisi la monarchia. Anche la comparsa di una grande massa di salariati dell'industria del ferro e della lana crea rivolte. Il re Edoardo III per salvare la monarchia e il potere si propone come intermediario. Si decide di creare un Senato su modello romano ma diviso in due camere: una Camera dei Lords per gli antichi patrizi e i nuovi cavalieri (mercanti) e una Camera dei Comuni per i cittadini e il popolo.
Grazie alle tecniche navali apprese dagli antichi vichinghi, la Britannia costruisce navi oceaniche sempre più grandi e solide. Continua l'espansione in America con nuove colonie. Navi di Sua Maestà entrano in contatto con gli Aztechi in America Centrale. Conquista dell'America Centrale. Inizia la corsa all'oro mentre a Spagna e Portogallo la flotta britannica impedisce di colonizzare l'America del Sud.
XII sec.: Le immense ricchezze proveniente dall'America creano una prosperità senza precedenti. L'industria decolla per far fronte alle nuove esigenze di una popolazione sempre più numerosa ed esigente. La democrazia amplifica gli effetti economici e l'Inghilterra diventa un modello da imitare per l'Europa oltre che la prima vera superpotenza economica del II millennio.
In Francia scoppiano ribellioni. Il re viene catturato. I prigionieri politici vengono liberati dal popolo. I leader della rivolta, in parte rientrati dalla Britannia, chiedono l'appoggio militare di Londra. Le truppe britanniche invadono la Francia e impongono una monarchia costituzionale e democratica.
In tutta Europa il vento della libertà travolge le monarchia aristocratiche. Tutti gli stati diventano democrazie.
Un esperto di metallurgia inventa la stampa che si diffonde rapidamente in tutto il continente portando la cultura a tutte le classi sociali.
XIII sec.: I Mongoli, guidati da Ögödai, attaccano l'Europa ma vengono fermati nel cuore dell'Europa da una grande alleanza guidata dalla Britannia. I Mongoli scompaiono dalla Storia ma portano in Europa la polvere da sparo di invenzione cinese. In breve tempo viene inventato il cannone le cui specifiche tecniche richiedono una metallurgia più sofisticata. Ciò comporta un grande sviluppo dell'industria dell'acciaio e del carbone.
l nuovo clima politico ed economico in tutta Europa favorisce la nascita della Scienza e lo sviluppo dell'Arte e della Tecnica. La necessità di drenare acqua dalle miniere celtiche porta all'utilizzo del vapore. Poco dopo nasce la prima macchina a vapore rudimentale.
Ulteriore diffusione della cultura. E' il Rinascimento. In Europa vige una lunga pace favorita dalla prosperità e dalla democrazia, miglior antidoto alla guerra.
XIV sec.: Diffusione della macchina a vapore nell'industria tessile e poi nel settore ferroviario. Viene scoperta l'elettricità e in Medicina viene inventato il microscopio.
I territori americani diventano indipendenti dalla Britannia.
XV sec.: Vengono costruiti i primi motori a scoppio, la pila elettrica e successivamente il motore elettrico.
XVI sec.: Viene scoperta la penicillina. La medicina compie grandi progressi grazie al microscopio. L'elettricità entra in casa. Compaiono primi aerei a elica e le prime automobili.
XVII sec.: Viene inventato il primo computer. Compaiono gli aerei a getto. Inizia la conquista dello spazio.
XVIII sec.: I progressi della medicina portano l'aspettativa di vita a 100 anni. L'uomo conquista la Luna e poi Marte. Viene scoperta l'energia nucleare.
XIX sec.: Viene scoperto il DNA. Inizia l'ingegneria genetica. Su Marte e sulla Luna vi sono colonie stabili con centri di ricerca e centri di vacanze.
Grazie alla terapia genica e alla tecnica delle cellule staminali si giunge all'immortalità biologica. Viene controllata la fusione nucleare. Inizia la prima spedizione automatica con una sonda interstellare.
XX sec.: Per l'Umanità il futuro è senza limiti.
Spartac
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Così commenta William Riker:
Geniale, quest'ucronia! Me ne hai fatta venire in mente un'altra. La leggenda di San Giuseppe d'Arimatea è vera: lasciata la Palestina, colui che fece seppellire il corpo di Gesù nella sua tomba nuova si trasferisce in Britannia e riesce a convertire Carataco, re dei Catuvellauni figlio di Cunobelino (il Cymbeline di Shakespeare) e leader della resistenza antiromana. La Britannia diventa la prima nazione cristiana al mondo, anticipando di gran lunga l'Armenia, e Carataco, facendo leva sulla comune fede cristiana, riesce ad unire tutte le tribù intorno a sé e scaccia gli invasori romani dall'isola, proclamandosi suo unico sovrano. Come cambierà la storia della Britannia riunificata e cementata dalla fede cristiana? Al momento del crollo dell'Impero d'Occidente, re Uter Pendragon (noto ai Romani come Riothamus) o suo figlio Artù cercheranno di conquistare le Gallie o addirittura daranno la scalata al titolo imperiale?
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Gli risponde Paolo Maltagliati:
In effetti, storicamente
l'omogeneità religiosa è stata un fattore di appartenenza fortissimo, che ha
portato ad una coscienza etnica o politica, almeno nel mondo cristiano.
I romani di sicuro dopo Traiano rinvierebbero sine die l'idea di conquistarla.
Resta però da chiedersi come il cristianesimo britannico si confronterà con
Nicea, Efeso e soprattutto Calcedonia.
Se si porrà in eresia e alterità di riti totale con Roma, sarebbe un problema
comunque (e forse anche più grave) la sussistenza della 'Britannia' contro
l'Inghilterra. Nel senso che i sassoni convertiti da Agostino di
Canterbury(ammesso e non concesso che in questo senso tutto si svolga come in
HL) avrebbero una giustificazione religiosa ancora più netta e forte, per la
loro progressiva conquista dell'isola.
Per converso e per simmetria, potremmo (è da un po' che penso di svolgerla,
confesso, ma qui ci sta proprio come il cacio sui maccheroni) pensare all'Hibernia
romana.
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E Bhrghowidhon aggiunge:
Io invece proporrei il Walholand, una sorta di “Grande Galles” ex-romano dalla Britannia fino all’Ītălĭă Ănnōnārĭă, compresa la Cisalpina; di confessione religiosa caratterizzato dal Cattolicesimo Brittogallicano e con Patriarcato a Milano, si chiamerebbe «Ĭmpĕrĭŭm Găllĭārŭm, Hĭspānĭārŭm ĕt Brĭtănnĭārŭm», dal nome delle Prefetture da cui nasce); la leggenda di Re Artù Imperatore d’Occidente ne sarebbe uno dei miti nazionali e alluderebbe al senso di appartenenza comune di tutti i Walhas, appunto dalla Britannia alla Cisalpina. Se sui Britto-Galli continua a regnare la Dinastia Arturiana, potrebbe portare il titolo di Brigantini. Nel VII secolo gli Arabi si espandono come nella Storia nota, arrivando all’inizio dell’VIII secolo fino in Spagna, dove vengono a fatica rallentati e fermati dal Walholand, che corrisponde al Sacro Romano Impero con la Spagna Settentrionale e la Britannia. Per i Brittogalli del Walholand arrivano nuove sfide dal X secolo (Germani Settentrionali, Magiari, Peceneghi, poi Cumani).
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La palla passa ora a Lord Wilmore:
In Internet ho trovato la cartina che vedete qui sotto. L'autore prospettava uno scontro tra i due imperi più forti della storia, l'Impero Romano e l'Impero Mongolo, senza specificare se il primo fosse sopravvissuto integro fino al XIII secolo, o il secondo fosse apparso con 1000 anni di anticipo.
In realtà mi è venuto in mente che Romani e "Mongoli" si scontrarono davvero, se veramente gli Hsiung-Nu delle cronache cinesi sono da identificare con gli Unni. L'incontro fu fatale ai Romani, perchè gli Unni spinsero i popoli germanici in fuga all'interno dell'Impero Romano d'Occidente, finendo per distruggerlo, ma nemmeno le orde di Attila sopravvissero a lungo e poco dopo sparirono dalla storia, anche se i moderni Bulgari e Ungheresi affermano di essere discendenti di alcune tribù unne. La domanda che mi sferraglia in testa però è un'altra. Quando Attila fece irruzione in Europa, l'Impero Romano d'Occidente era già entrato in un'inarrestabile decadenza. Ma che accade se gli Hsiung-Nu sono cacciati dalla Cina in anticipo, e si affacciano ad ovest del Volga quando l'Impero Romano è al suo apogeo militare e territoriale, cioè sotto i regni di Traiano e di Adriano?
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Gli risponde Bhrghowidhon:
Forse ho l'idea giusta. Potremmo pensare a una Pāx Nŏmădĭcă delle Steppe che resti stabile (almeno nella parte europea) dal 117 d.C. ca. fino all’arrivo degli Avari e poi sopravviva ulteriormente sul Basso Danubio almeno fino a metà dell’VIII. sec. (o, magari, fino al 1018, come il Primo Impero Bulgaro) e che i questa Pāx – pressoché inevitabilmente di lingua īrānica nordorientale – nasca e domini lo stesso Attila che conosciamo, ovviamente in questo caso con un nome o un titolo īrānico anziché gotico, per esempio *U̯ĭndăhu̯ărənăh ‘Sole Splendente’.
Per cominciare, credo che alcune Migrazioni dei Popoli comincerebbero prima e con altri protagonisti, quali anzitutto i Britolagi e i Bastarni (al posto dei Visigoti di due o tre secoli dopo); inoltre Adriano potrebbe dover abbandonare anche la Dacia e ritrarre il confine lungo il Danubio. D’altra parte, la Migrazione dei Goti nelle Steppe verrebbe bloccata e così pure più tardi quelle degli Eruli, Rugi e Longobardi (almeno fino all’arrivo degli Avari). Può darsi che, se nascesse comunque l’Ĭmpĕrĭŭm Găllĭārŭm, non verrebbe (ri)conquistato da Roma (bensì, prima o poi, dagli Unni o, dopo il loro ritiro, dai Franchi, cui – in assenza di Cristianizzazione con Teodosio – seguirebbe un’estesa germanizzazione della Gallia, più o meno come quella della Britannia), mentre i Goti rimarrebbero bloccati per secoli in Scandinavia o in ogni caso nel Baltico.
Carlomagno esisterebbe quindi lo stesso, la differenza consisterebbe nel fatto che il Regno dei Franchi Occidentali sarebbe anch’esso di lingua tedesca; poi però tutto dipende dall’alterazione delle Genealogie. In effetti Chindasvindo è antenato degli Asburgo e dei Borboni, per cui se i Goti non attraversano il Baltico salta una grande parte delle Genealogie Reali europee. Lo sviluppo dell‘ucronia rimane quindi nell'àmbito delle proiezioni geopolitiche sul quadro etnico-nazionale del (sub)continente, senza riferimenti personali...
Tanto per cominciare, gli effetti linguistici: nella Storia reale gli Slavi sono stati parte di una Pāx Nŏmădĭcă di lingua īrānica nordorientale fino al II. secolo d.C. (all’inizio del quale si colloca il nostro Punto di Divergenza), poi di lingua germanica orientale fino al IV. secolo, di fatto prolungatasi con gli stessi Unni (e i Bulgari loro continuatori) fino agli Avari (seconda metà del VI. secolo), che hanno invece utilizzato lo stesso protoslavo come lingua veicolare, così contribuendo a stabilizzarlo definitivamente, sia pure con cessione di spazio ai Chazari verso Est. Dato che gli Avari hanno utilizzato lo slavo perché i Germani erano in gran parte emigrati verso Ovest (o comunque erano assorbiti dalla Sfera d’Influenza dei Franchi) e poiché in questa ucronia i Germani rimarrebbero nelle proprie Sedi protostoriche settentrionali e occidentali, la prospettiva è che appunto sia la Pāx Nŏmădĭcă che subentra intorno al 117 d.C. sia gli Avari utilizzino la lingua īrānica nordorientale dei Sarmati oppure degli Alani, se questi fanno parte della Pāx che si impone intorno nel II. secolo d.C.; tenuto conto che i Sarmati Iazigi si trovavano fra Danubio e Tibisco dal I. secolo a.C. e che nel XIII. secolo d.C. sono migrati in Ungheria gli Jászok (Iassi) di origine alanica e lingua ossetica, possiamo usare questi due casi come modello per quel che sarebbe avvenuto in questa ucronia: una Grande Ossezia dal Medio Danubio al Caucaso, con una lingua che sarebbe sopravvissuta anche ai Chazari, Peceneghi, Cumani e Tatari, probabilmente senza Migrazione dei Magiari (o con la prevalenza di una diversa lingua al loro interno, magari quella dei Sabarti) e verosimilmente anche senza persistenza e diffusione del rumeno a Nord del Danubio. In pratica, avremmo l’Ossezia estesa alla Ciscaucasia (perlomeno occidentale), Ucraina (forse anche Crimea), Moldavia, Romania e Ungheria; una tale Nazione non sarebbe stata annessa dalla Georgia e perciò Ioseb Besarionis je J̌uḡašvili, pur crescendo comunque bilingue, sarebbe rimasto etnicamente ossetico e sarebbe stato considerato connazionale di Attila.
L’impressione di fondo è che uno sblocco anticipato di più di due secoli e mezzo delle Migrazioni eurasiatiche avrebbe portato più avanti gli effetti delle dinamiche etnolinguistiche, fino a raggiungere l’Atlantico, per cui in pratica molte Nazioni risulterebbero più estese verso Occidente: oltre agli Osseti (dal Caucaso fino al Medio Danubio), anche i Tedeschi (in Gallia, dove i Normanni non si romanizzerebbero), con tanto di sopravvivenza del gallico nell’Estremo Occidente. Un Impero Romano messo così sotto pressione nell’Età degli Antonini avrebbe esercitato un ruolo storico paragonabile a quello dei Regni Ellenistici.
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Alberto Avanzi commenta:
Quando un impero con la testuggine incontra un impero a cavallo, l'impero con la testuggine è un impero morto.
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Ma Enrico Pellerito gli ribatte:
Dipende dal terreno: in montagna il cavallo non serve, per esempio...
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Paolo Maltagliati aggiunge:
Stavo ragionando sulle conseguenze a cascata in oriente della situazione. Magari Cao Wei non elimina progressivamente i popoli estiranici dai confini settentrionali della Cina perché troppo potenti le confederazioni tribali, ammesso che gli Jie fossero effettivamente iranici e non già turcofoni (nessuno ha mai pensato che potessero essere tocari, credo, però mi stuzzica come idea).
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E ora, quest'idea di Perchè No?:
Caracalla non pubblica la sua costituzione che faceva di ogni abitante libero dell’impero un cittadino romano. L’effetto sulla storia romana sarebbe minimo, però le conseguenze a lungo termine sono enormi: solo con questa costituzione il diritto romano é diventato il diritto di tutto l’impero accanto ai diversi diritti tradizionali locali, non nascerebbe così la vasta area di diritto romano, e con la fine dell’impero questo diritto sparirebbe, lasciando solo i diritti locali e i diritti dei popoli barbari: giustizia, regime politico, cultura, gerarchia ufficiale, potere dei vescovi, pensate solo a questi aspetti. Si può anche dire che con questa costituzione si afferma « un’identità » romana estesa a tutto l’impero e non più solo a una città, gli abitanti dell’impero sono infine dei veri Romani. Se ciò non sussiste, non so se gli imperatori avrebbero lasciato così facilmente Roma per altre capitali come Costantinopoli, ma se lo fanno, dopo la fine dell’impero in Occidente gli abitanti dell'Oriente non avranno nessuna volontà di dichiararsi Romani, l'impero bizantino non sarà romano ma puramente greco e orientale, e troverebbe la sua legitimità forse su modelli anteriori greci piuttosto che a Roma, potenza « di occupazione »...
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Gli risponde Bhrghowidhon:
Grande ucronia! La successiva tappa sarebbero le modalità di passaggio (ammesso, come probabile, che vi si arrivi) di una "religione" (o simile fenomeno politico-sociale) monoteistica. Ammettiamo per comodità il Cristianesimo, nella versione storicamente prevalsa dell'Ortodossia-Cattolicesimo (altrimenti potremmo variare proprio su questo tema, immaginando Confessioni e Religioni dei tipi più diversi nelle aree non "romane"): la differenza si scaricherebbe sul piano linguistico, come dimostrato - persino con la Constitutio Antoniniana - dai casi britannico, vasconico e illirico (albanese). Ne conseguirebbero:
1) in Gallia Transalpina (fino al Norico), un riassorbimento (sul modello di quanto storicamente avvenuto in Britannia) delle isole urbane di romanità, con le possibili eccezioni del Limes renano(-danubiano) (comunque destinato a deromanizzarsi in prosieguo di tempo) e della costa della Narbonese;
2) nelle Hispaniae, una polarizzazione tra litorale mediterraneo (esteso verso l'entroterra specialmente nella Baetica) romanizzato e, dall'altro lato, il bacino atlantico (para)celtico (celtiberico, lusitanico, callaico) e vasconico (forse con consolidamento della celticità insulare nella Bretagna galiziana)
3) in Gallia Cisalpina, la contrapposizione tra Mediolanum (e poi Ticinum) da un lato e Aquileia + Ravenna potrebbe rimanere di carattere anche linguistico (anziché solo dialettale), con riassorbimento della romanità urbana nelle città padane da parte della celticità cisalpina e ligure; in uno scenario massimalistico, si potrebbe anche immaginare lo sviluppo di una latinità veneta molto più caratterizzata dal sostrato venetico;
4) in Dacia, la latinità danubiana non si sarebbe potuta imporre, alla lunga, sulle persistenze dacomisie, che sarebbero rimaste come una sorta di 'Albania' danubiano-carpatica in mezzo alla Slavia.
A lungo termine è lecito immaginare che, da un lato, la frontiera linguistica germanica nel bacino renano avanzasse più verso Sud-Ovest (come avvenuto in Britannia), dall'altro lo facesse più lentamente e con meno compattezza in Elvezia e nel bacino altodanubiano (in assenza della contrapposizione germano-romana che ha catalizzato la nascita del Ducato di Alemannia e la germanizzazione della Baviera). Sempre per la mancanza di polarizzazione tra Romani e no, anche la slavizzazione nel bacino danubiano sarebbe stata molto più graduale (a meno che, come va sempre rilevato, invece della slavizzazione avesse luogo una germanizzazione, che era l'eventualità più probabile fino al 568, ma di nuovo bisogna tener conto delle differenze condizioni di partenza in questo scenario, così come visto per il bacino renano e altodanubiano). In tutti i casi, il territorio abitato da Albanesi sarebbe stato più esteso (con l'eccezione sempre problematica delle città elleniche della costa) e probabilmente anche altre comunità preromane e pregreche (dacomisie e traciche) sarebbero sopravvissute nella Penisola Balcanica.
La Magna Graecia si sarebbe mantenuta tale, mentre l'Italia romana avrebbe rappresentato una sorta di Impero Bizantino / Stato Pontificio / Repubblicone Marinaro (a seconda della permanenza o meno degli Imperatori a Roma) costituito dalla Penisola Appenninica e, con varie interruzioni (in Mauritania e Numidia, parzialmente in Liguria e Liburnia), dalle città costiere adriatiche orientali e mediterranee occidentali fino all'Atlantico e alla Bizacena (mentre il resto dell'Africa sarebbe stato riassorbito da regni neolibici e verosimilmente anche neopunici).
Tutto il versante atlantico dell'Europa sarebbe rimasto prevalentemente celtico (nonché basco-aquitanico in area pirenaica), quasi certamente frammentato in baronie nei confini delle ciuitates imperiali; come storicamente in Britannia, alcune di queste baronie sarebbero state inglobate in più estese contee a egemonia germanica (sia occidentale sia, in questo scenario, forse anche orientale).
Per riassumere, le Nazioni postimperiali avrebbero ricalcato le linee di quelle preromane, tenendo conto dell'espansione romana e germanica (in Occidente), greca e forse (balto)slava (nei settori centro-orientali del Mediterraneo e del continente europeo):
un continuum gallobritannico dai Pitti alla Lusitania;
Ducati germanici più piccoli e compatti, ma etnicamente più estesi verso Sud-Ovest;
Mediterraneo Occidentale, Penisola Italica e Adriatico Orientale in continuità latina;
Regni libico-berberi e almeno uno neopunico in Africa;
una o più Monarchie ellenistico-romane nel Mediterraneo centrale e orientale;
una o più 'Albanie' (illiriche, dacomisie e traciche) di cospicua estensione nella Penisola Danubiano-Balcanica;
espansione slava (o germanica?) a pelle di leopardo nel medio e basso Danubio;
Regni nazionali di tipo armeno nella Penisola Anatolica (Frigia, Pisidia, Isauria, Licaonia);
restaurazione di grandi Monarchie di cultura greca ma con prevalenza linguistica locale in Siria, Israele ed Egitto, variamente soggette alla pressione espansionistica iranica (dove è possibile che l'emersione di una Dinastia mediopersiana come i Sāsānidi fosse meno caratterizzata in senso nazionale, parallelamente alla mancata Constitutio Antoniniana nell'Impero Romano).
Naturalmente tutto ciò presuppone che qualcosa di sostanzialmente identico alla Constitutio Antoniniana non venisse emanato neppure in sèguito, ossia che l'Impero Romano non attuasse mai una politica di livellamento fiscale.
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E ora, l'idea di Generalissimus:
La dinastia dei Severi riesce ad unificare pacificamente l'Impero Romano e l'Impero Partico come auspicava lo storico Erodiano. Secondo quest'ultimo, Parti e Romani insieme si sarebbero completati a vicenda e avrebbero potuto tranquillamente conquistare il mondo! Arriveremo alla costruzione di un iperimpero?
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Lasciamo la parola ad Enrica S.:
Dunque, è da un po' che penso alle possibili direttrici di espansione dell'Impero Romano. Considerato il fatto che il Sahara e le paludi del Sudan sono una barriera naturale verso l'espansione in Africa Nera e che i Germani sono riottosi, penso che le strade possibili siano tre: nelle isole britanniche; verso la Sarmazia per rafforzare il confine settentrionale; e, appunto, verso l'Oriente. Quest'ultima direttrice di espansione può venire incontro alle aspettative di Generalissimus. Ed ecco cosa ho pensato...
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Operazioni in Caledonia
80: Gneo Giulio Agricola, governatore della Britannia romana, decide la conquista della Caledonia (la nostra Scozia), e in estate guida il suo esercito fino all'estuario del fiume Taus (il Solway Firth), dove fa costruire dei forti.
82: spedizione punitiva di Agricola in Irlanda dopo aver fortificato la costa britannica ed aver dato rifugio a Tuathal Teachtmhar, re supremo irlandese esiliato da ragazzo, del quale parlano antiche tradizioni dell'isola; rimettere sul trono quest'ultimo è la causa occasionale della spedizione. Agricola rinuncia a conquistare militarmente l'Irlanda, per concentrarsi sulla Scozia, ma Tuathal, una volta insediato sul trono, stringe un patto di amicizia con l'imperatore Domiziano, e i manufatti romani cominciano a essere commerciati sull'isola.
83: Agricola muove guerra ai Caledoni, i quali attaccano nella notte l'accampamento della Legio IX Hispana. Agricola riesce però a respingerli con la cavalleria, penetrando con le sue truppe fin sulle Highlands e costruendo il forte di Cawdor vicino ad Inverness.
84: l'esercito romano guidato da Agricola si scontra nella battaglia del Monte Graupio contro un'enorme armata di Caledoni, guidati da Calgaco. Secondo Tacito, genero di Agricola, le truppe di quest'ultimo sbaragliano i nemici, che perdono circa 10.000 uomini contro appena 360 perdite dei Romani. Agricola fa alleanza con i Pitti contro i Caledoni, e ottiene la sottomissione del loro re Gartnait. Intanto un prefetto navale da lui nominato esplora la costa settentrionale della Scozia e scopre le isole Orcadi.
86: Agricola annette all'Impero la provincia di Caledonia. Fa inoltre costruire il forte romano di Drumanargh in Irlanda come base commerciale abitata permanentemente. Domiziano, invidioso dei suoi successi, lo richiama a Roma, e secondo Tacito lo fa anche assassinare.
120: la Legio IX Hispana comandata dal generale Tito Flavio Virilo viene mandata dall'imperatore Elio Adriano a reprimere una rivolta dei Caledoni, che tentano di recuperare l'indipendenza. Il centurione romano Quinto Dia scopre che la guida pitta della Legione, Etain, la sta portando verso un'imboscata per vendicarsi dello stupro di sua madre compiuto dai romani, e così le truppe romane si salvano e sconfiggono definitivamente i ribelli Caledoni. Nella nostra Timeline invece la IX Hispana viene massacrata, si salva solo Quinto Dia che rientra in Britannia, ma il governatore romano cerca di eliminarlo per distruggere le prove che un'intera legione romana si sia fatta massacrare dai barbari, ed egli fugge a vivere tra i Pitti dove sposa la guaritrice Arianne, come narrato nel film "Centurion" (2010) di Neil Marshall.
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Operazioni nell'area danubiana
101-102: prima campagna di Traiano contro Decebalo, re della Dacia, allo scopo di risanare le finanze dell'Impero Romano con le miniere d'oro della Transilvania. Traiano assedia la capitale dacica Sarmizegetusa e ne occupa parte del territorio.
105-106: seconda campagna di Traiano contro la Dacia, che si conclude con il suicidio di Decebalo e la conquista dell'intero territorio. Nasce la provincia romana della Dacia, e per celebrare l'evento viene scolpita la Colonna Traiana a Roma.
169: Lucio Vero, fratello adottivo di Marco Aurelio, non è colpito da infarto, e conduce una campagna militare contro gli Iazigi e i Sarmati nella piana del fiume Tisza. Lucio Vero intende così punire questi popoli per aver compiuto, l'anno precedente, un'incursione nella provincia della Dacia, ora che ha concluso trattati di pace con le popolazioni suebe (Quadi, Marcomanni e Naristi) che gravitano lungo i confini del medio Danubio. Gli Iazigi sono battuti con grande difficoltà; Lucio Vero è costretto ad andare in soccorso del fratello che sta combattendo contro i Marcomanni, lasciando al governatori della Dacia Claudio Frontone il compito di portare avanti la Guerra Sarmatica.
175: dopo aver sconfitto i Marcomanni, Marco Aurelio decide di sottomettere una volta per tutte gli Iazigi che gli si sono ribellati. La campagna contro le popolazioni della piana del Tibisco è appena ripresa, quando gli giunge notizia che Avidio Cassio, governatore di Siria, si è ribellato e si è autoproclamato imperatore di buona parte delle province orientali. Marco Aurelio è costretto ad abbandonare l'Europa Centrale, ma vi lascia il fratello adottivo Lucio Vero, che come abbiamo visto è sopravvissuto. Mentre Marco Aurelio si sposta in Oriente per affrontare Avidio Cassio, Lucio prosegue la guerra contro gli Iazigi e, se non riesce ad annettere la Marcomannia, crea però la nuova provincia di Sarmazia mella piana del Tibisco. Si sposta quindi ad oriente della Dacia per conquistare la Valacchia ed accorciare così il confine romano rendendolo più sicuro.
177: Avidio Cassio è assassinato da un centurione romano, rimasto fedele a Marco Aurelio, scongiurando così una probabile nuova guerra civile. Intanto Lucio Vero sconfigge i Sarmati Roxolani a Piroboridava, l'attuale Poiana in Moldavia, e riconquista così un territorio strategico che era stato stupidamente abbandonato da Adriano, ma muore nello scontro. In suo ricordo Marco Aurelio fonda in Muntenia la città di Colonia Vera, che secoli dopo darà origine all'attuale città di Bucarest, capitale della Romania. Il confine romano viene così tracciato fin sulle rive del Mar Nero ad Olbia Pontica, antica colonia di Mileto sulla foce del Bug Meridionale, il cui porto è uno dei principali scali del mar Nero per l'esportazione di cereali, pesci, e schiavi verso Roma, e Marco Aurelio può organizzare la nuova provincia romana di Scizia.
180: il 17 marzo Marco Aurelio muore a Boristene, colonia greca alla foce del nuovo Dnepr, secondo alcuni di peste, secondo altri combattendo contro i Sarmati; i maligni dicono invece che sia stato assassinato dal figlio Commodo, il quale può così succedergli al trono, mentre Marco Aurelio aveva designato come proprio successore il generale Massimo Decimo Meridio, originario della Lusitania, come raccontato dal film "Il Gladiatore" (2000) di Ridley Scott.
193: Commodo, che ama i combattimenti con i gladiatori (secondo i maligni sarebbe lui stesso figlio di un gladiatore), viene ucciso nell'arena da Massimo Decimo Meridio, cui ha fatto ammazzare la moglie e il figlio, in un complotto cui partecipano anche sua sorella Lucilla, cui Commodo ha fatto assassinare il marito, il senatore Gracco e Marzia, cugina e amante cristiana di Commodo. Massimo Decimo Meridio muore lui pure nel combattimento, come narrato nel film suddetto. Dopo un periodo di torbidi, prende il potere il generale Settimio Severo, che avvia una nuova dinastia.
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La fusione tra i due imperi
197: dopo due secoli e mezzo di guerre tra i Parti e i Romani, l'Imperatore Settimio Severo decide di chiudere il conto con gli eterni nemici dell'Urbe ed invade la Mesopotamia durante il regno di Vologase V (191–208), allo scopo di portare a termine ciò che Traiano e Lucio Vero hanno iniziato. Disceso l'Eufrate, conquista prima Seleucia e poi la capitale Ctesifonte, assumendo il titolo di Parthicus Maximus. Settimio Severo è però costretto a ritirarsi alla fine del 198, e deve limitarsi ad annettere la Mesopotamia settentrionale.
212: poco tempo dopo l'ascesa al trono del Re dei Parti Vologase VI, suo fratello Artabano IV si rivolta contro di lui impadronendosi di gran parte dell'Impero. Indebolito dalla crisi interna e dalle guerre con Roma, l'Impero dei Parti è ormai prossimo al collasso. La fine è ritardata solo dal fatto che l'Imperatore Caracalla decide di aiutare Vologase VI contro Artabano IV; quest'ultimo è sconfitto presso Dura Europos. Come compenso, Caracalla ottiene Arbil ad est del fiume Tigri e il protettorato su tutta l'Armenia e l'Osroene.
222: dopo l'assassinio di Elagabalo, Giulia Mesa, sorella della moglie di Settimio Severo, fa in modo che i pretoriani acclamino nuovo Imperatore suo nipote (nonché cugino di Elagabalo), Alessandro Severo, che ha solo quattordici anni. A differenza del cugino, questi vive come un monaco, mangia pochissimo ed è molto rispettoso di tutte le religioni dell'Impero, compreso il Cristianesimo, contro il quale sospende tutte le persecuzioni (si dice anche che tenga un crocifisso nel suo larario insieme a tutte le statuette dei suoi déi).
224: il 28 aprile Vologase VI, ultimo sovrano dei Parti, è sconfitto e ucciso in battaglia presso Esfahan da Ardashir, della Casa di Sasan, che si insedia al suo posto e proclama la rinascita dell'Impero degli Achemenidi, dei quali si dice discendente. Poco prima di morire, Vologase VI ha invocato l'aiuto di Alessandro Severo, offrendogli in sposa la più bella delle sue figlie, Rodogune. Il giovane sovrano allora fa saltare fuori un'altra lettera, in cui Vologase VI lo nomina suo erede universale, lasciandogli il suo impero. Egli allora raccoglie numerose truppe per una grandiosa campagna d'oriente, ottenendo in tal modo il favore dell'esercito romano, che fin qui lo ha malvisto per il suo pacifismo. Alessandro può presentare la sua come una guerra difensiva, poiché Ardashir ha subito rivendicato tutti i possedimenti che erano stati degli Achemenidi, inclusi Egitto, Palestina, Siria e Anatolia.
225: come raccontano gli storici Erodiano, Aurelio Vittore ed Eutropio, Alessandro Severo avanza via terra in Mesopotamia mentre la sua flotta discende l'Eufrate. La capitale Ctesifonte è presa facilmente, e il signore della Caracene e quello dell'Elimaide gli fanno atto di sottomissione. Intanto Ardashir si è ritirato in Persia, la sua regione d'origine, per preparare un poderoso esercito, forte di settecento elefanti da guerra e milleottocento carri falcati, oltre che di migliaia di cavalieri ritenuti invincibili. Lo scontro decisivo avviene presso Susa, e il giovane imperatore romano prende personalmente parte alla battaglia, comandando il fianco destro romano. Dopo una delle battaglie più sanguinose della storia, l'esercito sasanide è messo in rotta. Ardashir si salva a stento e si rifugia a Istakhr, suo feudo personale, sperando che gli altri satrapi lo aiutino, ma i Parti, gli abitanti della Margiana e quelli dell'Atropatene (l'odierno Azerbaigian) riconoscono Alessandro come Re dei Re.
227: dopo un lungo assedio, Istakhr è presa dai Romani e dai loro alleati orientali, e Ardashir muore nel rogo del suo palazzo dentro cui si è asserragliato, senza lasciare discendenti. In linea con la sua dirittura morale, Alessandro impedisce ai suoi soldati di saccheggiare le città che si sono arrese, quindi sposa Rodogune e si fa solennemente incoronare Re dei Re sul trono degli Arsacidi. Per presentarsi come « il nuovo Alessandro Magno » compie un viaggio verso oriente che lo porta a Rhagae, Nishapur ed Herat, fin nell'attuale Afghanistan, quindi fa ritorno a Roma, dove celebra un grandioso trionfo con donativi al popolo e due settimane di giochi gratuiti (tutti i gladiatori sconfitti vengono graziati, e i vittoriosi liberati). L'Historia Augusta ci ha tramandato il discorso di Alessandro di fronte al Senato romano, in cui l'imperatore rivendica il proprio successo grazie al favore di tutti gli déi venerati nell'Impero, ed anche di Ahura Mazda, il dio supremo della religione zroastriana, da lui grecizzato in Ormisda. Egli fa perciò elevare a Roma un grande tempio intitolato a Giove Ormisda, unificando così i due culti, e il Senato gli fa innalzare un grandioso Arco Trionfale accanto al Colosseo. Il nome di sua moglie Rodogune, che gli darà ben undici figli, viene latinizzato in Giulia Rodopi. Alessandro ora governa un impero esteso dalle Highlands della Scozia fino alla foce dell'Indo, e può commerciare direttamente con i ricchissimi mercati dell'India e della Cina.
235: dopo aver sconfitto gli Alemanni a Magonza, sul Reno, rendendo così sicuro quel confine, Alessandro Severo, che ha trascorso buona parte del suo regno a visitare le province come faceva Elio Adriano, si accorge che Roma è troppo decentrata rispetto al suo vastissimo impero, e decide di costruire una nuova capitale che sia più o meno equidistante dalla Spagna e dall'Indo. Per questo, dopo aver preso in considerazione Alessandria d'Egitto e Antiochia di Siria, sceglie Bisanzio, sulla riva europea del Bosforo, cui dà il nome di Nova Roma. Tutti però la conosceranno fino al giorno d'oggi con il nome di Alessandropoli, la Città delle Città.
Fin qui sono arrivato io. E poi? Come continua la storia di questo immenso Impero Romano-Persiano?
Chi ce lo vuole suggerire, ci scriva a questo indirizzo!
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Ecco cosa gli risponde Iacopo Maffi:
Per l'unificazione di impero Romano e impero Persiano qui prospettata, la finestra utile va dal 27 a.C. (primo principato di Ottaviano, e inizio dell'Impero) al 224 d.C. (superamento dell'egemonia partica sui potentati iranici e sua sostituzione con l'autorità imperiale Sasanide). Peccato: questo lascia fuori Cesare (protagonista di un'ucronia simile pubblicata sul sito, un capolavoro), e Crasso ("Dicci Crasso, che gusto ha l'oro?) da una parte, e Costanzo II dall'altra. Le date più promettenti prima dello scontro finale del VI-VII secolo sono fuorigioco.
Un'unificazione dinastica è stata tentata più volte, senza nessun successo, in più occasioni da Caracalla a Maurizio. Dubito che avrebbe potuto funzionare: in nessuno dei due imperi si era ancora espresso il principio astratta di ereditarietà che fu poi tipico dei regni post germanici. Una "guerra di successione" alla maniera di quelle del '700 europeo, o una concentrazione di corone come ne avvenne nel '500 erano impensabili. Il portatore dell'autorità non si era ancora astratto dall'esercizio effettivo del potere: per essere Imperatore, a Roma, dovevi meritartelo, o aspettarti una coltellata. L'appartenenza ad una famiglia "reale" come i Claudi o i Severi non corrisponde in nessun modo all'essere erede di una famiglia reale come gli Asburgo o i Jagelloni. E oltre l'Eufrate la situazione non era certo diversa: i Parti erano una confederazione formata, forse, da sette Case, nessuna delle quali tra l'altro controllava il centro della cultura persiana. La struttura del potere non era astratta (non lo fu nemmeno per i Sasanidi). Sposare la figlia del re dei parti significava suggellare un patto di alleanza, una pace. Ma per essere il re dei Parti non serviva a nulla essere figlio del precedente re dei parti -dovevi essere... beh, molto semplicemente, dovevi essere re. (Per capire meglio cosa ciò significhi, si confronti la cerimonia bizantina di investitura imperiale da parte di esercito, senato, demi e patriarca, necessaria anche per un figlio porfirogenito, con l'espressione moderna "il re è morto, lunga vita al re": la logica del potere è del tutto diversa).
Ci resta solo la forza. Bisogna capire da che parte stanno i vincitori e i vinti. Non che i Parti avessero molte possibilità: non furono mai un pensiero reale per Roma, specie se confrontati con gente come Quadi, Marcomanni, Goti. Serviranno i Sasanidi per rendere caldo il confine orientale. C'è tuttavia una possibilità: che
POD1 Marcantonio e Cleopatra fuggano in Partia e soillino e addestrino i nemici di Roma. Dopo il 27 a.C. merciano sulla Siria, prima della morte di Ottaviano si riprendono l'Egitto, prima della fine della dinastia Giulio-Claudia son in Europa e poi basta il tem-po. Amor Vicit Omnia.
Tra il 14 e il 96 Roma e la Partia sono in pace. Potremmo immaginare che uno degli imperatori di questo periodo la infranga. Candidati ideali sono secondo me Nerone, Domiziano e Tito. Quest'ultimo in particolare,
POD2 dopo avere conquistato Israele, potrebbe spingersi ad oriente.
Nel 117 Traiano effettivamente conquista la Mesopotamia e cattura Ctesifonde, il federal district dei Parti. Il suo successore, Adriano, ritira le truppe. Ora, io non ho nessuna simpatia per Adriano. Di lui penso che fosse un fascistello arrivista, quindi le mie parole siano pesate su questo. Comunque, se Traiano defunge più tranquillamente, potrebbe POD3 concedere la porpora a qualcun altro, per esempio Lusio Quieto. La province mesopotamiche sono integrate e l'impero persiano integrato nella fase di maggiore resilienza dell'Impero Romano!
Lucio Vero, Settimio Severo e Caracalla tentarono tutti e tre di espandersi verso oriente, ma ottennero un risultato pessimo: la leadership partica fu messa in crisi, e sorse quella molto più efficiente dei sasanidi. Una vittoria in questa fase dunque avrebbe dovuto essere completa, o non otterrebbe i risultati sperati. Ma l'impero stava attraversando una fase di grandi cambiamenti, con l'estensione della cittadinanza e così via, dunque mi sembra poco probabile una grande espansione nel terzo secolo.
All'altezza di Traiano comunque il punto non era tanto conquistare tutto il c.d. Impero dei Parti (si poteva annettere ancora Elimaide, Atropatene, forse Perside) quanto piuttosto subentrare agli Arsacidi come egemone della confederazione di popoli nomadi iranici dell'Asia Centrale. È ciò che fecero in effetti i Sasanidi, il cui Impero era in effetti un'unione di diverse realtà locali federate. La domanda dunque la potrei in questo modo: tra le campagne persiane di Traiano (115 ca) e la "rivoluzione" Sasanide (225 ca) era possibile per i Romani accreditarsi come Shah nel mondo iranico? La risposta ovviamente è "sì, ma...".
Sì, ma si sarebbe dovuto anticipare lo spostamento della Capitale, offrire ai Persiani la possibilità di entrare negli apparati statali romani e forse adottare un sistema di successione dinastico più rigido, più simile a una Monarchia Sacra che alla Suprema Magistratura romana. Sono cambiamenti non da poco. Roma poteva sostenerli? Certsmente: dal 235 al 335 ne sostenne di altrettanto profondi, e in condizioni terribili. Sarebbe stata necessaria una volontà ferrea, una grande determinazione e un apparato di professionisti e cortigiani perfettamente funzionante. Era possibile creare tutto questo. Adriano poteva farlo.
Il bisogno di legami saldi col mondo aramaico e di accreditarsi come Re Sacri avrebbe forse permesso comunque l'ascesa dei Severi e dei membri del loro clan, magari con un matrimonio ben piazzato tra Caracalla e la figlia di Commodo (che non deve essere assassinato, ma lo si può evitare facilmente in questo contesto). In questo contesto Alessandro Severo può ricevere l'omaggio dei vari Satrapi Parti e regnare fino al 262 dalla nuova Capitale (magari la stessa Ctesifonte, o una Nuova Roma nei suoi pressi). Lo scontro geostrategico a questo punto si sposterebbe nelle Steppe e in India. Roma avrebbe tempo fino al 581 per consolidare la sua posizione in Europa (dove le Invasioni Barbariche non avrebbero luogo o sarebbero molto diverse e meno disgregative per l'impero) in Asia (dove lo scontro tra Iranici e Turchi vedrebbe Roma fare da ago della bilancia) e in India (dove i Gupta sarebbero per Roma un osso duro, ma meno dei Sasanidi).
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Alessio Mammarella obietta:
La ricostruzione di Iacopo ci sta, ma non sarei così ottimista sulla tenuta dell'Impero. La divisione tra gli imperi romani d'occidente e d'oriente è stata inevitabile a causa delle differenze sempre più profonde nella gestione delle diverse aree dell'Impero. Se a maggior ragione l'Impero si fosse esteso verso oriente, inglobando la Persia e guardando all'India, dubito che sarebbe riuscito a mantenere le province occidentali. Già Alessandro fu assassinato dai legionari per mettere al suo posto Massimino, un generale di origini modeste, forse anche con sangue germanico nelle vene. Le invasioni germaniche degli anni successivi favorirono continui colpi di Stato da parte di generali che avevano ottenuto fama combattendo contro i germani. Nel caso di un Impero esteso a oriente, in cui la sovranità si stabilizza su un modello monarchico dinastico (immaginiamo che Alessandro non venga assassinato e riesca a dar vita a una dinastia abbastanza stabile, in grado di durare qualche secolo) i vari Decio, Valeriano, Claudio, Aureliano avrebbero potuto dare origine a uno stato secessionista (simile all'Impero delle Gallie, ma tendenzialmente esteso a gran parte delle province occidentali). Insomma, a parer mio la conquista della Persia avrebbe potuto anticipare di qualche secolo la frattura dell'Impero in due parti ed essere anche più netta sul versante ideologico-culturale.
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E ora, l'idea di Perchè No?:
Il Principato Adottivo eterno
Questa idea l'abbiamo discussa più volte senza mai approfondirla veramente. Generalmente ne parlavamo solo per immaginare l'impero romano senza Commodo. Sappiamo bene quanto l'idea del principato adottivo alla fin fine era stata solo una bella teoria dovuta all'azzardo più che altro. La mia idea invece è di farne una dottrina ufficiale riguardo alla successione imperiale. L'imperatore, arrivato ad una certa età, adotta l'uomo che considera più capace, con o senza l'approvazione del Senato. Se muore prima di scegliere il successore, allora di dovrà trovare un'alternativa (scelta del Senato con il precedente di Nerva, scelta delle legioni via guerra civile, scelta "combinata" tipo Adriano).
La parte più importante dell'ucronia sta nel fatto che il principio di adozione deve essere formalmente scelto e scritto nella legge ad un certo punto contro la successione in linea di sangue. Voglio dire che a un certo momento Marco Aurelio deve fare la scelta di togliere Commodo dalla successione (niente "assenza" di Commodo per un motivo fin troppo comodo). So perfettamente che Marco Aurelio non avrebbe storicamente fatto questa scelta, ma potrebbe essere stato costretto a farla.
A questo punto, quale sarebbe la successione ucronica degli imperatori dopo Marco Aurelio e quale l'impatto sulla storia romana?embra sicuro che dopo Marco Aurelio sarebbe stato Tiberio Claudio Pompeiano ad essere adottato, regnando 13 anni fino alla morte nel 193. Dopo di lui chi sarebbe il migliore candidato? (Possiamo conservare alcuni imperatori della HL, se non sono legati al predecessore). Come potrebbe evolvere il metodo di designazione del successore?
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Questa è la proposta in merito di Lord Wilmore:
27 a.C.-14 d.C.: Caio Giulio
Cesare Ottaviano (Augusto)
14-37: Tiberio Claudio Nerone
37-54: Gneo Calpurnio Pisone
54-69: Servio Sulpicio Galba
69-79: Tito Flavio Vespasiano
79-93: Gneo Giulio Agricola
93-98 Marco Cocceio Nerva
98-117 Marco Ulpio Traiano
117-138 Publio Elio Adriano
138-161 Tito Aurelio Antonino (Pio)
161-180 Marco Aurelio Antonino
180-193 Tiberio Claudio Pompeiano
193-211 Lucio Settimio Severo
211-218 Giulio Leto
218-222 Marco Opellio Macrino
222-242 Caio Giulio Vero Massimino (il Trace)
242-253 Marco Giulio Filippo (l'Arabo)
253-260 Publio Licinio Valeriano
260-275 Lucio Domizio Aureliano
275-284 Marco Aurelio Caro
284-305 Caio Aurelio Valerio Diocleziano
305-311 Gaio Galerio Valerio Massimiano
311-337 Flavio Valerio Costantino (il Grande)
337-361 Flavio Magno Magnenzio
361-375 Flavio Claudio Giuliano (il Filosofo)
375-383 Flavio Giulio Valente
383-395 Flavio Teodosio
395-425 Flavio Stilicone
425-457 Flavio Ezio
457-476 Giulio Valerio Maggioriano (il Grande)
476-491 Giulio Nepote
491-518 Flavio Anastasio Dicoro
518-527 Quinto Aurelio Memmio Simmaco
527-568 Flavio Pietro Sabbazio Giustiniano
568-582 Flavio Tiberio Costantino
582-610 Flavio Tiberio Maurizio
610-641 Flavio Eraclio
[...]
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Però Dario Carcano obietta:
Il problema è che Tiberio Claudio Pompeiano rifiutò sempre la porpora imperiale quando se la vide offerta: la prima volta nel 169 da Marco Aurelio, e poi altre due volte nel 193, quando se la vide offerta da Pertinace dopo la morte di Commodo, e poi da Didio Giuliano dopo l'omicidio di Pertinace. Già solo per questo avrebbe meritato di essere imperatore molto più di quasi tutti gli imperatori della storia romana.
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E Tommaso Mazzoni controbatte:
Come diceva Khaless l'indimenticabile, un vero leader non cerca il potere, il potere viene loro imposto sulle spalle. Se il Senato lo acclamasse, non avrebbe scelta.
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E ora, la palla a Generalissimus:
Gli imperatori romani Pupieno
e Balbino morirono mentre stavano battibeccando fra di loro, come d'altronde era
diventata la norma durante i tre mesi nei quali regnarono insieme.
I colpevoli del loro assassinio, che entrambi pensarono fossero i loro seguaci
arrivati ad uccidere il proprio rispettivo avversario fino a quando non fu
chiaro che si trovavano lì per fare la pelle ad entrambi, furono dei membri
scontenti della Guardia Pretoriana, spaventati dalla possibilità che i due
imperatori scelti dal senato implementassero il piano di sciogliere la Guardia
Pretoriana e sostituirla con la meno recalcitrante Guardia Germanica.
I due però avevano in mente anche un altro piano che secondo loro avrebbe dovuto
risolvere parecchi dei problemi dell'Impero Romano, ovvero due enormi campagne
militari a tenaglia che avrebbero visto Pupieno marciare contro i Sasanidi e
Balbino attaccare le tribù germaniche in contemporanea.
Ma cosa accadrebbe se i due vivessero almeno altri dieci anni circa e facessero
partire la loro doppia campagna, magari aiutati anche dal fatto che Balbino
desse per una buona volta retta a Pupieno, che aveva scoperto il complotto della
Guardia Pretoriana? Certo, poi ci sarebbe ancora l'incognita di Gordiano III e
dei suoi partigiani.
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Gli risponde Dario Carcano:
Pupieno e Balbino furono
imperatori durante uno dei momenti più bassi della crisi del III secolo.
Innanzitutto siamo subito dopo l'omicidio di Alessandro Severo e l'estinzione
della dinastia severiana (235), dopo la quale le legioni elessero imperatore
Massimino il Trace, un generale di orgine barbarica che ben presto fu odiato dal
Senato e dal popolo dell'Urbe; dopo tre anni di regno durante i quali Massimino
aveva condotto campagne contro i Germani e contro i Sassanidi, senza che
l'imperatore mettesse mai piede a Roma, in opposizione a Massimino furono eletti
non uno, ma due imperatori: in Africa il proconsole Gordiano si proclamò
Imperatore, associandosi il figlio Gordiano II, ma il governatore della Numidia,
Capeliano, represse rapidamente la rivolta uccidendo i due Gordiani; un nipote
di Gordiano I, figlio di una sorella di Gordiano II, scampò alla strage e riparò
a Roma, dove il Senato lo elesse imperatore associandolo a due senatori, appunto
Pupieno e Balbino.
Gordiano III era troppo giovane per esercitare il potere, ma dei tre imperatori
eletti in opposizione a Massimino era senza dubbio il più popolare: nonostante
l'insurrezione dei due Gordiani fosse stata rapidamente repressa, a Roma si era
formato un ricordo molto positivo dei due imperatori, considerati letterati
amanti della pace, vittime della repressione di un tiranno sanguinario.
La popolarità di Pupieno e Balbino quindi declinò rapidamente, perché le varie
disgrazie avvenute nel loro breve regno (i successi di Massimino contro le
truppe senatoriali e anche un incendio di Roma) furono attribuiti a loro due,
mentre il giovane Gordiano III mantenne un forte consenso personale.
Nei fatti, la sorte di Pupieno e Balbino fu segnata quando Massimino fu ucciso
da un ammutinamento della Legio II Parthica mentre assediava Aquileia; morto
Massimino, non serviva più avere due imperatori adulti a esercitare il potere, e
il giovane Gordiano III sarebbe stato più che sufficiente per garantire la
stabilità della figura imperiale nonostante l'assassinio dei due imperatori.
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La parola passa a MorteBianca:
"Romania" per davvero!
L'Impero Romano non cede mai la Dacia, bensì la difende e la trincera costruendo diversi fortini sulle sue difese naturali (le montagne). Al momento della Tetrarchia la Dacia diventa la sede del Cesare d'Oriente, viene per questo riempita di colonie e fortificata. Al momento dello scisma tra Oriente e Occidente la Dacia segue il destino d'Oriente e sopravvive alle scorribande dei Barbari, anche se gli Ostrogoti si prendono comunque quasi tutta l'attuale Jugoslavia. L'Impero Bizantino perde i territori africani e mediorientali a vantaggio del Califfato che si espande, mantiene però la Dacia, la Grecia e l'attuale Turchia. Gli Ottomani si prendono la Turchia, progressiva perdita della Grecia per via di varie repubbliche mercantili ed infine storico assedio di Costantinopoli. La famiglia imperiale si rifugia in Romania, l'ultimo baluardo romano ancora esistente. Qui riescono a sopravvivere con un sistema di alleanze in funzione anti-ottomana. Si sono alleati storicamente con tutti: Polacchi, Orda d'Oro, Svedesi, Austriaci e poi Russi. Per molto tempo la Romania è rimasta nell'orbita russa come piccolo Impero molto conservatore e dall'estetica ancora romanesca, il Latino resta la lingua ufficiale. la Romania ha perseguito una politica largamente isolazionista, rimanendo in alleanze strettamente difensive con i suoi vicini in ottica anti-ottomana. Quando Napoleone sale al potere non può arrivare in Romania (essendo questa in mezzo all'Austria-Ungheria e alla Russia, praticamente intoccabile a meno di non passare dagli Ottomani) e neanche se ne interessa. La Romania partecipa però alla Settima Coalizione (non alla sesta) per essere al tavolo delle trattative ed evitare di venire fagocitata come la Polonia. Nel 48 la Romania viene sconvolta da rivoluzioni liberali, l'Imperatore concede una costituzione e per la prima volta cede il titolo imperiale, diventando "Rex". Il Regno di Romania rimane in uno splendido isolamento, finanziando i greci e i popoli balcanici nella lotta contro la Turchia (a dire il vero è grazie alla Romania se i Savoia hanno ottenuto così tanto spazio diplomatico, hanno fatto da garanti) ma senza pretese espansionistiche ulteriori. Durante la Prima Guerra Mondiale la Romania subisce pressioni da tutti: la Russia in ottica anti-austriaca, l'Austria in ottica anti-russia. Entrambe profetizzano in caso di vittoria dell'altro che la Romania venga annessa, entrambe minacciano bene o male di farlo se questa non parteciperà a loro fianco. Il Rex comprende che nessuna delle due ha la capacità di estendere il fronte e rimane saggiamente neutrale. Quando la Russia viene sconfitta dalla Germania si tira in Romania un sospiro di sollievo (Uno di meno) ma anche di timore (perché ora l'Austria ha campo libero). Con il crollo però dell'Alleanza spariscono virtualmente tutti i nemici della Romania attorno a sé. La Romania finanzia i Russi Bianchi più di tutte le altre nazioni messe insieme ed accoglie gli ultimi Romanov, i quali combinano poi un matrimonio con la famiglia regnante romana (rinunciando, però, ad ogni pretesa sul trono Russo).
Sfortunatamente l'emofilia, tipica della famiglia Romanov, si diffonde anche qui e uno dopo l'altro tutti i parenti vengono portati via dalla patologia, da incidenti o dalla tubercolosi. Il Rex è senza eredi e si rischia il ritorno alla Res Publica. Tutto sembra perduto per la causa monarchica. Quand'ecco che si diffonde una leggenda: Anastasia Romanov, la figlia di Nicola che si credeva morta, è viva e viaggia per l'Europa chiedendo di essere riconosciuta. Molti sono scettici, ma i pochi nobili rimasti che l'avevano conosciuta denotano la straordinaria somiglianza. Annna Anserson (Questo era il nome con cui affermava di essere stata cresciuta e per tal motivo presente nei documenti) arriva infine in Romania, dove viene intervistata a lungo dal Senato Romano e dalla famiglia reale. Alla fine viene riconosciuta come legittima erede e, alla morte del Rex, diventa la prima Regina Romana.
Anni dopo si scoprì, tramite analisi del DNA condotte clandestinamente (Dato che il Senato si è sempre rifiutato di condurle sulle spoglie, e ancora oggi le contesta) che Anna Anderson non era Anastasia, cosa poi confermata in Russia con il ritrovamento dei resti della famiglia imperiale. Nonostante questo il Senato ha retroattivamente riconosciuto "Anastasia" come legittima sovrana per volere popolare. Nonostante questo, Anastasia fu un'ottima Regina ed utilizzò il poco potere che le era rimasto (perché dopo la sua morte nell'84 il Re è diventato un mero vestigio controfirmatario con scarsissimo veto) per favorire la parità dei diritti, la libertà di stampa, gli investimenti nella cosa pubblica e le liberalizzazioni dei costumi. Contribuì a modernizzare il Regno Romano e richiamò numerosi investitori, soprattutto era l'anima delle feste di corte, riallacciando i rapporti con la casata inglese.
Ma il mondo fuori era decisamente più cupo. Adolf Hitler e Mussolini si apprestavano ad espandere le loro influenze da un lato, e dall'altro l'Unione Sovietica era passata a Stalin. In Romania vigeva un fortissimo anticomunismo, voluto principalmente dai vecchi nobili russi che avevano qui ottenuto asilo. La Romania era di nuovo in pericolo a causa dei "Nuovi barbari" e rischiava di fare la fine della Spagna. Venne quindi firmato un trattato difensivo con l'Impero Britannico. Mussolini intendeva fare della Romania uno stato della sua sfera di influenza neolatina e mediterranea, ma la vedeva anche come una potenziale rivale nel ruolo di erede romana.
"Le demoplutocrazie bolsceviche ed ebraiche d'Oriente gestite da Signorine e Sodomiti nulla possono contro l'Imperitura volontà dell'Italica Nazione" è una sua famosa frase.
A differenza della nostra timeline la Romania non ha motivo di allearsi con l'Asse (soprattutto con una leader donna). Le Guardie di Ferro, quando tentano un colpo di stato, vengono arrestate e processate. La Romania vede il Patto di Ribbentrov-Molotov e capisce che prendendo parte al conflitto rischia di fare la stessa fine. L'Unione Sovietica tanto non ha intenzione di attaccare. La Romania resta neutrale e garantisce asilo a numerosi ebrei ed esuli comunisti. Mussolini pianificava di attaccarla ma Hitler lo ha bacchettato per evitare una nuova Grecia ed estendere ancora in fronte. La Romania pasa il resto della Guerra a metà tra il proteggere il fronte orientale da qualsiasi avanzata sovietica e il mangiucchiare piccoli territori dall'Ungheria occupata.
La Romania diventa il pilastro che separa la Jugoslavia dall'Unione Sovietica, gli storici ritengono che sia stata fondamentale nel garantire la sopravvivenza di Tito alle ire di Stalin. Entra nella NATO e nell'Unione Europea.
Negli anni '60 si liberalizza sempre di più e nasce il primo governo socialdemocratico nonostante fosse il più orientale dei paesi capitalisti. E' la principale alleata dell'Ucraina in funzione anti-Putin.
L'attuale dinastia dei Romanov è nelle mani del figlio di Anastasia, ossia Romolau Augustu.
Oggi la Romania è abbastanza grande (si è mangiucchiata qualcosa in ogni singola guerra, comprese le guerre tra Svezia e Russia, quelle contro l'Impero Ottomano, la Prima Guerra Mondiale e la Seconda Guerra Mondiale). E' più della Grande Romania. Non ha pretese di dominio sull'Europa, ma solo di "Romanitas". Non riconosce nessuno come successore dell'Impero Romano d'Occidente e considera il titolo decaduto. Il Movimento per restaurare la Repubblica Romana è molto forte e ci sono spinte federaliste.
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Dario Carcano obietta:
Un buon lavoro, però c'è un motivo per cui Hitler potrebbe invadere la Romania: il petrolio rumeno, di cui aveva un disperato bisogno per condurre la guerra, come ho detto più volte. Anche per questo non credo che la Romania potesse restare neutrale.
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E Paolo Maltagliati suggerisce:
Non esisterebbero gli slavi del sud per come noi li conosciamo, perché gli Avari non potrebbero giungere in Pannonia, bloccati dalle guarnigioni romane in Dacia. Non esisterebbero i Bulgari come noi li conosciamo e nemmeno dove sono ora, perché il Limes danubiano sarebbe fortificato (presumo si fermerebbero nell'attuale Ucraina; o forse andrebbero a nord per occupare la Boemia). Anzi, prevarrebbe un latino volgare nei Balcani, tranne in Albania, Montenegro non costiero e Nord Macedonia, dove ci sarebbe un residuo illirico (e in Slovenia, dove resisterebbe un ridotto celtico); l'attuale Bulgaria sarebbe ancora Mesia. Non potrebbe esistere l'Italia per come noi la conosciamo, perché non è detto che Longobardi e Gepidi sloggino completamente dalla Pannonia. Non potrebbe nemmeno esistere l'Ungheria, perché gli Ungari si fermerebbero anche loro sulla riva occidentale del Dnestr e finirebbero bulgarizzati.
Non dico slavizzati perché la lingua slava stessa potrebbe non nascere per come noi la conosciamo, senza le innovazioni innescate dalla presenza avara in centro Europa. Potrebbe esserci un gruppo di lingue simile a quelle baltiche, senza soluzione di continuità dal mar Baltico al mar Nero.
I regni di Serbia e Croazia sarebbero presumibilmente in Galizia e i popoli della pianura della Vistola potrebbero essere conquistati da questi regni se questi ultimi fossero cristianizzati (da Costantinopoli però) in tempo utile.
Ad ogni modo, tornando sull'Italia, Carlo Magno non la toccherebbe, perché è imperiale e, a ruota, nemmeno si farebbe incoronare imperatore dal Papa, a meno di voler affrontare (ma ne dubito) una guerra totale con Costantinopoli.
Senza impero carolingio, l'unico riferimento imperiale romano sarebbe la corte Costantinopolitana. La capacità di resistenza bizantina contro gli arabi, tra l'altro, sarebbe maggiore, visto che possono contare sul controllo dell'Italia. Magari Cartagine riesce a resistere. Se è così, niente crollo dei Visigoti in Spagna, che non conoscerà mai la cultura moresca.
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Shark Peddis rincara la dose:
Non esiste il Sacro Romano Impero, ergo la cultura europea come la conosciamo potrebbe essere meno unita tra l'elemento romano e quello germanico. Dunque l'Unione Europea potrebbe essere stata all'inizio una Lega Romana sotto la presidenza rumena (una specie di Commonwealth all'inglese tra le Nazioni romanze ed eventualmente slave che riconoscono l'autorità Imperiale), che potrebbe poi cambiare nome in Unione Europea e abolire la romanocentricità per consentire l'ingresso delle nazioni germaniche, Spagna inclusa, salvo che queste non formino una loro Lega Germanica.
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E Alessio Mammarella ipotizza:
Tenendo conto delle cose interessanti scritte finora, penso che se la Romania viene considerata, fino all'età contemporanea, l'erede incontestata della tradizione romana, allora non è mai nato il Sacro Romano Impero e in generale non è mai nata nessuna entità, a egemonia germanica, in grado di rivendicare una continuità con la tradizione romana. Vedo due possibilità. La prima è che si crei un sistema di nazioni romano-germaniche in equilibrio tra loro, e fra queste dovrebbe esserci anche l'Italia (se non vi si insediano ostrogoti né longobardi qualcun altro l'avrà invasa e distaccata dal mondo romano. La seconda è che un Impero germanico si sia formato ma che ciò sia accaduto lontano da Roma e quindi non sia stato possibile rivendicare una ideale continuità (per esempio l'Impero potrebbe avere il suo centro nelle Isole britanniche, o in Scandinavia).
Mi sembra comunque una ucronia difficile, ho provato a immaginarmela ma alla fine tendeva a venire fuori (perlomeno per le mie personali riflessioni) un nuovo Impero d'Occidente esteso tra Italia, Africa e Balcani... decisamente incompatibile con il concetto di Romania ultimo residuo dell'Impero.
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C'è poi l'idea di William Riker: Tetrico Augusto!
Nel marzo del 274 d.C. Gaio Pio Esuvio Tetrico, imperatore delle Gallie, sconfigge Aureliano nella Battaglia di Châlons-sur-Marne; il sovrano di Roma cade nello scontro. L'Impero delle Gallie diventa definitivamente indipendente da Roma, comprendendo le Gallie fino alle Alpi, la Britannia, l'Ispania e la Mauretania Tingitana; la capitale è spostata da Treviri a Bordeaux. Lo stato si rafforza con la conquista successiva della Caledonia e dell'Irlanda. Costanzo Cloro e suo figlio Costantino potrebbero essere Imperatori delle Gallie; riuscirà lo stato a resistere alla forza d'urto di Unni, Franchi e Visigoti? E che ne sarà di quanto rimane dell'Impero Romano?
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Cui risponde Dorian Gray:
Interessante... certo la vedo difficile riuscire a resistere all'urto di Visigoti, Franchi e Unni.
Bisognerebbe sapere bene di quali risorse materiali e umane disponevano le Gallie, la Britannia e la Spagna all'epoca di Aureliano. Certamente l'Impero Romano si sarebbe sbriciolato, perché senza un Aureliano vittorioso a Chalons, Zenobia di Palmyra avrebbe conquistato l'Oriente, e Roma avrebbe mantenuto il controllo solo sull'Italia, la Dalmazia e forse la provincia d'Africa come granaio...
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Ed ecco il dotto intervento di Bhrghowidhon:
Ucronia particolarmente favorevole, perché di molti suoi possibili sviluppi si possono fare verifiche storiche.
I tre principali problemi dell'Impero delle Gallie erano:
1) all'interno, il ruolo delle rivolte dei Bagaudae
2) verso l'Impero Romano, i reciproci tentativi di conquista
3) la relazione (dapprima esterna, poi presumibilmente anche interna) con i Germani
Rispetto al resto dell'Impero, quello delle Gallie avrebbe avuto il vantaggio di non dover dilapidare la maggior parte delle proprie risorse in secoli di guerra contro i Persiani, ma avrebbe avuto comunque il costante pericolo di riconquista romana, il che annulla gran parte dei vantaggi.
Ogni conflitto con i Bagaudae avrebbe implicato l'introduzione di Germani come Foederati. Le eventualità di riconquista delle Gallie da parte romana o di espansione dell'Impero delle Gallie a tutto l'Impero d'Occidente (se non addirittura all'intero Impero) e comunque qualsiasi conquista da parte germanica, specialmente dei Franchi, avrebbe portato la situazione a quella che ci è nota dalla Storia reale.
L'unica combinazione in grado di garantire una sopravvivenza a lungo termine dell'Impero delle Gallie dovrebbe prevedere l'eliminazione delle cause delle rivolte (quindi drastica riduzione delle spese militari) unita al mantenimento della rete di scambi commerciali in grado di sostenere la produzione di beni al di sopra della sussistenza locale. Dato che, tuttavia, le spese militari non sarebbero state riducibili di fronte ai continui tentativi di riconquista romani (e d'altra parte una conquista dell'Impero Romano, eventualmente con l'ausilio di Federati germanici, avrebbe riportato alla situazione nota dell'Impero d'Occidente), l'unico appiglio sarebbe rappresentato da una neutralizzazione dell'Impero d'Occidente (perché impegnato in lotte con l'Impero d'Oriente o perché, insieme a quest'ultimo, impegnato nel conflitto secolare con la Persia, o ancora perché interessato da crisi di successione con partecipazione germanica e in séguito espansione più verso Oriente che verso Occidente).
Dal punto di vista linguistico e culturale, le tre possibili evoluzioni (alternative alla Storia reale: Gran Bretagna, Francia, Nazioni iberoromanze, Marocco) sono, in ordine decrescente di verosimiglianza:
1) sviluppo di una o più nazioni neolatine (una sorta di grande Ispano-Gallia più o meno contraibile), (probabilmente) con o (difficilmente) senza superstrati germanici;
2) contrasto con l'Impero Romano fino al punto di privilegiare le componenti locali, adozione di una Religione imperiale con traduzione dei Testi Sacri nella lingua preromana, fino alla formazione di una o più nazioni genericamente celtiche (sul modello del Galles), eventualmente più ristrette che l'Imperium Galliarum, anche in questo caso (probabilmente) con o (difficilmente) senza superstrati germanici;
3) da una qualunque delle situazioni precedenti, ingresso nel mondo islâmico e duraturo sviluppo di un Occidente arabo-berbero a sostrato celto-romano-germanico o (forse più verosimilmente?) un Islâm (celto)romanzo o romano-germanico o celto(germano)romano a superstrato arabo-berbero.
Ancora una volta, l'evoluzione più probabile, ossia la prima (specialmente nel caso di superstrato germanico), è quasi indistinguibile da ciò che è avvenuto realmente. Constatiamo quindi che tra la Storia reale e l'ucronia radicalmente alternativa si trova una zona grigia di ucronie vicine o vicinissime alla Storia reale o che comunque finiscono per 'riconfluirvi' e che sono quasi sempre più probabili delle ucronie più decisamente alternative. (In altri termini, il cosiddetto "effetto-farfalla" è sì possibile, ma meno probabile rispetto all'eventualità che la farfalla non abbia conseguenze di rilievo.)
Ciò tuttavia non deve indurre a rigettare l'ucronia; è invece uno stimolo a impostare le ucronie - se lo si vuole - in modo inverso, cioè a partire dal risultato: non tanto "cosa succede se", bensì "cosa deve succedere per arrivare a".
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A questo punto, Dario Carcano propone:
Con MapChart ho creato questa mappa. In che anno siamo? E come si è arrivati a questa situazione?
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Gli risponde William Riker:
Si direbbe che l'Impero delle Gallie sia sopravvissuto non solo alle campagne di Aureliano, ma anche alle invasioni barbariche del IV e V secolo, limitandosi ad abbandonare Grande e Piccola Bretagna e a lasciare la Spagna ai Visigoti in cambio dell'alleanza contro Attila, sconfitto a Châlons-en-Champagne. Quest'ultimo si è sfogato attaccando l'Italia e mettendo a ferro e fuoco Roma, con il risultato del collasso dell'Impero d'Occidente. L'imperatore delle Gallie di turno (un discendente di Tetrico?) ne approfitta per conquistare l'Italia e parte della Germania meridionale dopo la morte del Khan e la dissoluzione dell'impero unnico. Clodoveo conquista la corona dell'Impero delle Gallie e i Franchi si fondono con i Romani. Giustiniano riconquista Roma e parte dell'Occidente (ma non tutta l'Italia, per via dell'accanita resistenza dell'impero franco-romano delle Gallie) e preferisce volgere le sue truppe contro l'impero Sasanide, dopo che Ctesifonte è stata flagellata dalla peste più di Costantinopoli, e così Mesopotamia, Assiria, parte dell'Armenia e buona parte dell'Arabia diventano romane. Gli Arabi migrano in tutto il bacino del Mediterraneo senza bisogno di conquiste militari, e l'Impero Romano d'Oriente avrà presto una dinastia araba di lingua greca ostile al culto delle icone, cui è favorevole invece l'Impero franco-romano delle Gallie. Carlomagno poi conquisterà Italia, Spagna e Sassonia, mentre la Persia resta zoroastriana e va per la sua strada. Insomma, un solo PoD non basta, il cammino per giustificare questa mappa è un po' tortuoso.
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Restituiamo adesso la parola a MorteBianca:
Aureliano il Grande
Tradizionalmente si tende a considerare il valore degli imperatori sulla base della loro espansione territoriale netta. Vedendo quindi Traiano come il migliore e via via a peggiorare man mano che l'Impero Romano decade. In realtà la storia è piena di Imperatori che hanno fatto il meglio con il poco che avevano, e di contro di Imperatori che hanno controllato Roma in un'epoca di grande successo e hanno usato male il loro dono. Un caso evidente della prima categoria è Aureliano. Solo alcuni tra i suoi cambiamenti:
-Invocò la creazione di Nuove legioni nel momento di massima crisi dell'Impero
-Andò in Italia e depose Quintillius, l'usurpatore.
-Sbaragliò (e massacrò) i Vandali quando si riproposero. Lo stesso avvenne con le tribù Germaniche di invasori.
-Ristabilì l'economia Romana, fu responsabile di una purga di senatori corrotti.
-Costruì le Mura Aureliane, devastò le armate Gotiche, rinforzò il Danubio.
-Riprese l'Est e depose Zenobia, riprese il corpo di Valeriano.
-Riprese ad Ovest le Gallie deponendo Tetrico
-Nel giro di 5 anni aveva riunito l'Impero Romano, è possibile immaginare quanto altro avrebbe potuto fare se non fosse stato assassinato, ovviamente dai Pretoriani.
Ma se Aureliano utilizzasse la sua proverbiale furbizia per capire che il destino di molti suoi predecessori (e successori) si sarebbe scagliato anche su di lui? -Aureliano per prima cosa fa quello che tutti gli Imperatori avrebbero dovuto fare: prendere i Pretoriani, riunirli in un solo posto, abolire il loro corpo armato e condannarli in blocco. I Pretoriani, corpo corrotto per eccellenza, sovente responsabile o di colpi di stato o di negligenza (voluta o meno) avevano troppo potere a Roma, decidendo della vita dell'Imperatore, e hanno più volte dimostrato di essere inaffidabili anche se messi nelle mani di uomini capaci (i quali vengono sopraelevati ad Imperatori dopo). Al suo posto l'Imperatore viene ora protetto da un corpo speciale delle regolari legioni (togliendo lo "Status" dei Pretoriani), selezionati per fedeltà e abilità. Il nuovo corpo (li chiameremo Ibisi, visto che il Gufo è il naturale predatore dello Scorpione, e lo Scorione è il simbolo dei Pretoriani). Gli Ibisi hanno un ruolo limitato nel tempo (salvo venire scelti per un secondo turno dall'Imperatore stesso), sono quindi presi a rotazione: un ottimo legionario serve per alcuni mesi e poi torna nelle Legioni, con uno stipendio fisso. Si evita in questo modo la pratica della corruzione morale comportata dal vivere in città. Gli Ibisi sono sottoposti ad un regime austero e spartano e sono suddivisi in corpi che non comunicano tra loro. Non esiste un Prefetto solo, ce ne sono 5, e nessuno di loro ha potere sopra gli altri, ed anzi sono tutti stimolati a spiarsi tra loro e premiati per fedeltà, nessuno di loro è mai fisicamente in controllo di tutti gli altri. Il loro stipendio è fisso, ma la pensione è variabile, quindi sono stimolati a lavorare al meglio finché lavorano. Gli Ibisi diventano le spie dell'Imperatore.
La seconda riforma è il Senato. Troppo a lungo covo di corruzione, di opposizione ostruzionistica e non costruttiva e costituito da corpi opulenti di oligarchi privi di merito. Ben lontana era l'epoca in cui Aristocrazia significava "Governo dei migliori" e in cui tali migliori aveno il monopolio della guerra. Adesso il Senato era un pugno di seggi ereditati da ricche famiglie che non contribuivano a nulla. Il Senato adesso viene tripartito: un terzo dei Senatori è scelto dall'Imperatore, un terzo viene assegnato alla nuova aristocrazia. Dato che l'ordinamento tribale indoeuropeo non aveva più senso con un Impero così grosso, adesso la Nobiltà romana è determinata dal censo, i migliori rappresentanti del ceto degli Equites, proprietari terrieri ed ex nobili barbari passati dalla parte di Roma ed integrati nella cultura romana. L'Ultimo Terzo è costituito dai membri dell'Esercito. Corrotti e cospiratori vengono arrestati, i loro beni requisiti dallo Stato per ripagare i debiti contratti durante la fine delle guerre civili. Il Senato ha ruolo Legislativo.
Anticipo (parziale) delle riforme Diocleziane: Le province Romane sono duplicate ed aggiustate per estensione e popolazione, evitando lo strapotere dei politici locali. Gli eserciti in ogni provincia sono gestiti da una figura separata (il DVX, a testa in givx, poi diventerà Duca), in modo da separare il potere militare da quello amministrativo. I Dvx sono scelti per fedeltà e fanno da controllo centralizzante, si assicurano dell'efficienza degli amministratori locali. Distinzione tra carriera politica e carriera militare.
Vengono Triplicate le Legioni (con la triplice promessa rispettiva a seconda dei casi di concedere cittadinanza romana, di redistribuire Terre sequestrate o conquistate e di concedere titoli). Le Legioni sono divise in tre corpi specializzati: I Limitanei Ripenses (Proteggono i confini in zone calde, sono plebei e lavorano a tempo determinato), i Comitatensis (Una sorta di versione depotenziata del Legionario medio, con conoscenze ingegneristiche di costruzione e agricoltura e che assistono i Legionari veri e propri) ed infine gli Equites. Aureliano intuisce l'importanza della Cavalleria notando quanto i Barbari ne facciano uso, e vede in questi l'emergente nobiltà (sa usare in funzione anti-patrizi).
Oltre all'erezione di mura attorno ad ogni maggiore città Romana, viene eretta una gigantesca cinta muraria ai confini del Reno e della Germania, da un capo all'altro dell'Impero. Il Muro Aureliano. Viene fatto il primo censimento universale ed introdotto un sistema di tassazione proporzionale, l'economia viene basata su un sistema di doppia moneta: il Solido (gettoni d'oro il cui peso era stabilito in maniera centralizzata) e il Denario (Documenti stampati che fanno da Pagherò sempre riutilizzabili, antenati delle Banconote), stabilito un tetto per i prezzi.
Ovviamente nessuna Bipartizione o Tetrapartizione dell'Impero (idea pessima dalle ovvie conseguenze negative). Resta però vero che un Imperatore solo non ha il tempo materiale per occuparsi di un pezzo dell'Impero se dall'altra parte serve la sua direzione. Per questo viene elaborato uno schema a Piramide che riunisce le province in Reggenze, con annessa carica di Comites (Poi diventerà Conte). Questi Macro-Regni nell'Impero sono Sei (l'Impero è diviso in Nord, Est e Ovest, e ognuna delle tre parti è a sua volta divisa in due). Ogni Comites si occupa dell'Esercito, mentre l'amministrazione politica è lasciata al Ministro. I 6 Ministri insieme all'Imperatore e ai 6 Conti hanno il ruolo Esecutivo. L'Imperatore ha poteri assoluti (di Veto e di Proposizione senza limiti), può far arrestare chi desidera senza processo. Viene esclusa l'idea di una Gerarchia tra i Comites a mo' di Cesari ed Augusti per evitare di concentrare troppo potere nelle mani di un solo uomo e spaccare di nuovo l'Impero. Il sistema non è perfetto (per quanto Conti e Ministri dovrebbero controllarsi a vicenda non è impossibile che si ribellino), ma ha basi solide (scelta per fedeltà Imperiale) e un ottimo sistema di spie centralizzate.
Le legioni sono divise in due porzioni. Una si dirige a Nord, una ad Est. Quella a Nord conduce una campagna massacrante, modellata su quella di Cesare in Gallia. Un quinto della popolazione locale (uomini, donne e bambini) viene sterminata, a molti dei sopravvissuti viene tagliato il pollice, i villaggi principali vengono distrutti e molte foreste tedesche millenarie sono incendiate (i fumi alzeranno lievemente la temperatura dei mesi successivi) per scovare i guerriglieri. Le tribù "fedeli" sono obbligate ad una Decimatio iniziale e poi integrate come Irregolari.
A fine guerra la Germania Magna è nelle mani di Roma. La Germania diventa un Territorio (non una Provincia normale), una sorta di Contea Vassalla, affidata direttamente al controllo delle Legioni. Un programma eugenetico primitivo viene applicato: i Legionari sono incoraggiati a riprodursi con le indigene, i mulatti avranno diritti superiori. Eventuali popoli barbarici che volessero stanziarsi possono richiedere la Patente, ossia un documento concesso dal Conte che garantisce che il cavaliere combatte per Roma. Questo comprende una sorta di codice d'onore e comprende anche di escludere territori romani dai saccheggi, lasciando però libero (ed anzi finandiandolo per questo) di prendersela con gli altri barbari. Ben presto si forma una rete di tribù Alleate con Roma. E' lo stesso meccanismo avvenuto in Italia.
Nella vecchia Persia (approfittando della morte di Shapur e dei conflitti interni, finanziati dai Romani) è scoppiata una guerra civile tra Narseh e Bahram (questo è sostenuto dai Romani in quanto stupido e manipolabile). I Romani riprendono la Mesopotamia ed anzi avanzano fino a delimitare i Sasanidi a metà dell'attuale Iran e tutto quello che sta oltre.
Nel giro di 20 anni, Aureliano ha non solo salvato l'Impero Romano, ma lo ha riportato alla sua fase più gloriosa e ha poi superato i suoi limiti, ma restano ancora dei territori un tempo filo-romani da riprendere (Bosforo).
E poi?
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Ecco la versione della stessa ucronia proposta da Marco A. Probo:
Nel 270 d.C. Lucio Domizio Aureliano sale al potere, come Imperatore di Roma, dopo una lunga serie di guerre civili e di conflitti sanguinosi contro i barbari invasori. Roma è allo sbando, ma c'è ancora speranza. L'economia ristagna mentre, in oriente ed in occidente, ampie porzioni di territorio romano si staccano dal corpo dell'Impero annunciando l'indipendenza.
Aureliano
compie l'impossibile, riconquista i secessionisti palmirensi e gallici, distrugge i barbari e nel 274 d.C. viene assassinato… ma non in questa storia.
Aureliano viene salvato dai suoi fidati generali che invece, decidono di punire il segretario istigatore della congiura il quale viene giustiziato per tradimento.
Da quel momento, l'Impero rifiorisce. Mentre a Roma le grandi Mura Aureliane vengono erette per volere dell'Imperatore, il senato viene riformato con esponenti e rappresentanti delle province ora più autonome di prima ma legate a Roma da duplici rapporti di lavoro nell'amministrazione civile ed in quella militare.
Aureliano nel 275 d.C. sconfigge i parti in combattimento, entrando a Ectabana e distruggendola, lasciando i barbari nel caos per un biennio.
Nel frattempo le sue straordinarie doti di militare gli suggeriscono che l'Impero è, nella sua totalità, troppo vasto per essere difeso da così pochi uomini, di conseguenza, sviluppa la teoria degli imperi gemelli già molto tempo prima l'avvento di Diocleziano. Mentre il figlio viene annunciato come successore al trono, Aureliano stesso forgia la propria idea e la nuova dinastia orientale.
Parte così nel finire del 275 d.C. la campagna propagandistica della nascita dell'Impero Romano d'Oriente, che porta via tutte le province d'oriente a Roma, compreso l'Egitto, fondamentale fonte di nutrimento per la capitale.
Nel 276 d.C. Aureliano, forte di un esercito composto anche dalle Legioni d'oriente, oltrepassa il Reno e mette a ferro e a fuoco la Germania, pacificata nel volgere di un singolo anno. Nell'anno successivo, rientra in Dacia riannettendola ai territori imperiali. Il Limes romano si sposta verso nord fino all'Albis.
Nel 277 d.C. Roma, l'Impero continentale europeo di Roma, ora più facilmente difendibile, inizia un opera monumentale: la costruzione di un vallo settentrionale che costeggi le sponde meridionali dell'Albis e dell'Elba lungo tutto il confine settentrionale. Mentre Aureliano passa il trono al figlio, la conquista e la razzia dei territori a settentrione del limes, sotto una ferma politica nello stile di Aureliano, consente di raggiungere più obiettivi nello stesso tempo: viene implementata la produzione di granaglie nelle gallie, viene data maggior stabilità all'Impero, vengono acquisite le tratte commerciali per ottenere i prodotti di lusso da commerciare con l'oriente, ponendo un freno alla dilapidazione dell'oro dell'Impero, vengono annientate molte minacce dei barbari e nel contempo, alcuni esponenti dell'aristocrazia romana vengono legati in matrimonio con le case dinastiche dei barbari settentrionali, gettando le basi di piccoli regni clienti alleati dell'Impero. Ed il tutto con una disciplina che forgerà Imperatori-soldato ai quali l'unico obbligo imposto è quello della difesa dei confini e la salvaguardia dell'onore delle armi romane.
L'Impero di Aureliano (clic per ingrandire)
Mentre Roma si appresta a tornare una repubblica con un Imperatore a sua difesa, l'economia pare rifiorire e la figura di Aureliano viene osannata come quella di un Dio. La nascita di numerosi regni a settentrione del limes però causa la prima conseguenza negativa, quale il controllo delle rotte commerciali e soprattutto delle derrate alimentari per la sopravvivenza delle popolazione dei regni. Ma non solo, in alcuni casi, la politica di meritocrazia e disciplina adottata da Roma, porta alla nascita di regni guerrieri che concorrono tra loro per fregiarsi delle migliori vittorie contro i barbari che oramai cominciano a sciamare nel nord-est. Il premio non è solo una maggior quantità di derrate alimentari o di denaro, ma una possibile concessione di cittadinanza con l'ingresso del popolo in questione entro i confini imperiali.
Tuttavia anche i migliori propositi possono causare effetti negativi e l'avvento di orde barbariche più numerose ed agguerrite ha costretto i regni del nord, regni romano-barbarici, a competere per la sopravvivenza più che per la gloria. La formazione dell'Impero Unno, nel freddo nord, ha costretto i regni di mezzo a schierarsi dalla parte di Roma o dalla parte di Attila. Con il solo vantaggio di poter combattere con il supporto delle armate dell'una o dell'altra potenza.
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Riportiamo qui anche il post di Dario Carcano.
Vi propongo una lista di imperatori romani che ritengo sottovalutati, contrapposta ad una di imperatori che invece ritengo sopravvalutati, ordinati semplicemente in ordine cronologico. Ovviamente considerarli sopravvalutati non vuol dire automaticamente considerarli cattivi imperatori.
Imperatori romani sottovalutati
1)
Domiziano (81-96)
Al netto dei difetti come l'autoritarismo e le persecuzioni contro i cristiani,
Domiziano è stato un imperatore molto competente: ottenne molti successi
militari contro i Germani conquistando gli Agri Decumatici, arrestò le
incursioni dei Daci in Mesia respingendoli aldilà del Danubio, e sotto di lui
Agricola condusse le proprie campagne militari, che misero al sicuro le
conquiste romane in Britannia.
Fu anche artefice di una intensa politica urbanistica, di misure sociali in
favore dei contadini italici (cui - tra le altre cose - concesse l'uso delle
terre demaniali), di una politica fiscale molto equilibrata, vietò la
castrazione degli schiavi.
Ovviamente non fu tutto rose e fiori: fu persecutore dei cristiani e dei
filosofi stoici, degli omosessuali, vietò tutte le rappresentazioni teatrali
contrarie alla moralità pubblica, e in generale fu autore di una politica
sociale e culturale molto conservatrice e bigotta.
L'immagine di Domiziano despota paranoico deriva dalla propaganda dei senatori
che lo assassinarono, perché l'ultimo dei Flavi fu un imperatore molto
apprezzato dal popolo e dall'esercito; non a caso, morto Domiziano il Senato
dovette nominare imperatore un senatore molto anziano, Nerva, il cui primo atto
fu nominare come proprio erede uno dei generali di Domiziano, Traiano, l'unico
nome che l'esercito era disposto ad accettare in luogo del defunto imperatore.
2)
Gallieno (253-268)
Si parla spesso di come Aureliano abbia restaurato l'Impero Romano, ma ci si
dimentica che senza Gallieno non ci sarebbe stato nessun impero da restaurare.
Gallieno fu imperatore nel momento peggiore in cui essere imperatore romano,
ossia il punto più basso della crisi del III secolo: suo padre, Valeriano, era
stato catturato dai Sassanidi, e questo aveva lasciato ai persiani delle
praterie per muoversi come volevano nell'Oriente romano, la Gallia era preda
delle incursioni germaniche, come anche l'Italia e le province affacciate sul
Danubio, e in tutto questo si susseguivano continue usurpazioni dei comandanti
danubiani, che più volte si ribellarono all'imperatore cercando di sottrargli la
porpora.
Gallieno fece l'unica cosa possibile, dare la priorità agli obiettivi più
urgenti: in Oriente riconobbe Odenato, che con le sue forze arrestò i persiani;
sul Reno lasciò il figlio Cornelio Salonino, che però fu assassinato da Postumo,
che fu poi acclamato imperatore delle Gallie. Gallieno mosse guerra a Postumo, e
pur non riuscendo a recuperare tutte le province separatiste, riuscì a creare
una solida testa di ponte al di là delle Alpi; quando era sul punto di
riconquistare la Gallia, una imponente incursione di Goti lo costrinse a
muoversi in Tracia, e poi da lì in Italia per affrontare l'ennesimo usurpatore,
trovando la morte mentre assediava Milano.
Accusato dalla storiografia senatoria di aver abbandonato a sé stesso l'Impero,
Gallieno dovette usare il poco che aveva per fronteggiare attacchi su più fronti
e salvare il salvabile; pur dovendo giocoforza accettare il distacco della
Gallia e dell'Oriente, Gallieno riuscì a salvare lo zoccolo duro dell'Impero dal
collasso, creando le condizioni che poi avrebbero permesso agli imperatori
illirici di riunire l'Impero.
3)
Costanzo II (337-361)
La sfortuna di Costanzo II è quella di trovarsi in mezzo a due imperatori molto
più studiati e "popolari" di lui: suo padre, Costantino I, e suo cugino,
Giuliano l'Apostata.
Eppure, Costanzo II fu un grande imperatore: difese efficacemente il limes
orientale dai Sassanidi, anche grazie ad una guerra a bassa intensità (che però
causò molta insoddisfazione nei ceti dirigenti), sconfisse numerosi usurpatori e
sotto di lui furono respinte numerose incursioni germaniche lungo il limes
renano. Fece numerose riforme che ridussero il peso della burocrazia, e dopo
l'usurpazione di Giuliano, quando si rese conto che stava per morire, per
evitare una guerra civile riconobbe il cugino come proprio erede.
Il grande difetto di Costanzo II fu il suo sostegno all'eresia ariana (più
precisamente semi-ariana), e il fatto di essere coinvolto nel massacro dei suoi
parenti successivo alla morte di Costantino; tuttavia, non si può non
riconoscere come Costanzo sia stato un imperatore molto competente, e senza la
sua morte improvvisa non è così scontato che Giuliano sarebbe riuscito a
diventare imperatore.
4)
la dinastia dei Valentiniani (364-392)
In questo caso, è un'intera dinastia a essere sottovalutata: Valentiniano I,
Valente e Graziano sono tutti e tre imperatori molto sottovalutati.
Sotto Valentiniano I ci furono molti successi contro i germani, le campagne
britanniche del conte Teodosio, la repressione di numerosi usurpatori (tra cui
Firmo in Africa), il rafforzamento del limes renano, e una non comune tolleranza
religiosa.
Valente ereditò una parte orientale in crisi dopo la disastrosa campagna di
Giuliano, e riuscì non solo a sistemarla, ma a metterla in condizione di muovere
una nuova campagna militare contro i Sassanidi; ovviamente su di lui pesa il
disastro di Adrianopoli, anche se ha le attenuanti che le prime fasi della crisi
gotica non furono gestite da lui direttamente, ma dai suoi uomini sul campo.
Graziano fu un comandante militare molto capace, e oltre ad aver ottenuto molti
successi contro i germani, fu lui a gestire il dopo del disastro di Adrianopoli,
nominando Teodosio imperatore in oriente e adoperandosi per trovare un soluzione
coi goti.
5)
Niceforo I (802-811)
Niceforo è ricordato più per come è morto che per ciò che ha fatto da vivo:
ucciso in battaglia dai bulgari, e la sua testa trasformata dal khan Krum in una
coppa per bere il vino.
Ma Niceforo è stato un imperatore molto capace: ha risanato le finanze imperiali
(facendosi però odiare dal popolo e dal clero, che avevano beneficiato degli
sgravi di Irene), è riuscito a liberare l'Impero dal tributo che doveva essere
pagato agli arabi, ha ottenuto importanti successi contro gli slavi nel
Peloponneso, strappò a Carlo Magno un accordo che lasciava Venezia, il sud
Italia e la Dalmazia nell'orbita bizantina.
Anche il disastro di Pliska fu molto vicino all'essere una vittoria, se Niceforo
presa la capitale dei bulgari avesse accettato le offerte di pace e non avesse
deciso di saccheggiare il territorio bulgaro.
Imperatori romani sopravvalutati
1)
Tito (79-81)
Sono abbastanza sicuro che la principale ragione per cui Tito è spesso
considerato un grande imperatore, è il fatto che sia morto dopo appena due anni
di regno. Se avesse vissuto più a lungo, i giudizi su di lui sarebbero molto più
simili a quelli sul fratello Domiziano.
Tito fu sicuramente un grande generale, ma come imperatore il suo principale
merito è stato essere morto presto.
2)
Aureliano (270-275)
Aureliano ebbe il grande merito di riunire l'Impero dopo un periodo di crisi,
sconfiggendo l'Impero delle Gallie e Palmira, ma ci si dimentica che questo non
sarebbe stato possibile senza il lavoro dei suoi predecessori, in primis
Gallieno e Claudio il Gotico, che salvarono l'Impero dal collasso e posero le
basi per la riscossa avvenuta nel regno di Aureliano.
Aureliano fu abile nello sfruttare il loro lavoro, ma senza di loro nessuna
restaurazione sarebbe stata possibile. Perciò ritengo che la storiografia gli
dia molto più credito rispetto ai suoi effettivi meriti.
3)
La Tetrarchia (286-306)
Qui non ritengo sopravvalutato un singolo imperatore, ma il sistema tetrarchico
ideato da Diocleziano.
Diocleziano fu un grande imperatore, e con lui lo Stato romano raggiunse l'apice
del suo sviluppo, grazie alla suddivisione dell'Impero in prefetture => diocesi
=> province che assicurava un elevato grado di controllo e centralizzazione, al
tempo stesso creando province più piccole, così da assicurare un controllo più
capillare del territorio.
Tuttavia, il sistema tetrarchico da lui ideato era macchinoso, complesso,
contrario alla mentalità dell'epoca, e destinato a collassare non appena fosse
morto il suo creatore.
4)
Giuliano l'Apostata (361-363)
Leggendo la storia del regno di Giuliano, ci si rende conto che è come leggere
quello che farebbe un quattordicenne ateo che scrive su Reddit post cringe
contro la Chiesa cattolica se fosse stato imperatore romano.
Persecuzione dei cristiani: check.
Scritti contro il cristianesimo: check.
Tentativi di riforma amministrativa che in concreto peggiorano il sistema creato
da Diocleziano e Costantino: check.
Campagna contro i persiani nella speranza di emulare Alessandro Magno: check.
Proprio quest'ultima, la campagna persiana, è il grande disastro del
regno di Giuliano. Un disastro di cui in pochi comprendono la portata.
Dopo il disastro della campagna iniziata da Giuliano, il suo successore Gioviano,
per salvare ciò che restava dell'esercito, dovette cedere ai sassanidi le
città-fortezze di Nisibis e Singara, ossia i due perni del sistema difensivo
romano lungo il limes orientale.
Due fortezze dall'altissimo valore strategico, senza i quali la Siria e la
Mesopotamia romane erano aperte alle incursioni sassanidi.
Due fortezze che non sarebbero mai più tornate sotto il controllo romano.
Nemmeno al tempo di Giustiniano.
Nemmeno al tempo di Maurizio.
Nemmeno al tempo di Eraclio.
Nemmeno al tempo di Basilio II.
5)
Giustiniano I (527-565)
Non credo potesse mancare lui, l'imperatore che restaurò l'Impero romano
distruggendo uno Stato romano in tutto meno il nome, che in nome di questa
guerra lasciò aperte le frontiere balcaniche e orientali rispettivamente a slavi
e sassanidi, e che per cercare una riconciliazione con gli eretici nestoriani e
monofisiti tramite la condanna dei Tre capitoli andò vicino a causare uno scisma
nella cristianità, con Milano e Aquileia che ruppero con Costantinopoli, che
rischiò anche la rottura con Roma.
Per evitare che anche Roma aderisse allo scisma, Giustiniano dovette
letteralmente deportare a Costantinopoli papa Vigilio e costringerlo alla
""spontanea"" accettazione della condanna dei Tre capitoli.
E in tutto questo, Vigilio era stato scelto papa dallo stesso Giustiniano dopo
aver costretto all'abdicazione il suo predecessore, papa Silverio.
Una curiosità: ho voluto chiedere a Chat GPT di scrivere una lista di imperatori romani sottovalutati (e sopravvalutati), e credo che la risposta sia abbastanza interessante...
Cinque imperatori romani
sottovalutati:
1) Giustiniano I (483 - 565 d.C.): Spesso
considerato uno degli imperatori più importanti della storia bizantina,
Giustiniano I ha compiuto notevoli sforzi per restaurare l'Impero Romano
d'Oriente. Il suo regno è stato segnato da importanti riforme legislative e la
codificazione delle leggi romane nel Corpus Iuris Civilis. La sua ambizione di
riconquistare l'Impero Romano d'Occidente, tuttavia, portò a guerre costose e
sforzi di costruzione che ebbero un impatto finanziario significativo
sull'impero.
2) Anastasio I (430 - 518 d.C.): Anastasio I regnò
per quasi 30 anni, un periodo relativamente stabile per l'Impero Romano
d'Oriente. Durante il suo regno, il Tesoro imperiale fu riempito e l'economia si
riprese, anche se la sua politica fiscale rigorosa alienò alcune fazioni.
3) Maurizio (539 - 602 d.C.): Imperatore di origine
armena, Maurizio ottenne successi militari e fu un imperatore abile in campo
amministrativo. Tuttavia, la sua popolarità diminuì a causa di decisioni
impopolari tra le truppe e di una politica di tassazione onerosa, che alla fine
portò alla sua deposizione e all'ascesa di Foca.
4) Tiberio II Costantino (540 - 582 d.C.): Durante
il suo regno, l'Impero Romano d'Oriente ottenne importanti vittorie militari e
fu restaurata la stabilità economica. Tiberio II fu un imperatore diligente, ma
il suo regno è spesso oscurato dall'ombra di Giustiniano I e da eventi
successivi più drammatici.
5) Giovanni I Zimisce (925 - 976 d.C.): Giovanni I
Zimisce fu un imperatore abile e competente che riuscì a stabilizzare l'Impero
Bizantino dopo un periodo di caos. Promosse la cultura e la scienza e cercò di
rafforzare l'amministrazione imperiale. Tuttavia, è spesso oscurato dalla figura
più carismatica e controversa di suo padre, Basilio I.
Cinque imperatori romani
sopravvalutati:
1) Costantino il Grande (272 - 337 d.C.): Come
menzionato nella lista precedente, Costantino è celebrato per il suo ruolo nella
cristianizzazione dell'Impero Romano e la fondazione di Costantinopoli.
Tuttavia, alcuni storici moderni contestano il suo status di "primo imperatore
cristiano" e sottolineano le sue azioni contro i rivali politici, come
l'uccisione di Crispo e Licinio.
2) Giulio Cesare (100 - 44 a.C.): Anche nella
storia bizantina, Giulio Cesare è spesso ricordato come un grande condottiero,
ma la sua immagine è stata plasmata dalla propaganda e dalle opere di scrittori
come Svetonio. La sua ambizione politica e il superamento delle istituzioni
repubblicane sono aspetti che spesso vengono trascurati nella memoria
collettiva.
3) Teodosio I (347 - 395 d.C.): Teodosio I è spesso
considerato l'ultimo imperatore a regnare sull'Impero Romano unito. Mentre è
ricordato per il suo Editto di Tessalonica, che promosse il cristianesimo, il
suo regno fu segnato da una serie di conflitti e tensioni religiose che
portarono alla divisione finale dell'Impero.
4) Basilio II (958 - 1025 d.C.): Conosciuto come
"Basilio il Bulgaroctono" per le sue vittorie sui Bulgari, Basilio II è spesso
idealizzato per la sua abilità militare. Tuttavia, il suo regno fu segnato da
una gestione centralizzata e brutale che alla lunga indebolì l'Impero Bizantino.
5) Arcadio (377 - 408 d.C.): Arcadio fu
l'imperatore durante un periodo di crescente debolezza e declino dell'Impero
Romano d'Oriente. La sua immagine positiva è in parte dovuta alla sua
associazione con suo padre Teodosio I, ma il suo regno fu caratterizzato da una
cattiva amministrazione e dalla crescente influenza dei funzionari di corte
corrotti.
(Notate l'elefante nella stanza: l'IA ha considerato Giulio Cesare un imperatore romano come un Americano medio...)
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Paolo Maltagliati scuote il capo:
Certo che Chat Gpt è la rovina. Alla lunga, se tale resta il livello (e tale resterà, perché la chat Gpt è una media quantitativa sulla base di un algoritmo, in fondo), queste saranno le nostre conoscenze effettive di livello 'alto'! È un meccanismo di rinforzo negativo distruttivo, a lungo termine: come base per le mie ricerche prendo chat gpt, e quindi scriverò un saggio che andrà a ingrossare le considerazioni della chat gpt stessa, col tempo luvellando e uniformando il pensiero su uno standard fissato da un algoritmo; certo, esclude le ricerche più folli (ma non è detto, perché se quelle folli hanno seguito...), ma facendo una media, eliminerà anche le ricerche più complesse e approfondite, e quindi poco lette perché poco divulgative.
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Per concludere, ecco un articolo di Never75 che vale la pena di leggere e meditare:
27/4/2010
Già molte volte su diversi giornali si è segnalato lo stato (pietoso) in cui si trova Pompei, uno dei siti archeologici più importanti al Mondo.
Ora, per par condicio, voglio approfittare della votra attenzione per descriversi le condizioni in cui si trova un altro importante sito che sta andando letteralmente a pezzi ma che è ubicato molto più a Nord: sto parlando della splendida Aquileia.
Io ci sono stato settimana scorsa e quindi ho ancora la memoria abbastanza fresca su quanto visto.
Premessa: anche Aquileia, come Pompei, fa parte dei siti patrimonio dell'Umanità protetti dall'UNESCO ed è forse il sito archeologico più importante (dell'epoca romana, almeno) presente in Italia settentrionale.
Ora: gli orari di apertura dei due musei, quello archeologico nazionale e quello paleocristiano sono molto "ballerini" tanto che a volte neppure gli stessi custodi se li ricordano.
Prima di andarci avevo chiesto all'APT di Trieste, che su prenotazione organizza visite guidate anche ad Aquileia, quali fossero gli orari di apertura dei musei. Mi era stato detto che il lunedì l'archeologico era aperto solo la mattina fino alle ore 14.00.
Benissimo. Vedo di arrivare al più presto possibile e, come solito, lo trovo chiuso perchè il Lunedì anche lì è giorno di chiusura! Bella fregatura dico io!
Benissimo che il lunedì sia chiuso, alla pari di quasi tutti i musei italiani, ma almeno che le APT del territorio lo sappiano, o no?
E sì che era pure la "Settimana della cultura"!
Poi:l'area archeologica relativa al porto fluviale è tenuta ancora abbastanza bene (anche se un po' di pulizia in più non guasterebbe) ma la parte dei sepolcri e quella che si trova dalla parte opposta alla basilica sono in condizioni a dir poco pietose.
Nei sepolcri romani cresce perfino l'insalata sulle tombe (senza esagerare) mentre dall'altra parte abbiamo mosaici preziosissimi (se non altro come valore storico se non artistico), colonne, pilastri e pavimenti esposti ad ogni genere di
intemperie senza il minimo riparo ed immerse in un prato amazzonico con erba che cresce liberamente tra una crepa e l'altra.
Per di più ometto di dire ciò che mi ha raccontato la custode che mi ha fatto anche da accompagnatrice.
(Ed approfitto anche per ringraziarla, se mai dovesse capitare per caso su questo sito e leggere questa recensione: la sua guida è stata veramente utile e preziosa ed in parte mi ha fatto anche "smaltire" un po' di nervoso e delusione)
Attila davanti a tale scempio si sarebbe dimostrato perfino lui più clemente...
Vale proprio il caso di dire che ciò che non hanno fatto i barbari... ci hanno pensato a fare i nostri contemporanei.
Ma, dico io, è così che consideriamo la nostra cultura ed il nostro patrimonio? Il turismo è forse l'ultima risorsa che abbiamo ancora e la trattiamo così?
Giusto per concludere l'opera va detto, per onestà intellettuale, che invece la vicina basilica patriarcale è tenuta molto bene. Ha un orario di apertura continuato e la visita ad essa è gratuita (tranne due sole sezioni per le quali è chiesto un biglietto di 3.50€) e i bellissimi mosaici tardoimperiali
pavimetali sono perfettamente conservati.
A differenza, ahimé, della vicina Grado (altro grido di dolore!) in cui la chiesa principale ha pure essa mosaici paleocristiani quasi altrettanto belli, ma tenuti malissimo. Non sono minimamente protetti da lastre di vetro (come quelli aquileiesi) tanto che per vederli bene e per tutta la lunghezza ci devi camminare direttamente sopra (sic!).
In alcune parti sono poi perfettamente visibili i danni arrecati dalle gambe delle panche di legno posizionate per la Messa.
In quella zona i mosaici sono completamente scomparsi.
Un disastro!
Non credo che ricoprire di vetro o plexiglas costi poi molto, no?
Per di più sempre nella stessa chiesa c'era un manifesto il cui contenuto dopo quanto visto sembra quasi ironico: "Chiediamo che anche i mosaici di Grado entrino nell'Unesco"...Caspita, meglio affrettarsi prima che spariscano del tutto!
Scusate se mi sono dilungato (forse eccessivamente) su due dei tanti casi di mala-organizzazione italica, ma credo sia stato doveroso portarvi a conoscenza di quali siano le effettive condizioni di due stupende città che potrebbero essere benissimo (anche da sole) il fiore all'occhiello di qualsiasi Nazione, tranne, appunto, la nostra!
Scoccia per di più che questo avvenga non sempre nel solito bistrattato Sud, ma nel ricchissimo Nord-Est e per di più in una delle poche regioni a Statuto speciale, in cui le sovvenzioni statali dovrebbero essere anche più alte in proporzione.
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