Tutto parte da una frase en passant di Hurmar, il quale prima di partire per le vacanze estive 2007 ci scrive:
...Vado a Cefalonia a pensare ucronie per salvare i soldati abbandonati là dall'Italia!
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Ed ecco la proposta, decisamente politically uncorrect, di *Bhrg'howidhHô(n-):
Ne abbiamo discusso insieme in più occasioni, ma adesso vorrei introdurre esplicitamente l'argomento Cefalonia in connessione al solito 25. luglio 1943.
Tesi ucronica che propongo (pronto a ricevere attacchi violentissimi, data l'incandescenza della materia): se al Gran Consiglio fosse stato approvato l'Ordine del Giorno alternativo - quello Farinacci di "proseguimento della guerra a fianco dell'Alleato Germanico" - sarebbero morte molte meno persone:
1) l'occupazione da parte delle forze del Reich sarebbe potuta essere di tipo danese, soprattutto per quanto riguarda il destino della popolazione Israelitica (il Regno d'Italia sarebbe stato, da questo punto di vista, innegabilmente più simile a un Paese Nordico che a uno dell'Europa Centro-Orientale o alla (ex-)nemica Francia);
2) le Forze Armate del Regno non si sarebbero trovate improvvisamente circondate da un nuovo 'nemico' astioso - non a torto... - per il tradimento (contemporaneamente, il livello degli scontri con gli Angloamericani sarebbe stato come in Africa, quindi con enormi quantità di prigionieri, ma senza massacri enormi - sottolineo "enormi", perché conosco bene lo stillicidio di morti comunque avvenute);
3) la guerra civile su territorio italico - probabilmente inevitabile - avrebbe avuto dimensioni decisamente minori, forse paragonabili a quelle in Germania (cioè praticamente nulle), quindi con meno arresti e soprattutto meno sanguinose rappresaglie;
4) sciaguratamente il bombardamento delle grandi città si sarebbe ugualmente verificato, ma niente induce a credere che sarebbe stato peggiore di quanto purtroppo avvenuto realmente;
5) ovviamente la guerra si sarebbe conclusa con la vittoria angloamericana, ma chi può sostenere che il destino della Germania nel dopoguerra sia stato peggiore di quello dell'Italia, a parte la divisione politica (su cui v. qui subito sotto)?
6) evidenti ragioni geopolitiche escludono che alcuna parte del Regno d'Italia sarebbe stata occupata dall'Armata Rossa (unica ragione della divisione della Germania).
Risultati:
per il punto 1., molti meno Ebrei deportati, molti più sopravvissuti;
per il punto 2., niente stragi come a Cefalonia;
per il punto 3., niente stragi come a Marzabotto, S. Anna ecc.;
per il punto 4., uguale ma non maggiore
numero di morti sotto i bombardamenti;
per il punto 5., Piano Marshall e boom
economico non minore di come realmente avvenuto;
per il punto 6., niente rischi di epurazioni
di massa come in Germania Orientale.
Totale: gli uccisi dagli Angloamericani sarebbero stati lo stesso numero, gli uccisi dai Tedeschi sarebbero stati solo cinque o sei (che comunque sono stati uccisi lo stesso nella Storia reale); differenza: praticamente tutti i morti per mano tedesca (o italica...) non sarebbero morti, senza per questo far aumentare i morti per mano angloamericana.
Conclusione: una scelta politica pienamente nazionalsocialista sarebbe stata la più umanitaria.
Corollario generale: le scelte politiche vanno misurate sugli effetti, non sulla purezza del momento.
Postilla geopolitica: quando non si è una Potenza, l'assenza di autonomia è tale che le conseguenze di una scelta possono essere opposte a quel che sarebbero per una vera Potenza indipendente.
Addentellato storico: i soldati Angloamericani non sono morti per portare libertà e democrazia all'Europa, ma per dare inizio a una conquista intelligente e lungimirante, che usa anche la libertà (innegabilmente maggiore che sotto i regimi totalitarî) e la - spesso solo apparente (ma comunque preferibile all'autoritarismo) - democrazia non solo come bandiere per convincere i propri soldati a morire, ma anche e soprattutto per consolidare un dominio militare e territoriale su un intero Subcontinente in vista della conquista dell'intera Eurasia.
Firmato: *Bhrg'howidhHô(n-) l'antimilitarista, antiautoritario, anti- (o inter-) nazionalista, anti- (o inter-) imperialista, antiaggressivo, ma non svampito e non credulone.
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Questa è la postilla di William Riker:
L'ho già fatto notare in altre occasioni, ma approfitto della sortita della mente più geniale di questo gruppo di lavoro per far notare come la deportazione degli Ebrei dall'Italia verso una fine atroce nei campi di concentramento in Germania, Polonia ed Austria sia stata già nella nostra Timeline una delle più contenute dell'intera Europa. E questo grazie a due soli uomini: Eugenio Pacelli, alias il Sommo Pontefice Pio XII, e Giovambattista Montini, suo pro-segretario di Stato nonché futuro Papa Paolo VI. Infatti è noto che la mattina del 16 ottobre 1943 (35 anni esatti prima dell'elezione di Wojtyla, NdR) i Nazisti rastrellarono 1259 ebrei dal Ghetto di Roma, ma "solo" 1007 di essi furono inviati effettivamente verso i lager. I restanti 252 furono rilasciati e rimandati a casa perchè erano coniugi o figli di matrimoni misti con cristiani. Un fatto davvero unico nella storia della Shoah, praticamente inspiegabile, visto che i cosiddetti "mezzi ebrei" non avevano diritto, per Hitler, a una sorte diversa dagli altri. Come ricordò lo storico ebraico Paolo Mieli sulle colonne del Corriere, il salvataggio di quelle 252 vite (meglio che niente) fu il frutto di un accordo segreto tra l'Alto Comando Tedesco e la Santa Sede: quest'ultima rinunciava a una protesta formale, e in cambio i nazisti si piegavano a rilasciare parte degli odiati ebrei. Insomma, in quei tempi tenebrosi il tanto vituperato "silenzio" di Pio XII fu il solo modo per salvare il salvabile. Altro che Papa di Hitler...
*Bhrg'howidhHô(n-) l'antimilitarista ha affermato che le scelte politiche vanno misurate sugli effetti, non sulla purezza del momento. Proprio così. E vale anche per Pio XII.
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Ed ecco come Francesco Dessolis prosegue l'ucronia a modo suo:
Secondo me, visto che si doveva "tradire", bisognava farlo con decisione, e con "stile".
Innanzi tutto bisognava richiamare fin dal 26 Luglio, con tutte le truppe in Italiane in Italia. Per i tedeschi c'era un'ottima scusa:
"La patria è in pericolo!. Dobbiamo contrastare l'invasione americana con tutte le nostre forze."
Naturalmente i tedeschi avrebbero avuto più di un sospetto, ma intanto già dal 27 luglio i tedeschi avevano fatto affluire molte truppe dal Brennero, senza neanche prendersi la briga di chiedere il permesso a Badoglio. Almeno si sarebbero evitati casi come Cefalonia!
Poi preparare il "tradimento" dando le giuste disposizioni ai comandanti italiani, ordinando di stare all'erta "contro tutti", sfruttando così il tempo tra la firma dell'armistizio (3 Settembre) e il giorno del suo annuncio (8 Settembre).
Infine il bollettino dell'8 Settembre doveva dire chiaro e tondo:
"Le truppe tedesche sono invitate a lasciare immediatamente il territorio italiano. L'esercito italiano non ostacolerà la loro ritirata, ma reagirà a qualunque attacco o tentativo di occupazione del territorio nazionale.
Perchè il bollettino non l'ha detto chiaramente? Sembra che il re abbia risposto: "Se no i tedeschi si incavolano!" Peggio di così!
In questa Ucronia probabilmente i tedeschi si sarebbero ritirati sulla linea gotica (come sembra che avessero già programmato!) con più di un anno di anticipo. Forse allora gli americani avrebbero rinunciato allo sbarco in Normandia, facendo dell'Italia il secondo fronte... Non so se così in Italia ci sarebbero stati meno morti. Forse di più. Forse perfino mio padre, che ha preso parte allo sbarco di Anzio, non se la sarebbe scampata (e io non starei qui a scrivere!)
Sicuramente la vergogna degli italiani superstiti , alla fine, sarebbe stata minore. Anche questo conta qualcosa!
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Ecco l'articolata risposta, punto per punto, di *Bhrg'howidhHô(n-):
"Secondo me, visto che si doveva tradire, bisognava farlo con decisione, e con stile", dice Francesco. Naturalmente, compiere un'azione senza decisione è peggio che non compierla, perché ha gli svantaggi di entrambe le alternative. D'altra parte, gli unici che avevano questo sconcertante "dovere" (di "tradire") erano i Savoia e lo avevano in quanto Dinastia regnante, non in quanto rappresentanti di una discutibile "Nazione" (tanto più discutibile quando l'appartenervi può costare la vita, senza che questa appartenenza abbia dato molto in cambio: ricordiamoci che il nostro - di uomini - 'diritto' alla terra che abitiamo preesiste a qualsiasi 'Nazione' moderna); visto che si discutono gli interessi più profondi, i Sudditi di Casa Savoia avevano interessi vitali diversi da quelli dei loro Monarchi (lo stesso vale per molti altri casi): da questo punto di vista, l'occupazione politico-militare americana tuttora vigente, il cinquantennale regime "clerico-mafioso" e tutte le lamentate storture del Dopoguerra (incluso lo spaventoso etnocidio culturale statal-globale accentuatosi nell'ultimo ventennio) hanno dato materialmente di più - essenzialmente perché hanno evitato ogni guerra, sia effettiva che "Fredda" - rispetto all'Impero precedente. Mi scuso per le banalità, cui ricorro solo per sottolineare che gli interessi dei Sudditi non sarebbero stati difficili da perseguire se non ci fossero stati vincolanti obblighi dinastici (quelli sabaudi nei confronti della Francia) che hanno reso la Seconda Guerra Mondiale altrettanto combattuta sulla testa del popolo (altro che guerra di popolo!) quanto la Guerra dei Trent'Anni.
Beninteso, l'alleanza franco-sabauda non era certo in sé esecrabile, anzi, la prospettiva di una fusione 'latina' tra Francia, Italia e Spagna sarebbe stata un progresso netto e desiderabilissimo! Ciò che è stato davvero esecrabile e che ha determinato in ultima analisi il fallimento dell'Europa come continente egemone è stato il troppo prolungato conflitto tra Francia e Potenza germanica di turno (Sacro Romano Impero, Asburgo, Germania), che ha reso anche la in sé positivissima alleanza franco-sabauda una trappola catastrofica. Naturalmente, che tale conflitto non avesse vincitori definitivi è stato l'interesse di un'altra Potenza, che ha potuto costruire nel frattempo una propria egemonia mondiale, oggi passata in eredità a una nota Superpotenza; nessuno può accusare tale Potenza (l'Inghilterra) di aver perseguito il proprio interesse, anche se a questo punto sarebbe stato preferibile che l'Impero Britannico fosse ben più potente e non avesse bisogno di alimentare il conflitto franco-tedesco, subentrando piuttosto esso stesso (l'Impero Britannico) alle due Potenze regionali centroeuropee (allo scopo sarebbe stato necessario evitare le 'Unificazioni' italiana e tedesca e quindi, prima ancora, il risorgere della Potenza francese con Napoleone III.). Comunque sia: i guai della Seconda Guerra Mondiale risalgono alle tensioni che hanno determinato il Risorgimento e chi ha visto una continuità tra i due eventi ha còlto, forse involontariamente, un nesso profondo.
Francesco propone poi di
richiamare fin dal 26 Luglio tutte le truppe in Italiane in Italia. Fin qui non
è un vero e proprio "tradimento" e comunque sarebbe un modo per
evitare casi come Cefalonia, a condizione che il
ritiro avvenga lasciando il campo alle truppe tedesche. Ma se il bollettino
dell'8 settembre fosse stato davvero quello desiderato dall'amico Francesco, ciò
avrebbe significato la guerra totale. Cosa vuol dire invitare i Tedeschi a
lasciare il territorio italiano nello stesso momento in cui si firma
l'armistizio con gli Angloamericani se non chiedere alla Germania la resa,
perlomeno sul Fronte Italiano? Sarebbe stato ragionevole, per i Tedeschi,
ritirarsi sulle Alpi (nemmeno sulla Linea Gotica)? E se per assurdo l'avessero
fatto, l'Italia cosa avrebbe fatto poi? Avrebbe lasciato che gli Angloamericani
invadessero la Germania dalle Alpi oppure passassero in Francia? Quali crimini
aveva commesso il Reich in Italia per meritare un trattamento del genere da
parte di un Alleato per il quale aveva combattuto in Grecia e in Africa? I
Tedeschi avrebbero avuto tutte le ragioni per voler cancellare dalla faccia
della Terra una simile 'Nazione' (così in effetti sono stati i sentimenti dopo
l'8. settembre) Ma naturalmente le considerazioni morali non hanno senso, né in
pace né in guerra (gli stessi Nazisti hanno perseguitato senza motivo intere
popolazioni innocenti). Resta da chiedersi, cinicamente, che conseguenze avrebbe
avuto una tale dichiarazione di guerra.
Quanto poi all'idea che gli americani avrebbero rinunciato allo sbarco in Normandia, facendo dell'Italia il secondo fronte, appare davvero difficile la scelta tra Linea Gustav e Linea Gotica; entrambe presuppongono il saldo possesso angloamericano, con intenzioni ostili, di una parte d'Europa. La Linea Gotica rinuncia implicitamente a ogni tentativo di recupero della Penisola; d'altra parte, al momento il Reich era interessato soprattutto allo sfruttamento delle industrie piemontesi e lombarde per le necessità del Fronte Orientale: se la Linea Gotica si fosse rivelata un Vallo impenetrabile e non avessero avuto luogo sbarchi più a Nord o a Ovest, l'opzione si sarebbe potuta rivelare temporaneamente vantaggiosa. L'interesse angloamericano era invece l'opposto: sfondamento o superamento (attraverso sbarchi) della Linea; data la superiorità alleata a tutti i livelli, non c'è dubbio su quale sarebbe stato l'esito, anche nel caso di una rinuncia allo sbarco in Normandia (purché si mantenesse lo sbarco a Tolone). Teniamo comunque presente che in tal caso la Germania sarebbe stata interamente occupata dall'Armata Rossa (con o senza rifugio di Hitler a Parigi): questo non sarebbe stato nell'interesse angloamericano.
Così in Italia ci sarebbero
stati meno morti? O di più? È difficile prevedere. Senza uno scioglimento
della Forze Armate dopo l'8. settembre, i Tedeschi avrebbero verosimilmente
arrestato e trucidato tutti i militari nelle caserme dei territorî che fossero
riusciti a occupare (come minimo fino alla Linea Gotica), mentre tutti gli altri
(dalla Toscana verso Sud) non avrebbero corso nessun rischio del genere. La
popolazione Israelitica centro-meridionale sarebbe scampata ai campi di
concentramento. Forse, senza uno scioglimento delle Forze Armate, non ci
sarebbero stati abbastanza uomini per la Resistenza, perché praticamente tutti
i potenziali Partigiani sarebbero stati uccisi nelle caserme come militari vinti
oppure inviati nei campi di concentramento. Rappresaglie: sicuramente minori
quelle perpetrate col pretesto degli attentati partigiani (numericamente
minori), ma in presenza di un astio per il "tradimento" altrettanto
forte che nella Storia reale, temo che qualsiasi altro motivo sarebbe stato
sufficiente per compiere deportazioni (p.e. una "Soluzione finale"
come
quella progettata per alcune popolazioni dell'Europa Orientale) In totale: meno
Ebrei morti; meno militari uccisi nella Penisola, molti più uccisi a Nord, meno
rappresaglie sui civili, più deportazioni nei campi di concentramento.
Infine, Francesco argomenta: "Sicuramente la vergogna degli italiani superstiti , alla fine, sarebbe stata minore. nche questo conta qualcosa!" Qui avrei bisogno di spiegazioni, ma cerco di costruire lo stesso un ragionamento. Anzitutto, perché? Capisco una maggiore soddisfazione sabauda: la mossa geopolitica avrebbe avuto pieno successo. Ma la popolazione? Perché rispolverare l'odio etnico antitedesco tante volte sciaguratamente (in quanto con conseguenze sanguinose) alimentato? Non è che combattere contro i Tedeschi sia più giusto che contro gli Angloamericani: o si accetta la guerra e allora l'unico principio è la razionalità senza scrupoli (pena la morte), oppure si evita la guerra, a qualsiasi costo, anche di lasciar morire il resto del Mondo. La bella storia per cui la Seconda Guerra Mondiale è stata la guerra del Bene contro il Male (o del Male minore contro il Male maggiore) è evidentemente una copertura propagandistica di interessi puramente geopolitici che non si curano del bene o del male: se poi, per felice coincidenza, la vittoria del più forte (perché di questo si è trattato) coincide con un aumento dei beni materiali ecc., cioè con l'interesse, di molti, incluse le popolazioni "sconfitte", allora siamo sì incontestabilmente di fronte a una ragione fortissima e meritevole della massima considerazione, anzi direi decisiva, ma nel frattempo siamo passati da una considerazione moralistica (Bene / Male, Giusto / Ingiusto) a una razionale utilitaristica (dove non ci sono più Bene e Male, Giusto e Ingiusto, ma interesse di tot. gruppi di forza e interesse di tot. altri gruppi di forza: non prevarrà il Bene o il Male, ma l'interesse del gruppo più forte). Con una prospettiva del genere sono pienamente d'accordo. Il primo interesse è di non morire, quindi l'interesse dei più è che i morti siano il minor numero possibile; per questo cerco l'eventualità storica meno sanguinaria. Logicamente, non ci possono essere due o più criterî equipollenti: criterî diversi sono sempre gerarchizzati. Se il criterio principale è ridurre al minimo il numero dei morti, deve essere perseguito anche al costo di azioni "vergognose" (incluso, ovviamente, il tradimento degli alleati, se davvero serve); quindi la vergogna, per quanto conti, non può prevalere sugli altri criterî, a meno che sia stata scelta come criterio principale. Ora, ammettiamo per un momento che il criterio principale sia appunto di ridurre al minimo la vergogna (il "disonore") e non il numero dei morti: date le condizioni in cui l'Italia è arrivata al 25. luglio, cosa provoca più vergogna? "Tradire" un Alleato perché crudele (per quanto, fino ad allora, abbastanza leale nei confronti dell'Italia) o consegnare alla morte (per mano del Nemico ex-Alleato) un numero di indifesi superiore al minimo inevitabile? Per quanto Francisco Franco abbia la responsabilità della più recente Guerra Civile Spagnola, gli Spagnoli superstiti non hanno la vergogna di aver partecipato come aggressori alla Seconda Guerra Mondiale (a parte la Campagna di Russia): come tutti sappiamo e concordiamo, "la vergogna dei superstiti sarebbe stata minore" se l'Italia non fosse entrata in guerra nel 1940. Non potendosi eliminare tale vergogna, vediamo le alternative riguardanti il 1943: in un caso, un Paese aggressore abbastanza opportunista (l'Italia), una volta avviato alla sconfitta, si schiera contro l'ex-Alleato (aggressore originario); nell'altro caso, no. Calcoliamo i motivi di onore e disonore:
1) abbandonare l'aggressore è sicuramente un atto di riparazione che diminuisce la vergogna dell'entrata in guerra a suo fianco (oltretutto per motivi opportunistici);
2) abbandonarlo quando si vede che sarà sconfitto diminuisce abbastanza l'onore, ma è ancora tutto sommato buono;
3) tuttavia, accettare che tale abbandono dell'alleato aggressore comporti un aumento delle violenze operate da quest'ultimo e non programmare alcuna difesa delle prevedibili vittime indifese è indubbiamente un disonore (a prescindere dal fatto che ciò avvenga, oltretutto, per motivi opportunistici di sopravvivenza della Dinastia); quest'ultimo disonore e il precedente sono complessivamente maggiori o minori rispetto al motivo di onore enunciato al punto 1? Dalla risposta a questa domanda possiamo calcolare se "la vergogna dei superstiti, alla fine, sarebbe stata minore".
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A Filobeche che gli ha chiesto perchè secondo lui in Italia nella sua linea temporale ci sarebbero state meno deportazioni, così risponde *Bhrg'howidhHô(n-):
Per quanto riguarda la popolazione Israelitica, il ragionamento è il seguente:
1) rastrellamenti e deportazioni sono avvenuti nei territorî di occupazione nazista e in alcune aree europee orientali dove preesistevano forti odî antisemiti; esclusa quest'ultima condizione per il Regno d'Italia, consideriamo solo la tipologia delle occupazioni tedesche in Europa;
2) queste si raggruppano in:
2a) Annessioni dirette al Reich
(Alsazia-Lorena, Lussemburgo, Slovenia
settentrionale, Danzica, Posnania, Memelland);
2b) Annessioni indirette (Protettorato di
Boemia e Moravia, Governatorato Gen. di Polonia);
2c) Commissariati del Reich (Olanda, Ostland, Ucraina);
2d) Protettorati esterni al Reich (Slovacchia);
2e) Territorî nemici occupati da assegnare
dopo la Guerra (Vojvodina orientale);
2f) Paesi nemici sconfitti militarmente e
occupati (Belgio, Francia [Nord e Atlantico;
Vichy; zona italiana], Serbia, Grecia);
2g) Paesi non nemici, occupati per pure
ragioni strategiche (Danimarca, Norvegia,
Tunisia);
2h) Nuovi alleati in territorio (ex-)nemico (Croazia);
2i) Paesi (ex-)alleati che hanno chiesto l'armistizio (Italia, Romania);
2j) ex-dipendenze di questi ultimi (Albania, Transnistria);
2k) Paesi alleati occupati con cambio di
regime per far fronte all'avanzata sovietica
(Ungheria);
2l) Paesi alleati occupati per ragioni
strategiche senza cambio di regime (Bulgaria).
Esulano dalle occupazioni vere e proprie i seguenti casi:
2m) Paesi alleati (Finlandia) che hanno
ricevuto rinforzi tedeschi contro un nemico
comune;
2n) Paesi amici non belligeranti se non
contro l'Unione Sovietica (Spagna).
3) Il minimo di deportazioni riguarda le categorie 2g, 2l e ovviamente 2m e 2n;
4) senza il 25. luglio e l'8. settembre, il Regno d'Italia per definizione non sarebbe nella categoria 2i, bensì in 2l (prima di allora era in 2m);
5) conclusione necessaria: anche il territorio del Regno d'Italia avrebbe fatto parte delle zone d'Europa (coinvolte nella guerra) con minimo di deportazioni.
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A questo punto Filobeche avanza alcune critiche, cui *Bhrg'howidhHô(n-) risponde puntualmente:
Filobeche:
Non mi convince. Visto come il nostro esercito conduceva meravigliosamente le campagne, i tedeschi avrebbero esteso il loro controllo militare a tutta l'Italia con annessi e connessi, invece che alla sola Italia del nord...
*Bhrg'howidhHô(n-):
Non ho ben capito. Eravamo al 25. luglio; il cambiamento è che non intervengono cambiamenti: quindi si svolge ugualmente l'attacco angloamericano contro il "ventre molle dell'Asse", viene occupata la Sicilia e hanno successo gli sbarchi sul Tirreno. Dato che al 25. luglio non è successo niente, non può accadere l'armistizio dell'8. settembre, ma questo non riduce la porzione di Regno d'Italia occupata dagli Angloamericani; l'unica aggiunta al territorio sotto controllo tedesco può essere rappresentata dal Salento. Dopo di ciò, la ritirata nazifascista si sarebbe svolta secondo le stesse modalità che nella Storia reale. Perciò, da questo punto di vista, realisticamente non si può pensare che ci sarebbero state differenze notevoli; evidentemente, gli Angloamericani avrebbero ucciso in battaglia alcuni soldati del Regio Esercito (più che nella Storia reale; con i bombardamenti aerei, invece, penso che il massimo possibile di uccisioni sia già stato raggiunto e che non potesse aumentare ulteriormente), ma con ogni verosimiglianza molti meno di quelli che sono stati uccisi - e che in questo caso non sarebbero stati uccisi - dalle Forze Tedesche.
Filobeche:
Per quanto riguarda il punto 3., cioè niente stragi come a Marzabotto, S. Anna ecc., non vedo perchè i Tedeschi, che comunque comandavano, o i fascisti che non erano certo degli stinchi di santo avrebbero dovuto lasciar correrre, visto che tanto, data la strematezza del popolo italiano, la guerra civile era inevitabile...
*Bhrg'howidhHô(n-):
Sarebbero cambiate le condizioni di partenza. Le Forze Armate del Regno d'Italia non avrebbero attraversato i giorni di (temporaneo o in alcune zone definitivo) scioglimento; non ci sarebbe stata la fuga generalizzata della maggior parte dei militari, perché sarebbero rimasti sotto controllo; gli ufficiali non avrebbero ricevuto l'ordine dai Comandi Supremi di cessare la guerra o di ubbidire al Re anziché alla Repubblica Sociale. (Penso che su questi tre fatti siamo completamente d'accordo) Di conseguenza, le Repubbliche Partigiane non avrebbero avuto sufficienti uomini e non sarebbero bastati gli aiuti materiali da parte angloamericana (che certo non sarebbero mancati) per sostenere un'insurrezione (che non è avvenuta nemmeno in Germania; non si sarebbe nemmeno chiamata "guerra di Resistenza" perché non ce ne sarebbero state le premesse ideologico-giuridiche, dato che non si sarebbe potuto parlare di "invasione" contro cui resistere - come non se ne è parlato in Bulgaria!)
Qui viene il punto cruciale: in mancanza del "tradimento" da parte del Governo italiano, l'occupazione tedesca non sarebbe stata quella di un paese nemico (e oltretutto perfido), bensì il "soccorso" a un Paese amico; le operazioni di polizia contro i "Banditi" non sarebbero avvenute secondo il sistema adottato sul Fronte Orientale (rappresaglie da 5 a 100 per ogni uccisione), bensì secondo le procedure "civili" pur in stato d'assedio (quindi come in Germania, Austria, Scandinavia): indagini giudiziarie, polizia militare, esecuzioni capitali, ma solo dei (sospetti) responsabili, mai di intere comunità (implicitamente riconosciute non colpevoli se non, al massimo, di omertà). Si può credere o no a queste affermazioni, perché siamo nel dominio delle congetture di storia virtuale, ma a favore di quel che ho scritto posso richiamare almeno il dato di fatto che nel resto dell'Europa è avvenuto esattamente così nella categoria che ci interessa, la 2l (Bulgaria), in cui l'Italia si sarebbe collocata proprio per l'ipotesi che stiamo discutendo.
Filobeche:
Inoltre avremmo dovuto dare anche il Friuli alla Jugoslavia, la Sardegna e la Val d'Aosta alla Francia e saremmo andati a Norimberga come i tedeschi ed i Giapponesi (il che non sarebbe stato un male dopo tutto)...
*Bhrg'howidhHô(n-):
Per Norimberga (o eventualmente altra località, con processo separato rispetto alla gerarchia del Reich), è verosimile e condivido anche che non sarebbe stato un male. Quanto alle variazioni di confine:
Val d'Aosta: possibile un distacco dal Regno d'Italia, ma l'annessione alla Francia non è l'opzione più probabile, perché la Francia in realtà ha perso la Seconda Guerra Mondiale, che poi le è stata vinta per procura dagli Stati Uniti, i quali, coerentemente, hanno chiesto e ottenuto un compenso geopolitico dopo il conflitto. Parte di questo compenso è consistita nel (riconoscimento giuridico del) trasferimento - avvenuto in realtà per conquista militare - dalla Francia agli Stati Uniti di quella particolarissima forma di controllo sulla sovranità del Regno d'Italia che si era svolta dall'alleanza franco-sabauda stretta da Cavour con Napoleone III fino alla altrimenti incomprensibile azione della Monarchia nei confronti della Francia occupata: entrare in guerra a ostilità quasi cessate e senza alcuna offensiva risolutiva, bensì solo per contribuire alla creazione di una Francia non occupata (Vichy), poi per sottrarre una parte di quest'ultima all'occupazione tedesca (1942), nel frattempo indebolire irreparabilmente la (futura) offensiva sul Fronte Orientale con le campagne balcaniche, di Grecia/Creta e d'Africa (nient'affatto compensate dal "tributo" dell'ArmIR), infine col "tradimento" del 25. luglio - 8. settembre. Una simile condotta di guerra, che davvero, se non fossimo influenzati dall'atrocità nazista, giudicheremmo sleale nei confronti della Germania e addirittura perfidamente ostile (così è stata sinceramente percepita dai Tedeschi) e che, come sto cercando di argomentare, è costata un numero intollerabile di morti inutili in Italia (dai caduti sul Fronte Occidentale Alpino nel 1940 alle vittime delle rappresaglie nel 1943-1945), sarebbe quanto di più assurdo dal punto di vista politico, strategico, etico ecc. se non trovasse una ragione (l'unica che scorgo) geopoliticamente "superiore" - il segretissimo rapporto di protettorato esercitato dalla Francia sulla Monarchia Sabauda (che, come il 25. luglio ha dimostrato, è sempre stata in grado di controllare Mussolini e il Fascismo).
Di certo, comunque, scordiamoci la favoletta che la Val d'Aosta sarebbe "rimasta" (e perché dovrebbe? Per diritto ereditario sabaudo?) all'Italia grazie al "contributo" di questa nella guerra contro la Germania. Dal punto di vista della popolazione locale, 60 anni fa non era ancora avvenuto l'etnocidio che oggi ha omologato le culture regionali alle (sub)culture neonazional-statali e l'unica giustificazione dell'appartenenza di un territorio a uno Stato o a un altro non era il tanto sbandierato principio di nazionalità (che non ha mai avuto effetto né senso), bensì solo il fatto stesso di esservi appartenuto sino ad allora a meno di intervenuti motivi geopolitici di equilibrio di potenza (anche regionale): così si spiega il passaggio dell'Istria, di Fiume e di Zara dall'Austria-Ungheria all'Italia alla Jugoslavia di contro al passaggio di Trieste, Gorizia, Tarvisio, Trento e Bolzano dall'Austria all'Italia senza ulteriori cambiamenti (perché l'Austria ricostituita nel 1945 non era una potenza regionale ma un'area neutralizzata ancora in fase di definizione). Le assegnazioni territoriali del 1945 sono state guidate dagli stessi criterî delle spartizioni settecentesche, quindi essenzialmente all'insegna dell'equilibrio di potenza (in tal caso di Superpotenze) e secondo modalità minimalistiche (variare il meno possibile, in vista del blocco definitivo dei mutamenti di confine), solo che invece del principio di legittimità dinastica si è usato un misto di pretesti ideologici.
Entro questo quadro generale, le opzioni per la Val d'Aosta sarebbero state:
1) indipendenza (possibile economicamente e voluta localmente, ma col rischio di sorprese indesiderate sul tema dell'Alleanza Atlantica)
2) unione alla Svizzera (respinta da quest'ultima)
3) annessione alla Francia (soluzione ostacolata dal fatto che la Francia, di fatto sconfitta, ha avuto solo minimi aumenti territoriali; nei confronti della Germania nessuno!)
4) permanenza sotto l'Italia: dato che quest'ultima passa a protettorato dê factô degli Stati Uniti d'America, è chiaro che sarebbe stata in ogni caso l'opzione preferita dai Vincitori. Le uniche grandi cessioni territoriali a spese dell'Italia (e quindi, indirettamente, a scapito degli obiettivi statunitensi) sono state a favore dello schieramento opposto: mi sembra la prova che nel 1945 è avvenuta una sorta di spartizione anche del Regno d'Italia, con la differenza - rispetto alla Germania - che in questo caso l'Unione Sovietica non avrebbe avuto annessioni dê factô dirette (quali la Germania Est e, non dimentichiamolo, la Polonia - oltre alla
Cecoslovacchia, che tuttavia non è stata utilizzata dall'Unione Sovietica come mezzo per annessioni di territorio tedesco di prima del 1938), bensì solo a favore di un alleato presto rivelatosi impossibile da annettere, quindi non meritevoli (le possibili annessioni in Italia) di sforzo diplomatico; di conseguenza: "Italia
Ovest" agli Stati Uniti (con una minima zona francese a Briga e Tenda), "Italia Est" alla Jugoslavia (le vicende dello Stato Libero di Trieste hanno seguito la medesima trafila, evidenziando ancora di più il carattere
spartitorio settecentesco delle soluzioni adottate). Sostenere che i territorî dell"Italia Est" erano pieni di zone non etnicamente italiane ha senso solo se si ammette, contemporaneamente, che anche i territorî dell'"Italia Ovest" erano, almeno prima dell'etnocidio industriale e poi globalizzato, pieni di zone non etnicamente
italiane.
Le medesime considerazioni della Val d'Aosta valgono per la Sardegna; in breve, quattro opzioni:
1) indipendenza (sconsigliabile per gli stessi motivi della Val d'Aosta)
2) annessione alla Spagna (improponibile, forse neppure nel caso di uno storicamente sconcertante ingresso del Generalissimo Franco nell'Alleanza Atlantica)
3) annessione alla Francia (stesse ragioni in contrario che per la Val d'Aosta)
4) permanenza sotto l'Italia (cioè protettorato americano: geopoliticamente meglio, per gli Stati Uniti, che Malta colonia britannica!).
Per il Friuli torniamo alla questione della spartizione tra "Italia Ovest" e "Italia Est". In base a quanto già considerato, le uniche possibilità che l'"Italia Est" fosse un po' più estesa a scapito dell'"Italia Ovest" sarebbero sorte nel caso che la Jugoslavia venisse di fatto annessa all'Unione Sovietica (così come è stato per Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria e, ovviamente, Germania Est), ma perché ciò avvenisse sarebbe stata imprescindibile un'occupazione della Jugoslavia da parte dell'Armata Rossa durante la guerra (più tardi sarebbe invece stata motivo di conflitto con l'Alleanza Atlantica e quindi non è avvenuta), il che avrebbe diminuito la porzione russa di Germania; di conseguenza, prospettiva scartata dalla dirigenza sovietica.
Eventualità alternative, in subordine:
1) spartizione, oltre che della Germania, anche dell'Austria; in tal caso, l'esistenza di un'"Austria Est" (accanto a eventuali annessioni ungheresi [Burgenland?] e cecoslovacche [in Alta e Bassa Austria?]) comprendente la Carinzia avrebbe creato le condizioni per un Friuli e/o una Venezia Giulia "indipendenti" (leggasi: annessi alla Russia) nel Patto di Varsavia, così come nel 1943-1945 era "indipendente" (leggasi: annesso alla Germania) l(o) Adriatisches Küstenland (Friuli, Venezia Giulia con l'Istria, Fiume, Lubiana): non sarebbe stato un rafforzamento della Jugoslavia, bensì dell'Unione Sovietica per circondare la Jugoslavia
2) neutralizzazione della Germania (Ovest e Est, forse nemmeno divise) come l'Austria: gli Stati Uniti non "annettono" la Germania Ovest, l'Unione Sovietica non "annette" la Germania Est. In tal caso, si sarebbe creata un'ampia zona neutrale, praticamente smilitarizzata, in Europa Centrale (Germania e Austria), passibile di essere estesa a uno Stato (realmente) indipendente del Friuli - Venezia Giulia (quindi non jugoslavo, che sarebbe stato sgradito all'URSS), ma le rinunce americane alla Germania (e, teoricamente, alle parti dell'Austria occupate dagli Alleati occidentali), oltre che allo strategicamente prezioso Friuli, avrebbero richiesto adeguati "indennizzi" politico-militari e territoriali altrove (non vedo possibilità - neppure in Corea - se non in Cina)
Filobeche:
Secondo me la soluzione giusta sarebbe stata, non tanto continuare la guerra a fianco della Germania, quanto riuscire a convincere gli alleati a venire a patti con noi e aspettare un po' prima di cambiare lato del conflitto.
*Bhrg'howidhHô(n-):
In teoria sono d'accordo, ma praticamente come? Se già l'armistizio in data 8.9.1943 ha comportato, pur di essere ottenuto, l'accettazione - come tributo di sangue - di tutte le prevedibilissime perdite umane che abbiamo considerato (Ebrei lasciati in mano ai Nazisti, Forze Armate italiane praticamente prigioniere dei Tedeschi da loro stesse dichiarati nemici, popolazioni civili innocenti sottoposte a rappresaglie da Fronte Orientale per attentati da loro non commessi), come sarebbe stato possibile un armistizio più tardi, nel 1944 o nel gennaio-febbraio 1945? Che utilità avrebbe avuto per gli Angloamericani?
Supponiamo, per ipotesi ucronica, che avvengano i fatti del 25. luglio 1943 ma non l'armistizio dell'8. settembre. Il Regno d'Italia continua, con Badoglio, la guerra a fianco dell'Alleato germanico. L'avanzata angloamericana lungo la Penisola si attesta alla Linea Gotica. A quell'epoca, gli Alleati avevano già deciso per la Germania la sola resa incondizionata, quindi anche per l'Italia non ci sarebbe stata altra possibilità che questa. Cosa avrebbe significato una resa incondizionata del Governo Badoglio e della Monarchia Sabauda, presumibilmente trasferitisi da Roma a Torino, con un Fronte sulla Linea Gotica, quindi con il residuo Regno d'Italia (Liguria, Padania,Venezie) completamente circondato e occupato dalle Forze alleate Germaniche?
È da escludersi che la resa italiana potesse favorire gli Angloamericani; non ne avrebbero avuta alcuna utilità. È altresì da escludersi che i militari delle Forze Armate Italiane si disperdessero come nel settembre 1943 e si rifugiassero chi in Svizzera, chi sulle montagne dando vita alle Repubbliche Partigiane: l'assoluta maggioranza di loro sarebbe stata arrestata nelle caserme dalle Forze tedesche e massacrata (sul posto o, meglio, in campi di concentramento, dove il lavoro schiavile - sia pure di breve durata fisica - costava meno che le materie prime). Le stragi evitate a Cefalonia sarebbero avvenute in Padania o nei Lager. Certo, 'solo' pochi mesi di terrore anziché due anni, ma in quei pochi mesi sarebbero morti persino di più che nella Storia reale.
Per questi motivi sono convinto che una visione disincantata della Storia indichi in una scelta antipatica come la fedeltà al Nazismo l'unica via reale per salvare un grande numero di vite umane. In altri termini: dopo il 10. giugno 1940 non ci sono state vie d'uscita dalla sottomissione alla Germania (le decisioni sono state davvero, al di là della retorica, "irrevocabili"), una volta presa la strada dell'alleanza bellica era chiaro che sarebbe stata da percorrere fino alla vittoria o alla resa incondizionata; qualunque altra soluzione (come l'8. settembre) sarebbe stata follia politica e morale e se è stata effettivamente presa il motivo dev'essere stato adeguato (v. sopra).
Certo, nel giugno 1940 la prospettiva era che l'Italia fosse nella futura Europa nazista uno Stato marginale, ma ho scritto sopra che i veri motivi dell'ingresso in guerra devono essere stati il boicottaggio della Germania e il soccorso (paradossale, ma effettivo) alla Francia ancora solo parzialmente sconfitta (perché altrimenti ci sarebbero state così poche annessioni ai danni della Francia? Né Tunisia né Corsica né... Savoia! Si confronti, per contrasto, l'appetito annessionistico in un'area non critica, quale la Slovenia: chi mai aveva rivendicato Lubiana all'Italia prima del 1941?).
Se l'obiettivo mussoliniano era di costituire un Grande Spazio geopolitico a guida italiana interposto tra l'Europa Centrale-Orientale-Settentrionale e l'Africa Centrale, entrambe a guida tedesca, in un rapporto di forze di due a uno (Germania-Italia) entro il Blocco Eurafricano, con possibilità - soprattutto tedesca - di espansione a Oriente a scapito del Blocco Eurasiatico (lo scontro tra Germania e URSS era larghissimamente prevedibile, esposto a chiare lettere in tutti i manifesti ideologici del Nazionalsocialismo), l'obiettivo della Monarchia Sabauda (l'altro Attore, più potente, nella Diarchia che governava l'Italia; un Dittatore che può essere ed è deposto dal proprio Gran Consiglio non è un vero Dittatore) era evidentemente simile sul piano geopolitico e nemmeno molto più antitedesco di quello fascista (la tedescofobia tipicamente nazionalistica di Mussolini era tale che, ancora nella Repubblica Sociale, il Duce era convinto che, nel giro di pochi anni, sarebbe scoppiata una guerra tra Germania e Italia!), ma differiva nel punto sostanziale che prevedeva una sorta di stretta alleanza latina tra Italia, Francia e verosimilmente Spagna in funzione espressamente antigermanica.
Quindi:
- l'Italia è entrata in guerra non per velleità emulativa o per obbedienza, ma per un preciso piano a lungo termine e in verosimile accordo con la Francia (la Francia di Vichy - nata dalla stessa Francia della Terza Repubblica di pochi mesi prima - era forse diversa ideologicamente dall'Italia?);
- la Gran Bretagna sarebbe dovuta diventare l'Alleato della Germania (missione Hess, scrupolosamente secondo le previsioni del Führer), ma la sua opzione (Churchill contro Edoardo VIII) per l'alleanza angloamericana ha trasformato la guerra in Europa Occidentale (sostanzialmente conclusa nel 1940, a parte la fallita Battaglia d'Inghilterra) in Guerra Mondiale tra America e Germania per la conquista dell'Europa;
- ciò ha a sua volta reso necessaria la temeraria decisione di Roosevelt di dare la priorità alla guerra contro la Germania ("Germany first") aiutando in modo decisivo (persino a scapito dei diretti interessi americani nel Pacifico) l'URSS, che altrimenti molti ritenevano e desideravano che fosse sconfitta dalla Germania;
- la priorità della guerra in Europa ha determinato l'attacco al "ventre molle dell'Asse" e di conseguenza l'invasione angloamericana dell'Italia;
- di fronte all'inevitabilità della vittoria angloamericana e quindi del recupero della Francia tra i Vincitori, l'obiettivo dei Savoia non è più conciliabile con l'obiettivo di Mussolini (rimasto come nel 1940). In tale contesto, il "tradimento" italiano nei confronti della Germania è stato al contempo una prova di fedeltà dei Savoia verso la Francia, poiché di fatto ancora una volta, con un tributo di sangue di enormità facilmente prevedibile, ha posto l'Italia accanto alla Potenza sorella, con una mossa politica esattamente omologa a quella di Pétain tre anni prima e coerentemente con lo stesso progetto a lungo termine (è logico che nel 1943 non poteva esser chiaro che il destino della Dinastia a guerra terminata sarebbe stato la perdita dell'Italia, anzi è più che verosimile che la decisione di affossare la Monarchia risponda a esigenze di più accentuato controllo americano sull'Italia nella congiuntura della Guerra Fredda);
- solo un motivo di tale importanza storica può aver indotto i Savoia alle decisioni, non certo improvvisate, del 25. luglio e dell'8. settembre 1943. Senza dubbio si è trattato, come nel giugno 1940, di una scommessa ardita ma attentamente studiata nelle conseguenze geopolitiche e coerente con tutta la politica dell'Italia. Proprio in quanto meditata, la decisione deve aver previsto i morti del 1943-1945. Di certo tutto l'entourage sabaudo avrebbe preferito evitare la fuga da Roma e ritardare il "tradimento" nei confronti della Germania, ma l'occupazione tedesca ormai in corso (da agosto in poi; Piano "Asse") e il fatto che ogni giorno di ritardo avrebbe reso il tutto inutile per gli Angloamericani ha fatto accettare le peggiori conseguenze.
Così giustificata, la scelta della Monarchia si trasmette ai Membri del Gran Consiglio a essa più legati (da tempo più o meno lungo). Anche agli altri Gerarchi è chiaro il quadro della situazione:
- alcuni, consci del maggior potere della Monarchia, ne accettano le decisioni;
- Farinacci, sicuramente altrettanto consapevole e tuttavia anche abbastanza intelligente da capire che la Germania è più potente della stessa Monarchia, propone di ribadire gli obiettivi del 1940: non è ancora un'annessione alla Germania, è solo una prospettiva "bulgara", categoria 2.elle, v. sopra, ma a questo punto, senza il consenso dei Savoia, diventa chiaro che la categoria dell'Italia 'farinacciana' sarebbe stata piuttosto quella dell'Ungheria delle Croci Frecciate (categoria 2k), del resto desiderabile per i settori fascisti appunto più antisemiti;
- tutti gli altri, Mussolini incluso, si limitano a rendersi conto che l'Italia abbandona la categoria 2m (Paesi alleati, come la Finlandia, che hanno ricevuto rinforzi tedeschi contro un nemico comune) e si oppongono a tale cambio.
Effettivamente, quindi, riconosco che al 25. luglio era ormai tardi per opporsi alle decisioni della Monarchia, perciò è quest'ultima ad avere la colpa storica di aver previsto e non evitato - come invece avrebbe potuto - il 'sovrappiù' di morti nel biennio 1943-1945 rispetto al numero che comunque la guerra, sia con le battaglie sia con i bombardamenti sui civili, avrebbe comportato (anche se, ovviamente, la responsabilità diretta delle uccisioni per repressione o soprattutto per rappresaglia è nazifascista).
Riconosco anche che la Monarchia ha avuto importantissime ragioni geopolitiche per una scelta tanto sciagurata sul piano umano, politico e militare. Oltre a ciò, se avesse proseguito la guerra ritirandosi a Torino ecc. (v. sopra), sarebbe stata - giustamente - ritenuta responsabile, tanto quanto Mussolini, sia della decisione di entrare in guerra nel 1940 (per la quale si sarebbe potuta difendere invocando, sia pur segretamente, l'accordo avuto con la Francia) sia della decisione, nel 1943, di proseguire - nella presente ucronia - la guerra (stavolta senza, anzi contro, l'accordo con la Francia); verosimilmente avrebbe avuto luogo un Processo come quello di Norimberga e i principali esponenti della Dinastia sarebbero stati condannati a morte e uccisi. In pratica, "mors uestra (degli Italiani) uîta nostra (dei Savoia)". Non è credibile che i Savoia non prevedessero, nel 1940, di potersi trovare in una simile eventualità; bisogna dunque pensare che il 25. luglio rispondesse a un piano già pronto almeno da tre anni (se non, per quanto riguarda Mussolini, già fin dal 1922, prima della stessa creazione del Gran Consiglio). Ci si può allora chiedere: non ci sarebbe stato un momento migliore PRIMA del luglio 1943?
Dato che non è pensabile senza rappresaglia tedesca una resa all'Inghilterra dopo l'invio dell(o) Afrikakorps in Libia, l'unico scenario discutibile è quello di un ritiro dal conflitto subito dopo l'armistizio francese, evidentemente con rinuncia non solo a qualsivoglia conquista in Africa (per tacer di Malta), ma mettendo in conto sia la restaurazione dell'Etiopia sia la cessione della Somalia (o più) all'Impero Britannico pur di convincerlo ad accettare, da una posizione di superiorità, una resa italiana non condizionata. Al contempo, tuttavia, sarebbe stato fondamentale placare la furiosa ira tedesca (per il tradimento nella guerra antibritannica) offrendo da un lato il modesto contentino della partecipazione alla Campagna di Russia e il più sostanzioso aiuto di liberare la Germania dall'impegno in Grecia e nei Balcani, dall'altro favorendo in ogni modo - ma contro Churchill - l'armistizio anglotedesco desiderato dal Führer. Tuttavia, benché ci si muova nel campo delle congetture più inverificabili, le conseguenze più logiche di una precoce resa italiana sarebbero state:
- un'occupazione strategica tedesca dell'Italia (come in Danimarca e Norvegia), esclusivamente a scopo preventivo di sbarchi inglesi;
- l'instaurazione di un governo collaborazionista (p.e. Farinacci come Quisling);
- in ogni caso, partecipazione italiana alla guerra antisovietica (ciò non avrebbe comportato ritorsioni postbelliche da parte occidentale; la Finlandia è diventata di fatto protettorato sovietico, ma in sostanziale continuità sociale, soprattutto senza diventare Repubblica Socialista Sovietica: gli Angloamericani si sarebbero opposti anche alla trasformazione dell'Italia in Repubblica Popolare);
- destino di Mussolini e soprattutto dei Savoia: sopravvivenza se favorevoli alla preventiva richiesta tedesca di occupazione dell'Italia, arresto e condanna in caso contrario. Per forza di cose, Mussolini (se mai fosse rimasto Duce dopo la resa alla Gran Bretagna) sarebbe stato quindi favorevole all'occupazione tedesca, mentre i Savoia avrebbero dovuto ribaltare la politica filofrancese (l'occupazione tedesca dell'Italia avrebbe comportato anche l'occupazione totale della Francia in anticipo rispetto alla Storia reale). Date le minori possibilità di rifugio presso gli Angloamericani (o i soli Inglesi) rispetto al 1943, i Savoia non si sarebbero potuti opporre alla richiesta tedesca; di conseguenza, collaborazione con la Germania fino alla fine e, in caso di sconfitta tedesca, processo e condanna a morte da parte degli Alleati angloamericani (senza più alcun appoggio da parte francese). Si tratta di una prospettiva persino peggiore che la permanenza in guerra senza resa agli Inglesi (a meno di abdicare subito dopo la resa e prima dell'occupazione tedesca), quindi non si trova, nella dirigenza italiana, nessuno che avesse convenienza a chiedere l'armistizio prima del 1943.
Con ciò si torna al 1940: l'unica possibilità di evitare i morti "in più" del 1943-1945 sarebbe stata non tanto una diversa decisione del Gran Consiglio del 25.7.1943 (dato che la posizione dei Savoia non sarebbe cambiata, semplicemente sarebbero stati arrestati tutti i Gerarchi fascisti), ma un mancato ingresso in guerra, cioè - dal punto di vista della politica sabauda - un abbandono della Francia all'occupazione tedesca fin da subito. Insisto sul punto di vista dei Savoia, perché si tratta delle persone più potenti nell'Italia Monarchica (più dei Fascisti). Se la Monarchia avesse mutato la propria storica linea politica, sarebbero venute meno - col venir meno della Francia - le condizioni fondamentali in cui è nato e si è imposto il Regno d'Italia; a vittoria conseguita, la Germania avrebbe avuto buon gioco a esercitare pressioni sull'Italia (priva di un'alleanza latina con Francia e Spagna) per eliminare anzitutto la dinastia, poi lo stesso Stato, per ritornare a una situazione di tipo asburgico (benché con potere a Berlino invece che a Vienna).
Ribadisco dunque che persino l'entrata in guerra dell'Italia nel 1940 è stata una decisione necessaria da parte della Monarchia, in questo caso col pieno favore del Fascismo (per quel poco che ciò può contare come argomento). La conclusione è che i morti del 1943-1945 sono morti, in ultima analisi, per colpa della nascita del Regno d'Italia con una dinastia (che fossero i Savoia o altri) sotto protettorato francese e quindi rientrano nella logica della secolare guerra combattuta in Europa tra i tentativi egemonici della Francia e quelli di un Potenza tedesca: in questo secolare scontro (le cui ragioni sono evidentemente di natura geopolitica, non etnica) la dinastia sabauda, almeno dal 1848, è stata costantemente nel campo francese, ne ha tratto enormi beneficî e se ne è anche assunta le responsabilità, nascostamente nel 1940, apertamente nel 1943, dimostrandosi superiore nelle capacità di previsione politica e rivelandosi, al contempo, inconfessabilmente cinica nell'accettazione del prezzo umano da pagare per le proprie scelte (la scomparsa della Francia dal novero delle Grandi Potenze europee e mondiali ha portato sùbito anche all'uscita dei Savoia dalla Storia - almeno sinora - in occasione dell'inizio di una nuova situazione geopolitica, la Guerra Fredda, che ha determinato una più diretta forma di controllo sull'Italia da parte della nuova Potenza estera egemone). In questa lettura si può paradossalmente recuperare la retorica (persino postbellica!) che collega la Resistenza al Risorgimento: entrambi - tolti gli orpelli della manipolazione ideologica - episodî di un conflitto geopolitico plurisecolare, quello franco-tedesco, risoltosi con l'egemonia americana (non solo sull'Europa).
A parte i Savoia, chi all'interno del Gran Consiglio si è schierato (da tempo o al momento) per la Monarchia ha dato il proprio piccolo contributo alla causa dell'egemonia francese; chi si è schierato per il Nazismo ha dato il proprio piccolo e alla fine inutile contributo alla causa dell'egemonia tedesca; gli altri sono usciti seduta stante dalla Storia. L'unico schieratosi col Nazismo, Farinacci, evidentemente non aveva alcuna intenzione di evitare le morti di molti Ebrei e indubbiamente ha in séguito approvato le stragi operate dai Tedeschi sui militari italiani fedeli al Re e sulle popolazioni di Marzabotto, S. Anna ecc., ma chi avesse votato il suo Ordine del Giorno non sarebbe stato per forza della stessa tendenza politica; sicuramente, anzi, se altri avessero votato per quell'Ordine del Giorno, lo avrebbero fatto piuttosto per portare a termine la resa dei conti con la Monarchia e, se possibile, arrivare al Colpo di Stato e all'arresto della Famiglia Reale. Può anche darsi che questi eventuali Gerarchi favorevoli all'Ordine del Giorno Farinacci, personalmente, si augurassero di evitare le morti di molti militari e delle popolazioni potenziali vittime di rappresaglie; comunque ciò non avrebbe avuto un'influenza decisiva sul voto, perché in quel contesto si trattava anzitutto della sopravvivenza personale. Noi, invece, del Gruppo di Lavoro Utopiaucronia, non corriamo pericolo di vita, quindi possiamo 'votare' pensando unicamente al destino dei militari, delle popolazioni civili e - perché no? - dei Savoia: mi sembra chiaro che chi di noi 'vota' per l'OdG Farinacci condanna contemporaneamente a morte la Famiglia Reale (o attraverso il Colpo di Stato o, a guerra conclusa, al Processo di Norimberga italiano), ma allo stesso tempo dovrebbe essere altrettanto chiaro che chi non 'vota' per questo OdG condanna di fatto alla morte per mano tedesca dei varî militari di Cefalonia ecc. e anche, per le ragioni dette, delle popolazioni esposte alla rappresaglia nazifascista per gli attentati partigiani.
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L'amico Demofilo dice la sua:
Credo che l'ordine del giorno di Farinacci non sarebbe stato preso in considerazione nella maniera più assoluta. Ricordiamo infatti che lo stesso Mussolini fu avvisato che il "Re di Prussia" gli voleva fare le scarpe. In secondo luogo la votazione dell'ordine Grandi automaticamente faceva decadere quello di Farinacci. Ad ogni modo tu giustamente dici che con l'allungamento dell'alleanza con il nazismo stragi e massacri non vengono perpetrati. Credo proprio di no, anche perchè ritengo che le deportazioni contro gli ebrei sarebbero continuate e comunque la sconfitta avrebbe garantito la nascita di gruppi di resistenza contro i fascisti e i nazisti. Ad ogni modo se Mussolini si fosse salvato dalla votazione al Gran Consiglio, gli altri centri di potere autonomi dal Duce avrebbero preso importanti decisioni: penso ovviamente alla Monarchia, alla Chiesa e all'Esercito. Ad ogni modo vi propongo una mia ucronia proprio sui fatti del 25 luglio 1943.
Benito Mussolini, nel primo pomeriggio del 25 luglio 1943, si reca a Villa Savoia, residenza del Re Imperatore Vittorio Emanuele III. Il sovrano, che aveva ricevuto dal conte Dino Grandi comunicazioni nella notte che il suo ordine del giorno era stato approvato dal Gran Consiglio del Fascismo, tenuto a Palazzo Venezia dalle 17.00 alle 2.30, dove diciannove voti avevano seppellito vent'anni di regime. Mussolini entra nella stanza dello studio del sovrano con la divisa nera da gerarca:
"Vostra Maestà!"
"Eccellenza" replica il sovrano.
"Maestà," risponde il Duce, "come avrete sicuramente saputo da quel cane infido che è stato il conte Grandi, serpe che io stesso ho allevato nel mio seno, sono stato sfiduciato e devo consegnare a lei il comando delle forze armate del Regno e dell'Impero..."
Il Re Imperatore non dice niente. "Ebbene, io non vi darò un bel niente! Siete stato voi a chiamarmi il 21 ottobre 1922 al comando dell'Italia e io vi ho portato l'Italia di Vittorio Veneto! Io vi ho donato l'Impero dell'Africa Orientale Italiana, io vi ho incoronato Imperatore di Addis Abeba!"
Volete sapere come finirà l'incontro? Mussolini fa arrestare il sovrano, il quale viene portato al Quirinale e, insieme alla regina Elena, alla principessa Maria Josè e gli eredi di Casa Savoia, mandato in esilio in Portogallo. Mussolini nel giro di tre ore si scatena: fa catturare Ciano, Grandi, De Bono e tutti i traditori del 25 luglio e li fa fucilare davanti a Palazzo Venezia. Telefona ad Hitler e conferma l'alleanza con il Reich. La sera, un comunicato radio:
"Attenzione, Attenzione!, sua eccellenza il cavaliere Benito Mussolini è stato nominato capo dello stato e ha nominato sua eccellenza Roberto Farinacci capo del governo, primo ministro e segretario di stato."
Quali le conseguenze? A voi naturalmente la possibilità di completarla...
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*Bhrg'howidhHô(n-) gli risponde così:
Demofilo ha detto: "Credo che l'ordine del giorno di Farinacci non sarebbe stato preso in considerazione nella maniera più assoluta." Lo immagino, infatti non 'incolpo' i Gerarchi di non averlo votato. Ormai si trattava della sopravvivenza personale e si può capire che, in tali circostanze, nessuno pensi più al destino dei soldati o dei civili (meno che meno a quello dei perseguitati Ebrei). La sfida iniziale di Hurmar era di trovare un'ucronia per salvare i militari a Cefalonia (e ovviamente salvarli anche dopo, tornati a casa): impresa ardua, spesso discussa insieme, non lascia speranza di trovare soluzioni perfette. In sintesi, quel che ho proposto è che una mera e spregiudicata somma di considerazioni personali non offuscate dal terrore e considerazioni umanitarie (che interessano, penso solo a noi, non ai Gerarchi di allora) suggerirebbe di votare proprio l'OdG Farinacci o un suo equivalente. È ovvio che le conseguenze sarebbero inaccettabili per la Monarchia e che d'altra parte non è possibile salvare tutti insieme i Savoia, i Militari, i Civili, i Fascisti (visto che erano questi ultimi a prendere le decisioni formali) e i Tedeschi (al momento i più forti) - va da sé che gli Angloamericani si salvano comunque perché vincono la guerra.
Qual è allora la soluzione che salva il maggior numero? Potrebbe essere proprio quell'ordine del giorno che "non sarebbe stato preso in considerazione nella maniera più assoluta"? Apparentemente no, perché una soluzione che non venga presa in considerazione non è un'alternativa reale. Tuttavia, se postuliamo il massimo di razionalità in tutti i protagonisti, potremmo forse arrivare a vedere che la soluzione razionalmente e persino egoisticamente migliore per il maggior numero (ovviamente non per la totalità, come detto) coincide con quell'ordine del giorno. Tutto ciò vale come premessa, in realtà su questo punto siamo di fatto già d'accordo, perché il prosieguo della discussione implica l'accettazione di questa sfida fortunatamente per noi solo intellettuale. Comunque, mi aspettavo già che l'argomento toccasse sentimenti molto forti; infatti credo che quasi tutti noi abbiamo parenti (anche se non direttamente conosciuti) o amici morti proprio nel 1943-1945 e ci siamo chiesti in che modo se ne potesse evitare la morte.
Inoltre Demofilo ha aggiunto: "Ricordiamo che lo stesso Mussolini fu avvisato che il "Re di Prussia" gli voleva fare le scarpe. In secondo luogo la votazione dell'ordine Grandi automaticamente faceva decadere quello di Farinacci." Questo è un problema squisitamente tecnico. Se è così, la questione si sposta sull'accettazione dell'uno o dell'altro OdG. (D'altra parte, mi risulta che Farinacci abbia votato il proprio OdG e non sull'OdG Grandi, per cui le due votazioni - quale OdG e, deciso l'OdG, se a favore o contro - sembrano coincidere; comunque, per l'appunto, non insisto sull'aspetto formale, dato che il vero contrasto è tra il contenuto dei due OOddGG)
Ancora: "tu giustamente dici che con l'allungamento dell'alleanza con il nazismo stragi e massacri non vengono perpretrati. Credo proprio di no, anche perchè ritengo che le deportazioni contro gli ebrei sarebbero continuate e comunque la sconfitta avrebbe garantito la nascita di gruppi di resistenza contro i fascisti e i nazisti." Quanto alle Deportazioni di Ebrei: credo che il massimo cui si potesse aspirare nell'Europa coinvolta nella guerra fosse la situazione danese. È possibile che si verificasse in Italia? Ritengo di sì, per ragioni che ho esposto da una prospettiva incentrata sulla Germania; so che William Riker ha una convinzione analoga, fondata su fatti di Storia Vaticana, che trovo convincenti e per le quali rimando al suo messaggio. Riassumo solo le 'mie': la Germania nazista ha indubbiamente rappresentato il punto più basso della Storia europea (probabilmente non solo moderna), ma sarebbe un errore fattuale credere che non vi sopravvivesse più alcuna forma di diritto; esistevano e venivano fatte rispettare (con metodi anche disumani) leggi che perseguitavano una quantità spaventosa di persone, ma non l'intero genere umano. Gli altri crimini (che non riguardassero le vittime delle persecuzioni) venivano puniti come in ogni Stato di Diritto. Anche il Diritto Internazionale, pur in uno stato di guerra, sopravviveva. Ciò faceva sì che vi fossero alcuni territorî, persino tra quelli occupati dalla Wehrmacht, nei quali le persecuzioni erano meno favorite; la determinazione di questi territorî era una conseguenza diretta dello svolgimento del conflitto: in particolare, la sovranità degli Stati occupati per pure ragioni strategiche era meno limitata rispetto a quella di tutti gli altri Stati occupati e tale differenza era sufficiente a garantire la salvezza di molti perseguitati. Prima del 25. luglio, l'Italia era in teoria in una situazione addirittura migliore, perché non occupata, tuttavia le leggi razziali hanno ugualmente introdotto una persecuzione; d'altra parte, non c'è motivo per cui, se le forze di occupazione tedesche non hanno perseguitato gli Ebrei danesi, dovessero inasprire, in caso di occupazione strategica, le già esistenti leggi razziali italiane. La differenza tra Repubblica Sociale e Danimarca non è intrinsecamente geografica (i Tedeschi in Italia sarebbero più antisemiti che in Danimarca), bensì contingentemente storica (i Nazisti sono stati più feroci, non solo contro gli Ebrei, nei Paesi nemici, a maggior ragione in quelli responsabili di "tradimento").
Quanto alla Resistenza antinazista (nel caso italiano, spesso indistinguibile da "contro l'invasione nazista da una Potenza esterna"): in caso di continuità istituzionale di un Governo filotedesco, senza spaccature dello Stato, senza creazione di Comandi militari opposti, ogni episodio di resistenza - a prescindere dalla sua probabilità, che non discuto - si sarebbe confuso con il ben più vistoso fenomeno dello spostamento del Fronte militare, come tipicamente in Ungheria. Che differenza comporta? Quella, fondamentale, per cui i Tedeschi avrebbero percepito gli attentati come incursioni del Nemico (angloamericano) e non come agguati da parte di una popolazione infida, nemica e traditrice. Di certo, non avrebbero lo stesso avuta alcuna pietà (perché mai ne avrebbero dovuta avere? Si era pur sempre in stato di guerra) per chi era in collegamento con gli Angloamericani (del resto, chi era in tale collegamento non sperava di trovare pietà presso i Nazisti, né questi pensavano che avrebbero trovato pietà se catturati dai Partigiani), ma l'importante è che almeno non attuassero rappresaglie contro popolazioni non solo innocenti, ma - eccettuati singoli "Banditi" più o meno numerosi - innocue. Spero di non essere troppo blasfemo se arrivo ad affermare che, se non ci fossero stati gli attentati partigiani, forse alcune ragazze di Marzabotto o di altre città e paesi martiri avrebbero persino sposato qualche soldato tedesco e lo avrebbero seguito in Germania; in ogni caso, nessuno può sostenere che tra Tedeschi e Marzabottini sussistesse un odio atavico (come invece ormai è nato e chissà per quanto ancora rimarrà - cfr. la guerra in Bosnia - da parte dei discendenti delle vittime lungo la Linea Gotica) e nemmeno che le Autorità di Occupazione avessero preventivato un certo numero di rappresaglie purchessia, a scopo terroristico, quindi quelle stragi erano evitabili. Resistenza antifascista (nel senso di "contro il regime totalitario interno"): in Germania è stata minima e, ciò che più conta, non si sono avute rappresaglie indiscriminate in risposta ad attentati partigiani. Perché sarebbe dovuta essere maggiore in Italia in assenza di una spaccatura dello Stato, cioè di una causa irrimediabile di guerra civile?
L'obiettivo dell'ucronia deve quindi essere quello di evitare una spaccatura in quella macchina che già allora era iperpotente, cioè lo Stato e soprattutto il settore militare. Non c'è dubbio che la spaccatura formale e l'inizio della guerra civile sono avvenuti a causa della proclamazione della Repubblica Sociale, che tuttavia è stata un semplice corollario formale dell'occupazione tedesca, a sua volta assolutamente inevitabile non solo ad armistizio firmato, ma già - come è stato sùbito evidente - all'indomani del 25. luglio. Avrebbe dovuto, la Germania, astenersi dall'occupazione di uno Stato ex-alleato in procinto di essere utilizzato dal Nemico per un'invasione diretta del cuore del Reich? (Nessuno direbbe gli che gli Angloamericani si sarebbero fermati al confine alpino...)
La responsabilità della guerra civile è dunque delle ultime persone che, con un proprio diverso comportamento, avrebbero potuto evitare l'occupazione da parte tedesca secondo le modalità dell'invasione di uno Stato nemico. Poiché non si può chiedere ai Savoia il sacrificio della vita (l'unica alternativa che avrebbero avuto sarebbe stata, anziché provocare il 25. luglio, di abdicare e fuggire presso gli Angloamericani come privati cittadini esuli volontarî: così si sarebbero verosimilmente salvati, ma è realmente possibile che lo facessero?), direi che le ultime persone in grado di modificare gli eventi senza condannarsi a sicura morte sono stati i Gerarchi nel loro complesso, ma per salvarsi da un Colpo di Stato della Monarchia avrebbero dovuto a loro volta tentarne uno contro di questa: in ogni caso si sarebbe avuta una spaccatura dello Stato e la guerra civile. È qui che il problema mi sembra insolubile: come garantire un trapasso senza guerra civile dalla Monarchia Sabauda a una qualsiasi altra forma di continuità dello Stato gradita al Reich (ma senza arrivare all'annessione diretta, che allora non avrebbe posto freni alla persecuzione antiebraica)?
Demofilo prosegue poi: "Ad ogni modo se Mussolini si fosse salvato dalla votazione al Gran Consiglio, gli altri centri di potere autonomi dal Duce avrebbero preso importanti decisioni: penso ovviamente alla Monarchia, alla Chiesa e all'Esercito." Francamente, io credo che la Chiesa avrebbe tenuto un atteggiamento pragmatico, mirando più a salvare vite umane (e, se posso aggiungere, soprattutto vite di fedeli Cattolici nel caso malaugurato che si dovesse scegliere; N.B. il dovere cristiano sarebbe comunque rimasto quello di sacrificare piuttosto la propria vita che quella del prossimo, anche se non cristiano; ciò tuttavia non toglie che dovere dei Pastori della Chiesa sia quello di curare anzitutto l'assistenza dei Fedeli); per questo rinvio al come sempre informatissimo intervento di Riker. Per la Monarchia non c'erano alternative:
- senza le decisioni "irrevocabili" (nel 1940 per scongiurare l'occupazione totale; nel 1943 in vista del rovesciamento ormai certo delle sorti del conflitto), niente fedeltà alla Francia;
- senza fedeltà alla Francia, niente Potenza francese (che comunque non è sopravvissuta lo stesso);
- senza una Potenza francese, niente Savoia (v. 1946...). È chiaro che, nel 1943, "fedeltà alla Francia" e "fedeltà alla Germania" erano definitivamente inconciliabili (come del resto altre volte in passato); la Monarchia avrebbe tentato qualsiasi via pur di evitare la fedeltà alla Germania (che le sarebbe costata, alla fine, la vita, in un Processo di Norimberga italiano), perciò anche chi avesse perseguito - per qualsiasi ragione; anche 'umanitaria' - la fedeltà alla Germania non avrebbe potuto salvare la Monarchia Sabauda.
Per l'Esercito la situazione può essere diversa. In caso di abdicazione, l'Esercito non ha più il dovere di difendere la Monarchia, mentre non si dànno casi in cui venga meno - in teoria - il dovere di difendere la "Nazione". Data la priorità di quest'ultima, il caso più critico è quando la difesa del territorio non coincide con la difesa della popolazione. Credo che comunque sia sempre stato chiaro che la difesa della popolazione prevale su quella del territorio: uno dei controesempî più clamorosi è dato dagli ordini del Führer, talvolta eseguiti fino all'ultimo uomo (come in Crimea), ma più spesso alla fine disattesi (come a Stalingrado), ciò che conferma la regola. Cosa scegliere quando il territorio è invaso da due Potenze reciprocamente nemiche e la popolazione civile viene dall'una bombardata (nei territorî non conquistati), dall'altra fatta oggetto di rappresaglie (negli stessi territorî)? Schierarsi con gli Angloamericani avrebbe (e ha) significato dare via libera alle rappresaglie di civili senza possibilità di difenderli; schierarsi con i Tedeschi avrebbe significato evitare le rappresaglie, ma non i bombardamenti. Nel caso di un capovolgimento della Storia, le rappresaglie sarebbero state minori o nulle; i bombardamenti sarebbero stati maggiori? Se lo schieramento dei militari italiani a fianco dei Tedeschi avesse allungato la "resistenza" di questi ultimi, i bombardamenti sarebbero certamente stati più numerosi, in quanto sarebbero durati più tempo; se invece la fedeltà ai Tedeschi non avesse prolungato la guerra, i bombardamenti sarebbero stati uguali a quelli della Storia reale. Riteniamo che la fedeltà delle Forze Armate Italiane all'alleanza con la Germania avrebbe prolungato la resistenza del Reich? Poiché ritengo, per ragioni militari, di no, sono costretto a concludere che la fedeltà ai Tedeschi avrebbe portato altrettanti bombardamenti, ma meno rappresaglie, quindi meno sofferenze complessive per la popolazione, dunque sarebbe stata la scelta obbligata per un Esercito libero dalla fedeltà alla Monarchia. O Re o Nazione: ha scelto il Re, la "Nazione" ne ha pagato le conseguenze.
Per quanto riguarda infine l'ucronia di Demofilo dedicata ai fatti del 25 luglio 1943, c'è sempre la questione (per quanto marginale) dell'uso della seconda plurale o terza singolare con interlocutori di rango superiore. Mi pare che l'uso prevedesse appunto una deroga dal "Voi" italico nel caso di personalità eccellenti, cui ci rivolge con ipostasi del tipo "Vostra (Signoria, Eccellenza, Maestà ecc.)" riprese, nel corso del testo, da pronomi di terza persona singolare femminile ("Ella", "Lei") A parte questo, distinguo secondo le tre categorie di potenziali vittime:
Ebrei: temo che con un Governo Farinacci le persecuzioni si sarebbero inasprite, forse addirittura al livello dell'occupazione nazista nella Repubblica Sociale.
Militari: dipende dall'atteggiamento dei Comandi delle Forze Armate. Indubbiamente si tratta di un Colpo di Stato; si pone la questione della doppia fedeltà: alla Monarchia o alla "Nazione" (presuppongo a favore della "Nazione" il ragionamento su esposto circa il minore dei mali, ma non è pensabile che le Forze Armate partissero dal presupposto che la propria fedeltà all'Alleato NON ne prolungasse la resistenza). Rispetto alla Storia reale, manca un Governo monarchico alternativo, quindi qualsiasi episodio di "fedeltà" al Re si tradurrebbe in una insubordinazione o addirittura in un contro-Colpo di Stato: immagino che non si sarebbe avuta una reazione compatta delle Forze Armate, ma molto probabilmente i fedeli alla Monarchia, per quanto numerosi, sarebbero stati meno che nella Storia reale (appunto per l'elemento aggiuntivo di incertezza dovuto all'assenza di un effettivo Governo monarchico, sia pur in esilio), quindi, a parità di tutto il resto (andamento del conflitto), un numero minore - anche se non nullo - di stragi di militari prigionieri.
Civili: qui vedo il lato più positivo. Meno insubordinazioni militari = meno partigiani = meno attentati; questo fatto e la circostanza che non è stato mai siglato alcun armistizio (quindi nessun "tradimento") né tantomeno sono state dichiarate, da alcun Governo (anche se in esilio), ostilità contro la Germania fanno sì che il Diritto Internazionale rimasto vigente all'interno dell'Europa occupata dai Nazisti tuteli la popolazione civile di un Paese pienamente fedele e alleato dall'applicazione di rappresaglie di tipo "asiatico" (cioè da Fronte Orientale).
Totale: poche speranze di minori persecuzioni antisemite (ma presumibilmente non maggiori); statisticamente probabile minor numero di defezioni militari e quindi di stragi di prigionieri; numero decisamente minore di rappresaglie contro i civili. Nel complesso, solo guadagni (per quanto relativi), nessun peggioramento rispetto alla Storia reale.
Quanto alle vicende politico-militari, non credo che interverrebbero mutamenti sostanziali:
- formalmente, non avverrebbero forse i distacchi territoriali della Venezia Tridentina (a parte la questione degli Optanti), della Provincia di Belluno, della Venezia Giulia e della Dalmazia né la separazione dell'Albania né la fine dell'occupazione italiana in Francia, Croazia, Montenegro e Grecia, ma non penso che ci sarebbero particolari forme di confluenza nella Germania (mi baso sul caso parallelo dell'Ungheria) a meno di un Protettorato esterno come in Slovacchia, anzi non escluderei un'accentuazione delle ostilità nei confronti della Francia (annessione formale della Corsica - compatibilmente con la cronologia degli eventi bellici - insieme a Nizza; meno verosimile né opportuna la Savoia)
- l'avanzata angloamericana in Italia non sarebbe arrestata;
- uno sbarco in Francia non sarebbe impedito (le Forze impiegate in Italia non sarebbero di meno, data la necessità di contrastare l'avanzata angloamericana);
- la (contr)offensiva dell'Armata Rossa non subirebbe alcun cambiamento;
- qualche particolare potrebbe cambiare nell'aprile del 1945: le minori capacità operative dei Partigiani pregiudicherebbero il successo dell'Insurrezione nelle città e forse lascerebbero spazio a un rifugio del Duce e di Pavolini (anche di Farinacci, Interlandi ecc.?) in Svizzera già a monte di Chiasso o di Porlezza; l'8. maggio, le Forze Tedesche potrebbero essere ancora in possesso di alcune Province (oltre alle zone alpine dove effettivamente rimanevano anche nella Storia reale). In assenza dei principali Gerarchi, non sarebbe opportuno celebrare un Processo in contumacia, se non a titolo simbolico e per spiccare un mandato di cattura internazionale (che costringerebbe la Svizzera, nel 'migliore' dei casi, a indurre alla fuga in America Latina o, forse meglio, in Spagna gli scomodi internati). Mussolini, Pavolini, Farinacci ecc. non avrebbero avuto vita facile se non in pochi luoghi e sarebbero passati da un rifugio all'altro, in condizioni economiche forse precarie. Con la vittoria angloamericana, verrebbero ripristinati il più possibile i confini d'anteguerra, senza particolari 'punizioni' nei confronti dell'Italia se non nel caso - ormai non più dipendente dal 25. luglio - di una diversa spartizione russo-americana dell'Europa centrale (Germania, Austria, eventualmente Friuli e Venezia Giulia; v. sopra). Data la Guerra Fredda (con la conseguente necessità di diretto controllo americano dell'Italia) e il declassamento della Potenza francese, è probabile che i Savoia non sarebbero stati richiamati (forse all'uopo sarebbe stato indetto uno pseudo-Referendum con vittoria garantita per la Repubblica). Forse la conseguenza maggiore sarebbe stata, data l'inesistenza di una Resistenza in grande stile (e dei successivi regolamenti di conti), una maggiore debolezza dei Partiti Comunista e Socialista nell'Italia Repubblicana, forse una vicenda della Sinistra più simile a quella tedesca (Bad Godesberg senza scissione tra Socialisti e Socialdemocratici) - chiedo scusa se devo riesumare un cliché della propaganda del PSDI - e una repressione anticomunista più forte da parte americana, di conserva con una più ferrea fedeltà moscovita del PCI. Al di là delle proporzioni elettorali, tuttavia, la politica dei Governi democristiani e poi di Centro-Sinistra non avrebbe avuto motivi di cambiamento dal fatto che non avesse avuto luogo un fenomeno di Resistenza nelle proporzioni storiche.
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Ed ecco il pensiero di Enrico Pellerito:
*Bhrg'howidhHô(n-) ha esposto la tesi che vedrebbe la Francia, a prescindere dalla forma di governo in carica, avere avuto una fortissima influenza su casa Savoia, al punto che il comportamento e le scelte di Vittorio Emanuele III durante il secondo conflitto mondiale erano inquadrati nell'ambito di un piano a lungo termine, molto probabilmente preparato in accordo con i cugini d'oltralpe.
La tesi potrà apparire azzardata, senza dubbio è originale e non priva di una sua logicità; in ogni caso intrigante.
Certamente ogni nazione cerca di influenzare le altre, a volte con le buone, a volte con le cattive, spesso con lo spionaggio e i sotterfugi, ma il miglior risultato è quando si può dire di avere in pugno il vertice di un altro stato, così da poter manovrare, con una certa padronanza, le decisioni che il massimo organo responsabile straniero deve prendere.
Proprio nei rapporti fra la Francia e (embrione della futura nazione italiana) il Regno di Sardegna, fu Torino che riuscì, anche se per breve tempo, ad ispirare e condizionare la politica di Parigi in senso favorevole ai Savoia.
Oltre all'abilità diplomatica di Cavour, entrò in gioco la bellezza della contessa di Castiglione, Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini, sposata Verasis Asinari, ma conosciuta anche con il vezzeggiativo di "Nicchia".
L'attività di spia della contessa di Castiglione a "danno" di Napoleone III durò all'incirca per un anno; quanto questa azione incise sulle scelte politiche dell'Imperatore dei Francesi è ancora oggetto di dibattito, ma si può certo dire che ebbe un suo peso.
Ora facciamo una digressione e torniamo ai nostri tempi, osservando che alcune donne italiane di bell'aspetto hanno fatto breccia nei cuori di alcuni personaggi francesi: Alessandra Martines nei confronti di Claude Lelouch, Monica Bellucci nei riguardi di Vincent Cassel e Carla Bruni che ha addirittura sposato il presidente Nicolas Sarkozy.
Tutte le tre donne su citate hanno deciso, autonomamente, di amare i diretti interessati (la Martines ha, però, chiesto recentissimamente il divorzio dal marito, causa il comportamento di questi); quindi non mi permetto assolutamente di dubitare dei sentimenti delle persone in questione (la rottura di uno di questi rapporti rientra nelle eventualità della vita).
E se...
E se il nostro governo (a prescindere dell'orientamento ideologico) decide che per il bene dell'Italia è necessario far si che il nostro potente (senza dubbio più di noi) vicino abbia un orientamento più favorevole verso lo stivale?
Inizi anni '90 del XX secolo: alla Farnesina si definisce il programma, quanto mai attentamente e scrupolosamente studiato, relativo all'Operazione "Nicchia", una segretissima azione concepita dai responsabili dei servizi di informazione della Repubblica Italiana e che viene preparata e gestita, sotto il coordinamento della Presidenza del Consiglio, da specialisti del Ministero degli Affari Esteri e di quello della Difesa.
L'operazione, che avrà uno sviluppo mediato e progressivo, prevede un iter certamente lungo, ma aspira ad ottenere il raggiungimento di obbiettivi notevolmente ambiziosi.
Dopo gli studi di fattibilità, vengono definiti forme, strumenti e personale che dovranno essere impiegati per pervenire al traguardo; sono contattati alcuni soggetti e inizia un accurato addestramento degli stessi.
L'attrice e ballerina Alessandra Martines, nativa di Torino ma che dall'età di 5 anni e fino ai 18 ha vissuto in Francia, famosa in Italia per la sua bravura in campo artistico, inizia a frequentare il regista francese Claude Lelouch, convolando a nozze con questi nel 1995.
Il fatto che un'italiana sia riuscita a far innamorare di sé un uomo di successo francese, provoca all'inizio un certo sciovinismo nel pubblico e negli ambienti dello spettacolo d'oltralpe, la cosa, però, viene in breve superata; non solo si plaude che la Martines faccia parte del cast di molti film francesi di una certa importanza, lei stessa viene accolta all'interno del gotha della società parigina.
Nello stesso periodo in cui avviene il matrimonio tra la Martines e Lelouch, una bellissima attrice italiana nata in Umbria, Monica Bellucci, già conosciuta in Francia come modella (la rivista parigina "Elle" le ha dedicato diverse copertine, consacrandola al mondo internazionale delle top model) inizia a lavorare nel cinema francese e in breve raggiunge traguardi di notevole rispetto, ricevendo anche un "Cesar" come miglior giovane attrice promessa.
La Bellucci, sul set di un film, conosce l'attore Vincent Cassel, che gode di una certa popolarità nel proprio paese; inizia a frequentarlo e lavora con lui in molti film francesi, alla fine sposandolo nel 1999.
A differenza della Martines, che ha fatto da apripista, Monica Bellucci non attraversa alcuna fase di freddezza da parte del pubblico francese, che col tempo finirà per osannarla, facendola diventare un'icona della cinematografia nazionale.
Per non mostrare un eccessivo presenzialismo, Monica Bellucci tornerà a lavorare anche in Italia, ma quando non fa film in Francia viene proposta come testimonial di alcune importantissime firme, una per tutte Christian Dior.
Oramai le "italiane" hanno gioco facile in terra di Francia, ma a Roma aspettano di fare il "colpaccio".
Nel mondo dello spettacolo e delle top model, nel frattempo si è fatta avanti un'altra italiana, che ha vissuto a Parigi sin dall'età di 3 anni: Carla Bruni Tedeschi.
Raggiunti i vertici delle passerelle di moda di più alto livello, Carla Bruni, che è anche cugina di secondo grado di Alessandra Martines, nel 1998 decide di lanciarsi nel mondo della musica e in breve ottiene un grande successo di critica e di vendite come cantautrice.
Sempre più addentro nell'alta società del globo, ma soprattutto in quella francese, la Bruni incontra il Presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy e lo sposerà nel febbraio del 2008.
Nessuno in terra di Francia ha da ridire sull'evento, sia a livello popolare sia a livello governativo.
I servizi di sicurezza francesi fanno delle approfondite indagini, in maniera molto discreta, sulla futura "femme premier", ma tutto risulta normale e regolare.
La moglie del presidente Sarkozy si dimostra, semmai, piuttosto accesa nei confronti della sua patria d'origine: si attiva per impedire l'estradizione di alcuni terroristi italiani rifugiatisi in Francia, stigmatizza una poco felice espressione del presidente del Consiglio italiano Berlusconi relativa al nuovo presidente USA, viene a sua volta criticata dall'ex presidente della Repubblica Cossiga.
I Francesi sono contenti della loro "femme premier" e del fatto che si dimostra francese fino in fondo.
Tardo autunno 2009: comprovate dalle basse temperature che ormai si registrano in tutta Italia, le previsioni climatologiche indicano che si prospetta un inverno molto rigido.
Nonostante le notevoli quantità di energia che si è certi saranno necessarie, le autorità italiane responsabili in materia sono tranquille; nel sottobosco politico e in quello delle aziende che fanno parte del mercato dell'energia elettrica, si parla di un fatto abbastanza curioso: sembrerebbe che sin dalla precedente primavera, successivamente all'evento tellurico che ha interessato l'Abruzzo, la Francia venda, a mero prezzo di costo, tutta l'energia elettrica che bisogna alla consorella latina.
"Tengo o core italiano" dice Gerard Depardieu in una nota pubblicità... ;-D
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Anche aNoNimo ha voluto dirci la sua:
M permetto di prendere parte a questa discussione per shiftarla su tutt'altri argomenti partendo però da due interessanti idee proposte da *Bhrg'howidhHô(n-), ovvero l'idea che la Storia moderna sia stata guidata dal 28 giugno 1519 (elezione di Carlo V d'Asburgo) all'11 dicembre 1941 (dichiarazione di guerra statunitense a Germania e Italia) dalla dicotomia franco-tedesca [idea 1]; l'idea che l'Italia, abbia scelto di inserirsi in questa dicotomia per compiere la sua unificazione nazionale dopo il fallimento del movimento popolare [idea 2], e che nel farlo abbai scelto il campo francese [idea 3].
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Idea 1: non è una dicotomia, ma una "tricotomia": il terzo attore è l'Inghilterra prima, gli USA poi.
È chiaro infatti che se la dicotomia fosse lo schema attraverso cui leggere la Storia (occidentale) moderna, in un ipotetico esperimento mentale in cui applichiamo questo schema alla realtà, dovremmo trovarci di fronte ad una alternanza di domini franco-tedeschi, cosa che non c'è stata. O meglio, c'è stata, ma in Europa soltanto. Se la dicotomia ci fosse stata, l'alternanza di questi domini avrebbe dovuto estendersi in tutto il mondo (francesi in Italia, Asburgo in Italia; Asburgo nel mondo, francesi nel mondo; impero mondiale asburgico, impero mondiale francese), mentre invece si è verificata solo in Europa (francesi in Italia, Asburgo in Italia; Asburgo in Europa, Luigi XIV in Europa; Napoleone, Bismarck). Questo perché, con l'estendersi della sfera d'influenza europea nel mondo, un terzo contendente si è inserito nello scontro, approfittandone per occupare lo spazio espanso: sto parlando della terra d'Albione, l'Inghilterra. Sfruttando sistematicamente le occasioni di conflitto (Guerra di Successione Spagnola, pace di Utrecht, guerre del Settecento, Congresso di Vienna) l'Inghilterra ha sempre cercato di mantenere vivo lo scontro sul continente, in modo che la balance of powers non variasse a favore di nessuno degli altri due contendenti, il quale, fagocitando l'altro, non avrebbe avuto problemi a disfarsi di una spopolata isola d'Oltremanica. Quando, con Guglielmo II prima e con Hitler poi, uno dei due contendenti fu abbastanza forte da rischiare di vincere l'eterno scontro, l'Inghilterra preferì vendersi alla sua vecchia colonia americana, che non si limitò a proseguire nello sforzo, ma riuscì a vincere lo scontro facendo esplodere l'uno contro l'altro i due rivali.
Non è una scoperta mia: lo avevano ben in mente Napoleone (che considerò sempre l'Inghilterra il suo nemico, l'Austria solo una stupida nazione che non capiva di essere usata dagli inglesi), Bismarck e lo Stato Maggiore tedesco (Falkenhayn definì la Francia "la più grande forza militare inglese sul continente"), forse perfino Kaunitz e i ministri di Luigi XVI (che compirono il rovesciamento d'alleanze federando Francia e Austria). Tutti costoro avevano capito che era meglio spartirsi l'Europa pacificamente e rubare all'Inghilterra il mondo che scannarsi per l'Alsazia o il Palatinato.
Ora, e se ad uno di costoro riuscisse ciò?
POD 1: Napoleone e Federico: dopo Austerlitz, invece di dar retta a Tallyerand e a rinforzare l'Austria, Napoleone decide di puntare su un altro cavallo, Federico Guglielmo III di Prussia, lanciando al suo nuovo amico ossi di tutto rispetto: Boemia (Austerlitz si trova lì) e aiuti in Hannover, sottintendendo che, Reno a parte, la Mitteleuropa era cosa tedesca. Il corso riesce cosi a liberarsi del fronte orientale, assicurandosi oltretutto che il nuovo stato non diventi a sua volta un nemico, minato all'interno dalla questione etnica (cechi e polacchi) nonché dalla rivalità dell'Austria e della Russia. Un simile accordo potrebbe funzionare? Napoleone riuscirà a invadere l'Inghilterra? Oppure la sconfiggerà in altro modo (invadendo Egitto e India, alleandosi con gli USA o costruendo un blocco continentale efficiente, coadiuvato da una Prussia che anticipa di 70 anni il protezionismo di Bismarck), comunque approfittando del non dover combattere ad est?
Allo stesso modo, si potrebbe operare sulla fine di questo gioco a tre geopolitico. In ciò mi ero già cimentato con il POD 2: Operazione Trieste/2. Alternativa dell'ucronia precedente. Il vecchio Winston reagisce male al no di Eisenhower e decide di fare di testa sua, magari chiamando in causa i francesi e anticipando di dieci anni il colpo di testa di Suez. Il successo militare magari sarà più ridotto, ma quello politico, per il vecchio continente, sarà straordinario. Un'Europa liberata davvero dagli europei accelererà la nascita di un'entità federale sul continente? O anzi, l'idea che comunque da soli si può avere successo affonderà il sogno europeo ancor prima della sua nascita? In questo POD, immaginavo che il vecchio Winston non accettasse la soluzione "meglio servi degli USA che macchiette geopolitiche come i francesi" e decidesse di porre fine alla dialettica che fino ad allora aveva governato l'Europa. In questo fanta-continuum, Winston crea un'alleanza con i francesi per portare avanti l'operazione Trieste ed evitare quindi di appiattirsi troppo sull'azione americana, come già aveva cercato di fare dando via libera a Monty e a Market Garden (fallimento totale).
Il risultato, che per ragioni logistiche immagino limitato ad una liberazione dell'alta Italia e della Slovenia, poteva essere molto vantaggioso per l'Europa: se inglesi e francesi si fossero per questi eventi convinti che ormai solo uniti contavano qualcosa, avrebbero potuto proseguire con l'idea di federare gli altri popoli del continente, proprio al fine di evitare che dalle ceneri della loro lotta fratricida potesse nascere un mondo senza di noi europei.
Non credo sia un'idea così campata per aria: i francesi proposero al tempo la CED prima e il Patto Tripartito dopo proprio per questi scopi, scopi a cui non erano pregiudizialmente contrari neppure gli inglesi, vedasi Suez. Il problema fu che non ci credeva veramente nessuno di coloro che contavano. Il successo di un'operazione Trieste poteva essere il carburante di questa fiducia, e non solo come fonte di speranze. Un piano come quello Trieste portato avanti solo da francesi e inglesi richiedeva per forza di cose un recupero dell'Italia (e in questo il patto franco-savoiardo prospettato da *Bhrg'howidhHô(n-) può essere d'aiuto), che quindi andava nel dopoguerra salvata sia come Stato con il confine sull'Isonzo sia come Monarchia. È sottinteso che a questo punto un piano di unione latina va accantonato, servirebbe solo a rintracciare quel muro che dal Reno alla Manica divideva (divide?) l'Europa.
Anche la Germania non poteva finire spartita tra le due superpotenze: in quest'ottica la terra di Goethe serve intera, non necessariamente militarizzata ma assolutamente capace di svolgere quel ruolo di motore economico del continente. Una soluzione "austriaca" è imprescindibile per lo sviluppo di un piano di questo genere.
A questo punto, il problema non è tanto come convincere gli europei (di per sé erano convinti), quanto persuadere gli americani a permettere la nascita di questo "terzo polo". Bisogna dire in effetti che gli USA non erano contrari ad un'Europa unita (Eisenhower si imbestialì non poco quando il parlamento francese respinse il trattato CED, che gli avrebbe permesso riduzioni cospicue al bilancio), ma ad un Europa indipendente, che facesse di testa sua, erano non solo contrari, ma spaventati. Lo dimostra come si opposero ad ogni forma di sviluppo di questo pensiero indipendente: Suez, Force de Frappe, proposte francesi per Kuwait, Bosnia & Iraq: possono essere visti tutti come tentativi indipendentisti europei ferocemente combattuti dagli USA.
A questo punto mi viene in mente un altro mio POD: Il Patto Tripartito. Nel 1957 il governo francese propose a Germania e Italia un progetto per costruire una bomba atomica comune. Lo scopo era tutelarsi da sé, dopo aver visto a Budapest che gli USA erano ben attenti allo sprecarsi per l'Europa, e forse anche cercare di far rinascere la CED. Il piano fallì soprattutto a causa di de Gaulle. Ma se riesce? Un atomica comune potrebbe anch'essa risolvere il problema di come unire gli europei: se la sopravvivenza di tutti dipende dal fatto che tutti vogliano premere il bottone, essere uniti è fondamentale. Resta sempre e comunque il problema di come convincere gli USA (una soluzione pakistana non è proponibile: gli USA non permetterebbero mai una atomizzazione indipendente dell'Europa, a meno che non si creda che non sapessero nulla di Abdul Qadeer Khan).
Forse, a questo punto, l'unica possibilità sarebbe una fusione di due POD: Manhattan? Ma no e Operazione Trieste/2: se il piano Manhattan fosse stato un insuccesso, costringendo gli USA ad invadere il Giappone, avere qualcuno che copra loro le spalle in Europa contro i russi sarebbe stata una manna dal cielo, anche se avesse comportato concedere l'indipendenza all'Europa e alla tanto esecrata Germania. Voglio però porre un limite alle conseguenze dell'ucronia Manhattan? Ma no: secondo me, per i miei fini, basta un malfunzionamento, il reattore esce dal campo della controllabilità ma il sistema di emergenza al boro funziona. La tecnologia nucleare serve.
Che ne pensate?
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Idea 2 – 3: è proprio necessario che l'Italia scelga l'alleanza francese?
Intendo dire, accantoniamo innanzitutto l'ipotesi del successo del movimento popolare: servirebbe che Mazzini capisse e appoggiasse Pisacane o comunque capisse che senza riforma sociale non poteva esserci riforma nazionale; doveva esserci una diffusione di questa idea sociale su larga scala, e dubito che in Italia, l'Italia dell'epoca, la cosa fosse possibile (non i contadini, ma gli intellettuali borghesi non l'avrebbero capita); avrebbe richiesto un re bolscevico (chi? Francesco IV di Modena "il Macellaio dei liberali"? Re Tentenna? Ferdinando II "Re Bomba" di Borbone?) o una rivoluzione alla francese, con il risultato di aumentare semplicemente il numero di soldati austriaci stanziati in Italia. Ma comunque azzardo un POD: Pisacane imperat: Pisacane fu l'unico patriota italiano che capì che la rivoluzione dal basso poteva avvenire solo se si scendeva a compromessi con le richieste contadine (gli operai non esistevano): in soldoni, solo se si accettava che al grido "Italia!" andasse affiancato "terra!". Mettiamo che lo scapigliato Pisacane riesca a convincere l'ascetico Mazzini, o a scippargli la "base" come prima lui l'aveva scippata a Buonarroti, o che per qualche grazia celeste la sua spedizione abbia successo. Che accade? È una nuova Rivoluzione? Oppure Italia del Popolo e Italia del Re trovano un accordo? Nascerà il centrodestra cavouriano e la social-sinistra di Pisacane?
Messa con questo POD nel cassetto la rivoluzione dal basso, vediamo la rivoluzione dall'alto. Ci sono a riguardo due modelli: francese, sintetizzabile con il brocardo "prima la Francia, poi i francesi"; tedesco: "prima i tedeschi, poi la Germania". Ovvero entrambi modelli creati dall'autorità, ma focalizzati sullo sviluppo di diversi settori della Nazione.
Il modello francese è quello del Re-Stato, e dello Stato-Re poi, che prima annette i territori che considera suoi, poi pensa ad unificarli; si pensi all'opera dello stato francese e alla difficile integrazione prima del Sud (lingua, crociata albigese, soppressione dei Parlamenti, scontro tra diritto romano del sud e coutume del nord), poi delle periferie (Marsiglia, Bretagna, Alsazia, Vandea, Gironda, Corsica). È un sistema semplice e rapido, ma che richiede una decantazione lunghissima per riuscire (ancora oggi Saint Malo e Marsiglia non si considerano Francia ma sue suddite).
Il modello tedesco richiede un dispendio di energie sicuramente enorme, che in effetti solo sangue tedesco può generare, ma ha il vantaggio di essere un cemento di prima qualità: i tedeschi, prima di Goethe, si sentivano tali quanto gli italiani; vent'anni dopo si facevano ammazzare per scacciare i francesi da Lipsia.
Questo la Prussia lo ha sempre avuto chiaro: prima l'appoggio ai letterati tedeschi, poi la creazione della Zollwerein per uniformare anche economicamente una nazione che ancora non c'era. C'è da dire che se a Francoforte, nel 1848, il re prussiano rifiutò la corona fu solo perché sapeva che comunque l'avrebbe avuta: meglio alle sue condizioni. Un Savoia, ma neppure un Valois, un Borbone o un PdRFr, non avrebbe mai rifiutato.
C'erano dunque due modelli tra cui scegliere: i Savoia o meglio Cavour scelsero quello francese: una corona subito, poi i sudditi. Ma doveva essere così?
Il primo POD che mi viene in mente è Francesco II di Borbone-Savoia, ma anche Il figlio del macellaio e Franceschiello Re di Sardegna. L'ipotesi di un re di Sardegna tedesco potrebbe essere un'ottima idea per importare modelli tedeschi in Italia, ma anche un Borbone sul trono dei Savoia è una buona soluzione. La cosa importante è che questo Savoia scelga la carta tedesca invece di quella francese: pago dell'Italia che ha (che ovviamente deve possedere un collegamento tra Nord e Sud: stati emiliani e Romagna sono i candidati ideali per l'annessione), potrebbe darsi alla politica coloniale e decidere di chiudere la partita con il Bey di Tunisi prima di Parigi. Ecco un'altra buona scusa che potrebbe portarci nelle braccia di Berlino (Vienna ovviamente no!). Nel 1867 l'Italia invaderebbe e annetterebbe il Lombardo-Veneto fino a Trento e Trieste, mentre nel '70 occupa Corsica e Marsiglia, che l'accoglie come liberatrice (potrebbe essere una buona scusa per rimpatriare certe opere "acquisite" nel 1798...). Ma soprattutto, nel 1915 (sempre che la guerra non scoppi prima), anche l'Italia invade la Francia, che crolla forse anche prima che la British Expedition Force sbarchi i primi uomini. Oppure la guerra si incancrenisce come è accaduto nel nostro continuum e l'idea di cambiare fronte si fa largo all'interno dello Stato Maggiore Italiano?
Inoltre, un'unificazione nazionale e con il supporto tedesco potrebbe avere interessanti effetti sul costume e la società italiane.
Economia: la Francia ha sempre considerato l'Italia una propaggine economica francese, un granaio che le permettesse di concentrarsi più sulle manifatture ("l'Italia dovrà essere esclusivamente agricola" sono i dettami di Napoleone ad Eugenio). La Germania fu invece sempre più interessata all'Italia come mercato, e non si fece problemi a finanziarne lo sviluppo a questo scopo, si pensi alla Banca di Genova o alla Commerciale italo-tedesca di Milano.
Se alla Germania si dovesse davvero l'Unificazione, si dovrebbe guardare lì anche in economia: subito la banca mista, che rastrelli i risparmi per investire nell'industria (ruolo svolto in Francia e UK dal mercato azionario); un rafforzamento della via del Brennero, con la fondazione anticipata di Marghera come porto mediterraneo germanico e la rinascita di Verona come interporto italo-tedesco; sbocco tedesco dell'agricoltura italiana, che priva della concorrenza dei prodotti locali come in Francia potrebbe beneficiare di uno sviluppo straordinario; seria politica protezionistica "alla tedesca": non del grano per proteggere il latifondo dei deputati del Sud ma delle merci agricole pregiate (frutta e verdure, in mano ai piccoli poderi) e alla produzione industriale.
Politica: l'appoggio tedesco potrebbe portare ad uno sviluppo paternalista della politica del Bel Paese, alla Bismarck, attraverso un'ascesa anticipata di Crispi. Oppure l'esatto contrario, e la vicinanza alla Germania favorirà l'importazione di Bernstein invece che di Fourier e Proudhon. Questa idea non è in effetti niente male: con l'Italia praticamente unita nel 1849, Pisacane potrebbe decidere di usare metodi politici: magari accettando un accordo con la Sinistra Storica e Mazzini per formare un movimento politico di qualche tipo, un Cartismo all'Italiana. Questo movimento, visto e considerato che con un Borbone sul trono una campagna ghibellina è abbastanza improbabile, potrebbe dunque saldarsi anche con la laica Massoneria del Grande Oriente e contrapporsi ad una Destra liberale che, come in Germania, dovrà trovare la sua "base" nelle masse cattoliche (Sant'Alessandro Manzoni?).
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Non possiamo non citare la proposta radicale di Ainelif:
L'ideatore del Fronte dell'Uomo Qualunque, Guglielmo Giannini, militò dopo l'armistizio, nel Partito Repubblicano, scrivendo nella Roma occupata per "La Voce Repubblicana". Il commediografo, dalla forte pregiudiziale antimonarchica, si spinse nel maggio 1944 a progettare con alcuni amici di occupare il Campidoglio e proclamare la Repubblica, progetto fallito a suo dire per i dirigenti del PRI a cui rispose: "La Repubblica Romana non fu fatta per paura". Ma se invece il progetto va in porto? Il CLN non attua la svolta di Salerno e, una volta che Roma è liberata, proclama la Repubblica Italiana retta dal governo provvisorio antifascista. E poi?
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La risposta di Tommaso Mazzoni è sbrigativa:
Gli Americani non riconoscerebbero il nuovo governo e lo schiaccerebbero senza troppi problemi; il CLN disconoscerebbe il golpe romano, e la causa repubblicana sarebbe decisamente indebolita. Nel 1946 decisa vittoria della Monarchia.
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MorteBianca però non è affatto d'accordo con lui:
"E lo schiaccerebbero senza troppi problemi"
Andiamoci piano.
Il fronte Repubblicani conterebbe sull'intero blocco Socialista e Comunista, e quindi il supporto Sovietico (ivi compresa la Jugoslavia). Avrebbe inoltre numerose delle falangi partigiane, comprese le forze repubblicane stesse, gran parte di quelle cattoliche e liberali, perfino alcune di quelle repubblichine.
Inoltre non è detto che venga visto in funzione anti-americana (e di contro che gli Stati Uniti debbano mettersi per forza dalla parte del Re, gli Americani hanno dato prova di abbandonare gli alleati quando diventano una causa persa). Se gli Americani vedono un forte sentimento anti-monarchico che rende l'Italia instabile non ci penseranno due volte a cassare i Savoia. Inoltre i Repubblicani stessi otterrebbero l'appoggio francese. Ci sarebbe poi quell'ingiuriosa questione sulla fuga del Re, le Leggi Razziali e il resto.
Se la situazione dovesse diventare estrema non ci metterebbero due secondi a spartirsi l'Italia con l'Unione Sovietica, con un Blocco a Nord (dove i partigiani repubblicani e il voto per la repubblica era più forte) a formare una Repubblica Italiana, che dopo poco tempo finirebbe per scivolare nell'orbita Sovietica in stile Cecoslovacchia (tolto il fronte monarchico e i post-fascisti, al Nord rimarrebbero solo i Popolari e i Socialcomunisti, che vincono facile in blocco unico), mentre il Sud resta monarchico.
E comunque, anche considerando un tentato scisma repubblicano, non è affatto detto che la monarchia ne esca rinforzata (né tanto meno che ne esca abbastanza rinforzata da vincere il Referendum). basti vedere la Repubblica di Salò a quanto è servita a favorire la causa monarchica. Gli Italiani lo vedrebbero come un tentativo di secessione contro l'Unità, non di Repubblica contro la Monarchia.
Ma supponendo che il Golpe avviene, che il CLN per qualche motivo lo scomunica, il golpe per qualche motivo continua, l'URSS e la Jugoslavia fanno spallucce, il Re diventa popolarissimo, l'Italia agisce unita e in blocco contro la repubblica, e gli Italiani dimenticano vent'anni di fascismo con cui la Monarchia fu connivente ma ricordano con odio atroce un golpe di due secondi fatti da 4 gatti al punto da far vincere la Monarchia.....
Supponendo tutte queste cose, il Partito Repubblicano diventerebbe uno dei partiti più importanti della politica italiana dato che raccoglie i sentimenti liberal-democratici ma non monarchici e non socialisti degli italiani. I Repubblicani staranno per molto tempo nell'orbita SocialComunista, cosa che potrebbe portare tale blocco a vincere le elezioni (i Repubblicani si mangerebbero una fetta dei Democristiani storici). Successivamente verrebbero inclusi nel Pentapartito dalla DC.
I Missini potrebbero soprannominare il loro partito Movimento Repubblicano Sociale, che poi cambierà nome in Repubblica Nazionale. Anche la Lega Nord adotterebbe il pallino repubblicano dalla sua. L'Italia resta monarchica.
Questo nel caso ideale.
Nel caso più cinico il CLN di tendenze fortemente repubblicane sostiene la Repubblica, insieme all'Unione Sovietica. La Guerra Fredda inizia ancora prima. Gli Americani per qualche ragione si riscoprono ferventi filo-monarchici, invece che repubblicani (dato che potrebbero imporre come capo di stato chi vogliono) e sostengono il fronte monarchico.
Il Re in tal modo dichiara illegale il Partito Comunista e quello Socialista, molte formazioni repubblicane sono messe al bando, guerriglia in tutto il territorio. Ben presto il Re torna ad inimicarsi tutto il popolo, opprimendo le speranze repubblicane e ricordando agli Italiani le ragioni anti-monarchiche. I popolari si spaccano in due. Alla fine, dopo tutto questo casino, si decide per un referendum.
>Vince la Monarchia, somehow tutta la colpa viene attribuita ai disordini repubblicani. L'Italia esce debole e divisa internamente. Il Re non permette alcuna forma di partito comunista (che esiste in clandestinità come Brigata Garibaldi), la politica italiana sarà continuamente una dicotomia fra Democrazia Cristiana (conservatrice, monarchica) e Partito Popolare (Liberale, filo-Repubblicano). L'Italia è una nazione estremamente conservatrice (stile Inghilterra), preda di Primi Ministri forti e autoritari, usata dagli Stati Uniti come base d'acciaio d'Europa.
Oggi l'Italia è una nazione poco rilevante nelle politiche europee, ma ha l'atomica.
>Vince la Repubblica, il popolo disprezza ancora di più il Re e la causa monarchica viene definitivamente macchiata. Niente divisione Nord/Sud nel Referendum, i Savoia non potranno mai tornare in Italia (la memoria anti-monarchica è troppo forte). Altro che Partiti, neanche le formazioni monarchiche sono permesse. Se gli Stati Uniti hanno sostenuto la Monarchia, se ne scusano molto rapidamente riscoprendosi repubblicani, ma l'Italia ormai ha ben definito il proprio ruolo. L'Italia non aderisce alla NATO (ma accetta gli aiuto del Piano Marshall), diventando una nazione indipendente dall'ottica bipolare. A differenza della Cecoslovacchia non scivola nelle mani dell'Unione Sovietica, ma ogni tanto viene eletto un leader Comunista che allinea l'Italia con la Russia quando ciò è comodo nella scacchiera del potere. L'Italia entra nell'Euro molto dopo e molto più tardi, farà lo stesso con la NATO.
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Ma Tommaso ritorna alla carica:
MorteBianca, io consideravo che la "rivoluzione repubblicana" avvenisse durante l'occupazione alleata, ma allorquando i Russi erano in tutt'altre faccende affaccendati; per questo ritenevo che fosse probabile che gli americani insistessero che le beghe interne fossero risolte a guerra finita, di qui la rapida repressione del golper Repubblicano. Sempre lo stesso principio di real-politik indurrebbe il CLN a sconfessare i golpisti, nonostante la forte componente repubblicana al suo interno (faccio notare poi che la dirigenza Liberale e Democristiana nel 1944 deve ancora maturare una decisa posizione antimonarchica, e certamente non è favorevole agli avventurismi).
Infine, la nuova Repubblica Romana sarebbe diversa da Salò, vista come continuazione del Regime Fascista, e filo Nazista e quindi responsabilità della Monarchia che il Fascismo ha avallato; sarebbe la dimostrazione di inaffidabilità e di avventurismo da parte dei vertici del Partito Repubblicano, che "quando ancora si combatte per la liberazione del sacro suolo della patria, prendono le armi contro i propri compatrioti, versando il sangue dei propri fratelli" (fra virgolette, ciò che la propaganda monarchica diffonderebbe dovunque).
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Segue a ruota l'acuta osservazione di Enrico Pellerito:
Ritengo che Tommaso Mazzoni abbia ragione.
L'Urss, nel periodo in questione, non aveva molto spazio di manovra riguardo l'Italia e il Mediterraneo, proprio per questo, poco o nulla avrebbe potuto fare per appoggiare un'azione come quella delineata, a parte un riconoscimento diplomatico, ma sempre dopo aver sentito il parere di Togliatti in merito.
Tanto per fare un esempio, il riconoscimento da parte di Mosca del governo Badoglio, in un primo tempo fu soggetto al mercanteggiamento di una base sovietica nel Meridione d'Italia; Badoglio pare fosse addirittura d'accordo, ma le pressioni angloamericane impedirono che "l'affare" si concludesse e, probabilmente, fu solo grazie a Togliatti che l'Urss riconobbe per prima, fra le Nazioni Unite, il governo del cosiddetto Regno del Sud.
Ma a pesare di più, a mio parere, nella sconfessione dell'eventuale golpe da parte degli angloamericani e del Cln, è proprio la figura di Giannini.
Giornalista, scrittore, regista, drammaturgo, sceneggiatore e poi politico, Guglielmo Giannini aveva sviluppato un odio nei confronti del fascismo e di Mussolini, reo di aver voluto partecipare ad un conflitto dove l'Italia non avrebbe mai potuto vincere; a questo si aggiungeva la perdita del proprio figlio in guerra, altra colpa da imputare al dittatore che aveva sacrificato la nazione intera alla sua cialtronesca ambizione.
Nel dopoguerra era risaputo che Giannini odiasse tutti i politici, in specie i leader, di qualsiasi partito, fino ad incarnare l'antipolitica (Nihil sub sole novum).
Indubbiamente il suo atteggiamento era abbastanza "fuori dagli schemi" e ci fu chi ipotizzò fosse solo un "guastatore" al soldo di qualcuno.
Si disse che avesse fatto parte dell'Ovra(?!?), poi dei servizi segreti italiani, di quelli americani, britannici e addirittura sovietici, ma probabilmente il soggetto non forniva alcuna fiducia con il suo comportamento e tali ipotesi non sono da considerarsi realistiche.
Di idee liberali, la sua militanza nei repubblicani, partito fondamentalmente di sinistra in quegli anni, fu, comunque di breve durata e quando poi fonderà il movimento Fronte dell'Uomo Qualunque, trasformandolo successivamente in partito, la diffidenza nei suoi confronti aumentò.
Venne pure accusato di trasformismo, rafforzandosi così il sospetto di agire al solo scopo di "fare casino", quando cercò di allearsi con i più disparati partiti, dalla DC al Msi, al Pci, finendo poi per stringere un'alleanza con il Pli.
Mi sembra molto difficile che il Cln avrebbe potuto appoggiare un tale soggetto che, già nel 1944, aveva mostrato la propria personalità caratteriale e comportamentale.
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Ed ecco la proposta di cronologia di Federico Sangalli:
Maggio 1944: Guglielmo Giannini si reca a Roma ove, spinto dai suoi ideali anti-monarchici, inizia a progettare di occupare il Campidoglio, magari durante la prossima ritirata tedesca, e proclamare la Repubblica. Alcuni dirigenti del Partito Repubblicano e del Comitato di Liberazione Nazionale esitano, ma la memoria dell'Eccidio delle Fosse Ardeatine di meno di due mesi prima è ancora bello fresco e da molte parti si grida vendetta. Su forte pressione del delegato socialista del CLN Alessandro Pertini e del dirigente del partito Repubblicano Randolfo Pacciardi viene deciso di tentare questo colpo di mano. I preparativi procedono alacremente mentre i tedeschi rifluiscono verso Nord: gruppi di partigiani vengono fatti affluire in città, si ammassano armi ed esplosivi e si studiano tempi e modi dell'operazione.
1° giugno 1944: I tedeschi sono ormai in piena rotta e il generale Kesserling ha proclamato Roma città aperta per evitare distruzioni. Silenziosamente i congiurati prendono posizione in vari punti della città.
2 giugno 1944: Scatta l'insurrezione: le poche forze tedesche ancora presenti in città sono facilmente sopraffatte e gruppi di combattenti prendono possesso dei punti nevralgici della città. Dall'occupata sede dell'EIAR, la televisione di stato, Alessandro Pertini annuncia a tutti gli italiani la nascita della Repubblica mentre Pacciardi e Giannini occupano il Campidoglio e lì fanno una proclamazione ufficiale. Kesserling decide di gettare la spugna e di passare la patata bollente agli americani e si ritira in fretta verso Nord.
3 giugno 1944: Gli americani rallentano alla periferia della città, incerti sul da farsi. Di fatti i congiurati, almeno ideologicamente, si oppongono al Regno del Sud, teoricamente alleato degli americani. Tuttavia, riflette Roosevelt, questo gruppo di patrioti antifascisti che hanno rischiato la loro vita per lottare contro il nazifascismo pare ben più affidabile dei Savoia che invece sono fin troppo compromessi con il nemico. Ben sapendo poi che un eventuale repressione, come suggerito invece da Churchill, porterebbe all'alienazione più totale della popolazione italiana, Roosevelt ordine al generale Clark di liberare la città e di riconoscere il nuovo governo. Papa Pio XII incontra i capi della rivolta e prende un po' di fiato, dopo aver temuto che la città fosse caduta in mano ai comunisti.
4 giugno 1944: Clark entra a Roma tra due immense ali di folla in festa e si reca subito al Campidoglio ove riconosce il Governo Provvisorio Repubblicano come "espressione del popolo antifascista italiano". Vittorio Emanuele III protesta ma può fare poco o nulla senza rendersi più odioso di quanto già non sia. Su richiesta di Pertini i socialisti si ritirano dal Governo Badoglio e si uniscono al CLN a Roma. Togliatti per ora esita aspettando le direttive da Mosca mentre le altre forze politiche sono incerte sul da farsi.
5 giugno 1944: Dopo una consultazione con Stalin, Togliatti annuncia che i comunisti si uniranno al CLN. Clark, su richiesta di Roosevelt, chiama Vittorio Emanuele III e, nel tentativo di offrirgli qualcosa, gli consiglia di abdicare, come aveva già promesso di fare subito dopo la liberazione di Roma, per lasciare il posto al più popolare Principe Umberto. Il Re tuttavia non la prende bene, ritenendola un'offesa oltre che un ulteriore segno della preferenza americana per il CLN, e rifiuta: svanisce così l'ultima possibilità di salvare la Monarchia. Gli americani ben presto si distraggono a causa dello sbarco in Normandia e lasciano perdere i Savoia.
6 giungo 1944: Sbarco in Normandia. Papa Pio XII invita, seppur a malincuore, i leader cattolici ad unirsi al CLN per evitare che in esso prevalgano le correnti comuniste. I democristiani abbandonano così il Governo Badoglio, seguiti a ruota da tutti gli altri salvo i monarchici e i militari: Badoglio deve comunque rassegnare le dimissioni. Non venendo formato alcun altro governo, il potere rimane delle mani del Re e del suo Luogotenente, il Principe Umberto, mentre l'unico organo formato da tutte le forze politiche antifasciste resta il CLN. Vengono costituite le Brigate Repubblicane che appoggeranno le forze alleate nella liberazione della penisola: per evitare problemi si decide che il territorio liberato, sotto ufficiale occupazione alleata, sarà amministrato dalle forze italiane più prossime, cosa che de facto lascia il centro-nord in mano repubblicana e il sud e le isole in mano alla Monarchia.
25 aprile 1945: L'Italia è liberata da una lunga serie di insurrezioni partigiane
a carattere repubblicano.
9 maggio 1945: I tedeschi si arrendono: finisce la Seconda Guerra Mondiale in Europa. Si pone il problema del futuro del Paese, per ora ancora diviso tra il CLN repubblicano con sede a Roma, e il fragile Regno del Sud con sede a Brindisi. Si decide infine di tenere un referendum sotto la sorveglianza delle forze anglo-americane.
5 giugno 1946: Il referendum vede la netta vittoria della Repubblica con i voti che ricalcano quasi perfettamente le divisioni territoriali, cosa che porta alcuni esponenti delle due parti ad accusare l'altra di brogli. Comunque Umberto II decide di non insistere e se ne va in esilio in Portogallo. S'insedia l'Assemblea Costituente.
1° gennaio 1948: Entra in vigore la nuova Costituzione Italiana. A differenza della HL essa è leggermente diversa, essendo stata influenzata da quattro anni di governo collegiale: il Parlamento elegge infatti il Consiglio dei Ministri che è presieduto dal Presidente del Consiglio, scelto dal Presidente della Repubblica dopo le consuete consultazioni con le forze politiche. Il Consiglio è composto da 12 membri più il Presidente e vota tutte le questioni più importanti, dando così de facto la fiducia al Presidente del Consiglio. In pratica il modello è la Svizzera ma senza il federalismo. Il CLN promette al più presto elezioni per eleggere il nuovo Parlamento.
18 aprile 1948: Si tengono le prime elezioni politiche libere dal 1922. La DC ottiene il 32% dei voti, risultando pesantemente indebolita dalla concorrenza del Partito Repubblicano, che conquista, grazie ad una coalizione con molti liberali, monarchici e conservatori, il 28% delle preferenze.Nel campo opposto il Fronte Democratico Popolare è il primo partito con il 34% dei voti, grazie all'indebolimento della DC, delle divisioni della Destra e della maggiore preminenza socialista nella coalizione per via della loro posizione di primo piano avuta nel 1944. Rimangono infine Unità Socialista di Saragat con il 4% dei voti e il Movimento Sociale Italiano con il 2% delle preferenze. I seggi del Consiglio sono così ripartiti: 5 al Fronte, 4 alla DC, 3 al PR. Nasce una coalizione DC-PR che elegge Guglielmo Giannini come Presidente del Consiglio.
10 maggio 1948: Alle elezioni per il primo Presidente della Repubblica i repubblicani candidano il Ministro della Difesa Cipriano Facchinetti, colui che ha istituito l'Inno di Mameli come Inno Nazionale, la DC si spacca tra Carlo Sforza e Luigi Einaudi, mentre le Sinistre ricandidano il Capo dello Stato uscente Enrico De Nicola. Alla fine è proprio si quest'ultimo che confluiscono i voti di buona parte della DC e del PR: De Nicola viene così riconfermato.
1948-1953: Governo Giannini: Giannini si distingue per una serie di politiche populiste e conservatrici. In campo economico si propugna il libero mercato, accettando gli aiuti offerti con il Piano Marshall, mentre si intraprendono una serie di manovre di chiaro carattere populista, come abbassare nettamente le tasse e eliminare i grandi monopoli dell'industria tramite la suddivisione in piccole imprese. In politica estera Giannini si dimostra un forte atlantista ma deve limitarsi a firmare un alleanza bilaterale con gli USA e a non aderire alla NATO a causa della forte opposizione delle Sinistre e dei neutralisti DC guidati da Dossetti e che minano la coalizione presso il Consiglio.
1953: Il Fronte Democratico Popolare vince le elezioni, cavalcando i pesanti dissidi PR-DC e propugnando la nazionalizzazione dell'industria e l'abbandono dei legami con gli americani. Pietro Nenni è il nuovo Presidente del Consiglio. La sconfitta permette di emarginare Giannini e sostituirlo con l'ala liberale del Partito, guidata da Ugo La Malfa.
1955: Con il forte appoggio delle Sinistre, viene eletto Presidente della Repubblica Ferruccio Parri.
1958: Il FDR registra una forte flessione causata dai dissidi interni tra comunisti e socialisti e a causa dell'inattuazione di buona parte del programma( l'alleanza con gli USA è rimasta, l'industria non è stata nazionalizzata perché ormai è composta da piccole e medie imprese e qualunque tentativo in tal senso a suscitato violente proteste). Ugo La Malfa è il nuovo Presidente del Consiglio. Va instaurandosi un'alleanza tra PC e PS e tra DC e PR simile a quella tedesca che c'è tra CDU e CSU.
1962: La Malfa riesce a far eleggere il repubblicano Giovanni Gronchi Presidente della Repubblica, grazie anche all'intervento determinante del Ministro dell'Energia Enrico Mattei.
1963: Le elezioni premiano i buoni successi economici di La Malfa con la riconferma.
1968: Disordini si susseguono in molte città italiane, la repressione nelle piazze aliena il supporto di molti liberali al Governo La Malfa, che pure la deplorata. Il FDP ritorna al governo col socialista Alessandro Pertini: con lui inizia l'era dei "Politici-Partigiani". Infatti La Mlafa è costretto a cedere il posto di Segretario del Partito a Randolfo Pacciardi, un'altro dei protagonisti della rivolta del 1944.
1969: Dopo la sconfitta della candidatura di Pietro Nenni, Giuseppe Saragat viene eletto Presidente della Repubblica.
1973: La fiammata di conservatorismo causata dalla strategia della tensione e dalla reazione della maggioranza silenziosa ai tumulti sessantottini e alle politiche socialiste, oltre alla crisi energetica dovuta alla Guerra del Kippur, porta Pacciardi alla Presidenza del Consiglio. Egli annuncia una riforma istituzionale che rafforzerà la posizione del Presidente del Consiglio, istituendo de facto un Premierato su modello britannico.
1976: Il Presidente della Camera Giovanni Leone è eletto Presidente della Repubblica.
1978: Poco dopo aver vinto le elezioni e mentre si sta recando a Montecitorio a giurare, il Presidente del Consiglio Randolfo Pacciardi è rapito e poi ucciso dalla Brigate Rosse, che lo accusano di autoritarismo. Viene formato un governo di unità nazionale nello spirito del vecchio CLN: a presiederlo è chiamato il democristiano Aldo Moro, primo del suo partito a ricoprire questo incarico. Egli ottiene il supporto del socialista Bettino Craxi, del comunista Enrico Berlinguer e del repubblicano Giovanni Malagodi. Poiché poco dopo il Presidente della Repubblica Leone si dimette a causa dello Scandalo Lockheed, viene eletto suo successore il socialista Pertini, il primo a ricoprire le tre più alte cariche dello Stato.
1983: Il Fronte Democratico Popolare va in pezzi a seguito dell'atteggiamento liberale di Craxi che si allea a sorpresa con il PR, riuscendo a farsi eleggere Presidente del Consiglio.
1985:Il socialista Giuliano Vassalli, partigiano e partecipante alla rivolta del 1944, nonché Presidente della Corte Costituzionale, viene eletto nuovo Presidente della Repubblica.
1988: Le nuove elezioni confermano la vittoria della coalizione PR-PS ma i repubblicani ottengono per la rpima volta dopo dieci anni la Presidenza del Consiglio nella persona di Giovanni Spadolini.
1992: Dopo la bocciatura di Edgardo Sogno, Vassalli viene rieletto alla Presidenza della Repubblica, il secondo Presidente a farlo dopo Enrico De Nicola. La Strage di Capaci inaugura le Guerre di Mafia.
1993: Secondo gli Accordi Craxi-Spadolini, Bettino ritorna alla Presidenza del Consiglio. L'Alleanza PR-PS, con il supporto esterno della DC, sembra inattaccabile da ogni punto. Ma la Storia si appresta a ribaltare lo scenario politico italiano...
1994: Scoppia lo Scandalo Tangentopoli: Craxi deve dimettersi e fugge all'estero. Vassalli si rifiuta tuttavia di indirre elezioni anticipate, che porterebbero i partiti a ricambiare semplicemente i corrotti inquisiti in Parlamento con altri accoliti, e affida l'incarico al Presidente della Camera Oscar Luigi Scalfaro, secondo democristiano a Montecitorio.
1995: La DC travolta dagli scandali si trasforma nel Partito Popolare. Il PS scompare mentre il PR è fortemente ridimensionato. Il PC si trasforma in Partito Democratico di Sinistra.
1996: Cade il Governo Scalfaro, dopo aver fatto un po' di pulizia e in mezzo ad una grave crisi economica. Vassalli nomina come nuovo Presidente del Consiglio Lamberto Dini, nel primo governo tecnico della Storia italiana.
1997: Dini deve dimettersi a causa della sconfitta della sua riforma pensionistica, lo sostituisce il direttore della Banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi.
1998: Le elezioni vedono la netta vittoria di Forza Italia, fondata dall'imprenditore Silvio Berlusconi, che diventa Presidente del Consiglio. Sconfitti, il PDS e il PP iniziano a pensare a nuove forme di collaborazione.
1999: Carlo Azeglio Ciampi è eletto Presidente della Repubblica da una maggioranza condivisa.
2002: L'Italia aderisce all'Euro e appoggia gli USA in Afghanistan.
2003: Con la campagna elettorale de facto incentrata sulla Guerra d'Iraq, Berlusconi viene sconfitto dalla nuova coalizione de L'Ulivo, guidata dal popolare Romano Prodi e comprendente anche il PDS. Prodi è il nuovo Presidente del Consiglio.
2006: Giorgio Napolitano viene eletto Presidente della Repubblica, primo comunista nella Storia italiana.
2008: Prodi viene sconfitto da Berlusconi che ritorna a Montecitorio.
2011: Berlusconi si dimette a causa della terribile crisi economica in cui versa il paese, il Presidente Napolitano forma un governo tecnico guidato da Mario Monti.
2013: Alla naturale scadenza della legislatura le elezioni che però vedono la tripartizione delle preferenze tra Ulivisti, ora guidati dal leader PDS Pierluigi Bersani, Forza Italia e Movimento 5 Stelle, del comico Beppe Grillo. Con una situazione molto simile a quella del 1948, si rende necessaria la formazione di una coalizione Ulivo-FI che elegge Enrico Letta come President del Consiglio. Come Presidente della Repubblica invece viene eletto il popolare Romano Prodi, uno dei tre politici, insieme a Pertini e Ciampi, ad essere stati sia Presidente del Consiglio sia Presidenti della Repubblica, nonostante l'opposizione del segretario del suo stesso partito Matteo Renzi.
2014: Il Leader dell'Ulivo Bersani deve dimettersi a causa di una piccola emorragia celebrale, Renzi ne approfitta per vincere le primarie e diventare nuovo leader della coalizione. Poco dopo egli sfiducia Letta e lo sostituisce come Presidente del Consiglio.
2015: Bersani ritorna dalla convalescenza e, sebbene continui a dichiarare di non ambire più ad alcuna carica pubblica, diventa de facto il leader della opposizione interna dell'Ulivo contro il governo Renzi.
2016: Il Governo Renzi cade, silurato dal PDS sul Jobs Act e dal PP sulla Legge Cirinnà. Il Presidente della Repubblica Prodi affida l'incarico al Ministro della Giustizia Antonio Di Pietro di formare un nuovo governo. Berlusconi è colpito da un infarto e si ritira dalla vita politica lasciando il partito ai suoi delfini Angelino Alfano e Denis Verdini.
2017: Sia Verdini sia Alfano devono dimettersi a causa di inchieste su di loro: Stefano Parisi viene eletto nuovo Segretario del Partito alle primarie. Il partito comunque si sfalda e da esso nasce il Partito Cristiano-Liberale.
2018: Le nuove elezioni vedono le vittoria dell'Ulivo: il Segretario PDS Giuseppe Civati diventa Presidente del Consiglio.
2020: Rosamaria "Rosy" Bindi è la prima donna eletta Presidente della Repubblica.
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