Questo articolo mi è stato inviato dalla dottoressa Giulia Grazi e contiene uno studio sulla famiglia fiorentina dei Setticelli. Che c'entra con Lonate Pozzolo, voi direte? Il fatto è che uno dei suoi esponenti fu curato proprio a Lonate nel cinquecento, come leggerete più sotto. Di qui la pubblicazione, per la quale vanno all'autrice i miei più vivi ringraziamenti.
A Firenze possedevano un palazzo che non ho potuto rintracciare.
Come accennato è una famiglia estinta, non c’è traccia di discendenti, l’archivio, se mai è esistito, è andato smarrito, e ci si imbatte casualmente nei suoi esponenti, in ordine sparso, senza un filo conduttore, pur avendone io ricostruito un albero genealogico sicuramente incompleto. Anche a Firenze li ho “incontrati” nel primo cinquecento, con importanti cariche pubbliche, registrati nel Quartiere di S.Spirito (Drago), con sepolcreto familiare nella Chiesa di S.Marco.
Di Cosimo di Piero è reperibile un carteggio dei primi ‘600 con certo Falconieri nell’archivio Del Riccio. Un suo nipote ex-fratre, sempre Piero, sposa una Pitti.
Due religiosi Setticelli, Cristoforo e Giovanni, vengono mandati al Nord, e se ne trova amplissima traccia (come mittenti, destinatari o semplicemente citati) nella corrispondenza di Carlo Borromeo conservata all’Ambrosiana. Giovanni in particolare fu singolarmente caro al Santo milanese, che lo conobbe a Roma, (quando vi fu come Segretario di Stato dello zio Pio IV) trovandosi a frequentare ambedue S.Filippo Neri, che aveva al seguito numerosi fiorentini. Carlo lo volle nella sua Diocesi, gli affidò la cura di Sobrio nella Valle Levantina (Le Tre Valli Svizzere erano soggette allora all’Arcivescovato di Milano) nel 1571, per nominarlo in seguito curato di Lonate Pozzolo, borgo di notevole importanza e con un buon numero di monasteri di vari ordini religiosi.. Il saggio di Andrea Mastalli “S.Carlo Borromeo e Giovanni Setticelli curato di Lonate Pozzolo” in “Rassegna Storica del Seprio” riporta:
“Il Setticelli trovò a Lonate un vasto campo per le sue sollecitudini pastorali. Sua particolare preoccupazione erano le Monache dei tre Monasteri ivi esistenti “ !. Absit iniuria nell’esclamativo ; c’era molta inquietudine nei conventi, specie femminili, a quei tempi, per le vocazioni assai dubbie etc. Nel 1575 si tenne a Roma il Giubileo dell’Anno Santo. Vi partecipò S.Carlo,e anche il fiorentino Setticelli chiese e ottenne il consenso per recarvisi, ansioso di rivedere i suoi amici romani e in particolare S. Filippo. Ma a Giovanni sopravvenne un grave malanno, probabilmente un ictus. Ne scrive al Borromeo : “sono infermo di una infermità di specie di gocciola, che mi cadde alla parte destra….piglio l’acqua di legno et altre infinite medicine, et nondimeno non trovo miglioramento, o pocho, onde per questo li medici mi consigliano a lasciare la cura, perché mi è di troppe fatiche alla testa. Da me mi accorgo che non posso quasi confessare, né ragionare, né cantare, né leggere, né studiare, se non con mio gran detrimento…” e si trova costretto a rinunciare all’incarico, “…et questo ho fatto col consiglio del reverendo padre messer Filippo (Neri)..”. Il Borromeo non accetta le dimissioni, lo esorta ad acconsentire ad un incarico meno faticoso, a prendere un periodo di “aspettativa” presso i suoi a Firenze, lo fa curare invano dal suo medico personale, scrive innumeri lettere per convincerlo a non lasciare la Diocesi …ma invano. Nel 1580 Giovanni, che ha visibilmente “lo stomaco stracciato, la testa rovinata et tutta la parte destra del corpo debilitata per causa di un moto epileptico che egli patì” se ne parte, trascorre un breve periodo a Firenze e infine si reca a Roma dove, malgrado lo stato di salute, per i suoi meriti e le sue amicizie viene nominato Arciprete della Rotonda, tuttora prestigiosissima carica nella capitale : la Rotonda sarebbe il Pantheon, con la Basilica di S. Maria ad Martyres. Carlo gli scrive una tenera lettera di commiato : “vi assicuro che in ogni luogho, ove sarete, continuerà in me quell’affettione, che vi ho sempre portato et che devo alla bontà vostra”. E in effetti Giovanni in seguito si servì di questa così eminente disponibilità per un paio di quelle che oggi chiameremmo raccomandazioni.
Il Piero (n.1575) coniugato Pitti di cui sopra ha un figlio omonimo probabilmente, come si usava, perché postumo al padre, sposato con una Leopardi di Cortona, che fu Podestà di Bucine e Valdambra nel 1669.
E avrà anche un nipote scapolo, Cosimo (1659-1734) che , testando a Brusciana, lascia fra le altre cose “per ricompensa dei favori che detto testatore ha sino ad ora ricevuto dal Sig.Antonio del quondam Alessandro Capoquadri la sua casa che presentemente l’abita in luogo detto a Brusciana”, fabbricato che esiste tuttora negli immediati pressi della “Villa Setticelli”.
Dal Podestà Piero di cui sopra nasce il Capitano Carlo (1663-1721), battezzato a S.Miniato e sepolto nella Chiesa di Brusciana. Suo figlio Gio.Pietro (1694-1769, “nobile fiorentino abitante in Livorno”) nasce a Livorno, probabile sede degli impegni militari del padre, sarà Capitano anch’esso con seconda residenza nella medesima città, ma morirà e sarà sepolto nella sua Brusciana.
Si preoccupa comunque di vedere confermato il patriziato fiorentino della sua famiglia con decreto del 1765. Con la consorte M. Vittoria Mazzanti, figlia di un Gonfaloniere di Livorno, avranno una sventagliata di figlioli, quasi tutti nati “in Villa” e diversi morti precocemente, come purtroppo era frequente. Trascrive ad esempio il supposto-Figlinesi : “A dì 16 luglio 1753…morì Maria Laura Ortense, figliola del Capitano Setterelli (errore di lettura) , abitante a Livorno, mentre era a lattare in Empoli, in età di circa mesi nove ; nata in Livorno, et i suoi erano in Villa a Brusciana, verso il Ponte a Elsa ; e suo padre si chiamava il Capitano Pietro Setterelli ; fu suonato i quattro doppi e associata dal curato sagrestano e due chierici alla Collegiata ; e detta sepolta detto giorno nella sepoltura de’ fanciulli.”
Gio.Pietro avrà anche un paio di figlie Suore (una nel Monastero della S.S.Annunziata di S.Miniato), il figlio Luigi Reverendo a Colle, il figlio Tommaso “ Ispettore Generale delle porte di Firenze” e infine il più eminente Ingegnere Carlo Cosimo, tecnico qualificato in una quantità di settori. In ordine sparso: fu Ispettore generale della Magona quando la sua amministrazione passò all’Uffizio delle Finanze, Amministratore del Patrimonio Ecclesiastico di Firenze, bonificatore di paludi e di interi territori, Direttore di lavori anche per edificazione di Chiese e strade, esperto di silvicoltura…. In quest’ultimo settore dimostrò molta sensibilità, che dovrebbe essere ancora di monito per i nostri contemporanei.
Ad esempio, in una ispezione ai tagli fatta nell’Alpeggio Campanile rivela l’assoluta mancanza delle più elementari regole nella gestione dei boschi : “I tagli…erano stati fatti per la massima parte a scamollo e a scapitozzo avendo lasciato dei faggi all’altezza di due o tre braccia diritti, non grossi né nodosi per sola incuria, e voglia di fare sollecitamente del legname (pratica assai dannosa) e per l’abbandono del legname e perché cadendo questo dalle putredine dopo alcuni anni guasta e rompe i piccoli faggeti ivi nati…”.
Pietro Leopoldo, nelle sue “Relazioni sul governo della Toscana”, cita spesso in modo lusinghiero (o meno) l’ingegner Setticelli. Riporto qualche passo :
-“L’Amministratore del patrimonio ecclesiastico di Firenze Carlo S. è uomo di molto talento e capacità per le cose di azienda, fermo, attivo, ma non sempre felice nei compensi e facile a prendere delle personalità a favore dei subalterni”.
“Magoniere Carlo S., di molto talento e abilità, zelo e premura per il servizio e fermo ; ha rimesso in ordine questo dipartimento e azienda e la fa andare molto bene, e con utilità, avendo per questo dipartimento un talento speciale… sapendo il Magoniere colla sua attività e vigilanza tenerli (i subalterni) a dovere. La Magona è stata messa sopra un ottimo e stabile piede.”
1786 “Si videro a Mammiano le fabbriche fatte da Setticelli per gli impiegati e ministri della Magona ; tutto sta bene ed è in buono stato.”
1787 “…padule della Aronna stato prosciugato dal Setticelli…la strada da Massa per i forni a Follonica è stata ben costruita da Setticelli e con poca spesa…”. Però :
“A Massa Setticelli propose una strada fra città vecchia e nuova…ma è inutile…farebbe solamente comodo al Setticelli…per andare alle case loro…e si aggraverebbe la comunità già povera..”.
Su internet è visibile un suo simpatico acquerello cartografico del 1768 riproducente Rio Marina all’Elba e proveniente dall’archivio della Magona presso l’ASF.
Il nostro ingegnere si sposò tardi, nel 1787, ma in pochi anni si rifece del tempo perduto mettendo al mondo una diecina di figlioli con la prolifica e giovane consorte Mirra Giuseppa (detta Mirrina), Patrizia pistoiese, figlia di Giovanni Villani di facoltosa e cospicua famiglia. E a Pistoia fu ufficializzato come Nobile locale e acquistò un palazzo, mantenendo comunque lo stabile a Firenze in Via Larga, l’attuale via Cavour, che forse coincideva con l’antica rinascimentale dimora della famiglia Setticelli. Non solo : per ospitare più degnamente la sposa, e poi la numerosa figliolanza, comprò anche la villa e poderi di Monteboro, soprastanti Brusciana, dagli eredi dell’estinta famiglia Bardelli, discendenti dagli altrettanto estinti Corsali. Ancora a Monteboro si racconta della sontuosa camera della Signora Mirra, nella stanza più bella e meglio esposta della casa, dotata di un fiabesco letto a baldacchino.
Per i Setticelli, da secoli una stirpe numericamente molto esigua (salvo i morticini prematuri) si verificò una vera esplosione demografica, tanto che nella metà dell’’800 erano vivi, vegeti e adulti contemporaneamente ben 6 maschi di questa famiglia. Ma un triste destino era in agguato.
Nell’aprile del 1800, in piena attività nonostante l’età più che matura, il nostro ingegnere si ammala gravemente e muore a Pistoia, non senza aver redatto un accorato testamento :
“ Carlo del fu Cap. Gio. Pietro, attuale Magoniere per S.A.R….in letto giacente….dichiara di aver ricevuto per dote della N.D.Sig.Mirra del fu Gio.Villani Patrizio pistoiese scudi 3000…
Idem per lo scambievole affetto, attenzione e saviezza che gli ha dimostrato la detta sig.ra Mirra…le lascia il pieno usufrutto di tutta la sua eredità…sia fatto presente a S.A.R. il lungo servizio di 50 anni (confida in una adeguata pensione) in diversi impieghi, e la numerosa famiglia (5 maschi e tre femmine) tutti di tenera età…le figlie Maddalena, Carolina e Luisa siano dotate…A curatela dei figli nomina Luigi Gamucci Cancellieri, Roberto Sozzifanti ecc. Eredi i suoi figli maschi Francesco, Pietro, Leopoldo, Ferdinando e Filippo …. Atto redatto a Pistoia, nel suo palazzo di abitazione, in Cura Pievania di S.Andrea. Testi: Lelio del fu Clemente Rospigliosi, il Principe Ignazio Serra, Francesco Tolomei…
Dopo due giorni un codicillo:
“Si possa procedere all’alienazione tanto del palazzo a Firenze che della fattoria di Monteboro, solo se strettamente necessario”. Precisa, in caso di vendite, che si ricomprino beni nel pistoiese. In un successivo codicillo rammenta i suoi fratelli e sorelle , lasciando loro un piccolo ricordo. E il 20 dello stesso mese muore, lasciando la devota Mirra in stato vedovile per ben 35 anni.
Dal ramo di Tommaso, Ispettore generale delle Porte fiorentine, discende Luigi Setticelli (n.1826), noto polemico esponente dell’intellighenzia e cultura fiorentina. Scrisse ad esempio :
“Sguardo storico sulla facciata del Duomo di Firenze
e considerazioni relative ai concorsi e giudizi emessi sui progetti presentati nelli anni 1863 etc.” nel 1872,
-“Il Duomo di Firenze. Il Setticelli e il Nardini Despotti Mospignotti” nel 1873, conservato anche nella Biblioteca comunale di Empoli.
-il testo del recitativo e romanza “M’ami!…Ripetilo!…” musicato da Gaetano Palloni.
-“L’esposizione di orticultura a Firenze”
-celebrò in versi gli sponsali dell’empolese Cap. Giuseppe Lami, nipote del Ministro Niccolò nel 1873.
-di lui si conserva un carteggio con Tommaso Corsi in Biblioteca Nazionale in Firenze.
Il motto dei Setticelli fu “Magna est veritas et praevalebit”. Nel loro stemma sono raffigurati tre pesci sormontati da un lambello d’oro con gigli.
Nei primi anni della seconda metà dell’’800 avviene un’ecatombe in questa famiglia, che falcidia in rapida successione tutti i figli di Carlo, un suo unico nipote, nonché l’ultimo discendente di suo fratello Tommaso. Sopravvive di poco l’Avvocato Giovan Pietro, che fa a tempo a vendere la tenuta di Monteboro e Brusciana all’opulento Amadeo Del Vivo , che a sua volta la trasmetterà al figliol prodigo Alessandro. Quest’ultimo scialacquò tutti le sue proprietà, vendendo e ipotecando, beni che solo in parte poterono essere recuperati e in pratica riacquistati dal suo genero Magistrato Guido Capoquadri, discendente guarda caso di quell’Antonio che più di un secolo prima aveva avuto in dono una casa a Brusciana proprio da un antenato di Giovan Pietro Setticelli. Allora, certo più di ora, com’era piccolo il mondo! »
Giulia Grazi
Già che ci siete, se lo credete, potete dare un'occhiata alla cronologia della mia famiglia e del mio comune; altrimenti, cliccate qui e tornate indietro.